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Gli strumenti di monitoraggio del bilancio d'esercizio delle aziende sanitarie locali

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DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in Strategia Management e

Controllo

GLI STRUMENTI DI MONITORAGGIO DEL

BILANCIO DELLE AZIENDE SANITARIE

LOCALI

Relatore:

Chiar.mo Prof. SIMONE LAZZINI

Candidato: CATALDO POTENZI

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We don’t grow when things are easy, we grow when we face challenges.

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Indice

- INTRODUZIONE

- Capitolo I – IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

1. EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI SALUTE

1.1.1 Sanità nel periodo dell’unità d’Italia 1.1.2 La sanità dopo la Costituzione

1.2. LA NASCITA DEL SSN : L. 833/78

1.2.1 Principi, obiettivi e l’istituzione delle USL

1.2.2 Il Sistema di finanziamento

1.2.3 Principali debolezze della riforma

1.3 LA SECONDA RIFORMA SANITARIA : D.LGS 502/92

1.3.1 Il processo di aziendalizzazione e regionalizzazione, la Riforma Bindi 1.3.2 Il nuovo sistema di finanziamento

1.3.3 Gli organi dell’ASL 1.3.4 Il Ministero della Salute

- Capitolo II – IL BILANCIO E LA CONTABILITA’ DELLE ASL

2.1 IL SISTEMA CONTABILE ED IL PASSAGGIO ALLA CONTABILITA’ ANALITICA

2.1.1 La contabilità finanziaria

2.1.2 La contabilità economica - patrimoniale

2.2 IL BILANCIO D’ESERCIZIO, NORME E PRINCIPI

2.2.1 Stato Patrimoniale 2.2.2 Conto Economico 2.2.3 Nota Integrativa

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2.3 GLI STRUMENTI PER IL MONITORAGGIO DEL BILANCIO: IL BUDGET E IL SISTEMA DI REPORTING

2.3.1 Il Budget

2.3.2 Il sistema di Reporting

2.3.3 Il controllo di gestione: struttura e principi

- Capitolo III – LA SANITA’, UN SISTEMA IN CONTINUA EVOLUZIONE: IN

CHE DIREZIONE ANDREMO?

3.1 PROCESSO DI DIGITALIZZAZIONE: TELEMEDICINA E LA TESSERA SANITARIA

3.2 I PRINCIPALI INTERVENTI, COME SARA’ IL NUOVO SSN?

3.2.2 Confronto con gli altri paesi del globo

3.3 IL PROGRAMMA DI CAMBIAMENTO NELLA REALTA’ TOSCANA

- CONCLUSIONI

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INTRODUZIONE

Per poter giungere alla nascita del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) , bisogna far riferimento ad una serie di eventi caratterizzati da processi di innovazione, evoluzione, crescita, declino e ripresa.

Uno degli aspetti centrali del SSN è rappresentato dalla tutela della salute, che ha rivestito sempre un ruolo importante all’interno della società e viene considerata come un bene pubblico sulla base del quale viene valutata la sostanza e la qualità della vita raggiunta dalla società stessa.

La salute rappresenta, infatti, un bene che, una volta prodotto, non porta ad escludere nessuno dal suo utilizzo e che al tempo stesso non ne limita la disponibilità per un individuo nel momento in cui lo stesso sia consumato nel medesimo tempo da parte di un altro soggetto. Si attribuiscono, perciò, alla sanità le caratteristiche del bene non escludibile e non rivale.

Data la natura del bene in esame, lo Stato assume un ruolo di primaria importanza, un ruolo “sociale” e non a caso viene considerato come unico gestore della salute pubblica, come sancito dalla Legge 23 Dicembre 1978, n.833, considerata come la prima riforma sanitaria con la quale è stato istituito il Servizio Sanitario Nazionale e sono state apportate modifiche sia strutturali sia funzionali alla gestione della sanità, grazie anche all’introduzione delle cosiddette USL (Unità Sanitarie locali).

Con l’art.1 della Legge 833/78 si stabilisce che :

“ Il Servizio Sanitario Nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle

strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio. L’attuazione del SSN compete allo Stato, alle Regioni e agli Enti locali territoriali, garantendo la partecipazione dei cittadini.”

Le principali innovazioni introdotte dalla L. 833/78 possono essere analizzate sotto vari profili:

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1. Tecnico 2. Politico

3. Economico - Finanziario

Dal lato tecnico si fa riferimento essenzialmente al superamento del sistema assicurativo su base mutualistica, all’unificazione dei vari enti e alla creazione dei cosiddetti distretti sanitari di base, dal lato politico si evidenzia un decentramento dei poteri decisionali da un livello centrale ad un livello regionale- locale che porta, come detto in precedenza, alla nascita delle USL ed infine dal lato

economico/finanziario si rileva come è lo stesso Stato che finanzia e gestisce i vari

servizi sanitari attraverso una quota capitaria connessa al numero di cittadini da assistere.

Il principio su cui si basa il SSN è quello di dare ad ogni cittadino la stessa cosa a prescindere dalle differenze di bisogni e classi di età. Si parla di “ Principio di Egualitarismo”, previsto dall’art. 1, capo e titolo I della legge in parola che prescrive:

“ La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse

della collettività mediante il SSN. La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana …”,

principio sancito peraltro dall’art. 32 della Costituzione nel quali si afferma che:

“ La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Nonostante i cambiamenti introdotti, la L. 833/78 riscontrò ben presto delle problematiche entrando, infatti, in collisione soprattutto con il sistema economico – finanziario in ragione del crescente innalzamento dei costi di gestione del SSN, divenuti incontrollabili a causa della separazione dei poteri tra chi finanziava la spesa e chi la effettuava. Le Regioni si dimostrarono, in effetti, incapaci di porre in

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essere efficaci azioni di dimensionamento della spesa a causa della mancanza di strumenti adeguati di controllo.

Altro motivo di fallimento della riforma fu rappresentato dalla scarsa qualità delle prestazioni di assistenza che non soddisfacevano appieno le esigenze della popolazione.

Ciò, portò inizialmente a cercare di passare da un sistema di contributi sanitari erogati dallo Stato ad uno di fiscalizzazione generalizzata, ma questo non ebbe molto successo a causa delle necessità di bilancio che portarono ad estendere i contributi ed a trasformare il ruolo dei ticket, i quali vennero iniziati ad essere visti come strumento di compartecipazione dei pazienti al SSN.

Fu il preludio alla necessità di ricorrere a una seconda riforma sanitaria, che si ebbe nel 1992 con il D.Lgs 30 Dicembre 1992, n.52 con la quale si provvide al riordino della disciplina in materia sanitaria e ad un cambiamento nelle logiche e nei metodi per la gestione del sistema sanitario.

Tale D.Lgs, in seguito, fu modificato dal D.Lgs n.517 del 7 Dicembre 1993. I principali mutamenti introdotti riguardarono:

- Attivazione da un lato di un processo di “regionalizzazione” che attribuisce maggiori funzioni in materia di programmazione alle regioni, le quali sono viste come “Holding”, in raccordo con la neocostituita ARPA(Azienda

regionale per la protezione ambientale) e dell’altro di un processo di “aziendalizzazione” che consente di superare i vecchi sistemi di controllo

amministrativo attribuendo logiche, strumenti e principi di carattere privato e che segna il passaggio da USL ad ASL, dove quest’ultime sono considerate come vere e proprie aziende dotate di personalità giuridica pubblica e d’autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile e tecnica. - È ridimensionato il ruolo dello Stato, infatti, con l’art. 1 del D.Lgs n.502/92 si

prevede una semplificazione delle procedure relative al Piano Sanitario Nazionale (PSN) che passano dalla responsabilità dello Stato al Governo, prevedendo un PSN di durata triennale.

