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Léon Cogniet, "un girondin de l'art": ricostruzione critica e approfondimenti tematici.

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UNIVERSITA’ DI PISA

DIPARTIMENTO DI CIVILTA’ E FORME DEL SAPERE

ANNO ACCADEMICO 2018/2019

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE

IN STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE,

DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA

Classe LM-89: Storia dell’arte

Léon Cogniet, “un girondin de l’art”:

ricostruzione critica e approfondimenti tematici.

IL RELATORE IL CANDIDATO

Prof. Chiara Savettieri Camilla Del Corona

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1

Sommario

Introduzione. ... 2

CAPITOLO 1. ... 5

Léon Cogniet e il suo tempo. ... 5

1. La critica al Salon: Adolphe Thiers e August Jal. ... 5

1.1 Tra histoire e genre: la nascita di una nuova pittura di storia. ... 13

2. La Fortuna dei capolavori: Anatole de La Forge ed Ernest Vinet. ... 20

3. Critici, poeti, romanzieri: Stendhal e Charles Baudelaire. ... 29

4. Biografie contrapposte: Paul Mantz e Henri Delaborde. ... 40

CAPITOLO 2. ... 62

Léon Cogniet: una biografia. ... 62

1. Nell’atelier di Pierre Guérin. ... 62

2. La carriera artistica. ... 68

3. Gli atelier e l’insegnamento. ... 85

CAPITOLO 3. ... 98

I tormenti di un uomo tranquillo. ... 98

1. Il fondo Cogniet-Thevenin. ... 98

2. Cogniet e il ritratto post-mortem. ... 101

2.1 La rappresentazione della morte: un approfondimento. ... 101

2.2 Il caso Géricault. ... 112

2.3 Tintoret et sa fille: “Ce n’est pas la mort encore, et ce n’est plus la vie”. ... 116

3. Cogniet e le forme della violenza. ... 136

3.1 La rappresentazione della violenza: un approfondimento. ... 136

3.2 Violenza del mito e mito della violenza: mitologia e guerra in Cogniet. ... 144

3.3 Une scène du massacre des Innocents. ... 150

Conclusioni. ... 158

Bibliografia. ... 163

Sitografia. ... 171

Apparato iconografico. ... 174

Parte I. Léon Cogniet... 174

Apparato iconografico. ... 226

Parte II. Altri artisti. ... 226

(3)

2

Introduzione.

Alla luce dei resoconti redatti dai critici a lui contemporanei e immediatamente successivi, è possibile affermare con convinzione che Léon Cogniet abbia costituito un unicum nel panorama della pittura romantica francese del XIX secolo.

Moderato e saggio, riflessivo e zelante, paterno e generoso, Cogniet è la perfetta incarnazione dell’ideale del giusto mezzo in una generazione di spiriti passionali e turbolenti, brillantemente definito da Henri Delaborde un girondin de l’art1.

Certo è che una simile descrizione di romantico atipico necessita di far luce sul contesto in cui egli lavora e in cui i critici d’arte a lui coevi scrivono e descrivono i partecipanti agli allora affollatissimi Salon2.

Si ripercorrerà dunque la biografia di Cogniet, impostando la trattazione tematica sui due binari intrecciati della critica d’arte ottocentesca e dei più recenti testi analitici, se pur esigui e insufficienti, da soli, alla definizione di un’immagine il più possibile completa dell’artista e del suo ruolo nella società del tempo. Difatti, per quanto siano puntuali i resoconti delle esposizioni3 e approfondite le pagine biografiche di riviste come la Gazette des Beux-Arts4

1H.DELABORDE, Notice sur la vie et les ouvrages de M. Léon Cogniet, lue dans la séance publique annuelle du 22 octobre 1881, Institute de France, Académie des beaux-arts, Firmin-Didot, Paris 1881.

Nei capitoli successivi si indagherà maggiormente il tema, instaurando un confronto tra le varie voci che animavano la critica francese. Il non comune percorso artistico di Léon Cogniet, il cui atelier vedremo diviso tra Salon e insegnamento, ha suscitato nel corso dei secoli differente spessore di giudizio e grado di

interesse, talvolta dividendo l’opinione dei cronisti in maniera dissimile, se non totalmente differente, sino a cadere nell’oblio del Novecento.

2Per approfondire la storia dell’esposizione del Salon del Louvre di Parigi, si veda C. ALLEMAND-COSNEAU,(a

cura di) Il Salon di Parigi dal 1815 al 1850, in ALLEMAND-COSNEAU, (a cura di), Les années romantiques: la

pittura francese dal 1815 al 1850, catalogo della mostra, Nantes, Parigi, Piacenza, 1995-1996, Electa, Milano

1996, pp. 73-91.

3Si ricordano ad esempio i resoconti dei Salon di Parigi; tra tutti spiccano quelli dedicati all’esposizione del

1824, anno in cui Léon Cogniet presenta il Massacro degli innocenti, il suo primo capolavoro, accolto entusiasticamente da pubblico e critica. Si vedranno quindi:A.THIERS, Salon de 1824. Collection des articles insérés au Constitutionnel, sur l’exposition de cette année, Paris 1824;

A.JAL, L’Artiste et le philosophe. Entretiens critiques sur le Salon de 1824, Ponthieu, Paris 1824;

STENDHAL, Salon de 1824, in Mélanges d'art, Paris 1932.

4Periodico d’arte fondato nel 1859 da Charles Blanc, accademico e professore di estetica al Collège de

France, si distingue per il credito dimostrato a livello internazionale e per la sua longevità, essendo stata pubblicata sino al 2002. Per approfondimenti su cenni storici e consultazione dei numeri Cfr. URL: http://prelia.fr/base/opac_css/index.php?lvl=notice_display&id=1516 e

http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/cb343486585/date.r=la+gazette+des+beaux-arts.langFR Ultima consultazione in data 5/11/2019.

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3 e di raccolte antologiche dedicate ai maestri della pittura contemporanea5, trattandosi di

punti di vista prossimi, partecipanti essi stessi ai delicati meccanismi della fabbrica dell’arte, è necessario allo studioso moderno destreggiarsi tra prese di posizione interessate e soggettive, influenzate dall’andamento della politica e degli interessi di categoria6.

Peraltro, i testi moderni offrirebbero un importante apporto conoscitivo, se non fosse che si tratta di esigue, se pur fondamentali, analisi parziali dei pochi studiosi che hanno deciso di affrontare tematiche inerenti all’artista7.

Andremo peraltro a vagliare la fortuna critica di Léon Cogniet, dalle discussioni contraddittorie di fin de siècle, all’oblio in cui il suo nome e la sua opera cadranno nel corso del Novecento delle Avanguardie, per essere riportati alla luce, solo sul finire del secolo scorso, con il riallestimento delle collezioni del Musée des Beaux-Arts d’Orléans8 e con la

conseguente ripresa degli studi sull’artista.

5Ci si riferisce alle pagine dedicate a Léon Cogniet in: H.JOUIN, Maîtres contemporains, Perrin, Paris 1887, pp.

135-150; A. DE LA FORGE, La peinture contemporaine en France, Amyot editeur, Paris 1856, pp. 303-323; E. VINET, Léon Cogniet in Revue nationale et étrangère, politique, scientifique et littéraire, Charpentier, Parigi marzo 1862, pp. 272-274.

6Verrà approfondito di seguito il confronto-scontro tra due poli della critica su Lèon Cogniet, rappresentati

dai sopra citati Henri Delaborde e Paul Mantz. La discussione su Cogniet si animerà, tirando le fila della carriera dell’artista, tra le pagine dei necrologi redatti in occasione della sua morte nel 1881.

7Per la ricostruzione del ruolo dell’atelier di Léon Cogniet, nella sua forma ambivalente di espositore e

insegnante, risultano preziosi i seguenti testi: M.VOTTERO,Le cri de la conscience: Léon Cogniet et ses ateliers, in Image de l’artiste, sous la direction d’É. Darragon et B. Tillier, Territoires contemporains, nouvelle

série – 4 – mis en ligne le 3 avril 2012. URL:

http://tristan.u-bourgogne.fr/CGC/publications/image_artiste/Michael_Vottero.html Ultima consultazione in data 5/11/2019;

M.VOTTERO, Les ateliers de Léon Cogniet inF. NERLICH,A.BONNET, a cura di, Apprendre à peindre. Les ateliers privés à Paris 1780-1863, Presses Universitaires françois-rabelais, Tours 2013, pp. 249-262.

Si noti che nel presente volume Vottero dedica due saggi anche sulla fortuna dell’atelier di Cogniet e l’influenza esercitata sull’arte polacca, in particolare su Henryk Rodakowski, in B.STUDZIŻBA KUBALSKA, Le rôle de l’atelier de Lèon Cogniet pour l’historie de la peinture polonaise, in Apprendre à peindre, cit., pp. 275-283; K. KLUDKIEWICZ, Henryk Rodakowski dans l’atelier de Léon Cogniet, in Apprendre à peindre, cit., pp. 263-270. In merito all’argomento che costituirà il fulcro della presente trattazione, fondamentale risulta essere testo in catalogo: H. JAGOT, Violence et effroi chez Léon Cogniet. Les passions d’un homme tranquille, in J.

