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La ceramica dalle tombe nell’area del Tempio di Amenhotep II, Tebe Ovest. Un approccio contestuale.

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

Dottorato di Ricerca in Storia, Orientalistica e Storia delle Arti

Tesi di Dottorato di Ricerca in Orientalistica: Egittologia

ciclo XXVI

CODICE SSD: L/OR-02 Egittologia e Civiltà Copta

La ceramica dalle tombe

nell’area del Tempio di Amenhotep II, Tebe Ovest.

Un approccio contestuale.

Candidata

Anna Consonni

Tutori

Prof.ssa Marilina Betrò

Dott.ssa Maria Cristina Guidotti

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(5)

Ringraziamenti

Questa ricerca è stata possibile in primo luogo grazie alla disponibilità del dott. Angelo Sesana, direttore della Missione Archeologica sull’area del Tempio di Amenhotep II, che ringrazio non solo per avermi affidato con fiducia lo studio dei materiali ceramici dello scavo da lui condotto, ma anche per avermi riportato all’Egittologia, restituendomi l’entusiasmo perduto.

Provo una particolare riconoscenza nei confronti della prof.ssa Marilina Betrò, che, accettando di essere mio tutor, ha guidato con interesse costante la mia ricerca, spingendomi oltre i miei iniziali obiettivi e accordandomi sempre disponibilità e consigli preziosi.

Grazie alla dott.ssa Maria Cristina Guidotti, che, con la sua decennale esperienza nello studio della ceramica egiziana, ha saputo ascoltarmi e ha condiviso il mio entusiasmo, frenandolo quando necessario.

Ringrazio il Dipartimento di Scienze Storiche del Mondo Antico dell’Università di Pisa, nella persona del prof. Pier Giorgio Borbone, per aver contribuito alla mia partecipazione alle missioni di scavo in Egitto.

Grazie ai colleghi dello scavo, in particolare agli amici Franco Giani ed Elio Negri, che in certi momenti sono stati anche più decisi di me nel perseguire questo obiettivo. Grazie a Maria Luisa Mesiano e Maurizio Cavaciocchi, amici insostituibili, che con costante entusiasmo mi hanno supportato nella catalogazione dei materiali. Questa ricerca sarebbe stata impossibile senza l’accurata documentazione archeologica eseguita sul campo da Giovanna Bellandi, Claudio Busi, Lorenzo Castellano, Enrico Croce, Francesco Longhi, Silvia Tomasini, Federica Ugliano. Grazie anche a chi, anche solo per poco, ha incrociato la mia strada: Stefano Benazzi, Angelo Cecchi, Vanessa Panzani, Alice Sbriglio, e molti altri che ringrazio implicitamente.

Un grazie lo devo in particolare a Lucia Zito e Mimosa Ravaglia, che hanno lavorato ininterrottamente, sopportando le mie continue richieste e fornendomi indispensabili disegni.

Grazie a tutti gli specialisti che ho incontrato in questi anni, disposti a condividere con me i risultati dei loro studi e a darmi utili suggerimenti, in particolare al dott. Christian Leblanc, al dott. Ernst Czerny, al dott. Guy Lecuyot, alla prof.ssa Morella Massa e al prof. Gabor Schreiber.

Ringrazio la dott.ssa D. Craig Patch, curatore del Department of Egyptian Art del Metropolitan Museum of Art di New York, per avermi concesso di visionare parte della documentazione degli scavi Winlock e Lansing nell’Asasif. Ringrazio la dott.ssa C. Roehrig e la dott.ssa M. Stefanova per l’aiuto che mi hanno dato durante la mia permanenza presso il museo.

Grazie alla dott.ssa Federica Facchetti, al dott. Paolo Marini e al dott. Emanuele Casini, amici e colleghi, che mi hanno accolto con disponibilità e hanno reso speciale questa esperienza.

Grazie alla dott.ssa Raffaella Poggiani Keller, già Soprintendente della Soprintendenza Archeologica della Lombardia, che mi ha permesso concretamente di svolgere questa ricerca.

Un grazie particolare alla mia famiglia, a papà e ad Andrea, che come sempre mi hanno sostenuto e spronato a loro modo, anche quando è stato più difficile.

Infine un grazie al dott. Tommaso Quirino, diventato anche lui un po’ egittologo per stare al mio fianco in questa avventura e del cui aiuto, ancora una volta, non avrei potuto fare a meno.

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(7)

INDICE

p. 1

INTRODUZIONE p. 5

CAPITOLO 1. IL TEMPIO DI MILIONI DI ANNI DI AMENHOTEP II E LE SUE NECROPOLI p. 9

1.1. IL TEMPIO p. 10

1.2. LE NECROPOLI p. 11

1.3. METODOLOGIA DI RACCOLTA DEI DATI E DOCUMENTAZIONE DEI CONTESTI p. 15

CAPITOLO 2. LA CLASSIFICAZIONE DELLA CERAMICA p. 35

2.1. IL CODICE IDENTIFICATIVO DEI REPERTI p. 36

2.2. CRITERI DI CLASSIFICAZIONE E TERMINOLOGIA p. 37

2.2.1. FORME APERTE p. 39

2.2.2. FORME CHIUSE p. 39

2.2.3. NOMENCLATURE TRADIZIONALI p. 45

2.3. LA CLASSIFICAZIONE DEGLI IMPASTI E DELLE PRODUZIONI: FABRICS E WARES p. 46

2.3.1. CLASSIFICAZIONE DEGLI IMPASTI p. 46

2.3.2. MODELLAZIONE E TRATTAMENTO DELLE SUPERFICI p. 50

2.4. LA SCHEDATURA DEL MATERIALE – IL CATALOGO INFORMATIZZATO p. 51

CAPITOLO 3. LA NECROPOLI DEL MEDIO REGNO-INIZI NUOVO REGNO p. 53

3.1. LA TOMBA A17 p. 53

3.1.1. STRUTTURA E STRATIGRAFIA p. 53

3.1.2. LE FASI CRONOLOGICHE E L’USO DEGLI SPAZI: SEPOLTURE E RITI p. 55

3.1.2.1. FASE 1 p. 56

Camera E p. 56

Camera F p. 63

Camera D: la ceramica come indicatore delle pratiche rituali in onore del defunto p. 66

Il corridoio e l’ingresso della tomba p. 70

3.1.2.2. FASE 2 p. 71

3.1.3. L’USO DELLA TOMBA A17 p. 74

3.2. LA TOMBA F23 p. 75

3.2.1. STRUTTURA E STRATIGRAFIA p. 75

3.2.2. IL SARCOFAGO p. 76

3.2.3. LA CERAMICA p. 77

(8)

CAPITOLO 4. LA NECROPOLI DEL TERZO PERIODO INTERMEDIO – EPOCA TARDA p. 121

4.1. PREMESSA METODOLOGICA: QUAL ERA L’ORIGINARIA COLLOCAZIONE DELLA CERAMICA? p. 123

4.2. AREA DEL CORTILE DEL TEMPIO p. 125

4.2.1. TOMBE L9 E H9 p. 125

4.2.1.1. STRUTTURA E STRATIGRAFIA p. 125

4.2.1.2. SEPOLTURE ED ELEMENTI DI CORREDO p. 127

4.2.1.3. LA CERAMICA p. 130

4.2.1.4. DATAZIONE p. 130

4.2.2. TOMBA L9b p. 130

4.2.2.1. STRUTTURA E S STRATIGRAFIA p. 130

4.2.2.2. SEPOLTURE ED ELEMENTI DI CORREDO p. 131

4.2.2.3. LA CERAMICA p. 132

4.2.2.4. DATAZIONE p. 132

4.2.3. TOMBA H13 p. 132

4.2.3.1. STRUTTURA E STRATIGRAFIA p. 132

4.2.3.2. SEPOLTURE ED ELEMENTI DI CORREDO p. 133

4.2.3.3. LA CERAMICA p. 134

4.2.3.4. DATAZIONE p. 135

4.2.4. TOMBA L13 p. 135

4.2.4.1. STRUTTURA E STRATIGRAFIA p. 135

4.2.4.2. SEPOLTURE ED ELEMENTI DI CORREDO p. 136

4.2.4.3. LA CERAMICA p. 138

4.2.4.4. DATAZIONE p. 139

4.2.5. TOMBA M12 p. 139

4.2.5.1. STRUTTURA E STRATIGRAFIA p. 139

4.2.5.2. SEPOLTURE ED ELEMENTI DI CORREDO p. 140

4.2.5.3. LA CERAMICA p. 140

4.2.5.4. DATAZIONE p. 140

4.3. AREA SUD-OVEST p. 140

4.3.1. TOMBA B6 p. 141

4.3.1.1. STRUTTURA E STRATIGRAFIA p. 141

4.3.1.2. SEPOLTURE ED ELEMENTI DI CORREDO p. 141

4.3.1.3. LA CERAMICA p. 142

(9)

