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4. IL PALCOSCENICO: LA BOLIVIA

5.7 Viaggio, performance e ritmo

Di poco precedente alla “svolta sensuale” ed intimamente legata ad essa si sviluppa in antropologia un interesse verso la performance, i cui precursori furono Victor Turner e Richard Schechner46.

E’ qualche anno dopo che si assiste, negli studi antropologici sul turismo, ad una vera e propria svolta verso la performance come chiave di lettura, o passaggio da

performance della cultura a cultura della performance (Conquergood, 1989; 83). Ci si stacca da tassonomie sistemiche e statiche, muovendosi verso i processi delle performance (ibidem), spostando l’attenzione dai discorsi e significati simbolici alle

pratiche e alla messa in atto47, incorporati e collaborativi (Haldrup e Larsen, 2010. Corsivo nel testo).

Oltre a puntare il focus sulla corporeità dell’esperienza, lo dirigono anche sulla quotidianità delle performance turistiche, che problematizza la nozione secondo cui il turismo debba essere predominantemente uno stato straordinario e non-routinizzato (Haldrup and Larsen, 2010; 3).

Urry stesso ha rivisto, in “The Tourist Gaze 3.0” non solo il suo approccio ai sensi, in particolare alla vista, ma ha anche specificato che il suo sguardo turistico riguarda pratiche performative ed incorporate (Urry, 2011; 2); inoltre, in “The New Mobilities Paradigm” definisce i luoghi non solo fonte d’incontro, ma anche di performance (Sheller and Urry, 2006; 214).

La costruzione e il consumo incorporati dei luoghi, dice Arellano, sono spesso

percepiti come processo duale (2004; 67). Per Rakić e Chambers, però, va specificato che i processi non vanno trattati come opposizione cartesiana né come complementari: essi sono duali, attivi ed indistinguibili (2011; 3).

C’è un movimento in avanti volto ad emanciparsi da quello che Braidotti chiama la mente cartesiana e pura, la quale è rimasta spettatrice (Veijola e Jokinen, 1994; 125).

46 Turner con il suo articolo Anthropology of Performance (1987) e Richard Schechner, con il suo libro “Between Theater and Anthropology” (1985). Benchè nessuno dei due parlasse direttamente di turismo, questi testi (soprattutto Turner), vennero adottati dalla sottodisciplina. Fabian, in “Power and Performance”, problematizza il termine avanzando l’idea di utilizzare una teoria della performance, presa dalla drammaturgia, anche per l’antropologia.

Nel loro articolo – in cui, abbastanza ironicamente, la loro tesi sul corpo e la performance è costruita attraverso l’inganno di una serie di interviste fittizie cui partecipano i grandi nomi dell’antropologia del turismo, entro uno stage del turismo classico: la spiaggia – Veijola e Jokinen sono preoccupate dal fatto che negli studi condotti finora sia il turista che le analisi etnografiche risultanti mancassero di corpo, del corpo fisico e in movimento del turista.

Nonostante siano molti gli autori che hanno contribuito a sviluppare questo filone (Sullivan, 1986; Conquergood, 1989; Kirschenblatt-Gimblett, 1998; Franklin e Crang, 2001; Edensor, 2001, 2002; Coleman e Crang, 2002; Crouch, 2002; Bruner, 2005; Howes, 2005; Bellato, 2007; Van Der Duim, 2007), per gli scopi della mia tesi credo sia il caso di trattare, tra tutti, la teoria della performance e del ritmo di Tim Edensor. Edensor analizza il turismo utilizzando la metafora della performance, e suggerisce che il turismo debba essere compreso attraverso le sue embricature con la vita quotidiana piuttosto che come campo speciale e separato, allineandosi con Haldrup e Larsen (Edensor, 2001; 60).

Quindi, problematizza l’idea che le pratiche turistiche siano soprattutto non-routinarie (Rakić e Chambers, 2011) e propone un’idea di turismo come ricreazione durante il viaggio di pratiche che si attuano quando si è a casa propria.

Le performance, inoltre, sono contingenti e in continua costruzione e ricostruzione, e dipendono dal contesto in cui sono attuate (Edensor, 2000; 326).

Gli spazi entro cui queste performance avvengono possono essere più o meno regolati (nel testo usa la parola “sorvegliati”), e costituiscono dei palcoscenici48 che possono dare importanti informazioni ed influire sia sulle modalità culturali di comportamento ritenute appropriate, sia sugli scopi della performance stessa (ibidem; 327).

Questi spazi d’incontro possono essere enclavici od eterogenei49.

