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Trasporto autostradale

Nel documento RAPPORTO SULL'ECONOMIA (pagine 177-182)

In merito agli indicatori di movimentazione, è significativo il monitoraggio degli autoveicoli “in uscita”

ai quattro caselli autostradali della provincia: Forlì, Cesena, Cesena Nord e Valle del Rubicone.

Nel dettaglio, il movimento degli autoveicoli “usciti” della provincia di Forlì-Cesena ha registrato un decremento del 27,7% nel corso del 2020 (rispetto al 2019) e del 18,7% nel periodo maggio-settembre 2020 (rispetto ad analogo periodo dell’anno precedente); variazioni negative che, chi più chi meno, hanno caratterizzato tutte le uscite (cfr. tavola 4.6.6).

Il maggior flusso in uscita nel 2020 si riscontra al casello di Forlì, sia per ciò che riguarda l’intero anno (33,3% sul totale provinciale) sia per ciò che concerne il periodo estivo (30,4%); a seguire Cesena Nord (27,7% tutto l'anno, 28,3% a maggio-settembre).

Considerando il fatto che si tratta del cosiddetto “traffico leggero”, relativo ai soli autoveicoli a passo corto (auto, camper e caravan), con l’esclusione quindi dei mezzi di trasporto del “traffico pesante”

(camion), i dati relativi al periodo maggio-settembre rappresentano sicuramente un valido indicatore del movimento turistico nelle località provinciali.

Tav. 4.6.6 AUTOVEICOLI"USCITI" AI CASELLI AUTOSTRADALI DELLA PROVINCIA DI FORLÌ-CESENA Dati relativi al traffico leggero (auto, camper e caravan)

CASELLI Dati annuali Periodo maggio-settembre

2019 2020 Var. % 2019 2020 Var. %

Forlì 3.232.586 2.314.068 -28,4 1.319.045 1.057.029 -19,9

Cesena 2.140.696 1.581.420 -26,1 1.026.045 847.815 -17,4

Cesena Nord 2.736.323 1.925.550 -29,6 1.234.781 984.109 -20,3

Valle del Rubicone 1.494.007 1.125.735 -24,6 693.495 584.642 -15,7

Totale 9.603.612 6.946.773 -27,7 4.273.366 3.473.595 -18,7

Fonte: Osservatorio sul Turismo dell'Emilia-Romagna su dati Autostrade per l'Italia SpA Elaborazione: Camera di commercio della Romagna

4.7 S ERVIZI DI ALLOGGIO E DI RISTORAZIONE

Il 2020 è stato definito come il peggiore anno nella storia del “turismo moderno”; un anno che rappresenta un vero e proprio “punto di rottura” rispetto al passato, perché interrompe una crescita che durava da decenni, se si eccettua il rallentamento dovuto alla crisi globale del 2008-2009. La conferma giunge dall’OMT (Organizzazione Mondiale del Turismo) che sostiene che, a causa della pandemia da Covid-19, nel 2020 il settore ha perso, a livello globale, 1.300 miliardi di dollari e, rispetto al 2019, il 74% degli arrivi internazionali. Stiamo parlando di uno dei settori trainanti dell’economia globale: i numeri pre-covid riferiti al 2019, certificati da WTTC (World Travel &

Tourism Council) ci dicono, infatti, che il settore turistico ha prodotto il 10,3% del PIL globale, ha generato (tramite il movimento turistico dei viaggiatori) il 6,8% del valore delle esportazioni totali e ha determinato il 4,3% degli investimenti complessivi; inoltre, il 10% dei posti di lavoro nel mondo è stato creato (in modo diretto o indiretto) dal turismo1.