4.3.2. TOMBA C6 p. 144

4.3.2.1. STRUTTURA E STRATIGRAFIA p. 144

4.3.2.2. SEPOLTURE ED ELEMENTI DI CORREDO p. 144

4.3.2.3. LA CERAMICA p. 145

4.3.2.4. DATAZIONE p. 146

4.4. IL CORREDO DELLE TOMBE DEL TERZO PERIODO INTERMEDIO-INIZI EPOCA TARDA: UNA

VISIONE D’INSIEME p. 147

4.4.1. I VASI CANOPI E I LORO CONTENITORI p. 147

4.4.2. GLI USHABTI E I LORO CONTENITORI p. 149

4.4.3. GLI AMULETI p. 151

4.4.4. LA CERAMICA p. 152

4.5. CONCLUSIONI p. 153

CAPITOLO 5. LA PRESENZA TOLEMAICA SULL’AREA DEL TEMPIO DI AMENHOTEP II: INDIZI

PER UNA RICOSTRUZIONE p. 189

5.1. LA CERAMICA RINVENUTA IN SUPERFICIE: UN QUADRO DELLA DISTRIBUZIONE p. 190

5.2. IL DEPOSITO DI VASI NEL QUADRATO L9 p. 191

5.2.1. I VASI AL DI SOPRA DELLA STUOIA: DEPOSITO RITUALE O OFFERTA FUNERARIA? p. 191 5.2.2. IL DEPOSITO AL DI SOTTO DELLA STUOIA: QUALI CONFRONTI? p.194 5.3. I VASI SOPRA IL POZZO C6: UN DEPOSITO DI MUMMIFICAZIONE? p.199 5.4. LA CERAMICA TOLEMAICA DEI RIEMPIMENTI: I TIPI RINVENUTI E LA LORO FUNZIONE p.203

5.4.1. LE FORME APERTE p. 203

5.4.1.1. PIATTI CON ORLO ARROTONDATO A SPIGOLO INTERNO p.203

5.4.1.2. CIOTOLE A VASCA TRONCOCONICA E BREVE LABBRO VERTICALE p.204

5.4.1.3. SCODELLE A VASCA TRONCOCONICA SU PIEDE A TACCO p.204

5.4.1.4. SCODELLE A VASCA EMISFERICA p.204

5.4.1.5. SCODELLE A LABBRO INTROFLESSO p.204

5.4.1.6. SCODELLE CARENATE CON PARETE DIRITTA O LEGGERMENTE INTROFLESSA p.205

5.4.1.7. SCODELLE CARENATE CON LABBRO ESTROFLESSO p.205

5.4.1.8. BICCHIERE CON DUE BECCUCCI SU PIEDE AD ANELLO p.205

5.4.2. LE FORME CHIUSE p. 207

5.4.2.1. PICCOLI VASI A CORPO OVOIDALE/CARENATO CON LABBRO ESTROFLESSO p.207

5.4.2.2. BROCCHE A CORPO PIRIFORME O OVOIDALE p.207

5.4.2.3. COOKING POTS p.208

5.4.2.4. VASI A CORPO OVOIDALE E BREVE COLLO p.209 5.4.2.5. VASI A CORPO OVOIDALE CON QUATTRO ANSE p.209

(10)

5.4.2.6. GIARE p.210 5.4.2.7. CRATERI p.211 5.4.2.8. ANFORE p.211 5.4.2.9. ANFOROTTI p.212 5.4.3. NON CONTENITORI p. 212 5.4.3.1. LUCERNE p.212

5.4.4. VASI MINIATURISTICI E MODELLI DI VASO p. 213

5.4.4.1. CIOTOLE CARENATE SU FONDO PIATTO p.213

5.4.4.2. CALICI/INCENSIERI p.213

5.4.4.3. SITULE p.214

5.4.4.4. UNGUENTARI p.214

5.4.4.5. HYDRIA p.214

5.5. ALCUNE CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE p. 215

CONCLUSIONI p. 257

Appendice I p. 261

Appendice II: I marchi sui vasi p. 269

CATALOGO p. 273 Deposito in L9 p. 275 Tomba A17 p. 281 Tomba B6 p. 361 Tomba C6 p. 365 Tomba F23 p. 379 Tomba H13 p. 385 Tomba L9 p. 389 Tomba L9b p. 399 Tomba L13 p. 407 Tomba M12 p. 445 TAVOLE p. 451 ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE p. 519 BIBLIOGRAFIA p. 521

(11)

INTRODUZIONE

... The act of burial provides archaeologists with a variety of potential information about past funerary practices and their social contexts…

(PARKER PEARSON 2009, p. 5)

Il Tempio di Milioni di Anni di Amenhotep II si trova immediatamente a nord del Ramesseum, sulla riva occidentale del Nilo a Luxor, parte dell’antica Tebe.

Dopo gli scavi di W.M.F. Petrie alla fine del 1800, le ricerche sull’area sono riprese nel 1997 sotto la direzione del dott. Angelo Sesana, con l’équipe del Centro di Egittologia Francesco Ballerini – Como (CEFB).

Le nuove ricerche si sono focalizzate, in un primo momento, sulla struttura templare, per approfondire e completare l’indagine archeologica, con lo scopo principale di proporre un’ipotesi ricostruttiva della pianta e dell’alzato del tempio basata su strutture, contesti o altri elementi ancora esistenti sul terreno e non ancora messi in luce dal sommario intervento di Petrie.

In anni più recenti, a partire dal 2007, lo scavo si è invece concentrato principalmente sulla vasta necropoli che occupava l’area prima della costruzione del tempio e dopo il suo abbandono, a partire dal Medio Regno e fino almeno all’Epoca Tolemaica.

La quantità di materiali rinvenuti nel corso di quindici anni di ricerche è notevole. Si tratta di blocchi di arenaria e calcare, frammenti di statue, tutti appartenenti alle originarie strutture del tempio, nonché stele, ostraka, statuine di legno e terracotta, vasi canopi, ushabti, amuleti, frammenti di sarcofago e altri elementi di corredo provenienti dalle tombe.

La ceramica è, come spesso succede in uno scavo archeologico e non solo in contesto egiziano, il materiale rappresentato in quantità maggiore. Essa non solo copre un arco cronologico molto ampio, riferibile a tutte le fasi di uso e riuso della struttura templare e della necropoli, fino alle frequentazioni di epoca moderna, ma rispecchia tutte le attività, domestiche, economiche, rituali e funerarie, praticate nell’area in esame.

Oggetto di questa ricerca è la ceramica proveniente dai contesti funerari individuati sull’area del tempio. Questi materiali offrono il vantaggio, a differenza di quelli rinvenuti in superficie, di provenire da strutture d’estensione limitata, completamente scavate o il cui scavo, anche se non concluso, ha fornito informazioni utili a proporne un inquadramento sufficientemente completo ed esaustivo1.

1 A partire dal 2008 mi sono occupata in prima persona dell’archiviazione di tutti i materiali rinvenuti durante gli

(12)

Il primo obiettivo che ci si è proposti è quello di offrire una base per lo studio diacronico della necropoli attraverso l’ausilio della ceramica, che costituisce una guida indispensabile laddove, come spesso accade, altri materiali finemente databili non siano presenti o risultino mal conservati2.

Dal momento che le tombe qui analizzate sono ancora del tutto inedite e oggetto solo di brevi comunicazioni preliminari, si è innanzi tutto dovuto procedere al riesame della documentazione di scavo, per una preliminare valutazione e selezione dei contesti più interessanti dal punto di vista della quantità e qualità dei materiali rinvenuti, nonché dello stato di conservazione e delle condizioni di giacitura degli stessi. La scelta è ricaduta sulla tomba a corridoio A17, sulla tomba in nicchia F23 e sulle tombe a pozzo B6, C6, L9, L9b, L13, H13 e M12, che hanno restituito materiali attribuiti già in corso di scavo a periodi distinti (al Medio Regno i primi due, al Terzo Periodo Intermedio gli altri), offrendo quindi un ampio panorama sulle differenti produzioni ceramiche e sulle loro associazioni. Nella trattazione generale e conclusiva dei risultati si farà comunque riferimento, ove necessario, anche ad altri contesti non inseriti in questo lavoro, per fornire un quadro complessivo della necropoli.

Una volta individuati i contesti, si è proceduto a raccogliere, organizzare e rivedere (dove questo non fosse stato ancora fatto) la documentazione di scavo ad essi relativa, che comprende il rilievo delle strutture, il posizionamento di reperti significativi, dei corpi in connessione anatomica e degli elementi di corredo, ove rinvenuti.

La messa a punto della documentazione di scavo rappresenta il primo passo per uno studio che, attraverso la definizione tipologica e cronologica delle ceramiche rinvenute e integrando tali dati con quelli ricavabili dagli altri materiali, nonché dalle sepolture, permetta di analizzare i contesti nella loro interezza e complessità3. Ogni tomba selezionata verrà quindi presentata brevemente dal punto di vista archeologico e se ne analizzeranno i materiali, in particolare la ceramica, per definirne fasi di utilizzo, riuso o saccheggio (use life)4 e per collocarla nell’evoluzione storica dell’intera necropoli presente sull’area del tempio, a sua volta parte della più vasta necropoli tebana.

Per ognuna delle fasi cronologiche individuate si presenterà quindi complessivamente la ceramica caratteristica.

