• Non ci sono risultati.

Un ulteriore livello in cui troviamo all’opera i valori nel processo politico è quello ideologico. L’ideologia viene infatti a definire un sistema di credenze, e quindi anche di valori, anche se si può dire che l’accordo sul significato del termine si fermi praticamente qui, ed ogni ulteriore connotazione genera divisione e diversità di vedute fra gli studiosi. Lo stesso oggetto della nostra discussione, l’asse destra-sinistra, viene sovente definito, a nostro avviso impropriamente, come asse ideologico, e molta parte del discorso sulla validità della diade, come abbiamo visto nel Cap.1 ha avuto a che fare con la questione della fine delle ideologie. Anticipiamo già che noi intendiamo per ideologia un sistema di credenze elaborato da una elite politico/intellettuale allo scopo di suscitare processi di identificazione e mobilitare una formazione sociale a partire dai valori della stessa, o comunque fornendo una interpretazione della sua esperienza tipica.

Non possiamo però esimerci da un confronto con il concetto di ideologia, per illustrare come siamo giunti a questa definizione. Un confronto che non potrà che essere parziale e non ha certo la pretesa di esaurire un argomento -che per l’innumerevole mole di connotazioni e di interpretazioni che ha accumulato nel tempo, meriterebbe una ampia

trattazione a parte- ma che ci permette di tracciare le direttrici del modo in cui intendiamo servirci di tale concetto all’interno di questa trattazione. Prima di proseguire nell’analisi del concetto di ideologia si impone una precisazione. Le ideologie, qualsiasi cosa si intenda con questo termine, definiscono comunque un prodotto del pensiero umano che va ben al di là di un insieme o sistema di valori. Elenor Scarbrough ne individua tre componenti assunti sulla natura umana e sul mondo, valori, obbiettivi da raggiungere270. Probabilmente tutti gli studiosi che definiscono l’ideologia come un sistema di idee o credenze concorderebbero sul fatto che possa essere descritta come un insieme di asserzioni sul ‘come stanno le cose’ fra nel mondo, se questo stato di cose sia giusto o sbagliato e cosa andrebbe fatto per raggiungere (o mantenere) lo stato ottimale. Se ciò è corretto allora un sistema di valori non solo è un elemento imprescindibile di ogni ideologia, ma ne costituisce il cuore, l’elemento centrale, come struttura cognitiva in grado sia di generare coerenza fra tutti i suoi elementi, sia di indicare lo stato desiderabile della società, i fini ultimi da perseguire ed i criteri di giudizio di eventi ed azioni. Di seguito continueremo ragionando in generale sul concetto di ideologia allo scopo di pervenire ad una qualche definizione che ci appaia soddisfacente e spendibile in sede empirica, dopodichè torneremo sul rapporto fra ideologia e valori.

2.5.1 Le concezioni forti dell’ideologia. Per districarci nella selva delle diverse

interpretazioni del concetto di ideologia, riteniamo possa essere proficuo partire dalla distinzione tracciata da Bobbio (ma già implicita in Mannheim), fra una concezione forte ed una concezione debole dell’ideologia271.

Nel primo caso ci troviamo di fronte ad una valutazione in senso negativo dell’ideologia che viene definita nei termini, di volta in volta, di falsa coscienza, pensiero dogmatico, pensiero distorto e così via. Nel secondo caso invece con ideologia si andrebbe ad intendere un qualsiasi sistema di credenze riferibile ad un determinato gruppo sociale. All’interno della concezione forte dell’ideologia, poi, Sartori propone di distinguere ulteriormente tra ideologia nel campo della conoscenza (includendovi anche la teoria politica) e ideologia in campo politico (nel senso di sistemi di credenze concretamente operanti nella realtà storica)272. Si tratta di una distinzione senza dubbio valida sul piano analitico, ma di scarsa incisività, in quanto gli –ismi con cui solitamente si identifica gran

