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Apollo e l'apollineo negli scritti di Platone

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Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

Corso di Laurea in Filosofia e Forme del Sapere

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Apollo e l'apollineo nelle opere di Platone

Relatore

Prof. Bruno Centrone

Correlatore

Dott. Federico Maria Petrucci

Candidato

Caterina Gori

(2)

A Giovanni,

il mio unico Apollo dai riccioli scuri

A tutte le Donne della mia vita, inesauribili fonti di amore:

Cristina, Beatrice, Sara, Giulia, Chiara, Anna, Elena, Lisa, Bianca, Elisa, Giovanna

A Caterina,

ciò che è stata, che è adesso, e alla meravigliosa Donna che sarà

(3)

Nomadi che cercano gli angoli della tranquillità nelle nebbie del nord e nei tumulti delle civiltà tra i chiaroscuri e la monotonia

dei giorni che passano camminatore che vai

cercando la pace al crepuscolo la troverai

alla fine della strada.

Lungo il transito dell'apparente dualità la pioggia di settembre

risveglia i vuoti della mia stanza ed i lamenti della solitudine si prolungano.

Come uno straniero non sento legami di sentimento. E me ne andrò

dalle città nell'attesa del risveglio. I viandanti vanno in cerca di ospitalità nei villaggi assolati

e nei bassifondi dell'immensità

e si addormentano sopra i guanciali della terra. Forestiero che cerchi la dimensione insondabile la troverai, fuori città

alla fine della strada. Franco Battiato, Nomadi

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INDICE

Introduzione 7

Capitolo I

Apollo nella cultura greca: una panoramica

1.1 Apollo dio della polarità 18

1.1.1 Apollo nel mito 20

1.1.2 Rappresentazioni di Apollo 23

1.1.3 Apollo e la sapienza 24

1.1.4 Dalla sapienza alla medicina alla taumaturgia 33

1.2 Conclusioni 35 Capitolo II Le Fonti 2.1 Omero 2.1.1 Iliade 36 2.1.2 Inni Omerici 39 2.2 Pindaro 47 2.3 Erodoto e le Storie 51 2.4 Conclusioni 56 Capitolo III

Apollo all'interno dei Dialoghi platonici

3.1 Apollo: divinità multiforme nella vita quotidiana della Grecia antica 58

3.2 L'Apologia di Socrate 58 3.3 Il Protagora 60 3.4 L'Eutidemo 66 3.5 Il Cratilo 71 3.6 Il Fedone 79 3.7 Il Simposio 87 3.8 Il Fedro 92 3.9 Il Timeo 100 3.10 Il Crizia 102 3.11 L'Assioco ovvero Della Morte 104 3.12 Conclusioni 109 Capitolo IV

Apollo all'interno della Repubblica platonica

4.1 Introduzione all'opera 112

(5)

4.3 Apollo e la critica alla mitologia nel II libro 117

4.4 Apollo e la concezione degli eroi nel III libro 124

4.5 Apollo nel IV libro 135

4.6 Apollo nel VI libro 138

4.7 Conclusioni 142

Capitolo V

Apollo nelle Leggi di Platone

5.1 Le Leggi e l'obiettivo politico 143

5.2 La Religione nelle Leggi 145

5.3 Apollo all'interno dei 12 libri delle Leggi 150

5.3.1 Il ruolo educativo della musica nel II libro delle Leggi 155

5.3.2 Il III libro delle Leggi 163

5.3.3 Il VI e il VII libro delle Leggi 165

5.3.4 Il libro VIII e IX delle Leggi 166

5.3.5 Gli ultimi libri delle Leggi 171

5.4 Conclusione al capitolo: la religione astrale nel libro X delle Leggi 174 Capitolo VI

Apollo nelle Epistole di Platone

6.1 Le Epistole e la Lettera XIII 175

6.2 Le Lettere e i viaggi in Sicilia 177

6.3 Lettera XIII 180

Capitolo VII L'aneddotica

7.1 Osservazioni preliminari 184

7.2 Pitagora e Platone: due filosofi sotto il segno di Apollo 184

7.3 Giamblico e la Vita Pitagorica 186

7.4 Porfirio e la Vita di Pitagora 190

7.5 Diogene Laerzio e le Vite dei Filosofi 193

7.5.1 Libro terzo: Platone 194 7.5.2 Libro ottavo: Pitagora 196

7.6 Prolegomeni alla filosofia di Platone 198

7.7 Platonica: THE ANECDOTES CONCERNING THE LIFE

AND WRITINGS OF PLATO 201

7.8 Conclusioni al capitolo 203

Conclusione 204

(6)
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INTRODUZIONE

Il fine di questa ricerca è quello di individuare i luoghi in cui Apollo viene chiamato in causa e la funzione filosofica che questi richiami al dio assumono. Apollo, benchè in modo complesso e plurivoco, incarna un preciso tipo di ideale che non solo ha avuto una decisiva risonanza nella filosofia antica, ma rappresenta ed ha rappresentato un modello, un riferimento per la divinazione e la sapienza oracolare, un paradigma di saggezza. Dunque, il mio intento è quello di individuare nel contesto platonico in che modo questa plurivocità di aspetti sia impegnata come strumento filosofico da Platone ogniqualvolta Apollo sia richiamato nei dialoghi.

