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4. IL PALCOSCENICO: LA BOLIVIA

6.8 Tradizioni in vendita

Mentre stiamo tornando verso Uyuni, alla fine del secondo tour, racconto a José delle mummie che ho visto a Coqueza e di quelle viste nel mio primo tour alla necropoli di San Juan.

Vedendomi interessata, mi ha rivelato “ in via confidenziale”, come ha detto, che vicino a Colchani ci sono alcune case di epoca incaica in cui gli abitanti hanno spostato alcune

mummie a cui fare offerte contro l’infertilità. Essendo fuori mano, è fuori dal giro turistico, ed è usato solo dai locali.

In questa zona la presenza di mummie perfettamente conservate è comune a causa dell’alta concentrazione di sale; gli abitanti di Colchani, Coqueza e dei paesi vicini le scoprirono estraendo il sale e le portarono in punti nevralgici del circuito turistico o, nel caso di Colchani, in luoghi nascosti per i propri rituali.

Questo secondo gruppo di luoghi non sono nominati dalle guide (sia le guide cartacee come la Lonely Planet che le guide fisiche che accompagnano i gruppi di turisti); sono i luoghi evitati, che permettono agli abitanti della zona di fare i loro rituali senza essere disturbati.

Il valore spirituale legato a queste mummie, viste come resti terreni degli antenati, va preservato da chi non può capire.

Se, parafrasando Cohen (1988; p.382), mettere le mummie nei musei o trasformare una necropoli in un sito turistico, rendendo le mummie un prodotto di consumo ad uso dei turisti, non influisce necessariamente sul loro valore per la popolazione locale. Ma la popolazione comunque preferisce tenere una parte di ciò privata, se non altro per non dover incappare in sciami di turisti in occasione delle celebrazioni rituali.

Il valore di un bene culturale che diventa prodotto può modificarsi, o può rimanere identico per i locali ma assumere un significato per i turisti.

La comunità, quindi, ha voluto separare i due ambiti: le mummie nei musei sono per turisti, mentre quelle per loro sono state portate via; non importa che siano state inserite in un

contesto diverso, l’importante è che le mummie usate a scopi rituali non siano, citando ancora Cohen (1988; p.382), un prodotto commercializzato e non siano quindi utilizzabili dai turisti. Nonostante sia critica rispetto all’assunto secondo cui la mercificazione distrugge i significati culturali (ad esempio Greenwood, 1989), sono molti i casi etnografici in cui ho potuto

constatare uno spostamento del significato delle attrazioni turistiche rispetto al loro significato passato o rispetto al significato che ha per i locali.

casupole abbarbicate a oltre 4000 metri; vi rimaniamo due giorni visitando le miniere, ma anche il Museo de la Moneda.

Da un lato le miniere sono esempio perfettamente in linea con le “zone di confine” turistiche di Bruner (2004; p.17), che creano un immaginario culturale, inteso non come cultura della vita vera ma teatrale, costruita, in cui ogni turista conosce il suo ruolo e lo recita: la già citata visita alle miniere, momento non solo di un’esperienza forte ma anche di riflessione e critica sociale con risvolti politici sulle condizioni di vita degli indigeni colonizzati e dei minatori che tutt’ora vi lavorano. Dall’altro, la Casa de la Moneda, dove i turisti ammirano la gloria e la ricchezza che la Madre Patria Spagna ha costruito proprio sulle spalle della popolazione indigena.

Cerro Potosì come gloria dell’Occidente ma anche sua vergogna più grande, che ha sostenuto l’economia dell’Impero Spagnolo per tre secoli a scapito di una quantità tale di morti tra le sue viscere che Stannard (2001) ne parla in termini di olocausto.

La visita alla Loma69 Chuchini, un ecoparco nei pressi di Trinidad, supporta l’argomento. Il 28 settembre veniamo portati in questo centro turistico di “lusso”, dove per lusso si intende la possibilità di pernottare in una capanna minuscola, a 55 dollari americani a notte.

Il paesaggio è mozzafiato, ma all’interno del parco, che si propone come riserva naturale, gli animali sono pochi ed in cattività. Antonio mi racconta che quando vi era stato in precedenza, cinque anni prima, c’era un costante cinguettio di uccelli, e se ne vedevano volare da un albero all’altro; ora, non si sente nulla.

La nostra guida ci spiega che gli animali che vediamo in gabbia sono stati portati qui dopo essere stati sequestrati a ricchi boliviani di Trinidad, che compravano illegalmente ocelot70, pappagalli e scimmie. L’atmosfera generale è di tristezza: gli ocelot hanno i denti limati al punto che non possono mangiare nulla che non sia liquido e sono tenuti in gabbie minuscole e sporche.