Il turismo costituisce una delle risorse principali anche per l’economia italiana. Il nostro Paese è infatti caratterizzato da un patrimonio storico-artistico e da una ricchezza di aree costiere e montane che lo rendono unico al mondo; inoltre, l’importanza delle risorse naturali, delle mete e dei luoghi culturali, inseriscono l’Italia ai primi posti fra i vari Paesi per il numero di siti già dichiarati dall’Unesco come "patrimonio dell’umanità". Sempre secondo WTTC, nel 2019 il contributo del settore turistico nel suo complesso (servizi direttamente connessi all’industria turistica ai quali si aggiunge l’indotto) al PIL nazionale è stato pari al 13,0% (233 miliardi di euro, +2,2% annuo); sul fronte del mercato del lavoro, poi, sempre nel 2019, il turismo (diretto e indiretto) ha creato ben il 15% dell’occupazione complessiva, per un totale di 3,5 milioni di occupati2. Ciò nonostante, posta a confronto con gli altri Paesi, la competitività turistica dell'Italia non raggiunge il massimo dei risultati. Gli indicatori del World Economic Forum (WEF, 2019), sulla competitività del settore, collocano l’Italia all’8° posto nella graduatoria mondiale riferita a 140 nazioni. Nel dettaglio, l’Italia ha dalla sua molti punti di forza: in primis, un eccezionale patrimonio culturale e naturale e un’infrastruttura turistica molto sviluppata e di alto livello (trasporti e servizi ricettivi). Rimangono forti, tuttavia, anche le criticità: competitività dei prezzi, risorse umane più qualificate ma difficili da collocare, percezione della sicurezza della destinazione e difficoltà nel fare impresa (causa l’elevata tassazione e la lentezza burocratica), ai quali si aggiungono la politica di governo in materia di turismo e la promozione dell'immagine turistica del nostro Paese nel mondo3.

Per dotare il settore turistico italiano di una visione unitaria di sviluppo e fornire a tutti gli attori pubblici e privati coinvolti uno strumento di orientamento per la propria azione, negli ultimi anni anche nel nostro Paese sono stati elaborati piani strategici di riferimento per la politica turistica nazionale;

l'ultimo è rappresentato dal “Piano strategico di Sviluppo del Turismo 2017-22”. La metodologia introdotta è innovativa rispetto al passato, essendo ispirata a un metodo aperto e partecipativo, che prevede il confronto sistematico tra tutte le istituzioni coinvolte e tra queste e gli operatori del settore, in linea con le raccomandazioni OCSE; lo scopo principale del Piano è quello di rilanciare l’attrattività turistica, ispirandosi a tre principi trasversali, quali la sostenibilità, l’innovazione e l’accessibilità.

1 World Travel & Tourism Council, “Economic Impact 2020 - World” (www.wttc.org) 2 World Travel & Tourism Council, “Global Economic Impact & Trends 2020” (www.wttc.org)

3 World Economic Forum, “The Travel & Tourism Competitiveness – Report 2019” (www.weforum.org)

Purtroppo, come a livello mondiale, la pandemia ha influito in maniera molto pesante sul turismo nel nostro Paese. I dati provvisori relativi ai primi nove mesi del 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019, registrano, infatti, un -50,9% di notti trascorse nelle strutture ricettive, con quasi 192 milioni di presenze in meno, evidenziando l’entità della crisi del turismo interno generata dall’emergenza sanitaria, dopo anni di crescita costante del settore; il decremento più consistente si rileva nel segmento dei viaggi svolti per motivi di lavoro, le cui presenze si riducono del 59%, ma a soffrire sono anche i viaggi per vacanze (-23%)4. Federalberghi, dal canto suo, stima che nell’intero anno 2020 ci saranno ben 245 milioni di presenze in meno, con una perdita annua pari a -56,2%; in tale scenario, il fatturato del comparto ricettivo subirà una perdita di 14 miliardi di euro (-57%).

Lo Stato, già a partire dai primi mesi della pandemia, ha attuato delle disposizioni normative sotto forma di aiuti per il settore, finalizzate in particolare a contenere l’impatto dei costi sostenuti dagli operatori (locazioni e ristrutturazioni) oltre a garantire contributi a fondo perduto a sostegno della liquidità e delle spese correnti; successivamente, la Legge di Bilancio 2021, nell’ambito del cosiddetto “Pacchetto Turismo”, da un lato ha rifinanziato le misure emergenziali dei mesi precedenti, dall’altro ha introdotto nuove disposizioni di favore per il settore: esenzione prima rata IMU 2021, contributi a fondo perduto, bonus affitto, credito d’imposta per ristrutturazioni edilizie, fondi speciali per agenzie viaggio, tour operator e piccoli musei, tra le misure principali previste. A tutto ciò si aggiungono gli aiuti finanziari previsti dai vari Decreti Ristori, che principalmente consistono in contributi statali a fondo perduto stanziati a favore di determinate categorie di imprese, tra le quali naturalmente quelle turistiche (alloggio, ristorazione e altre tipologie di imprese), che risultano essere le più danneggiate dai provvedimenti governativi di lockdown nazionale.

In questo particolare e difficile scenario, si inserisce la delicata questione “Bolkestein” (Direttiva UE 2006/123/CE)5, relativa alle concessioni demaniali marittime.

