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ANDAMENTO DEL PROFILO

IL CORRIDOIO E L’INGRESSO DELLA TOMBA

4. LA NECROPOLI DEL TERZO PERIODO INTERMEDIO – EPOCA TARDA

4.4. I L CORREDO DELLE TOMBE DEL T ERZO P ERIODO I NTERMEDIO INIZI E POCA T ARDA : UNA VISIONE D ’ INSIEME

4.4.2. G LI USHABTI E I LORO CONTENITOR

Durante il Terzo Periodo Intermedio è ben attestato l’uso di deporre nella tomba un set di 401 ushabti (anche se il numero completo viene raramente raggiunto) composto da 365 ushabti mummiformi e 36 rais, ossia ushabti in abito da vivente423.

Anche la maggior parte delle tombe presenti sull’area del tempio e appartenenti alla necropoli del Terzo Periodo Intermedio-inizi Epoca Tarda contiene ushabti, sia in faïence, sia in terracotta o argilla cruda, con rivestimento generalmente azzurro a imitazione della faïence, privi di iscrizioni o dettagli dipinti. Ritrovati anche in superficie e, in alcuni casi, nel riempimento dei camini, segnale quindi di una violazione della tomba, spesso si rinvengono in situ, in gruppi compatti, che mantengono la forma quadrangolare del loro originario contenitore. Quest’ultimo si preserva solo in traccia, ma talvolta rimangono resti di stucco o di colore.

Non verrà qui presentata una dettagliata descrizione e tipologia degli ushabti rinvenuti, il cui studio è ancora in corso, ma si farà riferimento a quella proposta da Aston, semplificata rispetto ad altre, ma utile a livello cronologico ai fini di questo lavoro424.

Gli ushabti in faïence presenti nelle tombe analizzate possono essere ricondotti ai tipi di Aston D-E e G, comuni nel Terzo Periodo Intermedio425. In generale si può notare che gli ushabti in faïence rinvenuti in queste tombe hanno un’invetriatura azzurro chiaro, un particolare che li colloca in un periodo posteriore all’850 a.C.426.

Gli ushabti in terra cruda o cotta, con rivestimento blu-azzurro ad imitazione della faïence, sono assimilabili al tipo K, che compare alla fine del X-inizi IX secolo a.C., continua fino alla

420 Il riconoscimento di elementi lignei all’interno delle tombe sull’area del tempio è resa difficile a causa delle

condizioni di giacitura: l’umidità e la presenza di termiti, infatti, hanno completamente obliterato i supporti lignei, permettendo solo raramente la conservazione dello stucco o la lettura in traccia della decorazione originale.

421 A

STON D. A. 2000, parzialmente ripreso inASTON D. A. 2009, pp. 299-302.

422 A

STON D. A. 2000, pp. 163 e sgg.

423

ASTON D. A. 1994, p. 21; ASTON D. A. 2009, p. 356.

424

ASTON D. A. 2009, pp. 356-364. Una tipizzazione più fine, d’altra parte, sarebbe resa difficile dal fatto che la maggior parte degli ushabti considerati non presenta dettagli dipinti o particolarmente definiti, data la scarsa qualità.

425 A

STON D. A. 2009, pp. 357-363.

426

fine del Terzo Periodo Intermedio e non sembra più attestato dopo il VI secolo a.C.427. Questo

tipo è presente praticamente in tutte le tombe analizzate, tranne L9, che ha solo ushabti in faïence.

Le tombe L9 e di L9b, inoltre, sono le uniche ad avere anche i cosiddetti rais, cioè degli ushabti in abito da vivente, noti dal tardo Nuovo Regno agli inizi del VII secolo a.C.428.

Nella tomba H13 erano ben distinte due scatole, una con ushabti in faïence di tipo G e una di terra cruda di tipo K. La mancanza di resti antropologici impedisce però di ricondurre la diversità di materiale al sesso dei defunti, faïence per l’uomo e argilla cruda per la donna, come da alcuni ipotizzato429. Gli ushabti di tipo G di H13, unici tra quelli in faïence delle tombe analizzate, presentano la barba, elemento caratteristico della XXV-XXVI dinastia, presente anche su alcuni di tipo K da L13 e M12.