Per poter interpretare il passato sulla base dei dati archeologici è necessario sviluppare una teoria della cultura materiale, di cui i materiali amovibili formano un sottoinsieme, a sua volta

2

A causa della natura del deposito archeologico sull’area del tempio, i materiali deperibili, come sarcofagi, stele lignee o altro, non si sono conservati, se non eccezionalmente o in condizioni di forte degrado.

3 R

OSE 2003, pp. 202-209.

4

(13)

parte del sistema culturale5. Alla base analitica della ricerca si pone tradizionalmente la classificazione, fondamento teorico per lo studio dei materiali e quindi anche della ceramica e strumento indispensabile per usare i dati formalizzati per analisi tipologiche, cronologiche e funzionali6. Una riflessione particolare è stata quindi avviata sul problema dei criteri di classificazione da adottare per l’organizzazione del materiale ceramico e per la definizione delle forme e della composizione del corpo ceramico (fabric analysis)7

.

Per l’analisi morfologica si è preferito, a un sistema classificatorio basato esclusivamente su formule matematiche e codici8, un metodo ampiamente utilizzato nella letteratura egittologica9 e che trova un buon riscontro con quello da me applicato anche in altri ambiti di ricerca, basato su alcuni indici matematici che anticipano e definiscono una terminologia intesa in modo convenzionale. I termini usati, infatti, sono in parte desunti dalla presunta funzionalità, elemento che non può non essere implicitamente presente in qualsiasi nome moderno adottato, in parte dalla tradizione o dalla geometria dei solidi. Tale metodo permette un’immediata visualizzazione e identificazione dell’oggetto, anche a chi non conosca le norme classificatorie10. La classificazione sistematica degli impasti ceramici, descritti sul campo secondo criteri autoptici formalizzati da chi scrive nel corso delle ricerche e riferiti in modo specifico al materiale esaminato, viene, ove possibile, ricondotta poi allo schema definito dal Vienna System e dalle sue estensioni11.

Nel corso della ricerca è stato implementato un database specifico dedicato alla ceramica, con l’inserimento di tutti i materiali in corso di studio, classificati secondo le norme elaborate. Il materiale, schedato in forma cartacea durante le campagne di scavo, viene infatti preliminarmente inserito in un database con i dati di localizzazione e una sommaria descrizione. Lo studio dei materiali proposto per questa ricerca ha invece previsto la realizzazione di uno strumento specifico dedicato alla ceramica, in cui sono a disposizione sia una descrizione unitaria del pezzo, sia le informazioni analitiche riguardanti le singole componenti morfologiche, gli elementi decorativi, l’impasto (valutazione di colore, durezza, inclusi, secondo le classificazioni in uso) e il trattamento delle superfici, oltre alle indicazioni dimensionali. Ogni

5 P OLZ 1987, p. 124. 6 S EILER 2005, pp. 21-22. 7 ASTON D. A. 1996a, p. 2. 8 HOLTHOER 1977, pp. 70-177; TRAUNECKER 1981, pp. 49-77. 9 A

RNOLD DO. 1988, pp. 135-136; ASTON D. A. 1996a, pp. 11-14; ASTON D. A. 1999, pp. 9-14.

10 G

UIDOTTI 1991, pp. 65-67, Quadro Sinottico A e B; WODZINSKA 2009b, pp. 4-6.

11

(14)

scheda presenta una bibliografia di confronto e, al suo interno, è possibile visualizzare la riproduzione grafica o fotografica dell’oggetto, ove presenti12.

I molteplici approcci che consente lo studio della ceramica, intesa come parte del “linguaggio della cultura materiale”13, e, più in generale, lo studio del complesso di materiali rinvenuti nelle tombe, sono ormai anche in ambito egittologico universalmente sfruttati14.

Nel caso specifico qui studiato, la ceramica fornisce un indicatore insostituibile per ricostruire il record completo di tutte le attività compiute nella tomba15. Ogni vaso, infatti, è utilizzato per una funzione che può essere ipotizzata in base a criteri formali (capacità), a criteri tecnologici (materiale, tecniche di lavorazione e finitura) e alle tracce d’uso16. La ceramica rinvenuta nelle tombe risponde a due esigenze fondamentali: quella propriamente funeraria e quella cultuale17. I vasi dei due gruppi non solo possono caratterizzarsi per una posizione diversa all’interno della tomba, i primi posti nella camera funeraria come parte del corredo, gli altri depositati nelle aree adibite al culto, ma spesso hanno anche caratteristiche morfologiche e tecnologiche differenti. La definizione di questi due gruppi, non può però prescindere dal luogo di ritrovamento, per non avere un valore solo ipotetico18. Anche laddove il contesto appaia molto disturbato, lo studio tipologico e delle tracce d’uso, associato con quello spaziale e stratigrafico, potrà fornire molte informazioni in tal senso, anche grazie alla varietà e quantità di profili ceramici ricostruibili e spesso recuperati nell’originario contesto di deposizione.

A conclusione del lavoro si offriranno per la prima volta gli strumenti essenziali a delineare un quadro completo della necropoli presente sull’area del tempio di Amenhotep II, nel suo sviluppo complessivo e per ogni periodo individuato: una base di partenza che apre molteplici scenari per ricostruire un ritratto culturale della necropoli, vista come “scena contestuale della ritualità funeraria e della religione della morte”19.

12 Sono state inserite nel database anche schede sintetiche degli altri materiali rinvenuti nelle tombe, per una

consultazione complessiva e coordinata dei materiali dai contesti in esame.

13

ORTON, TYERS, VINCE 1993, p. 227.

14

ORTON, TYERS, VINCE 1993, pp. 23-35; RICE 2005 (1987), p. 168; SEILER 2005, pp. 23 e sgg.; BUDKA 2011, p. 192: questo materiale può essere sfruttato, oltre che per considerazioni cronologiche, per interpretazioni di natura sociale e religiosa, nonché per lo studio della cultura materiale nella sua più ampia accezione.

15 ROSE 2003, p. 202. 16 RICE 2005 (1987), pp. 210-242. 17 S EILER 2005, pp. 46-52. 18 B UDKA 2010a, p. 374. 19 BUDKA 2010a, p. 23.

(15)

1. IL TEMPIO DI MILIONI DI ANNI DI AMENHOTEP II E LE

SUE NECROPOLI

Il Tempio di Milioni di Anni (Hw.t n.t HH.w m rnp.wt) di Amenhotep II20 si trova immediatamente a nord del muro di cinta del ben più imponente tempio di Ramesse II noto con il nome di Ramesseum21 (fig. 1). Questo tempio rivestiva, come altri costruiti dai faraoni del Nuovo Regno sulla riva occidentale del Nilo di fronte alla moderna Luxor (da quello di Sethi I a nord a quello di Ramesse III a sud), una peculiare funzione legata alla divinizzazione del re non solo dopo la morte, ma già in vita. I Templi di Milioni di Anni22 erano infatti memoriali con funzione liturgica, oltre che centri economici e amministrativi di grande rilevanza, e avevano lo scopo di rendere eterno e di glorificare il sovrano costruttore e le sue imprese, in connessione con una divinità, nel caso di Tebe Amon-Ra.

Le prime ricerche sul sito, per quanto non sistematiche, sono state condotte da W.M.F. Petrie23 nel 1896. Con una campagna breve ma molto intensa, l’archeologo inglese riuscì a mettere in luce alcune strutture e a tracciare una prima pianta del tempio (fig. 2), accertandone l’appartenenza ad Amenhotep II grazie al ritrovamento di depositi di fondazione a suo nome. Propose inoltre una ricostruzione della storia della struttura, per la quale ipotizzava un primo importante riuso e trasformazione all’epoca di Amenhotep III e quindi il riutilizzo come necropoli nel Terzo Periodo Intermedio24 durante la XXII-XXIII dinastia, con probabili riusi anche in Epoca Saita25.

Dopo gli scavi di Petrie il sito sembra essere stato abbandonato, attraversato addirittura da un largo sentiero che permetteva agli abitanti del villaggio sulle pendici di Sheikh ʽAbd el-Gurna di approvvigionarsi di acqua e altro nelle zone coltivate (fig. 3).

20 Per Amenhotep II e il suo regno: DER MANUELIAN 1987. Per il tempio: PM II2, pp. 429-431; DER MANUELIAN

1987, p. 264; LEBLANC 2010a, pp. 26-27. Per i risultati delle ricerche più recenti: SESANA 2001/2002, 2002, 2003, 2004, 2005, 2007, 2008, 2009 2010, 2013b; QUIRINO, NEGRI, SESANA 2010. Il nome generalmente accettato per il

tempio è Ssp.t anx. In due tombe tebane di contemporanei di Amenhotep II risulta attestato il nome Iab Ax.t, che potrebbe riferirsi anch’esso al tempio: NIEDZIÓLKA 1995.

