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3. Cogniet e le forme della violenza

3.3 Une scène du massacre des Innocents

Giunti alfine alle ultime battute della nostra analisi, si intende riportare la narrazione agli inizi della carriera di Cogniet e affrontare le ragioni del primo capolavoro con ulteriori e più approfonditi strumenti. Il Salon del 1824 si colloca in un decennio di fermento, inaugurato con clamore dalla Zattera della Medusa (figura X), presentata da Géricault nel 1819.

151 La nuova generazione di artisti romantici si presenta alle esposizioni con la volontà di affermare la propria libertà d’azione nei confronti delle rigide norme accademiche, sperimentando nuovi modelli di riferimento e fonti d’ispirazione, costruendo una nuova Storia nazionale, rendendo la natura co-protagonista dell’agire umano. Si spezzano i dettami imparati in Accademia e alla École des Beaux-Arts e i personaggi vengono messi in scena con maggiore fedeltà storica e attenzione alle tematiche sociali, mentre le composizioni sono più sciolte e asimmetriche, perdendosi il centro focale unico dei dipinti neoclassici. Non tutti gli artisti, tuttavia, abbracciano la foga di pittori come Delacroix che con dipinti arditi come Il Massacro di Scio (figura II) e La morte di Sardanapalo (figura I) mette in scena passioni prima inenarrabili. Una larga fetta di artisti, non dichiaratamente e insistentemente romantici né tuttavia rigidamente davidiani, si fa onorevolmente strada tra le voci critiche dei Salons, arrivando a conquistarsi, nei successivi anni della Monarchia di Luglio, i favori del governo del giusto mezzo. Nel 1824 si annoverano, tra le loro fila, Delaroche con la Giovanna d’Arco (figura V), con le grandi figure che emergono con prepotenza dallo sfondo scuro, e Scheffer con la Morte di Gaston de Foix (figura IV), lodata da Thiers come frutto di un artista avente padronanza di tutte le qualità del pittore di storia169, sullo sfondo dell’allora controversa diatriba tra histoire e genre. Assieme a certi

moderati si allineano Léon Cogniet e il suo Massacro degli Innocenti (figura 40), non senza darci modo, ancora una volta, di intravederne la grande originalità, sotto la superficie - «Il

y a beaucoup d’art à dérober ainsi la vue de ce scènes de sang, à les rejeter dans un fond de désespoir et d’expression»170.

Il soggetto biblico, in realtà, è perfettamente aderente alla tradizione, a lungo esplorato e interpretato dalle arti visive, tratto dal Vangelo di Matteo:

Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia: Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande: Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più171.

169A.THIERS, Salon de mil huit cent vingt-quatre, Paris 1824, p. 23. 170Ivi, p. 28.

152 Cogniet mette in scena il tragico evento con efficace teatralità e una sensibilità allora inaspettata nel trattare le delicate conseguenze della violenza. L’artista diverrà successivamente una garanzia per le garbate modalità con cui si approccerà ai temi più controversi e la critica sempre ne renderà merito; qui, nell’opera di esordio, Cogniet si conferma capace di trovare soluzioni valide in una prova che ne vale il debutto e che certo non passa inosservata. La tela si divide verticalmente in due parti, dando allo spettatore l’illusione di star osservando in posizione privilegiata il contenuto di uno spazio chiuso. Il focus è invece su un muro scalcinato, dietro la cui ombra, schiacciata in un angolo, una madre si nasconde tentando di salvare il figlioletto dagli aguzzini. Una scala, sulla sinistra, ci conduce verso la parte illuminata dal pieno sole, a noi lievemente schermato da un arco che accresce l’intimità della scena sul primo piano, delimitandola ulteriormente. Sullo sfondo, le figure sovraesposte delle madri in fuga tentano di scampare alle lame dei soldati di Erode, mentre il massacro si consuma in pieno giorno. Con espediente affatto peculiare, la protagonista della scena è collocata nell’ombra, mentre il corpo negato all’osservatore nell’atto di proteggere il bambino si volta verso il muro e scopre i piedi nudi e sporchi, dettaglio estremamente realistico e simpatetico. Alla luce invece, è destinato lo sfondo, nel quale si compie il vero e proprio dramma inghiottito dal bagliore, nell’ultimo quarto della tela. Cogniet rende lo spettatore silenzioso testimone della tragedia e il tempo pare fermarsi negli occhi innaturalmente grandi della madre, nei quali si scorge un terrore ferino che nasconde un grido di supplica. Il volto trasfigurato dal dolore è reso magistralmente da Cogniet secondo le norme fondate sulle têtes d’expression in uso come modelli di riferimento espressivo all’Ecole des Beaux-Arts e teorizzate, come si è visto, da Charles Le Brun nel XVII secolo. L’intensità dell’emozione della madre funge da centro attrattivo del quadro, nel quale l’attenzione dello spettatore viene assorbita, complici anche la nera veste e l’oscurità dell’antro, che ne aumenta la profondità. Il virtuosismo dell’applicazione dei canoni accademici è accompagnato dalla grazia formale attraverso la quale l’artista addolcisce l’orrore del tema; tuttavia, l’unicità della scelta di Cogniet, ciò che diverrà emblema della sua pacata riforma, risiede nella deliberata decisione di selezionare accuratamente il soggetto su cui far posare lo sguardo dell’osservatore. Il pittore, difatti, non nasconde del tutto il flagello, né lo rende meno violento; il fatto di sangue si svolge