FARIGOULE,H.JAGOT, a cura di, Visages de l’effroi. Violence et fantastique de David à Delacroix, catalogo della mostra (Musée de la vie romantique, Paris, 2 novembre 2015 – 28 febbraio 2016), Lienart, Paris 2015, pp. 130-143.

8Più avanti nel testo si vedrà come il rivoluzionamento delle collezioni del Museo di Belle Arti, pianificato nel

1984 ad opera di David Ojalvo, abbia riportato alla luce le tele del fondo Thévenin-Cogniet, giacenti nei depositi da quasi cinquant’anni. La nuova installazione darà vita a due esposizioni fondamentali, tra cui l’unica mostra monografica dedicata a Léon Cogniet. In merito, si vedano i cataloghi:J.FOUCART,E.FOUCART -WALTER, a cura di, Léon Cogniet: 1794-1880, catalogo della mostra, (Musée des Beaux-arts, Orléans, 14 giugno - 10 settembre 1990), Chiffoleau, Nantes 1990;

E.MOINET, a cura di, Le temps des passions: collections romantiques des musees d’Orléans, catalogo della mostra, (Musee des arts, Orléans, 7 novembre 1997 – 31 marzo 1998), Musée des

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4 Mancando una monografia dedicata, la presente trattazione si prefissa l’intento di ricostruire in maniera più omogenea possibile il percorso di vita dell’artista e dell’uomo Cogniet, con la consapevolezza di star affrontando tematica insolita nel momento in cui si andrà ad approcciare alla materia che ne è il fulcro.

Si andrà difatti ad indagare come nell’animo calmo di un genio tranquillo, si vadano a scontrare forze contrapposte, che portano Léon Cogniet a continui ripensamenti e lunghe gestazioni delle opere. Prendendo in esame i soggetti più atipici della sua carriera, si indagheranno i motivi artistici della violenza e della morte, temi ricorrenti che stridono con la produzione maggiormente accademica di un artista che, tuttavia e a torto, passerà alla storia come sin troppo placido, scevro da qualsiasi inquietudine.

Sarà invece proprio un sentimento di costante agitazione che animerà con veemenza la produzione di certi temi, che nasceranno dalla sua mano grezzi e talvolta brutali, per essere poi affinati e presentati edulcorati agli occhi del pubblico e dei posteri.

Un artista segretamente borderline, Léon Cogniet, perennemente in bilico su un confine che minaccia la caduta nel Romanticismo più prepotente ma che riesce ad aggrapparsi alla salvezza della lucidità, alla mediazione ragionata del presupposto di una vita tranquilla.

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CAPITOLO 1.

Léon Cogniet e il suo tempo.

1. La critica al Salon: Adolphe Thiers e August Jal.

La gran parte della critica coeva accoglie con convinta approvazione la partecipazione di Léon Cogniet al Salon del 1824. Si tratta della prima prestigiosa occasione pubblica in cui l’artista ha l’opportunità di dimostrare e consolidare il proprio talento9, tornato in Francia

reduce dalla vittoria del Prix de Rome nel 1817 e dei conseguenti anni di studio trascorsi a Roma10. Tra le opere che decide di esporre al Salon11, Cogniet presenta due grandi tele di

soggetto storico, di cui una in particolare riceverà successo di critica e ovazione di pubblico.

La Scena del Massacro degli Innocenti (figura 40) è citata negli scritti riguardanti

l’esposizione come frutto di un’idea brillante e originale. Difatti, per svecchiare un tema che rischiava di risultare ormai completamente sviscerato e quindi ripetitivo nell’esecuzione12,

Cogniet decide di relegare l’orrore del massacro al secondo piano e rendere protagonista

9Léon Cogniet, ancora a Roma, invia due tele anche al Salon del 1822, il Metabus (1821, Chartres, Musée

des Beaux-Arts) e la Ninfa Cacciatrice (1817 ca., Orléans, Musée des Beaux-Arts), le quali però sono accolte con una certa freddezza. Cfr. MANTZ, Léon Cogniet, cit., p. 35.

10Nel 1817, il ventitreenne Léon Cogniet vince il Prix de Rome con con una tela raffigurante Elena liberata dai fratelli Castore e Polluce (Ecole Nationale Supérieure des Beaux-Arts, Parigi).

L’artista partecipa al concorso anche nel 1815, anno in cui la sua Briseide che piange Patroclo (Musée des Beaux-Arts, Orléans) ottiene il secondo posto. Cogniet sarà il primo esclusivo allievo di Pierre-Narcisse Guérin a raggiungere l’ambito obiettivo del primo premio, grazie al quale trascorrerà cinque anni a Villa Medici, sede dell’Accademia di Francia a Roma.

Per approfondimenti sul Prix de Rome si segnala P.GRUNCHEC, La peinture a l’école des beaux-arts. Les

concours des Prix de Rome 1797-1863, Tome I e II, Paris 1989. Per i dati relativi a Lèon Cogniet cfr. ivi, tome

II, pp. 55-56, 61-64.

11Si tratta di: Scena del Massacro degli innocenti (1824, Rennes, Musée des beaux-arts), Mario sulle rovine di Cartagine (1824, Tolosa, Musée des Augustins), Attacco e presa di Logrono (Realizzato per il Municipio di

Parigi, viene donato dallo Stato alla collezione del duca e della duchessa d’Angoulême, sita nel castello di Villeneuve-l’Étang presso Saint-Cloud; figura 41), Ritratto del padre (1817, Orléans, Musée des Beaux Arts; figura 8), Ritratto di M. Thevenin e Paesana dei dintorni di Roma (Orléans, Musée des Beaux-Arts; figura 20). Cfr. F.CLARAC, Musée du sculpture antique et moderne, tome premier, Imprimerie royale, Paris 1841, p. 549; MANTZ, Léon Cogniet, cit., p. 35.

Difficoltoso risulta reperire informazioni sulla collezione dei duchi d’Angoulême, pertanto le brevi notizie sopracitate sono state reperite all’URL: https://lanouvelleathenes.fr/leon-cogniet-1794-1880/ Ultima consultazione in data 5/11/2019.

12Si ricordano, tra gli altri, i capolavori di Guido Reni (1611, Bologna, Pinacoteca Nazionale), Nicolas Poussin

(1628, Chantilly, Musée Condé), Peter Paul Rubens (1611-12, Toronto, Art Gallery of Ontario; 1636-38, Monaco, Alte Pinakothek).

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6 una madre senza nome, in un focus narrativo che ha il merito di suscitare grande empatia nel pubblico.

Nel suo resoconto dell’esposizione13, Adolphe Thiers14 è uno dei primi critici a scrivere in

merito a questa tela, all’interno di un capitolo in cui commenta le opere di Scheffer, Delaroche, Schnetz e Cogniet esposte al Salon. Egli introduce il tema del dipinto di storia15,

riflettendo sulle immancabili caratteristiche necessarie al pittore che si appresti a simili argomenti, quali spirito nobile e animo forte, profondo e in grado di esprimere correttamente i sentimenti, nonché padronanza della scienza dell’antiquariato e dunque dei costumi e dei luoghi di interesse storico. L’effetto pittoresco, uno stile veritiero e la resa del bello ideale saranno così assicurati e pertanto padroneggiati dall’artista attento e diligente16.

Qualità, queste, che certo non mancano a Cogniet, tant’è che Thiers le menziona nel

Massacro: delineando la scena con la donna accovacciata contro un muro, nell’atto di

13A.THIERS, Salon de 1824, cit., pp.20-28.

14Adolphe Thiers (1797-1877) arriva a Parigi nel 1821 e inizia a scrivere subito per il Globe, la Revue européenne e il Constitutionnel, il quotidiano di gran lunga più letto durante gli anni della Restaurazione.

A partire dal 1822 pubblica, ogni anno, una raccolta di tutti i suoi articoli, la prima della quale sarà sul Salon. Sostenitore di un’arte libera nata dall’ispirazione dalla natura, condanna la pratica ormai autoreferenziale del disegno accademico e la pedissequa ispirazione al mondo classico, incoraggiando gli artisti ad attingere a tutti i periodi storici in egual misura. Ricopre di lodi artisti quali Schnetz, Vernet, Delaroche, preferendo l’esecuzione accurata e puntuale di Robert e le opere dei meno rivoluzionari tra i romantici, come Scheffer e Sigalon, piuttosto che il vigoroso Delacroix. La sua fama di letterato e storico si afferma definitivamente con la pubblicazione di Histoire de la révolution française, opera che gli rende il favore dell’ambiente liberale, sebbene ricca di inesattezze. Nel 1829, con la nomina di Polignac a presidente del consiglio, fonda il

National, un nuovo giornale d’opposizione, e diviene nome importante della rivoluzione di Luglio.

