UNIVERSITÀ DEGLI STUDI MEDITERRANEA DI REGGIO CALABRIA
DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA, ECONOMIA E SCIENZE UMANE DOTTORATO IN DIRITTO ED ECONOMIA
XXXI CICLO
LE OPERAZIONI NAVALI
DELL’UNIONE EUROPEA
Dottoranda:
Maria Giovanna MEDURI
Tutor:
Chiar.ma Prof.ssa Marina MANCINI
Coordinatore:
Chiar.mo Prof. Francesco MANGANARO
RINGRAZIAMENTI
Desidero rivolgere un sentito ringraziamento al mio Tutor, Prof.ssa Marina Mancini, per avermi guidato con pazienza e dedizione nello svolgimento della ricerca e nella stesura di questa tesi. A Lei va la mia profonda riconoscenza.
Vorrei inoltre ringraziare tutti coloro i quali, in qualità di esperti, hanno voluto offrirmi consigli e stimoli utili per la ricerca.
Infine, ringrazio con infinito affetto tutte le persone a me care, la mia famiglia in particolare, per avermi sostenuto durante il percorso di dottorato, come sempre nella vita.
INDICE
ABBREVIAZIONI
INTRODUZIONE………1
PARTE I
LE MISSIONI NAVALI DELL’UNIONE EUROPEA NELL’AMBITO DELLA POLITICA DI SICUREZZA E DIFESA COMUNE
Premessa……….………3
Capitolo I
IL QUADRO GIURIDICO
1. Le origini e l’evoluzione della Politica di sicurezza e difesa comune………...3 2. Gli organi e i processi decisionali relativi alle missioni istituite nell’ ambito della Politica di sicurezza e difesa comune………..28 3. La classificazione delle missioni e gli obiettivi………...39 4. Le procedure di pianificazione, il finanziamento, il comando e controllo e
l’attuazione………..46 5. Gli accordi internazionali conclusi in relazione alle missioni della PSDC
5.1 Gli Status of Forces Agreements e gli Status of Mission Agreements……….52 5.2 Gli accordi di partecipazione………...………56 6. La cooperazione con le altre organizzazioni internazionali
6.1 Le Nazioni Unite……….…………58 6.2 La NATO……….………63 6.3 L’Unione Africana………..……65
Capitolo II
LA MISSIONE EUNAVFOR ATALANTA
1. Contesto e istituzione………...………68
1.1 La definizione di pirateria………...….68 1.2 L’azione internazionale contro la recrudescenza della pirateria nelle acque a largo della Somalia……….…71 1.3 L’azione dell’Unione Europea contro la recrudescenza della pirateria nelle
2. Il mandato………..…78
3. La base giuridica………...………….82
4. L’attuazione della missione 4.1 La catena di comando, la composizione della forza e il finanziamento……….89
4.2 Gli accordi relativi allo status delle forze………95
4.3 Gli accordi di trasferimento dei soggetti arrestati………...….98
5. La cooperazione con le altre missioni dislocate nell’area………...105
Capitolo III LA MISSIONE EUNAVFOR MED SOPHIA 1. Contesto e istituzione……….112
1.1 La tratta di esseri umani e il traffico di migranti via mare: il quadro normativo…...113
1.2 L’azione internazionale contro la tratta di persone e il traffico di migranti in Libia ……….…..122
1.3 L’azione dell’Unione Europea contro la tratta di persone e il traffico di migranti in Libia ……….…..131
2. Il mandato 2.1 Il mandato originario e la risoluzione 2240 (2015) del Consiglio di Sicurezza…..…137
delle Nazioni Unite 2.2 L’exit strategy e l’emendamento del mandato.………...143
3. La base giuridica………....147
4. L’attuazione della missione 4.1 La catena di comando, la composizione della forza e il finanziamento……….……157
4.2 Le modalità concrete di esecuzione del mandato………...………163
5. La cooperazione con le altre missioni dislocate nell’area……….167
PARTE II LE OPERAZIONI MARITTIME CONGIUNTE COORDINATE DALL’AGENZIA DELLA GUARDIA DI FRONTIERA E COSTIERA EUROPEA Premessa………...………..172
Capitolo I IL QUADRO GIURIDICO 1. La sorveglianza delle frontiere esterne dell’Unione Europea: il quadro normativo……....172
2. L’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex)………..177
3. Le operazioni congiunte in mare………..185
3.1 Gli obiettivi………...186
3.2 Le procedure di pianificazione, la catena di comando e il finanziamento………..……187
3.3 Le modalità concrete di attuazione……….194
3.4 La cooperazione con i Paesi terzi………..…….202
Capitolo II LA PRASSI 1. L’operazione Hera………..207 2. L’operazione Indalo………210 3. L’operazione Poseidon………...………212 4. L’operazione Nautilus………..………..214 5. L’operazione Hermes……….………217 6. L’operazione Aeneas ……….………….219 7. L’operazione Triton………..………..221 8. L’operazione Themis………..……….225 PARTE III I PROBLEMI GIURIDICI Premessa……….228 Capitolo I L’USO DELLA FORZA 1. Il ruolo delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza nelle missioni navali della PSDC..…229
2. La constatazione di una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale………237
3. I limiti all’uso della forza………242
4. I principi che regolano l’uso della forza……….….244
Capitolo II LA TUTELA DEI DIRITTI UMANI 1. Le norme sui diritti umani applicabili alle operazioni navali dell’Unione Europea 1.1 Il quadro generale……….…..…253 1.2 La Convenzione europea dei diritti dell’uomo e la sua applicabilità extra-territoriale…259 2. Le norme sui diritti umani più rilevanti:
2.1 Il diritto alla vita……….………265
2.2 Il principio di non-refoulement……….………..270
2.3 Il diritto alla libertà personale………...279
2.4 Il diritto di proprietà……….………283
CONCLUSIONI……….……..286
BIBLIOGRAFIA………..294
TRATTATI………...…317
ATTI DELL'UNIONE EUROPEA……….322
ATTI DELLE NAZIONI UNITE………331
ATTI DELL’ORGANIZZAZIONE MARITTIMA INTERNAZIONALE………...333
ATTI DEI PARLAMENTI NAZIONALI………...334
ALTRI DOCUMENTI……….334
ABBREVIAZIONI
CCPC Capacità Civile di Pianificazione e Condotta CE Comunità Europea
CED Comunità Europea di Difesa
CEDU Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo CGUE Corte di Giustizia dell’Unione Europea
CICR Comitato Internazionale della Croce Rossa CIG Corte Internazionale di Giustizia
CIVCOM Comitato incaricato degli aspetti civili della gestione delle crisi CMUE Comitato Militare dell’Unione Europea
CNUDM Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare CONOPS Concept of Operation
CPE Cooperazione Politica Europea CPS Comitato Politico e di Sicurezza CSM Comitato per la Sicurezza Marittima CTF Combined Task Force
DCIM Directorate for Combatting Illegal Migration EUNAVFOR European Naval Force
EUNAVFOR MED European Naval Force Mediterranean Sea GFCE Guardia di Frontiera e Costiera Europea GFT Governo Federale Transitorio
GISIS Global Integrated Shipping Information System ICC International Coordination Centre
IMO International Maritime Organization ITLOS International Tribunal of the Law of the Sea JOA Joint Operation Area
MPI Politica Marittima Integrata dell’Unione Europea NATO North Atlantic Treaty Organization
ONG Organizzazione Non Governativa ONU Organizzazione delle Nazioni Unite OPLAN Operational Plan
OSCE Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa PESC Politica Estera e di Sicurezza Comune
PSDC Politica di Sicurezza e di Difesa Comune RABIT Rapid Border Intervention Team
RCC Rescue Coordination Centre RoE Rules of Engagement SAR Search and Rescue
SEAE Servizio Europeo per l’Azione Esterna SHADE Shade Awareness and Deconfliction SOFA Status of Forces Agreement
SOMA Status of Mission Agreement
SSMUE Strategia di Sicurezza Marittima dell’unione Europea TCE Trattato della Comunità Europea
TFUE Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea TUE Trattato sull’Unione Europea
UA Unione Africana UE Unione Europea
UEO Unione dell’Europa Occidentale
UNMIL United Nations Support Mission in Libya ZEE Zona Economica Esclusiva
INTRODUZIONE
Di fronte alle continue sfide alla sua sicurezza, interna ed esterna, l’Unione Europea è chiamata a dare risposte sempre più efficaci e tempestive. Negli ultimi decenni, con l’intento di fronteggiare le nuove e vecchie minacce provenienti dal mare, l’Unione ha intrapreso diverse operazioni con mezzi militari, estendendo notevolmente il raggio della sua azione al di là dei confini territoriali degli Stati membri.
