1. I L CORPUS
1.2. L A TIERRA SERÁ UN PARAÍSO (1989)
Nove anni più tardi fu pubblicato La tierra será un paraíso, una radiografia dell’epoca postbellica che, fin dal titolo, rivela il suo lato più ironico: i personaggi che, pagina dopo pagina, sono presentati nei sette racconti sono accumunati dalla
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Assmann, Aleida, Ricordare. Forme e mutamenti della memoria culturale; traduzione di Simona Paparelli, Bologna, Il Mulino, 2002, pp. 165-167. I mediatori della memoria sono delle metafore spaziali o oggetti che fungono da metafore del processo mnemonico o, se si preferisce, immagini simboliche del ricordo e dell’oblio.
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condizione di essere tutti derrotados, ovvero sconfitti della guerra. Trattasi di ex repubblicani o persone comuni che devono affrontare la miseria materiale, morale e intellettuale lasciata in eredità dal conflitto e che tentano di sopravvivere nella nuova società dei vinti ritagliandosi il loro angolo di paradiso in terra affinché, un giorno, possa arrivare anche per loro la pace. In molti casi, al lettore non è dato sapere quale sarà il destino di questi personaggi per i quali la Spagna è simile all’inferno e che si affannano per elevarsi dalla miseria o per difendere le proprie idee, sebbene per alcuni, vi siano ad attenderli solo la sconfitta o la morte. Darío Villanueva ha rilevato il medesimo “senso eccedente” cui rimanda il titolo giacché esso indica «el renacer de una esperanza que por la agresividad del contorno más asemejaba por aquel entonces una maravillosa utopia»31.
La tierra será un paraíso è giunto nel pieno della transición ma in un tempo in
cui già iniziavano a diffondersi le informazioni e le testimonianze riguardo alla repressione franchista, a lungo censurate o messe a tacere. Nonostante sia definita la congiuntura storica di riferimento, anche in questo volume scarseggiano i riferimenti diretti alla politica, sebbene l’autore offra una ricca casuistica delle azioni che i cittadini poterono mettere in atto in quegli anni, accettando la dittatura e muovendosi entro i limiti fisici e ideologici del regime oppure infrangendoli e operando nella clandestinità32. Zúñiga recupera la voce di quella parte della Spagna che, oltre a essere stata sconfitta, venne poi annientata e condannata al silenzio e fu destinata a portare avanti una sorda lotta clandestina all’interno del nuovo stato. La Madrid franchista è, nel presente della dittatura, un territorio sottomesso, un ambiente pericoloso in cui i vinti, con sforzi immani, tentano di proiettare le loro precarie esistenze verso il futuro. Su questa duplice dimensione temporale s’innesta, con prepotenza, il passato, il quale riemerge in manifestazioni inaspettate e frequenti, condannando i personaggi a una continua lotta con se stessi, divisi tra il ricordo doloroso e l’oblio riguardo quanto accaduto.
31 Villanueva, Darío, “Todo era secreto”, Diario 16, 03/08/1989, p. 18.
32 Castro, Antón, “Juan Eduardo Zúñiga: entrevista y homenaje”, cit.: «era la continuidad histórica
de los vencidos. La dolorida peripecia de los que no se resignaron a quedar vencidos. Ellos ponían en práctica un tipo de lucha y de oposición a lo que les rodeaba y yo quise recogerlo en los distintos cuentos. Recogí, por decirlo así, el pensamiento clandestino, la conciencia clandestina de oposición política, generalizada, al margen de cualquier partido».
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La pratica mnemonica acquisisce nei racconti del dopoguerra un’ulteriore drammaticità poiché essa è fortemente osteggiata dalle misure repressive del regime ma, allo stesso tempo, il recupero dei ricordi testimonia come i vinti lottino per preservare la propria dignità e umanità, ad esempio appoggiando gli ideali della lotta politica o arrivando a contemplare il suicidio come unica via di fuga da una realtà alla quale non ci si può conformare. In un paese in cui vi è un solido apparato di controllo intellettuale e sociale che rende la vita precaria, le possibilità di portare avanti con successo la resistenza sono assai limitate e le voci dissidenti, nella maggior parte dei casi, sono condannate al silenzio.
Per trasmettere il clima d’oppressione, ma anche di false speranze – Eduardo Naval afferma a proposito che via sia «una tristeza histórica y social, individual y cotidiana, un sentimento, en fin, que representa la espina dorsal de la posguerra»33 – in cui vissero gli spagnoli che s’opposero alla dittatura, l’autore delega a un narratore eterodiegetico in terza persona (nella quasi totalità degli intrecci) la cronaca della vita quotidiana della capitale senza, però, escludere le molteplici voci che irrompono nella diegesi. Numerosi modi e voci, così, si alternano in una costante dialettica fra il tempo passato (del ricordo) e il tempo presente (della vita), una dialettica che rispecchia il lavoro compiuto dalla mente umana per recuperare il passato, ordinare i ricordi e organizzare le complesse attività clandestine da svolgersi sempre col massimo riserbo. Nonostante la repressione, infatti, l’obiettivo primario è mantenere attiva la comunicazione: la mente lavora, analizza, valuta ed elabora senza mai fermarsi. All’inerzia fisica imposta per legge e al conseguente scarso movimento drammatico si contrappone, in questo modo, una vivace attività intellettuale che è trasposta sulla pagina scritta attraverso una prosa lenta e concentrata: le costruzioni ipotattiche si dilatano in lunghi paragrafi in cui i segni d’interpunzione sono quasi assenti, eccezion fatta per le virgole, spesso sostituite dalla congiunzione y in lunghe costruzioni in polisindeto. I sostantivi, i verbi, gli aggettivi e gli avverbi si susseguono come in un fiume in piena, rendendo nella sintassi i flussi di pensiero ininterrotti e i messaggi, urgenti
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e affannosi, dei protagonisti. La prosa è caotica quanto il processo di recupero e di riordino dei ricordi, da riattualizzare e conservare senza pause o esitazioni.