Il valore di luoghi come Chuchini, che si trova nell’Amazzonia boliviana, è nel paesaggio e, come dicono i boliviani, nella sua “naturaleza.”71

Il marchio del turismo boliviano è appunto questa comunione con la natura di cui lo stato stesso ha fatto il suo cavallo di battaglia.

69 Collina artificiale

70 Piccoli giaguari

L’ecoparco, che si presenta come “Santuario de Vida Silvestre72”, è molto attento in ciò che mostra ai turisti, soprattutto quelli stranieri: vi sono narrazioni che giustificano la presenza di animali in gabbia, come si è già visto, ma anche sul perché il perimetro del parco sia stato disboscato e appianato. Efrem, addetto del parco e nostra guida, dice che è una barriera frangifuoco che serve per la sicurezza del parco, dando una motivazioni che un turista in un ecoparco può accettare.

Veniamo a scoprire quasi subito che invece si tratta di una pista da motocross per i soldati venezuelani di stanza nella caserma vicina, e che probabilmente questi lavori di costruzione e la presenza di moto sono la causa della fuga degli stormi di uccelli.

Entro nella casa principale del “santuario” per intervistare la responsabile, la madre di Efrem, che tenta di farmi provare un vestito tipico della zona per “fare la vera esperienza”.

Nonostante il degrado della situazione ambientale, Chuchini cerca di mantenere un equilibrio, mediando tra la necessità di mantenere il parco “il più naturale possibile” ma appetibile ai turisti di diverse nazionalità. Efrem mi dice che si fanno portare carne di coccodrillo o serpente per i giapponesi, che la apprezzano.

La madre mi spiega che è necessario, perché la politica di Morales ha alienato i turisti americani73, e i parchi come Chuchini dovevano trovare altre nicchie a cui rivolgersi.

Al capo opposto abbiamo invece situazioni come quella di Uyuni: costruita apposta per i turisti, è come un boliviano immagina una città per turisti, almeno il centro. Se Ingold (2001; p.135) ci dice che le persone incorporano letteralmente le forme del loro abitare, il centro di Uyuni è un buon esempio di luogo spurio, una specie di ricostruzione fuori dal tempo in cui convivono elementi di piccole città coloniali e altri elementi puramente boliviani, in una tensione continua tra la necessità di rivolgere la città agli occidentali che vi vivono e, d’altro canto, a mantenerla boliviana. Così il centro ha una torre dell’orologio e una via pedonale, pizzerie, negozi in cui un boliviano non metterebbe mai piede. Ristoranti “tradizionali” che vogliono apparire boliviani (o peggio, messicani, come succede ad alcuni dei ristoranti),

72 Santuario di vita silvestre

73 Prima della salita al Governo del MAS i turisti americani non avevano bisogno del visto per entrare in Bolivia. poiché molti dei visitatori americani che andavano in Bolivia erano backpackers o

comunque turisti con budget limitato che viaggiavano per lunghi periodi, posso ipotizzare che prediligano quegli Stati latinoamericani per cui non è necessario un visto. Inoltre la politica

nordamericana tende a dipingere la Bolivia come una estensione sudamericana dell’Asse del Male, a causa dei suoi contatti con Iran e Corea del Nord.

quando a pochi metri, lontano dalla rotta turistica (un crocevia in cui sono situati quasi tutti gli alberghi e i negozi da turisti) c’è la mensa pubblica e il mercato, con tutti i piccoli banchetti che servono cibo, e che sono quasi sempre privi di turisti.

I simboli vengono manipolati in modo da essere traducibili e comprensibili per un pubblico occidentale: così il Tio delle miniere boliviane diventa il “diavolo”, le cerimonie vengono teatralizzate, i nomi nel Salar cambiano per avere più appeal e alcuni luoghi vengono riscritti e rivisti alla luce dell’immaginario occidentale (come ad esempio la zona del Sud Lipez, in cui morì Butch Cassidy, che oggi fa parte dei tour che da Tupiza portano al Salar. Tutta la zona viene paragonata e narrata come fosse una succursale sudamericana del Far West, compresa la visita ad un villaggio fantasma).

La mercificazione avviene attraverso l’ovvio acquisto di oggetti tradizionali, ma anche con l’ossessivo bisogno di fotografare ogni cosa o, in un paese famoso per i suoi guaritori, attraverso la possibilità di acquistare rituali piuttosto che letture di foglie di coca per prevedere il futuro (spesso ad opera di ciarlatani).