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- Identificazione da parte dello Stato, dei “livelli uniformi di assistenza”

(LUA) i quali vengono definiti come “insiemi di attività e prestazioni sanitarie che devono essere assicurati in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, tenendo conto dei dati epidemiologici e clinici della popolazione”.

Tali LUA dovevano essere garantiti obbligatoriamente dal SSN ai vari cittadini aventi diritto e dovevano essere definiti annualmente in relazione alla leggi finanziarie e all’ammontare massimo di risorse concesso per svolgere le attività sanitarie.

Con la legge 229/99, però, vengono introdotti i “livelli essenziali di

assistenza”(LEA) con i quali si definiscono i tetti minimi del servizio e non

più il livello omogeneo della prestazione, come accadeva nei LUA.

- Separazione dal punto di vista contabile–finanziario, degli interventi sanitari, a carico delle aziende sanitarie (ASL), da quelli socio-assistenziali di competenza degli enti locali.

Il processo di crescita/sviluppo del SSN si è compleato con l’emanazione di una terza riforma sanitaria, definita dal D.Lgs 19 Giugno 1999, n.229 conosciuta meglio come “Decreto Bindi” , con la quale si provvide a rafforzare la natura aziendale delle Asl e ad incentivare l’adozione di sistemi di responsabilizzazione sui risultati. Inoltre si attribuisce la possibilità al medico di decidere se operare internamente all’Asl come dipendente, in “via esclusiva” o in “non esclusiva”, o di operare in maniera autonoma come libero professionista.

Fino ad oggi il sistema sanitario è stato caratterizzato da continui cambiamenti ed innovazioni volti a seguire un piano di sviluppo di lungo periodo con l’intento, per il futuro prossimo, di raggiungere un’Asl sempre più grande e liquida e sempre più eterodiretta dalla regione ricorrendo ad un modello di un’unica azienda articolata in propri dipartimenti.

Ma tutto ciò porterà ad ottenere dei benefici o ci sarà il rischio di perdere contatto con i territori?

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CAPITOLO I: IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

1.1 EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI SALUTE

Il termine “Salute” è preso in considerazione per la prima volta nell’antica Grecia, con Ippocrate, ed è equiparato ad un fenomeno magico-religioso. In questa situazione si ha una medicina razionale fondata sull’osservazione.

In seguito i concetti di salute e malattia vengono ricondotti ad un filone scientifico portando a parlare per la prima volta di medicina scientifica.

Nasce così il modello bio-medico che poi si tramuterà, nel XX secolo, in un modello in cui la persona interagirà con l’ambiente circostante.

In Italia, la nascita della “sanità pubblica” viene fatta risalire al 1400, grazie a Gian Galeazzo Visconti che provvide alla fondazione dell’Offitium perquirendi et

exequedi expedientia circa conservationem sanitis civitatis nostre Mediolani

limitando così il contagio da epidemie.

Le date da segnare come punti cardini dell’evoluzione del concetto di salute in Italia, sono però essenzialmente due:

1. 1861 à Unità d’Italia

2. 1946 à Entrata in vigore della Costituzione

1.1.1 Sanità nel periodo dell’Unità d’Italia

Il 17 Marzo 1861 segna la nascita di un nuovo paese unificato, l’Italia.

L’unione dei vari territori italiani porta a dover modificare gli assetti della gestione e dell’amministrazione concernenti la salute, infatti, la competenza organizzativa dell’assistenza sanitaria, fu affidata a livello centrale al Ministero dell’interno e a livello locale ai sindaci, grazie alla prima normativa organica in materia sanitaria emanata con R.D 20 marzo 1865, n. 2248.

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dell’igiene e della polizia sanitaria, ossia la L.22 Dicembre 1888, n.5849 Icon la quale si istituì, internamente al Ministero dell’Interno una Direzione generale per la

salute.

In periferia, invece, a livello locale, vennero messi a disposizione dei sindaci e dei prefetti degli appositi Uffici sanitari provinciali, sancendo così l’uguaglianza di accesso ai trattamenti sanitari urgenti senza discriminazioni politiche o religiose. Tale processo d’unificazione, come detto prima, provocò un mutamento anche degli obiettivi e delle varie esigenze da dover soddisfare, portando a focalizzare l’attenzione sul garantire ed uniformare un’assistenza sanitaria ed ospedaliera.

Siccome la sopra richiamata legislazione non aveva portato, ai risultati sperati, anzi aveva esteso i limiti sulla capacità di controllo degli amministratori, si decise di emanare la Legge 17 Luglio 1890, n. 6972II , meglio conosciuta come Legge Crispi, che assunse una portata storica per la sanità e l’assistenza, ed infatti con tale

                                                                                                               

I TITOLO I

ORDINAMENTO DELL’AMMINISTRAZIONE E DELL’ASSISTENZA SANITARIA

Capo I : Degli uffici sanitari

Art. 1 à La tutela della sanità pubblica spetta al ministro dell’interno, e, sotto la sua dipendenza, ai prefetti, sottoprefetti ed ai sindaci

Art. 2 à E’ istituito presso il ministero dell’interno un consiglio superiore di sanità. In ogni provincia, alla dipendenza del prefetto, sarà un consiglio provinciale di sanità. Vi sarà pure un medico provinciale. In ogni

comune sarà un medico ufficiale sanitario.

TITOLO II

ESERCIZIO DELLE PROFESSIONI SANITARIE ED AFFINI

Art.22 à è sottoposto a vigilanza speciale l’esercizio :

- della medicina e chirurgia

- della veterinaria, farmacia e ostetricia

La vigilanza si estende sui titoli e modi che rendono legale e regolare l’esercizio delle professioni sanitarie e sulla preparazione, conservazione e vendita dei medicinali. Sono soggetti a vigilanza, rispetto alla sanità

pubblica :

- i droghieri, i profumieri, i colorari

- i liquoristi, i confettieri e i fabbricanti di prodotti chimici, di acque distillate o di ogni specie di sostanze alimentari

II  Norme sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza

I. Delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (artt. 1-3)

II. Degli amministratori e delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (artt.4-17) III. Dell’amministrazione e contabilità (artt.18-34)

IV. Della tutela (artt. 35-43)

V. Della vigilanza e ingerenza governativa (artt.44-53)

VI. Delle riforme nell’amministrazione e delle mutazioni nel fine (artt. 54-71) VII. Del domicilio di soccorso (artt.72-77)

VIII. Disposizioni generali (artt.78-88)

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disposizione gli ospedali e le case di riposo furono trasformati da enti privati in organismi di diritto pubblico, denominati : Istituti pubblici di assistenza e

beneficienza (IPAB).

Le altre principali innovazioni riguardarono :

- l’elezione dei consigli d’amministrazione era di competenza della Giunta municipale (art.5III)

- le IPAB erano obbligate ad erogare il domicilio di soccorso ai residenti da almeno 5 anni nei comuni (art.76IV) nonché agli stranieri (art.77V)

- un qualunque cittadino, o un gruppo di cittadini, aveva la possibilità di presentare un’azione giudiziale contro i Cda (art.82VI)

                                                                                                               

III Gli articoli, già sostituiti dall'art. 5, R.D. 30 dicembre 1923, n. 2841 e quindi modificati dalla L. 4 marzo

1928, n. 413, riguardavano la composizione delle Congregazioni di carità e devono intendersi abrogati per opera della L. 3 giugno 1937, n. 847, che istituendo l'Ente comunale di assistenza, ne ha stabilito all'art. 2 la composizione degli organi.