Thiers favorisce infatti l'ascesa al trono di Louis Philippe d'Orléans e diviene consigliere di Stato e segretario generale del ministero delle finanze. Durante la nuova monarchia inizia dunque la carriera politica attiva, ricoprendo, a partire al 1832, i ruoli di ministro degli interni e degli esteri, sino ad ottenere la presidenza del consiglio nel 1840. In disaccordo con il re in merito alla politica estera, si dimette passando all’opposizione e torna, temporaneamente, a dedicarsi al mestiere di storico. Instaurata la Seconda Repubblica nel 1848, si adatta al ruolo di repubblicano conservatore. Con il colpo di stato di Luigi Napoleone nel 1851, viene esiliato in Belgio e Inghilterra, tuttavia dal 1863 torna in patria e diviene deputato di Parigi, ruolo che, nel 1871, diviene quello di Presidente della Repubblica. La carriera politica si concluderà definitivamente nel 1877, anno in cui si dimette, rovesciato da un‘assemblea a maggioranza monarchica, in opposizione alla sua concezione di Repubblica conservatrice. Cfr. URL: https://www.elysee.fr/adolphe-thiers Ultima consultazione in data 5/11/2019. Inoltre, testo utile a comprendere la critica d’epoca romantica e, nel presente caso particolare, la critique de gauche è P.GRATE, Deux critiques d’Art de l’époque romantique, Almquist & Wiksell, Stockholm 1959, pp. 31-44.

15L’autore sottolinea il progresso raggiunto nel rendere le scene storiche, nelle quali si conservano, come in

letteratura, i costumi e le caratteristiche fisiognomiche di un determinato luogo e momento storico. Nonostante certi «partisan du style» possano annoverare le opere di Scheffer, Schnetz e Delaroche esposte al Salon tra le fila dei «grands tableaux de genre», Thiers afferma convintamente quanto siano preferibili ai dipinti di storia canonici, a tematica classica e mitologica. Cfr. THIERS, Salon de 1824, cit., p. 20.

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7 premere la mano sulla bocca del figlioletto per trattenerne il pianto che ne avrebbe rivelato il nascondiglio, l’autore nota come l’attenzione si distolga dal fatto di sangue per privilegiare l’isolamento di una madre:

M. Cogniet a conçu une heureue idée en détachant une Scene du Massacre des Innocents, et en montrant une femme effarée qui s’est cachée derrière un mur, et qui met la main sur la bouche de son efant pour l’empêcher de crier. Il ya beaucoup d’art à dérober ainsi la vue de ces scènes de sang, à les rejeter dans un fond très original, et à isoler ainsi une mère pleine de désespoir et d’espression17.

Di tutt’altro piglio è, invece, la dissertazione di Auguste Jal18, il quale lascia filtrare le proprie

personali opinioni tramite un escamotage che mette in scena un dialogo, fittizio, tra un artista e un filosofo, spettatori critici del Salon19. Durante un’ideale passeggiata nelle sale

del Louvre adibite all’esposizione, i due intellettuali trovano modo di confrontarsi in merito al ruolo del pubblico nel successo dell’opera d’arte.

Difatti, il personaggio denominato semplicemente «L’artiste» esordisce rammaricandosi per la mancata attenzione dei più al Mario sulle rovine di Cartagine (figura 32), il migliore dipinto, a suo avviso, presentato in quell’occasione da Léon Cogniet20.

17Ivi, pp. 27-28.

18Augustin Jal (1795-1873) è giornalista e letterato, nonché storico e critico d’arte. Ufficiale della marina

militare, vede la propria carriera terminare a causa della sua forte fede napoleonica, che lo rende avversario del governo reale e ne provoca l’estromissione dalla marina durante la grande purga degli anni

1815-17. Principia quindi l’attività di giornalista nelle testate liberali e l’interesse per le arti lo porta ad occuparsi delle rubriche culturali. È nei resoconti dei Salons, di cui si occupa dal 1819, che diviene celebre nell’ambiente della critica, grazie ai suoi giudizi brevi e d’effetto, nonché coloriti, ironici e politicamente schierati, sulla scia dell’esempio di Diderot. Attraverso le pagine dei Salons, infatti, muove critiche anche alla politica del regno e alla censura, accusando le giurie di non essere in grado di comprendere la nuova arte, Delacroix tra tutti. Giudicando l’opposizione tra arte classica e romantica solo come questione di gusto, propende per un’arte sociale che si interessi delle questioni della contemporaneità. Per quanto a favore della libertà individuale dell’artista, ha critiche per entrambe le parti: l’una viene accusata di ripetitività e corruzione del modello David, l’altra di eccessivo goticismo nella ricerca del brutto a tutti i costi. I veri modernisti, secondo Jal, sono i pittori del juste-milieu: tra gli altri, emergono i nomi di Cogniet, Vernet, Delaroche. Si veda il contributo di Magali Théron per l’Institut national d’histoire de l’art, URL:

https://www.inha.fr/fr/ressources/publications/publications-numeriques/dictionnaire-critique-des-historiens-de-l-art/jal-augustin.html?search-keywords=auguste+jal Ultima consultazione in data 5/11/2019. Cfr. P.GRATE, Deux critiques d’Art, cit., pp. 31-34.

19A.JAL, L’artiste et le philosophe, cit.

20Anche Adolphe Thiers non manca di lodarlo, esaltandone in particolar modo lo sfondo di grande impatto

poetico, dalla vastità e mistero singolari ed espressivi, capace di trasportare lo spettatore in un sogno immaginifico. Cfr. THIERS, Salon de 1824, cit., p. 28.

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8 Tuttavia, risponde disincantato «Le philosophe»:

La foule a besoin d’ètre prévenue sur les beautés d’un tableau pour s’y arrêter. Il y a, dans le public, deux parties bien distinctes; l’une se compose des hommes qu’un sentiment vif des arts domine, et porte instinctivement à l’appréciation des bonnes choses; l’autre est composée de cette espéce d’hommes dont l’imagination ne saurait être excitée par rien, qui n’a aucune délicatesse dans le goût […]

Il faut qu’elle ait fait connaissance avec les personnages qu’on met en mouvement devant elle. Sait-elle ce que c’est que Marius? A-t-elle jamais entendu parler de Carthage?21

La folla, dunque, necessita di essere guidata ed educata all’osservazione, istruita in merito a quali opere meritino la sosta e la concentrazione. Difatti, spiega il Filosofo, il pubblico si divide tra coloro che istintivamente sanno apprezzare le cose belle e quegli uomini la cui immaginazione, invece, non si eccita davanti a niente, totalmente privi di gusto e capacità di comprenderlo. Sono questi ultimi che si fanno trascinare, senza criterio, nella calca del

Salon.

Dal lucido commento del personaggio nato dalla penna di Auguste Jal, emerge che Mario

sulle rovine di Cartagine è visto come un dipinto da una parte sin troppo dotto e dall’altra

eccessivamente essenziale per incontrare il gusto del pubblico, il quale si chiede chi siano i due personaggi monumentali che ingombrano la superficie della tela e cosa rappresentino quelle colonne spezzate. Vede solamente «deux hommes noirs, reflétés de rouge et de

jaune, qui exécutent une scéne de pantomime à laquelle elle n’entend pas un geste»22 e,

senza avere gli strumenti per darsi risposta, passa oltre, alla ricerca istintiva di una narrazione immediata e di facile lettura.

Presto detto, il pubblico la trova senza troppo sforzo nella Scena di Massacro e ne rimane come ipnotizzato:

Elle s’agite, elle s’enflamme, elle exprime vivement ce qu’elle sent avec force; elle a compris ce tableau; c’est que tout le monde est bon juge de l’expression de la douleur d’une mère, c’est que toutes les femmes se mettent à la place de cette malheureuse, qui cherche à sauver son

21JAL, L’artiste et le philosophe, cit., pp. 83-84.

22La folla, del tutto ignorante in Storia e incapace sia di riconoscere personaggi del calibro di Mario e Servilio

che di collocarli nel giusto contesto, vede soltanto due figure scure, illuminate da riflessi rossi e gialli, che sembrano bloccati in una scena di una pantomima teatrale. Cfr. ibidem.

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9 enfant; c’est que tous les hommes, ceux au moins qui son pères, savent combien est grande la perte d’un fils, combien est affreuse la mort surnaturelle de ces petit êtres, dans lesquels on se plaît à se voir revivre!23

La folla cade in preda all’agitazione e allo sgomento davanti a una scena di tanto universale comprensione; donne e uomini riconoscono il dolore di un genitore per la morte di un figlio e provano forte empatia nei confronti dei personaggi che si presentano fortemente espressivi davanti ai loro occhi. Tuttavia, l’autore sottolinea con estrema disillusione che si tratta comunque del medesimo pubblico ignorante citato in precedenza e che pertanto non è in grado di riconoscere l’ambientazione storica.

