Nella scuola dell’infanzia si manipolano materiali e si mettono alcune premesse per il lavoro successivo sulle tassellazioni.
Proviamo a ‘tassellare’ con poligoni regolari di cui conosciamo già le proprietà perché li abbiamo costruiti, giochiamo con le forme che abbiamo già ‘in testa’, ma tenendo presenti lati e angoli contemporaneamente. Le manipolazioni ‘virtuali’ che si vedono qui possono diventare concrete se le forme si fanno con il cartoncino: ma che cosa vedono gli allievi? Quegli ‘accostamenti’ garantiscono il ricoprimento perché in quei vertici non ci possono essere buchi se la somma degli angoli determina un giro completo. Questo deve essere un punto fermo, una scoperta di base, un teorema in atto … nel pentagono si vede che il gioco non è possibile …
Figura 21
Gli strumenti che abbiamo già costruito ci permettono di ‘giocare’ allo stesso modo anche con un triangolo qualsiasi a diversi livelli. Nella primaria manipolando, muovendo le forme, accostandole, usando il teorema in atto per validare quanto fatto. Alla scuola media evidenziando invece le trasformazioni geometriche con un vettore di traslazione ed un centro di rotazione. Analogamente con un quadrilatero generico. Sempre angoli e lati lavorano tenuti concettualmente insieme.
Figura 22 Figura 23
Confrontando le forme il bambino ’vede’ che dall’una all’altra, anche dello stesso tipo, può cambiare l’estensione. Come comunicare questo cambiamento in modo oggettivo? L’equivalenza come uguaglianza di estensione, anche indipendentemente dalla forma, si verifica con il passaggio alla misura dell’area.
Crediamo che tutti facciano vedere l’equivalenza tra un rettangolo ed un parallelogrammo con un disegno di questo tipo. Ma vedere i triangoli congruenti con GeoGebra in termini di movimento virtuale che rimanda alla traslazione, permette di generalizzare anche quando la situazione pare più difficile. Ad esempio anche quando si ‘esce’ dai lati, si possono evidenziare bene i triangoli da prendere in considerazione e riconoscere le equivalenze in qualsiasi situazione.
Figura 24 Figura 25
Il gioco dei puzzle, anche quelli comuni nella scuola come il tangram, consente di approfondire molto bene le conquiste fatte con le forme, rendendoci anche conto quando, per esempio con un cartoncino, la grossolanità del modello può portare a risultati sbagliati. Ecco un esempio consueto. Quella ricomposizione non funziona. Il percorso precedente dovrebbe averci fornito gli strumenti per controllare.
Figura 26
Vediamo qui un puzzle che può essere fatto come tale anche alla fine della scuola primaria. Gli allievi a questo punto dovrebbero essere in grado di spiegare perché funziona. Alla scuola media dovrebbero saperlo disegnare con gli strumenti di GeoGebra.
Figura 27 Figura 28
Analogamente per questo secondo puzzle. Qui si chiarisce il senso delle parole ‘a ritroso’. In effetti tutto il lavoro fatto è stato suggerito per evidenziare come poter arrivare ad una vera dimostrazione del Teorema di Pitagora. Alla scuola media di fatto sembra di dimostrarlo, ma generalmente i ragazzi accettano che ‘funzioni’ anche senza capirlo ‘matematicamente’. È un peccato!
Figura 29 Figura 30
La classica dimostrazione è un puzzle come i precedenti e ovviamente funziona, ma a questo punto se gli allievi non sanno spiegare perché ‘funziona’, il livello concettuale raggiunto non è ancora adeguato.
La dimostrazione del teorema di Pitagora che mostriamo ora, verso la secondaria di secondo grado, potrebbe divenire uno spunto per un teorema di Euclide, qui la vediamo semplicemente in termini di equivalenza di aree.
Figura 31 Figura 32
Abbiamo qui fatto la dimostrazione del Teorema di Pitagora con GeoGebra utilizzando una rotazione e l’equivalenza di aree. Euclide alla fine del primo libro degli Elementi usa la stessa rappresentazione dopo essersi costruito tutti gli strumenti di cui avrebbe avuto bisogno, come i criteri di congruenza e l’equivalenza delle aree. Euclide manipola concretamente, ma non usa le trasformazioni come strumenti nel modo che abbiamo illustrato finora. Quindi poter usare le trasformazioni geometriche sicuramente semplifica le cose e aiuta a concettualizzare in modo più duraturo perché l’uso del trasporto rigido consente agli allievi di ritornare facilmente alle azioni fatte sugli oggetti quando serve. Sono queste azioni che danno forma tangibile ad un’idea ad avere risonanza nella mente degli allievi: si può allora parlare di ‘embodiment’.
Figura 33 Figura 34
Bibliografia e sitografia
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Gallo, E., Cantoni, M. (2014b) Uso esplicito delle trasformazioni nella soluzione di problemi, Conferenza del 15 aprile 2014, in Podcast sul sito de ‘La casa degli insegnanti’, Torino Manara, C. F. (1987). La generalizzazione del concetto di geometria in L’insegnamento della
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Sito di C. F. Manara da cui sono liberamente scaricabili tutti gli articoli http://www. carlofelicemanara.it
UMI-MIUR, “Matematica 2001” scaricabile da http://www.umi-ciim.it/materiali-umi-ciim/ primo-ciclo/