Per compiere l’opera di romanizzazione dell’impero, era necessaria una grande quantità di cittadini. Si è visto come fin dalle origini del- l’Urbe, le sue classi dirigenti abbiano perseguito l’obiettivo di incre- mentare il numero dei cittadini. Il mezzo più rapido era certamente l’an- nessione di intere comunità straniere preventivamente soggiogate. Ho anche osservato, tuttavia, come lo strumento della concessione collet- tiva della cittadinanza, venne ad un certo tempo abbandonato, ad ec- cezione dei ben noti episodi della cittadinanza data ai socii latini e ita-
lici all’indomani della conclusione della guerra sociale – ove Roma fu
peraltro costretta dalle circostanze ad un tale passo e comunque con notevoli resistenze da parte delle sue classi dirigenti – e della cittadi- nanza concessa da Cesare ai Transpadani nel 49 a.C. per riconoscenza della fedeltà dimostratagli. Si trattava oltretutto di comunità ormai ampiamente integrate dal punto di vista sociale e politico e cultural- mente assimilate.
Non venne invece mai meno una politica favorevole alla natalità 699.
Fin dal 403 a.C. i censori Marco Furio Camillo e Marco Postumio Albino avevano sanzionato con una speciale imposta gli uomini che fossero arrivati celibi alla vecchiaia. Il gettito sarebbe stato destinato a
favore di chi avesse una prole numerosa 700. Nel 131 a.C. il censore
Quinto Cecilio Metello Macedonico pronunziò dinnanzi al popolo un
699 Sull’argomento v., recentemente, Fayer, La familia romana, cit., 563 ss. 700 Cfr. Val. Max. 2.9.1; v. anche Plut. Cam., 2.2; Fest. (Paul.) s.v. Uxorium, 519 L.
discorso de prole augenda, per indurre i Romani a fare più figli 701.
Ottant’anni più tardi, Cicerone nel de legibus 702 proporrà che i censori
avessero il potere di vietare il celibato. Nel 46 a.C. sempre Cicerone esorterà Cesare a propagare suboles, ovverosia a favorire l’aumento
demografico 703. Lo stesso Cesare avrebbe poi istituito premi per le
famiglie numerose 704. L’aumento demografico come fine costante-
mente perseguito dalla politica romana è scolpito esemplarmente da Pomponio nel celebre sintagma civitas augescens (ovvero civitas auc-
ta) che si ritrova in D.1.2.2.7 (e in D. 1.2.2.2) 705.
La teorizzazione e la applicazione più lucida, organica, estesa di questa politica demografica si ritrova nella ben nota legislazione au- gustea, in particolare nelle leges Iulia de maritandis ordinibus del 18
a.C. e Papia Poppaea del 9 a.C. 706, che avevano la finalità di incorag-
giare il matrimonio e la natalità prevedendo sanzioni per celibi e orbi e premialità di vario genere per i genitori, di entrambi i sessi, con più figli.
E giusto Orazio 707 nel 17 a.C., su incarico di Augusto 708, compone
il carmen saeculare che contiene una invocazione a Diana perché sti- moli la natalità (diva, producas subolem) e favorisca gli effetti della legge così fortemente voluta dall’imperatore.
La finalità della politica augustea di incremento demografico è chiarita in modo esemplare nel discorso che Augusto avrebbe tenuto
701 Cfr. Liv. ep., 59; Suet. Aug., 89.5; Gell. 1.6. 702 Cfr. Cic. de leg., 3.3.7.
703 Cfr. Cic. pro Marc., 23.
704 Cfr. Dio Cass. 43.25.2; v. anche Dio Cass. 38.7.3; App. bell. civ., 2.10; Suet. Caes., 20.5.
705 V. sul punto Baccari, Il concetto giuridico, cit., 759 ss.; v. anche Catalano,
Diritto e persone, cit., XIV s.
706 Su di esse v., recentemente, Spagnuolo Vigorita, Casta domus. Un semi-
nario sulla legislazione matrimoniale europea, Parte prima e seconda, 1998;
Fayer, La familia romana, cit., 565 ss. 707 Cfr. Hor. carm. saec., 17-20.