Emergerà che, benchè in modo complesso, Platone sembra isolare e impiegare maggiormente una dimensione dell'apollineo, quella forse più pura, legata all'ordine, alla razionalità, e a ciò che non a caso oggi si definisce “apollineo”1.

Un primo passo necessario di questa indagine consiste nello stabilire alcune linee guida che gettino luce sul ruolo che Apollo ha nella cultura greca. Essa, in effetti, è permeata in innumerevoli aspetti - dalla musica, all'arte, alla poesia, alla scultura,- da caratteristiche proprie dell'ideale apollineo. Più nello specifico il capitolo primo riassume brevemente la leggenda mitologica della nascita di Apollo sull'Isola di Delo, avvenuta dopo i vagabondaggi della madre Latona perseguitata da Era, gelosa di Zeus e della sua permanenza nella terra degli Iperborei2. Apollo è inoltre legato a varie figure mitologiche come Helios, Marsia ed

anche Pitone, il serpente da lui sconfitt, a lui fanno capo differenti appellativi a seconda delle sue qualità via via attribuitegli nel tempo: il “raggiante”, il “soccorritore dei mali”. Apollo è inoltre il dio della musica, della danza, colui che soccorre dalle sventure3, ma ne è anche

1 Infatti il capitolo I “Apollo nella cultura Greca: una panoramica”, si apre con una citazione di Burkert, il quale intende sottolineare l'importanza dell'apollineo nell'impronta di avvio della religione olimpica.

(8)

foriero4: la duplicità è un elemento di forte fascino, che colpisce colui il quale, scoprendo

questa divinità, non potrà fare a meno di imbattersi in questa sua caratteristica. Il canto cultuale di Apollo è il peana, canto risanatore intonato per la prima volta a Delo per celebrare la vittoria del Dio sul mostro mitologico, Pitone5. Apollo è il kuros, il giovane bello e scolpito

nelle sculture classiche, la sapienza a lui consacrata è una delle più antiche nella nostra cultura: la fondazione del tempio di Delfi a lui consacrato risale al 1400 a.C. e nello stadio a fianco si svolgevano i famosi Giochi Pitici, che seguivano tre anni l'Olimpiade e prendevano il nome dalla Pizia, la sacerdotessa che pronunciava gli oracoli in nome di Apollo6. Apollo è il

più bell'esempio di un dio che esercitò per lungo tempo la massima influenza sulla vita religiosa della Grecia, pur senza far uso del suo potere per opprimere gli altri. Le due sezioni conclusive del primo capitolo sono dedicate rispettivamente: la prima agli edifici sacri7 e la

seconda ad Asclepio, mitologico figlio di Apollo e divinità medica, legato al padre da molti aneddoti8. Tali aneddoti in maniera interessante, anche per questo nostro elaborato,

individuano una più ampia paternità apollinea: Apollo avrebbe creato Platone per curare i mali dell'anima con la sua filosofia e Asclepio, medico del corpo, per alleviare la sofferenza fisica all'umanità.9

Il secondo capitolo è dedicato alle fonti, in particolare ai poeti di età arcaica, le cui opere sono ausilio importante per rintracciare la storia di questa divinità e l'influenza che essa ebbe all'interno della cultura scritta e orale greca. La prima fonte ad essere presa in considerazione

4 Confronta a questo proposito il celebre passo di Iliade: al principio dell'opera nella versione in prosa di TONNA G., HOM. Il, Milano 2014, libro I p.1.

5 ARRIGONI G., BURKERT W., La religione greca in epoca arcaica e classica , Milano 1998, tomo II, p.21.

6 Per approfondire si rimanda al primo capitolo ed al testo di riferimento dell'elaborato, per la sapienza oracolare in grecia: CHARMET M., BALDI D., Oracoli Santuari e altri prodigi, Sopralluoghi in Grecia,

Roma 2013.

7 Una delle manifestazione umane che hanno a che fare con il culto di Apollo, sono le strutture monumentali sacre, numerose ed innumerevoli nella Grecia arcaica. I riferimenti precisi agli edifici di culto si trovano a p.10 del capitolo I: “Apollo nella cultura Greca, una panoramica”.

8 Gli aneddoti sono stati estrapolati da RIGINOS A.S., Platonica. The anecdotes concerning the life and

writings of Plato, New York 1976, p.28; MOTTA A., (ACURADI) Prolegomeni alla filosofia di Platone,

ANONIM. Proleg., Roma 2014, 6 1416 e DIOG. LAERT. Vite dei Filosofi, Roma-Bari 1975, III 45 1-3;

essi sono contenuti all'interno dell'ultimo capitolo “L'aneddotica”. 9 DIOG. LAERT. Vite dei Filosofi, Roma-Bari 1975, III 45, 4-6.

(9)

sono alcune sezioni dell'Iliade10, dalla quale deriva la maggior parte delle nostre conoscenze

letterarie sulla mitologia greca e nelle quali l'intervento di Apollo si fa importante permettendo di riflette su quello che abbiamo già detto essere il duplice volto della divinità11.

