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Capitolo 4. La Croce Rossa Americana da organo di volontariato a strumento diplomatico Un’attenzione sulla sua istituzionalizzazione fino al primo conflitto

4.5. Wilson e la sua politica propagandistica

Affinché si possa garantire un’analisi completa rispetto al ruolo e alla funzione che l’American Red Cross ebbe nel corso del primo conflitto mondiale, che sembra necessario volgere l’attenzione sulla figura di Wilson e sull’uso propagandistico che egli destinò alla Croce Rossa Americana. Così come più volte anticipato, il contesto storico di riferimento è quello riguardante la Progressive Era, le riforme e i cambiamenti economici e sociali ad essa correlati. Essa fu l’epoca in cui determinati gruppi sociali si battevano per vedersi riconosciuti specifici diritti, come il miglioramento delle condizioni lavorative, il suffragio femminile e

una legislazione che fosse in grado di tutelare il lavoro minorile e i disoccupati. Le regole che avevano garantito una differenziazione di ruolo tra uomo e donna, relegando quest’ultima alla sfera domestica e familiare, si stavano modificando. Esse, infatti, iniziarono ad acquisire ruoli pubblici, a domandare il diritto al voto, a frequentare le scuole e le università e a condividere i posti di lavoro con gli uomini [cfr. Diner, 1998]. Sulla scia della politica progressista, alcune donne, come Julia Lathrop84, Florence Kelley85, Grace Abbott, Sophonisba Beckrenridge86, Edith Abbott e la già menzionata Jane Addams, iniziarono ad impugnare la strada dell’umanitarismo e del riformismo sociale per favorire dei mutamenti protesi al raggiungimento della social justice. Si occuparono dei disagi e delle problematiche affrontate dagli immigrati, dell’abolizione del lavoro minorile e di un’organizzazione dei già citati

playgrounds, di un miglioramento delle condizioni lavorative e di una riduzione della

condizione di inferiorità esperita dalle donne, tanto da far ritenere quelle riformatrici sociali e l’Hull House stessa una messa in pratica dei principi e delle metodologie alla base della sociologia [Deegan, 1988]. Non è un caso, infatti, che nel 1895 le appartenenti al social

settlement pubblicarono Hull House Maps and Papers: a presentation of nationalities and wages in a congested district of Chicago, in cui mostravano le peculiarità e le problematiche

di una porzione della città di Chicago con il fine di avanzare delle proposte di riforma sociale. «senza l’ispirazione della Hull House, di Jane Addams e delle sue compagne e colleghe, la scienza sociale non avrebbe conquistato il modello poi assunto nel suo sviluppo nella realtà americana» [Crunden, 1982: 66; cit. in Rauty, 2004: 122].

In concomitanza alla realizzazione del social settlement e del lavoro delle riformatrici sociali, iniziò a manifestarsi una nuova forma di “movimento giornalistico” [Regier, 1957], definita muckraking, basata sulla denuncia degli scandali e delle ingiustizie sociali presenti nella società statunitense dell’epoca. L’obiettivo dei muckrakers (“soggetti che rovistano nel letamaio”) rispecchiava gli intenti alla base del progressismo. Essi, infatti, protendevano verso un’esplicitazione degli scandali, delle corruzioni politiche e delle ingiustizie sociali per tracciare la strada alle riforme necessarie da apportare. Il successo di quel giornalismo di denuncia, il quale influì sull’opinione pubblica, facendo scoprire una serie di aspetti fino

84 Julia Lathrop fu una riformatrice sociale della Hull House, ottenendo, nel 1912, l’incarico di direttore dello

United States Children’s Bureau e divenendo la prima donna ad assumere la gestione di un organismo governativo. Ella si occupava di mortalità infantile, di nutrizione, di delinquenza giovanile e delle leggi afferenti il lavoro minorile, ritenendo centrale la questione della giustizia sociale.

85 Florence Kelley fu un’abolizionista del sistema industriale ad alto tasso di sfruttamento, lo sweatshop, e

una conseguente sostenitrice della riduzione delle ore lavorative e dei diritti dei bambini, oltre ad essere una riformatrice sociale.

allora taciuti o celati, fu in realtà facilitato dall’innalzamento generale dei livelli di istruzione e dalla produzione di massa dei quotidiani, in seguito all’introduzione e alla diffusione della

linotype. Jacob Riis, danese di origine ma immigrato negli Stati Uniti, reduce delle difficoltà

affrontate da chi approdava in una nuova realtà ed era costretto a integrarsi e a interiorizzare aspetti che non rientravano nella propria costruzione sociale della realtà o tipizzazione [Luckmann, Berger, 1966], denunciò, mediante la scrittura, i problemi di sovraffollamento abitativo e dello sfruttamento lavorativo, affinché “l’altra metà” ne fosse a conoscenza87. Egli riteneva prioritario agire sulla prevenzione di determinate condizioni piuttosto che sulla riparazione delle stesse, pensando che attraverso una loro conoscenza sarebbe stato possibile un intervento risolutivo. Bisognava dunque indagare sulle cause, agendo su di esse, al cospetto di una mera attenzione delle condizioni presenti.

