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La nostra posizione consiste nel ritenere che i valori hanno la loro origine all’interno della struttura sociale, poiché se si accetta il presupposto che i valori siano rappresentazioni cognitive di particolari tipi di esperienza cruciali nell’esistenza dell’indivividuo, bisogna allora anche riconoscere che determinati tipi di esperienza sono distribuiti in maniera differenziata nella società.

In questo modo speriamo di poter superare la contrapposizione tra struttura ed attore e di poter fare proficuo uso delle osservazioni di Rokkan senza doverne condividere l’impianto struttural-funzionalista di fondo. Pensiamo cioè, per essere più chiari, di poter fare riferimento a determinati conflitti socio-politici in cui si fronteggiano non tanto gruppi sociali, ma orientamenti di valore che trovano la loro origine in particolari condizioni di vita determinate strutturalmente.

Questo però richiede di fare riferimento ad una interpretazione del concetto di struttura diverso da quello incontrato sinora parlando dello struttural-funzionalismo, che appare molto imparentato con quello di istituzione, dove con questo termine si intende un modello di comportamento dotato di cogenza normativa. Il che vuol dire comprendere anche il dato culturale all’interno della struttura stessa. Per i nostri scopi invece conviene rifarsi ad un'altra interpretazione del concetto di struttura che lo lega invece intimamente con quello di diseguglianza, col quale di solito si intende designare come nella società risorse materiali e simboliche vengano distribuite in maniera differenziata. Questa concezione della struttura, ci permette di poter considerare separatamente sia posizione sociale di un soggetto che le sue credenze, idee, valori, permettendoci quindi analizzare la relazione fra questi due elementi. Anzi proprio questo rapporto fra struttura e sovrastruttura costituisce una dei problemi fondamentali di chi si accosta a questo approccio, e che anche noi toccheremo marginalmente.

Ovviamente, la distinzione tra struttura come sistema di istituzioni e struttura come sistema di diseguaglianze, appare valida a livello analitico nella misura in cui si accentuano aspetti diversi di una medesima realtà, piuttosto che in relazione alla capacità di discriminare fra realtà differenti. Una diseguaglianza infatti si mantiene laddove una istituzione la sorregge. Altrettanto fragile e valida solo sul piano analitico è la stessa differenza tra struttura e

sovrastruttura. “La realtà umana si configura insomma come una realtà socio-culturale, tale per cui soltanto analiticamente è possibile distinguere il sociale dal culturale. […] la cultura è intrisa di strutture sociali, così come ogni struttura sociale è intrisa di cultura”.212 Ciononostante l’operazione di tenere distinto il concetto di struttura sul piano analitico mantiene una sua validità, ed utilità sul piano teorico. Si può intendere la struttura come un insieme di relazioni sociali durature, che precedono logicamente il soggetto e gli si impongono con carattere oggettivo (ciò esercitano effetti indipendentemente dalla sua volontà), e delimitano i contorni delle situazioni che si troverà ad affrontare213. Situazioni che gli attori, individualmente e collettivamente interpretano ed a partire dalle quali elaborano finalità, strategie e soluzioni.

Due sono i punti di riferimento imprescindibili di questa riflessione che hanno segnato e continuano a segnare la direzione che la riflessione ha preso in questo campo. Ci riferiamo, ovviamente a Karl Marx e a Max Weber214.

Come è noto Marx mutua da Hegel una concezione della società e della storia come totalità organica pervasa da contraddizioni che ne indirizzano lo sviluppo. Tuttavia se per Hegel la storia è un mero susseguirsi di fenomeni ideali, Marx intende servirsi dello schema dialettico dello storicismo hegeliano per spiegare la realtà dello sviluppo sociale, intesa in termini materiali.

Difatti per Marx l’essenza della natura umana va rintracciata nel lavoro inteso come attività creativa, attraverso cui l’uomo si riversa sul mondo, lo trasforma, lo piega alle proprie esigenze, e riesce a riprodurre la propria esistenza.

