6.3 Il modello sportivo americano
6.3.1 Un confronto con le società sportive americane
Le valutazioni riguardo all’impatto che la crisi COVID ha avuto sull’industria del calcio europeo e sui bilanci dei club calcistici possono essere riproposte allo stesso modo per l’industria sportiva americana. Ad esempio, le squadre di NFL hanno stimato nel 2020 una perdita di 5.5 miliardi di dollari per quanto riguarda i ricavi da stadio, in cui sono inclusi la vendita dei biglietti, le concessioni, la vendita del merchandising e i contratti con gli sponsor; l’NBA ha concluso la stagione 2019-2020 senza spettatori, organizzando una “bolla”, perdendo circa 500 milioni di dollari.
205 Disposizioni simili a quelle sopra citate esisterebbero anche nei rispettivi regolamenti sulla condotta degli agenti sia a livello UEFA che FIFA, ma la mancanza di un enforcement delle connesse sanzioni nonché la diffusa elusione della normativa
applicabile ha portato all’attuale situazione del calcio-mercato, eccezion fatta per i rari casi in cui un club richieda espressamente e formalmente il rispetto delle previsioni “anti-tampering”.
148 Considerando le quattro maggiori leghe americane (MLB, NBA, NFL, NHL), in assenza della crisi pandemica, il mercato dello sport statunitense sarebbe cresciuto ad un tasso di crescita annuale composto (CAGR) di 3,2%, soprattutto in termini di diritti televisivi, ricavi da stadio, sponsorizzazioni e merchandise concesso in licenza, passando dai 71.1 miliardi di dollari del 2018 a 83.1 miliardi nel 2023. I diritti televisivi sono diventati la più grande fonte di ricavo del settore sportivo professionistico nel 2017 e si prevedeva che questi avrebbero continuato a guidare la crescita del settore con un tasso del 4,6% fino al 2023.
Invece, a causa della pandemia, le squadre hanno dovuto affrontare diverse sfide: innanzitutto i problemi legati alla liquidità, costringendo a considerare un aumento del livello del debito della società o vendendo quote di minoranza ad altri investitori. Sono diminuiti drasticamente i ricavi dato che le tradizionali fonti di entrate non hanno prodotto gli stessi risultati degli anni precedenti e, collegato a ciò, il settore dei media legati allo sport hanno risentito allo stesso modo la crisi. Al problema di come colmare il gap dei ricavi si è infine affiancato quello dell’aumento dei costi, causato soprattutto dagli oneri legati allo svolgimento delle attività sportive in sicurezza.
Ma la crisi ha portato anche all'innovazione: l’industria sportiva infatti sta investendo in nuove fonti di ricavo, come la “data monetization”, creando piattaforme virtuali per l’interazione con i fan e per migliorare la performance delle squadre, oppure la sottoscrizione di accordi con le aziende tecnologiche, con l’obiettivo di rinnovare l’esperienza dell’evento sportivo. Dunque, grazie ai futuri investimenti nelle nuove tecnologie e l’espansione della pubblicità, nonché la crescita nei ricavi derivanti dai diritti televisivi, l’industria sportiva americana potrà superare le difficoltà portate dalla crisi COVID.
Come illustrato precedentemente, il rapporto che si instaura tra la lega sportiva e le singole squadre professionistiche è regolato attraverso un accordo di franchising: la franchigia, dunque, rappresenta un vero e proprio bene immateriale che si basa su diritti conferiti legalmente tramite contratto. Infatti, come i governi concedono le licenze alle compagnie di taxi o quelle via cavo, allo stesso modo organizzazioni private, in tal caso le Major Leagues, concedono franchigie alle squadre sportive professionistiche. L’accordo di franchising si presenta quindi come un’attività immateriale unica e, anche se spesso per il proprietario della squadra non è il bene immateriale più prezioso, è fondamentale per chi possiede la proprietà della franchigia.