I primi richiedono un continuo controllo dei suoi confini, dei suoi abitanti, dell’aspetto e delle attività che vi si svolgono. Li paragona ad una “bolla ambientale”, in cui tutte le componenti si pongono in modo compatto contro ogni trasgressione (ibidem; 330). Gli spazzi eterogenei, al contrario, sono più diffusi nei paesi non-occidentali, dove il turismo spesso è contingente e non pianificato. In un certo senso, dice Edensor, gli spazi eterogenei provvedono a fornire un sistema di ordinamento spaziale dove le

48 “Stages” nell’originale.

identità transitorie possono essere messe in atto accanto alle identità dei residenti, dei passanti e dei lavoratori locali (ibidem; 333).

Così come gli spazi, anche le performance possono essere disciplinate, improvvisate (seppure continuino a dipendere dal contesto) o spontanee50.

Il turista non è mai passivo rispetto ai palcoscenici, alle pratiche e alle performance, così come non lo sono il locale e gli addetti ai lavori (così come lo spazio stesso e gli oggetti): assieme, le loro agentività producono e riproducono continuamente praxis e spazio in modo a volte imprevedibile. La performance turistica può essere “inscenata”51 in molti modi e da

molti attori; i ruoli sono costruiti, i significati negoziati (Simonicca, 2007; 17).

La performance come la intende Edensor è polisemica e complessa, fatta con calcolata intenzionalità o con non-riflessività (McCabe, 2005; 101); ci si sposta da discorsi e significati simbolici ad incorporazione, collaborazione e tecnologia, andando oltre gli aspetti

rappresentazionali (Rakić e Chambers, 2011; 2).

Il turismo va osservato in quanto processo e le persone, diventano turisti e danno senso al turismo nel processo turistico stesso, nel momento in cui avviene la loro performance in quanto turisti (Franklin, 2003; 112).

Jervis aggiunge che questa condizione di teatralità è collegata non solo al turismo, ma in generale alle condizioni culturali della modernità; è un modo di reagire a situazioni nuove attraverso regole ed atti convenzionali , così come a modellare o modificare il proprio ruolo, se necessario (Jervis, 1998; 9).

Il mondo come teatro, dunque, o come museo globale, come dice Kirshenblatt-Gimblett: in cui il turismo performa e mostra il mondo come un museo di se stesso, in cui i turisti possono affermare e rinforzare ciò che pensano di sapere già del mondo (citato in Stronza, 2001; 266). Negli ultimi anni Edensor ha esteso il suo campo d’interesse alla “analisi del ritmo52” di Lefebvre. L’analisi dei ritmi urbani, intesi come ritmi delle persone, dello spazio(compresi i ritmi circadiani e le interruzioni di ritmo) viene riferita da Edensor al turismo.

I ritmi possono influenzare ed essere influenzati dal pulsare dello spazio attraverso cui ci si muove e in cui ci si ferma. E’ questa l’utilità dell’analisi del ritmo, che può aiutare a

raccogliere maggiori informazioni su spazi turistici, paesaggi e pratiche (Edensor e Holloway, 2008; 487).

50 Nell’articolo originale: “disciplined”, “improvised” ed “unbound”. 51 Nel senso di “staged”

Lo scopo dell’analisi del ritmo è cogliere le regolarità nella produzione turistica e identificare ritmi differenti, a volte spezzati, a volte dissonanti.

Partendo dal corpo, chi analizza il ritmo diviene cosciente dei ritmi attorno a lui (ibidem).

La performance, ci ricorda Edensor, è un processo contingente ed interattivo. Il suo successo dipende dalla mobilitazione di forze quali capacità, contesto ed

interpretazione da parte del pubblico. Critica Lefebvre e la sua idea che lo spazio concepito sia spesso prioritario allo spazio percepito: non è così. Tutte le forme di spazio sono fruite nello stesso momento, inevitabilmente saturate di significati eccessivi e sensualità superflue.

Conclude suggerendo che la analisi del ritmo identifichi le condizioni sotto cui la diversità esperienziale ed interpretativa possa essere sviluppata ed applicata alle analisi dei modi in cui il potere agisce sugli ordinamenti spazio-temporali (Edensor e

Holloway, 2008; 498).

Credo che queste analisi possano inoltre essere applicate al ritmo del corpo, e a come esso agisce negli spazi turistici, enclavici od eterogenei. Nel momento in cui il turista è all’interno di uno spazio di performance turistica, o zona di confine turistico (Bruner, 2004; 17), agisce in un contesto interazionale. Come ci ricorda Edensor (2001;65) le performance cercano anche di inscrivere identità al corpo-abitudine dell’attore: nelle performance c’è coinvolgimento somatico, poiché esse possono avere aspetti affettivi, sensuali ed espressivi.

L’aspetto sensuale ed emozionale è riconosciuto da Edensor, ma non approfondito come uno dei modi per dare senso all’esperienza turistica.