IV Le Congregazioni di carità e le altre istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, se dispongano dei

mezzi necessari, non possono rifiutare soccorsi urgenti, sotto pretesto che il povero non appartenga al Comune, ai termini degli articoli precedenti.

V Per la cura degli stranieri, gli ospedali hanno diritto al rimborso dal Governo nazionale, il quale, per rivalsa

verso i Governi esteri, provvedono secondo le convenzioni internazionali.

VISalve le disposizioni dell'allegato E alla L. 20 marzo 1865, n. 2248, e delle altre leggi che regolano la

competenza amministrativa e giudiziaria, ogni cittadino che appartenga, anche ai termini del capo VII della presente legge, alla Provincia, al Comune o alla frazione di esso, a cui la beneficenza si estende, può esercitare l'azione giudiziale nell'interesse dell'istituzione o dei poveri a cui beneficio è destinata: a) insieme con i rappresentanti la istituzione o in loro luogo e vece, per far valere contro i terzi i diritti spettanti alla istituzione o ai poveri;

b) contro i rappresentanti o amministratori della istituzione per far valere gli stessi diritti limitatamente però

agli oggetti seguenti:

1. Per far dichiarare la nullità della nomina o la decadenza dell’ufficio nei casi previsti dalla legge,

indipendentemente da ogni addebito di fatti dannosi;

2. Per far liquidare le obbligazioni in cui essi fossero incorsi e per conseguire l’adempimento, purché tali obbligazioni siano state, almeno in genere, precedentemente dichiarate per sentenza, o in alcuno dei

provvedimenti di cui agli artt. 29 e 30;

3. Per la costituzione di parte civile in giudizio penale, e per il conseguimento dell’indennità di ragione.

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Uno dei principali limiti della legge Crispi fu rappresentato dalle difficoltà di burocratizzare il sistema italiano di pubblica amministrazione ed inoltre si riscontrarono problematiche nella gestione finanziaria delle cosiddette I.P.A.B. Tanto che, al fine di evitarne il fallimento, con il R.D 30 Dicembre 1923, n.2841 se ne ridefinì sia l’assetto organizzativo sia gli aspetti legati allo svolgimento delle varie attività.

Gli anni successivi furono caratterizzati dalla creazione di un sistema assicurativo-previdenziale che fosse in grado di garantire l’assistenza sanitaria ai lavoratori avvenuta con l’attuazione del punto XXVII della Carta del Lavoro del 1927.

Si riscontrò anche il passaggio da “Casse di mutua assistenza” a “Casse mutue malattia”.

Tale passaggio comportò la nascita di istituti diversi con compiti previdenziali e sanitari, tra i quali l’INAIL(Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni), l’INPS (Istituto nazionale della previdenza sociale) e l’ENPAS (Ente nazionale di previdenza e assistenza per i dipendenti).

Il primo Testo Unico (T.U) delle leggi sanitarie, che coordinava l’intera materia, fu approvato con R.D 1907, n.603 e in seguito fu emanato, con R.D 27 Luglio 1934, n.1265 il nuovo T.U, con il quale si provvide alla sistematizzazione della produzione normativa precedente e alla fissazione delle funzione dei singoli organi dell’amministrazione sanitaria.

Sia la riforma ospedaliera sia il Testo unico rappresentarono i principi cardine dell’ordinamento sanitario fino agli anni della Repubblica.

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1.1.2 La sanità dopo la costituzione

Con l’entrata in vigore della Costituzione si riscontrarono dei cambiamenti nell’ordinamento e nel funzionamento del sistema sanitario italiano, anche se servirono diversi anni prima che l’organizzazione evolvesse in maniera adeguata. Il 1948 rappresenta l’anno di svolta anche della definizione del concetto stesso di salute a livello internazionale.

Fino a questo momento il concetto di Salute era stato equiparato all’assenza di malattie nell’individuo pertanto si riteneva che “ è sano chi non è ammalato e chi ha

malattie non è sano”. Nel 1948, anche alla luce della Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo, emanata a NY, il concetto di salute iniziò a tramutarsi in un

desiderio di pace, equità e di giustizia sociale.

Questa evoluzione si concretizzò con l’istituzione dell’Organizzazione Mondiale

della Salute (OMS), organo tecnico dell’ONU, deputata ai problemi concernenti la

salute pubblica in contatto con i Ministeri della Sanità pubblica dei vari paesi membri dell’organizzazioneVII.

Nello stesso anno, Ludovico d’Aragona, in qualità di Ministro del lavoro e della previdenza sociale della Repubblica, propose di attuare un processo di fusione delle varie gestioni creando un unico ente che avesse il potere di garantire la previdenza contro le malattie a tutti i lavoratori autonomi e indipendenti con esclusione dei disoccupati e dei sottoccupati. Questa proposta però non ebbe un grande successo a causa dei problemi legati agli interessi divergenti dei vari soggetti coinvolti.

In concomitanza con la nascita dell’organizzazione internazionale, quale l’ONU, in Italia viene promulgata la Costituzione della Repubblica Italiana, la quale all’art.32

                                                                                                               

VII  Art.1 OMS à “ la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non soltanto assenza di malattie o infermità. Il godimento del più alto standard di salute raggiungibile è uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano senza distinzione di razze, religione, credo politico, condizione economica o sociale. La salute di tutti i popoli è fondamentale per il raggiungimento della pace e sicurezza e dipende dalla più ampia cooperazione degli individui e degli Stati. L’impegno di ogni Stato nella promozione e protezione della salute è utile a tutti. Lo sviluppo diseguale tra i paesi nella promozione della salute e controllo delle malattie trasmissibili, rappresenta un pericolo per tutti.”

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sancisce in maniera esplicita la tutela in tema di salute per i cittadini.

L’obiettivo perseguito dalla norma era evidentemente quello di far nascere una nuova Sanità Pubblica che fosse in grado di tutelare, promuovere e garantire la salute della popolazione.

La successiva riforma fu emanata con Legge 13 Marzo 1958, n.296, che instituì il

Ministero della Sanità in sostituzione dell’ACIS (Alto Commissario per l'Igiene e la

Sanità pubblica).

Come si articolava il Ministero della Sanità?

Innanzitutto si differenziava rispetto al precedente organismo, per una direzione unica ed articolata, l’organizzazione prevedeva ad un livello centrate un organo a

carattere consultivo, il Consiglio Superiore di Sanità che coadiuvava il dicastero

nelle proprie funzioni, e un organo a carattere tecnico-scientifico, rappresentato dall’ Istituto Superiore della Sanità (ISS)VIII;

Era invece prevista ad un livello periferico la presenza di uffici di medici e veterinari provinciali, uffici sanitari e Consorzi dei Comuni nonché uffici sanitari specifici.

Tabella 1: La struttura del Ministero della Sanità

                                                                                                               

VIII  È un ente di diritto pubblico che ricopre il ruolo di organo tecnico-scientifico del SSN svolge funzioni di ricerca, sperimentazione, controllo, consulenza, documentazione e formazione in materia di salute pubblica.

LIVELLO CENTRALE LIVELLO PERIFERICO

- Consiglio Superiore della Sanità

- Istituto Superiore della Sanità

- Ufficio del medico provinciale - Ufficio del veterinario

provinciale

- Uffici sanitari dei comuni e dei consorzi comunali

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Gli anni a seguire furono caratterizzati dall’emanazione della riforma ospedalieraIX, nel 1968, e dal trasferimento delle principali funzioni e responsabilità di competenze dello Stato, alle Regioni, avvenuto con il D.P.R 616/77 con il quale si sancisce, appunto, il passaggio di alcune funzioni amministrative in materia di servizi sociali, assistenza sanitaria ed altre materie indicate nell’art.117 della Costituzione in favore delle Regioni, dei Comuni e delle Comunità montane.