270 Cfr. Scarbrough E., Ideology and voting, Oxford, Claderon Press, 1984.

271 Cfr. Bobbio, N., Saggi sulla scienza politica in Italia, Editori Latenza, Roma-Bari, 2005 (ed. or.1969). 272 Sartori G., Ideologia, in Elementi di teoria politica, Il Mulino, Bologna, 1995, p.111-139.

parte del materiale ideologico, hanno rivestito entrambi le funzioni, e del resto non si vede come possa essere altrimenti: infatti proprio perché pretendono di essere delle corrette descrizioni del mondo le ideologie possono poi prescrivere conseguentemente determinati corsi di azione. In ogni modo, in entrambi i casi il carattere falso ed aberrante dell’ideologia viene stabilito in relazione a quella che si presume essere la realtà oggettiva delle cose, che l’ideologia distorcerebbe o ignorerebbe sistematicamente.

Il termine come è noto fa il suo ingresso nel vocabolario delle scienze sociali, ed in questa accezione negativa, con Marx, per il quale l’ideologia consiste essenzialmente nella falsa universalizzazione del sistema di idee della classe dominante. Gran parte della sua opera, praticamente una costante che va dai Manoscritti al Capitale, consiste in una critica serrata dei principi dell’economia politica classica, la quale avrebbe reificato in forma di leggi universali ed assolute, praticamente naturali come quelle della fisica, quelli che sono i rapporti di produzione favorevoli alla classe borghese, mascherando quindi il loro carattere di costruzione umana, presentando come necessario ed eterno un prodotto storico che rappresenta gli interesse di una sola classe sociale. In questo mascheramento, e nel suo carattere inconsapevole, consiste per Marx, il fenomeno della falsa coscienza, laddove la realtà oggettiva che viene mistificata corrisponde alla effettiva natura dei rapporti di produzione in cui si realizza lo sfruttamento di una classe a discapito dell’altra. In questo caso emerge abbastanza chiaramente la duplice natura epistemologica e politica insieme dell’ideologia borghese: da un lato, in quanto economia politica, è una falsa scienza incapace di confrontarsi con il reale, la cui fallacia è destinata ad emergere insieme alle contraddizioni del capitalismo; dall’altro, in quanto liberalismo, è un sistema di credenze concretamente operante nella storia che nascondendo lo sfruttamento del lavoratore sotto la libertà del cittadino, la diseguaglianza reale sotto l’eguaglianza formale, ostacola la presa di coscienza del proletariato della sua effettiva condizione di classe.

C’è sicuramente una grande ironia nel fatto che l’arma dell’analisi ideologica, elaborata da Marx contro le sovrastrutture della società borghese, sia stata adoperata dai suoi avversari, tanto sul piano politico, quanto accademico, nei confronti delle stesse dottrine socialiste e comuniste, in nome del medesimo principio, l’adesione ai fatti, alla realtà oggettiva.

Sul piano epistemologico la critica delle ideologica, trova una delle sue prime e più compiute espressioni nel pensiero di Pareto273. Egli sostiene definisce l’ideologia come un

273 I testi di riferimento per la critica paretiana dell’ideologia sono il Trattato di sociologia generale, dove

però il termine ideologia non viene utilizzato, ed Les Sisteme Socialiste, dove il termine viene indicato esplicitamente. Per orientarsi nella complessità dell’opera paretiana, una guida imprescindibile è costituita

programma etico-politico mascherato da teoria scientifico-filosofica; cioè un sistema di asserzioni dove giudizi di fatto si mischiano a giudizi di valore274. Come è noto per Pareto il comportamento umano è animato fondamentalmente da elementi non-logici, quali istinti, sentimenti, etc., che egli definisce residui. Tuttavia avendo sviluppato facoltà razionali, ed essendo animato anche dal desiderio di presentarsi i suoi atti come razionali, l’essere umano produce ex-post delle spiegazioni che abbiano parvenza di razionalità delle sue azioni, a cui Pareto assegna il nome di derivazioni. Le ideologie rappresentano per Pareto l’incursione delle derivazioni nell’ambito teoretico, dove però lo statuto di scienza autentica deve spettare solo alle teorie che si attengono al metodo logico sperimentale. Si determina quindi una contrapposizione molto forte fra scienza ed ideologia. Alla prima compete di comprendere senza poter far presa sulla storia proprio per la natura essenzialmente non-logica del comportamento umano. Compiti che invece assolve la seconda in quanto strumento di persuasione e motivazione, ma che proprio per questo sono inadatte, a spiegare e prevedere il comportamento umano.