In merito, la Legge di Bilancio 2019 (L. n. 145/2018) ha sancito l’estensione delle concessioni demaniali marittime per 15 anni (fino al 31 dicembre 2033), andando contro, di fatto, alle disposizioni della direttiva europea. Da qui sono arrivate, nel tempo, la bocciatura UE della proroga italiana, le diffide di varie associazioni e cittadini ai sindaci costieri di bloccare l’estensione delle concessioni balneari senza gara e varie sentenze dei TAR e del Consiglio di Stato; riguardo a queste ultime, la giurisprudenza amministrativa, nel tempo, è stata orientata prevalentemente alla declaratoria di illegittimità dei provvedimenti rilasciati dai Comuni per l’estensione delle concessioni marittime, anche se non sono mancate sentenze, emanate soprattutto dai TAR, favorevoli alla proroga sancita dalla Legge di Bilancio 2019. La Commissione europea, dal canto suo, in data 3 dicembre 2020, ha proceduto all’invio all’Italia della lettera di messa in mora in riferimento al rinnovo automatico delle concessioni balneari; a questa potrà poi eventualmente seguire l’applicazione di una sanzione pecuniaria. Nello specifico, Bruxelles ritiene che la normativa italiana in materia sia incompatibile con il diritto della UE e crei incertezza giuridica per i servizi turistici balneari, scoraggiando gli investimenti e causando, pertanto, una perdita di reddito significativa per le autorità locali; proseguendo nelle motivazioni, gli Stati membri sono tenuti a garantire che le autorizzazioni siano rilasciate per un periodo limitato e mediante una procedura di selezione aperta, pubblica e con criteri trasparenti e oggettivi, con l’obiettivo di fornire a tutti i prestatori di servizi interessati la possibilità di competere per l’accesso a risorse limitate, di promuovere l’innovazione e la concorrenza leale e offrire vantaggi ai consumatori e alle imprese, proteggendo nel contempo i cittadini dal rischio di monopolizzazione di tali risorse. Una questione, quindi, ancora aperta e tutta da risolvere per lo Stato italiano.

4 ISTAT, “Movimento turistico in Italia nei primi nove mesi del 2020”, pubblicato il 29/12/2020 (www.istat.it)

5 La Direttiva dell’Unione Europea 2006/123/CE, recepita a livello nazionale dal D.Lgs. n. 59/2010, conosciuta come Direttiva Bolkestein, relativa ai servizi nel mercato comune europeo, ha sancito il principio della libera concorrenza nell’accesso alle concessioni del demanio marittimo, prevedendo la messa a gara delle stesse entro il 2015 (termine poi prorogato al 2020).

Rapporto sull’Economia 2020 e scenari 181 Quadro economico della provincia di Forlì-Cesena

Dimensione, struttura e imprenditorialità

Secondo i dati del Registro delle Imprese al 31/12/2020, in provincia di Forlì-Cesena si contano 2.736 sedi di impresa attive del settore Turismo (3.734 localizzazioni attive), che costituiscono il 7,5%

delle imprese totali provinciali: il settore dell'alloggio conta 505 imprese attive (825 le localizzazioni) mentre in quello della ristorazione sono presenti 2.231 imprese attive (2.909 le localizzazioni).

Rispetto al 31/12/2019, si registra una diminuzione dell’1,0% delle imprese attive

(-0,3% le localizzazioni), con un decremento sia delle attività ricettive (-3,1%) sia di quelle ristorative (-0,5%); nel confronto territoriale, risulta negativo anche l’andamento regionale (-0,4%) mentre è positiva la tendenza nazionale (+0,8%).

Come si evince dalla tavola 4.7.1, le “attività dei servizi di ristorazione” rappresentano nettamente la principale divisione economica, con l'81,5% delle imprese attive del settore, con un’incidenza più bassa di quella regionale (84,3%) e nazionale (85,5%); i “servizi di alloggio”, invece, sono il 18,5%

delle imprese, con un peso stavolta maggiore rispetto a quello che assumono gli stessi in Emilia-Romagna (15,7%) e Italia (14,5%). Il 46,6% delle imprese attive del settore Turismo è rappresentato dalla classe “ristoranti e attività di ristorazione mobile” (1.274 unità), in aumento dell’1,9%, a cui segue “bar e altri esercizi simili senza cucina”, con il 34,4% (940 unità), in calo del 3,3%; il 14,8%, poi, spetta agli “alberghi e strutture simili”(406 imprese attive), in diminuzione del 3,8%.