21 LEBLANC 2010b, con ampia bibliografia e aggiornamenti sulle recenti ricerche.

22 A tali templi, attestati dalla XIII alla XXII dinastia tra il Delta e la Nubia, indicati anche con i nomi di templi

“funerari”, o “memoriali”, è riservata un’ampia bibliografia. Si veda per esempio: LEBLANC 2010a, con riferimenti

bibliografici aggiornati sui singoli templi, nel volume Les temples de millions d’années et le pouvoir royal à Thèbes

au Nouvel Empire; STADELMANN in LÄ VI, col. 693-711; HAENY 1994 e 2005; HARING 1997; ULLMANN 2002.

23 PETRIE 1897, pp. 4-6.

24 Si considereranno qui come limiti cronologici del Terzo Periodo Intermedio 1076-664 a.C., comprendendo quindi

le dinastie XXI-XXV. Con Epoca Tarda si indica il periodo dall’ascesa al trono di Psammetico I alla fine della XXX dinastia. Cfr. ASTON D. A. 2009, p. 37.

25 PETRIE 1897, p. 6, pl. XXIII: indica in pianta solo tre tombe all’interno della struttura in mattoni crudi che occupa

il cortile del tempio e riferisce del ritrovamento solo di poche perle e di una statuetta di bronzo di regina, oggi datata alla XXV dinastia. Cfr. PM I, 2, p. 678 (statuetta della XXV dinastia rinvenuta in una tomba attribuita alla XXIII dinastia); ASTON D. A. 2003, p. 139; ASTON D. A. 2009, p. 247.

(16)

Le ricerche sull’area sono riprese nel 1997 e continuano ancora oggi sotto la direzione del dott. Angelo Sesana. L’obiettivo primario della missione è quello di completare l’indagine archeologica e riportare alla luce quanto resta del tempio, esplorato da Petrie solo parzialmente26. Il programma di restauri, da tempo avviati, permetterà inoltre non solo di consolidare e conservare al meglio le strutture rinvenute, ma di rendere quest’area e la sua complessa storia comprensibili e fruibili ad eventuali visitatori.

Lo scavo sistematico dei livelli archeologici, condotto fino ad arrivare al livello sterile, ha inoltre consentito di scoprire e indagare tombe precedentemente non individuate e accertare che l’uso dell’area cominciò ben prima della costruzione del tempio, per continuare fino probabilmente all’Epoca Copta.

1.1. I

L TEMPIO

Il tempio, dell’estensione complessiva di circa 90 m di larghezza per almeno 110 m di lunghezza, era circondato da un muro di mattoni crudi dello spessore di circa 4,25 m. Il corpo principale era preceduto sicuramente da un pilone, sempre di mattoni crudi, di cui si sono trovate poche ma significative tracce. I dati di scavo, inoltre, non fanno escludere che fosse presente anche un primo pilone, posto in corrispondenza dei campi attualmente coltivati, e le cui tracce sono state con ogni probabilità obliterate dalle inondazioni (fig. 4)27.

Un sistema di rampe, delle quali solo quella centrale è ancora ben conservata, conduceva all’interno del cortile colonnato. Questo era circondato da un muro di cinta in mattoni crudi (dello spessore di 90 cm circa), che includeva anche il santuario, e da un muro in grossi blocchi di arenaria originariamente decorati. Il cortile era cinto da un colonnato, con colonne poligonali disposte su due file nei lati est, nord e sud e forse su tre file nel lato ovest. Delle colonne rimangono solo le basi, le pietre di fondazione (sia di calcare che di arenaria) o semplici tracce circolari in negativo nel terreno compatto. Dal cortile colonnato si accedeva a una sala ipostila, dotata probabilmente di due file di cinque colonne e affiancata da una serie di ambienti più piccoli, e quindi al santuario. Tutti questi ambienti, conservati solo al livello delle fondamenta, erano costruiti interamente in arenaria. L’accesso alla sala ipostila è tutt’ora marcato da una enorme soglia di calcare, nota già a Petrie.

26 La ripresa della scavo ha permesso di rilevare, solo per fare un esempio, che il cortile colonnato, contrariamente a

quanto sostenuto da Petrie, non era dotato di una sola fila di colonne, ma di due (se non, su un solo lato, addirittura tre).

27 All’interno dell’area di scavo alcuni lacerti di struttura muraria in mattoni crudi fanno ipotizzare che il muro di

cinta lungo il lato sud del tempio proseguisse verso est anche oltre l’allineamento dell’unico pilone effettivamente rilevato. Nella campagna 2008-2009 è stato effettuato un sondaggio con mezzo meccanico nella zona antistante il tempio, a contatto con i campi coltivati, che tuttavia ha dato esito negativo.

(17)

Annesse al tempio si trovano numerose strutture di mattoni crudi, rinvenute in pessimo stato di conservazione e ancora in corso di scavo sul lato sud, e quasi completamente obliterate da interventi moderni sul lato nord. Tra queste, sono stati individuati probabilmente i resti di una scuola, di cucine e di altri ambienti di natura produttiva, il cui uso continuò anche in un periodo seguente all’epoca di Amenhotep II. Poche sono le tracce degli alzati: i frammenti di rilievi figurati, di rocchi di colonne e di soffitti dipinti con motivo a cielo stellato sono in corso di studio, per cercare di ricostruire quello che doveva essere un raffinato apparato decorativo.

La struttura così descritta ha subito certamente delle modifiche da parte di Thutmosi IV e di Amenhotep III. Gli interventi attuati da quest’ultimo furono sicuramente più imponenti, come dimostrano i cospicui ritrovamenti di oggetti con il nome del faraone, alcuni dei quali lasciano pensare a un utilizzo dell’area sud del tempio come scuola e atelier produttivo. Petrie supponeva che il tempio fosse stato in questa fase destinato a Sitamon, figlia di Amenhotep III, di cui è stato rinvenuto un rilievo28.

Certamente prima dell’abbandono di Tebe da parte di Amenhotep IV29 l’area è stata sottoposta a ulteriori trasformazioni. Le strutture collocate nella zona ovest, oltre il muro di cinta, provano infatti che le attività continuarono all’epoca di questo faraone, il cui nome è presente anche su un mattone crudo in un muro dell’area sud30.

La costruzione del Ramesseum agli inizi della XIX dinastia ha certamente contribuito allo smantellamento della parte interna del tempio di Amenhotep II, poiché molti blocchi in arenaria del sito si trovano riutilizzati nelle strutture del tempio di Ramesse II e nella rampa di accesso del tempio-mammisi di Twy, madre del faraone. L’uso del tempio come cava di materiale è continuato anche successivamente e blocchi a nome del faraone sono stati rinvenuti a Medinet-Habu31 e nell’Asasif32.

1.2. L

E NECROPOLI

Oggetto di questa ricerca sono principalmente i materiali ceramici rinvenuti nei contesti funerari individuati all’interno di tutta l’area indagata. Questa, collocata ai piedi della montagna tebana al confine con la valle del Nilo, appartiene a una più vasta area di sepolture che, passando per il Ramesseum, si estende verso sud anche oltre il tempio di Thutmosi IV e, a nord, fino al tempio di Thutmosi III.

28 PETRIE 1897, p. 6.

29 PETRIE 1897, p. 6, pl. III, 24, menziona il ritrovamento di un sigillo di ceramica risalente a questo periodo. 30 Per i mattoni con stampigli sull’area di Amenhotep II si veda SESANA 2013a. Per strutture attribuite a questo

periodo nell’area del Ramesseum: KALOS et alii 1996; DE SAINTILAN 2000. Si veda anche: MARTINEZ 2004;

LEBLANC 2010a, pp. 30-31.

31 HÖLSCHER 1939, pl. 23.

(18)

L’occupazione funeraria nell’area del tempio di Amenhotep II presenta due macro-fasi: Medio Regno-inizi Nuovo Regno e Terzo Periodo Intermedio-Epoca Tarda, con tracce di frequentazione anche in Epoca Tolemaica.

Se la necropoli del Terzo Periodo Intermedio era già nota a seguito delle ricerche di Petrie, la scoperta di tombe e altre strutture databili tra il Medio Regno e gli inizi del Nuovo Regno33 costituisce invece una novità per quest’area, benché sepolture di quest’epoca siano note nelle aree confinanti.

Risalgono a questo periodo due tombe (fig. 5), denominate D2134 e A1735, delle quali solo quest’ultima è completamente indagata e verrà presa in considerazione in questo studio. Si tratta di tombe precedute da una breve rampa discendente che si conclude in un piccolo cortile, sulla parete di fondo del quale è tagliato l’ingresso. Da qui inizia un corridoio (per D21 lungo ben 12 m) che, nel caso di A17, si conclude in una stanza trasversale, la quale a sua volta permette di accedere alle due camere funerarie. Le due tombe, che hanno una prima fase di utilizzo attribuibile agli inizi del Medio Regno, hanno subito diversi riusi tra l’avanzato Medio Regno e la tarda XVII dinastia-inizi Nuovo Regno, a ridosso del momento della fondazione del tempio. Durante questo arco di tempo, inoltre, l’area del primo cortile viene utilizzata per peculiari sepolture in nicchia, tra cui verrà qui esaminata quella di un neonato sepolto in un sarcofago di terracotta (fig. 5, tomba F23)36.