In questo modo Pareto evidenzia un punto cruciale dell’analisi dell’ideologia, evidenziandone il carattere di instrumentum regni. Per quella che può essere la nostra opinione, avanziamo forti dubbi su una divisione così netta fra scienza ed ideologia, in quanto i cosiddetti fatti su cui si dovrebbe basare il discorso scientifico non sono realtà autoevidenti, ma sono comunque ritagli di realtà operati da un qualcuno e il cui significato dipende dal mondo in cui sono inseriti in un quadro interpretativo. La distinzione paretiana, ha senso, e diviene certamente doverosa, se intesa come disciplina, autocontrollo del ricercatore, ricerca delle condizioni di falsificabilità delle proprie ipotesi, pulizia e precisione nel linguaggio, onestà nell’accettare le conclusioni derivanti a livello logico o empirico dai presupposti che si sono adottati, astensione dal deliberato giudizio di valore. Ma diventa del tutto fuorviante se intesa come feticismo del metodo o di una realtà oggettiva. Ogni teoria viene a basarsi, alla fin fine su assunti di fondo indimostrabili, le stesse considerazioni di Pareto sulla natura umana, come nota Bobbio, sono di per sé indimostrabili.275 La critica dell’ideologia di Marx e Pareto procede comunque nella stessa

dai saggi dedicati all’autore di Norberto Bobbio, Introduzione alla sociologia di Pareto, Pareto e la critica delle ideologie, L’ideologia in Pareto e Marx, op.cit.

274 Qualcosa di molto simile si trova espresso anche in Durkheim, secondo il quale quando “invece di

osservare le cose, di descriverle, di compararle, ci accontentiamo di prendere coscienza delle nostre idee, di analizzarle, di combinarle:invece di una scienza di cose reali, facciamo soltanto un’analisi ideologica” Durkheim E., Le regole del metodo sociologico, Sociologia Filosofia, Enauidi, Torino, 2008 (ed. or. 1895, 1924), p.35.

275 Sul rapporto tra assunti, argomentazioni e validità della conoscenza scientifica si legga anche i primo

direzione: demistificare delle false forme di coscienza che non rappresentano la realtà oggettiva, solo che per il primo questa corrisponde nella struttura dell’esistenza materiale e sociale degli uomini, ovvero nelle loro strutture economiche, per il secondo la realtà oggettiva consiste solo nel risultato delle osservazioni condotte con metodo logico sperimentale. Per il primo l’ideologia ha una valenza epistemologica e politica insieme, per il secondo conta separare ciò che è scienza da ciò che non lo è, ed in aggiunta comprendere come funziona l’ideologia nelle vicende del mondo276.

Non ci spingiamo oltre su questioni di ordine epistemologico277 che rischiano di portarci fuori strada rispetto all’oggetto della nostra discussione. Ci limitiamo ad osservare, che al limite si potrebbe accogliere la distinzione paretiana fra ideologia e scienza, con tutti i limiti che abbiamo avanzato, come distinzione che separa l’attività dell’osservazione dall’oggetto osservato, in quanto poi tutte le teorie non scientifiche vengono a trovarsi allo stesso livello qualitativo. E’ più difficile da accettare invece la teoria marxiana della ‘falsa coscienza’, proprio nella misura in cui prevede che vi sia contrapposta una forma di conoscenza vera ed autentica il che vuol dire inserire una differenza valutativa e qualitativa fra le forze che operano nella storia, cioè fare ideologia nel momento stesso in cui la si critica. Del resto, nella stessa tradizione marxista, la concezione dell’ideologia come ‘falsa coscienza’ è andata via via perdendo di autorevolezza a favore di una analisi dei rapporti tra significazione e potere278.