A differenza delle società sportive europee, la maggior parte delle squadre professionistiche americane sono società, più precisamente corporation, private e per questo non obbligate a rendere i propri bilanci e dati finanziari di dominio pubblico. Di conseguenza, non è facile identificare le determinanti del valore delle singole franchigie.
Tuttavia, un aspetto distingue le franchigie americane dagli altri business tradizionali è sicuramente il fatto che esse dipendono in larga misura da asset intangibili. Questi ultimi includono i contratti con i giocatori, i diritti televisivi, gli accordi per l’utilizzo dello stadio, le relazioni con i fan e i diritti sul marchio, formando tutti fattori fondamentali che contribuiscono a formare lo status economico-finanziario della squadra sportiva.
In particolare, le dimensioni del mercato, le performance sportive della squadra e la presenza di un nuovo stadio sono i principali elementi che portano ad un aumento del valore della franchigia.
Diversi intangibili delle franchigie sportive sono legati ai dipendenti. In primo luogo, vi è un personale amministrativo, che comprende la gestione, il marketing, le pubbliche relazioni, le relazioni con i clienti e la contabilità. A parte alcuni alti dirigenti, difficilmente questi professionisti sono sotto contratto. In secondo luogo, troviamo il personale che si occupa dell’allenamento e sviluppo del giocatore, che include scout, agenti di reclutamento, assistenti allenatori, fisioterapisti, personale medico, e allenatori. Molti, ma non tutti questi
149 dipendenti, sono probabilmente sotto contratto. Infine, vi sono i giocatori, che sono in genere sotto qualche tipo di contratto, in base alla lega di appartenenza.
In particolare, una complessa area di contabilità, in cui manca anche uniformità, è rappresentata dalla registrazione dei contratti dei giocatori. Negli anni, i contratti dei giocatori sono diventati sempre più ricchi, più complessi, e sono ora adattati agli obiettivi finanziari di un giocatore o una squadra specifici, tenendo sempre in considerazione le linee guida del campionato (come il tetto salariale della National Basketball Association). I contratti dei giocatori oggi sono spesso strutturati per includere bonus di firma significativi e accordi di compensazione differita. La maggior parte delle squadre capitalizzano i bonus di firma e li ammortizzano nel corso della durata del contratto, ma alcune franchigie spesano i bonus quando vengono pagati.
Esistono poi quattro categorie di proprietà intellettuale: brevetti, diritti d'autore, marchi e segreti commerciali. La forza lavoro della franchigia racchiude generalmente i segreti commerciali dell'organizzazione; ad esempio, essi potrebbero aver sviluppato sistemi e procedure specializzati in contabilità, oppure particolari procedure terapeutiche per i giocatori e persino di sviluppo dei giocatori. Questi segreti commerciali possono essere documentati in standard e manuali scritti. Tali manuali sono anch’essi considerati beni immateriali. La maggior parte dei segreti commerciali di una franchigia sportiva sono racchiusi quindi nella conoscenza e nell'esperienza collettiva dei suoi dipendenti.
Una franchigia può detenere anche diritti d'autore su canzoni della squadra, opuscoli, slogan e materiale correlato. La maggior parte delle squadre ha anche marchi e nomi commerciali (ad esempio, il soprannome della squadra), marchi di servizio, abbigliamento e articoli simili. Il nome e il logo della squadra possono essere la fonte di licenze nazionali o locali, che sono una fonte di reddito secondaria ma sempre importante per la franchigia.
Oltre alle licenze di prodotto, molte franchigie sportive hanno numerose attività immateriali “contract-based”, come:
- accordi con i concessionari;
- accordi di trasmissione tv o radiodiffusione nazionale o locale (che possono essere negoziati attraverso la lega nazionale);
- contratti di fornitura per beni o servizi;
- contratti di promozione di alimenti, bevande o altri prodotti.
La maggior parte delle franchigie possiede o affitta gli stadi (attraverso contratti di leasing). Inoltre, molte società possiedono o affittano strutture di formazione o altre proprietà immobiliari per l’allenamento.