Il social settlement, la Hull House di Jane Addams e il giornalismo di denuncia dei

muckrakers furono fenomeni segnati dal Progressive movement dell’epoca e che andarono ad

influire sulla realizzazione della Pittsburgh Survey, iniziata nel 1907 e gestita da Paul Kellogg (editore della rivista Charities and Commons), la quale può ritenersi l’anticipatrice delle ricerche sociologiche, perché in grado di presentare le condizioni di vita di Pittsburgh, attraverso l’impiego di dati, diagrammi e fotografie. Essa fu finanziata dall’associazione filantropica Russell Sage Foundation, affinché, dopo aver avuto contezza di quella realtà, si indirizzasse un intervento in grado di migliorare le condizioni presenti. A causa dell’immane portata lavorativa che tale survey richiedeva, Kellogg fu costretto a individuare un gruppo di ricerca e a destinare ai suoi membri mansioni specifiche. La ricerca sul campo terminò nel 1909, con la pubblicazione, tra il 1909 e il 1914, di sei volumi. I risultati ai quali la ricerca giunse possono essere sintetizzati nel modo seguente: gli abitanti di Pittsburgh erano costretti a lavorare fino a un massimo di 12 ore giornaliere, ricevendo un corrispettivo salariale talmente basso da non garantire l’espletamento di specifiche condizioni di vita. Inoltre, le istituzioni sociali e scolastiche erano arcaiche e l’etnia dei lavoratori, nella maggior parte dei casi, era europea. Questi ultimi, infatti, attratti da stipendi più alti rispetto a quelli che avrebbero ricevuto nel paese natio, abbandonavano la propria realtà per giungere negli Stati Uniti e trovarsi costretti a condizioni lavorative e abitative talmente inadeguate che influivano di conseguenza sulla loro salute. Gli esiti di quello studio furono attuati in soluzioni ben specifiche. Furono, infatti, costruiti campi da gioco, un ospedale per la tubercolosi, un altro depuratore e altre fogne, un inceneritore per i rifiuti e strade più ampie. Quella di Pittsburgh,

87 How the Other Half Lives: Studies Among the Tenements of New York del 1890 è il volume di denuncia in

però, non era una condizione locale, ma «[…] un problema di dimensioni nazionale rispetto allo sviluppo urbano […] [alla] costruzione della città e all’assetto urbano […]» [Rauty, 2004: 158]. Da quel momento in poi, furono promulgate una serie di riforme che avrebbero appunto generato un mutamento della condizione urbana e consentito un controllo reciproco tra cittadini e ambiente politico88 [cfr. Diner, 1998]. Anche il suffragio femminile fu ritenuto un aspetto particolarmente importante; tra il 1911 e il 1914, infatti, gli Stati della California, dell’Oregon, del Kansas, dell’Arizona, del Montana e del Nevada, adottarono il suffragio femminile [Ivi]. Il partito progressista e Wilson furono aperti sostenitori della causa, ma costretti momentaneamente a posticipare la questione, perché intenti ad affrontare l’entrata degli Stati Uniti in guerra e a concentrare la maggior parte delle risorse sulla politica estera.

Nel corso della Grande Guerra, la sola mobilitazione di uomini e di materiali non era più sufficiente; da quel momento in poi, i conflitti assunsero una funzione completamente diversa rispetto al passato, manifestandosi la contemporanea esigenza di una mobilitazione ideologica [Lasswell, 1938; Strizzolo, Ianniello, n.d.]. Furono pertanto istituiti degli organismi ad hoc e introdotte, all’interno delle istituzioni impiegate all’estero, degli uffici che si occupassero in maniera specifica di propaganda. Il Presidente Wilson istituì pertanto un Comitato di Pubblica Informazione, utilizzando inoltre le istituzioni umanitarie, come la Croce Rossa e l’YMCA, nella diffusione all’estero di un’immagine positiva degli Stati Uniti. L’esistenza alla base di un’istituzione umanitaria come quella della Croce Rossa di principi concernenti l’umanità, la volontarietà e l’imparzialità, fece in modo che gli organismi politici la utilizzassero non solo secondo le finalità alle quali il ginevrino Henry Dunant l’aveva destinata, ma anche in termini di divulgazione e di propagazione nazionale. In altre parole, la possibilità che la Croce Rossa intervenisse in pace e in guerra, dunque come forma di assistenza sia in caso di pericoli che di rischi, sia lungo il territorio autoctono che all’estero, ha influito in un suo utilizzo non solo in termini di “relief”, ma anche di “diplomacy”.