Nel processo di produzione non solo si stabilisce un rapporto tra l’uomo e la natura ma anche un rapporto tra gli uomini tra loro. E’ l’insieme di questi rapporti di produzione, la

212 Belardinelli S., Allodi L., Sociologia della cultura, Franco Angeli, Milano, 2006. Rilievi di questo tenore

sulla coppia concettuale struttura/sovrastruttura erano già stati espressi criticamente da Aron nei confronti dell’opera di Marx: “Quali sono gli elementi della realtà sociale che appartengono alla struttura? E quali alla sovrastruttura? Sembra grossomodo che si debba chiamare struttura l’economia, in particolare le forze di produzione, cioè l’insieme delle attrezzature tecniche di una società compresa l’organizzazione del lavoro. Ma l’attrezzatura tecnica di una società è inseparabile dalle sue conoscenze scientifiche, e queste sembrano appartenenre al campo delle idee o del sapere, elementi che dovrebbero rientrare, sembra, nella sovrastruttura […] l’organizzazione del lavoro comune, a sua volta dipende dalle leggi di proprietà. E queste appartengono al dominio giuridico. Ma, almeno secondo alcuni testi, il diritto è una parte della realtà statale, e lo stato appartiene alla sovrastruttura. Di nuovo ci imbattiamo nella difficoltà di distinguere realmente ciò che è struttura da ciò che è sovrastruttura.” (Aron R., Le tappe del pensiero sociologico, Mondatori, Milano, 2006, (ed.or. 1965, p.182)

213 Ci sembra essere questa per esempio la posizione espressa in Archer M., La morfogenesi della società,

Franco Angeli Milano, 2007. si veda in particolare il Cap.6 Il dualismo analitico: la base dell’approccio morfogenetico, dove si affronta il problema della struttura come proprietà emergente, che qui non affrontiamo per non appesantire il discorso.

214 Per una approfondita analisi della struttura sociale il Marx e Weber si veda Giddens, A., La struttura di

cui espressione giuridica sono i rapporti di proprietà, a determinare la struttura della società e la sua divisione in classi.

Se per Marx la struttura di classe appare riconducibile ad un unico criterio di demarcazione, per Weber la situazione appare più articolata:

“Noi parleremo di classe quando ad una comunità di uomini è comune una specifica componente causale delle loro possibilità di vita, nella misura in cui questa componente è rappresentata semplicemente da interessi economici di possesso e di guadagno – nelle condizioni del mercato dei beni e del lavoro.”215

La stessa condizione di classe viene ad essere definita non solo dal criterio della proprietà, ma anche indefinita da quello dell’istruzione e delle capacità lavorative può negoziare nel mercato del lavoro. Sono questi aspetti che determinano per il soggetto delle particolari opportunità di vita. Ma non solo. In questo modo Weber marca un punto fondamentale, sottolineando l’irriducibilità delle classi medie impiegatizie al proletariato. Ma non solo. Per Weber la struttura sociale non si riduce a struttura di classe, egli prende in considerazione anche le ‘situazioni di ceto’ cioè “ogni componente tipica del destino di un gruppo di uomini, la quale sia condizionata da una specifica valutazione positiva o negativa, dell’onore, che è legato a qualche qualità comune di una pluralità di uomini. […] Quanto al contenuto, l’onore di ceto si esprime normalmente soprattutto nell’esigere una condotta di vita particolare”216. Condotta che pare essere vincolata anche a certi stili di consumo di beni materiali ed ideali.

Tuttavia, a ben vedere, la principale differenza tra Marx e Weber, oggetto di un dialogo a distanza risiede su questa questione: le classi sono di per sé dei soggetti di azione?