In particolare, in risposta alla recrudescenza della pirateria nelle acque al largo della Somalia e al fine di combattere il traffico di migranti dalla Libia verso le coste europee, l’Unione ha istituito due missioni navali nell’ambito della Politica di Sicurezza e Difesa Comune, rispettivamente EUNAVFOR Atalanta, nell’Oceano Indiano, e EUNAVFOR MED Sophia, nelle acque al largo della Libia. Inoltre, in conseguenza dell’aumento del flusso migratorio proveniente dall’Africa, l’Unione Europea ha rafforzato la sorveglianza delle proprie frontiere marittime esterne attraverso l’avvio di una serie di operazioni di interdizione dell'immigrazione irregolare attuate dagli Stati membri, sotto il coordinamento dell’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri, di recente riformata e ridenominata Agenzia europea della Guardia costiera e di frontiera (Frontex).
La presente tesi si prefigge di effettuare un’analisi sistematica e puntuale di tutte le suddette operazioni navali alla luce del diritto internazionale e del diritto dell'Unione Europea, con l'obiettivo di evidenziarne punti di forza e criticità. L'analisi compiuta consentirà di formulare una serie di indicazioni dirette a porre fine e/o prevenire violazioni di norme internazionali e dell'Unione Europea nell'attuazione delle operazioni in questione. Tali indicazioni risulteranno utili anche per la realizzazione di future operazioni navali da parte dell'Unione.
L’indagine si articolerà in tre Parti. La Parte I sarà dedicata alle missioni
EUNAVFOR Atalanta e EUNAVFOR MED Sophia. Rispetto alle operazioni militari
terrestri, queste due missioni rappresentano un aspetto relativamente recente e ancora poco esplorato della Politica di Sicurezza e Difesa Comune. Dopo aver esaminato le caratteristiche che contraddistinguono le missioni istituite in tale ambito (Capitolo I),
al fine di comprenderne la natura, vagliare i poteri di cui sono dotate alla luce delle norme internazionali applicabili e valutare l’incisività della loro azione concreta (Capitoli II e III).
La Parte II avrà ad oggetto le operazioni marittime congiunte coordinate da Frontex, il cui avvio ha di poco preceduto quello delle sopra citate missioni della Politica di Sicurezza e Difesa Comune. Si procederà, innanzitutto, ad un'analisi del quadro giuridico nell'ambito del quale esse sono state finora condotte (Capitolo I). Quindi, tali operazioni saranno singolarmente esaminate, anche evidenziando le carenze normative che ne hanno compromesso l'efficacia (Capitolo II).
La Parte III del presente lavoro sarà dedicata ai maggiori problemi giuridici che le operazioni di cui ci si occupa sollevano. Il Capitolo I affronterà il tema dell’uso della forza. Tutte le operazioni in questione sono caratterizzate dall’esercizio di poteri coercitivi. Saranno individuati i limiti entro i quali le unità aeronavali impiegate possono ricorrere alla coercizione e si verificherà la conformità della loro azione ai principi che disciplinano l’uso della forza in mare. Il Capitolo II si occuperà del tema della tutela dei diritti umani. Ci si concentrerà sulle norme rilevanti in materia e sui limiti alla loro applicazione nelle aree dove agiscono le unità aeronavali delle operazioni condotte o coordinate dell’Unione Europea. Saranno considerati in particolare il diritto alla vita, il principio di non-refoulement, il diritto alla libertà personale e il diritto alla proprietà.
L'indagine si baserà su un accurato esame della prassi di tutte le operazioni finora condotte, per il cui reperimento si sono rivelate utili diverse interviste a ufficiali della Marina Militare e della Guardia di Finanza ad esse assegnati. Saranno inoltre considerate le pronunce rilevanti dei tribunali nazionali e internazionali, tra cui in particolare quelle della Corte di Giustizia dell'Unione Europea e della Corte europea dei diritti dell'uomo. L'indagine si avvarrà infine dello studio della dottrina italiana e straniera, condotto in parte durante i soggiorni presso l’Accademia del diritto internazionale dell’Aja (2016) e il Max-Planck-Institut für ausländisches öffentliches
PARTE I
LE MISSIONI NAVALI DELL’UNIONE EUROPEA NELL’AMBITO DELLA POLITICA DI SICUREZZA E DIFESA COMUNE
PREMESSA
Le missioni EUNAVFOR Atalanta e EUNAVFOR MED Sophia rappresentano le uniche due missioni navali che l’Unione Europea ha avviato nell’ambito della Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC). Esse si inseriscono all’interno di una prassi ormai consolidata, contraddistinguendosi per il fatto di essere condotte in mare, unicamente con mezzi aeronavali. Premettendo che l’analisi dettagliata delle due missioni sarà oggetto dei Capitoli II e III, sembra utile svolgere in questa sede un esame preliminare delle missioni di PSDC, ripercorrendo le tappe più significative della loro evoluzione, descrivendo i processi decisionali per la loro istituzione, i loro obiettivi, le procedure di pianificazione, comando e controllo e tracciando le modalità di cooperazione con gli Stati terzi e le altre organizzazioni internazionali. Il fine del presente Capitolo è perciò quello di delineare il contesto istituzionale nel quale le missioni EUNAVFOR Atalanta e EUNAVFOR MED Sophia si collocano e fornire gli elementi essenziali per un loro, successivo, esame più specifico.
Capitolo I
IL QUADRO GIURIDICO
1. LE ORIGINI E L’EVOLUZIONE DELLA POLITICA DI SICUREZZA E DIFESA COMUNE
Sin dalle origini del processo di integrazione europea gli Stati manifestarono la volontà di realizzare una politica di sicurezza e difesa comune. Il primo tentativo si rivelò un fallimento. Il Trattato di Parigi del 1952 istitutivo della Comunità Europea di Difesa (CED), che prevedeva la creazione di un esercito europeo e conteneva una clausola di difesa reciproca in caso di aggressione contro uno Stato membro, non entrò mai in vigore a causa della mancata ratifica da parte della Francia.1 Si trattò,
1 Trattato istitutivo della Comunità Europea di Difesa, firmato a Parigi il 27 maggio 1952, disponibile all’indirizzo: http://aei.pitt.edu/5201/1/5201.pdf.
probabilmente, di un tentativo troppo ambizioso che non aveva fatto i conti con la diffidenza degli allora Stati membri della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA)2 a compiere un salto di qualità di natura prettamente politica e
militare nel processo di integrazione europea, focalizzatosi fino a quel momento sull’approccio economico.3
Tra il 1961 e il 1962 fallì anche l’adozione del cosiddetto Piano Fouchet, proposto dall’allora Presidente francese Charles de Gaulle. Il Piano mirava a creare un’“Unione di Stati” tra i cui obiettivi vi era anche quello di instaurare una cooperazione tra gli Stati membri nel campo della politica estera e di difesa.4
Nel 1970 i Ministri degli Affari esteri degli Stati membri della Comunità Economica Europea (CEE)5 adottarono il Rapporto di Davignon o Lussemburgo6 nel quale, per la prima volta, si propose di istituire un meccanismo strutturato per il coordinamento delle politiche nazionali in materia di politica estera, denominato Cooperazione Politica Europea (CPE). A seguito di tale proposta, le consultazioni tra i Ministri degli Affari esteri degli Stati membri, inizialmente sporadiche, cominciarono dapprima a intensificarsi, e poi a susseguirsi con regolarità. Successivamente, le riunioni della CPE si tennero all’interno di un Comitato politico, composto dai Direttori per gli affari politici dei Ministeri degli esteri degli Stati membri, e di gruppi di lavoro ad hoc. La CPE conservava un carattere intergovernativo, le decisioni venivano prese all’unanimità e il ruolo della Commissione e del Parlamento europeo
2 La Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) venne istituita con il Trattato di Parigi del 18 aprile 1951, entrato in vigore il 23 luglio 1952. Il testo del Trattato è disponibile all’indirizzo: http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:11951K/TXT&from=IT.