Il fatto che il numero di persone aderenti alla Croce Rossa Americana crebbe sempre più [cfr. Irwin, 2013; Dock et al., 1922] non può essere ignorato. Lo studioso Bruce, già nel 1919, offrì una lettura al riguardo; parlò di “movimento della Croce Rossa” e di fenomeno sociale con una portata comparabile a un contagio psichico. Per lo studioso, la realizzazione di una campagna propagandistica focalizzata sul senso civico e sull’intervento a favore dell’umanità, aveva influito in maniera generale sul subconscio e sul desiderio di rispondere al messaggio

88 Furono promulgate leggi atte a ridurre i turni lavorativi delle donne a 8 ore, ad aumentare le paghe e le

propinato. «[…] the suggested idea “Give to the Red Cross, work for the Red Cross, sacrifice for the Red Cross”, must have accorded with the deepseated and intense desires […]» [Bruce, 1919: 60]. L’enorme portata del conflitto mondiale, unita alla consapevolezza di un coinvolgimento diretto non solo del singolo e del proprio Stato ma dell’intera umanità, influiva talmente sul proprio senso di solidarietà che donne e uomini decisero di fornire un loro contributo.

Prima però di concentrarci sull’illustrazione dell’azione propagandista realizzata da Wilson, particolarmente in territorio italiano, e sulla funzione che la Croce Rossa Americana ebbe in tal senso, sembra preliminare una breve disamina sulla diffusione e sull’immagazzinamento del mito e del sogno americano che era andato diffondendosi tra gli italiani prima dello scoppio del primo conflitto mondiale e che avrebbe facilitato l’accettazione della campagna propinata dalla Croce Rossa Americana. La studiosa Rossini [2008] attribuisce, ad esempio, grande importanza alla credibilità che gli italiani rivolsero alla “cultura orale” e a quelle idee tramandate da chi asseriva di avere esperienza del “Nuovo Mondo”. Il fascino verso una terra sconosciuta e l’ignoranza nei suoi riguardi, a causa soprattutto delle poche informazioni presenti, portavano gli italiani a credere indistintamente a tutti ciò che circolava su “La Merica”.

Nel periodo caratterizzante la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, le lettere e i diari risultavano i mezzi di comunicazione principalmente utilizzati [cfr. Thomas, Znaniecki, 1918- 1920]. La possibilità di fornire informazioni di sé e della propria quotidianità, sentendosi, allo stesso tempo, vicini ai propri affetti, sarebbe una delle motivazioni alla base di una simile espansione. Il fatto che tale pratica si sia particolarmente diffusa tra le masse di contadini o di persone non altamente scolarizzate, non fa ravvisare una correlazione con lo sviluppo dell’alfabetizzazione, ma l’esistenza di una necessità comunicativa [Gibelli, Caffarena, 2001]. «[…] il “gesto separatorio” dell’emigrazione (nelle sue varianti di distacco temporaneo o permanente, di breve o di lungo raggio) [ha determinato] premesse e condizioni dell’“immensa produzione” testuale […]» [Franzina, 1989: 26; cit. in Gibelli, Caffarena, 2001: 564]. La lettera, infatti, assurgendo come confine tra oralità e scrittura, consentiva e favoriva un dialogo a distanza e il mantenimento di legami e rapporti altrimenti impossibili.

L’esistenza, dunque, delle testimonianze dei primi italiani giunti in territorio statunitense, unita all’ignoranza generale sul “Nuovo Mondo”, avrebbe favorito l’insediamento di un ideale specifico e la successiva considerazione ottimista degli Stati Uniti e di Wilson.