Non sa chi sia Erode, ciò nondimeno sa che deve odiarlo; guidato dall’indignazione per ciò che vede, ribolle di odio ed è capace di riversarlo finanche sullo sfortunato intellettuale che avrà la sfortuna di disincantarlo24.

Auguste Jal ci lascia, pertanto, una testimonianza preziosa in merito al successo di critica e pubblico di Léon Cogniet al Salon. Il trionfo è assicurato da ambo le parti ma è evidente che la Scena di Massacro, grazie alla potente espressività che riesce a catturare l’attenzione di qualsiasi genere di spettatore, sarà la tela che passerà alla Storia dell’Arte come il suo primo capolavoro. L’evento storico diviene esperienza individuale e dramma collettivo.

Jal tornerà a occuparsi dell’opera di Cogniet in occasione del Salon del 182725 ,

commentando il Santo Stefano che porta soccorso a una famiglia povera (figura 51). Il critico commenta positivamente l’ormai proverbiale saggezza con la quale l’artista affronta le tematiche dei suoi dipinti, evitando le iperboli e le zuffe tipiche della pittura di storia26 . Il santo viene descritto mentre si reca a far visita a un ex combattente, ormai

vecchio e caduto in disgrazia, nonostante il servizio portato all’Impero27, mentre una donna,

23Ivi pp. 84-85.

24Il Filosofo mette in guardia l’amico Artista: è impossibile convincere un pubblico infervorato che l’oggetto

della sua venerazione ha, in realtà, scarso merito. Tuttavia, la risposta dell’interlocutore è conciliante e viene riconosciuta la qualità esecutiva del disegno e del colore «austére et dramatique», nonché l’eleganza della composizione. Cfr. ibidem p. 86.

25Al Salon del 1827 Léon Cogniet espone, oltre al San’Etienne, la Scena militare, campagna di Russia

(Collezione duchessa d’Angoulême; figura 55), i Briganti prostrati davanti a una Madonna (acquistato nel 1865 dal Conte Pourtalès. Al Musée des Beaux-Arts d’Orléans è presente un disegno preparatorio per le figure dei due uomini; figura 24), Numa dona le leggi a Roma (Musée de Montbéliard; figure 33, 34) e un

Ritratto di Eschimese (Cleveland Museum of Art; figura 56). Cfr. MANTZ, Léon Cogniet, cit., p. 36.

26JAL, Esquisses, croquis, pochades, ou tout ce qu'on voudra sur le Salon de 1827, Dupont, Paris 1828, p. 57. 27Ivi, p. 58. Si noti come esclusivamente Auguste Jal individui nell’anonimo personaggio del vecchio un ex

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10 probabilmente identificabile nella figlia, pare accompagnare le preghiere del benefattore con muta gratitudine. Per contro, i compagni di S. Stefano assistono alla scena senza apparente commozione, ormai quasi assuefatti dalle disgrazie della vita alle quali sono portati ad assistere quotidianamente; nella loro fedeltà all’opera di beneficenza del Maestro dimostrano la loro devozione alla provvidenza divina che mette alla prova la morale dell’uomo di fronte alla sofferenza28.

Se da una parte Jal apprezza il sentimento di commozione conferito alla scena di intima pietà, è tuttavia combattuto in merito alla composizione del dipinto. Difatti, le tre figure in profilo del Santo seguito dai discepoli, risultano ai suoi occhi quasi disposte casualmente sulla tela, sebbene siano necessarie, come si appresta a riconoscere, per evitare una sproporzione netta tra le figure29. Si dimostra invece estremamente soddisfatto in merito

alle teste della donna e del vecchio; l’una sfinita dalla povertà pur tuttavia mantiene i tratti di un fascino che fu nobile, l’altra bellissima e terribile nella magrezza scavata dalla malattia, colpisce l’osservatore senza suscitare repulsione30.

Anche riguardo lo stile, Auguste Jal spende parole più che favorevoli, cogliendo l’occasione per estendere la sua opinione allo stile pittorico che trova la sua maggiore consacrazione proprio in quegli anni. Sebbene privo di una strenua ricerca, il disegno risulta elegante e corretto, a differenza della tendenza dei pittori romantici a dipingere direttamente col colore, senza curarsi delle anatomie.

Scrive a tal proposito Jal:

[…] comme si dans une figure d'homme jetée sur la toile, la première chose ne devrait pas être un homme, cest-a-dire ses proportions, ses os, ses attaches et la configuration de ses muscles! Plusieurs de nos peintres romantiques qui méritent à beaucoup d'égards les éloges qu'on leur donne, peignent avec chaleur les dessus mais paraissent oublier qu'il y a sous la peau quelque chose qu'il faut peindre aussi31.

la mancanza di un sistema di supporto economico per la vecchia classe militare che, ormai inabile al combattimento, viene abbandonata nella miseria senza alcun genere di supporto da parte del governo.

28Ibidem. 29Ibidem.

30Ivi, p. 59. Si noti come l’accento positivo è sempre posto sulla qualità di Cogniet di trattare temi brutali o

intensi suscitando pietà nello spettatore, anziché disgusto.

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11 Infatti, anticipando l’ideale del juste-milieu che si diffonderà di lì a pochi anni, a Cogniet viene riconosciuto uno stile pittorico che si affranca dagli ormai viziosi stilemi educativi dell’Accademia, in una silenziosa ribellione che non manifesta volontà di sovversione, bensì l’impegno a tornare ai benèfici precetti di imitazione della natura: «Il ne peint pas des

statues, mais il choisit dans la nature»32.

Seguono pagine appassionate nelle quali August Jal non lesina in potenza descrittiva e lodi per un’altra tela presentata al Salon da Cogniet, in questo caso di tematica bellica.

«Les coupoles dorées du Kremlin brillent au milieu des flammes que le désespoir national vient d'allumer dans Moscou»33 : Nella Scena militare, campagna di Russia (figura 55)34 ,

sullo sfondo di un paesaggio completamente innevato, brillano le cupole del Palazzo del Cremlino date alle fiamme, mentre i soldati francesi battono la ritirata. Il critico descrive con amarezza e drammaticità il ripiegamento velato di rimpianto delle truppe napoleoniche, che comunque saranno destinate a trovare la morte in terra straniera. Nel secondo piano, difatti, si scontrano le compagini nemiche, una guarnigione di cosacchi a cavallo intenta a caricare dei tiratori francesi, separatisi da una divisione di granatieri. Jal

32Ivi, p. 60. Lo stile incompleto dei pittori romantici è oggetto, in questi anni, delle critiche dei sostenitori

dell’Accademia, secondo i quali questo non è altro che un tentativo studiato a tavolino di ottenere un livello di originalità tale da permettere all’artista di emergere, diminuendo conseguentemente il carico di lavoro e aumentando il guadagno. La ricerca di esclusività sembra divenire un’ossessione per l’arte francese, in particolar modo negli anni Venti del secolo e da parte dei Romantici, pur essendo, tuttavia, carattere peculiare dell’arte dell'intero XIX secolo. Si tratta, infatti, di un retaggio degli anni della Rivoluzione, epoca in cui emerge la libertà individuale come valore. Successivamente questa tendenza verrà ricercata sia dai pittori di Accademia che dagli indipendenti: gli uni la troveranno nel carattere elitario della propria

produzione, fruibile da un pubblico scelto, gli altri nell’espressione di una soggettività che diviene accessibile a tutti. Pertanto, il giusto mezzo si affermerà come precetto di stile con la Monarchia di Luglio, che lo adotterà anche come slogan politico. In arte si tenderà dunque a conciliare tematiche di interesse romantico a un’esecuzione puntuale degna dell’educazione accademica, con artisti quali Delaroche, Vernet e Scheffer, oltre, certamente, a Cogniet. Cfr. A.BOIME, The Crystallization of French Official Art, in The Academy and French painting in the Nineteenth century, Phaidon, New York 1971, pp. 1-21.

33JAL, Esquisses, croquis, pochades, cit., p. 61.

Si allude all’incendio che distrusse quasi interamente Mosca nel settembre 1812, durante la campagna napoleonica in Russia. La guerra fu disastrosa e si concluse con entrambi gli eserciti decimati (per quanto riguarda la Francia si stimano 400.000 morti) e la stremante ritirata delle truppe francesi. Per

approfondimenti, cfr. G.LEFEBVRE, Napoleone, Bari, Laterza 1971.

