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Vita utile delle attività immateriali: disciplina dell’ammortamento e della svalutazione

Poiché la contabilizzazione di un’attività immateriale si basa sulla sua vita utile, è necessario che in sede di rilevazione l’impresa determini la sua durata. Infatti, il par. 88 dello IAS 38 individua due categorie di vita utile:

• attività a vita utile indefinita (o indefinite useful life);

• attività a vita utile definita (o finite useful life).

L’impresa deve quindi valutare quando la vita utile di un’attività immateriale è determinata o indeterminata e nel caso in cui questa sia definita, deve determinare la lunghezza, il numero di prodotti o altre metodologie di definizione della durata della vita utile stessa.

Più precisamente, infatti, la vita utile deve essere determinata individuando l’ammontare delle spese che dovranno essere sostenute per mantenere una determinata attività immateriale al livello di rendimento stimato, nonché valutando la capacità e l’intenzione da parte dell’impresa di raggiungere tale livello.

La durata della vita utile, che può essere molto lunga, deve essere determinata usando un criterio prudenziale e considerando tutti gli elementi che si hanno a disposizione; l’utilizzo della prudenza non deve tuttavia comportare valutazioni della vita utile eccessivamente brevi.

Il par. 90 dello IAS 38 precisa che devono essere presi in considerazione diversi fattori per poter individuare la vita utile e sono:

• l’utilizzo atteso dell’attività da parte dell’impresa;

• i cicli di vita del prodotto tipici dell’attività e le informazioni disponibili sulle stime di vita utile di simili attività che sono utilizzate in modo analogo;

• l’obsolescenza tecnica, tecnologica, o di altro tipo;

99 La rivalutazione di una attività determina il disallineamento tra il valore contabile e il valore fiscale con l’obbligo di

determinazione della fiscalità differita. Lo IAS 1 inserisce tale componente nell’ambito del conto economico complessivo. Tali componenti non influenzano pertanto l’utile o la perdita d’esercizio (esposti nel conto economico), ma solo il conto economico complessivo. Di fatto, influenzano solo il patrimonio netto.

100 L’importo della rivalutazione si considera realizzato (in modo indiretto) per la parte di ammortamento sul valore rivalutato che eccede l’ammortamento sul costo storico non rivalutato.

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• la stabilità del settore economico in cui l’attività opera e i cambiamenti di domanda nel mercato dei prodotti o servizi originati dall’attività;

• le azioni attese dei concorrenti, o dei potenziali concorrenti;

• il livello dei costi di mantenimento necessari per ottenere i benefici economici futuri attesi dall’attività e la capacità e l’intenzione dell’impresa di raggiungere tale livello;

• il periodo di controllo sulle attività e i limiti legali o similari all’utilizzo delle attività, quali ad esempio le date di conclusione dei rapporti di locazione;

• l’eventuale condizione di indipendenza della vita utile dell’attività da quella di altre attività dell’impresa.

Vi possono quindi essere sia fattori economici sia legali che influenzano la vita utile di un’attività immateriale.

I fattori economici determinano il periodo in cui i benefici economici futuri saranno ricevuti dall’entità. I fattori legali possono limitare il periodo durante il quale l’entità controlla l’accesso a tali benefici.

La valutazione della vita utile di un’attività immateriale che deriva da diritti contrattuali o da altri diritti legali dipende invece:

- dalla durata dei diritti medesimi;

- dal periodo di utilizzo dell’attività.

La lunghezza della vita utile non può essere superiore a questi due parametri. La vita utile di un’attività immateriale che deriva da diritti contrattuali o altri diritti legali non deve superare la durata dei diritti contrattuali o degli altri diritti legali, ma può essere più breve a seconda del periodo durante il quale l’entità prevede di utilizzare tale attività. Nel caso in cui i diritti contrattuali o altri diritti legali siano conferiti per un periodo limitato che può essere rinnovato, la vita utile dell’attività immateriale deve includere il periodo di rinnovo soltanto quando vi è evidenza a sostegno del rinnovo da parte dell’entità, senza costi significativi. La vita utile di un diritto riacquisito rilevato come attività immateriale in un’aggregazione aziendale è la durata residua del contratto con cui tale diritto è stato concesso e non deve includere periodi di rinnovo (par. 94).