Esaminando Gli Inni Omerici12, in particolare due che sono dedicati ad Apollo: l'Inno III13 e

XXI insieme a l'Inno Alle Muse, notiamo che essi comprendono alcune tra le pagine più belle della letteratura greca e corporazioni di poeti (soprattutto i cosiddetti Omeridi) li andarono recitando per secoli in Asia Minore, e in Grecia, per rallegrare le feste dove si radunavano i greci. Passando alla lirica corale, faremo riferimento a Pindaro (Tebe 518 a.C. circa, Argo 438 a.C.). Le sue opere, Olimpiche, Pitiche (dedicate ai giochi per Apollo), Inni e Peani, sono ricche di riferimenti ad Apollo, divinità spesso al centro di espisodi mitologici contenuti nei componimenti poetici di Pindaro. Da Omero a Pindaro erano fiorite intense stagioni di poesia e insieme discussioni radicali sui “generi”: se in Pindaro14 ritroviamo una mistione di epos e

lirica, di attualità e mito, in Omero si assisteva ad una pura ed estensiva narrazione mitologica, come anche negli Inni è presente l'invocazione al nume e l'evocazione delle sue gesta che si avvicendavano naturalmente. Spesso, infatti, Pindaro tocca un motivo epico al volo, ci ritorna a volte con impegno più profondo e lo sviluppa ariosamente15. Tuttavia, non

verrà trascurata la storiografia, in particolare Erodoto (Alicarnasso 484 a.C.- Turi 430 a.C.): storico greco fondamentale per la lettura della storia dei popoli esaminati nelle sue Storie16, è

indubbiamente utile per rintracciare l'importanza di Apollo e soprattutto della sapienza

10 Interessante a tal proposito è il Volume MURRAY G., BAILEY C., BARBER E.A., HIGHAM T.F., SIR

BOWRA M., The Oxford Book of Greek Verse, Oxford 1966.

11 TONNA G. (TRAD. DI), Iliade, Omero, Milano 1999, Libro I, pp. 1-3, pp. 15-19, Libro VII, p.116,

Libro XXI p.377, Libro XXIV pp.427-428.

12 ZANETTO G. (ACURADI), Inni Omerici, Milano 2000; CASSOLA F. (ACURADI), Inni Omerici, Milano 1994.

13 Esso è composto da due sezioni distinguibili per tematiche, la prima prende il nome di Inno ad

Apollo Delio, la seconda Inno ad Apollo Delfico; RUHNKENIUS D., Epistola critica... ad

L.Valckenarium, Leyden 1782, pp.7-8.

14 Vedi a tal propostito il paragrafo dedicato a Pindaro, del capitolo II “Le Fonti”, nel quale vengono prese in esame le seguenti opere di Pindaro: FERRARI F. (TRAD. DI), Olimpiche, Pindaro, Milano 1998,

III vv.27, VI vv. 35-49, VIII vv.31-41; PONTANI F.M. (TRAD. DI), Lirici Corali Greci, Torino 1976,

p.136, p.138, p.300, p.305, p.340.

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filosofico-oracolare a lui consacrata17.

Conclusi questi due capitoli, i quali hanno una funzione introduttiva dal punto di vista della tematica, si entra nel vivo della argomentazione che ritengo centrale: l'analisi delle sezioni dei Dialoghi platonici nei quali entra a fare parte Apollo. Il capitolo III “Apollo all'interno dei Dialoghi platonici”, sarà un breve excursus tra i Dialoghi, tra quelli in cui Apollo si manifesta, ed il suo mostrarsi noteremo che non avverrà in maniera casuale bensì in maniera strategica, a seconda della tematica affrontata nel dialogo. Si comincia con l'Apologia, nella quale, quasi all'inizio18, il dio enigmatico di Delfi rivela a Socrate, tramite l'oracolo, che proprio lui, il più

sapiente degli uomini, in quanto il filosofo, “sapendo di non sapere”, è consapevole che la vera sapienza sia solo raggiungibile pienamente dalla divinità e all'uomo è dato sperimentarla solo in parte, cercando di raggiungerla con l'esercizio filosofico. Nel Protagora, si cerca di dimostrare che la prassi educativa utilizzata dai cosiddetti sofisti sia inconsistente. Apollo qui non compare ma, Socrate, cita il tempio Delfico e la celebre massima del “conosci te stesso”19

incisa su la sua parete20. All'interno dell'Eutidemo, il dialogo che si occupa della critica

dell'eristica (arte di “battagliare” con le parole) Apollo compare in primo luogo, in maniera indiretta, venendo nominata la sua statua crisoelefantina di Delfi21 ed in secondo luogo è

definito patrio da Socrate: secondo gli ateniesi infatti Apollo era ritenuto padre di Ione, antenato degli ateniesi, dunque capostipite degli Ioni, una delle quattro popolazioni elleniche dell'antica Grecia del II millennio22. Nel Cratilo, il dialogo dedicato al tema della correttezza

dei nomi, viene analizzata l'etimologia del nome delle divinità tra le quali anche Apollo, essa

17 A tal proposito confronta questa riflessione con le sezioni delle Storie prese in esame (SGROJ P.

(TRAD. DI), Storie, Erodoto, Roma 2012) nel paragrafo dedicato ad Erodoto, del capitolo II: I, 54,1; I,

55, 1-2; II 52,1-2; IV, 158, 3; VI, 80; VII, 26-3. 18 Apolog. 21a.