34Citata da Jal col titolo Le grenadier de Moscou, cfr ivi, p. 56. La tela esposta al Salon del 1827 è oggi parte

della collezione della duchessa d’Angoulême, mentre lo schizzo preparatorio è conservato al Musée des Beaux-Arts di Orléans. Ulteriori due versioni dell’opera sono site al Musée de l'île d'Aix e al castello di Malmaison. Cfr. Le temps des passions, cit., p. 176. La tela, esposta per la prima volta al Salon della Société

des Amis des Arts, viene notata dal Re, il quale ne fa dono alla sua Delfina, la duchessa Maria Teresa Carlotta

di Borbone. Jal precisa inoltre che parte della collezione della duchessa è anche «le tableu de Santona», di cui scriverà nelle pagine seguenti. Cfr. Ivi pp. 63-64. Con tutta probabilità si tratta del dipinto denominato

Soumission de Santona, citato anche in A. SOUBIES, Les membres de l'Académie des beaux-arts depuis la

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12 quindi si sofferma, con estrema teatralità, sul soldato che si erge nel primo piano: eretto un riparo di fortuna in un piccolo cimitero, si erge sprezzante del pericolo in un’ultima lotta gloriosa contro l’avversario. Con il fucile ancora fumante ed erto come una colonna, sembra consapevole del suo ruolo di ultimo baluardo della vittoria, conscio che ogni morte strappata al nemico porterà maggiori onori alla sua tomba. La sua carriera militare, iniziata con la campagna d’Egitto, si concluderà nella neve35. Nel singolo soldato, eroe anonimo

scelto da Cogniet, si vuole rappresentare l’intero esercito napoleonico, allo stesso modo in cui la madre che tenta di sfuggire al Massacro, identifica l’orrore di tutte le vittime innocenti.

Jal si dimostra profondamente colpito dalla drammaticità della scena, che pure non cade nel melodramma. Tutto lascia intendere il finale funesto: la sconfitta sarà portata tanto dai soldati del Don, quanto dalle fiamme che ardono i rifornimenti destinati alle truppe francesi, mentre il soldato che si staglia granitico nel primo piano è consapevole del suo destino funebre: «Tu n'iras pas plus loin, et la croix de ce cimetière a été plantée pour toi!»36.

Lo stile e il disegno vengono elogiati come eleganti e terribili al tempo stesso, meritevoli tanto quanto la concezione romantica della scena.

Altrettanta stima è suscitata dalla composizione, seppur semplice e limpida, del dipinto raffigurante il maresciallo di Francia Louis von Hohenlohe-Waldenburg Bartenstein a Santona (figura 54)37. La città si intravede sullo sfondo, mentre il principe, su un cavallo

bianco scalpitante, è circondato dal colonnello e dai suoi ufficiali; i personaggi sono delineati con colori brillanti che permettono alle figure di emergere nette dallo sfondo. Poche parole sono spese per la realizzazione del dipinto, giudicato da Jal come all’altezza della produzione di Horace Vernet, che in rari casi ha ottenuto risultati migliori38.

Tuttavia, il critico si dilunga, ampiamente e con gusto, sull'aneddoto relativo alla commissione del dipinto: una volta terminata la guerra di Spagna, il prefetto del dipartimento della Senna, il Barone Haussmann, commissiona una serie di dipinti commemorativi della campagna in terra iberica. Dedicando tele a ognuno degli ufficiali che vi presero parte, opere che troveranno posto nel Municipio parigino e al Salon del 1824, il

35JAL, Esquisses, croquis, pochades, cit., p. 61-63 36Ibidem.

37Appartenente anch’esso alla collezione della duchessa d’Angoulême.

38«Un seul mot suffira à l'éloge de l'ouvrage de M. Cogniet M. Horace Vernet a rarement fait mieux et il n'a pas toujours fait aussi bien dans ce genre.» Cfr. Ivi, p. 67.

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13 caso vuole che nessuna opera venga richiesta per celebrare le gesta del maresciallo principe di Hohenlohe-Barteinsten. Per risolvere l'imbarazzante situazione, racconta Auguste Jal non senza divertimento, il prefetto si affretta a cercare tra i bollettini di guerra un evento che possa rendere giustizia alla figura trascurata del maresciallo, tuttavia senza successo. Si affida dunque a Léon Cogniet:

«Il nous faut un tableau où le juste amour-propre de M. de Hohenlohe puisse trouver son compte; le temps est la guerre d'Espagne, le sujet ce que vous pourrez!»39

Scoprendosi infruttuose anche le sue ricerche, l'artista decide di scrivere direttamente al principe, chiedendo a lui stesso di ricordare un aneddoto militare che potesse rendergli merito. Egli suggerisce, dunque, la resa della città di Santona, evento descritto da Jal come invece quasi accidentale e, certamente, non responsabilità di colui che diverrà soggetto del dipinto. Con «naïveté modeste et touchante», Cogniet rende così al maresciallo la sua tanto auspicata immortalità40.

1.1 Tra histoire e genre: la nascita di una nuova pittura di storia.

Abbiamo appurato come entrambi i critici Thiers e Jal abbiano a cuore la tematica storica e come questa sia dibattuta in merito all’influenza sul gusto del loro tempo; pertanto si rende necessario soffermarsi sul vivido dibattito che in quegli anni anima la critica d’arte, in merito a cosa definire “genere” e cosa definire “Storia”41.

Tornando a prendere in prestito le parole di Adolphe Thiers, «une révolution se déclare

aujourd’hui dans la peinture comme dans tous les arts»42 e la nuova generazione di giovani,

accusata dai critici immobilisti di abbandonare le «bonnes traditions», è risvegliata dall’impeto del genio artistico dando nuova linfa a una produzione pittorica che risulta ormai impoverita. A partire dal secondo decennio dell’Ottocento, l’Accademia vede additati

39Ivi, p. 67. 40Ibidem.

41Le notizie riportate in questo paragrafo sono state reperite grazie al prezioso contributo di Marie-Claude

Chadonnert edito all’interno del catalogo della mostra tenutasi a Nantes nel 1996, cfr. M.C.CHADONNERT, Dal

“genere aneddotico” al “genere storico”. Un’ altra pittura di storia, in ALLEMAND-COSNEAU, (a cura di),

Les années romantiques, cit…, pp. 49-56. Parimenti, si veda anche J. FOUCART, Prefazione. Alcune riflessioni

sui limiti e le carenze di un’esposizione, in ALLEMAND-COSNEAU, (a cura di), Les années romantiques…, cit., pp. 31-32.

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14 i propri limiti, le composizioni più originali sviano dagli stilemi ormai sterili dell’imitazione pedante degli antichi e si leva un grido unanime di indipendenza da parte della nuova generazione43. Si veda come nella medesima occasione espositiva, vengano presentate tele

quali il celebre Massacro di Scio di Eugène Delacroix (figura II), questa esposta proprio di fianco al Massacro di Cogniet44, ma anche le oramai quasi obliate San Tommaso d’Aquino

(figura III)45 e Morte di Gaston de Foix (figura IV)46 di Ary Scheffer, Giovanna d’Arco47 di Paul

Delaroche (figura V), Locusta48 di Xavier Sigalon (figura VI). Si tratta di temi ampiamente

conosciuti e riconosciuti nella pittura di storia sin dall’arte medievale ma che, in questi anni per la prima volta, si risvegliano di nuove suggestioni.

Il dibattito sulla pittura di storia si anima sul finire del Settecento, con l’affermarsi dei pittori cosiddetti trobadour. Responsabili della creazione di una nuova varietà di soggetti in piccolo formato, a metà tra la pittura di genere e storica, tali artisti offrono al pubblico un nuovo genere ibrido, quello aneddotico. A differenza dei quadri di storia, i quali nobilitano l’eroe e il gesto epico, i nuovi artisti, capeggiati da Fleury Richard49 , privilegiano la narrazione

dell’aneddoto, con una particolare attenzione diretta al fatto sentimentale.

L’orientamento tematico rivolto alla storia nazionale attira il sostegno dell’organizzazione del Salon e la committenza ufficiale50, tuttavia scatena opinioni contrastanti tra le voci della

critica d’arte. I membri della così chiamata “Scuola di Lione”, tra cui il sopracitato Richard, Pierre-Henri Révoil, Jean-Antoine Laurent e Coupin de la Couperie51, sono bersaglio della

maggior parte della critica, conservatrice o meno, per aver tradotto la storia nazionale in volgare e leziosa illustrazione sentimentale, mortificandone il valore.

43«Le cri de l’indipendance s’est fait entendre aux artistes» Cfr. ivi p. 3 44VOTTERO, Le cri de la conscience, cit., p. 2.

451823, Paris, Petit Palais.

461824, Galerie historique de Versailles. 471824, Rouen, Musée des Beaux-Arts. 481824, Nîmes, Musée des Beaux-Arts.

49Espone al Salon del 1802 il dipinto-manifesto del genere, Valentine de Milan pleurant la mort de son époux

(San Pietroburgo, Musée de l'Ermitage; figura VII).

50Lo stesso Napoleone ne acquista alcuni per il Musée Napoléon, al fine di incoraggiare l’esaltazione

patriottica dell’amore nazionale.