In merito alla durata dei diritti contrattuali o legali occorre considerare anche le eventuali possibilità di rinnovo degli stessi, purché il rinnovo sia possibile senza il sostenimento di costi significativi.

L’evidenza di poter rinnovare i diritti contrattuali o legali senza il sostenimento di costi significativi può derivare da alcuni fattori quali:

- l’evidenza (possibilmente basata su esperienze passate) che i diritti legali saranno rinnovati;

- l’evidenza che le condizioni (qualora esistano) necessarie per ottenere il rinnovo dei diritti legali saranno soddisfatte;

- il costo che l’impresa deve sostenere per il rinnovo non deve essere significativo rispetto ai benefici economici futuri attesi che la stessa si aspetta dal rinnovo. In caso contrario, i costi del rinnovo devono essere considerati come finalizzati all’acquisto di una nuova attività immateriale.

Nella tabella che segue è riportata una schematizzazione esemplificativa della vita utile delle diverse classi di attività immateriali101.

Tabella 2.2: Esempi di vita utile di attività immateriali

101Il principio contabile 38 non elenca quali attività immateriali hanno vita utile definita o indefinita, ma si limita a fornire una serie di esempi riportati nella sezione IAS 38 Illustrative Examples.

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Fonte: Biancone Pietro Paolo (2006). Le attività immateriali, l’avviamento e l’impairment nei bilanci. Principi contabili internazionali (IAS/IFRS) e US GAAP, Giuffrè Editore, Milano

2.6.1 Attività immateriali con vita utile definita

La vita utile di un’attività immateriale è connessa ai flussi finanziari in entrata che risultano ad essa associati.

Quindi, se l’impresa si aspetta che i flussi finanziari continuino per un periodo definito, la vita utile di tale attività sarà limitata a tale periodo.

Le attività immateriali che hanno vita utile finita sono assoggettate al processo di ammortamento e ad impairment test.

Più precisamente, lo IAS 38 prevede per tale categoria di beni immateriali che l’ammortamento (vale a dire il processo di ripartizione del valore ammortizzabile dell’attività immateriale tra gli esercizi che contrassegnano la sua vita utile) sia effettuato in modo sistematico, lungo il corso della migliore stima della vita utile, a partire da quando l’attività immateriale è disponibile all’uso, cioè da quando è nella posizione e nella condizione necessaria perché sia in grado di operare e di produrre benefici economici nella maniera intesa dalla direzione dell’azienda. Il valore ammortizzabile di un’attività immateriale con vita utile finita è rappresentato dalla differenza tra il valore di iscrizione iniziale dell’asset e il suo valore residuo. Gli intangibili in esame, quindi, sono rappresentati da attività destinate ad esaurire la loro utilità nel tempo, a causa di fattori economici, legali, contrattuali, normativi, ecc. I beni di cui trattasi pertanto, presentano una vita residua limitata, di durata pari, di solito, al periodo minore tra la vita legale e la vita economica.

Il processo di ammortamento deve avere inizio, si è detto, nel momento in cui l’attività è disponibile per l’uso e deve cessare alla data più remota tra quella in cui l’attività è classificata come posseduta per la vendita (o inclusa in un gruppo in dismissione classificato come posseduto per la vendita), in conformità all’IFRS 5- Attività non correnti possedute per la vendita e attività operative cessate, e quella in cui l’attività viene eliminata contabilmente.

60 Il metodo di ammortamento adottato deve riflettere le modalità con cui ci si aspetta che i benefici economici attesi dell’attività immateriale saranno impiegati dall’azienda. Lo IAS 38 comunque precisa che, qualora non sia facilmente identificabile l’andamento con cui tali benefici economici pervengono all’impresa, è necessario che venga utilizzato il metodo a quote costanti.