La posizione di Weber a tal proposito sembra essere molto netta:

“Il grado in cui dall’agire di massa degli appartenenti alla classe sorge un agire di comunità –ed eventualmente anche delle associazioni- è legato a condizioni di cultura. […] Il condizionamento e l’azione della situazione di classe devono essere chiaramente riconoscibili. Soltanto allora, infatti, il contrasto delle possibilità di vita può essere sentito non come qualcosa di dato e da accettare, ma come il risultato della distribuzione concreta del possesso o della struttura dell’ordinamento economico concreto. […] Ogni classe

215 Weber, M., Economia e Società, Vol. IV, Edizioni Comunità, Milano, 1980, p.29. 216

può quindi essere portatrice di qualche agire di classe- di cui sono possibili innumerevoli forme- ma non lo è necessariamente: in ogni caso essa non costituisce una comunità.”217

La posizione di Marx, appare invece pervasa da una certa ambiguità. Da un lato la sua famosa distinzione tra classe in sé e classe per sé non sembra molto dissimile dalla posizione di Weber. Tuttavia, in definitiva in Marx il rapporto tra le classi rimane un rapporto di necessaria conflittualità, in ragione dell’impianto generale della teoria sociale marxista. Detto brevemente, i) la struttura sociale è data dai rapporti fra diverse classi economiche; ii) tali rapporti si definiscono in base alla proprietà o meno dei mezzi di produzione, iii) la proprietà dei mezzi di produzione di una classe aliena le altre classi dal prodotto del proprio lavoro, instaurando una situazione di sfruttamento, iiii) pertanto la relazione tra classe dominante e dominata è necessariamente conflittuale. Tuttavia, il conflitto sussiste a livello sistemico fra diverse posizioni della struttura sociale ed i loro interessi. Non è detto tuttavia che debba che i membri di una stessa classe ne siano coscienti.

Se la domanda è se le classi siano soggetti di azione, secondo l’ottica marxista, una risposta plausibile consiste nel sostenere che il rapporto dialettico fra le classi è oggettivamente il motore della storia, ma affinché una classe agisca effettivamente vi è bisogno che i suoi membri prendano coscienza della loro reale posizione ed ai loro reali interessi e si contrappongano, in virtù di questa presa di coscienza, in quanto classe, alle altre classi.

Emerge in questa sede tutta la complessità del rapporto struttura/sovrastruttura, che troviamo compiutamente esposto nel noto passo contenuto in Per la critica dell’economia

politica:

“Nella produzione sociale della loro esistenza, gli uomini entrano in rapporti determinati, necessari, indipendenti dalla loro volontà, in rapporti di produzione che corrispondono ad un determinato grado di sviluppo delle forze produttive materiali. L’insieme di questi rapporti di produzione costituisce la struttura economica della società, ossia la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica e alla quale corrispondono forme determinate della coscienza sociale. Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale,il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza.”218

217 Weber M., op.cit., p.32. 218

Il passo sembra essere molto chiaro. Soprattutto se lo mettiamo in relazione con un altro celebre frammento del pensiero di Marx tratto dall’Ideologia tedesca:

“Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante. La classe che dispone dei mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei mezzi della produzione intellettuale, cosicché ad essa in complesso sono assoggettate le idee di coloro ai quali mancano i mezzi della produzione intellettuale. Le idee dominanti non sono altro che l’espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee.” 219

Il primo estratto sembra suggerire una relazione di determinazione tra la base economica di una società e la sua sfera ideale, intesa soprattutto nei sui aspetti istituzionali (giuridiche, politiche, morali). Il secondo frammento sembra invece specificare il meccanismo in cui si esplicita questo rapporto: chi controlla i mezzi della produzione materiale, controlla direttamente o indirettamente anche i mezzi della produzione spirituale e perviene pertanto a costruire una visione del mondo, ed a quanto pare, degli edifici giuridici, politici, religiosi e filosofici, funzionali ai loro interessi di classe. Costruzioni intellettuali che le classi subalterne non potrebbero che recepire passivamente non avendo i mezzi per decostruirle, demistificarle e proporne delle proprie.

