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La tratta di esseri umani e il traffico di migranti via mare: il quadro normativo

Nel documento Le operazioni navali dell’Unione Europea (pagine 122-131)

La Decisione PESC/2015/778 che ha istituito EUNAVFOR MED Sophia,410 afferma che la missione deve essere condotta nel rispetto del diritto internazionale e definisce le azioni attraverso cui attuare il mandato, richiamando le pertinenti disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare e di due distinti protocolli addizionali alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, adottata a Palermo nel 2000,411 precisamente il Protocollo per la prevenzione, repressione e punizione della tratta di persone, in particolare di donne e bambini412 e il Protocollo contro il traffico di migranti via terra, via mare e via aria.413

Tali protocolli rappresentano gli strumenti internazionali più importanti in materia di prevenzione e repressione della tratta di persone e del traffico di migranti. Le loro disposizioni integrano la Convenzione e devono essere interpretate unitamente ad essa. Sia l’Unione Europea che i suoi 28 Stati membri sono parti di entrambi, ad eccezione dell’Irlanda che non ha ratificato il Protocollo contro il traffico di migranti.414 In quanto rilevanti per lo studio delle funzioni della missione EUNAVFOR MED Sophia, è opportuna una breve analisi dei suddetti protocolli.

410 Decisione (PESC) 2015/778 del Consiglio, del 18 maggio 2015, relativa a un'operazione militare dell'Unione europea nel Mediterraneo centromeridionale (EUNAVFOR MED), in GUUE L 122 del 19 maggio 2015, p. 31.

411 United Nations Convention against Transnational Organized Crime, Palermo, 15 November 2000, in United Nations, Treaty Series, vol. 2225, p. 209. La Convenzione e i protocolli addizionali sono stati adottati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la risoluzione 55/25 del 15 novembre 2000. La Convenzione è entrata in vigore il 29 settembre 2003 e conta 189 Stati parti.

412 Protocol to Prevent, Suppress and Punish Trafficking in Persons, Especially Women and Children,

supplementing the United Nations Convention against Transnational Organized Crime, Palermo, 15

November 2000, in United Nations, Treaty Series, vol. 2237, p. 319 ss. Il protocollo è entrato in vigore il 25 dicembre 2003 e conta 173 Stati parti.

413 Protocol Against the Smuggling of Migrants by Land, Sea and Air, Supplementing the United Nations

Convention Against Transnational Organized Crime, Palermo, 15 November 2000, in United Nations, Treaty Series, vol. 2241, p. 507 ss. Il Protocollo è entrato in vigore il 28 gennaio 2004 e conta

centoquarantasei Stati parti. In occasione della sua settantesima sessione tenutasi dal 7 all’11 dicembre 1998, il Comitato per la Sicurezza Marittima dell’IMO ha adottato una raccomandazione indirizzata agli Stati membri che abbozzava dei meccanismi di intervento a favore degli Stati per arginare il traffico marittimo di migranti. La quasi totalità delle soluzioni ivi individuate sono state recepite poi nel Protocollo di Palermo sul traffico di migranti (V. International Maritime Organization, “Interim

Measures for Combating Unsafe Practices Associated With the Trafficking or Transport of Migrants by Sea”, MSC/Circ.896, London, 11 December 1998).

414 V.: Decisione 2006/617/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006 , relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, del protocollo per combattere il traffico di migranti per via terrestre, aerea e marittima, allegato alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale relativamente alle disposizioni del protocollo nella misura in cui rientrano nell'ambito di

Gli scopi che essi perseguono sono i medesimi, ciascuno nel proprio ambito di applicazione. Gli obiettivi del Protocollo sulla tratta sono elencati all’art. 2: a) la prevenzione e la repressione della tratta; b) la protezione e l’assistenza alle vittime nel pieno rispetto dei loro diritti umani; c) la promozione della cooperazione tra gli Stati nella realizzazione dei suddetti fini. Analogamente, l’art. 2 del Protocollo sul traffico di migranti prevede come obiettivi quelli di prevenire e combattere il traffico di migranti e quello di promuovere la cooperazione tra gli Stati a tal fine, avendo cura di tutelare i diritti dei migranti vittime del traffico.415