3 V.: VILLANI U., Istituzioni di Diritto dell’Unione europea, IV ed., Bari, Cacucci Editore, 2016, pp. 6, 7; SCANNEL D., Third Time Lucky: the Pre-history of the Common Security and Defence Policy, in ARNULL A.,BARNARD C.,DOUGAN M.,SPAVENTA E. (eds.), A Constitutional Order Od States? Essays
in EU Law in Honour of Alan Dashwood, Oxford, Oxford University Press, 2011, p. 565 ss.
4 Il Piano Fouchet proponeva l’adozione di un progetto di Trattato sull’ “Unione di Stati”, elaborato in due successive versioni i cui testi sono disponibili all’indirizzo: http://mjp.univ-perp.fr/europe/1961fouchet.htm. In proposito v.: TIMMERMANS C.W.A. , The Uneasy Relationship
between the Communities and the Second Union Pillar: Back to the ‘Plan Fouchet’?, in Legal Issues of Economic Integration, 1996, pp. 61–70; CARAFFINI P., Il movimento europeo internazionale e il
modello gollista di Europe des États: i Piani Fouchet (1961-1962), in Research Papers del Centro Studi
sul Federalismo, Torino, dicembre 2010, disponibile all’indirizzo: http://www.csfederalismo.it/attachments/article/842.
5 La Comunità Economica Europea (CEE) venne istituita con il Trattato di Roma del 25 marzo 1957, entrato in vigore il 1° gennaio 1958. Il testo del Trattato è disponibile all’indirizzo: http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:11957E/TXT&from=IT.
6 Davignon Report, Luxembourg, 27 October 1970, Bulletin of the European Communities, no. 11,
November 1970, pp. 9 -14, disponibile all’indirizzo:
appariva notevolmente circoscritto.7 Al Rapporto di Lussemburgo fecero seguito il Rapporto di Copenaghen,8 e il Rapporto di Londra,9 presentati dai Ministri degli Affari esteri ai Capi di Stato e di Governo degli Stati membri rispettivamente nel 1973 e nel 1981. In essi si sottolineava la diversità delle dinamiche della CPE rispetto a quelle operanti nell’ambito della CEE, quest’ultima improntate sul carattere della “sopranazionalità”, e venivano delineati obiettivi relativi anche alla politica di sicurezza, assenti nel Rapporto di Lussemburgo.10 La CPE venne istituzionalizzata dall’Atto Unico Europeo del 1986,11 che le dedicò un intero articolo (art. 30) e istituì un Segretariato CPE, ma che, tuttavia, non previde un obbligo esplicito in capo agli Stati membri di coordinare le loro politiche estere e di sicurezza.
Fu con il Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992, entrato in vigore il 1° novembre 1993, che venne introdotta la Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC). Questa si sostituì alla CPE e andò a costituire il secondo dei tre pilastri su cui si fondava l’Unione.12 In base al Trattato sull’Unione Europea, «l’Unione e i suoi Stati membri stabiliscono ed attuano una politica estera e di sicurezza comune» (art. J.1), che «comprende tutte le questioni relative alla sicurezza dell'Unione europea, inclusa la definizione di una politica di difesa comune, che potrebbe successivamente condurre a una difesa comune» (art. J.4). L’intenzione era quella di dotare la PESC di un certo grado di sopranazionalità, prevedendo obblighi più stringenti per gli Stati membri. Tuttavia, il modello di azione adottato fu sostanzialmente quello intergovernativo. Inoltre, una novità particolarmente significativa introdotta dal Trattato di Maastricht fu rappresentata dall’esplicito riferimento alla politica di difesa comune, contenuto sia
7 In proposito v.: HILL C., SMITH K. E., European foreign Policy, Key Documents, London, New York, Routledge, 2000, pp. 74-80; CAMERON F., An Introduction to European Foreign Policy, II ed., New York, Routledge, 2012, pp. 30, 31; KOUTRAKOS P., The EU Common Security and Defence Policy, Oxford, Oxford University Press, 2013, pp. 10, 11.
8 Second Report on European Political Co-operation on Foreign Policy, Copenhagen, 23 July 1973,
Bulletin of the European Communities, no. 9, September 1973, p. 14-21, disponibile all’indirizzo:
https://www.cvce.eu/content/publication/1999/1/1/ .
9 Report on European Political Co-operation, London, 13 October 1981, Bulletin of the European
Communities, Supplement no. 3, 1981, pp. 14-17, disponibile all’indirizzo: https://www.cvce.eu/content/publication/2002/1/18.
10 KOUTRAKOS P., The EU Common Security and Defence Policy, cit., pp. 11-13.
11 Atto Unico Europeo, Lussemburgo, 17 e 28 febbraio 1986, in GUCE L 169 del 29 giugno 1987, p.1. L’Atto unico europeo è stato firmato a Lussemburgo il 17 e il 28 febbraio 1986 ed è entrato in vigore il 1° luglio 1987.
nel preambolo, sia nel testo del trattato,13 che nei Rapporti della CPE e nell’Atto Unico Europeo mancava.
Parallelamente allo sviluppo della CPE prima e della PESC dopo, un ruolo importante nel campo della difesa europea fu ricoperto dall’Unione dell’Europa Occidentale (UEO). Istituita con il Trattato di Bruxelles del 1948 come Unione Occidentale e ridenominata dal Protocollo di Parigi del 1954 come Unione dell’Europa Occidentale, questa organizzazione internazionale si prefiggeva di coordinare le politiche di difesa degli Stati membri.14 In mancanza di una competenza dell’Unione
a condurre interventi militari, all’inizio degli anni Novanta, l’UEO diventò «una sorta di braccio operativo dell’UE nel settore della difesa», accanto alla NATO.15 Nel 1992, il Consiglio ministeriale dell’UEO riunito nella cittadina tedesca di Petersberg adottò una Dichiarazione con cui gli Stati membri si resero disponibili a mettere a disposizione dell’Organizzazione contingenti militari, provenienti dalle forze armate nazionali di ciascuno di essi, per lo svolgimento di missioni militari condotte sotto la sua autorità. Oltre a contribuire alla difesa comune in applicazione dell’art. 5 del Trattato di Washington del 4 aprile 1949, istitutivo della NATO, e dell’art. V del Trattato di Bruxelles sull’UEO come modificato dal Trattato di Parigi del 1954, tali contingenti avrebbero potuto essere utilizzati dall’UEO per condurre missioni
13 Il riferimento esplicito alla politica di difesa comune è contenuto nel decimo considerando del preambolo e negli articoli B, secondo punto, e J.4. In proposito v.: KOUTRAKOS P., The EU Common
Security and Defence Policy, cit., pp. 15 – 17.