708 V. Romano, Echi e riuso della legge nella letteratura latina, in Ferrary (a cura di), La legge nell’esperienza giuridica romana, 2012, 192.
Una politica della natalità per governare l’impero 173
in Senato e che Dione Cassio ricordava nel libro 56 della sua Storia
romana 709. Colpiscono, in particolare, alcuni passaggi: “come possia-
mo preservare la nostra comunità, se non ci sposiamo né facciamo fi- gli? [...] non è giusto e nemmeno buono che la stirpe romana debba estinguersi e il nome dei Romani debba essere cancellato con noi, e la nostra città sia ceduta agli stranieri – Greci o barbari che siano – [...] e voi che siete Romani dalle origini e che annoverate fra i vostri antenati i famosi Marcii, Fabii, Quintii, Valerii, Giulii, desiderate che le vostre famiglie e i vostri nomi finiscano con voi? [...] fermatevi almeno a ri- flettere che morendo molti, continuamente, per malattia o in guerra, è impossibile per la città conservarsi, a meno che la sua popolazione non sia di continuo rinnovata da quelli che eventualmente nascono”.
La politica a favore della natalità era dunque chiaramente determi- nata dalla intenzione innanzitutto di salvaguardare l’identità romana, per consentire quindi a Roma di continuare a svolgere quella missione che il grande poeta dell’impero, Virgilio, identificava con le famose
parole: tu regere imperio populos, Romane, memento 710. Sarebbe stata
impossibile l’opera di romanizzazione degli immensi territori conqui- stati senza una vigorosa ripresa demografica che partisse proprio dai Romani di antica origine.
Augusto cita nel suo testamento, le Res gestae 711, i tre censimenti
fatti, nel 28, nel 9 a.C. e nel 14 d.C. indicando puntigliosamente nu-
meri che “sono l’esito delle sue azioni” 712. I censimenti diventano dun-
que nella politica augustea il metro statistico della necessità e della ef- ficacia delle sue politiche a favore della natalità. Si è molto discusso sul significato dei numeri tramandati dall’imperatore, in particolare con riguardo al censimento del 28 a.C., che attesta poco più di quattro mi- lioni di cittadini. Vi è così chi ha ipotizzato che in questa cifra si ri- comprendessero innovativamente anche donne e minori e che dunque i maschi adulti fossero in realtà poco più di un milione, altri hanno considerato le modalità del censimento augusteo in continuità con la
709 V., in particolare, Dio Cass. 56.7.5-6. 710 Cfr. Verg. aen., 6.851.
711 Cfr. Aug. Res gestae, 8.
tradizione precedente e che dunque la cifra di quattro milioni si rife-
risse solo agli uomini maggiorenni 713. In ogni caso ci troviamo di fron-
te, in entrambe le ipotesi, ad un numero troppo esiguo per affrontare
una missione così impegnativa. Proprio Augusto, come si è visto 714,
con le leggi Fufia Caninia ed Aelia Sentia limitò le manumissioni e le conseguenti acquisizioni di cittadinanza da parte di talune categorie di
schiavi liberati, si è osservato del resto 715 come non vi siano state si-
gnificative naturalizzazioni di stranieri durante il suo principato. Non era dunque attraverso provvedimenti di estensione della cittadinanza che Augusto pensava di governare l’impero.
Si riconferma pertanto l’obiettivo di favorire la romanizzazione e l’assimilazione dei popoli sottomessi, aumentando la popolazione ro- mana originaria, impedendo nel contempo la diluizione dell’identità e dei valori di Roma.
713 Per una discussione delle varie teorie, v., da ultimo, Fino, op. cit., 45 ss., senza peraltro, a mio avviso, esiti conclusivi, v., del resto, Crawford, States Wai-
ting in the Wings: Population Distribution and the End of the Roman Republic,
in de Ligt-Northwood (eds.), People, Land, and Politics. Demographic Devel-
opments and the Transformation of Roman Italy 300 BC-AD 14, 2008, 639 ss.
714 V. supra par. 14. 715 V. supra par. 15.