19 Prot. 342b-c.

20 I sapienti nominati nel passo di nota 21, sono i cosiddetti “Sette Savi” i quali consacrano il loro prezioso sapere al dio della mantica e la leggenda narra che i sapienti abbiano compiuto iscrizioni murarie nel santuario principale di Apollo. RIZZO S., PAUSANIA, Viaggio in Grecia IX (Boezia), Milano

2011, p.324.

21 Euthyd.299b. Per un riferimento più preciso cfr.ARRIGONI G., BURKERT W., La religione Greca di

epoca arcaica e classica, Milano 2010, p.289.

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mostra al lettore il suo volto variopinto e nuovamente duplice23: distruttore24 e purificatore

(“colui che lava e scioglie”25). Così facendo, Apollo è un ausilio che conferma la tesi della

concezione naturalistica del linguaggio evinta dal dialogo, ovvero l'identità (di significato) tra nome e cosa nominata.

Il Fedone racconta le ultime ore della vita di Socrate e porta con sé il celebre tema dell'immortalità dell'anima. Questo dialogo contiene numerosi riferimenti ad Apollo e al figlio Asclepio: si comincia con le navi recatesi a Delo per celebrare la vittoria sul Minotauro26 che

fanno rientro ad Atene, ritardando così la morte di Socrate; nel corso del dialogo assistiamo al discorso di Socrate27, il quale si mostra sereno dinanzi alla morte grazie al conforto fornitogli

da Apollo, ancilla di una musica altissima (che coincide con la filosofia)28. Nel Fedone29 si

nota il modo in cui il filosofo si assimili ai cigni30, animali sacri ad Apollo, che alla fine della

loro vita emettono un suono di gioia; questo comportamento è infatti il medesimo del filosofo, che prima della morte appare disteso e sereno, come testimoniano coloro che siedono intorno a Socrate condividendo con lui le ultime ore della sua vita31. All'interno del celebre dialogo

sull'amore, il Simposio, Apollo è invece introdotto dal “Mito di Aristofane”, nel quale si racconta la modalità con la quale avvenne la divisione nell'uomo che provocò in lui una perpetua ricerca della propria metà. La nostra divinità si inserisce nella argomentazione aristofanea32 come risanatore delle “cicatrici” provocate da suo padre Zeus nel corpo umano:

23 Interessanti sono le ROMANO F. (TRAD. DI.), PROCLO, Lezioni sul Cratilo, Catania 1989, p.99. Proclo

identifica Apollo come unificatore di ciò che si è moltiplicato ad esempio dice che come la medicina eliminando la frammentazione delle malattie, favorisce la salute che è unitaria, così la mantica elimina la varietà del falso rivelando la semplicità del vero e l'attività del saettare purifica il mondo.

24 Crat. 404e. 25 Crat. 405b.

26 Vedi a proposito di questa leggenda: GRIMAL P., CORDIÈ C., Mitologia,; TEDESCHI V. (TRAD. DI), K.

KERENYI, Gli eroi della Grecia, Milano 2002.

27 Phaed. 60d. 28 Phaed. 60d. 29 Apolog. 85b.

30 Interessante è confrontare l'aneddoto di Diogene Laerzio a proposito del cigno come animale legato ad Apollo, Vite dei Filosofi, III,2, 7-8.

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egli ricuce il ventre dell'uomo con la maestria di un artigiano33. Apollo ritorna in seguito come

discepolo di Amore il quale, guidandolo, gli ha permesso di esercitare quelle discipline che sono passate alla storia come sue proprie quali: medicina, musica e tiro con l'arco34. Nel

Fedro si prende in esame un particolare tipo di sapienza mistica: la mantica. Essa appartiene senza dubbio ad Apollo, egli rende capace i suoi medium (la Pizia, profetessa di Delfi) di “vedere oltre” e lo scopo di Platone, per bocca di Socrate, è andare alla ricerca di questa “sapienza”. Ma ciò è possibile solo solo mediante la guida delle Muse, le nove divinità della religione greca che hanno come guida proprio Apollo35. Il Timeo è il dialogo dedicato alla

creazione del cosmo ed Apollo è qui personificato con Helios, il sole; si narra infatti che Fetonte sia figlio del sole36 e che, mal conducendo il suo carro bruciò una parte del cielo,

cosicchè si creò la Via Lattea37. L'ultimo dialogo che viene affrontato nel Capitolo III è il

Crizia, in cui è presente una invocazione ad Apollo e alle nove Muse a lui consacrate per bocca di Ermocrate38 all'interno di una argomentazione da lui condotta. La modalità con la

quale Apollo viene inserito in questo dialogo consente di far luce sulla maniera con la quale il culto apollineo era entrato a far parte a tutti gli effetti della vita degli abitanti della antica Grecia. Nell' Assioco (dialogo pseudo-platonico) Apollo ricorre ben due volte. In primo luogo, nel momento in cui si parla dei due fratelli Agamede e Trofonio, dei quali la leggenda narra avessero edificato il tempio di Apollo Pizio39; in secondo luogo, un altro personaggio della

mitologia che viene nominato nel dialogo è Anfiarao40, indovino protetto da Zues e Apollo41.