Ovviamente, queste proprietà sono componenti essenziali del valore complessivo della franchigia.
Un importante asset immateriale per molte franchigie è tutto ciò che riguarda il rapporto con i consumatori, che tipicamente include le relazioni ricorrenti con gli abbonati stagionali.
Come detto, il più importante intangibile è l'accordo di franchising con la lega o associazione sportiva nazionale. Questo accordo (e gli eventuali contratti associati) può includere le seguenti componenti immateriali:
- accordi di ripartizione degli introiti derivanti dalla trasmissione televisiva o radiofonica a livello nazionale;
- entrate pubblicitarie nazionali o la condivisione delle royalty derivanti dagli accordi di licenza;
- introiti attesi dalla vendita di biglietti del campionato;
- entrate attese dagli eventi delle squadre e attività non associate ad altri beni immateriali.
150 Un’eccezione, in termini di trasparenza di bilancio, è data dagli Atlanta Braves, di proprietà di Liberty Media, una corporation quotata in borsa e che quindi è tenuta a condividere le informazioni finanziarie ogni trimestre.
Gli Atlanta Braves sono una squadra di baseball che compete all’interno della Major League Baseball (MLB):
la franchigia ha sede ad Atlanta, Georgia ed è una delle franchigie più storiche, con il loro debutto nella lega nel 1876, e più vincenti con 16 titoli di division, 17 titoli della National League e 3 World Series. La franchigia è cresciuta sempre negli anni, arrivando ad un valore stimato nel 2021 di 1.875 milioni di dollari. Come molte squadre professionistiche americane, anche gli Atlanta Braves sono di proprietà di una grande corporation, la Liberty Media, una holding con investimenti in campo dell’elettronica, dei media e dell’intrattenimento: la società ha completato l’acquisizione degli Atlanta Braves nel 2007, comprandola da Time Warner, Inc., sempre una società di media e intrattenimento. Il Gruppo Liberty Media detiene la proprietà degli Atlanta Braves attraverso la controllata Braves Holding LLC (il gruppo investe anche in altri settori sportivi come la Formula Uno).
Analizzando l’attivo di bilancio consolidato del gruppo, si specifica che all’interno della voce Altre attività immateriali non soggette ad ammortamento, non indicate separatamente, sono inclusi i marchi, con valore pari a 1.242 e 1.262 milioni di dollari al 31 dicembre 2020 e 2019 e i diritti di franchigia di proprietà di Braves Holdings, pari a 143 milioni di dollari al 31 dicembre 2020 e 2019.
Gli Atlanta Braves e alcuni dei loro giocatori (attuali e precedenti), allenatori e dirigenti hanno stipulato contratti di lavoro a lungo termine per cui ogni pagamento individuale è garantito. Gli importi dovuti in base a contratti al 31 dicembre 2020 ammontano a 287 milioni di dollari, pagabili come segue: 128 milioni di dollari nel 2021, 43 milioni di dollari nel 2022, 33 milioni di dollari nel 2023, 28 milioni di dollari nel 2024, 28 milioni di dollari nel 2025 e 27 milioni di dollari successivamente. Oltre agli importi appena descritti, alcuni giocatori, allenatori e dirigenti possono guadagnare un incentivo sul salario secondo i termini del loro contratto di lavoro.
Considerando invece il caso dell’NBA, la lega sportiva americana più popolare nel mondo, mantenere tutte le squadre nella bolla per completare la stagione 2019 – 2020 ha creato molte sfide: si stima che il costo della bolla sia stato di oltre 150 milioni di dollari. Tuttavia, quando il gioco ha ripreso in modo sicuro, la NBA e le sue squadre sono stati in grado di guadagnare i ricavi televisivi dai Regional Sports Networks (RSN), svolgendo poi i playoff per guadagnare i relativi ricavi mediatici nazionali.