51Si vedano alcuni dei loro dipinti maggiormente rappresentativi in: Pierre-Henri Révoil, François Ier faisant chevalier son petit fils François II (1824, Aix-en-Provence, Musée Granet); Jean-Antoine Laurent, Peau d’ane

(1819, Bourg-en-Bresse, Musée de Brou); Marie-Philippe Coupin de la Couperie, Sully montrant à son

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15 Il critico conservatore Étienne-Jean Delécluze52 è uno dei maggiori detrattori del nuovo

genere. Classificandolo banalmente come «pittura di costume»53, ne osteggia il tentativo di

portare in auge il Medioevo, a scapito dell’antichità greco-romana54.

Su posizioni opposte è, invece, François Miel55 uno dei pochi che vede con ottimismo l’opera

dei nuovi trovatori. Egli scrive, in merito alla loro presenza nel Salon del 1817:

Ils nous ont présenté les rois dans leur intérieur, et nous ont fait voir l’homme dans le héros. Plus simples, plus rapprochés de nous, ces personages historiques nous plaisent davantage. Les sujets anecdotiques sont goûtés par un plus grand nombre d'amateurs; les tableaux qui les représentent, exécutés pour la plupart dans de petites dimensions, sont d'un prix moins élevé; tout particulier aisé peut les acquérir et disposer d'un emplacement propre à les recevoir56.

Il critico coglie un elemento fondamentale del nuovo genere, ossia l’empatia suscitata nel pubblico tradotta in vicinanza con l’eroe protagonista, non più solo mitico modello inarrivabile, bensì personaggio fragile e profondamente umano.

Un siffatto punto di vista si sviluppa di pari passo con una nuova storiografia, che si afferma in Francia con la Restaurazione. Difatti, i nuovi studiosi liberali protendono per una Storia raccontata partendo dalle fonti, in particolare da documenti che ne restituiscano la veridicità e le sfumature57 . Il gusto per l’aneddoto e per una narrazione che avvicini 52Étienne Jean Delécluze (1781-1863) è il capofila della critica antiromantica. Introdotto alla pittura nello

studio di Charles Moreau, si dedica dal 1815 alla critica d’arte, scrivendo inizialmente per il Lycée français e il

Journal des débats e, successivamente, per le maggiori testate d’arte francesi, tra cui L’artiste e La Gazette des beaux-arts. Eleggendo l’ideale antico come fondamento dell’arte, ne considera l’elevazione morale come

missione principale. Detrattore di Delacroix, vede incarnato il suo concetto di pittura in Ingres e David, scrivendo su quest’ultimo anche una monografia, pubblicata nel 1855. Si veda il contributo di A. Gavoille, URL: https://www.inha.fr/fr/ressources/publications/publications-numeriques/dictionnaire-critique-des-

historiens-de-l-art/delecluze-etienne-jean.html?search-keywords=DEL%C3%89CLUZE%2C+%C3%89tienne+Jean Ultima consultazione in data 5/11/2019.

53E.J.DELÉCLUZE, Au rédacteur du Lycée français. Septième lettre, in Le Lycée français, I (1819), p. 167. 54DELÉCLUZE, Au rédacteur du Lycée français, Primière lettre, cit., p. 275.

55Edme-François-Marie Miel (1775-1842) è giornalista e critico d’arte, membro della Société libre des Beaux-Arts. Comincia la sua carriera con la recensione del Salon del 1814 pubblicata sul Moniteur. Continuerà a

scrivere relazioni critiche dell’esposizione anche su L’Universel e il Constitutionnel, trattando inoltre tematiche inerenti al disegno e alla musica. Tendenzialmente benevolente e discreto nell’elargire giudizi sugli artisti contemporanei, si dimostra tuttavia estremamente sarcastico e aspro durante le conversazioni coi colleghi, ai quale deve il soprannome di Monsieur Fiel. URL:

https://data.bnf.fr/fr/10722462/francois_miel/ Ultima consultazione in data 5/11/2019.

56F.MIEL,Essai sur les beaux-arts et particulièrement sur le salon de 1817, Paris 1817, p. 290.

57Uno degli storici maggiormente rappresentativi di questa nuova scuola è Augustin Thierry, convinto

estimatore di Walter Scott e Chateaubriand, da lui considerati eruditi prima che romanzieri. Capofila di una storiografia fondata sulla ricerca delle fonti primarie, corredata da uno stile discorsivo e accessibile, subisce la fascinazione per una narrazione storica dai tratti pittoreschi e drammatici.

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16 protagonisti e fatti ai fruitori contemporanei si allinea con il diffondersi di una curiosità per il dettaglio che si ritrova in pittura.

Un’ulteriore ed estremamente rilevante suggestione per le arti figurative consiste, nei medesimi anni, nella diffusione del romanzo storico. Proprio al 1816, difatti, risale la pubblicazione in Francia dell’opera di Walter Scott58, perfettamente in linea con il rinnovato

interesse per il Medioevo cavalleresco, il cui esempio va ad anteporsi alla classica virtus antica. Le minuziose descrizioni di ambienti, usi e costumi, decorazioni e paesaggi, assieme all’evocazione di nuovi seduttivi eroi, influenzano evidentemente anche la pittura in quanto, intorno agli anni Venti, anche i tradizionali dipinti di storia ne subiscono la fascinazione. I generi si vanno via via a combinare: quello aneddotico si fa meno vezzoso e miniaturista, guadagnando in formato, mentre la pittura di storia si arricchisce dell’erudizione archeologica della nuova storiografia, aggiungendo elementi descrittivi che contestualizzino l’epoca raccontata59, e di un rinnovato interesse per le emozioni.

L’attenzione a un nuovo modo di raccontare la storia nazionale, insieme allettante ed erudito, va a favore anche della Monarchia, la quale lo utilizza come strumento di convalida del proprio potere. Re Luigi XVIII inaugura, infatti, una campagna di legittimazione del governo reale, commissionando un grande numero di tele a soggetto storico riguardanti episodi positivi del passato monarchico, nonché una serie di ritratti di generali; tali dipinti, esposti a partire dal Salon dal 1817, faranno da apripista a una serie di opere pubbliche atte a riportare in auge gli eroi nazionali. La pittura di storia, quindi, si trova ad essere ampiamente incentivata dal potere ufficiale, circostanza che permette agli artisti di trattare soggetti altrimenti destinati alle collezioni private ed esporli ai Salons60.

Nonostante il patrocinio del potere, dall’Impero alla Restaurazione borbonica, le nuove tendenze in merito alla pittura a soggetto storico continuano ad animare i critici.

Tra questi, Augustine Jal si dimostra perplesso in merito alle nuove tendenze.

58Walter Scott (1771-1832) è romanziere e poeta scozzese. Dopo aver intrapreso senza duraturo successo la

strada del romanzo poetico, si cimenta nel romanzo storico pubblicando nel 1814 Waverley, considerato il capostipite del genere e al quale si susseguono altri enormi successi. Tra questi, il maggiormente degno di nota è Ivanhoe, edito nel 1820: ambientato nell’Inghilterra medievale durante la Terza Crociata, sarà d’ispirazione per scrittori e artisti romantici di tutta Europa. Lèon Cogniet vi trarrà, difatti, la tematica per il suo Rapimento di Rebecca.

59Questa nuova tendenza va a scapito della Scuola di David, con i suoi nudi senza tempo e ambientazioni

antiche.

60ALLEMANDE-COSNEAU, ll Salon di Parigi dal 1815 al 1850, in ALLEMAND-COSNEAU, (a cura di), Les années romantiques, cit., p.78.

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«La littérature et la peinture tendent à se modifier, pour arriver, où?»61, si chiede l’autore in

merito al Salon del 1827, continuando:

Les traditions fabuleuses des premiers âges de la Grèce et de Rome sont désenchantées; c’est le positif des chroniques qui les a tuées. […] La tragédie ne nous intéresse plus si elle n’est vraie d’action et de langage; la peinture historique n’aura plus de succès qu’à la même condition62.

Se l’esempio classico cede il posto al realismo delle cronache, la tragedia non suscita più l’interesse del passato, eccezion fatta per le scene d’azione.

La sfiducia nei confronti dei cambiamenti del gusto verrà approfondita pochi anni dopo, nella recensione del Salon del 1831.

Scrive Auguste Jal:

Le jour où l'art sera tout-à-fait aux mains des peintres de genre, il y aura peut-être encore quelques jolis ouvrages, mais il n'y aura plus d'art. La peinture ne sera plus une langue riche, puissante, une noble et majestueuse expression du génie ce sera un jargon, une marchandise, quelque chose de vil où l'imagination jouera le rôle qu'elle joue dans la fabrication d'une paire de souliers. Le goût, perdu aux sommités de l'art, dégénérera en bas; puis l'industrie déclinera à son tour; puis nous retomberons dans la barbarie63.