Questo segna un grande passo verso la nascita del Servizio Sanitario Nazionale, istituito subito dopo, con la Legge n.833 del 23 Dicembre 1978.

                                                                                                               

IX  Venne promulgata con 2 principali leggi:

1. Legge 12 Febbraio n.132 à relativa agli Enti ospedalieri e assistenza ospedaliera, nota come LEGGE MARIOTTI

2. Legge 17 Febbraio n.108 à riguardante le norme per l’elezione dei consigli regionali delle regioni a statuto normale

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1.2 LA NASCITA DEL SSN: L. 833/78

Il Servizio Sanitario Nazionale nasce grazie all’emanazione della Legge 23 Dicembre 1978, n.833, definita anche come prima riforma sanitaria, con la quale si riesce a superare definitivamente il sistema assicurativo su base mutualistica. In base al dettato normativo confluiscono altresì nel SSN tutti gli enti con finalità assistenziali e si migliora il coordinamento tra ospedali e territorio.

Con l’entrata in vigore della legge 23 dicembre 1978, n. 833 furono inoltre istituiti, il Servizio centrale della programmazione sanitaria e l’Ufficio per l’attuazione del Servizio Sanitario Nazionale ed assunse la massima rilevanza il Consiglio Sanitario Nazionale (CSN)X - organo di consulenza e proposta nei confronti del Governo - poi soppresso con D. Lgs. 30 giugno 1993, n° 266.

La prima riforma sanitaria viene considerata come il cardine su cui è basato il Welfare State (stato sociale), cioè una nuova concezione dello Stato non più impegnato nella sola tutela delle libertà individuali, come accadeva nello Stato prettamente liberale, bensì orientato anche alla promozione umana e alla giustizia sociale. Questa nuova visione sposta il sistema dalla garanzia di un’uguaglianza formale verso una di tipo sostanziale.

L’assetto disegnato dal legislatore prevedeva la sovrapposizione di diversi centri autonomi di decisione, tra i quali:

1. lo STATO à o “governo centrale”, opera a livello centrale con funzioni di indirizzo generale e di coordinamento delle attività amministrative delle Regioni. Inoltre è ritenuto responsabile della programmazione nazionale. 2. le REGIONI à godono di competenze legislative in materia di assistenza

sanitaria, in conformità con quanto espresso dal dettato normativo dello Stato. Ciascuna Regione adempie all’obbligo di costituire i modelli organizzativi

                                                                                                               

X  Rappresenta un organo consultivo, composto da 40 membri nominati da diversi Ministeri e dalle Regioni, doveva esprimere un parere per tutti i provvedimenti rilevanti di politica sanitaria. Inoltre esercitava funzioni di proposta e di consulenza in favore del governo ed aveva l’obbligo di redigere una relazione annuale sull’andamento e sugli sviluppi del SSN.

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relativi alla gestione del personale.

3. i COMUNI à sono gli enti che garantiscono l’effettiva gestione ed

erogazione del servizio attraverso apposite strutture denominate Unità Sanitarie Locali (USL), nelle quali sono accorpati anche gli ospedali

1.2.1 Principi, obiettivi e l’istituzione delle Usl

Il Servizio Sanitario Nazionale, come sopra descrittoXI, rappresenta un sistema di strutture che ha l’obiettivo di fornire servizi e garantire a tutti i cittadini, senza distinzioni, l’accesso universale all’erogazione equa delle prestazioni sanitarie, nel rispetto di quanto disposto dall’art. 32 della Costituzione.

A tal proposito si possono individuare tre principi fondamentali di riferimento:

- Principio di universalità à in base al quale si garantiscono prestazioni sanitarie a tutti senza distinzione di condizioni sociali, economiche ed individuali. Il SSN applica questo principio attraverso la promozione, il mantenimento ed il recupero della salute fisica di tutta la popolazione mediante un’organizzazione operante su tutto il territorio nazionale, i cui servizi sono erogati direttamente dalle strutture convenzionate con il SSN;

- Principio di uguaglianza à in base al quale si afferma che a parità di bisogno tutti hanno diritto alle medesime prestazioni. I cittadini, infatti, devono accedere alle prestazioni del SSN senza nessuna distinzione sociale, individuale ed economica, e coloro che non rientrino in categorie esenti hanno l’obbligo di pagare un ticket che varia in relazione alla prestazione richiesta;

                                                                                                               

XI   Art.1 à Il Servizio Sanitario Nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino

l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio. L’attuazione del SSN compete allo Stato, alle Regioni e agli enti locali territoriali, garantendo la partecipazione dei cittadini.

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- Principio di globalità à in base al quale le persone devono essere

considerate nella loro entità fisica, alle quali deve essere garantita parità di accesso ai vari servizi in relazione di medesimi bisogni di salute. Si ricollega ai servizi sanitari di prevenzione, cura e riabilitazione che devono essere assicurati secondo qualità, efficienza, appropriatezza e trasparenza;

I principi definiti in precedenza rappresentano i cosiddetti principi fondamentali, ai quali si affiancano quelli organizzativi, che sono sempre definiti dalla L.833/78 e portano a garantire:

a. Uguaglianza dei cittadini e centralità della persona

b. Globalità degli interventi sanitari à Stato, Regioni ed enti locali, nei

rispettivi ambiti di competenza devono collaborare tra loro con l’obiettivo di assicurare su tutto il territorio condizioni di salute uniformi e livelli di prestazioni sanitarie accettabili;

c. Socialità dell’azione sanitaria à si deve garantire la professionalità dei

medici ed infermieri, non solo in senso tecnico ma anche in relazione alle capacità di interagire con i pazienti e nel rapportarsi con i vari colleghi di lavoro, al fine di migliorare la qualità e la trasparenza delle prestazioni;

d. Unitarietà del SSN à garantisce un’integrazione dell’assistenza sanitaria con

quella sociale nel momento in cui il cittadino richiede prestazioni sanitarie e protezione sociale;

Ai principi suddetti, ne possiamo aggiungere un altro, il Principio della

programmazione nazionale sanitaria, con il quale si ripartiscono compiti

responsabilità in tal modo:

- Stato à programmazione nazionale e finanziamento;

- Regioni à programmazione regionale, istituzione delle USL e attuazione del SSN;

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La legge in parola si prefigge anche di stabilire obiettivi di miglioramento del SSN con particolare riferimento a 3 principali ambiti di competenza:

- L’aspetto preventivo - L’aspetto riabilitativo

- Il coordinamento tra ospedale e territorio

A tal proposito, ci rifacciamo, l’art.2XII della legge 833/78, elenca espressamente gli obiettivi che il SSN è chiamato a soddisfare.