Il fatto che gli ushabti si rinvengano spesso in gruppi compatti consente di ipotizzare la presenza di contenitori, visibili solo grazie alle deboli tracce lasciate nel deposito. Le dimensioni di queste tracce e il numero di circa 200 ushabti per gruppo430 rimandano ai tipi VII e VIII di Aston431 (24-34x10-20 cm, per un’altezza di 15-30 cm). Purtroppo non è mai possibile stabilire

la forma dei lati corti e del coperchio, o definire i dettagli dell’apparato decorativo, elementi necessari per un’attribuzione ad un tipo specifico432. Solo nel caso di una delle scatole della tomba L13, sul coperchio erano ancora visibili le tracce di una barca in navigazione dipinta in rosso su fondo bianco, elemento ricorrente sui tipi VIIb-c e VIII433. L’aspetto del frammento

conservato farebbe preferire un tipo con coperchio piatto, riconducibile quindi al tipo VII, che compare attorno al 900 a.C., si afferma nella XXII dinastia e continua, con le varianti più tarde, fino agli inizi dell’Epoca Saita. L’uso delle cassette si esaurisce nella seconda metà del VII secolo a.C.434.

Il numero di due scatole di ushabti per tomba, ritenuto standard dalla XXI dinastia anche laddove sia presente più di una sepoltura435, si riscontra solo nelle tombe B6, C6 e H13, mentre

nelle altre se ne conta un numero più elevato, fino ad arrivare alle sei scatole della tomba L13.

427 ASTON D. A. 2003, p. 33; ASTON D. A. 2009, pp. 363-364; SCHREIBER 2008, p. 59. 428 A STON D. A. 2009, p. 356. 429 ASTON D. A. 2009, p. 396. 430 ASTON D. A. 2009, p. 374. 431 A

STON D. A. 1994; ASTON D. A. 2009, pp. 369-373; MARINI 2012, pp. 110-116.

432 Per le cassette di L9 si potrebbe proporre un tipo VIIa perché restano tracce consistenti di stucco bianco, ma

nessuna traccia di colore cfr. ASTON D. A. 1994, p. 33; ASTON D. A. 2009, p. 371, fig. 47: la scatola di Nakhefmut E era di tipo VIIa, e conteneva 190 ushabti di tipo K con 10 in abito da vivente.

433 A STON D. A. 1994, p. 34. 434 A STON D. A. 1994, p. 32; ASTON D. A. 2009, pp. 372-373. 435 ASTON D. A. 2009, p. 374.

4.4.3. G

LI AMULETI

Tra gli elementi di corredo individuati nelle tombe di questo periodo figurano gli scarabei alati tripartiti e i geni funerari in faïence, che insieme alle perline tubolari e cilindriche, costituivano le reticelle funerarie collocate direttamente sulla mummia o tra le bende, a garantire la protezione del defunto. Gli esemplari rinvenuti sull’area del tempio di Amenhotep II non si trovano mai nella loro posizione originaria, sul corpo del defunto, ma la maggior parte di essi, anche laddove rinvenuti nella camera, è totalmente decontestualizzata.

La variabilità di forme riscontrabili per i geni funerari e gli scarabei è notevole, anche all’interno di un unico set, e la loro utilità per la datazione deve essere precisata dall’esame complessivo dei contesti di rinvenimento436.

La loro presenza in alcune delle tombe analizzate consente di ipotizzare l’esistenza di una reticella funeraria riconducibile al tipo A di Silvano437, che copriva il defunto dalle spalle alle caviglie, con amuleti separati realizzati in faïence e attaccati alla reticella.

La datazione proposta da Silvano, che colloca i primi esemplari di reticella nella XXI-XXII dinastia è stata recentemente rivista da Aston, che ritiene che l’uso delle reticelle non possa considerevolmente predatare il 750 a.C.438. Questa datazione è confermata anche da Teeter, che suggerisce che gli scarabei tripartiti appaiano per la prima volta nella XXV dinastia439. Essi costituiranno poi una caratteristica delle sepolture di Epoca Tarda, per continuare fino all’Epoca Tolemaica440.

Se per le tombe B6 e C6 la presenza di una reticella funeraria è solo ipotizzabile per il rinvenimento di numerose perline, solo nella tomba L13 sono stati trovati gli amuleti che ad essa erano associati. Questi esemplari si inquadrano nella XXV-XXVI dinastia441, datazione attribuibile anche agli scarabei.