I primi immigrati italiani giunsero negli Stati Uniti alla fine del 187089; solitamente si trattava di contadini del nord, con una pregressa esperienza di emigrazione in Europa, spinti, nella maggioranza dei casi, da motivazioni economiche e dall’incapacità di poter garantire un sostentamento continuo a sé e alla propria famiglia [Rossini, 2008]. A causa di un’inconsapevolezza diffusa sulle caratteristiche e sugli aspetti peculiari degli Stati Uniti d’America, si partiva senza saper bene cosa si stesse facendo e cosa si andasse a fare; l’unica assistenza che veniva loro fornita riguardava la comunicazione e l’intermediazione con le istituzioni pubbliche da parte di personale dell’emigrazione appositamente individuato. Gli intenzionati ad abbandonare l’Italia, nella totalità dei casi, erano o analfabeti o comunque con un livello di istruzione tale da non capire le procedure necessarie da seguire e, per tali motivi, necessitavano di aiuto. Essi si affidavano completamente a questi “intermediari”, ritenendo le idee che circolavano sulla vita confortevole americana, in cambio di poco lavoro, come reali. Negli anni che precedettero lo scoppio del conflitto mondiale, l’immigrazione si intensificò sempre più, estendendosi anche agli italiani del sud. Fu proprio da quel momento in poi, soprattutto con la concomitante diffusione della corrispondenza, che andò sempre più materializzandosi il “mito americano”. La lettura delle lettere che arrivavano dall’America assunse un aspetto ricreativo, gioviale e sociale: era proprio attraverso la collettività che si fomentavano quelle idee protese all’idealizzazione degli Stati Uniti. Le persone si riunivano per leggere ad alta voce e far sapere a tutti i vicini quali fossero le “novità dall’America”, con la possibilità di trovare anche delle evidenze pratiche, come dollari, fotografie o il proprio biglietto di viaggio, e garantire maggiore credibilità.

Da una testimonianza di un figlio di immigrati italiani in Colorado, il quale richiama alla mente cosa accadeva nella sua realtà provinciale prima che lui e la sua famiglia emigrassero negli Stati Uniti, si evince esattamente quanto il radicamento di una visione ottimistica di quella realtà dipendesse dall’attribuzione di validità e di credibilità nei riguardi della cultura orale [Fanzina, 1992: 131-132; cit. in Rossini, 2008: 29]:

tutti i mesi uno dei fratelli di mio padre inviava a casa una lettera. Mio padre le leggeva avidamente, così come facevano tutti i compaesani. Solitamente, essi si riunivano a casa di mio nonno ogniqualvolta arrivava dal Nuovo Mondo una di queste magiche missive, per leggere e rileggere gli incredibili racconti dell’America, contenenti in queste lettere, e annuire, mormorare vivacemente, mostrando a volte approvazione o esclamazioni incredule.

89 Sebbene l’emigrazione dall’Europa verso gli Stati Uniti iniziò ad intensificarsi nel 1820, essa aumentò

considerevolmente dalla fine del 1870 [Franzina, 2003]. Le statistiche, infatti, mostrano un’escalation periodica di degno interesse. Nel caso degli italiani, ad esempio, se tra il 1820 e il 1830 ne approdarono 438, nel 1870 si

Pertanto, il radicamento di un’idea ottimista del paese d’oltreoceano, unito al carisma di Wilson e alla situazione politica e sociale presente in Italia con lo scoppio del primo conflitto mondiale, risultano i fattori alla base del successo della campagna propagandista realizzata dalla Croce Rossa Americana e dagli altri organismi impiegati in tal senso90.

A questo punto della nostra riflessione, sorgono spontanee le seguenti domande: perché il Presidente investì così tanto tempo, denaro e personale nella diffusione di un’immagine positiva degli Stati Uniti? Perché la Croce Rossa Americana fu uno dei principali organismi di diffusione? Per rispondere al primo quesito, bisogna richiamare alla mente gli eventi storici che si susseguirono nel corso del primo conflitto mondiale. Parallelamente allo svolgersi della guerra, si ebbe in Russia una rivoluzione che modificò radicalmente la struttura politica dell’impero e che portò alla fine dello zarismo. Il malcontento popolare e militare nei riguardi della guerra, unito all’incitamento da parte dei bolscevichi di abbandonare le idee guerrafondaie e sposare quelle rivoluzionarie, favorirono l’uscita di scena della Russia dal conflitto e il diffondersi di un’ideologia diametralmente opposta a quella statunitense. Inoltre, la paura che tale episodio fosse da tramite e da esempio nelle altre realtà nazionali e il successivo pericolo che il comunismo si diffondesse a scapito della democrazia e degli ideali di libertà wilsonsiani, che il Presidente pensò bene di realizzare una campagna propagandista diffusiva e cospicua91. L’Italia fu ritenuto il paese all’interno del quale lavorare maggiormente, perché, in concomitanza alla disfatta di Caporetto e alla presenza diffusa tra i civili e i militari di un animo ormai demoralizzato, andavano rinvigorendosi sempre più due posizioni: “fare come in Russia”92 o istituire uno stato di anarchia, il quale avrebbe reso la