In merito alla natura giuridica, si nota una prevalenza delle imprese individuali (cfr. tavola 4.7.2), con 1.159 unità attive, la cui incidenza (42,4% del totale) risulta inferiore a quella regionale (43,4%) e nazionale (47,7%); seguono, a

ruota, le società di persone, con 1.095 imprese (40,0%), e le socie-tà di capitale, con 447 imprese (16,3%). In termini di variazione annua, si rileva un calo delle prime due tipologie e una crescita delle società di capitale (+5,2%), come accade, seppur con intensità diverse, anche negli altri due ambiti territoriali di confronto.

Tav. 4.7.2 IMPRESE ATTIVE DEL SETTORE "TURISMO" PER CLASSE DI NATURA GIURIDICA

Confronti territoriali - Anni 2019 e 2020 (dati al 31/12)

Forlì-Cesena Comp.% 2020 a Var % 2020/2019

2019 2020 FC ER IT FC ER IT

Società di capitale 425 447 16,3 20,8 24,4 +5,2 +5,2 +6,5 Società di persone 1.131 1.095 40,0 34,9 26,6 -3,2 -2,4 -2,2 Imprese individuali 1.173 1.159 42,4 43,4 47,7 -1,2 -1,3 -0,3

Altre forme 35 35 1,3 0,8 1,3 0,0 -0,8 +1,2

Totale 2.764 2.736 100,0 100,0 100,0 -1,0 -0,4 +0,8 Fonte: Infocamere (StockView)

Elaborazione: Camera di commercio della Romagna Tav. 4.7.1 IMPRESE ATTIVE DEL SETTORE "TURISMO" PER DIVISIONI E CLASSI

Confronti territoriali - Anni 2019 e 2020 (dati al 31/12)

Forlì-Cesena Comp.% 2020 a Var % 2020/2019 Dimensione media

2019 2020 FC ER IT FC ER IT FC ER IT

55. Alloggio 521 505 18,5 15,7 14,5 -3,1 -0,5 +2,0 7,5 6,6 5,1

di cui: 55.10 Alberghi e strutture simili 422 406 14,8 11,6 6,7 -3,8 -1,7 -0,9 8,4 8,0 8,5 56. Attività dei servizi di ristorazione 2.243 2.231 81,5 84,3 85,5 -0,5 -0,4 +0,6 4,5 5,7 4,1

di cui: 56.10 Ristoranti e attività di

ristorazione mobile 1.250 1.274 46,6 46,5 48,3 +1,9 +1,8 +2,5 5,4 5,5 4,5

56.30 Bar e altri esercizi simili

senza cucina 972 940 34,4 37,1 36,1 -3,3 -3,0 -1,9 3,4 4,6 3,0

Totale 2.764 2.736 100,0 100,0 100,0 -1,0 -0,4 +0,8 5,1 5,8 4,3

(a) Classi di attività con incidenza percentuale maggiore o uguale al 5%

Fonte: Infocamere (StockView)

Elaborazione: Camera di commercio della Romagna

L'analisi effettuata sul medio periodo (ultimi 5 anni) evidenzia un trend altalenante delle imprese attive del settore Turismo, che sfocia in una sostanziale stabilità delle stesse, passando dalle 2.739 unità del 31/12/2015 alle 2.736 unità del 31/12/2020 (cfr. grafico 4.7.3); la variazione dell'intero periodo risulta pari a -0,1%, mentre incrementi si verificano sia a livello regionale (+1,6%) sia in ambito nazionale (+6,8%) (cfr. grafico 4.7.4).

Per delineare il quadro dimensionale delle imprese viene utilizzato il dato degli addetti totali alle imprese attive di StockView in rapporto al numero delle imprese attive stesse; in tal senso, i dati riferiti al settore del Turismo ci dicono che in provincia di Forlì-Cesena operano prevalentemente imprese di piccole dimensioni. Infatti, al 31 dicembre 2020, in provincia, si rilevano mediamente 5,1 addetti per impresa attiva (5,8 in Emilia-Romagna, 4,3 in Italia); nel dettaglio, l'alloggio risulta il comparto che impiega mediamente più personale, con 7,5 addetti per impresa, mediamente tre in più di quelli che impiega un’impresa del comparto della ristorazione (4,5 addetti).

Nel documento RAPPORTO SULL'ECONOMIA (pagine 177-182)