Alla magnificenza della pittura di storia viene sostituita quella di genere, la quale potrà produrre comunque opere piacevoli a vedersi, seppur tuttavia prive della grandiosità della vera Arte. Con tali premesse, il mercato dell’arte vedrà un declino qualitativo che porterà, pertanto, al conseguente disfacimento del gusto.

Contrariamente alle posizioni pessimistiche del collega, Adolphe Thiers, come visto in precedenza, è uno dei primi critici che pone le basi per la teorizzazione del nuovo genere. Scrive difatti il critico nelle prime pagine del suo Salon de 1824:

On a déja remarqué en littérature un progès singulier dans la manière d’écrire l’historie, de reproduire le moeurs, les usages et le caractère des temps passés, et de conserver à chaque époque sa véritable couleur locale. La même observation peut être faite en peinture, et une

61JAL, Esquisses, croquis, cit., p. 104. 62Ibidem.

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18 foule de toiles attestent, cette année, un talent tout nouveau de rendre les scènes historiques, en conservant les costumes et les physionomies qui caractérisent chaque siècle et chaque nation.

Les partisan du style, qui aiment les nus et qui veulent partout la chavelure, les brodequins et la draperie flottante des Grecs, appellent «grands tableaux de genre» ces toiles où l’on a représenté plusieurs scènes de nos annales avec les costumes du Moyen Age; mais, je l’avoue, si le Gaston de Foix, de M. Scheffer, la Bataille de Senef, de M. Schnetz, la Jeanne d’Arc, de M. Delaroche, et enfin le Louis XIV, de M. Gérard, sont de la peinture de genre, j’aime le genre à l’égal de l’histoire, j’oserai même dire que je le préfère, si l’on appelle tableaux d’historie tous les tableaux grecs, romains et mythologiques dont est rempli le Salon64.

Il dipinto di storia non si riconosce dal tema classico, bensì dalla veridicità del soggetto e dell’ambientazione. Se i cosiddetti partigiani dello stile ritengono di screditare i dipinti che illustrano la storia nazionale come «grandi quadri di genere», allora il critico si azzarda a preferirli a quelli di storia. Alla luce di questa considerazione, per Thiers divengono obsolete anche le classificazioni per soggetto, in quanto perde di senso raffrontare i dipinti mitologici alle opere sulla storia francese. Parimenti, dunque, non dovrebbe esistere una storia minore e una maggiore65, ma solamente un’arte che sia guidata dall’amore per la verità.

Per il tradizionalista Delécluze, infine, il dipinto di storia non è riconoscibile né dal formato né dal soggetto, bensì dallo stile. In questo senso, l’esempio più celebrato e amato dalla critica è Léopold Robert, il quale se da un lato combatte una rappresentazione della storia quotidiana e di genere, dall’altro offre un’alternativa al “brutto” dei romantici L’opera di Robert, con i suoi virtuosi personaggi e i meravigliosi paesaggi, idealizza la vita quotidiana, elevandola alla nobiltà della storia66.

Il dibattito in merito alla definizione della pittura di storia vedrà porre un punto fermo con il Salon del 1833, durante il quale si provvede alla coniazione ufficiale del termine “genere

64THIERS, Salon de 1824, cit., pp. 20-21.

65Tesi sostenuta anche da Alexandre Decamps, cfr. A.DECAMPS, École de Rome. Deuxième article, in «La

Liberté. Revue des arts», n. 17, gennaio 1833, pp. 105-112. L’autore accusa, infatti, l’Accademia di

considerare la storia antica «grande» esclusivamente in virtù della devozione verso l’epoca classica, ormai grandiosa per definizione, mentre «piccola» la storia moderna, in quanto, essendo più vicina al tempo attuale, priva di stile.

66DELÉCLUZE, Salon de 1831, in «Journal des débats», 8 giugno 1831, pp. 2-4. Un esempio tra tutti è La halte des Moissonneurs dans les marais Pontins (1831, Paris, Musée du Louvre).

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19 storico”; sarà proprio in questa occasione ufficiale, infatti, che verrà introdotta per la prima volta questa nuova categoria, collocata a metà, appunto, tra genere e Storia67.

Gli artisti più rappresentativi del nuovo genere si rivelano essere Paul Delaroche e Horace Vernet, accolti con entusiasmo dal pubblico ma contestati dalla critica, che ne denota un attributo comune nella mancanza di unità. Si privilegiano, difatti, scene con individui o gruppi piuttosto che con il singolo eroe e pluralità di focalizzazioni in vece dell’unica azione centrale. Così, Delécluze rimprovera al Raffaello in Vaticano (figura VIII)68 di Vernet un

soggetto inadatto alla pittura di storia69, mentre Jal nota che l’insieme manca di coerenza e

che il grande formato nasconde un dipinto di genere: «Je crois que, réduit au huitième de

ses dimensions, ce tableau de genre serait beaucoup meilleur, serait même peut - être excellent»70.

Tuttavia, è la capacità di coinvolgere il pubblico che viene maggiormente sottolineata dai recensori dei Salons. I sentimenti e l’immedesimazione sono assicurati dall’accurata descrizione dell’epoca storica e delle varie voci dei protagonisti del dramma, pertanto un dipinto quale L’assassinio del duca di Guisa71 di Delaroche (figura IX) risulta estremamente

rappresentativo del nuovo genere, tanto da essere definito da Théophile Gautier72 come

«documento fotografico di un’epoca»73.

Le frizioni all’interno del dialogo critico divengono indice di un cambiamento in corso estremamente rilevante. L’arte tenta di uscire dall’isolamento accademico e dal giogo delle

67Si noti come, tra i riconoscimenti, viene introdotta la categoria del genre historique, oltre alle già presenti histoire, gravure, sculpture, anche per l’assegnazione della medaglia di prima e seconda classe.

Cfr. G.LAVIRON,B.GALBACIO, Le Salon de 1833, Ledoux, Paris 1833, p. 388. 681833, Paris, Musée du Louvre.

69DELÉCLUZE, Salon de 1833, in «Journal des débats», 20 marzo 1833, pp. 1-3. 70JAL, Salon de 1833. Les causeries du Louvre, Paris 1833, p. 128.

711834, Chantilly, Musée Condé.

72Pierre-Jules-Théophile Gautier (1811-1872) è letterato e critico, sostenitore del Romanticismo. Intraprende

la pratica pittorica nello studio di Louis-Edouard Rioult, allievo di David, abbandonandola tuttavia per abbracciare uno stile di vita bohémien e frequentare circoli letterari. È uno dei massimi sostenitori

dell’autonomia dell’arte, professando l’estetica de “l’arte per l’arte”, secondo cui questa non deve avere altri che la propria bellezza per essere legittimata. Con la fondazione de La Press nel 1836, vi scrive regolarmente di pittura e teatro, recensendovi inoltre i Salons tenuti sotto il regno di Luigi Filippo. Nel 1855 scrive il testo

Les Beaux-arts en Europe in merito all’Esposizione Universale e l’anno successivo diviene direttore de L’Artiste. Convinto sostenitore sia di Ingres che di Delacroix, riconoscendo loro la fondamentale qualità di

animare la partecipazione del pubblico, sarà inoltre fondamentale per la sua influenza in merito al giudizio della critica su Gustave Courbet. Cfr. URL: https://www.britannica.com/biography/Theophile-Gautier Ultima consultazione in data 5/11/2019.

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20 categorie: gli artisti subiscono la fascinazione del romanzo e delle cronache e la granitica gerarchia dei generi comincia a sgretolarsi.

2. La Fortuna dei capolavori: Anatole de La Forge ed Ernest Vinet.

Nonostante la fortuna critica, la Scena di Massacro degli Innocenti (figura 40) non riscuote altrettanto immediato favore sul mercato dell’arte. Acquistata dal banchiere Lafitte in seguito al Salon del 1824, viene successivamente restituita all’artista in cambio del

Rapimento di Rebecca (figura 59)74 . Rientrata in atelier, può pertanto tornare ad essere

esposta in occasione dell’Exposition Universelle de Paris del 1855 e ha occasione di essere nuovamente commentata dalla critica, con crescente favore75.

In merito a questa esposizione internazionale scrive Anatole de la Forge76 , in un testo

dedicato alla pittura francese contemporanea pubblicato nel 185677.

Ormai artista affermato e da anni dedito all’insegnamento, Léon Cogniet è ammirato come uno dei padri della pittura di storia contemporanea, con il merito di averle apportato maggiore prestigio78 . Nonostante il riconoscimento conferitogli, La Forge ricorda come

Cogniet non sia stato apprezzato a furor di popolo ma solo dal «public intelligent» e dalla «gens de goût», l’unico pubblico che l’artista abbia mai aspirato a conquistare79. Principia

così una lode appassionata che porta al confronto impari, secondo il giornalista, tra Cogniet e i grandi dell’arte francese contemporanea, ivi compreso il suo maestro affezionato,

741828, London, The Wallace Collection.

75Per la storia espositiva dell’opera cfr. FOUCART,FOUCART-WALTER Leon Cogniet: 1794-1880, cit., p. 50.