La possibilità di analizzare complessivamente il deposito archeologico e i corredi di queste sepolture, ben preservati e documentati nel dettaglio, rappresenta un elemento di grande rilevanza per lo studio della ceramica di questo periodo in area tebana. Ancora oggi, infatti, si lamenta la scarsità di scavi sistematici e di pubblicazioni esaustive e ragionate, che, insieme alla quasi totale mancanza di contesti chiusi, rendono difficile l’analisi dei materiali e la loro attribuzione a gruppi funzionali37. Infatti, nonostante tombe del Medio Regno siano note su una vasta area che da el-Tarif a nord arriva fino a Qurnet Muraʽi a sud38, i materiali restano per lo più inediti e i contesti, spesso soggetti a molteplici riutilizzi, sono noti solo parzialmente39.

33 SESANA 2010, pp. 74-75: tra queste strutture preesistenti ricordiamo i resti di muri in mattoni con lo stampiglio di

un personaggio chiamato Nfr iw, ancora oggi di difficile identificazione, o quelli di due cappelle funerarie, distrutte al momento della costruzione del cortile colonnato, che conservano ancora il livello di crollo ricco di frammenti di intonaco decorato. PETRIE 1897, p. 4, pl. XXIII, aveva già rilevato la presenza di strutture con orientamento differente da quelle appartenenti al tempio, attribuendole a cappelle funerarie ad esso precedenti.

34 Per informazioni preliminari sulla tomba D21: SESANA 2007, p. 36, fig. 32; SESANA 2013b, pp. 328-329. 35 CONSONNI, SESANA in corso di stampa.

36 SESANA, CONSONNI 2014. 37 SEILER 2012a, p. 299.

38 SEIDLMAYER 1990, pp. 69-105, per una visione d’insieme e la cronologia delle diverse necropoli; ARNOLD DO.

1991; Polz in POLZ et alii 2012, pp. 115-118 per i risultati complessivi, illustrati con ampia bibliografia, degli scavi

a Draʽ Abu el-Naga per il periodo tra gli inizi del Medio Regno e gli inizi del Nuovo Regno.

(19)

L’area del tempio di Amenhotep II, in particolare, si inserisce, con alcune sue specificità che verranno in seguito chiarite, all’interno della necropoli presente anche nell’area del Ramessum, dove tombe del Medio Regno, a pozzo o a corridoio, sono state individuate già a partire dalla fine del 1800 nella parte nord-ovest dei magazzini40. Gli scavi recenti nel Ramesseum hanno inoltre consentito di portare alla luce nell’area del dromos nord altre tombe del tardo Medio Regno, dotate in superficie di una cappella, a cui è annesso un pozzo rettangolare che conduce alle camere funerarie41. Sempre in quest’area sono state infine individuate in diverse zone tombe datate al Secondo Periodo Intermedio e agli inizi del Nuovo Regno, anche caratterizzate da peculiari sistemi di deposizione42.

Durante il Terzo Periodo Intermedio e probabilmente agli inizi dell’Epoca Tarda, tutta l’area del tempio di Amenhotep II venne nuovamente adibita a necropoli: attualmente sono stati indagati ventiquattro pozzi funerari con camere ipogee inquadrabili in questa fase (fig. 6). Molti di essi sono già stati violati in antico o, in alcuni casi, indagati da Petrie, ma restituiscono ancora resti degli originari corredi.

La necropoli di questa fase rappresenta ancora una volta un’estensione verso nord di quella del Ramesseum, che tra la XXII e la XXV-XXVI dinastia è stato occupato da una delle più alte concentrazioni di tombe in area tebana43. Dopo gli scavi di Quibell, che aveva esaminato circa 200 tombe di cui solo tre non saccheggiate44, anche la missione franco-egiziana attualmente attiva sull’area ha approfondito l’indagine in settori prima non esplorati. La necropoli occupa sia gli spazi interni alla cinta del tempio, compreso il santuario e i magazzini, sia l’esterno del complesso, soprattutto al limite ovest del dromos di sfingi e a nord (ovvero immediatamente a ovest e sud del tempio di Amenhotep II)45.

In questo periodo le tombe nell’area del tempio di Amenhotep II presentano una sovrastruttura destinata al culto realizzata in mattoni crudi e una parte sotterranea con camere accessibili attraverso un pozzo verticale. Non per tutte le tombe individuate è però possibile

40 QUIBELL 1898a, pp. 3-5, pl. III, VI-IX: si tratta di cinque tombe databili alla XII-XIII dinastia individuate nel

settore nord-ovest degli annessi, tra cui la più importante è quella di Sehetepibra, datata alla prima metà della XII dinastia, con le pareti dell’ingresso decorate da pitture; SEIDLMAYER 1990, p. 103; NELSON 2003, p. 88.

41 LOYRETTE, NASR, BASSIOUNI 1993/1994; NELSON, KALOS 2000.

42 LEBLANC 2003, pp. 35-36, pl. II; LEBLANC 2004, pp. 25-27, pl. IB-II;LEBLANC 2005, p. 24, pl. III B; LEBLANC

2006, pp. 26-27, pl. IB; LEBLANC 2007, p. 30; NELSON 2006; JANOT 2008.

43 PM I, 2, pp. 679-681; NELSON 2003; ASTON D. A. 2009, pp. 237-247. Per la datazione della necropoli fino alla

XXV-XXVI dinastia e il problema della datazione troppo alta di alcuni contesti cfr. ASTON D. A. 2003. p. 139; BUDKA 2010a, pp. 166, 185; LECUYOT 2012, pp. 104-106, per le tombe nell’area del santuario. La necropoli si

estende ben oltre i limiti del tempio di Ramesse II: EIGNER 1984, abb. 2.

44 QUIBELL 1898a, p. 9.

45 GUICHARD, KALOS 2000: si tratta di due tombe. CRB 07 si trova nell’area della corte della cosiddetta Cappella

della Regina Bianca. APN 6 si sovrappone invece a una tomba più antica e di orientamento leggermente diverso, indagata sul tempio di Amenhotep II (tomba A6), che presenta un pilone debordante, una corte e una cappella con una o più camere, da cui si accedeva ai pozzi funerari. Per la ceramica e gli altri materiali di queste due tombe del Ramesseum è stata proposta una datazione al VII-VI secolo a.C.: cfr. BUDKA 2010a, pp. 166, 185.

(20)

ricostruire la parte cultuale, a causa del forte degrado o della completa asportazione, o perché originariamente non presente.

La parte ipogea, i cui materiali verranno presi in considerazione in questo studio, è costituita da un pozzo verticale quadrangolare scavato nella montagna per una profondità variabile dai 2 ai 6 m circa, la cui parte sommitale, tagliata nei livelli di crollo del tempio, è spesso consolidata con mattoni crudi. Dal pozzo si accede a una o due camere di piccole dimensioni e forma irregolare, anch’esse scavate nel substrato roccioso o nella sabbia compatta, il cui ingresso è generalmente chiuso da un muro in mattoni crudi.

In alcuni casi i pozzi sono scavati all’interno di una cappella con copertura probabilmente a volta, accessibile da un cortile con pilone. Ritengo che tali strutture possano essere attribuite al tipo Thebes II di Aston, senza però la nicchia frontale. Strutture simili sono state riconosciute nel Ramesseum, ma sono presenti anche in altre zone della necropoli tebana (fig. 7)46.

Le tombe che hanno occupato il cortile del tempio sono invece racchiuse in un’imponente struttura in mattoni crudi dotata di due piloni, con cappelle nella parte posteriore, precedute da una corte allungata a cui si accede da un vasto cortile, a sua volta occupato da tombe. Tale struttura può essere ricondotta, seppur con sue specifiche peculiarità, alla tomba indicata da Aston come Thebes IV47, che presenta appunto un cortile chiuso da un pilone, dal quale si accede a una seconda corte stretta o a una camera a volta e quindi a una cappella tripartita, con un pozzo in ognuna delle camere. Si tratta di uno schema architettonico presente nel settore nord del Ramesseum (fig. 8)48 e ben noto in area tebana tra la fine dell’VIII e gli inizi del VII secolo a.C., ad esempio nell’area del tempio di Thutmosi IV, dove la tomba del visir Nebnetjeru/tomba di Khonsuirdis costituisce un confronto molto pertinente49 (fig. 9). Altri esempi sono noti a Qurnet Muraʽi50 e a Medinet Habu51. Attraverso lo studio dei materiali si cercherà di proporre una ricostruzione dello sviluppo dell’occupazione funeraria nell’area del cortile, in relazione con la probabile evoluzione di questa complessa struttura.

In alcuni casi i pozzi sono stati invece scavati all’interno degli ambienti in mattoni crudi posti a sud del tempio, riusati in questa fase a scopo funerario52. In altri casi non è possibile ricostruire con sicurezza la planimetria delle cappelle, benché sicuramente esistenti, poiché conservate solo

46 ASTON D. A. 2009, pp. 411-412, Thebes II, figg. 58-59; NELSON 2003, pp. 92-93, fig. 4, 6, tipo 1. 47 ASTON D. A. 2009, p. 412, Thebes IV, fig. 60.