Vi sono, comunque, passività importanti nei confronti dei possessori di biglietti per le partite non disputate, passività nei confronti degli sponsor e perdite di entrate accessorie (parcheggi, concessioni, ecc.). In termini di sponsorizzazione, si è riuscito in parte a mantenere gli accordi con gli sponsor, i quali hanno sostituito le immagini dei brand all’interno delle arene con pubblicità virtuali.
Si stima che che i posti premium, i biglietti, le concessioni, e tutte le altre entrate legate al gioco rappresentino il 40% del fatturato annuale della NBA League, che è di circa 8 miliardi di dollari. Con questi flussi di entrate che dovrebbero diminuire anche nel 2021, la lega dovrà continuare ad innovare per mantenere e far crescere altri aspetti del suo business.
Dunque, nonostante l’impatto negativo della pandemia, il valore delle squadre che formano l’NBA è continuato a crescere in questo periodo, come mostrato dal grafico.
Grafico 6.7: Valore medio delle franchigie NBA dal 2001 al 2021
151
Fonte: Statista; Forbes
In particolare, la franchigia con il maggior valore all’interno della lega di basket è quella dei New York Knicks, con un valore nel 2021 di circa 5 miliardi di dollari, seguita da quella dei Golden State Warriors e quella dei Los Angeles Lakers (4,7 miliardi e 4,6 miliardi rispettivamente). In ogni caso, in media le squadre NBA raggiungono un valore di circa 2 miliardi di dollari, dimostrando chiaramente la ricchezza di questo campionato sportivo, con i sei più preziosi che rappresentano quasi i due terzi del valore totale delle franchigie durante l’ultimo anno: i proprietari delle squadre posso aspettarsi una forte ripresa grazie agli abbonamenti e alle sponsorizzazioni. Sono quindi le franchigie, con i loro brand di valore e le loro squadre, i veri intangible assets che conferiscono uno status alla lega dell’NBA.
La solidità delle società che compongono l’NBA si evince soprattutto dopo la crisi pandemica: infatti, i profitti medi delle squadre, misurati in termini di Ebitda, sono scesi solo del 12% a 62 milioni di dollari, ammortizzati in parte dai massicci contratti televisivi che hanno remunerato in pieno i team, nonché una riduzione degli stipendi dei giocatori, secondo il Collective Bargainig Agreement. Dunque, ogni squadra dell’NBA ha ottenuto un reddito operativo positivo, con i Warriors che hanno registrato un record di 200 milioni di dollari.
Tutto ciò testimonia come l’organizzazione dell’industria sportiva americana sia in ottima salute, nonostante la crisi COVID, e questo è in gran parte dovuto all’utilizzo di istituti come il salary cap o il revenue sharing derivanti dai diritti televisivi.
I grafici mostrano come si sono evoluti e come cresceranno in futuro il salary cap e allo stesso tempo, la retribuzione minima annuale per i giocatori della lega NBA. In entrambi i casi i valori sono in crescita (con le stagioni 2019/2020 e 2020/2021 rimaste invariate a causa della pandemia).
In particolare, nel 2021 il giocatore più pagato è LeBron James con una retribuzione di quasi 100 milioni di dollari, di cui circa 31 milioni derivanti dal salario per le prestazioni sportive e 64 milioni di dollari provenienti dagli sponsor.
Grafico 6.8: Andamento salary cap all’interno dell’NBA
152
Fonte: Statista
Grafico 6.9: Salario minimo annuale dei giocatori dell’NBA
Fonte: Statista
Le squadre sportive impiegano determinati professionisti, la cui responsabilità principale è di capire il contratto collettivo della loro lega, il cui contenuto è vasto e complesso, soprattutto per comprendere il possibile spazio di manovra, all’interno del tetto salariale, per firmare i free agent. Naturalmente, ci sono implicazioni contabili e di rendicontazione finanziaria della sottoscrizione di contratti a lungo termine e multimilionari con i giocatori.
Dunque, è evidente come l’industria sportiva americana sia un settore redditizio e in forte crescita, con le franchigie che presentano una situazione economico-finanziaria stabile, nonostante l’effetto della pandemia.