Tra i fondamentali si trovano:

1. Formazione di una moderna coscienza sanitaria sulla base di un’adeguata educazione sanitaria del cittadino e delle comunità;

2. La prevenzione delle malattie e degli infortuni in ogni ambito di vita e lavoro; 3. La diagnosi e la cura degli eventi morbosi;

4. La riabilitazione degli stati di invalidità e di inabilità somatica e psichica; 5. La promozione e la salvaguardia della salubrità e dell’igiene dell’ambiente

naturale di vita e di lavoro;

6. Una disciplina della sperimentazione, produzione, immissione in commercio e distribuzione dei farmaci e dell’informazione scientifica sugli stessi diretta

                                                                                                               

XII   La disposizione si articola anche di una seconda parte, che va a porre l’attenzione sulle competenze del SSN e più precisamente persegue vari obiettivi, tra i quali:

a) Superamento degli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie del paese;

b) La sicurezza del lavoro, con la partecipazione dei lavoratori e delle loro organizzazioni, per prevenire ed eliminare condizioni pregiudizievoli alla salute e per garantire nelle fabbriche e negli altri luoghi di lavoro gli strumenti ed i servizi necessari;  

c) Le scelte responsabili e consapevoli di procreazione e la tutela della maternità e dell’infanzia;   d) la promozione della salute nell’età evolutiva, garantendo l'attuazione dei servizi

medico-scolastici negli istituti di istruzione pubblica e privata di ogni ordine e grado, a partire dalla scuola materna, e favorendo con ogni mezzo l'integrazione dei soggetti handicappati;

e) La tutela sanitaria delle attività sportive;

f) La tutela della salute degli anziani al fine di prevenire le condizione che possono concorrere alla loro emarginazione;

g) Identificazione ed eliminazione delle cause degli inquinamenti dell’atmosfera, delle acque e del suolo.

(20)

ad assicurare l’efficacia terapeutica, la non nocività e l’economicità del prodotto;

7. La formazione professionale e permanente nonché l’aggiornamento scientifico culturale del personale del servizio sanitario nazionale.

Uno dei principali cambiamenti, se non il più importante, apportato dalla Legge 833/78 fu rappresentato dall’istituzione delle Unità Sanitarie Locali (USL) strutture che, coordinate dai Comuni, avevano il compito di controllare e garantire la corretta erogazione e gestione dei servizi.

L’USL veniva definita come: “ il complesso dei presidi, degli uffici, dei servizi dei

comuni singoli o associati, e delle comunità montane che in un ambito territoriale determinato, assolve ai compiti del Servizio Sanitario Nazionale. Rappresenta, inoltre, una struttura operativa del comune con propria autonomia organizzativa-amministrativa, contabile e contrattuale ”.

Le USL potevano essere comunali o intercomunali (presenti in particolare all’interno di comuni di piccole dimensioni) e erano dirette da un Comitato di

gestione composto da consiglieri comunali, che veniva eletto dall’Assemblea

generaleXIII assolveva al compito di compiere tutti gli atti amministrativi con la

possibilità di eleggere un presidente al suo interno. Il Presidente dell’USL poteva essere rappresentato o dal Sindaco o dall’assessore del Comune. All’interno dell’organigramma dell’Unità Sanitaria trovavamo anche un Collegio dei revisori, composto da 3 membri, dei quali uno designato dalla Regione e uno dal Ministero del tesoro. Le funzioni del Collegio dei revisori erano quelle di vigilare sulla conformità degli atti dell’USL sul rispetto delle disposizioni legislative, sulla gestione economica, finanziaria e patrimoniale, ed avevano le capacità per esprime valutazioni sul bilancio d’esercizio.

Le principali materie di competenza delle Usl erano rappresentate da:

                                                                                                               

XIII  È costituita dal Consiglio comunale, se l’ambito territoriale in cui opera l’USL coincide con quello del Comune o è parte di esse, mentre rileviamo un Assemblea generale dell’Associazione dei Comuni, se l’ambito territoriale dell’USL corrisponde a quello complessivo dei Comuni associati. La principale funzione che viene svolta è quella di fissare il programma della attività delle USL.

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- Interventi in educazione sanitaria

- Prevenzione individuale e collettiva delle malattie fisiche e psichiche

- Assistenza medica generica, specialistica ed infermieristica, domiciliare e ambulatoriale

- Protezione sanitaria

Le stesse materie sopra richiamate sono state riprese in considerazione nel momento della trasformazione delle Usl in Asl con la definizione di LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), suddivisi in tre aree alle quali vengono attribuiti specifici livelli di finanziamento:

Tabella 1.1: I Lea - Le attività di competenza delle Asl

                                                                                                               

XIV  Chiamati anche Sistemi ISO-RISORSE, permettono di individuare la prestazione e con il prodotto di rilevare il costo. Portano ad adottare un sistema di pianificazione più sofisticato per poter remunerare le strutture sanitarie e per far scegliere al cittadino dove curarsi.

Attività di Prevenzione Attività

Distrettuale/Territoriale Attività di Degenza

Riguarda tutte le patologie croniche, è attribuito il 5% delle risorse in conformità a quanto stabilito dal legislatore. Si

istituiscono apposite strutture per svolgere tali attività.

È attribuito il 50% delle risorse, la % è maggiore in quanto il costo è più

elevato. All’interno troviamo: - MEDICI DI MEDICINA GENERALI - VETERINARI - ATTIVITA’ SOCIO-SANITARIE - ATTIVITA’ DI TUTELA DELLA SICUREZZA NEL LAVORO È attribuito il 45% di risorse. All’interno troviamo i cosiddetti DRG XIV(Diagnosis Related Groups, ovvero Raggruppamenti

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1.2.2 Il sistema di finanziamento

La legge istitutiva del SSN, ha rappresentato il primo tentativo di dare un’organica strutturazione al finanziamento della sanità . Il modello di riferimento era composto, come abbiamo visto in precedenza, dalla combinazione di tre centri autonomi: lo STATO, le REGIONI e i COMUNI. Lo Stato era l’ente deputato in modo principale alla programmazione nazionale, attutata mediante la ripartizione delle risorse tra Regioni e Usl, al fine di garantire un’omogeneità di trattamento ai cittadini.

Il PSN era approvato con delibera del Parlamento e secondo quanto disposto dall’art.53 della Legge 833/78XV doveva contenere diversi aspetti, tra i quali:

- Gli obiettivi da realizzare

- Gli standard per la ripartizione del FSNXVI tra le Regioni con l’obiettivo di garantire un’omogenea distribuzione ed organizzazione dei servizi

- Gli indirizzi per la ripartizione, in favore delle USL, della quota del FSN assegnata alle Regioni.

- Le norme per la compilazione dei PSRXVII

Il meccanismo di finanziamento finora descritto si basava su un sistema verticale nel quale in primis si andava a definire l’ammontare complessivo delle risorse a

                                                                                                               

XV  Prevedeva che fosse il Governo a predisporre il PSN su proposta del Ministro della Sanità, sentito anche il Consiglio Sanitario Nazionale. Ha durata triennale e può essere modificato nel corso del triennio. Tale disposizione fu in seguito modificata dalla Legge 23 Ottobre 1985, n.595.

XVI  Il Fondo Sanitario Nazionale rappresenta un apposito capitolo nel Bilancio dello Stato nel quale

affluiscono le varie risorse finanziarie destinate a sostenere il servizio sanitario. Tale fondo viene iscritto fra le spese del Bilancio e si scompone in 2 parti:

1. FSN di parte corrente

2. FSN in conto capitale o per gli investimenti

Le fonti che andavano ad alimentare il FSN, definite dall’art.69 della Legge 833/78 erano rappresentate da: - Contribuzioni obbligatorie riscosse tramite INSP

- Contribuzioni dei lavoratori statali

- Entrate dirette delle USL e versamenti alle stesse da parte di Regioni ed enti locali

XVII  Piano Sanitario Regionale rappresenta il piano strategico degli interventi relativi agli obiettivi di salute e concernenti il funzionamento dei servizi per soddisfare le esigenze della popolazione regionale in relazione a quanto stabilito dal PSN. Le Regioni hanno 150 giorni per poter adeguare i propri piani sanitari, una volta entrato in vigore il PSN.

(23)

disposizione e soltanto successivamente si procedeva alla loro ripartizione mediante il ricorso alla quota capitariaXVIII.