Questa interpretazione, di per sé lineare va incontro a grandi problematicità ed espone a contraddizioni con altri punti del pensiero di Marx:

1) Presa in questi termini, conduce ad un eccessivo economicismo, ad un rapporto di determinazione fra la base economica e i prodotti del pensiero. Nella sua versione più forte, può portare a sostenere che il capitalismo verrà superato una volta che avrà sviluppato tutte le sue contraddizioni in quanto modo di produzione. Le forze di produzione imporranno allora un nuovo modo di produzione, che avrà come epifenomeno una nuova sovrastruttura220. Lo sviluppo storico si svolgerebbe

219

Marx, K., L’Ideologia Tedesca, Editori Riuniti, Roma, 1967, p. 35.

220 Dice infatti poco dopo nella stessa prefazione di Per una critica dell’economia politica : “Ad un certo

punto del loro sviluppo, le forze materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono solo l’espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l’innanzi si erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in catene. E allora subentra un epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura.” Marx, K, Per la critica dell’economia politica, op.cit., p.5.

interamente sul piano dei fattori economici. Risulterebbe pertanto ingiustificata l’enfasi che Marx pone sulla costituzione di una coscienza di classe come momento fondamentale per l’avvento della società socialista. Si può dire che su questo punto pesi molto l’eredità dello storicismo che Marx eredita da Hegel e che confonde senza soluzione la storia come luogo del possibile e la storia come necessità iscritta nella logica del suo sviluppo.

2) In secondo luogo Marx insiste sul fatto che le ideologie dominanti non costituiscano una costruzione attuata consapevolmente e deliberatamente allo scopo di legittimare il proprio potere e di manipolare le coscienze delle altre classi. Le ideologie costituiscono piuttosto una sorta di ‘falsa coscienza’ che risulta dall’universalizzazione di un punto di vista parziale. Qui Marx sembra alludere ad un condizionamento delle condizioni dell’esistenza materiale sul pensiero che va ben oltre il limite delle ideologie, delle istituzioni sociali, dei grandi sistemi di pensiero, per coinvolgere quella che più in generale si potrebbe definire ‘mentalità’, o ciò che Scheler definì come percezione quasi naturale del mondo. Anzi sarebbe l’influenza della struttura sociale a questo livello a ripercuotersi poi sulle idee, diciamo più alte, in modo che queste rappresentino il punto di vista di una classe senza essere elaborate consciamente per avvantaggiarla, ma, per così dire, per convinzione221. Anche l’emergere di una coscienza di classe del proletariato richiederebbe questo livello di condizionamento, ma allora se esiste una sorta di ‘mentalità’ operaia la questione dell’ideologia dominante e della falsa coscienza diviene più problematica e meno meccanicista di quanto appaia in un primo momento.

In Marx ci sembrano allora essere presenti e con-fusi in un tutt’uno tre processi differenti: a) In primo luogo, vi è il riferimento alla costituzione ideologica delle

istituzioni di una determinata società (la sovrastruttura giuridica, filosofica, morale..);

221 Si consideri il seguente passo dove Marx parla dei rappresentanti democratici borghesi: “Ciò che fa di lor i

rappresentanti dei piccolo borghesi è il fatto che la loro intelligenza non va al di là dei limiti che il piccolo borghese stesso non oltrepassa nella sua vita, e che perciò tendono, nel campo della teoria agli stessi compiti ed alle stesse soluzioni a cui l’interesse materiale e la situazione sociale spingono il piccolo borghese nella pratica. Tale è, in generale, il rapporto che passa tra i rappresentanti politici e letterati di una classe e la classe che essi rappresentano” Marx, K. Il diciotto Brumaio di Luigi Buonaparte, Editori Riuniti, Roma, 2001 (ed. or. 1857) o ancora: “le condizioni di vita del singolo borghese diventarono insieme condizioni che erano comuni a tutti i borghesi e indipendenti da ciascun individuo […] Le stesse condizioni, la stessa opposizione, gli stessi interessi dovevano far sorgere in complesso anche gli stessi costumi dappertutto.” Marx, K. L’ideologia tedesca, op. cit., p.53.

b) In secondo luogo viene considerato il processo di costituzione delle classi per sé, cioè come soggetti politici, in base ai condizionamenti imposti dalla classe oggettiva;

c) Infine, vi sono affermazioni di carattere più generale sul rapporto che esistenza sociale, condizioni di vita, situazione sociale, esercitano sulla coscienza degli uomini, e che forse andrebbe interpretato nel senso che esercitano influenza sulla coscienza di ogni singolo uomo fino a fargli prendere consapevolezza di appartenere ad un gruppo umano accomunato dalle stesse condizioni di esistenza.