Da questa ampia ricognizione si evince che ad Apollo è attribuito sicuramente un ruolo, che sia secondario o primario, all'interno delle varie tematiche (soprattutto richiami mitologici) dei dialoghi. Tuttavia l'elemento da sottolineare è che Platone ne fa comunque un uso molto

33 Symp. 190e. 34 Symp. 196a. 35 Phaedr. 245a.

36 GRIMAL P., CORDIÈ C., Mitologia, Milano 1999, p.284.

37 Tim.22c.

38 Crizia 107a-b, 108c.

39 PAUSANIA, Periegesi, IX, 37, 5-7.

40 Axioch. 368a.

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ampio e lo fa soprattutto per richiamare l'ideale apollineo, il quale, rappresentando ordine e armonia, diviene lo stesso strumento ordinatore delle tematiche e dei dialoghi stessi.

Il quarto, ed il quinto capitolo, si occupano degli scritti politici di Platone, con particolare attenzione, ancora una volta, nei confronti del ruolo che Apollo svolge all'interno di essi, ma anche in relazione allo statuto della religione all'interno dei due grandi progetti politici della Repubblica e delle Leggi. Il quarto capitolo tratta del grande dialogo politico della Repubblica. Il ruolo che svolgerà la religione è funzionale all'assetto statale, in quanto Platone condanna ogni forma di religiosità misterica (soprattutto nel libro IV) o ispirata ed il cittadino dovrà osservare, al di là del culto per una particolare divinità, un grande rispetto per il sacro. Gli dei e le divinità in primis, tra le quali Apollo, saranno rispettate dal cittadino, insieme ai templi sacri a lui consacrati42. Nel secondo libro della Repubblica Platone compie una critica

della mitologia: i miti sono pericolosi perchè, pur costituendo il nucleo principale dell'educazione, falsificano l'idea delle divinità che sono le protagoniste dei racconti43. Apollo

ricorre spesso in altri passi della Repubblica che riportano racconti mitologici44 ma in ogni

caso sarà raffigurato come una divinità positiva in quanto al fanciullo deve sempre essere consegnata dai miti ammessi all'interno della educazione statale, una immagine benevola della divinità. I libri VI e VII della Repubblica si occupano di analizzare due miti importanti il cosiddetto “mito della caverna”45 nel quale Helios svolge un ruolo fondamentale e Apollo è

tirato in causa dai dialoganti alla stregua di una esclamazione ma, la sua apparizione, insieme alla metafora del sole, impone una riflessione: egli, grande divinità solare, assume sempre di più, a partire dall'epoca arcaica fino ad oggi, il carattere del dio della luce, purificatore e guaritore, Apollo sembra quasi che abbia una funzione ancillare in questo snodo dell'opera, nel quale Platone per bocca di Socrate spiega la sua teoria della conoscenza; la divinità, quindi, accompagnerebbe il lettore intento a cercare quel fascio di luce nella argomentazione

42 Resp.V470a. 43 Resp. II 377d-e.

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della “teoria della conoscenza” platonica46. Notiamo, dunque, tornando al principio della

nostra riflessione, la quale è partita dalla concezione della religione nella Repubblica, che lo spirito apollineo, in questa opera ricorre spesso e la pervade tutta.

La religione nel nuovo stato rappresenta un ausilio alla norma generica della giustizia e del mantenimento dell'ordine e le stesse divinità sono si, certamente, ammesse, ma con precipue funzioni tutte dedicate al medesimo scopo: mantenere ordine e equilibrio nello stato. Il principio razionale, dunque è la luce che illumina il cammino della realizzazione dello stato platonico e l'ideale armonico apollineo, possiamo spingerci ad affermare, che si costituisce come una delle sue inesauribili fonti, senza ordine e misura la costruzione politica e filosofica della Repubblica non sussisterebbe. Nel quinto capitolo vengono esaminate le Leggi, nel dialogo, oltre ai riti è la tradizione che riveste una grande importanza. Sia che il discorso tratti di argomenti religiosi, di argomenti politici o di qualsiasi altro genere di problemi, è sempre chiaro che Platone ha alta considerazione per ogni genere di tradizione, soprattutto per ciò che è consacrato da un'antica origine e dalla credenza comune o collettiva. Le divinità regolano in generale i rapporti tra gli uomini a partire da quelli sociali fino ad arrivare a quelli economici; sono gli dei, infatti, a dare agli uomini le leggi47, li puniscono, a volte, durante la loro

esistenza terrena come anche nell'Ade48. Se molte volte nelle Leggi si parla del dio o degli dei

in forma impersonale, senza designarne specificatamente qualcuno, è anche vero che in parecchi luoghi le divinità della religione tradizionale sono espressamente designate per nome e viene ribadita, senza possibilità di fraintendimento, l'adesione alla religione concretamente esistente che è nelle Leggi una delle istituzioni fondamentali, anzi, il perno essenziale di tutto l'ordine sociale e politico. In questo quadro, Apollo compare in modo ricorrente, quasi in