Quota capitaria che veniva utilizzata sia per ripartire il FSN tra le varie Regioni, ricorrendo in tal caso ad un modello basato sulla spesa storica e popolazione

residente, sia per assegnare il finanziamento alle USL partendo, in questo caso, dal

FSR, utilizzando una quota capitaria corretta.

Il meccanismo appena descritto si può esprimere graficamente andando a schematizzare le varie relazioni tra gli enti partecipanti:

Schema 1: Il finanziamento

                                                                                                               

XVIII  È il principale strumento utilizzato nel sistema di finanziamento definito dalla Legge 833/78, porta a ripartire il FSN in relazione del numero di cittadini. Infatti la quota che lo Stato va ad assegnare alle Regioni come forma di finanziamento viene determinata:

FSN N° cittadini

In tal modo si definisce il valore spettante ad ogni cittadino ed in base poi al numero di cittadini residenti nella Regione di riferimento si determina l’ammontare del fondo regionale.

Contributi sanitari e Fiscalità - Entrate tributarie - Legge finanziaria - Bilancio dello Stato STATO REGIONI Fondo Sanitario Nazionale Fondo Sanitario Regionale USL USL USL Entrate proprie (es. Ticket)

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All’interno dell’impianto normativo si riscontrava però la presenza di una problematica non da poco, legata al fabbisogno.

Lo Stato avrebbe, infatti, dovuto fare una diagnosi sul fabbisogno per poi ripartire le varie risorse in base ai dati rilevati mediante la stesura di un Piano Sanitario Nazionale (PSN).

Piano Sanitario Nazionale che però trovava problemi nella sua redazione da parte dello Stato, che quindi, per determinare l’ammontare di risorse a disposizione ricorreva ad applicare un meccanismo adempimentale – incrementale, dove il finanziamento stesso era determinato in conformità a quanto ricevuto l’anno precedente più una percentuale di aumento del tasso medio d’inflazione.

Molto spesso, però, succedeva che i vari enti regionali e comunali, spendevano più di quello che ricevevano, richiedendo conseguentemente allo stato di ripianare il disavanzo creato. Questa circostanza era causata da una deresponsabilizzazione in materia di gestione delle risorse e portava lo stesso Stato a trovarsi in una situazione di disagio, in quanto, per risanare i conti doveva imputare questo costo direttamente sui cittadini, che erano costretti a pagare ingiustamente.

Il sistema, come disegnato dalla norma, s’ispirava alla visione universalistica e ugualitaria della tutela della salute, infatti, come visto prima, la distribuzione delle risorse avveniva tenendo conto delle esigenze degli assistiti. Tali politiche sanitarie si basavano quindi sulle scelte di politica economica statale e le risorse erano stanziate mediante l’approvazione annuale del Fondo Sanitario Nazionale.

Il finanziamento della sanità, era inoltre sorretto da principi di finanza derivata, con una forte centralizzazione a livello statale delle scelte di spesa, con lo scopo di garantire uniformità e tutela della salute.

Nonostante ciò, tale sistema portò a riscontrare uno scarso senso di responsabilità, in principale modo delle amministrazioni regionali e locali.

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1.2.3 Principali debolezze della riforma

La riforma sanitaria definita dalla L.833/78 entrò ben presto in conflitto con il sistema economico finanziario a causa della rapida crescita dei costi del SSN, dovuti alla separazione dei poteri tra chi effettuava la spesa e tra chi la finanziava, ossia tra Regioni e Stato.

Queste problematiche furono rimarcate anche dalla mancanza di standard minimi di assistenza, a tal proposito si rilevarono regioni che incrementarono il numero di presidi e servizi portando conseguentemente ad aumentare il disavanzo e a Regioni che a causa dell’aumento della domanda e dalle difficoltà di fornire risposte tempestive, riscontrano un peggioramento della qualità delle prestazioni.

Sintetizzando le problematiche connesse al SSN negli anni’80 troviamo :

- Incertezza e conflittualità nel raccordo fra livello di governo centrale e governo locale;

- Crisi del processo programmatorio riguardo alla determinazione degli obiettivi intermedi, della distribuzione delle risorse e concernenti l’attività di controllo;

- “Burocratizzazione” delle USL à si riscontrava una rigidità nelle procedure, una separazione tra aree sanitarie-amministrative-autoreferenziali che portava a rilevare un intervento della politica nella gestione;

- Mancanza di autonomia e direzione manageriale, a causa del disinteressamento di tale tema, e mancata determinazione puntuale delle aree di competenza e responsabilità politica e tecnica nell’organizzazione delle USL nonché della loro natura giuridica;

- De-responsabilizzazione finanziaria delle Regioni e delle USL à portano a focalizzare l’attenzione, in principale modo su questi aspetti:

1. Ritardi nella definizione e ripartizione del FSN

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3. Separazione tra responsabilità di spesa, per le USL, e finanziamento (Stato).

Con queste problematiche che caratterizzarono la riforma del ’78, si rimarcò la necessità di adottare una nuova disposizione, che prese il nome di “seconda riforma sanitaria”.

Emanata con il D.Lgs 30 Dicembre 1992, n.502, l’adozione di tale normativa comportò l’estromissione degli Enti Locali dall’organizzazione della sanità pubblica e l’attribuzione delle funzioni amministrative e legislative alle RegioniXIX.

                                                                                                               

XIX  Definito dall’art.2 del D.Lgs 502/92 in seguito modificato dal D.Lgs 517/93, coerentemente a quanto disposto nell’art.117 della Costituzione allora vigente.

(27)

1.3 LA SECONDA RIFORMA SANITARIA : D.LGS 502/92

Con l’avvento degli anni ’90 si sentì il bisogno di mutare e di riordinare il SSN, in quanto con la L.833/78 si regolamentava come l’assegnazione delle risorse alle Regioni avvenisse mediante il ricorso ad un processo denominato di “spesa storica”, cioè l’attribuzione dei finanziamenti dipendeva essenzialmente dalle esigenze di bilancio delle amministrazioni e non tanto dai reali bisogni della comunità e dalla domanda di salute, e questo, non spingeva di certo le Regioni ad effettuare corrette valutazioni sull’impiego dei mezzi a disposizione.

E proprio grazie a queste distorsioni che nacque l’esigenza di razionalizzare la spesa sanitaria e di ordinare l’intera materia. Tale riordino prese avvio con l’emanazione del D.Lgs 502/92, successivamente modificato dal D.Lgs 517/93, e dal D.Lgs 229/99, meglio conosciuta come “terza riforma sanitaria” e più precisamente come

“Decreto Bindi”, con i quali si tentò di rimodulare il sistema di finanziamento

sanitario, ridimensionando in particolare modo il ruolo del FSN.

Uno dei principali cambiamenti apportati dalle riforme sopracitate fu l’introduzione dei cosiddetti “Livelli essenziali ed uniformi di assistenza” XX con i quali si andarono a definire le prestazioni che dovevano essere assicurate dal SSN.

Questa innovazione ebbe ripercussioni anche in tema di finanziamento della sanità, perché vi erano differenze se le risorse erano stanziate per i LEA o per prestazioni extra-LEA.

Nel primo caso, la spesa era finanziata con il FSN unitamente ad altre risorse, quali, ad esempio, le entrate delle singole Asl o i contributi sanitari regionalizzati, nel

                                                                                                               

XX  LEA la cui determinazione è rimandata al D.L n. 347 del 2001, poi convertito in L. 405/2001, fonte secondaria da concertarsi in sede di Conferenza Stato-Regioni; determinazione avvenuta con il d.p.c.m 29 novembre 2001, che ha suddiviso i livelli di assistenza in tre aree:

1. Assistenza sanitaria in ambiente di vita e di lavoro 2. Assistenza distrettuale

3. Assistenza ospedaliera

LEA si differenzia dai LUA, cioè dai Livelli Uniformi di Assistenza, perché questi ultimi rappresentano un insieme di attività e prestazioni sanitarie che devono essere assicurati in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, tenendo conto dei dati epidemiologici e clinici della popolazione.