Questi tre processi esprimono tipi di problemi differenti. I primi due fanno riferimento a problemi politici, alla costituzione di ideologie e gruppi in conflitto politico; il terzo punto invece rimanda ad un problema più generale di gnoseologia, cioè al problema del condizionamento del sapere. Sebbene queste problematiche siano evidentemente connesse, conviene tenerle distinte sul piano analitico. Il riconoscimento della relazione fra condizioni di vita e conoscenza viene interpretata come se questa dovesse necessariamente condurre ad una identificazione in un gruppo sociale, nella fattispecie la classe, caratterizzata da specifici interessi e relazioni con le altre classi, da cui ne debba discendere anche una specifica ideologia. A nostro avviso, come si capirà, è proprio il non aver distinto tra questi tre differenti processi a condurre alle ambiguità riscontrabili nell’opera di Marx.

Più in generale, se riassumiamo quanto detto sinora possiamo dire che l’analisi del rapporto tra struttura e sovrastruttura impone di risolvere alcuni problemi:

a) Quali sono i criteri, ovvero le relazioni sociali, in base a cui discriminare dei raggruppamenti omogenei della struttura sociale?

b) In che modo le classi di condizioni di vita così ottenute influenzano la creazione di elementi ideali?

Per quanto riguarda il primo punto, possiamo registrare che per lungo tempo lo studio della struttura sociale delle diseguaglianze ha coinciso con lo studio della struttura di classe o stratificazione, riproducendo gli stessi termini in cui la questione era stata impostata da Marx e Weber, cioè la separabilità tra struttura ed azione di classe, e se le classi dovessero essere intese come intrinsecamente conflittuali o come semplici strati di una gerarchia sociale222.

222 Un resoconto dettagliato ed illuminante sullo stato dell’arte in questo campo si può trovare in Crompton

Gli sforzi sono stati concentrati da un lato, per coloro che hanno sostenuto la separazione analitica tra classe ed azione (anche nella tradizione marxista), nel delimitare i ‘giusti’ contorni delle classi in sé , dove le dispute più accese hanno riguardato soprattutto il modo di considerare le classi medie. Dall’altro, per coloro che hanno sposato la concezione delle classi come attori storici si è indagato, attraverso studi di carattere storiografico e studi di casi, il costituirsi di specifiche classi, come classi per sé.

Il discorso è quindi rimasto saldamente ancorato alle differenziazioni della struttura sociale di ordine economico, siano esse intese come posizione nel sistema produttivo o ‘situazione di mercato’ del soggetto.

Solo recentemente, in ragione del declino della classe economica come fattore esplicativo dei fenomeni sociali è stato dato maggiore spazio ad altri criteri di differenziazione della struttura sociale, quali il sesso, l’età, etnia, razza, religione, stili di vita, ecc.

La nostra posizione sul punto è netta. Dal nostro punto di vista e per quelli che sono i nostri interessi in questo studio possiamo considerare la struttura sociale come un insieme di relazioni sociali capaci di determinare le condizioni di vita dei soggetti.223 Ogni relazione sociale che dimostri di possedere queste capacità è da considerarsi rilevante, e costituisce una linea di divisione sociale, avente in potenza una rilevanza politica. Ogni individuo si trova situato in un punto dello spazio sociale dato dall’intersecazione di queste linee di divisione. O meglio, abita in un proprio spazio sociale delimitato da queste linee di divisione sociale, che gli impongono determinate condizioni di vita, delimitano tipi di esperienze e situazioni con cui il soggetto deve fare i conti attuando risposte e strategie.