La tratta di persone (trafficking in human beings) e il traffico di migranti (smuggling of migrants) costituiscono due fenomeni distinti, sebbene nella realtà finiscano spesso per sovrapporsi. L’art. 3 del Protocollo sulla tratta definisce la tratta di persone come «the recruitment, transportation, transfer, harbouring or receipt of

persons, by means of the threat or use of force or other forms of coercion, of abduction, of fraud, of deception, of the abuse of power or of a position of vulnerability or of the giving or receiving of payments or benefits to achieve the consent of a person having control over another person, for the purpose of exploitation». La tratta è dunque

finalizzata allo sfruttamento della persona che ne è oggetto; questo può comprendere lo sfruttamento della prostituzione o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, la riduzione in schiavitù e il prelievo di organi. L’articolo precisa che il consenso della vittima allo sfruttamento così compiuto è del tutto irrilevante. Ciò in

applicazione della parte terza, titolo IV, del trattato che istituisce la Comunità europea, in GUUE L 262 del 22 settembre 2006, p. 24 ss.; Decisione 2006/618/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006 , relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, del protocollo per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare donne e bambini, allegato alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale relativamente alle disposizioni del protocollo nella misura in cui rientrano nell'ambito di applicazione degli articoli 179 e 181 A del trattato che istituisce la Comunità europea, in GUUE L 262 del 22 settembre 2006, p. 44 ss.; Decisione 2006/617/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006 , relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, del protocollo per combattere il traffico di migranti per via terrestre, aerea e marittima, allegato alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale relativamente alle disposizioni del protocollo nella misura in cui rientrano nell'ambito di applicazione della parte terza, titolo IV, del trattato che istituisce la Comunità europea, in GUUE L 262 del 22 settembre 2006, p. 34 ss.

415 Sulla base dei loro obiettivi, taluno ha qualificato i protocolli come dei trattati sui diritti umani volti alla tutela delle vittime della tratta e del traffico, piuttosto che alla prevenzione e repressione di reati transnazionali, in specie dell’immigrazione irregolare nei territori degli Stati parte. V. F.DE VITTOR, I

risultati del Consiglio europeo straordinario sull’emergenza umanitaria nel Mediterraneo: repressione del traffico di migranti o contrasto all’immigrazione irregolare?, in SIDIBlog, 27 aprile 2015,

disponibile all’indirizzo: http://www.sidiblog.org/2015/04/27/i-risultati-del-consiglio-europeo- straordinario-sullemergenza-umanitaria-nel-mediterraneo-repressione-del-traffico-di-migranti-o- contrasto-allimmigrazione-irregolare/.

quanto risulta estorto o comunque viziato.416 Diversamente, ai sensi dell’art. 3 del Protocollo sul traffico di migranti, è possibile definire il traffico di migranti come il procurare l’ingresso illegale di una persona in uno Stato di cui non sia cittadina o residente a titolo permanente, al fine di trarre, anche indirettamente un vantaggio finanziario o materiale. Nella configurazione di questa fattispecie il migrante assume un ruolo attivo. Egli, commissionando il suo ingresso illegale in uno Stato e pagando un corrispettivo a tal fine, diventa compartecipe, con il trafficante, della condotta vietata. È questa una differenza fondamentale con la tratta di esseri umani, dove invece la persona oggetto della condotta è semplicemente una vittima. Di regola, il rapporto tra il migrante e il suo trafficante si interrompe una volta che il primo è giunto a destinazione e ha pagato il costo del trasporto illegale.417

Un’ulteriore differenza tra le due fattispecie è rappresentata dall’interesse giuridicamente tutelato. La norma che pone il divieto di tratta di essere umani mira a proteggere i diritti fondamentali della persona vittima della tratta; mentre quella che reprime il traffico di migranti tutela la sovranità statale, e in particolare il diritto dello Stato di controllare e limitare l’ingresso di stranieri nel proprio territorio. Di conseguenza, al contrario del traffico di migranti che si realizza attraverso l’attraversamento illegale della frontiera di uno Stato, la tratta di esseri umani ben può realizzarsi attraverso il trasferimento della vittima in un altro Stato ma non richiede come requisito che l’ingresso sia irregolare.418

Tuttavia, la linea di demarcazione tra traffico di migranti e tratta di esseri umani non è sempre rintracciabile con nettezza. Nella pratica, il contrabbando di migranti tende ad assumere i connotati della tratta di persone per il tipo di rapporto che intercorre tra migrante e trafficante. Il migrante clandestino, per poter pagare il costo

416 V.: NASCIMBENE B., DI PASCALE A., Riflessioni sul contrato al traffico di persone nel diritto

internazionale, comunitario e nazionale, in PALMISANO G. (a cura di), Il contrasto al traffico di migranti

nel diritto internazionale, comunitario e interno, Milano, Giuffrè, 2008, pp. 27-52, p. 33; GAUCI J.-P., MALLIA P., The Migrant Smuggling Ptotocol and the Need for a Multi-faceted Approach: Inter-

sectionality and Multi-actor Cooperation, in MORENO-LAX V., PAPASTAVRIDIS E. (eds.), “Boat

Refugees” and Migrants at Sea: A Comprehensive Approach, Leiden, Brill, 2016, pp. 119-144, p. 123.