(28)

secondo caso, viceversa, le fonti prese in considerazione per l’erogazione delle varie prestazioni si legavano essenzialmente nell’autofinanziamento regionale.

In merito al D.Lgs 502/92, in qualità di esperto in materia interviene F.N Zavattaro:

“ La cosiddetta riforma-bis si proponeva di fornire nuove e più adeguate norme di governo, conseguendo:

- una migliore equità nell’erogazione delle prestazioni nelle diverse aree

geografiche tramite la definizione di livelli uniformi di assistenza;

- un maggior decentramento di poteri in favore delle Regioni;

- un maggior coinvolgimento della componente medica nella gestione;

- l’attribuzione di adeguati livelli di autonomia economica alle strutture

sanitarie;

- un finanziamento maggiormente connesso alla remunerazione delle

prestazioni erogate.”

Pur confermando i principi fondamentali introdotti dalla L.833/78, il decreto legislativo di riordino del ’92, modificato in seguito dal D.Lgs 517/93, focalizza l’attenzione su questi aspetti:

a. Globalità degli interventi b. Uguaglianza dei cittadini c. Tutela della salute

d. Unitarietà strutturale del SSN

e. Programmazione nazionale della attività sanitarie

e porta a riorganizzare il sistema sanitario in base alle prestazioni di base, specialistiche ed in base al sistema ospedaliero.

La nuova prospettiva d’azione prevede un mutamento del ruolo dello Stato ed uno snellimento delle procedure relative alla redazione del Piano Sanitario Nazionale. L’Art. 1 del D.Lgs 502/92 affermava infatti che : “ gli obiettivi fondamentali di

prevenzione, cura e riabilitazione devono essere assicurati a livello di spesa, nel rispetto degli obiettivi di programmazione socio-economica nazionale, attraverso il PSN.”

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La stessa norma prevede altersì che il PSN, di durata triennale, rappresenta il principale strumento di pianificazione, predisposto dal Governo una volta sentito il parere delle commissioni parlamentari permanenti, dal quale devono emergere:

- Le aree principali d’intervento

- I livelli uniformi di assistenza sanitaria - I progetti-obiettivo

- Le esigenze prioritarie in materia di ricerca scientifica

- Il finanziamento relativo a ciascun anno di validità del piano

Possono essere sintetizzate in 5 punti le principali modifiche apportate dalla seconda riforma sanitaria:

1. Attribuzione allo Stato di compiti di pianificazione in materia sanitaria, da attuarsi mediante l’approvazione del Piano Sanitario Nazionale;

2. Individuazione da parte dello Stato dei “livelli uniformi di assistenza” che dovevano essere garantiti obbligatoriamente dal SSN;

3. Attribuzione alle Regioni di funzioni di programmazione sanitaria, di finanziamento e di controllo di attività gestite dalle USL in conformità con l’Azienda Regionale per la Protezione Ambientale (ARPA). Processo definito di “Regionalizzazione”;

4. Trasformazione delle USL da unità operative dei Comuni, in aziende regionali denominate ASL, dotate di personalità giuridica e di autonomia organizzativa, amministrativa e patrimoniale. Processo di

“Aziendalizzazione”;

5. Creazione di un nuovo sistema di finanziamento basato su tariffe determinate dalle Regioni e con previsione separata degli interventi sanitari da quelli socio-assistenziali per fini contabili.

(30)

1.3.1 Il processo di aziendalizzazione e regionalizzazione,la riforma Bindi

Con l’avvento della seconda riforma sanitaria si va definendo un accordo tra Stato e Regioni, che prevede che queste ultime assumano una responsabilità finanziaria sempre più diretta e, contestualmente, anche un ruolo normativo e programmatorio sulla gestione dei servizi sanitari.

L’obiettivo è di creare apposite strutture aziendali configurate come enti della Regioni e dotate di personalità giuridica ed autonomia patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica, guidate da un organo monocratico, il Direttore Generale, secondo quanto disposto dall’art.3 del D.Lgs 502/92.

In tal senso, il riordino del sistema sanitario ha comportato l’attivazione sia di un processo di “aziendalizzazione” sia di “regionalizzazione”.

Introducendo il concetto di aziendalizzazione s'incomincia a parlare di “finalismo aziendale” dove lo scopo principale è quello di riuscire a rendere maggiormente produttive le risorse a disposizione nel medio-lungo periodo, s’inizia a utilizzare come strumento il Budget e tutto questo porta alla nascita dell’ ASL, Azienda Sanitarie Locali, che vanno a sostituire le precedenti USL, Unità Sanitarie Locali. L’Asl, viceversa, è considerata come un’azienda dotata di personalità giuridica pubblica e di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica. Si differenzia dalle precedenti USL poiché viene scorporata dai Comuni e nel sistema vengono individuati, anche le Aziende Ospedaliere che, unitamente alle Asl rappresentano i due principali erogatori della sanità.

Altre differenze sono riconducibili al fatto che le USL, nel sistema precedente rappresentavano un complesso di presidi, di uffici e servizi di comuni singoli o associati che assolvevano compiti del SSN, erano anche viste come strutture operative del Comune con propria autonomia amministrativa, contabile e contrattuale che non godevano del diritto di proprietà in quanto sottostavano al potere d’indirizzo politico – amministrativo esercitato su di esse dai Comuni.

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Per quanto concerne le Asl, esse assumono un duplice ruolo: quello di “soggetto

produttore”, riguardo alle prestazioni sanitarie, e di “soggetto acquirente-pagatore”

per le prestazioni acquisite da altri enti produttori che possono essere rappresentati da enti esterni, pubblici o privati. Le funzioni principali di competenza delle ASL attribuite dalla norma sono:

- Attività di degenza - Assistenza territoriale - Prevenzione

Le ASL, a livello territoriale, sono divise in :

- Distretti Sanitari à rappresentano generalmente strutture coincidenti con i territori delle precedenti USL. I temi d’interesse dei distretti, gestiti direttamente da un apposito Direttore, riguardano esclusivamente: l’assistenza sanitaria ambulatoriale, le attività concernenti la prevenzione e la cura e le attività o servizi rivolti ad anziani e disabili;

- Dipartimenti di Prevenzione à sono coordinati dai Distretti e costituiscono strutture operative dell’ASL con funzioni di prevenzione collettiva. Hanno l’obiettivo di ridurre i rischi di malattie;

- Presidi Ospedalieri à non rappresentano una vera e propria azienda e dipendono dall’ASL di competenza si differenziano dalle Aziende Ospedaliere per il fatto che quest’ultime sono dotate di personalità giuridica e di autonomia imprenditoriale.

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Le Aziende Ospedaliere raffigurano, invece, ospedali di rilievo nazionale di alta specializzazione, equiparati alle ASL giacché hanno la loro stessa organizzazione configurandosi al tempo stesso come aziende dotate di personalità giuridica ed autonomia economico-finanziaria, con al vertice un Direttore Generale per la gestione.

A differenze delle ASL svolgono esclusivamente funzioni di erogazione di prestazioni.