14 Tale Organizzazione venne istituita con il Trattato di collaborazione economica, sociale e culturale e di autodifesa collettiva firmato a Bruxelles il 17 marzo 1948 dal Regno Unito, dalla Francia, dal Belgio, dai Paesi Bassi e dal Lussemburgo. Il Trattato venne poi modificato dal Protocollo di modifica ed integrazione del Trattato di Bruxelles, firmato a Parigi il 23 ottobre 1954, anno in cui vi aderirono anche la Repubblica Federale Tedesca e l’Italia. Nel 1990 entrano a farne parte anche la Spagna e il Portogallo e nel 1995 anche la Grecia. L'Unione Europea Occidentale contava quindi dieci Stati membri, i soli a possedere pieni poteri di voto, tutti al contempo Stati membri dell’UE e della NATO. Vi erano poi sei membri associati (Turchia, Norvegia, Islanda, Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria), membri della
NATO ma non della UE. Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria sono divenuti membri dell’UE solo dopo
la loro entrata nell’UEO, nel 2004. Cinque erano invece gli Stati osservatori (Danimarca, Irlanda, Austria, Finlandia e Svezia), membri dell’UE ma non della NATO, tranne la Danimarca che è membro di entrambi. Infine, vi erano sette partner associati (Estonia, Lettonia, Lituania, Slovacchia, Bulgaria, Romania, Slovenia), esterni sia alla NATO che alla UE. Da allora tutti questi paesi sono entrati a far parte sia della NATO sia dell'UE. V. il sito dell’Organizzazione disponibile all’indirizzo: http://www.weu.int/. HOWORTH J., Security and Defence Policy in the European Union, New York, Palgrave, 2007, p. 5 ss.; DIETL R., The WEU: a Europe of the Seven, 1954-1969, in Journal of
Transatlantic Studies, 2009, pp. 431-452; MACALISTER-SMITH P., GEBHARD J., Western European
Union (WEU), in Max Planck Encyclopedia of Public International Law, 2011.
15 COMELLI M., Gli interventi dell’Unione europea e la cooperazione con la Nato, in RONZITTI (a cura di), Le forze di pace dell’Unione Europea, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2005, p. 137 ss., p. 138.
umanitarie o di soccorso, missioni di mantenimento della pace (peace-keeping), missioni di gestione delle crisi (peace-management), ivi comprese missioni di ripristino della pace (peace-enforcement).16 La Dichiarazione di Petersberg affermò inoltre la volontà dell’Organizzazione di sostenere, caso per caso e secondo le proprie procedure, l’attuazione efficace di misure di prevenzione dei conflitti e di gestione delle crisi, incluse le attività relative al mantenimento della pace della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE), poi divenuta Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), e del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.17
Il Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997,18 entrato in vigore il 1° maggio del 1999, e il Trattato di Nizza del 26 febbraio 2001,19 entrato in vigore il 1° febbraio 2003, entrambi modificativi del TUE (Trattato sull’Unione Europea) e dei Trattati comunitari, segnarono un’ulteriore evoluzione nel campo della PESC, senza alterare il quadro introdotto a Maastricht. In particolare, il Trattato di Amsterdam introdusse per la prima volta un esplicito riferimento alle missioni di Petersberg (art. 17).
Un momento cruciale per la creazione della PSDC fu rappresentato dalla Dichiarazione di Saint-Malo, sottoscritta dal Primo Ministro britannico Tony Blair e dal Presidente francese Jacques Chirac il 3 e 4 dicembre 1998. In essa si affermò la necessità per l’Unione di disporre di una propria, autonoma, capacità di azione, e cioè di forze militari adeguate e delle procedure per utilizzarle prontamente, allo scopo di rispondere in modo efficace alle crisi internazionali.20
16 Western European Union Council of Ministers, Petersberg Declaration, Bonn, 19 June 1992, disponibile all’indirizzo: http://www.weu.int/. In proposito v.: MATARAZZO R., Le strutture istituzionali
della Pesd, in RONZITTI N. (a cura di), Le forze di pace dell’Unione Europea, cit., p. 21 ss., p. 26; GRAF
VON KIELMANSEGG S., The meaning of Petersberg: Some Considerations on the Legal Scope of ESDP
Operations, in Common Market Law Review, 2007, pp. 629-648, p. 631 ss.
17 Petersberg Declaration, cit.
18 Trattato di Amsterdam che modifica il Trattato sull'Unione Europea, i Trattati che istituiscono le Comunità Europee e alcuni atti connessi, Amsterdam, 2 ottobre 1997, in GUCE C 340 del 10 novembre 1997, p. 1.
19 Trattato di Nizza che modifica il Trattato sull'Unione Europea, i Trattati che istituiscono le Comunità Europee e alcuni atti connessi, Nizza, 26 febbraio 2001, in GUCEC 80 del 10 marzo 2001, p. 1. 20 Joint Declaration Issued at the British-French Summit, Saint-Malo, 3 - 4 December 1998, disponibile all’indirizzo: https://www.consilium.europa.eu/uedocs. In proposito v. anche: BASSU A., Il mantenimento della pace nel diritto dell’Unione europea, Milano, Giuffré, 2007, p. 50; GREVI G., HELLY D.,KEOHANE D. (eds.), European Security and Defence Policy. The First 10 Years (1999-2009), Paris, European Union Institute for Security Studies, 2009, pp. 71 ss.
La nascita della Politica Europea di Sicurezza e di Difesa (PESD) si ebbe con il Consiglio europeo di Colonia del giugno 1999, nell’ambito del quale vennero adottati due documenti: la Dichiarazione sul rafforzamento della politica europea
comune in materia di sicurezza e di difesa e la Relazione della Presidenza tedesca sul rafforzamento della politica europea comune in materia di sicurezza e di difesa.21 Tali
documenti affermarono l’intenzione di sviluppare delle capacità militari europee in maniera autonoma dalla NATO per assicurare un'efficace azione di prevenzione dei conflitti e gestione delle crisi da parte dell’Unione, specificando la volontà di garantire la piena e paritaria partecipazione di tutti gli Stati membri, siano essi membri della
NATO o neutrali e non alleati, alle operazioni di gestione delle crisi dell’UE. Il
Consiglio europeo incaricò il Consiglio Affari Generali di adottare entro la fine del 2000 le misure necessarie a tal fine, «compresa la definizione delle modalità per l'inclusione nell'Unione di quelle funzioni dell'UEO che saranno necessarie all'UE per far fronte alle sue nuove responsabilità nell'ambito dei compiti di Petersberg». Le funzioni affidate all’UEO venivano così assorbite dall’Unione.22 Impregiudicato
restava invece il ruolo della NATO. L’Unione doveva determinare caso per caso se condurre delle operazioni con il ricorso a mezzi e capacità della NATO, o con mezzi e capacità proprie e, a tal fine, si prevedeva la creazione di nuove forze militari e delle relative strutture di comando nazionali che assicurassero una rappresentatività a livello multinazionale.23
21 La Dichiarazione sul rafforzamento della politica europea comune in materia di sicurezza e di difesa e la Relazione della Presidenza tedesca sul rafforzamento della politica europea comune in materia di
sicurezza e di difesa costituiscono l’Allegato III alle Conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo
di Colonia, 3-4 giugno 1999, disponibili all’indirizzo: http://www.europarl.europa.eu/summits/kol2. 22 Dopo che il Regno Unito e la Germania avevano manifestato l’intenzione di recedere dal Trattato, il 31 marzo 2010 la Presidenza del Consiglio Permanente dell’UEO presentò, a nome di tutte le Parti contraenti, una Dichiarazione che affermava che con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona l'UEO aveva realizzato il suo ruolo storico e che gli Stati firmatari avevano quindi deciso di porre fine al Trattato. Il 30 giugno 2011 il Trattato di Bruxelles si è estinto e l’Organizzazione ha cessato di esistere. In proposito v.: Statement of the Presidency of the Permanent Council of the WEU on behalf of the High
Contracting Parties to the Modified Brussels Treaty, Belgium, France, Germany, Greece, Italy, Luxembourg, The Netherlands, Portugal, Spain, and the United Kingdom, Western European Union,
Brussels, 31 March 2010, disponibile all’indirizzo: http://www.weu.int/Declaration_E.pdf.