46 Resp. VI 509c.

47 PLAT. Leg. I 634 d-e, IX 930.

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ognuno dei dodici libri dell'opera49. Apollo è nelle Leggi ancilla della musica (mousikè)50

disciplina posta al vertice della piramide educativa dei fanciulli dello stato: Apollo è dunque foriero di ritmo ordinatore funzionale all'assetto statale51, contrapposto al furore bacchico

dionisiaco, e Platone, citandolo a proposito delle discipline a lui consacrate, sottolinea il suo equilibrio e misura.52 Nell'occasione della votazione del supremo magistrato preposto

all'educazione, la quale avviene nel tempio di Apollo53, ambito sacro e polis si intersecano,

infatti nel libro dodicesimo i nuovi “revisori” dello stato ricoprono anche un ruolo semi-sacrale.

Interessante è anche l'uso che il filosofo compie di Apollo chiamandolo molte volte Helios; sembra che ne faccia (di Apollo), nell'economia generale del discorso a proposito delle Leggi, un vero e proprio culto da osservare con devozione (i nuovi “revisori”diverranno essi stessi sacerdoti di Apollo)54 e, Platone, fa derivare la legislazione politica della polis, direttamente

dalla divinità55: l'Apollo patrio tanto caro agli abitanti della antica Grecia56. Il libro X57 è

ritenuto particolarmente importante per la tematica affrontata sulla empietà: l'ateismo nelle Leggi viene considerato un'infrazione alla connessione sussistente tra ordine cosmico e ordine politico58 e viene anche toccato il tema della religiosità cosmica. Apollo è, in questa opera,

colui che disciplina mediante le materie educative da lui incarnate il nuovo e vecchio

49 La grande novità, nel progetto di riforma religiosa di Platone, è relativa all'importanza da lui data, non solo alla divinità del sole, della luna e delle stelle, ma al loro culto. Attribuendo l'ordinamento della legislazione ateniese ad una divinità comprendiamo l'importanza che al mondo degli dèi è riconosciuta non solo da coloro che concorrono in questo dialogo, ma dai greci tutti. Senza il consenso degli dèi, nulla poteva compiersi sulla terra: ogni atto quotidiano a partire dalla religione, fino alla politica erano imbevuti di divino. A proposito di questo vedi: PLAT. Leg. I 632a ed anche

l'approfondimento relativo al libro X delle Leggi, nel capitolo ad esse dedito.

50 Leg. 653d-654a. Ed anche in Leg. 664C-d e 665a Platone ritiene giusto che la musica e la danza siano di supporto all'educazione al fine di condurre gli uomini alla virtù.

51Come del resto lo sono le discipline della ginnastica le quali sono, insieme alla musica, doni di Apollo, come si evince da Leg.796e.

52 Leg.II 672a. 53 Leg. III 686a. 54 Leg.947 a-b. 55 PLAT. Leg. I 624a.

56 PLAT. Leg. I 6334a.

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cittadino, mettendolo su un cammino non oscuro ed incerto ma, su di una strada armonica e volta al rispetto delle norme vigenti lo Stato. L'uso che il filosofo fa in questa sede di Apollo è sostanzialmente di due tipi: regolativo, perchè guida l'individuo all'interno della legislazione statale ed educativo, in quanto, le discipline a lui corrispondenti formano il carattere del futuro cittadino.

Il capitolo VI dedicato alle Epistole contiene in primo luogo una riflessione a proposito della loro autenticità (le lettere ad eccezione della VII e, con più dubbi, dell'VIII sono ritenute spurie)59. Tuttavia, la Lettera XIII, anche se spuria, contiene un interessante riferimento ad

Apollo, o meglio ad un kuros, una statuetta votiva raffigurante un giovane ed in questo caso Apollo, commissionata da Dionisi di Siracusa60 a Platone61. Apollo incarna l'ideale estetico di

bellezza della classicità e le sue state sono una presenza costante in questa epoca e nei templi della antica Grecia, utilizzate dalla popolazione per invocare la divinità e concedergli preghiere.

L'ultimo capitolo si occupa della aneddotica. In effetti, molto interessanti risultano gli aneddoti a proposito di Platone, celebri quelli che hanno a che fare con la sua biografia proposti da Giamblico e Diogene Laerzio62: riuniscono Platone insieme a suo figlio Asclepio,

sotto il segno di Apollo, il quale sembra egli stesso essere padre di Platone. Ampliando l'indagine con l'analisi di altri fonti63 e non solo, il capitolo stabilisce inoltre legame anche tra i

due e Pitagora, altra figura posta sotto il segno di Apollo64.

59 VEGETTI M., Un paradigma in cielo, Roma 2009, p.16.

60Le Lettere si dice che siano il resoconto dei viaggi di Platone in Sicilia, come documenta Diogene Laerzio DIOG.LAERT. Vite dei filosofi, III, 23, 1-4.

61 Epist. XII 361a.

62 DIOG. LAERT.,Vite dei filosofi, III, 4, IAMBL. Vita Pitagorica, II 5-8, IAMBL. Vita Pitagorica , II 5,

7-16, IAMBL. Vita Pitagorica , II 7, 4-15, DIOG. LAERT. Vite dei Filosofi, libro VIII, 11,4.