I metodi alternativi di ammortamento previsti dallo IAS 38 sono:

- l’ammortamento scalare decrescente;

- l’ammortamento per unità di prodotto.

Il metodo di ammortamento utilizzato per una determinata attività è scelto in base alle modalità attese di consumo dei benefici economici ed è coerentemente applicato da esercizio a esercizio, a meno che vi sia un cambiamento nelle modalità attese di consumo dei benefici che si intende ottenere da quella attività.

La quota di ammortamento relativa al singolo periodo deve essere rilevata in conto economico (a meno che esso sia inserito nel valore contabile di un’altra attività, situazione prevista da altri principi contabili internazionali, come nel caso della capitalizzazione interna per la costruzione di immobili, impianti e macchinari).

Nel caso in cui i benefici economici connessi ad un’attività siano assorbiti dall’impresa nella produzione di un’altra attività, la quota di ammortamento diventa parte del costo dell’altra attività ed è inclusa nel suo valore contabile (ad es. l’ammortamento delle attività immateriali utilizzate in un processo produttivo è incluso nel valore contabile delle rimanenze).

Come si è rilevato prima, nella determinazione del valore da ammortizzare deve essere preventivamente dedotto il valore residuo. Esso è rappresentato dall’ammontare stimato che l’impresa otterrebbe correntemente dalla dismissione dell’attività una volta dedotti i relativi costi.

In particolare, il principio contabile prevede che il valore residuo di un’attività immateriale sia considerabile pari a zero, a meno che sussistano le seguenti condizioni:

a) vi sia un impegno formale da parte di terzi ad acquistare l’attività alla fine della vita utile dell’attività medesima;

b) vi sia un mercato attivo dell’attività e:

- il valore residuo possa essere determinato facendo riferimento a tale mercato;

- sia probabile che tale mercato esisterà alla fine della vita utile dell’attività102.

Un valore residuo diverso da zero è sempre conseguenza del fatto che l’impresa si aspetta di cedere l’attività immateriale prima del termine della sua vita economica.

Lo IAS 38 prevede diversi trattamenti del valore residuo, a seconda che venga utilizzato come criterio di valutazione il criterio del costo o il fair value. Nel caso di utilizzo del criterio del costo, il valore residuo è stimato utilizzando i prezzi prevalenti alla data di acquisizione dell’attività per la vendita di un’attività simile, che ha raggiunto la fine della vita utile stimata e che ha operato secondo condizioni simili a quelle cui l’attività verrà utilizzata. Il valore residuo non deve essere necessariamente aumentato a seguito di cambiamento di prezzo o valore.

Il valore residuo è controllato almeno alla chiusura di ogni esercizio e una sua prevista variazione è contabilizzata come cambiamento di stima contabile, quindi in accordo con quanto previsto dallo IAS 8 – Principi contabili, cambiamenti delle stime contabili ed errori.

102 Si precisa che la seconda condizione è di difficile attuazione dal momento che è infrequente che esista un mercato attivo per le attività immateriali.

61 Il valore residuo di un’attività immateriale può aumentare fino ad un ammontare pari o superiore a quello di carico (valore contabile); in questo caso il principio stabilisce che non deve essere effettuato l’ammortamento fino a quando il valore residuo scende al di sotto del valore di carico. Inoltre, il principio specifica che il valore residuo deve essere calcolato sulla base dell’ammontare di denaro che l’impresa otterrebbe dalla dismissione di un’attività similare già giunta al termine della sua vita utile, utilizzata durante il processo produttivo. La valutazione non deve quindi essere effettuata sulla base di una proiezione di quello che sarà il valore dell’attività al momento della cessazione del suo utilizzo.