417 PALMISANO G., Profili di rilevanza giuridica internazionale del traffico di migranti, in PALMISANO G.(a cura di), Il contrasto al traffico di migranti nel diritto internazionale, comunitario e interno, cit., p. 53-80, p. 57;GALLAGHER A.,DAVID F., The International Law of Migrant Smuggling, Cambridge, Cambridge University Press, 2014, p. 68 ss.

418 OBOKATA T., Boat Migrants as the Victims of Human Trafficking: Exploring Key Obligations

through a Human Rights Based Approach, in MORENO-LAX V., PAPASTAVRIDIS E. (eds.), “Boat

del viaggio ed essere trasportato a destinazione illegalmente, accetta inizialmente di sottoporsi a forme di sfruttamento o di coercizione fisica e psicologica vessatorie, alle quali poi non riesce più a sottrarsi. Può dunque accadere che egli resti intrappolato contro la sua volontà nelle reti criminali che organizzano il traffico e da queste sia sfruttato.419

Quanto agli obblighi posti in capo agli Stati, accanto a quello di cooperare per la prevenzione e la repressione dei fenomeni in oggetto, il principale è quello relativo alla loro penalizzazione. Ogni Stato parte dei due protocolli in oggetto è obbligato infatti ad introdurre nel suo ordinamento norme incriminatrici della tratta di persone e del traffico di migranti.420

Sebbene il traffico di migranti sia caratterizzato dal consenso del migrante ad essere oggetto del traffico, il relativo Protocollo, all’art. 5, esclude espressamente che il migrante possa essere sanzionato per questo, cioè che possa essere assoggettato all’azione penale per essersi rivolto ai trafficanti al fine di poter varcare illegalmente la frontiera di uno Stato.

Ai fini della presente trattazione, particolare attenzione va riservata alle disposizioni del Protocollo sullo smuggling dedicate specificamente al contrasto di migranti via mare. L’art. 8 prevede che uno Stato parte che abbia ragionevoli motivi per sospettare che una nave battente la bandiera di un altro Stato parte, che si trovi in acque internazionali, sia coinvolta nel traffico di migranti può chiedere a detto Stato l’autorizzazione a fermare e a ispezionare la nave e, se i sospetti vengono confermati da prove, a prendere ulteriori misure in relazione alla nave, alle persone e al carico a bordo (par. 2).

Le stesse misure possono essere attuate nei confronti di una nave senza nazionalità, in quanto soggetta alla giurisdizione di tutti gli Stati. Infatti, l’articolo de

quo prevede anche che uno Stato parte che abbia ragionevoli motivi per sospettare che

419 ID., Smuggling of Human Beings from a Human Rights Perspective: Obligations of Non-State and

State Actors under International Human Rights Law, in International Journal of Refugee Law, 2005,

pp. 395-405, p. 401.

420 V. in particolare l’art. 5 del Protocollo sulla tratta di esseri umani e l’art. 6 del Protocollo sul traffico di migranti. In proposito v.: GALLAGHER A., The International Law of Human Trafficking, Cambridge, Cambridge University Press, 2010, p. 77 ss.; GALLAGHER A.,DAVID F., The International Law of

Migrant Smuggling, Cambridge, Cambridge University Press, 2014, pp. 490 ss; D. GUILFOYLE,

Transnational Crime, in WARNER R.,KAYE S. (eds.), Routledge Handbook of Maritime Regulation and

una nave priva di nazionalità sia coinvolta nel traffico di migranti può fermare, ispezionare e adottare le ulteriori misure opportune in base al suo ordinamento interno e al diritto internazionale (par. 7). Queste misure possono essere adottate nei confronti di navi prive di nazionalità o navi a queste assimilabili. Ai sensi dell’art. 92, par. 2, della CNUDM, sono tali le navi che battono la bandiera di due o più Stati, impiegandole secondo convenienza.421