23 Relazione della presidenza tedesca sul rafforzamento della politica europea comune in materia di
Poco dopo, il Consiglio europeo di Helsinki del dicembre del 1999 elaborò delle proposte particolarmente rilevanti raccolte nell’Headline Goal 2003.24 Gli
obiettivi principali che gli Stati membri si prefissarono di realizzare entro il 2003 furono: la creazione di un Comitato politico e di sicurezza, di un Comitato militare e di uno Stato maggiore militare dell’Unione Europea; l’istituzione di un meccanismo permanente per la gestione civile delle crisi; la creazione di una Forza di intervento rapido o Forza di reazione rapida. Quest’ultima doveva essere costituita da un massimo di 15 brigate, pari a 50.000/60.000 militari effettivi, da impiegare nello svolgimento delle missioni di Petersberg. Tali forze dovevano essere schierate volontariamente dagli Stati membri, su richiesta, nell’arco di 60 giorni e dovevano essere capaci di operare per almeno un anno. Esse dovevano poi essere «militarmente autonome», dotate di adeguate capacità di comando, controllo e intelligence e disporre di unità aeree e navali.25
Al Consiglio europeo di Santa Maria da Feira del 2000si affermò la necessità di sviluppare anche un apparato civile da impiegare nelle missioni per la prevenzione e la gestione delle crisi, e vennero identificati quattro obiettivi principali in cui l’azione dell’Unione Europea avrebbe dovuto concentrarsi: polizia, rafforzamento dello stato di diritto, rafforzamento dell’amministrazione civile e della protezione civile.26 Le
forze di polizia e i funzionari civili avrebbero dovuto essere messi a diposizione dagli Stati membri.27
L’impegno assunto dagli Stati membri dell’Unione per la creazione di capacità e strutture militari e civili da impiegare nel settore della PESD venne rinnovato in occasione del Consiglio europeo di Göteborg del 15 e 16 giugno 2001,28 e successivamente trovò una concreta pianificazione nel Piano d’azione europeo per le
24 Allegato 1 dell’Allegato IV alle Conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Helsinki del 10 e 11 dicembre 1999, Relazione della Presidenza al Consiglio europeo di Helsinki sullo stato di
avanzamento dei lavori relativi al rafforzamento della politica europea comune in materia di sicurezza e di difesa, disponibile all’indirizzo: http://www.europarl.europa.eu/summits.
25 Ibidem.
26 Conclusioni del Consiglio europeo di Santa Maria da Feira, 19, 20 giugno 2000, disponibili all’indirizzo: http://www.europarl.europa.eu/summits/fei2_it.htm.
27 Studio degli obiettivi concreti relativamente agli aspetti civili della gestione delle crisi, Appendice III alle Conclusioni del Consiglio europeo di Santa Maria da Feira, cit.
28 Conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Göteborg, 15 e 16 giugno 2001, disponibili all’indirizzo: file:///C:/Users/ASUS%20X551CA/Downloads/00200-r.
capacità militari, adottato durante una Conferenza per il miglioramento delle capacità tenutasi a Bruxelles nel novembre del 2001.29
Un ulteriore tassello significativo del processo evolutivo della PESD fu rappresentato dalla Dichiarazione di operatività della politica europea di sicurezza e
di difesa, adottata nel Consiglio europeo di Laeken del 2001 e riportata nell’Allegato
II alle Conclusioni della Presidenza.30 In tale Dichiarazione si affermò espressamente che l’Unione era ormai divenuta capace di condurre missioni di gestione delle crisi. Infatti, erano state istituite strutture e procedure che le permettevano già di analizzare, pianificare, lanciare e condurre operazioni di tal genere. Ed infatti, a distanza di pochi mesi l’Unione istituì le prime missioni di PESD.31 Nello stesso documento, poi, venne
inoltre annunciata l’intenzione di stipulare delle intese in materia di sicurezza con la
NATO che avrebbero rafforzato notevolmente le capacità di cui l’Unione poteva
disporre nell’ambito della PESD.32 Così, nel dicembre del 2002 l’Unione Europea e la NATO sottoscrissero gli Accordi Berlin Plus, che consentirono all’Unione di ricorrere
ai mezzi e alle capacità militari dell’Alleanza per la conduzione delle operazioni di gestione delle crisi.33 Conclusi tramite scambio di lettere tra l’allora Alto Rappresentante perla Politica Estera e di Sicurezza Comune, Javier Solana, e l’allora Segretario Generale della NATO, George Robertson, gli Accordi Berlin Plus garantirono all’Unione l’accesso alle procedure di pianificazione operativa dell'Alleanza, la possibilità di disporre di mezzi e capacità preidentificati della NATO e la disponibilità delle opzioni di comando NATO per la conduzione delle operazioni
29 In proposito v.: Statement on Improving European Military Capabilities, 2386th Council meeting – General Affairs, Brussels, 19-20 November 2001, disponibile all’indirizzo: https://www.consilium.europa.eu/uedocs/cmsUpload/European.
30 Allegato II alle Conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Laeken del 14 e 15 dicembre 2001, Dichiarazione relativa all'operatività della politica europea comune di sicurezza e di difesa, disponibile all’indirizzo: file:///C:/Users/ASUS%20X551CA/Downloads/DOC-01-18_IT.pdf. 31 Nel marzo del 2002, con l’Azione comune 202/2003/PESC, venne lanciata la prima operazione di PESD, la European Union Police Mission (EUPM). Si tratta di una missione civile condotta in Bosnia Erzegovina con il compito iniziale di riformare le forze di polizia locali. Le attività delle forze UE si sono poi concentrate sulla lotta al crimine organizzato e alla corruzione. Nel gennaio del 2003 viene lanciata la prima missione di PESD a carattere militare, l’operazione Concordia, dispiegata in Macedonia con lo scopo di contribuire alla sicurezza e alla stabilizzazione del paese e al rispetto degli Accordi di Ohrid.
32 Ivi, pp. 10, 11.
33 Al riguardo v.: EU-NATO: the Framework for Permanent Relations and Berlin Plus, disponibile all’indirizzo: http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cmsUpload/03-11-11%20Berlin%20Plus%20press%20note.
istituite nell’ambito della PESD.34 In pratica, a partire dalla conclusione degli Accordi Berlin Plus, l’Unione Europea poté avvalersi del contributo della NATO nella
pianificazione e conduzione delle sue missioni. Al fine di evitare inutili duplicazioni, il ricorso a tale forma di cooperazione era possibile soltanto nel caso in cui l’Alleanza Atlantica non fosse già impegnata sul campo e non intendesse farlo.35
Dopo l’avvio delle prime missioni di gestione delle crisi da parte dell’UE, emerse l’esigenza di adottare un documento che delineasse le strategie di sicurezza dell’Unione. Tale esigenza apparve ancora più evidente in seguito all’intervento anglo-statunitense in Iraq del 2003, su cui gli Stati membri dell’Unione si trovarono divisi.36
Così, con lo scopo di fornire un quadro univoco e completo sulle strategie che l’Unione intendeva attuare per affrontare meglio le minacce e le sfide globali, l’allora Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune Solana elaborò la
Strategia europea in materia di sicurezza,37 che fu accolta con favore e approvata dal Consiglio europeo di Bruxelles del 12 e 13 dicembre 2003.38 Tale Strategia conteneva un’analisi dettagliata delle minacce alla sicurezza dell’Unione Europea, tra cui il terrorismo, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, i conflitti regionali e le loro conseguenze dirette e indirette sulla sicurezza europea, i cosiddetti failed States e la criminalità organizzata.39 La Strategia prospettava delle azioni da intraprendere per arginare o eliminare tali minacce e individuava come obiettivi principali: il rafforzamento della sicurezza e della stabilità nei Paesi confinanti con l’UE, attraverso
34 In proposito v.: NAERT F., International Law Aspects of the EU’s Security and Defence Policy, with
a Particular Focus on the Law of Armed Conflicts and Human Rights, Anversa, Intersentia, 2010, pp.
58, 66, 68; KOUTRAKOS P., The EU Common Security and Defence Policy, cit., p. 106; GRADILONE S.,
Le missioni di gestione delle crisi, in LANG A., MARIANI P. (a cura di), La Politica estera dell’Unione
europea, Inquadramento giuridico e prassi applicativa, Torino, Giappichelli, 2014, pp. 183 – 219, p.
195.
35 Si parla del cosiddetto diritto di “primo rifiuto” della NATO, nel senso che l’Unione può avviare delle missioni di PSDC soltanto se la NATO è d’accordo e non intende prendervi parte. Tale principio è anche espresso con la formula «Nato first».
36 PIROZZI N., L’Unione europea e la gestione delle crisi, in BONVICINI G. (a cura di), L’Unione europea
attore di sicurezza regionale e globale, Milano, Franco Angeli, 2015, p. 115 ss., p. 116.