Affrontiamo ora la questione dal punto di vista politico che è quello che più ci interessa. La distinzione prende la forma, come abbiamo detto, della contrapposizione fra un sapere dogmatico e chiuso ed un pensiero pragmatico, anch’esso aperto alla genuina evidenza dei fatti. Prendiamo in considerazione, come caso esemplare, l’esposizione che ne dà Sartori in un suo saggio, che a nostro avviso rimane l’espressione più lucida e chiara ed articolata di questo modo di concepire il fenomeno. Sartori intende l’ideologia come una specie del genere ‘credenze politiche’. Per determinare la sua specificità come idealtipo lo definisce in base ad un idealtipo opposto, quello del ‘pragmatismo’, che ottiene in base a quelle che

sempre da assunti indimostrabili, da questi assunti derivano nessi logici ed inferenze necessarie, nella misura in cui questi nessi logici trovano riscontro nella realtà empirica, noi possiamo avere qualche indizio della validità dei nostri assunti.

276 Un ben più dettagliato ed affascinante confronto delle similitudini e differenze fra Parteo e Marx è

contenuto nei saggi di Bobbio citati, dove però non si fa accenno alla diversa natura attribuita alla realtà oggettiva.

277 Per un interessante approfondimento di questi aspetti sono contenuti in Boudon, R., L’ideologia. Origine

dei pregiudizi, Einaudi, Torino,1991; Terenzi, P., Ideologia e complessità, Edizioni Studium, Roma, 2002.

278 Una articolata analisi e confutazione della teoria della falsa coscienza è contenuta in Eaglaton T., Che

ritiene essere le due dimensioni con cui ci si può riferire alle credenze politiche: una cognitiva, preponderante, ed una emotiva.

In base alla prima dimensione le credenze politiche possono essere chiuse o aperte, nella misura in cui si è disposti a mettere in discussione l’autorità cognitiva che pone la credenza, o in base a quanto il sistema di credenze sia permeabile ai fatti. Già qui abbiamo un primo problema, in quanto non si capisce se la chiusura cognitiva sia una proprietà del soggetto che crede o del sistema di credenze in sé. Anche non volendo ridurre la rigidità cognitiva ad un tratto o atteggiamento individuale, ma lo si intendendolo come ‘stile cognitivo’ di un gruppo, dovremmo supporre che ogni sistema di credenze può essere esperito in maniera dogmatica o pragmatica, quindi la questione diventa di pratica non di contenuto. Difatti lo stesso Sartori sostiene che per differenziare l’ideologia dagli altri sistemi di credenze bisogna guadare al come credere piuttosto che al cosa è creduto. Ma se il come è indipendente dal cosa, allora il problema non è più interno alla logica dei sistemi di credenze, ma alle relazioni sociali che li supportano, cioè quali dispositivi di controllo e di repressione nei confronti degli eretici vengono messi in atto.279 In concreto, rifacendosi a dei referenti reali dietro i tipi astratti e ribaltando le tradizionali assegnazioni, si dovrebbe ammettere che si può essere dogmaticamente liberali, quanto pragmaticamente comunisti e la storia ci offre un ampia casistica di entrambi i casi.

Ma andiamo oltre. Concediamo, pure che lo stato di chiusura cognitiva sia proprietà di un insieme di credenze e passiamo alla dimensione emotiva. Quest’ultima si riferisce alla intensità ed alla passione con cui le credenze sono sentite. Dall’intreccio delle due dimensioni Sartori ricava una tipologia degli elementi strutturali dei sistemi di credenze, riassunto in Tab.2.2.

Tab. 2.2 Elementi costitutivi un sistema di credenze (Sartori) Dimensione Emotiva

Forte Debole