48 NELSON 2003, pp. 92-93, tipo 3.GUICHARD, KALOS 2000; ASTON D. A. 2009, p. 412, fig. 60, a, Thebes IV;

BUDKA 2010a, p. 170. Altre tombe anche a sud-ovest del Ramesseum: ANTHES 1943, pp. 1-3, 17-49, abb. 15;

EIGNER 1984, abb. 9, p. 91; ASTON D. A. 2009, pp. 248-252.

49 PETRIE 1897, p. 18; BRESCIANI 1980, pp. 1-4, fig. 1: pone Nebnetjeru nella XXII dinastia, con riusi successivi

della struttura datati alla XXV-XXVI dinastia e in Epoca Tolemaica; EIGNER 1984, p. 36, fig. 10. Per la datazione di Nebnetjeru alla prima metà dell’VIII secolo a.C. si veda ASTON D. A. 2003, p. 140 e ASTON D. A. 2009, p. 247.

50 CASTEL, MEEKS 1980, pp. 34-39; ASTON D. A. 2009, pp. 251-252.

51 HÖLSCHER 1951, pp. 22-25, fig. 26, pl. 42; ASTON D. A. 2009, pp. 267-268. 52 Si veda ad esempio il pozzo in A11.

(21)

per piccoli lacerti. Infine, alcuni pozzi non sembrano avere alcuna struttura annessa in superficie, o perché non esistente in origine o perché completamente obliterata53.

Dopo un nuovo periodo di abbandono, l’area del tempio di Amenhotep II viene nuovamente rioccupata in Epoca Tolemaica: tre giare collocate nello stretto spazio tra due muri all’interno di quello che fu il cortile colonnato54 e una grande quantità di ceramica rinvenuta nei riempimenti di alcune tombe del Terzo Periodo Intermedio lo provano in modo indiscutibile. Nell’area del Ramesseum, al contrario, attestazioni risalenti a quest’epoca sono ad oggi scarse55: un tesoretto di monete nel muro nord56 e alcune ceramiche provenienti dall’area del santuario57. Purtroppo manca, al momento, la possibilità di associare i materiali rinvenuti a specifiche strutture, che potrebbero essere state in uso in questo momento e consentirebbero di comprendere meglio la natura di questa frequentazione. Si cercherà quindi, attraverso lo studio dei materiali, presentati per la prima volta in modo complessivo in questa sede, di proporre alcune prove a sostegno dell’ipotesi che anche in questo periodo il tempio fosse occupato a scopo funerario.

Le ultime testimonianze di frequentazione dell’area in antico, anche se piuttosto scarse, risalgono ad Epoca Copta, quando il Ramesseum ospitava un piccolo luogo di culto, cappella o oratorio, nella sala delle litanie e nella sala delle barche58. Ceramiche di questo periodo sono presenti anche nei livelli superficiali del tempio e nei livelli più alti dei riempimenti delle tombe.

1.3. M

ETODOLOGIA DI RACCOLTA DEI DATI E DOCUMENTAZIONE DEI CONTESTI

Le tombe presenti sull’area del tempio di Amenhotep II sono state preliminarmente assegnate, in base a osservazioni stratigrafiche e a una prima analisi dei materiali effettuata al momento dello scavo, a fasi cronologicamente anteriori (Medio Regno-inizi Nuovo Regno) o posteriori (dal Terzo Periodo Intermedio) alla costruzione del tempio.

Il riesame della documentazione di scavo ha consentito di selezionare i contesti che, in base alla quantità e qualità dei materiali rinvenuti (non solo ceramiche), nonché allo stato di

53 Si vedano, ad esempio, i pozzi in B22 ed E22, che forse potevano essere dotati di sovrastrutture collegate ai resti

del pilone.

54 SESANA 2007, pp. 40-43; VELDMEIJER 2011, per le scarpe rinvenute all’interno di una delle giare.

55 L’occupazione del Ramesseum in Epoca Tolemaica viene ricondotta per lo più all’uso dell’edificio come cava.

DESROCHES NOBLECOURT et alii 1976, pp. 178-180: solo alcuni elementi, tra cui un frammento di stele di un uomo chiamato Petosiris, fanno pensare alla presenza di tombe povere.

56 QUIBELL 1898a, pp. 13-14. Le monete sono datate tra l’epoca Tolomeo II Filadelfo e quella di Tolomeo V Epifane

(285-180 a.C.).

57 LECUYOT 2012, pp. 106-107. Durante la campagna 2013 ceramiche tolemaiche sono state rinvenute anche

all’interno del Palazzo Reale (comunicazione personale Chr. Leblanc).

58 LECUYOT 2000a; LEBLANC 2012, p. 33: una necropoli di Epoca Copto-Bizantina è stata individuata nel settore

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conservazione e alle condizioni di giacitura degli stessi, potessero fornire informazioni utili alla ricerca.

TOMBE ANTERIORI A1759; D21; F23

TOMBE POSTERIORI α14; A6; A11; B6; B7; B22; C3; C6; C8; C18; E22; F10; G9; G11;

G23; H11; H13; L09; L09b; L13; M10; M12; Q13; R11

Tab. 1. Le tombe presenti sull’area del tempio contenenti ceramica; solo quelle in grassetto verranno considerate in questo studio.

La scelta è ricaduta sulla tomba a corridoio A17 e sulla tomba in nicchia F23, perché il loro scavo è concluso e i materiali rinvenuti permettono di presentare in modo articolato la produzione ceramica di questo primo periodo d’uso della necropoli.

Tra le tombe posteriori B6, C6, H13, L9, L9b, L13 e M12 sono contesti che, anche se molto disturbati, hanno restituito oltre alla ceramica, materiale utile ad inquadrare tutte le fasi di frequentazione.

Alle tombe si aggiungeranno alcune osservazioni su contesti di superficie, necessari a chiarire o meglio definire alcune considerazioni emerse dallo studio dei materiali degli ipogei.

Una volta individuati i contesti, è stata esaminata tutta la ricca ed eterogenea documentazione di scavo ad essi relativa, con l’obiettivo di avere a disposizione il quadro archeologico completo dei contesti studiati, premessa indispensabile all’analisi dei materiali.

Tale documentazione comprende:

- schede di tomba, che riportano le principali informazioni sulle caratteristiche dimensionali, sul tipo di riempimento presente nel pozzo e nella camera e sullo stato di giacitura dei reperti (fig. 10);

- quaderni di scavo con annotazioni e osservazioni; - fotoraddrizzamenti di contesti particolari (fig. 11)60; - planimetrie cartacee tradizionali (fig. 12);

- posizionamenti di reperti significativi; - fotografie di scavo.

59 I codici identificativi di tombe e pozzi funerari fanno riferimento al quadrato in cui essi si trovano, all’interno

della quadrettatura che suddivide l’area di scavo in aree di 5x5 m. Se nello stesso quadrato sono state individuate più tombe, vengono distinte con una lettera minuscola dell’alfabeto.

60 I rilievi delle strutture murarie complesse, dei resti umani in connessione anatomica e di particolari contesti di

scavo, vengono effettuati tramite fotoraddrizzamento e fotomosaico, una metodologia che consente di unire la precisione del disegno archeologico alla velocità di realizzazione. L’oggetto del rilievo viene documentato con una o più riprese fotografiche zenitali; i singoli scatti, importati in uno specifico software, vengono raddrizzati, ovvero privati delle leggere distorsioni dell’immagine che inevitabilmente produce l’obiettivo della macchina fotografica, e ricomposti a formare un vero e proprio mosaico. Infine le immagini ottenute vengono opportunamente georeferenziate nel progetto GIS e vettorializzate per la realizzazione della planimetria finale.

(23)

Le informazioni raccolte sono state inserite nel sistema informativo dello scavo61. Esso si compone di un database relazionale62, che raccoglie i dati alfanumerici riferibili sia ai contesti archeologici sia ai materiali rinvenuti, e di un GIS (Geographic Information System), che comprende i dati spaziali relativi sia alle strutture pertinenti al tempio sia a quelle relative ai contesti funerari.

La raccolta dei dati sul campo da parte dei responsabili delle aree di scavo avviene attraverso schede cartacee appositamente studiate, basate su standard italiani e adattate al contesto archeologico egiziano. Successivamente, in fase di post-scavo, le schede vengono riportate in formato digitale e inserite nel database, in cui confluiscono le informazioni relative ai reperti, provenienti sia dai livelli pertinenti al tempio sia dalle tombe, e le informazioni relative alle strutture e alle unità stratigrafiche.

La documentazione di scavo delle strutture considerate in questa ricerca è stata rivista e completata da parte di chi scrive. Si è proceduto alla vettorializzazione delle planimetrie utili allo studio, al posizionamento dei reperti, sia sotto forma di punti, sia, qualora fossero disponibili fotoraddrizzamenti, sotto forma di poligoni, realizzando vere e proprie planimetrie di dettaglio63. Il procedimento, naturalmente, non si è limitato ai soli reperti ceramici, che pure costituiscono la maggiore quantità dei rinvenimenti e sono l’oggetto specifico di questo lavoro, ma ha compreso, ove presenti, anche le altre categorie di reperti, nonché le sepolture, in modo da avere la possibilità di analizzare i contesti nella loro interezza e complessità (fig. 13-14).