153 sullo sfondo e la tragedia in corso è evidente nel soldato piegato nell’infierire il colpo, nelle madri che fuggono disordinatamente e nel corpicino del neonato inerme sul primo gradino delle scale. Cogniet fa di più e dimostra grande assennatezza nel voler inscenare, non a caso,

Une scène du massacre des Innocents.

È con questo titolo, difatti, che il dipinto compare nelle fonti coeve e successive, non andando a rappresentare deliberatamente l’intera vicenda del massacro ordinato da Erode, bensì un episodio isolato, una singola scena, appunto. Raccogliendo la complessità del dramma biblico nel ritaglio di un punto di vista ristretto, quello di una madre -e una soltanto- nella sua condizione più istintiva, Cogniet tramuta la narrazione in tragedia universale. La scaltra metonimia inscenata dal pittore permette pertanto una facile e immediata identificazione del pubblico nel dolore di madre e, universalmente, di genitore che rende il tema perfettamente condivisibile: «c’est que tout le monde est bon juge de

l’expression de la douleur d’une mère»172 . Prendendo in prestito l’espressione di una

anonima eroina e del suo tragico destino, Cogniet parla pertanto un linguaggio universale, che si scinde dall’episodio biblico per abbracciare l’intera condizione umana. Secondo un tale punto di vista, è impossibile non pensare alla altrettanto e ancor più singolare Scène de

déluge (figura LXXVI), nella quale Girodet inscena una sciagura fortemente umana, la cui

universalità è confermata dai nudi e dall’assenza di riferimenti cronologici. Partendo dal racconto biblico, l’artista stravolge l’iconografia tradizionale riducendo la catastrofe ad anonimo episodio vissuto da altrettanto imprecisati protagonisti, di cui è sicura esclusivamente la forza devastante, l’imprevedibilità, la totale assenza di significato, slegato dalla morale religiosa. Nella maschera di terrore del padre, terribile ghigno sconvolto dallo sforzo e dalla paura, è racchiuso l’insostenibile sguardo della violenza della vita stessa, in una visione di finitudine esistenzialistica che sconvolse il Salon173 . La totale ed evidente

mancanza di speranza della tela di Girodet trova un’alternativa possibilità di salvezza nel

Massacro di Cogniet. L’orrore del fatto di sangue si svolge altrove e la tensione è tangibile

mentre quasi si percepisce il clamore delle grida e del vociare in lontananza; nella precarietà del momento, tuttavia, la madre riesce a soffocare i lamenti del figlioletto, nel tentativo di

172 JAL, L’artiste et le philosophe. Entretiens critiques sur le Salon de 1824, Ponthieu, Paris 1824, pp. 84-85. 173 Per un esaustivo approfondimento sul tema, si vedano C.SAVETTIERI, «Tutto è diperazione in questo dipinto», cit.; D.G. CLEAVER Girodet's Déluge, a Case Study in Art Criticism in «Art Journal», vol. 38, no. 2, 1978, pp. 96–101.