37 Strategia europea in materia di sicurezza, Un’Europa sicura in un mondo migliore, Bruxelles, 12 dicembre 2003, disponibile all’indirizzo: https://www.consilium.europa.eu/uedocs/, pp. 3 – 5.
38 Conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Bruxelles del 12 e 13 dicembre 2003, doc. n. 5381/04, Bruxelles, 5 febbraio 2004, disponibili all’indirizzo: file:///C:/Users/ASUS%20X551CA/Downloads/79661.
39 La pirateria fu inclusa tra le minacce alla sicurezza dell’Unione Europea dal Rapporto sull’attuazione
della Strategia europea in materia di sicurezza del 2008. In proposito si veda la sintesi della Relazione
sull'attuazione della strategia europea in materia di sicurezza, Garantire sicurezza in un mondo in piena
evoluzione, Bruxelles, 11 dicembre 2008, disponibile all’indirizzo:
la prevenzione dei conflitti e la gestione delle crisi; il miglioramento delle capacità militari e civili dell’UE; l’ampliamento della gamma delle missioni di PESD; e il pieno e continuativo sostegno alle Nazioni Unite. Fu questo il primo importante documento strategico in materia di sicurezza dell’Unione Europea.40
Al fine di rafforzare ulteriormente le capacità civili e militari dell’Unione, il Consiglio europeo di Bruxelles del 2004 approvò l’Headline Goal 2010.41 Di fatto,
questo rappresentò una tappa cruciale soprattutto per lo sviluppo delle capacità militari europee. In esso venne, infatti, inserito il Concetto di Battlegroup,42 che era stato
elaborato dallo Stato maggiore dell’Unione europea su impulso della Francia e del Regno Unito, con il supporto della Germania.43 I Battlegroups, o gruppi tattici, vennero concepiti come delle componenti della Forza di reazione rapida, e cioè dei contingenti in grado di condurre interventi rapidi, composti da circa 1.500 militari ciascuno. Essi furono configurati come «the minimum militarily effective, credible,
rapidly deployable, coherence force package capable of stand-alone operations, or for the initial phase of larger operations».44 Si trattava di forze che dovevano essere formate da una “nazione-quadro” («Framework Nation»),45 oppure da una coalizione multinazionale di Stati membri, con la possibilità della partecipazione di Stati terzi alleati, capaci di essere dispiegate entro dieci giorni dal lancio di un’operazione e in grado di operare fino a trenta giorni, prorogabili a centoventi.46 Completi di ogni supporto tattico e logistico, questi contingenti avrebbero dovuto essere impiegati in missioni “ad alta intensità” in ambiente ostile ed in teatri di crisi lontani, eventualmente prima dell’avvio di operazioni più ampie su mandato dell’Unione stessa o delle Nazioni Unite. Il documento prevedeva che l’Unione disponesse di due
40 Strategia europea in materia di sicurezza, cit., pp. 7 – 12.
41 General Affairs and External Relations Council, Headline Goal 2010, Brussels, 17 May 2004, disponibile all’indirizzo: https://www.consilium.europa.eu/uedocs/cmsUpload/2010HeadlineGoal. 42 EU Council,EU Battlegroup Concept, doc. n. 10501/0, Brussels, 14 June 2004, disponibile all’indirizzo: http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-10501-2004-EXT-1/en/pdf.
43 BARCKOWSKA A., EU Battlegroups – ready to go?, European Union Institute for Security Studies, Brief Issue no. 40, November 2013, disponibile all’indirizzo: https://www.iss.europa.eu/content/eu-battlegroups-%E2%80%93-ready-go, p.1.
44 EU Battlegroup Concept, cit., p.6.
45 Nel documento viene specificato che per «Framework Nation» si intende «A Member State or a group
of Member States that has volunteered to, and that the Council has agreed, should have specific responsibilities in an operation over which EU exercises political control», EU Battlegroup Concept,
cit., p. 6, nota 4.
Battlegroups a semestre, per consentire la conduzione simultanea di due interventi.47
Nel 2005, vennero costituiti i primi tre Battlegroups, con personale inviato su base nazionale da Francia, Italia e Regno Unito. Il 1° gennaio del 2007, il meccanismo raggiunse la piena capacità operativa. Da allora, l’Unione dispone di due gruppi tattici in stand-by, che variano ogni sei mesi. Tuttavia, ad oggi, a causa delle divergenze degli Stati membri sulle modalità del loro impiego, tali forze non sono mai state impiegate.48
Pochi mesi dopo il Consiglio europeo di Bruxelles, con l’Azione comune 2004/551/PESC del Consiglio, del 12 luglio 2004,49 venne istituita l’Agenzia nel
settore dello sviluppo delle capacità di difesa, della ricerca, dell’acquisizione e degli armamenti dell’Unione, denominata Agenzia Europea per la Difesa (AED), con il compito di sostenere la PESD e supportare il Consiglio e gli Stati membri nella loro azione volta al rafforzamento delle capacità di difesa dell'UE. Dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l’Agenzia verrà riformata con la decisione del Consiglio 2011/411/PESC che darà attuazione agli artt. 42 par. 3 e 45 TUE.50 Tra le funzioni dell’Agenzia, indicate nell’art. 45 TUE, vi è l’individuazione degli obiettivi di capacità militari dell’UE e il sostegno agli Stati membri ai fini del loro conseguimento.
Nei primi anni del XXI secolo, allo scopo di massimizzare l’efficacia sul campo delle operazioni di gestione delle crisi e garantire una perfetta sinergia civile-militare, l’Unione compì notevoli sforzi anche per migliorare i propri mezzi e le proprie capacità civili. Così, nel 2004, vennero adottati il Civilian Headline Goal
47 General Affairs and External Relations Council, Headline Goal 2010, 17 May 2004, European
Council of 17 and 18 June 2004, disponibile all’indirizzo:
https://www.consilium.europa.eu/uedocs/cmsUpload/2010HeadlineGoal.
48 V.: European External Action Service, EU Battlegroups, 5 October 2017, disponibile all’indirizzo: https://eeas.europa.eu/sites/eeas/files/factsheet_battlegroups.pdf; Relazione annuale del Consiglio al
Parlamento europeo sugli aspetti principali e le scelte di base della PESC, Consiglio dell'Unione
europea, 2007, par. 424, disponibile all’indirizzo:
http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cmsUpload/IT_Pesc.pdf. In proposito v.: COMELLI M., PIROZZI N., La cooperazione tra l’Unione europea e la Nato, Istituto Affari Internazionali, Contributi di Istituti di ricerca specializzati, n. 69, maggio 2007, pp. 15-16; DI CAMILLO F., MIRANDA V., L’Unione
europea e la politica di sicurezza e di difesa comune: elementi, Istituto Affari Internazionali, Documenti
IAI, aprile 2012, p. 47.
49 Azione comune 2004/551/PESC del Consiglio del 12 luglio 2004 relativa alla creazione dell'Agenzia europea per la difesa, in GUUE L 245 del 17 luglio 2004, p. 17.
50 Decisione 2011/411/PESC del Consiglio del 12 luglio 2011 che fissa lo statuto, la sede e le modalità di funzionamento dell’Agenzia europea per la difesa e che abroga l’azione comune 2004/551/PESC, in
200851 e il Civilian Headline Goal 2010.52 Il primo raccomandò l’individuazione di punti chiave per la pianificazione e di scenari tipici di gestione delle crisi, la redazione di una lista dei mezzi e delle capacità civili necessarie per operare sul campo e la valutazione dei contributi nazionali alla fornitura del personale e degli equipaggiamenti. Esso incaricò altresì il Segretariato Generale di istituire dei Civilian
Response Teams, squadre civili di reazione rapida modellate su quelle militari.53 Il
Civilian Headline Goal 2010 riconfermò gli obiettivi già individuati in precedenza e
pose l’accento sulla necessità di migliorare i meccanismi per lo scambio di informazioni nella gestione civile delle crisi, di aumentare il personale e gli equipaggiamenti da rendere disponibili per le missioni, di coinvolgere maggiormente le forze dell’ordine e gli organi giudiziari degli Stati membri nelle attività della PESD.54
Lo sviluppo della PESC, e quindi della PESD, ha poi ricevuto un notevole impulso con il Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, entrato in vigore il 1° dicembre del 2009.55 L’Unione Europea ha sostituito ed è succeduta alla Comunità Europea, secondo quanto previsto dall’art. 1 del TUE, e la struttura “a pilastri” introdotta dal Trattato di Maastricht è stata abolita. Il superamento di tale struttura ha comportato una sorta di generalizzazione o “comunitarizzazione” delle regole, dei procedimenti, degli atti e delle competenze proprie dell’originario “pilastro comunitario”, che sono stati così estesi, tendenzialmente, a tutti i settori di competenza dell’Unione.56 Quanto appena detto vale in linea generale, poiché, in realtà, la PESC
ha continuato ad operare secondo proprie regole specifiche contenute nel TUE,
51 Civilian Headline Goal 2008, General Affairs and External Relations Council, Brussels, 7 December 2004, http://register.consilium.europa.eu/doc/s.