Il periodo di ammortamento ed il metodo di ammortamento delle attività immateriali a vita utile definita devono essere rivisti almeno con cadenza annuale. Se la vita utile attesa dell’attività si rivela significativamente differente rispetto alle stime precedentemente effettuate, il periodo di ammortamento deve essere conseguentemente modificato. Le modifiche possono essere causate o da una riduzione della vita utile derivante da una perdita di valore dell’attività o da un cambiamento significativo nelle attese di ottenimento dei benefici economici103. Qualora si verifichino significativi cambiamenti nei benefici economici futuri attesi derivanti dall’attività, il metodo di ammortamento deve essere modificato al fine di poter riflettere il cambiamento avvenuto e tale modifica deve essere contabilizzata secondo quanto previsto dallo IAS 8.

Infine, qualora l’azienda adotti il metodo di valutazione del costo rivalutato, ogniqualvolta venga contabilizzata una variazione del fair value dell’attività immateriale, l’azienda deve procedere all’aggiornamento del piano di ammortamento in modo coerente con il nuovo valore dell’immobilizzazione.

Si è fatto prima riferimento al fatto che le attività a vita utile definita sono sottoposte, oltre che ad ammortamento, anche ad impairment test cioè a svalutazione di valore. Il principio IAS 36 – Riduzione di valore delle attività, con riferimento alle attività immateriali con vita utile determinata, stabilisce che l’impairment test deve essere effettuato solo in presenza di sentori che indicano che il valore recuperabile dell’asset risulta inferiore al valore contabile. Non sono consentite rivalutazioni, salvo ripristini di valori connessi con svalutazioni precedenti. L’impairment deve essere effettuato sia che venga adottato per la valutazione dell’attività il modello del costo, sia che venga scelto il modello del fair value.

2.6.2 Attività immateriali con vita utile indefinita

Quando si parla di vita utile indefinita, non si intende infinita, come si potrebbe pensare; piuttosto, lo IAS 38 precisa che un’attività immateriale debba essere considerata con vita utile indefinita quando, analizzando tutti i principali fattori, non è possibile prevedere un limite oltre il quale essa non sia più in grado di generare flussi finanziari netti in entrata104.

Nel caso di attività immateriali a vita utile indefinita non è previsto alcun ammortamento poiché per esse non esiste un limite prevedibile al periodo durante il quale ci si attende che esse generino dei flussi finanziari in entrata per l’impresa.

Per questo, lo IAS 38 prescrive per queste attività solo la svalutazione attraverso impairment test, con cadenza almeno annuale, per verificare le eventuali perdite di valore subite, confrontando il valore recuperabile con il relativo valore contabile.

103 IAS 38, par. 104.

104 Par. 88, IAS 38.

62 Si noti che la precedente versione del principio prevedeva una presunzione semplice di vita utile massima pari a 20 anni; nella nuova versione invece, alla luce della definizione di vita utile indefinita, alla fine di ogni esercizio deve essere verificata la sussistenza dei requisiti di tale durata.

Negli ultimi anni, a causa delle crisi che hanno colpito i mercati finanziari, il tema della riduzione di valore degli asset aziendali è stato oggetto di attenta valutazione, anche alla luce del sempre maggior peso che rivestono in bilancio le attività soggette a tale verifica (in particolare gli intangibili, l’avviamento e le partecipazioni).

Tra le attività a vita indefinita vi sono l’avviamento (o goodwill) e altri esempi sono stati identificati a seguito di studi condotti sul settore delle telecomunicazioni negli USA e su tali basi, si possono considerare attività immateriali a vita indefinita i marchi, le licenze e i diritti di passaggio (c.d. franchise rights).

Per determinare la perdita di valore di un’attività immateriale si applica il principio IAS 36 – Riduzione di valore delle attività. Tale principio spiega quando e come l’entità riesamina il valore contabile delle proprie attività, come determina il valore recuperabile di un’attività e quando rileva o storna una perdita per riduzione di valore.