I reperti catalogati sul campo vengono inseriti in un primo tempo nel database complessivo dei materiali (fig. 15), in cui vengono registrati l’area di provenienza, il materiale, le dimensioni e una breve descrizione. Per questa ricerca è stato però creato un nuovo database appositamente dedicato alla ceramica, che verrà presentato nel capitolo successivo, in cui i dati sono stati ampliati e strutturati in modo funzionale a questa ricerca (fig. 16).

Il GIS64 del Tempio di Milioni di Anni di Amenhotep II rappresenta poi il supporto grafico e visivo per ogni categoria di dati. In esso sono raccolte le informazioni spaziali delle entità individuate nel database, debitamente collegate ai dati alfanumerici in esso contenuti. Le funzionalità analitiche proprie di questo strumento verranno sfruttate in questo studio per l’analisi spaziale dei reperti. Questi, infatti, sono sempre e opportunamente associati all’area e

61 Il progetto GIS è a cura del dott. T. Quirino:QUIRINO, NEGRI, SESANA 2010.

62 Il database relazionale per la gestione dei dati di scavo, creato con Microsoft AccessTM, è stato anch’esso

implementato da T. Quirino.

63 Nelle planimetrie si indicherà il nord geografico, anche se, per semplicità, nella descrizione si farà riferimento al

nord considerato in relazione al corso del Nilo.

64 Attualmente questo strumento è applicato con buoni risultati anche in numerosi progetti di ricerca in ambito

egittologico, legati sia al territorio, sia a singoli scavi. Si veda per l’area tebana QUIRINO, NEGRI, SESANA 2010; PIMPAUD 2012.

(24)

allo strato in cui sono stati rinvenuti, e, in alcuni casi, presentano un posizionamento a tre coordinate65. I reperti catalogati possono così essere filtrati e visualizzati in base ai valori e agli attributi registrati nella relativa scheda, mentre per tutti gli altri, di cui è stata registrata solo la quantità per quadrato, è possibile proporre carte di distribuzione e di densità.

Merita infine alcune precisazioni il metodo utilizzato nello scavo. Nell’indagine delle tombe si sono applicati infatti i principi metodologici propri dello scavo stratigrafico66, ma con alcuni accorgimenti particolari adottati nei singoli contesti. In particolare, in alcuni casi, come ad esempio lo scavo dei pozzi funerari del Terzo Periodo Intermedio e del corridoio della tomba A17, non è stato applicato un sistema di scavo stratigrafico strictu sensu67, ma si è preferito uno scavo per macro-livelli con posizionamento dei materiali significativi e dei singoli frammenti ceramici. Sono state comunque documentate sezioni di dettaglio per evidenziare le peculiarità dei diversi riempimenti.

65 Tali reperti sono indicati come Reperti Rilevati (RR) e presentano un numero progressivo assegnato in corso di

scavo, ricondotto successivamente al numero di catalogo.

66 HARRIS 1990 (1987). 67 POLZ 1987, p. 127.

(25)

Fig. 1. Il Tempio di Milioni di Anni di Amenhotep II a nord del Ramesseum, visto da ovest (© CEFB).

Fig. 2. Pianta del tempio di Amenhotep II dopo gli scavi di Petrie (PETRIE 1897, pl. XXIII).

Fig. 3. L’area del tempio prima della ripresa degli scavi (© CEFB).

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Fig. 4. Pianta del tempio. In verde la posizione delle tombe (rilievo F. Longhi, E. Negri, T. Quirino – CEFB).

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Fig. 5. Localizzazione delle tombe del Medio Regno-inizi Nuovo Regno (elaborazione A. Consonni, T. Quirino – CEFB).

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Fig. 6. Le tombe del Terzo Periodo Intermedio-Epoca Tarda. In rosso i depositi di mummificazione databili a questa fase (elaborazione A. Consonni, T. Quirino – CEFB).

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Fig. 7. Tombe di tipo Thebes II (ASTON 2009, fig. 58).

Fig. 8. La concessione funeraria APN6 nella via processionale nord del Ramesseum si sovrappone alla cappella della tomba A6 nell’area del tempio di

Amenhotep II. In basso la sua ricostruzione

(modificato da GUICHARD, KALOS 2000, fig. 7 e 12).

Fig. 9. Tomba di Nebnetjeru/Khonsuirdis (BRESCIANI 1980, fig. 1).

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Fig. 10. Scheda della tomba B7 (© CEFB).

Fig. 11. Fotopiano del deposito di vasi al di sopra dell’imboccatura del pozzo C6, in corso di scavo (foto T. Quirino © CEFB).

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Fig. 12. Planimetria tradizionale della camera alla base del pozzo in L9

(rilievo S. Tomasini, L. Castellano - © CEFB).

Fig. 13. Rilievo digitale della camera alla base del pozzo L9

(digitalizzazione A. Consonni - © CEFB).

A17.13.134

Fig. 14. Planimetria digitalizzata della camera E della tomba A17. Oltre ai corpi in connessione anatomica sono stati posizionati i materiali di corredo, sotto forma di punti o poligoni. Le etichette indicano il numero di inventario. I colori indicano i diversi livelli di rinvenimento. A ognuno dei codici è associata, nel database, la scheda corrispondente, con

disegno e fotografia del reperto

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Fig. 15. Il database dei reperti catalogati (© CEFB).

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2. LA CLASSIFICAZIONE DELLA CERAMICA

La ceramica rappresenta uno strumento insostituibile della ricerca archeologica. Non solo, infatti, fornisce informazioni indispensabili per la datazione dei contesti da cui proviene, ma, grazie a una versatilità che ne ha consentito l’impiego nelle più svariate attività, permette di approfondire diversi aspetti delle culture antiche: tecnologia, economia, commerci, vita quotidiana. Quella proveniente dalle necropoli, in particolare, fornisce informazioni rilevanti sulle pratiche funerarie e sui rituali connessi alla sepoltura68.

Le ricerche ormai più che decennali sull’area del tempio di Amenhotep II hanno restituito una grande quantità di vasi interi o in frammenti, che, insieme alle altre categorie di reperti, alle strutture rinvenute e alle loro trasformazioni, contribuiscono a definire il quadro di una storia complessa e di una frequentazione intensa e cronologicamente estesa.

Nell’ambito di questa ricerca si è operata una scelta, prediligendo quei contesti e quei materiali che potessero fornire dati utili allo studio delle necropoli presenti sull’area, oggetto specifico dell’analisi qui proposta.

Quella che verrà presentata non è quindi, se non in alcuni casi, la totalità della ceramica rinvenuta nelle tombe analizzate, ma un’ampia selezione di pezzi diagnostici, che vuole essere il più possibile completa. Si presuppone, infatti, che la scelta dei reperti e la loro documentazione abbiano un’ampiezza tale da poter fornire gli strumenti utili a rispondere alle domande alla base di questa ricerca: definire le linee evolutive delle necropoli presenti sull’area del tempio e analizzare le principali caratteristiche dei rituali funerari e il ruolo in essi rivestito dalla ceramica. Sono stati documentati, in questa fase del lavoro, i pezzi interi, i profili ricostruibili, i frammenti diagnostici o inusuali, cioè tutti quei reperti rilevanti per la datazione e la definizione delle fasi d’uso delle singole tombe o quelli ai quali si potesse associare, in base al contesto di rinvenimento o alle caratteristiche morfo-tecnologiche, una peculiare funzionalità nell’ambito funerario.

Molti dei contesti individuati hanno subito diverse fasi di riuso, saccheggio, scavo. Non è stato quindi possibile definire l’evoluzione della ceramica rinvenuta con i consueti strumenti applicabili per i siti stratificati, ma ci si è affidati alla datazione tipologica in base ai confronti, senza però prescindere dai dati stratigrafici e spaziali.

68

(42)

2.1. I

L CODICE IDENTIFICATIVO DEI REPERTI

I reperti ceramici presi in considerazione provengono per lo più da alcune tombe scavate tra il 2006 e il 201369.

Ciascun reperto presenta un numero di catalogo attribuito al momento della sua schedatura sul campo e composto da due o tre gruppi di cifre e/o lettere, ciascuno dei quali ha un preciso significato. Dal momento che il numero di catalogo corrisponde anche a quello presente in tutta la documentazione fotografica e grafica, nonché nelle planimetrie di scavo, ed è inoltre associato ai dati del GIS, si è preferito mantenerlo come identificativo dei pezzi studiati, anche perché contiene alcune informazioni utili all’immediata visualizzazione della sua provenienza.

Prendiamo come esempio il codice identificativo A17.13.001:

A17: indica il luogo di ritrovamento, in particolare la tomba, precisata dal quadrato70 in cui è stato individuato l’ingresso e indipendentemente dal suo sviluppo planimetrico, che può comprendere anche più settori71. Nell’esempio citato si tratta della tomba del Medio Regno individuata nel quadrato A17. I materiali che non provengono da tombe non presentano questa parte del codice, ma i dati di riferimento per la localizzazione sono registrati nella relativa scheda di catalogo.