52 Civilian Headline Goal 2010, General Affairs and External Relations Council, Brussels, 19
November 2007, disponibile all’indirizzo:
https://www.consilium.europa.eu/uedocs/cmsUpload/Civilian_Headline_Goal_2010.pdf. 53 Civilian Headline Goal 2008, cit., pp. 5-7.
54 Civilian Headline Goal 2010, pp. 3-5.
55 Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull’Unione Europea e il Trattato che istituisce la Comunità Europea, Lisbona, 13 dicembre 2007, in GUUE C 306 del 17 dicembre 2007, p. 1. Il Trattato di Lisbona ha profondamente modificato il Trattato sull’Unione Europea e il Trattato sulla Comunità Europea. Quest’ultimo è stato ridenominato Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.
56 Una parziale comunitarizzazione del terzo pilastro era già stata realizzata dal Trattato di Amsterdam. Infatti, alcune materie in esso rientranti, in particolare l’asilo, l’immigrazione e i visti, erano state inserite nel Trattato sulla Comunità Europea, e perciò sottoposte alle competenze e alle procedure di tale Trattato. A partire dal Trattato di Amsterdam il terzo pilastro comprendeva sostanzialmente soltanto la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale.
conservando un carattere marcatamente intergovernativo. In questo ambito sono le istituzioni rappresentative degli Stati membri ad essere protagoniste dei processi decisionali.57 Ciononostante, il Trattato di Lisbona ha comunque tentato di fornire all’Unione gli strumenti per condurre un’azione determinante e unitaria in tale settore, prevedendo obblighi maggiori per gli Stati.58 Al riguardo, l’art. 24 par. 3 TUE afferma
che «gli Stati membri sostengono attivamente e senza riserve la politica estera e di sicurezza in uno spirito di lealtà e solidarietà politica» e che essi hanno l’obbligo di astenersi «da qualsiasi azione contraria agli interessi dell’Unione o tale da nuocere alla sua efficacia come elemento di coesione nelle relazioni internazionali».
Il Trattato di Lisbona ha ripreso le disposizioni sull’azione esterna dell’Unione dal Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, firmato a Roma il 29 ottobre 2004 e mai entrato in vigore.59 Tale Trattato, comunemente denominato Costituzione europea, dedicava un ampio spazio a tale settore.60 Sulla base di quanto ivi previsto, l’art. 21 par. 1 del TUE ha disposto che l’azione dell’Unione Europea sulla scena
57 In proposito v.: PANELLA L., La politica estera, di sicurezza e di difesa comune nel Trattato di
Lisbona, in ZANGHÌ C., PANELLA L. (a cura di), Il Trattato di Lisbona tra conferme e novità, Torino, 2010, pp. 341-365, p. 342; GIANFRANCESCO E., La Politica Estera e di Sicurezza Europea prima e dopo
il Trattato di Lisbona, in Diritto e Società, 2011, disponibile all’indirizzo:
http://www.forumcostituzionale.it/wordpress/images/stories/pdf/documenti_forum/paper/0267_gianfr ancesco.pdf; THYM D., The Intergovernmental Constitution of the EU’s Foreign, Security & Defence
Executive, in European Constitutional Law Review, 2011, pp. 453 ss.; KOUTRAKOS P., The EU Common
Security and Defence Policy, cit., p. 29; LANG A., Articolo 24 TUE, in POCAR F., BARUFFI M.C. (a cura di), Commentario breve ai Trattati dell’Unione Europea, II ed., Padova, Cedam, 2014, pp. 106 - 108, p. 107; MARIANI P., Profili istituzionali della PESC, in LANG A., MARIANI P. (a cura di), La Politica
estera dell’Unione Europea, Inquadramento giuridico e prassi applicativa, cit., pp. 3 – 10; ADAM R., TIZZANO A., Lineamenti di Diritto dell’Unione Europea, IV ed., Torino, Giappichelli, 2016, pp. 34, 35; VILLANI U., Gli sviluppi del Trattato di Lisbona in materia di politica estera e di sicurezza comune, in
Studi sull’integrazione europea, 2011, pp. 17,18; PUETTER U., The latest attempt at Institutional
Engineering: The Treaty of Lisbon and Deliberative Intergovernmentalism in EU Foreign & Security Policy, in CARDWELL J. (ed.), EU External Relations Law and Policy in the Post- Lisbon Era, The Hague, 2012, pp. 18 ss. Per una interpretazione parzialmente diversa cfr. WESSEL R.A., Lex Imperfecta:
Law and Integration in European Foreign and Security Policy, in European Papers, 2016, pp. 439-468.
58 In proposito v.: BARATTA R., Le principali novità del Trattato di Lisbona, in Il diritto dell’Unione
europea, 2008 p. 21 ss.;DE SENA P.,IZZO S., La politica di sicurezza e di difesa dopo il Trattato di
Lisbona tra Unione europea e Stati membri, in FUMAGALLI MERAVIGLIA M.,PARISI N.,RINOLDI D., SANTINI A. (a cura di), Scritti in onore di Ugo Draetta, Napoli, 2011, pp. 187 ss.; AALTO E., Towards
a Common European Defence? Legal Foundations After the Lisbon Treaty, in TRYBUS M.,RUBINI L. (eds.), The Treaty of Lisbon and the Future of European Law and Policy, Cheltenham, Elgar, 2012, p. 239; CELLERINO C., Soggettività internazionale ed azione esterna dell’Unione europea, Roma, Aracne, 2014, p. 107 ss.
59 Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, Roma, 29 ottobre 2004, in GUUE C 310 del 16 dicembre 2004, p.1.
60 LANG A., Articolo 21 TUE, in POCAR F., BARUFFI M.C. (a cura di), Commentario breve ai Trattati
dell’Unione Europea, cit., pp. 102- 104, p. 103; GEIGER R., Article 21 TEU, in GEIGER R., KHAN D.-E., KOTZUR M., European Union Treaties, A Commentary, Beck-Hart, 2015, p. 118 – 121, p. 119.
internazionale si fonda sui principi di «democrazia, stato di diritto, universalità e indivisibilità dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, rispetto della dignità umana, principi di uguaglianza e solidarietà e rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale».61 Al par. 2, l’art. 21 TUE indica poi gli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione, tra i quali figurano: la salvaguardia dei valori, degli interessi e della sicurezza dell’Unione; il mantenimento della pace; la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale; la promozione delle cooperazioni multilaterali rafforzate e del buon governo mondiale. Quanto invece all’ambito della sicurezza e difesa, le novità introdotte dal Trattato di Lisbona si sono rivelate particolarmente significative. Innanzitutto, al fine di rafforzare l’idea di unità e coesione dell’operato dell’Unione sulla scena internazionale, la PESD viene ridenominata Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC), e così viene intitolata la Sezione 2 del Capo II del Titolo V del TUE. Questa si apre con l’art. 42 par. 1 TUE, che afferma che la PSDC «assicura che l’Unione disponga di una capacità operativa ricorrendo a mezzi civili e militari». L’Unione si avvale di tali mezzi per la conduzione di operazioni civili e militari al di là dei suoi confini, volte a garantire la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale, nel rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite. L’articolo in parola specifica poi che la realizzazione di tale politica non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e difesa di alcuni Stati membri, con particolare riferimento alle scelte di neutralità di alcuni di essi, e non intacca la politica di difesa realizzabile nell’ambito della NATO (art. 42 par. 2 TUE).