154 evitargli il tragico destino. L’atto della giovane donna rimane pertanto sospeso in un’azione senza tempo alla quale mai potrà seguire un effetto se non nella mente dell’osservatore, guidata da Cogniet verso un possibile spiraglio di speranza, almeno per quella singola coppia.

«Cogniet avait eu de plus, dans cette représentation d’un carnage l’art d’en laisser seulement pressentir l’horreur, et d’exciter la pitié pour les victimes sans nous les montrer au moment même ou elles sont frappées»174.

E se di singola coppia si tratta, forse un massacro tanto sguarnito di personaggi si ritrova solo nella tela di Poussin conservata al Musée Condé di Chantilly, icastico fotogramma di un infanticidio, spietato e modernissimo. Tuttavia, l’espressività di quell’unica madre basta a rendere l’idea della tragedia, se resa sull’insegnamento del peintre d’expression per eccellenza, Guérin. Definizione ottenuta in occasione del Salon del 1802 e ripresa successivamente dai biografi175, quella di pittore d’espressione è una caratteristica che il

maestro trasmette senz’altro ai propri allievi, primo tra tutti il prediletto Cogniet. Se già il

Marco Sesto (figura LXXI) viene riecheggiato a quarant’anni di distanza dal Tintoretto che dipinge la figlia morta (figura 98) e se il volto alienato di Fedra (figura LXXII) si ritrova nella

fissità di Enone (figura 3), i moti dell’animo tradotti in pittura da Guérin divengono tradizione figurativa reinterpretata a più riprese e resa ancor più forte dall’interesse della scienza medica nei confronti della fisiognomica. Al pari dei diagrammi di Le Brun, i volti dell’artista neoclassico creano dei forti precedenti per la resa delle passioni violente176 ,

dedicando attenzione alla sfera dei sentimenti, tramite i quali suggerire familiarità anche nelle più autorevoli rappresentazioni storiche. La Francia post-rivoluzionaria torna dunque a ricercare la nobiltà del sentire umano a seguito degli anni della severa razionalità giacobina, e lo fa prediligendo all’accuratezza archeologica l’espressività della messa in scena teatrale 177 . Negli anni della Restaurazione, Cogniet assorbe entrambe le

174DELABORDE, Notice sur la vie, cit., p. 14.

175P.DAVID, De Pierre Guérin, di caractère de ses ouvrages et de son talent, in «Moniteur Universel», 17 luglio

1834, p. 1564.

176La Ginzburg riporta nel suo saggio la notizia della tesi di laurea di un allievo del celebre medico e studioso

delle malattie mentali Philippe Pinel discussa alla Facoltà di Medicina di Parigi, che cita il Marco Sesto di Guérin come esempio figurativo dell’espressione di tristezza nell’uomo, silenziosa e contenuta. Cfr. GINZBURG,

Sulla fortuna di Pierre-Narcisse Guérin, cit., p. 7.

177Ivi, p. 13. Si riporta l’esempio del Fedra e Ippolito, in cui soprattutto la figura di Teseo risulta poco

155 caratteristiche, divenute precetti del maestro nell’atelier di pittura, riportando nel volto della madre braccata tutta la fissità di Fedra e lo sgomento di Ermione178, nonché la fisicità

teatrale che rende perfettamente la forza drammatica della scena.