13: la missione di scavo in cui il reperto è stato catalogato, che non sempre corrisponde a quella del rinvenimento.

001: numero progressivo in ordine di catalogazione per la missione in oggetto.

Sul campo di scavo viene compilato un catalogo cartaceo che comprende una descrizione, misure, posizione in magazzino, disegno72 e fotografia, nel caso della ceramica anche del frammento in frattura, se possibile. I pezzi significativi sono inoltre rilevati in pianta e presentano un numero assegnato dal responsabile di scavo e quindi convertito in un numero di catalogo. Tutti gli altri reperti, invece, fanno parte di gruppi di materiali rinvenuti nei vari livelli (livelli di riempimento o scarico) e presentano solo posizionamenti più generici.

69 I reperti raccolti tra gli anni 2006 e 2008 non sono stati selezionati e catalogati da chi scrive e non per tutti è stato

possibile effettuare una revisione.

70

L’area del tempio è divisa in quadrati di 5x5 m.

71

Nel caso di più tombe nello stesso quadrato si utilizza una lettera minuscola per differenziarle, mentre le lettere maiuscole vengono utilizzate per differenziare le eventuali camere.

72 I materiali sono stati disegnati sul campo da Lucia Zito e Mimosa Ravaglia. La lucidatura dei materiali è stata

(43)

2.2. C

RITERI DI CLASSIFICAZIONE E TERMINOLOGIA

Lo studio della ceramica, come anche degli altri reperti archeologici, ha come suo fondamento la classificazione. Essa muove dall’osservazione del materiale a disposizione e dall’analisi dei suoi attributi formali, tecnologici e decorativi, con l’obiettivo di individuare quelli utili a creare gruppi, i cui membri sono molto simili tra loro e diversi dai membri di altri gruppi73. La classificazione è il presupposto che consente di rendere i materiali gestibili e utili per analisi a diversi livelli (tipologia, attribuzione cronologica e culturale, definizione della funzione) e da essa dipende quindi l’affidabilità della fase interpretativa.

L’elaborazione di una classificazione implica una gerarchizzazione degli attributi di un manufatto, nel nostro caso di un vaso, su base personale e in parte soggettiva. Di conseguenza, i risultati di tale processo portano spesso a differenti esiti, anche nella nomenclatura74: i vasi possono essere definiti usando termini moderni riferibili alla supposta funzione, con un tentativo di categorizzazione basato su classi dimensionali e attributi funzionali (sistema che qui verrà adottato)75; oppure, evitando l’uso di termini “funzionali”, se ne descrivono i profili e la forma tramite il linguaggio della geometria dei solidi76, o addirittura con stringhe di codici77. Il problema non è solo di ordine semantico, ma implica una scelta con incidenze di ordine pratico.

Nel presente lavoro si adotterà un sistema abbastanza diffuso negli studi di ceramica egizia, con alcune modifiche legate alle caratteristiche del materiale analizzato e anche all’esperienza personale di chi scrive78. Si cercherà di definire una nomenclatura il più possibile uniforme, nonostante l’ampio excursus cronologico dei materiali qui considerati e la difficoltà di trovare concordanze, non solo tra le lingue differenti in uso in Egittologia, ma anche nella terminologia italiana.

73

Con presupposto che la somiglianza all’interno dei gruppi non sia casuale, ma rifletta qualcosa di significativo interpretabile culturalmente.RICE 2005 (1987), pp. 274-288; SEIDLMAYER 1990, pp. 5-6; SEILER 2005, pp. 21-22.

74 R

ICE 2005 (1987), p. 217, sottolinea che per quanto possa essere desiderabile avere una standardizzazione nella

terminologia, forme specializzate e terminologie tradizionali sono sempre presenti e non sarebbe quindi necessario forzare la classificazione per ottenere uno schema universale.

75 RICE 2005 (1987), pp. 215-217; pp. 224-243. Alcune proprietà come capacità, stabilità, accessibilità e

trasportabilità, alle quali vanno aggiunte anche le caratteristiche dimensionali e tecnologiche, determinano il probabile utilizzo di un recipiente. Ovviamente la relazione uso-forma non è sempre certa, dal momento che i vasi possono avere multiple funzioni, ma viene usata in modo “convenzionale”. Non vengono invece utilizzati nomi antichi, perché si ripropone la problematica, anche moderna, di creare paralleli nelle diverse lingue per forme simili. Inoltre, anche le lingue antiche prevedono usi terminologici ampi o non sempre univoci. Cfr. EGLOFF 1977, pp.

25-27.

76

RICE 2005 (1987), pp. 217-223; GUIDOTTI 1991, p. 66.

77 H

OLTHOER 1977, pp. 70-177; TRAUNECKER 1981, pp. 49-78.

78 I criteri di classificazione qui adottati sono influenzati dall’insegnamento del prof. R. C. de Marinis, già

(44)

La ceramica verrà classificata innanzi tutto secondo il criterio formale79, quindi secondo quello tecnologico (fabrics e wares a definire quegli attributi comuni di materiale, tecnica e stile)80.

Per la descrizione delle forme si utilizzerà un sistema basato su alcuni indici matematici, ma fondamentalmente descrittivo, mediato da quello di Aston81, elaborato da Bourriau82 e Arnold83, in cui i parametri tassonomici anticipano la terminologia intesa in modo convenzionale: i termini utilizzati, cioè, sono in parte desunti dalla presunta funzionalità e mediati in parte da quelli moderni84, in parte ripropongono nomenclature di tradizione. Questo sistema permette un’immediata visualizzazione dell’oggetto, anche a chi non conosce le norme classificatorie85.

Innanzi tutto le ceramiche analizzate vengono distinte in86: - contenitori

- non contenitori (una categoria dal significato funzionale, che comprende per esempio coperchi87 e supporti di vaso)

- vasi miniaturistici e modelli di vaso.

La classificazione dei contenitori si basa su tre aspetti.

Il primo è la proporzione, definita in base ad alcuni parametri matematici: l’Indice di Apertura (AI = Aperture Index) e l’Indice di Profondità (IDP).

L’Indice di Apertura (AI) permette di suddividere i contenitori in forme aperte e chiuse88, ed è dato dal rapporto tra il diametro massimo del corpo (MBD = Maximum Body Diameter) e il diametro misurato all’imboccatura o alla sommità del corpo del vaso (AP = apertura):

AI= MBD/AP x 10089.

79 Come per esempio già in H

OLTHOER 1977 e da ultimo in SCHIESTL, SEILER (eds.) 2012a, CV. Nelle classificazioni

proposte invece da Aston, come anche in quella di Do. Arnold, i vasi vengono raggruppati per fabric, wares e quindi forma.

80 R

ICE 2005 (1987), pp. 274-288.

81 A

STON D. A. 1996a, pp. 11-14; ASTON D. A. 1999, pp. 9-14.

82

BOURRIAU, ASTON D. A. 1985.

83

ARNOLD DO. 1988, pp. 3-6, 135-136; il sistema è adottato con modifiche anche in SCHIESTL, SEILER (eds.) 2012a,

CV.

84 Forme e funzioni sono inestricabilmente legate nella terminologia. I nomi moderni dei recipienti, infatti, hanno

spesso implicazioni funzionali, seppure di significato non chiaramente definito. Le caratteristiche morfo-tecnologiche sono talvolta cruciali per definire la funzione, insieme a fonti scritte e visive, analogie etnografiche, contesto di ritrovamento, tracce d’uso, prove sperimentali. Cfr. RICE 2005 (1987), pp. 210-212; per il tipo di nomenclatura qui adottata si veda pp. 215-217: system used-oriented.

85

Il sistema è valido per forme intere o profili ricostruibili, ma può essere esteso ai frammenti quando si abbia un

corpus di riferimento abbastanza esteso.

86 Come inS

CHIESTL, SEILER (eds.) 2012a, CV, p. 32.

87 Si tratta di forme aperte, il cui uso come coperchio non è sempre identificabile in modo univoco.H

OLTHOER 1977,

pp. 70-73, differenzia il coperchio (lid), che copre solo l’imboccatura del recipiente, dal tappo (stopper), che è invece inserito nell’imboccatura.

88 A

RNOLD Do. 1988, p. 135: si tratta di una distinzione che ha un valore funzionale e influenza la wares.

89 A

STON D. A. 1996a, p. 11; ASTON D. A. 1999, pp. 10-12. InARNOLD Do. 1988, p. 135 e nelle classificazioni che

Figura

Fig. 1. Il Tempio di Milioni di Anni di Amenhotep II a nord del Ramesseum, visto da ovest   (© CEFB)
Fig. 4. Pianta del tempio. In verde la posizione delle tombe   (rilievo F. Longhi, E. Negri, T
Fig. 5. Localizzazione delle tombe del Medio Regno-inizi Nuovo Regno   (elaborazione A
Fig. 6. Le tombe del Terzo Periodo Intermedio-Epoca Tarda. In rosso i depositi di  mummificazione databili a questa fase (elaborazione A
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