Gli attori coinvolti in questo nuovo sistema sono rappresentati essenzialmente da tre Soggetti:

Schema 1.2: Gli attori coinvolti

La differenza rispetto al precedente sistema, strutturato secondo lo schema seguente, risulta essere sostanziale:

PAGATORE

PROVIDER (EROGATORE)

BENEFICIARIO DEL SERVIZIO

(33)

Schema 1.3: Gli attori con la prima riforma

L’ulteriore processo attivatosi con la seconda riforma sanitaria porta ad evidenziare un mutamento del ruolo e delle funzioni delle Regioni. Si parla di

“Regionalizzazione”. GOVERNO MINISTERO DELLA SANITA’ REGIONE USL COMUNI - IPAB - CITTADINI - OPERATORI - SINDACATI

Fissa i livelli delle prestazioni uniformi su tutto il territorio ed adempie alla programmazione economica della spesa

Svolge la funzione di indirizzo e coordinamento delle attività amministrative delle Regioni

Svolge una funzione legislativa in ambito dell’assistenza

sanitaria ed ospedaliera al fine di garantire il rispetto dei principi stabiliti dallo Stato

S’interessano di tutte le funzioni amministrative di assistenza sanitaria ed ospedaliere non ricoperte dallo Stato o dalle Regioni

Rappresentano le strutture con le quali si garantisce l’erogazione dei servizi sanitari. Gli elementi caratterizzanti sono la prevenzione, l’educazione, l’assistenza e l’igiene.

(34)

Questo fenomeno segna il passaggio della titolarità della Sanità dallo Stato alle Regioni e rileva allo stesso tempo l’introduzione prima dei livelli uniformi(LUA) poi dei livelli essenziali d’assistenza (LEA), che si vengono ad attivare, attraverso :

- Presidi ospedalieri

- Aziende sanitarie – ospedaliere - universitarie

- IRCCS (Istituto di Ricovero e Cura a carattere Scientifico) - Tutti i soggetti accreditatiXXI

Da questo punto in poi le Regioni assumono le vesti di “soggetto economico” e hanno la possibilità di esercitare il potere guida e di controllo sulle strutture sanitarie.

Il passaggio di potere da Stato a Regioni segna un importante passo in avanti rispetto ai modelli precedenti in quanto in passato le Regioni non avendo strumenti necessari per controllare la spesa che si originava nelle USL, erano svincolate da qualsiasi forma di verifica, si limitavano ad assumere, una funzione di “arbitro del sistema” dove al centro del modello erano situate le protagoniste del funzionamento degli apparati sanitari, le USL. Questa separazione aveva favorito una forte deresponsabilizzazione con particolare riferimento alle problematiche legate ai vincoli di bilancio.

Le Regioni iniziano ad essere viste per la prima volta come HOLDING/CAPOGRUPPO e la logica che si viene ad implementare è una logica di gruppo aziendale nella quale l’obiettivo principale è quello di garantire una maggiore integrazione organizzativa ed una condivisione delle risorse.

In altre parole, il ruolo delle Regioni consiste nel definire sia per le ASL sia per le Aziende Ospedaliere:

- I principi di organizzazione sanitaria - I criteri di finanziamento

- Nomina dei Direttori Generali

- I sistemi di controllo di gestione e valutazione

                                                                                                               

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- Le normative inerenti la gestione economica, finanziaria e patrimoniale - Le attività di supporto e promozione

L’art.2 del D.Lgs 502/1992 stabilisce, nel comma 1, che :

“Spettano alle Regioni e alle Province autonome, nel rispetto dei principi stabiliti dalle leggi nazionali, le funzioni legislative ed amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera”, prosegue sancendo, nel comma 2, che “Spettano in particolare modo alle Regioni la determinazione dei principi sull’organizzazione dei servizi e sull’attività destinata alla tutela della salute e dei criteri di finanziamento delle Usl e delle Aziende Ospedaliere, le attività di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle predette Usl ed aziende, anche in relazione al controllo di gestione e alla valutazione delle prestazioni sanitarie”.

Alle Regioni compete altresì il compito di riordinare il SSN mediante la redazione di un Piano Sanitario Regionale (PSRXXII), disponendo inoltre leggi volte a :

1. Unificare l’organizzazione sanitaria su base territoriale;

2. Coordinare l’intervento sanitario con gli interventi negli altri settori economici-sociali;

3. Assicurare la correlazione tra costi dei servizi e benefici.

Il modello istituito negli anni ’90 si caratterizza tra l’altro, per aver introdotto una direzione “monocratica” dove il Direttore Generale che veniva scelto direttamente dalla Regione aveva , a sua volta, il potere di nomina del Direttore Sanitario e Amministrativo.

                                                                                                               

XXII  Rappresenta il piano strategico degli interventi relativi agli obbiettivi di salute e concernenti il

funzionamento dei servizi per soddisfare le esigenze specifiche della popolazione regionale, in riferimento a quanto definito nel PSN. Le Regioni, entro 150 giorni dalla data di entrata in vigore del PSN, devono adottare o adeguare i propri piani sanitari regionali. A tal fine le Regioni inviano un progetto, di competenza della Giunta, al Ministero della Salute per ottenerne un parere. Lo scopo del PSR è quella di definire le linee di azione del PSN in relazione al raggiungimento degli obiettivi fissati nell’arco di un triennio, cioè degli obiettivi fissati nell’intero arco di durata del PSN.

(36)

In seguito vi è stato un rafforzamento degli organi di staff deputati al controllo di gestione, al marketing ecc, contraddistinti da un’elevata flessibilità, professionalità e rapporto fiduciario con la Direzione Generale.

Il percorso innovativo dell’intero sistema sanitario è stato poi completato mediante una “terza riforma sanitaria” sancita dal D.Lgs 19 Giugno 1999, n.229, meglio conosciuta come “ Riforma Bindi”, con la quale si è razionalizzato il Servizio Sanitario Nazionale rivisitando l’impianto normativo del D.Lgs 502/92 con un sostanziale affinamento.

Gli elementi di maggiore significatività che l’ultima norma introduce possono essere sintetizzati in questi punti:

1. Rafforzare il processo di aziendalizzazione delle ASL;

2. Introdurre il concetto di “ autonomia imprenditoriale” sia per quanto concerne le ASL sia gli Ospedali;

3. Rafforzare l’introduzione di sistemi di responsabilizzazione sui risultati; 4. Garantire un maggior coinvolgimento delle Autonomie Locali nella

programmazione sanitaria e nella verifica del raggiungimento degli obiettivi della salute;

5. Assoggettamento di tutte le strutture sanitarie ad un processo di accreditamento.

In conclusione, possiamo affermare che il principale obiettivo che si è cercato di raggiungere e soddisfare è stato quello di consolidare la funzione solidaristica e pubblicistica della sanità.

Se si effettua un’analisi sull’evoluzione di ASL e di A.O, si nota come, con il susseguirsi di riforme e Decreti Legislativi il numero di Aziende Sanitarie Locali operanti sul territorio è diminuito notevolmente, passando da un valore totale di 659 nel 1992 ad un misero 183 nel 2004.

Per quanto concerne, invece, l’evoluzione delle Aziende Ospedaliere notiamo come il numero delle stesse rimane più o meno immutato attestandosi intorno alla novantina, come dimostra la tabella 1.2 :

(37)

Tabella 1.2: Asl e A.O dal ’92 al 2004

Nella stessa, sono evidenziate in giallo, quelle Regioni in cui si sono riscontrati i tassi di diminuzione maggiori.

Il risultato complessivo di 183 ASL attive in Italia è determinato prevalentemente dai valori rilevati nelle Regioni della Lombardia, Emilia Romagna, Lazio, Campania e Sicilia, mentre nella sola Puglia, si riscontra un calo minimo di Aziende Ospedaliere passate da 4 a 2 nel 2004.

In tutte le altre Regioni, i valori rimangono più o meno invariati, non alterando così il risultato finale.

Riferimenti

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