Inoltre, con il Trattato di Lisbona vengono ampliati i compiti di Petersberg. Ai sensi dell’art. 43 TUE, le missioni condotte nel quadro della PSDC possono adesso ricomprendere:
• le azioni congiunte in materia di disarmo, • le missioni umanitarie e di soccorso,
• le missioni di consulenza e assistenza in materia militare,
• le missioni di prevenzione dei conflitti e di mantenimento della pace
61 Si può notare che, ad eccezione dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale, i principi qui enunciati corrispondono ai valori su cui si fonda l’Unione di cui all’art. 2 TUE.
• e le missioni di unità di combattimento per la gestione delle crisi, comprese le missioni tese al ristabilimento della pace e le operazioni di stabilizzazione al termine dei conflitti (peacebuilding). Viene anche introdotto un riferimento esplicito alla lotta al terrorismo come specifico obiettivo da perseguire attraverso tali missioni (art. 43 par. 1 TUE).62 Si tratta comunque di un elenco non esaustivo ma meramente
esemplificativo della tipologia di azioni che l’Unione può intraprendere.63
Un’altra novità apportata dal Trattato di Lisbona è rappresentata dall’introduzione della cooperazione strutturata permanente (Permanent Structured Cooperation - PESCO). L’art. 42 par. 6 TUE prevede la possibilità per gli Stati membri
dotati di maggiori capacità militari, e che hanno sottoscritto impegni più vincolanti in materia di sicurezza e difesa, di instaurare un meccanismo di cooperazione militare caratterizzato da un livello d’integrazione più incisivo ai fini dello svolgimento delle missioni maggiormente impegnative. La cooperazione strutturata permanente costituisce una forma particolare di cooperazione rafforzata che opera esclusivamente nel settore militare della PSDC, e che implica perciò sforzi politici, finanziari e operativi notevoli. La ratio dell’istituto risiede nella volontà di sviluppare la dimensione militare dell’Unione nonostante le differenze in termini di mezzi e capacità militari tra gli Stati membri.64 Le procedure per l’istituzione di una cooperazione
strutturata permanente sono disciplinate dall’art. 46 TUE, che rimanda al Protocollo n. 10 per l’individuazione dei criteri che gli Stati che intendono parteciparvi devono soddisfare e degli impegni in materia di capacità militare che essi devono sottoscrivere.65 Gli Stati membri che vogliono instaurare una cooperazione strutturata
62 In proposito v.: PANELLA L., La politica estera, di sicurezza e di difesa comune nel Trattato di
Lisbona, cit., pp. 360-362; CAMERON F., An Introduction to European Foreign Policy, cit., p. 43 s.; KUIJPER P.J.,WOUTERS J., HOFFMEISTER F., DE BAERE G., RAMOPOULOS T.(eds.), The Law of EU
External Relations, Cases Materials, and Commentary on the EU as an International Legal Actor, II
ed., Oxford, Oxford University Press, 2015, p. 666 s.
63 MARIANI P., Profili istituzionali della PESC, cit., pp. 16, 17; S. MONTALDO, Articolo 42 TUE, in POCAR F.,BARUFFI M.C.(a cura di), Commentario breve ai Trattati dell’Unione Europea, cit., p. 129. 64 In proposito v.: COMELLI M.,PIROZZI N., La cooperazione tra l’Unione Europea e la Nato, cit., pp. 16, 17; BLOCKMANS S.,WESSEL R., The European Union and Crisis Management: Will the Lisbon
Treaty make the EU more effective?, in Journal of Conflict & Security Law, 2009, pp. 265-308, pp.
303-305; BISCOP S., COELMONT J., CSDP and the “Ghent Framework”: The Indirect Approach to
Permanent Structured Cooperation?, in European Foreign Affairs Review, 2011, pp. 149-167;
MONTALDO S., Articolo 42 TUE, cit, pp. 126-132, p. 131, ID., Articolo 46 TUE, ivi, pp. 137-139, pp. 138, 139;GEIGER R., Article 42 TUE, in GEIGER R.,KHAN D.-E.,KOTZUR M. (eds.), European Union
Treaties, A Commentary, cit, p. 152-160, p. 159, ID., Article 46 TEU, ivi, p. 167-169.
65 Il Protocollo, all’art. 1, prevede che può partecipare ad una cooperazione strutturata permanente ogni Stato membro che s'impegni a sviluppare più rapidamente le sue capacità di difesa attraverso lo sviluppo
permanente devono notificare la loro intenzione al Consiglio e all’Alto Rappresentante. È il Consiglio che, previa consultazione con l’Alto Rappresentante, istituisce con decisione la cooperazione. È prevista la possibilità per gli Stati membri di aderire ad una cooperazione di tal tipo anche dopo la sua istituzione, con le stesse modalità. Quando uno Stato membro partecipante non soddisfa più i requisiti richiesti o non può più assolvere agli impegni presi, il Consiglio può adottare una decisione con cui sospende la sua partecipazione. Il Consiglio dunque deve operare un effettivo controllo sul rispetto delle condizioni imposte dal Protocollo n. 10 e degli impegni assunti con l’adesione alla cooperazione. Il recesso volontario di uno Stato membro è invece subordinato alla semplice notifica al Consiglio, il quale si limita a prenderne atto. La procedura appena delineata è peculiare in quanto il Consiglio delibera a maggioranza qualificata: vi è dunque una deroga alla regola generale dell’unanimità.66
Con il Trattato di Lisbona, inoltre, è stata introdotta una clausola di difesa collettiva o assistenza reciproca. Ai sensi dell’art. 42 par. 7 TUE, se uno Stato membro subisce un’aggressione armata sul proprio territorio, gli altri Stati membri hanno l’obbligo di fornirgli aiuto ed assistenza con tutti i mezzi di cui dispongono, in conformità all’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite. L’assistenza cui si fa riferimento non deve necessariamente essere di natura militare. È comunque precisato che la
NATO rimane il «fondamento» della difesa collettiva per gli Stati che ne sono
membri.67 La disposizione in questione si ricollega a quella di cui all’art. 222 par. 2 TFUE che contiene una clausola di solidarietà, anch’essa introdotta dal Trattato di Lisbona e in base alla quale, in caso di attentato terroristico o calamità naturale o antropica che si verifichi in uno Stato membro, gli altri Stati membri, su richiesta dello
dei suoi contributi nazionali, la partecipazione a forze multinazionali, ai principali programmi europei di equipaggiamento e alle attività dell'Agenzia europea per la difesa, e che sia capace di fornire unità di combattimento volte a costituire i Battlegroups, con gli elementi di supporto, trasporto e logistica, in grado di intraprendere missioni di PSDC entro un termine da 5 a 30 giorni, per un periodo iniziale di 30 giorni prorogabili fino ad almeno 120 giorni. Per conseguire i suddetti obiettivi, l’art. 2 del Protocollo prevede che gli Stati membri partecipanti alla cooperazione strutturata permanente si impegnino a cooperare per il conseguimento degli obiettivi concordati in relazione alle spese per gli investimenti in materia di equipaggiamenti per la difesa, armonizzando i loro strumenti, condividendo mezzi e capacità di difesa e promuovendo la cooperazione nei settori della formazione e della logistica; a rafforzare «la disponibilità, l'interoperabilità, la flessibilità e la schierabilità delle loro forze», anche, se necessario, modificando le loro procedure decisionali nazionali e colmando le lacune constatate nel quadro del «meccanismo di sviluppo delle capacità». V.: Protocollo n. 10 sulla cooperazione strutturata permanente istituita dall’articolo 42 del Trattato sull’Unione Europea, in GUUE C 83 del 30 marzo 2010, p. 276. 66 MONTALDO S., Articolo 46 TUE, cit., pp. 138, 139.