I disegni e gli schizzi realizzati dall’artista durante la riflessione sul Massacro offrono un’ulteriore e preziosa occasione di indagine sul metodo altamente meditativo di Cogniet, nonché sul debito figurativo che egli conserva nei confronti di Guérin. Il Musée des Beaux- Arts di Rennes conserva, assieme alla grande tela acquistata nel 1988, un piccolo disegno a matita nera e uno schizzo a matita e lavis emblematici della ricerca formale stilistica dell’artista e dunque degni della nostra attenzione. Il disegno, donato al museo nel 1993, offre un veloce studio per la composizione generale, completa in tutti i suoi dettagli maggiormente identificativi, per quanto largamente abbozzata. Contrappunto a questo piccolo foglio è lo schizzo a lavis bruno e pastello, il quale presenta, tuttavia, alcuni dubbi in merito al soggetto (figura 35). Il museo di Rennes lo cataloga come Joas salvato da Jesabeth, in riferimento dunque all’episodio biblico ripreso dalla tragedia Atalia scritta da Jean Racine, seppur Cogniet, a differenza di Guérin, non realizzi opere coerentemente a questo testo. È stata avanzata tuttavia l’ipotesi che il disegno sia una versione preliminare al progetto per il Massacro degli Innocenti, tematica che trova affinità iconografica assai calzante con l’assassinio perpetuato da Atalia. Se dunque la piccola opera fosse inerente a una fase di sperimentazione per il dipinto del 1824, Cogniet vi risulterebbe assai più dipendente dall’opera i Guérin, mettendo inoltre in scena non uno studio preparatorio bensì una prima idea per il soggetto, successivamente scartata. Lo schizzo mostra due donne in fuga al centro della scena, l’una nell’atto di proteggere l’altra che stringe in grembo il corpo esamine del figlio, probabilmente già morto. La prima figura leva in aria la mano aperta in gesto di teatrale disperazione, mentre nella giovane madre già si riconosce l’espressione enfatizzata che verrà approfondita nel dipinto finale, con maggiore attenzione introspettiva. La scena è illuminata drammaticamente da una lanterna, al di sotto della quale le protagoniste sono rivelate nell’atto della fuga e che permette di scorgere, poco dietro di loro, i cadaveri di due bambini abbandonati sulla strada. Stilisticamente questa prima versione risulta assai più aderente ai canoni figurativi neoclassici, così come l’architettura del palazzo sullo sfondo, di gusto orientaleggiante; tuttavia già ha preso forma nella mente

156 di Cogniet l’idea di isolare dall’episodio principale un piccolo ma incisivo nucleo di personaggi. La morte è ben più presente e la fine non solo annunciata ma già compiuta nei corpicini inermi, ben visibili secondo la tradizione iconografica del tema179. Alla collezione

del Musée des Beaux-Arts di Orléans appartengono, altresì, tre schizzi preparatori, aderenti perfettamente alla versione definitiva della tela di Rennes. Il primo è un rapido studio abbozzato a larghe e veloci pennellate, a definire l’idea generale della composizione (figura 37). Cogniet non si sofferma sulla definizione dei dettagli o sulla tanto rilevante espressione della madre ma sceglie di dare una prova della unità della scena e della resa delle varie tonalità, qui messe a punto. Vi si ritrovano i dettagli maggiormente pregnanti, tra cui l’azione relegata allo sfondo in luce e il gesto disperato della madre che copre la bocca al figlio, nel fermarne il pianto, mentre il palazzo di foggia orientale del primo studio diviene qui un’architettura antica, di cui si intravede un colonnato. Si rileva, tuttavia, l’assenza della figura femminile che si precipita sulle scale e che verrà aggiunta nel dipinto conclusivo, a raccordo tra la zona in luce e l’angolo in ombra, mentre si nota sulla destra un piccolo arco nel muro, probabilmente una finestrella, eliminata successivamente. Due ulteriori studi sono invece dedicati da Cogniet alla madre col bambino e si concentrano in particolar modo sulla resa espressiva. Nel primo (figura 38), a figura intera, l’artista mostra la donna nell’atto di stringere il figlioletto a sé, con il caratteristico sguardo di terrore rivolto verso lo spettatore. Il corpo è abbozzato, soprattutto nella parte inferiore, pur essendo i piedi nudi abbastanza definiti nel sottolinearne, già a questo stadio esecutivo, il dettaglio aneddotico della sporcizia. Bellissimo è il secondo e ultimo studio (figura 39), che concerne la fase finale di definizione dell’espressione della madre e del bambino, affinati nei tratti e nella resa delle forti emozioni. In proposito al progetto della coppia della madre col bimbo, il museo conserva anche un disegno a lavis (figura 36) da cui si ricava un’ulteriore idea per il dipinto finale. Le due figure vengono infatti abbozzate in profilo, da un punto di vista lievemente arretrato di modo da lasciare in ombra entrambi i volti. Non è possibile collocare con certezza il disegno all’interno della genesi dell’opera, mancando ulteriore prova in cui

179I due studi sono presentati in un articolo pubblicato sul sito del Musée des Beaux Arts di Rennes da Olivia