Le tombe L9 e L9b presentano invece piccoli amuleti di varie forme e materiali, che, in base ai confronti effettuati, possono essere datati alla XXII dinastia.

436 TEETER 2003, p. 123. 437 S

ILVANO 1980; ASTON D. A. 2009, pp. 291-293. Recentemente J. Budka ha proposto una classificazione dei geni

funerari in faïence rinvenuti nell’Asasif, che prevede 8 tipi, solo alcuni dei quali però sembrano presentare una qualche valenza cronologica. La maggior parte si inquadra infatti genericamente tra la tarda XXV e la XXVI, con probabili sopravvivenze fino ad Epoca Tolemaica; il tipo 2 si inquadra nella XXX dinastia-Epoca Tolemaica, come i tipi 7 e 8.

438

SILVANO 1980, pp. 83-84, fig. 1; ma anche IKRAM, DODSON 1998, p. 145.

439

TEETER 2003, p. 135.Si veda anche BUDKA 2010a, pp. 250-259, che li data dalla metà della XXV dinastia e fino all’Epoca Tolemaica.

440 T

AYLOR 2001, p. 207.

441

4.4.4. L

A CERAMICA

Come più volte sottolineato, l’attribuzione della ceramica di questo periodo alle fasi di utilizzo delle camere funerarie è problematica. Nei casi in cui la stratigrafia è meglio leggibile, infatti, appare evidente che il riempimento è costituito da materiale proveniente dalla superficie, il cui rapporto con le sepolture non è definibile con certezza. L’analisi della ceramica rinvenuta ha consentito comunque di isolare, sia su base tipologica che stratigrafica, un esiguo gruppo di vasi che dovevano essere parte dei corredi. Talvolta, ad esempio per le tombe B6 e C6, alcuni dei vasi presenti nei riempimenti potrebbero invece essere stati associati alla parte cultuale, posta in superficie, di cui però non si conserva in questi specifici casi alcuna traccia.

L’esigua quantità di vasi riferibili alle sepolture di questa fase riflette e conferma quel fenomeno di drastica riduzione della ceramica nei corredi a partire dall’XI secolo a.C., già rilevata in area tebana e osservata anche per le tombe del contiguo Ramesseum. Sembra poi possibile registrare una ripresa già durante la XXV dinastia, sebbene i contesti noti non consentono sempre di affermarlo con certezza442.

Nonostante il campione analizzato sia piuttosto esiguo, tale ipotesi sembra verificata anche per le tombe qui presentate. Le tombe L9 e L9b, che sono le più antiche e le cui camere funerarie sono state rinvenute più o meno intatte, sigillate da un potente deposito di crollo del soffitto, non contenevano, infatti, alcuna ceramica di corredo. Solo per le tombe C6 e H13, databili alla tarda XXV-inizi XXVI dinastia, la presenza all’interno della camera di vasi rinvenuti integri o quasi è sicura.

Il corpus delle ceramiche associate alle tombe, anche se ridotto, data alla metà dell’VIII-VII secolo a.C. Le forme individuate sembrano infatti ascrivibili soprattutto alla fase IIIS di Aston, corrispondente alle fasi 2 e 3a individuate nell’Asasif da J. Budka443, ossia a un periodo che copre la XXV dinastia e arriva alla XXVI dinastia.

Sono presenti produzioni in argilla limosa (Nile B2 o più raramente C1 e D1) e in marl A4, var. 2, fabric caratteristica di questo periodo.

Tra le forme aperte sono presenti scodelle troncoconiche con base sporgente in Nile B2 e scodelle carenate in marl A4, 2. Tra le forme chiuse in Nile riconosciamo vasi ovoidali con piccole anse all’orlo o vasi ovoidali allungati con collo cilindrico e wash rosso. Su alcuni

442 A

STON D. A. 1996a, p. 50; ASTON 2009, pp. 317, 348; BUDKA 2010b, pp. 31-32.