È da notare come il regime giuridico delineato dal Protocollo corrisponda, in buona sostanza, a quanto previsto dal diritto consuetudinario e dalla Convenzione di Montego Bay. Il principio consuetudinario dell’esclusiva giurisdizione dello Stato della bandiera sulle imbarcazioni che navigano in alto mare, recepito dall’art. 92 della Convenzione di Montego Bay, subordina l’adozione di misure di qualsiasi tipo nei confronti di navi appartenenti ad un altro Stato, al previo consenso di quest’ultimo. Quanto al diritto di visita delle imbarcazioni prive di bandiera che si trovino in alto mare, questo costituisce una delle eccezioni al principio della libertà di navigazione in alto mare e al principio della giurisdizione esclusiva dello Stato della bandiera previste dall’art. 110 della Convenzione. Tuttavia, contrariamente a quanto stabilito all’art. 8 del Protocollo contro lo smuggling, non sembra che i poteri dello Stato interveniente nei confronti della nave priva di bandiera discendenti dall’art. 110 della CNUDM comprendano anche l’adozione di misure coercitive ulteriori, come il sequestro della nave o l’arresto dell’equipaggio. Ciò in considerazione del fatto che quando previste, tali ulteriori misure sono espressamente contemplate in una distinta disposizione della Convenzione, come nel caso di navi coinvolte in atti di pirateria (art. 105) o in trasmissioni non autorizzate (art. 109).422 In questo senso, il Protocollo sul traffico di migranti stabilisce poteri di enforcement più incisivi per gli Stati parti le cui navi

421 In proposito v. GUILFOYLE D., The High Seas, in ROTHWELL D.R.,OUDE ELFERINK A.G.,SCOTT K. N.,T.STEPHENS (eds.) The Oxford Handbook of The Law of The Sea, Oxford, Oxford University Press, 2016, pp. 203-225, p. 217.

422 In questo senso v.: ID., Shipping Interdiction and the Law of the Sea, Cambridge, Cambridge University Press, 2009, p. 17 s.; PAPASTAVRIDIS E., The Interception of Vessels on the High Seas, Oxford, Portland, Hart Publishing, 2013, pp. 50-54; PAPANICOLOPULU I., A Missing Part of the Law of

the Sea Convention: Addressing Issues of State Jurisdiction over Persons at Sea, in SCHOFIELD C.,LEE

S.,KWON M.-S.(eds.), The Limits of Maritime Jurisdiction, The Hague, Marinus Nijhof, 2014, p. 387- 404, p. 402, 403; PAPASTAVRIDIS E., EUNAVFOR MED Operation Sophia and the Question of

Jurisdiction over Transnational Organized Crime at Sea, in QIL Zoom-in, 2016, p. 19 ss. In senso

opposto v. LEANZA U.,GRAZIANI F., Poteri di enforcement e di jurisdiction in materia di traffico di

migranti via mare: aspetti operativi nell’attività di contrasto, in Comunità internazionale, 2014, pp.

militari o in servizio statale procedono a visitare e ispezionare navi sospette, prevedendo che, nel caso in cui vengano rinvenute prove circa il coinvolgimento della nave fermata e ispezionata nel traffico di migranti, essi prendono le «misure opportune» (art. 8, par. 7).

Secondo una parte della dottrina, minoritaria ma comunque autorevole, l’esercizio del diritto di visita sulle imbarcazioni battenti bandiera straniera utilizzate per il traffico di migranti e la tratta di persone in alto mare, in assenza del consenso dello Stato della bandiera, potrebbe trovare una base giuridica nell’art. 110 lett. b) della CNUDM, che attribuisce a qualsiasi Stato il diritto di visita sulle navi sospettate di essere impegnate nella tratta di schiavi in acque internazionali. Taluno ha infatti sostenuto la necessità di interpretare tale disposizione in maniera evolutiva alla luce del significato giuridico contemporaneo della locuzione “tratta di schiavi” e del principio espresso dal brocardo ut res magis valeat quam pereat, in virtù del quale le norme dei trattati devono essere interpretati in maniera da consentire loro di produrre l’effetto finale perseguito dal trattato.423 Questa ricostruzione propone di ricondurre

alla nozione di schiavitù, ormai superata nella sua accezione classica e implicante l’esercizio sullo schiavo degli attributi tipici della proprietà,424 nuove forme analoghe

di asservimento e sfruttamento come quelle tipiche della tratta di esseri umani, ogni qualvolta il trafficante possa “godere” dei servigi e perfino “disporre” a suo piacimento della vittima, vendendolo come fosse un bene.425 Seguendo questa interpretazione, si