Il principio contabile in esame stabilisce che l’azienda non può esporre in bilancio un’attività con un valore contabile superiore al corrispondente valore recuperabile. Qualora, dal confronto tra valore contabile e valore recuperabile (impairment test), risulti un valore contabile non giustificato, sorge l’obbligo di contabilizzare una svalutazione per perdita durevole di valore di importo pari alla differenza tra valore contabile e valore recuperabile.

Lo IAS 36 definisce il valore recuperabile come il valore più elevato tra il fair value, dedotti i costi di dismissione, e il valore d’uso di un’attività. I costi di dismissione sono rappresentati da tutte le spese inerenti a una normale vendita, quali gli oneri legali e le imposte di bollo, a cui se ne possono aggiungere altri dovuti alla rimozione dell’attività o per rendere la stessa pronta e disponibile per la cessione. Più complessa è la determinazione del valore d’uso, che esprime gli effetti di fattori specifici dell’impresa, a differenza del fair value che, invece, riflette le assunzioni degli operatori di mercato. Il valore d’uso è dato dalla somma dei flussi finanziari netti che la risorsa è in grado di generare negli anni della sua utilizzazione e al momento della dismissione e cessione sul mercato, da attualizzare alla data di effettuazione del test.

L’impresa deve quindi annualmente e ogni volta che vi siano degli indicatori interni o esterni alla stessa che segnalino una perdita di valore, confrontare il valore contabile (valore di carico) delle singole attività a vita utile indefinita con il loro valore recuperabile.

La perdita (o svalutazione), rappresentata dalla differenza positiva fra il valore contabile e quello recuperabile, va imputata a conto economico, incidendo cioè sull’utile o la perdita di esercizio, a meno che l’attività sia stata oggetto di una precedente rivalutazione, per cui viene rettificata la riserva patrimoniale105.

La durata della vita utile deve essere rivista dagli amministratori della società alla fine di ogni esercizio, al fine di verificare se esistano ancora le condizioni e i requisiti necessari per definire un’attività immateriale come attività a vita utile indefinita.

Qualora vi sia una modifica della durata della vita utile (passaggio da vita utile indefinita a vita utile definita), lo stesso dovrà essere considerato come un cambiamento di stima disciplinato dallo IAS 8. Secondo quanto

105 Va precisato che quest’ultima circostanza, ossia il fatto che un’attività soggetta alla rideterminazione del valore possa essere in seguito svalutata, è assai rara, essendo già contabilizzata al fair value; ora, poiché ai fini del test si devono considerare anche i costi di dismissione, una svalutazione potrebbe essere ammissibile soltanto quando tali oneri abbiano importi significativi.

63 previsto dallo IAS 36, la modifica della vita utile di un’attività immateriale da indefinita a finita può essere il segnale che tale attività ha subito una riduzione di valore. Di conseguenza, l’impresa dovrà sottoporre l’attività a impairment test, confrontando il valore recuperabile con il valore contabile e rilevando eventuali eccedenze del valore contabile rispetto al valore recuperabile come perdita per riduzione di valore.

Per riassumere, per verificare se un’attività immateriale ha subito una riduzione di valore, l’impresa deve applicare lo IAS 36 – Riduzione di valore delle attività. Un’attività immateriale ha subito una riduzione di valore quando il suo valore contabile supera il suo valore recuperabile. La verifica di riduzione di valore di un’attività, ovvero il confronto tra valore contabile e valore recuperabile, deve essere effettuato formalmente:

• annualmente (es: ad ogni data di riferimento del bilancio) per:

- le attività immateriali con vita utile indefinita;

- le attività immateriali non ancora disponibili per l’uso;

- l’avviamento;

• in presenza di indicazioni di una potenziale perdita di valore di una attività immateriale (segnali da verificare alla data di manifestazione, anche nel corso dell’esercizio).

Un’attività immateriale che è stata svalutata deve subire un ripristino di valore qualora vengano meno le ragioni che avevano portato alla rilevazione della riduzione di valore attraverso l’impairment test.