Questo quadro è in chiaro contrasto con le società di calcio professionistico europee, caratterizzate da un elevato tasso di indebitamento e con le leghe nazionali in cui non sono infrequenti i fallimenti societari, nonostante l’introduzione di controlli economico-finanziari come nel caso del Financial Fair Play.
Molti esponenti del calcio europeo spingono affinché l’industria del calcio europeo evolva verso il modello americano, in particolare inserendo l’istituto del salary cap e trasformando il settore del calcio in un entertainment business. La diversità di caratteristiche tra i due modelli è profonda, per cui una trasposizione completa non sarebbe possibile, soprattutto per quanto riguarda l’elemento culturale. Tuttavia, il sistema sportivo americano può essere una fonte di ispirazione e confronto per riformare il settore calcistico in Europa,
153 con l’obiettivo di rinnovare lo spettacolo derivante dagli eventi sportivi, migliorando l’equilibrio competitivo e assicurando la solidità economica e finanziaria dei club.
154 CONCLUSIONI
Da questa trattazione emerge chiaramente il valore che oggi rivestono le risorse immateriali all’interno delle aziende, grazie ai loro caratteri di unicità e di generazione di vantaggi competitivi durevoli nel tempo. Di conseguenza, diventa fondamentale per le imprese l’aspetto informativo legato agli intangibili che, da un lato si basa su una regolamentazione dettagliata al fine di far emergere in bilancio il reale apporto di queste risorse, dall’altro spinge le imprese ad adottare sempre di più forme di rappresentazione volontaria specifiche per le risorse intangibili.
I principi contabili internazionali sono il punto di riferimento per quanto riguarda la contabilizzazione delle attività immateriali, presentando una dettagliata classificazione degli intangibles, sia in base alla loro natura sia in base alla loro modalità di acquisizione, ma anche dal punto di vista della loro vita utile. Inoltre, gli IAS/IFRS introducono il modello del fair value per la valutazione successiva delle attività immateriali, anche se spesso di difficile applicazione per tali asset.
La normativa contabile italiana, con il D.lgs. 139/2015 e la riforma dell’OIC 24, ha mutuato alcuni aspetti della disciplina prevista dallo IASB in materia di immobilizzazioni immateriali, come la rilevazione dei costi di ricerca e sviluppo, ma esistono ancora significative e concettuali differenze tra i due corpi di principi. Si ricorda infatti, che la classe delle immobilizzazioni immateriali prevista dal Codice Civile e dal principio OIC 24 è molto più ampia di quella definita dallo IAS 38, dato che vengono inclusi anche gli oneri pluriennali, e che né il Codice Civile né l’OIC 24 prevedono la classe delle attività immateriali a vita utile indefinita. Inoltre, diverge notevolmente la disciplina in tema di svalutazioni per perdite di valore.
Nel contesto statunitense vengono invece applicati gli US GAAP: negli ultimi anni lo standard setter americano e lo IASB hanno intrapreso un percorso di armonizzazione tra i due sistemi contabili dato che essi vengono adottati dalle maggiori società dell’economia occidentale. Tuttavia, a causa dei diversi approcci su cui i due sistemi si fondano, rimangono tante le differenze, che appaiono chiaramente nella disciplina delle risorse intangibili.
Guardando in particolare le società sportive professionistiche, se la corretta esposizione in bilancio delle attività immateriali risulta complessa a causa della loro natura, i football club professionistici, oltre ai principi contabili di riferimento, devono tenere conto anche della regolamentazione prevista dalla normativa di settore.
Infatti, l’aspetto che contraddistingue i bilanci di queste società è dato dalle voci che costituiscono la classe delle immobilizzazioni immateriali. I diritti pluriennali alle prestazioni sportive dei giocatori sono la posta contabile più importante per le società di calcio dato che i calciatori sono i fattori produttivi essenziali per questo business. Inoltre, appare complesso il tema della capitalizzazione dei costi di vivaio che, se non viene effettuata dalle società che applicano gli IAS/IFRS, rimane tutt’oggi ancora ambigua la regolamentazione nazionale, con i principi contabili OIC allineati a quelli internazionali e la normativa federale che invece permette l’iscrizione tra le attività immateriali.