Savatier-Sjöholm, la quale identifica entrambi i disegni come inerenti al Massacro degli Innocenti. Cfr. URL: https://mba.rennes.fr/ressources/19/_/1181_bulletin8.pdf. Tra le risorse del museo si fa ulteriore

riferimento ad alcuni disegni di Cogniet, contenuti in un carnet di più di duecentosettanta carte e donato dalla Société des Amis du Musée, tra cui tre studi per il Massacro degli Innocenti. Cfr. URL:

157 Cogniet dimostri di aver approfondito una tale e così differente disposizione delle figure. La donna, difatti, guarda con aria turbata davanti a sé e in direzione opposta allo spettatore, con un’espressione tuttavia poco aderente all’estremo sgomento del dipinto finale, mentre il figlio nasconde il volto stringendosi al suo seno. Contrariamente, nella Testa di donna e

bambino (figura 39) che funge da studio finale per le due fisionomie, gli occhi serrati e la

bocca aperta della madre che si volta terrorizzata verso lo spettatore vengono esaltati dalla chioma corvina e dall’altrettanto scura veste, mentre creano un suggestivo contrasto con la delicata morbidezza dell’infante biondo e accigliato, al quale la donna copre le labbra e il pianto con sole due dita, in un dolce e materno riguardo che colpisce la critica180:

il y a, dans le cœur de chacun de nous, un sens intime, qui fait découvrir ces délicatesses, dont l’artiste se glorifie probablement, et d’autant plus qu’elles lui ont coûté davantage: et pourquoi ont-elles coûté à l’artiste? C’est que son instinct naturel n’est plus pur comme celui de l’homme du peuple: l’étude de l’art l’a gâté181.

Cogniet riprende verosimilmente Le Frayeur di Le Brun (figura LXXVIII), applicando il maggiore rigore pseudo-scientifico affiancato da Lavater alla caratura morale182; ne nasce

così un’espressione universale, antica e istintiva, parte integrante del bagaglio culturale e della stessa genetica umana efficacemente introdotta da Henri Jouin:

Elle faisait songer au drame antique, dans lequel les poètes grecs confiaient à un seul personnage la mission de représenter le chœur, une armée, un peuple. Cogniet avait résumé la tragédie sanglante dans l’effroi d’une mère blottie avec son enfant derrière un pan de mur. Au dessous d’elle, sur la place publique, se consommait le crime.

Le visage de cette mère avait la pâleur du marbre. Son œil effaré n’était pas d’une femme, mais d’une louve183.

180Si ricordi tuttavia l’opinione controcorrente di Stendhal, al quale l’opera non riesce a «far battere il

cuore», cfr. STENDHAL, Mélanges d'art, cit., pp. 49-58.

181JAL, L’artiste et le philosophe, cit., p. 85.

182CAROLI, Storia della fisiognomica, cit. pp. 158-164. 183JOUIN, Maîtres contemporains, cit., p. 136.

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Conclusioni.

Léon Cogniet non ha lasciato un diario, niente che sia stato scritto di suo pugno tranne la corrispondenza giovanile con il maestro Guérin184 e sparute note tecniche in merito alla sua

attività di insegnante, negli anni in cui era impegnato in qualità di professore di disegno185.

Della sua vita da artista maturo non sappiamo niente che non sia narrato da altri, dedotto dal suo lavoro e dalla sua costante e incisiva presenza all’interno del sistema dell’École, nonché dagli indizi psicologici colti nei ritratti degli allievi e della sorella. Lasciando i posteri privi della viva voce dell’artista a rivelarne dichiaratamente volontà, intelletto e sfera privata, il nome di Cogniet è stato lentamente inghiottito da un cono d’ombra dal quale ancora fatica ad uscire.

Rimasto volutamente dietro le quinte della rivoluzione romantica, ne coglie i frutti apportando un contributo cauto e mai invasivo. Protagonista attivo del sistema espositivo, ne sperimenta le posizioni sia di concorrente che di giudice, senza accennare a stravolgerne gli ingranaggi. Non è autore di cesure, né riuscirà mai del tutto a rompere con i dettami del suo mentore, dal quale erediterà figuratamente lo scettro della peinture d’expression. Si distingue tra critica e amateurs con i due grandi capolavori, il cui imprevisto e vasto successo permetterà alla sua fama di vivere di rendita durante l’intera sua carriera, rafforzando l’opinione pubblica: il Massacro degli Innocenti continuerà a essere esposto