90 In concomitanza all’ingresso degli Stati Uniti in guerra, precisamente il 13 aprile 1917, Wilson istituì il

CPI (U.S. Committee on Public Information), nominando come presidente il giornalista progressista George Creel. Egli aveva dedicato la sua vita all’attivismo politico e al sostegno di cause come il suffragio femminile e la corruzione in politica e, grazie alla lealtà dimostrata nei riguardi del Presidente, si guadagnò l’incarico di dirigere gli affari pubblici statunitensi. La sua idea di base non si concentrava sulla censura e sulla repressione, ma sulla diffusione e propagazione del messaggio wilsonsiano sia in territorio statunitense sia all’estero. Oltre all’impiego del CPI e dell’American Red Cross, Wilson si servì anche della YMCA (Young Men’s Christian

Association), la quale, così come la Croce Rossa Americana, si occupava dell’assistenza americana nei paesi

colpiti dalla guerra [Nigro, 1999].

91 Lasswell [1938] definisce Wilson e Lenin come i principali rivoluzionari dell’epoca. Con i loro discorsi

pubblici facevano proseliti a livello mondiale, fino a porsi come i fautori degli eventi storici che si sarebbero manifestati nel corso del XX secolo. Per lo studioso, il fatto che Wilson fosse il primo statista a rivolgersi al cuore e all’animo delle persone e a far perno su sentimenti ignorati completamente dai politici precedenti, che gli permette di riconoscergli una capacità senza eguali.

92 Lo studioso e diplomatico Nigro [1999] ritiene che quel malcontento generale sarebbe stato riportato a

Wilson dall’Ambasciatore americano a Roma Thomas Nelson Page, il quale, in concomitanza alla disfatta di Caporetto, constatò il diffondersi di idee rivoluzionarie comuniste, pacifiste e socialiste, e il successivo timore che potesse manifestarsi una situazione simile a quella presente in Russia. Page «[…] wrote to Secretary of State Robert Lansing that “propaganda is of increasing importance […] We should have propaganda here”» [Nigro, 1999: 14]. In concomitanza alla campagna di propaganda che verrà condotta da Wilson, Page istituì all’interno

situazione “semplicemente infernale”93. Difatti, così come evidenziato da Bakewell [1920] e da Herron94, sia tra i civili che tra i militari si era sviluppata una corrente pro-tedesca, protesa a screditare gli intenti proclamati dagli Stati Uniti, ritenendoli espressamente propagandisti e strategici.

Da un’analisi fornita dagli intellettuali Charles Edwar Merriam95 e Gino Charles Speranza, la situazione risultava leggermente più complessa e, per evitare una possibile degenerazione, garantendo, allo stesso tempo, una considerazione positiva degli Stati Uniti, Wilson doveva comprendere appieno quale fosse la volontà popolare e far perno su quest’ultima. Essi sostenevano che, in seguito allo scoppio del primo conflitto mondiale e alla creazione di due fazioni opposte (interventisti e neutralisti/pacifisti), si assistette ad una profonda crisi politica e sociale, la quale sarebbe potuta o peggiorare nella minaccia e nella rivoluzione o migliorare con un profondo cambiamento e un successivo sviluppo. Da un lato, Merriam e Speranza riscontrarono lo sviluppo di una corrente “bolscevica” all’interno del PSI (Partito Socialista Italiano), mentre dall’altro una rigenerazione politica e un possibile profondo mutamento. Speranza specialmente, lavorando come corrispondente per il New York Evening Post e osservando in prima persona la realtà italiana, fu colui che parlò di “real Italy” e di “legal

Italy”. Nella prima espressione, egli riconobbe gli interventisti e coloro che avevano

intenzione di riformare la situazione politica corrente, opponendosi al vecchio predominio giolittiano, mentre con l’espressione “legal Italy” faceva riferimento ai neutralisti e ai sostenitori di una politica ormai arcaica e non in linea con i cambiamenti socioeconomici e culturali dell’epoca. All’interno dello stesso PSI, Speranza individuò una sezione vicina alla “real Italy” e ai bisogni concreti della popolazione e un’altra “legal Italy”, la quale, opponendosi ai precetti rivoluzionari comunisti e all’interventismo bellico, mostrava un maggiore conservatorismo e una non apertura ai cambiamenti che andavano interessando il territorio italiano.

dell’Ambasciata due uffici, gestiti da John Hearley (un giornalista americano) e da Gino Speranza (avvocato italoamericano), con la finalità di coadiuvare il lavoro intrapreso dal Presidente.

93 È in questi termini che George Herron descrive la realtà italiana in concomitanza alla disfatta di Caporetto.

Egli sostiene che, in seguito alla sconfitta subita, si fosse materializzato un malcontento generale e un