423 PAPASTAVRIDIS E., The Interception of Vessels on the High Seas, cit., pp. 275-278. L’autore sostiene che la locuzione “tratta di schiavi” debba essere interpretata in base al significato che essa ha oggi acquisito, alla luce dell’evoluzione che pone sullo stesso piano la schiavitù con le pratiche ad essa assimilabili, e non in base a quello del tempo in cui la CNUDM era stata negoziata. Si tratta del criterio del “dynamic approach” o “evolutionary interpretation”, che ha ad oggetto l’elemento temporale dell’interpretazione di un trattato. Inoltre, l’intera disposizione di cui all’art. 110 lett. b) CNUDM dovrebbe essere interpretata in maniera da preservarne l’effetto utile e consentirle di «fulfil its task under

the treaty». V. in proposito il commento all’art. 31 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati

del 1969 in DÖRR O., SCHMALENBACH K. (eds.), Vienna Convention on the Law of Treaties, A

Commentary, II ed., New York, Springer, 2018, pp. 572-574, p. 586.

424 Ai sensi dell’art. 1 della Convenzione concernente la schiavitù, conclusa a Ginevra il 25 settembre 1926, si intende per schiavitù «lo stato o la condizione di un individuo sul quale si esercitano gli attributi del diritto di proprietà o taluni di essi». La tratta di schiavi, invece, si configura attraverso qualunque atto di cattura, di acquisto o di cessione d’un individuo al fine di ridurlo in schiavitù; o attraverso qualunque atto di acquisto o di cessione di uno schiavo per venderlo o per cambiarlo; o qualunque atto di commercio o di trasporto di schiavi. La Convenzione supplementare sull’abolizione della schiavitù, del commercio di schiavi, e sulle istituzioni e pratiche assimilabili alla schiavitù, sottoscritta a Ginevra nel 1956 (in United Nations, Treaty Series, vol. 226, p. 3 ss.), proibisce anche le pratiche analoghe alla schiavitù.

425 In questo senso v.: PALMISANO G., Profili di rilevanza giuridica internazionale del traffico di

giunge ad affermare che in base all’art. 110, par. 1, lett. b) della Convenzione di Montego Bay ogni Stato può esercitare il diritto di visita sulle navi straniere in alto mare sospettate di essere coinvolte nella tratta di persone.426 Tuttavia, non esiste nella prassi degli Stati alcun precedente in tal senso, né questa nuova concezione della schiavitù ha trovato largo consenso in dottrina, dove il fenomeno è inteso in senso tradizionale come schiavitù de

iure e si configura solo in presenza dell’effettivo esercizio del diritto di proprietà sullo

schiavo.427

Nel contesto della tratta di persone e del traffico di migranti via mare rileva anche un’altra eccezione alla regola dell’esclusiva giurisdizione dello Stato della bandiera in alto mare, quella costituita dal diritto d’inseguimento. Affermato dall’art. 111 della CNUDM, dichiarativo del diritto consuetudinario sul punto, tale diritto consente allo Stato costiero l’inseguimento e la cattura in alto mare di una nave straniera che abbia violato le sue leggi in zone sottoposte alla sua giurisdizione, dove l’inseguimento deve avere inizio. L’inseguimento deve essere continuo e non può

PALMISANO G. (a cura di), Il contrasto al traffico di migranti nel diritto internazionale, comunitario e

interno, cit., pp. 151- 158; PAPASTAVRIDIS E., Interception of Human Beings On the High Seas: A

Contemporary Analysis Under International Law, in Syracuse Journal of International Law and Commerce, 2009, pp. 145-228, p. 163-173; ID.,'Fortress Europe' and FRONTEX: Within or Without International Law?, in Nordic Journal of International Law, 2010, pp. 75-l11, p. 85; ID., The

Interception of Vessels on the High Seas, cit., pp. 266-275; VIVIANI A., Immigrazione, nuove forme di

schiavitù e la tutela dei diritti fondamentali in Europa, in Rassegna di diritto pubblico europeo, 2011,

pp. 103-119, p. 110 s. Questi autori sostengono la necessità di basare l’interpretazione evolutiva della nozione di schiavitù, al fine di ricomprendervi anche le pratiche similari, tra cui la tratta di esseri umani, su una valutazione che tenga conto del potere concreto e del grado di controllo esercitato dai trafficanti sulle loro vittime. Queste sono di fatto private della loro libertà e autodeterminazione e versano in una situazione di totale subordinazione che impedisce loro di allontanarsi dai trafficanti. L’equiparazione della tratta alle pratiche collegate alla schiavitù trova conferma nell’argomentazione elaborata dalla Corte europea dei diritti nell’uomo nella sentenza Rantsev, dove, affermando che il caso di tratta oggetto della controversia rientrava nell’art. 4 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), che pone il divieto di schiavitù e lavoro forzato, la Corte ha osservato che la

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