Dalla trattazione della normativa delle società sportive professionistiche emergono diverse criticità: oltre al tema della capitalizzazione delle spese di vivaio, è evidente la difficoltà di stimare in modo corretto e trasparente il valore dei giocatori, dato che il calciomercato non presenta tutte le caratteristiche di un vero e proprio mercato attivo; allo stesso modo non è unanime la regolamentazione di settore sul tema della svalutazione dei diritti pluriennali dei giocatori. Inoltre, i club professionistici non possono considerare parte dell’attivo di bilancio i giovani che dal vivaio della stessa società passano in prima squadra e lo stesso discorso si applica ai giocatori free agent, portando quindi spesso ad una perdita del valore dell’attivo patrimoniale.
155 L’industria del calcio europeo ha visto negli ultimi anni una crescita costante, arrestata però dall’improvvisa crisi COVID. Ciò ha portato alla luce la fragilità economico-finanziaria dei maggiori club europei, fortemente in perdita e con un alto livello di indebitamento, nonostante l’implementazione del Financial Fair Play da parte della UEFA. A livello nazionale, questi elementi si ritrovano nel bilancio della Juventus F.C. che rappresenta il club italiano di maggior valore all’interno del panorama europeo: la Juventus è stata la prima squadra italiana a seguire il modello inglese, investendo nello stadio di proprietà e in altre infrastrutture connesse e aumentando i ricavi derivanti dalle sponsorizzazioni. Tuttavia, il peso degli oneri legati ai giocatori della prima squadra, sia a livello di salari che di costi di intermediazione, derivante dall’investimento in giocatori free agent e con alti valori in termini di diritti pluriennali alle prestazioni sportive, ha fatto emergere risultati netti negativi. Al contrario, un esempio virtuoso è rappresentato dall’Atalanta che è riuscita, nonostante la crisi pandemica, ad ottenere un utile positivo, grazie soprattutto al modello di business implementato. Infatti, oltre allo stadio di proprietà, la società investe fortemente nello sviluppo del vivaio, puntando sulla crescita del valore di giovani giocatori, così da poter guadagnare sulla loro futura cessione, e ricerca talenti da far emergere nei campionati meno illustri del continente.
155 L’industria del calcio europeo ha visto negli ultimi anni una crescita costante, arrestata però dall’improvvisa crisi COVID. Ciò ha portato alla luce la fragilità economico-finanziaria dei maggiori club europei, fortemente in perdita e con un alto livello di indebitamento, nonostante l’implementazione del Financial Fair Play da parte della UEFA. A livello nazionale, questi elementi si ritrovano nel bilancio della Juventus F.C. che rappresenta il club italiano di maggior valore all’interno del panorama europeo: la Juventus è stata la prima squadra italiana a seguire il modello inglese, investendo nello stadio di proprietà e in altre infrastrutture connesse e aumentando i ricavi derivanti dalle sponsorizzazioni. Tuttavia, il peso degli oneri legati ai giocatori della prima squadra, sia a livello di salari che di costi di intermediazione, derivante dall’investimento in giocatori free agent e con alti valori in termini di diritti pluriennali alle prestazioni sportive, ha fatto emergere risultati netti negativi. Al contrario, un esempio virtuoso è rappresentato dall’Atalanta che è riuscita, nonostante la crisi pandemica, ad ottenere un utile positivo, grazie soprattutto al modello di business implementato. Infatti, oltre allo stadio di proprietà, la società investe fortemente nello sviluppo del vivaio, puntando sulla crescita del valore di giovani giocatori, così da poter guadagnare sulla loro futura cessione, e ricerca talenti da far emergere nei campionati meno illustri del continente.