443 A

STON D. A. 1996a, pp. 58, 72-77; BUDKA 2010a, pp. 209-213, fig. 78-79, ha recentemente proposto delle

precisazioni alla periodizzazione di Aston, in base alla scansione cronologica dell’Asasif. Si riportano le coincidenze tra le fasi di Aston e quelle dell’Asasif:

Aston II: XXII-XXIII dinastia (950-740/730 a.C.) = Asasif - fase 1; Aston IIIS iniziale: XXV dinastia (750/730-660 a.C.) = Asasif - fase 2; Aston IIIS finale-IV (660-550/525 a.C.) = Asasif - fase 3a.

recipienti è poi presente la decorazione a bande bianche irregolari. Tra i vasi in marl ritroviamo le cosiddette squat jar, ma anche vasi ovoidi con corpo tornito e orli complessi.

Il repertorio ceramico rinvenuto nelle tombe non solo è ridotto per quantità e varietà, ma spesso coincide con quello che si ritrova nei depositi di mummificazione444. Ciò potrebbe costituire un riflesso dell’affievolirsi, in questo periodo, della distinzione tra culto del defunto e culto dei templi, che comporta, soprattutto a partire dal 700 a.C., a una progressiva assimilazione della ceramica funeraria a quella cultuale. Il focus dell’intero corredo non è più quindi sul mantenimento del defunto, ma sul suo “corpo” e sulla sua assimilazione con Osiride445.

Si può osservare a questo proposito che una parte consistente della ceramica associata al momento più avanzato della necropoli di questo periodo (dalla fine della XXV dinastia) proviene dai depositi di mummificazione presenti sull’area del tempio, non presi in considerazione in questo studio. Questi dovevano rivestire una funzione sicuramente rilevante nell’ambito della ritualità funeraria dell’epoca. La loro deposizione, con diverse modalità e in diversi punti dell’area, rimarca la centralità del corpo del defunto, anche attraverso la conservazione delle sostanze venute con lui in contatto durante la mummificazione.

4.5. C

ONCLUSIONI

I dati raccolti e presentati, anche se riguardano solo un terzo delle ventiquattro tombe che compongono la necropoli di questa fase, hanno comunque consentito di avanzare alcune conclusioni sui corredi funerari e sul repertorio ceramico ad esse associato. Uno sguardo complessivo consente quindi di formulare alcune considerazioni generali sull’evoluzione della necropoli.

Per quel che riguarda le tombe poste nel cortile del tempio, sembra confermata l’ipotesi avanzata nella premessa a questo capitolo. Le tombe L9 e L9b possono essere considerate le più antiche tra quelle esaminate e sicuramente quelle a cui si associa anche la prima fase della struttura complessa collocata in superficie. Si potrebbe supporre che un’originale cappella tripartita preceduta da una stanza trasversale e da un pilone, forse assimilabile a quella di tipo Thebes II di Aston, sia stata progressivamente ampliata, con l’aggiunta di un cortile e di un nuovo pilone, sfruttando la rampa del tempio, probabilmente, per l’accesso446. Nel cortile, infatti, troviamo le tombe H13 e L13, databili probabilmente alla fine della XXV-inizi XXVI dinastia.

444 Nonostante molte delle forme siano presenti anche negli insediamenti e quindi la loro funzione di contenitori di

beni per il defunto non può essere esclusa. BUDKA 2010a, pp. 388-389, pp. 476-477; BUDKA 2010b, p. 37. Cfr. anche LECUYOT 1996, p. 159.

445 B

UDKA 2010b, p. 25.

446 Anche la rampa del tempio presentava diverse fasi di riutilizzo, una delle quali associabile a frammenti ceramici

Le tombe B6 e C6, forse già da porsi nella XXVI dinastia, occupano invece l’area poco a nord del muro di cinta sud, dove altre cappelle, alcune coeve, sono presenti sia a sud che a cavallo del muro stesso.

La presenza, nei riempimenti di ben tre tombe collocate nel cortile (L9-H9 e L13), di tavole d’offerta in pietra si ricollega sicuramente alla parte cultuale, presente in superficie. Tali oggetti potevano essere in uso durante l’epoca in cui erano attive le tombe, ma dal momento che, come vedremo, è la ceramica di Epoca Tolemaica a fornire i maggiori indicatori di pratiche cultuali, non si esclude potessero essere utilizzate anche in epoca successiva. In ogni caso sembra che proprio l’area centrale del tempio si caratterizzi per una forte vocazione rituale.