63 RIGINOS A.S., Platonica. The anecdotes concerning the life and writings of Plato, New York 1976;

MOTTA A. (A CURADI), Prolegomeni alla filosofia di Platone ,Roma 2014; BURKERT W., Lore and

Science in Ancient Pythagoreanism, Cambridge 1972, p.120.

64 La speculazione poetica e filosofica precedente a Platone conduce e prepara alla mistica verità. Anna Motta, nella introduzione ai Prolegomeni dell'Anonimo, considera la filosofia platonica sapienza divina, la quale, viene presentata attingendo al linguaggio dei misteri, come una suprema iniziazione dal carattere sacrale: essa offre agli uomini la possibilità di accedere ai più alti livelli di conoscenza sul divino.

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Al termine di questa analisi potremo affermare da un lato che Apollo è presente in modo diffuso nelle opere di Platone, che riflettono la ricchezza e la complessità della sua figura, dall’altro che l'apollineo, inteso come spirito razionale e ordinatore, riflette la volontà platonica di marginalizzare in vari ambiti della sua riflessione tutto ciò che è asimmetrico e mancante di proporzioni. In fondo, la stessa forma del dialogo come strumento filosofico rappresenta il tentativo di unificare un universo colmo di idee e concetti senza abolirne la complessità, anzi facendola fluire in una forma peculiare di comunicazione filosofica, quella dialogica. Si tratta, nei contenuti, di un progetto ambizioso, che va dal tentativo di utilizzare l'apollineo per ordinare una nuova vita comunitaria al programma di cogliere l’ordine divino e astrale: l'apollineo ordina, crea armonia, è luce (Helios). Quella luce che risplende, diffusa, in tutta la opera di Platone.

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CAPITOLO I

APOLLO NELLA CULTURA GRECA: UNA PANORAMICA

1.1 Apollo dio della polarità

Apollo è il più greco di tutti gli dèi. Se lo spirito greco ha ricevuto nella religione olimpica la sua prima impronta, è dunque Apollo a rivelarlo, con la sua forma, nel modo più netto. E' vero che l'entusiasmo dionisiaco fu un tempo una grande forza; non v'è però dubbio alcuno che la grecità era destinata a superare questa e ogni altra assenza di misura, e che i suoi maggiori rappresentanti presero decisamente le parti dello spirito e della natura apollinei. La natura dionisiaca vuole l'ebbrezza, quindi la vicinanza; l'apollinea invece vuole chiarezza e forma, ossia distanza. Questo vocabolo pare esprimere immediatamente soltanto qualcosa di negativo, invece nasconde quanto c'è di più positivo: il comportamento di colui che conosce.65

Può sembrare paradossale che Apollo, a cui spesso si fa riferimento per rappresentare gli aspetti più tipici del paganesimo greco, dio che sembra essere il più greco degli dèi, sia probabilmente una divinità di origini orientali.

Delo, nel cuore dell'Egeo, che tutti consideravano la sua patria, fu verosimilmente il luogo in cui avvenne il primo incontro di questo dio con il mondo greco. Quali che siano le sue origini remote, però, nel pantheon dei Greci egli incarna un modello culturale tipicamente ellenico: è il divino, il giovane che ha raggiunto il traguardo della giovinezza. Apollo è sempre bello, sempre giovane, mai sulle sue guance, lisce come quelle di una donna, è cresciuta la barba 66.

Una delle caratteristiche di Apollo è la solarità. Nella mitologia greca la divinità solare

65 OTTO W., Gli dèi della Grecia, Milano 2004, p.84.

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principale fu Helios, figlio dei Titani Iperione e Teia. Il dio viene normalmente rappresentato alla guida del carro del sole, una quadriga trainata da cavalli che emettono fuoco dalle narici. Il carro sorgeva ogni mattina dall'Oceano e trainava il Sole nel cielo, da est a ovest, dove si trovavano i due palazzi del Dio. In epoca più recente, Helios fu assimilato ad Apollo. Il simbolo principale di Apollo è, infatti, il sole67. In molti casi soppiantò Helios quale portatore

di luce e auriga del cocchio solare. Anche presso i Romani, a partire dalla tarda età repubblicana, Apollo, divenne alter ego del Sol Invictus, una delle più importanti divinità romane. In ogni caso, presso i Greci, Apollo ed Helios rimasero entità separate e distinte nei testi letterari e mitologici, ma non nel culto, dove Apollo era ormai stato assimilato ad Helios: uno dei suoi epiteti è infatti il “raggiante”68.