76Anatole-Alexandre de La Forge (1820-1892) è giornalista e politico. Scarse sono le notizie riguardanti la sua

attività di critica d’arte che, probabilmente, si esaurisce nella pubblicazione qui trattata. Dopo una breve parentesi politica, dal 1848 si dedica al giornalismo, scrivendo su L’Estafette e le Siècle articoli di stampo repubblicano. È con la Terza Repubblica, infatti, che torna a ricoprire ruoli politici, ottenendo diverse prefetture. Nel 1881 viene eletto deputato e, tra i banchi del Parlamento, siede a sinistra. Nel 1885 viene eletto vicepresidente della Camera, carica da cui si dimette nel 1888, trovandosi in disaccordo con l’Assemblea. Cfr. A.BITARD, Dictionnaire général de biographie contemporaine française et étrangère, Maurice Dreyfous Editeour, Paris 1878, p. 1178.

77LA FORGE, La peinture contemporaine, cit., pp. 303-322. Nel testo, il critico dedica capitoli monografici a

coloro che considera i più grandi artisti contemporanei in pittura: Ingres, Delacroix, Decamps, Rousseau, Scheffer, Vernet, Delaroche, Meissonnier, Troyon, Hébert, Courbet, Diaz, Bonhéur e Cogniet.

78Ivi, p. 303.

79Ibidem. Ricordiamo come anche Auguste Jal si fosse lamentato, nel 1824, dello scarso successo di pubblico

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21 Guérin80, di cui conserva le qualità senza ereditarne i difetti. Quest’ultimo è compreso nel

novero di quegli artisti, seppur estremamente noti e apprezzati sino a pochi anni addietro, mancanti del vero genio creativo e rei di subire l’influenza del pubblico nell’esecuzione delle proprie opere. Vediamo susseguirsi i nomi di David e della sua scuola, Gros, Girodet, oltre al già citato Guérin, maestri di uno stile neoclassico e di un’espressività sì romantica ma ormai surclassata dalla voglia di incisività e realismo. Sono padroni di uno stile teatrale, fatto di «turbans de femme, des tailles sous l’aiselle»81 , simboli di un’epoca scarsamente autentica, quella dell’Impero e della Restaurazione, vista ormai come conclusa e lontana. Contrariamente, Léon Cogniet possiede un vantaggio, nonché una stimabile virtù:

Léon Cogniet, leur héritier direct, a, nous le répétons, un avantage sur eux; il est plus naturel surtout plus animé. On peut quelquefois se faire l’illusion, en regardant ses personnages, de reconnaȋtre des habitants de la terre, de comprendre leurs idées, de partager leurs émotion. […] Nous défions qu’avec la meilleure volonté, on puisse oublier un instant que les êtres représentés sur leurs toiles ne soient que des composés de crayon et de couleur. Nous sommes tout disposé à reconnaȋtre le mérite de nos devanciers dans l’art, cependant l’interêt de la vérité exige que nous fassions ici abstraction de nos sympathies respecteuses, pour proclamer la supériorité du travail contemporain sur le travail des peintres qui fleurirent sous l’Empire et la Restauration.82

Egli dimostra, dunque, di saper suscitare empatia nei confronti dei personaggi che raffigura, tanto che talvolta lo spettatore rischia di dimenticare la loro vera natura di matita e colore. Coerentemente al gusto della metà del secolo, Anatole de la Forge loda la qualità nascosta della semplicità, del Bello scevro da quell’aura di grottesca magnificenza accumulata in «une

époque de décadence artistique, commencent à disparaȋtre avec les oeuvres des peintres qui nous les ont values»83 ; è ottimista nei confronti delle nuove generazioni di artisti e

letterati, capaci di portare avanti, per amore della verità, la bandiera dell’Avenir, progrés84.

80«Le meilleur des tableaux de Pierre Guérin, raprésentant Bonaparte pardonnant aux révoltés du Caire, quand on l’analyse attentivement, ne vaut pas la plus faible esquisse de Léon Cogniet.» Cfr. LA FORGE,

La peinture contemporaine, cit., p. 303.

81«L’arte dei Greci e dei Romani d’Accademia», è giudicata comunque migliore dell’arte borghese

contemporanea, tentata da innovatori incapaci di apportare contributi di qualità e tuttavia incomparabile all’arte spiritualista dei maestri contemporanei. Cfr. Ivi p. 305.

82Ibidem. 83Ivi, p. 306. 84Ibidem.

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22 A tal proposito, se il compito del critico consiste nel segnalare al pubblico quali siano le opere maggiormente meritevoli, è senza dubbio necessario citare il Tintoretto che dipinge

la figlia morta (figura 98)85, acclamato a gran voce come toccante episodio della vita del

pittore Jacopo Robusti.

La Forge subisce la fascinazione del dramma privato, messo in scena con compostezza e sobrietà, qualità da sempre stimate in Léon Cogniet: il ritratto del Tintoretto è come congelato nella luce rossastra dei paralumi e la sua vista gela il sangue nelle vene86, mentre

la giovane figlia morta illude un bagliore di vita negli occhi velati, a causa del riflesso della lampada. Marietta, avvolta nel sudario, comunica insieme fragilità e fascinazione, incontrando perfettamente il gusto dell’epoca che coglie sensualità e avvenenza in un genere di bellezza delicato e cagionevole87.

851843, Bordeaux, Musée des Beaux-Arts. Più avanti nel testo si affronterà la genesi dell’opera e si vedrà

come la tematica storica sarà decisione successiva alle prime bozze pensate da Cogniet, che vedevano raffigurato un autoritratto dell’artista anziché il Tintoretto.

Anatole de la Forge coglie l’occasione per scrivere aspre pagine in merito alla decentralizzazione delle opere d’arte. Essendo il dipinto in questione patrimonio del Musée des beaux-arts di Bordeaux, accusa il governo di Parigi di non avere uomini capaci di cogliere il valore di un’opera magistrale. Questa, insieme a molte altre di cui condivide il destino, è destinata ad arricchire i musei di provincia, mentre Parigi si lascia sfuggire le proprie creazioni accogliendo tuttavia opere di maestri internazionali. La Forge ritiene che la

centralizzazione sia fondamentale per amministrare al meglio il sistema dell’arte, nonché fondamentale nel suo luogo di appartenenza per fungere da ottimo esempio per le nuove generazioni di artisti parigini. Forte anche del ruolo di Parigi non solo come capitale francese ma europea, sede della corrente Esposizione Universale del 1855, il critico sostiene fermamente la superiorità della propria città e, di conseguenza, dell’effetto benefico e stimolante che il fervore di una capitale immancabilmente offre alla crescita artistica. La diatriba si conclude con la necessità del successo internazionale degli artisti francesi: la loro missione è tanto importante per l’amor di patria, quanto il successo dei soldati in Crimea. Cfr. LA FORGE,

La peinture contemporaine, cit., pp.309-313. 86Ivi, p. 307.

87Si vedano altri esempi quali Il seppellimento di Atala (Girodet-Trioson Anne Louis, 1808, Paris, Musée du

Louvre), Elizabeth Siddal reclinata sul cuscino (Dante Gabriel Rossetti, 1850 ca., Cambridge, Fitzwilliam Museum), Ophelia (John Everett Millais, 1851-52, London, Tate Britain), La giovane martire (Paul Delaroche, 1855, Paris, Musée du Louvre), Ritrovata annegata, (George Frederic Watts, 1850 ca., Compton, Watts Gallert). Il XIX sarà il secolo in cui la fascinazione per la morte, vista nel suo carattere più perturbante e prettamente femmineo, si affermerà con innumerevoli espressioni in tutte le arti, dalla pittura alla

letteratura. Uno studio fondamentale sul tema è il lavoro di Mario Praz, pubblicato la prima volta nel 1930; ritrovando il gusto romantico nel prèromantisme di Chateaubriand, ripercorrendone le origini nelle radici tragiche Shakespeariane e Tassiane e, azzardandosi ancor più indietro nel tempo, nel poema epico virgiliano, Praz isola la debolezza nei confronti di una «bellezza medusea» che unisce il piacere al dolore, l’orrore al fascino. Espressione dei versi conturbanti di Baudelaire, Shelley, Keats e D’Annunzio, la molle bellezza intaccata dalla malattia o dalla morte si vela di malinconia ed erotismo, incarnando l’oggetto di desiderio più ambito nell’impossibilità stessa di raggiungerlo. La purezza classica si corrompe e la carne trova la sua perfezione nel momento della morte, preludio al disfacimento, in un eterno equilibrio dicotomico tra eros e

thanatos che troverà ulteriori sfumature nei caratteri della femme fatale e della donna vampiro, passando

da “la bella morte” a “la morte bella”. Cfr. M.PRAZ, La carne la morte e il diavolo nella letteratura romantica, Sansoni, Firenze 1996, pp. 31-53.

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