Apollo era inoltre collegato a una serie di attività tipicamente giovanili, tra cui il tiro con l'arco, la danza e la musica. Sciolto da ogni vincolo, Apollo può essere ben rappresentato, nella sua essenza, da elementi materiali che gli sono più tipici, l'arco e la cetra: <<Siano miei la cetra amica e l'arco ricurvo>> dice infatti nell'Inno Omerico III a lui dedicato69. Il legame

di Apollo con questi oggetti indica qualcosa di più profondo: cetra e arco meglio di ogni altra cosa esprimono l'ambigua polarità di Apollo, dio della bellezza, della musica, della festa gioiosa, ma anche divinità cupa, di morte. La prima rappresenta il suo lato solare: fu lui a cantare, con una cetra tutta d'argento, al banchetto degli dèi che festeggiavano le nozze tra Peleo e Teti70. La musica, quindi, è una sua caratteristica fondamentale: come dice Esiodo,

<<dalle Muse e da Apollo arciere vengono i poeti sopra la terra, e coloro che suonan la cetra>>71; quando il dio si avvicina, cantano gli usignoli e le cicale, canta il cigno, animale a

lui sacro, e l'alloro fa vibrare i suoi rami. Ma egli è anche un dio che può colpire in modo improvviso e crudele: insieme alla sorella Artemide, sterminò con le sue frecce i dodici figli

67 GRIMAL P., CORDIÈ C., Mitologia, Milano 1956, p.53.

68 BURKERT W., I Greci, Apollo, Milano 1984.

69 CASSOLA F. (ACURADI), Inni Omerici, HOM. Inno ad Apollo III 131, Milano 1994.

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di Niobe, per vendicare l'offesa che la donna aveva arrecato a Latona72. E' un dio puro, ma non

gli sono estranei il sangue e la morte, come appare dal mito che racconta la gara musicale con il satiro Marsia73, il quale aveva osato sfidarlo usando il rustico flauto, ma era stato vinto

dall'armonia della lira di Apollo, che poi aveva scuoiato vivo il suo rivale. Egli è inoltre il dio della pestilenza: all'inizio dell'Iliade74 scende corrucciato dall'Olimpo col suo arco sonante e la

faretra piena di frecce per colpire l'esercito Acheo e vendicare le offese fatte al suo sacerdote. Sotto le sue saette muoiono di peste uomini e animali. Il dio che invia la pestilenza è però anche quello che la fa cessare: sono aspetti complementari della stessa divinità, a cui in particolare venivano affidate le purificazioni, là dove i confini del sacro e dell'impuro si mescolano e si confondono. Non a caso, ad Apollo ci si rivolgeva in occasione di calamità naturali per ottenere un rimedio (uno dei suoi epiteti è anche “soccorritore dei mali” )75.

1.1.1 Apollo nel mito

La leggenda della nascita di Apollo narra che Latona, madre di Apollo, perseguitata da Era a causa della sua gelosia nei confronti del marito Zeus e stanca di vagabondare, cercava un luogo in cui mettere al mondo i figli che portava in grembo e tutta la terra si rifiutava d'accoglierla, temendo la collera di Era.

Soltanto un'isola galleggiante chiamata Ortigia, oppure Asteria, acconsentì a porgere asilo alla sventurata76. Qui nacque Apollo: riconoscente, il dio fissò l'isola al centro del mondo greco e

le dette il nome di Delo77 (la Brillante). Qui ai piedi di una palma, il solo albero di tutta l'isola,

72 GRIMAL P., CORDIÈ C., Mitologia, Milano 1956, p.54.

73 POZZOLI G., ROMANI F., PERACCHI A.. (ACURADI), Dizionario storico mitologico di tutti i popoli del

mondo,, Livorno1829, p.1399.

74 TONNA G., HOM. Il., Milano 2014, libro I, pag I.

75 BURKERT W., I Greci, Apollo, Tomo II, Milano 1984.

76 ZANETTO G. (ACURADI), Inni Omerici (CALL. Inno a Delo), Milano 2006.

77 Qui Apollo porta Creso tra gli Iperborei ed il poeta greco rappresenta un'altra testimonianza la nascita di questa divinità. A proposito vedi: BACCH., 3, 58-62: Allora Apollo nato a Delo portò il

vecchio presso gli Iperborei e là ne fissò la dimora assieme alle fanciulle dalle caviglie sottili, per la sua devozione, poiché aveva indirizzato alla nobile Pito le questioni più grandi dei mortali.

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Latona aspettò il parto per nove giorni e nove notti ed Era teneva presso di sé sull'Olimpo Ilizia la dea preposta ai parti felici. Tutte le dee, particolarmente Atena, erano vicine a Latona, ma niente potevano fare per lei senza l'assenso di Era. Decisero infine d'inviare Iride per chiederle di acconsentire al parto, offrendole, per mitigare la sua collera, una collana d'ambra spessa nove cubiti. A questo prezzo, Era permise la discesa di Ilizia dall'Olimpo verso Delo. Latona s'inginocchiò ai piedi della palma e mise prima al mondo Artemide, poi con l'aiuto di quest'ultima Apollo. Nel momento in cui nacque il dio, cigni sacri vennero a volteggiare sopra l'isola, facendone sette volte il giro ed era il settimo giorno del mese78.

Zeus fece subito doni a suo figlio, gli dette una mitra d'oro, una lira e un carro trainato da splendidi cigni. In seguito gli ordinò di andare a Delfi ma i cigni portarono prima Apollo nel loro paese, sulle rive dell'Oceano, al di la della patria del vento del nord, presso gli Iperborei, che vivono sotto un cielo sempre puro ed hanno votato ad Apollo un culto che celebrano incessantemente. In questa terra il dio stette un anno, ricevendo gli omaggi degli Iperborei, poi tornò verso la Grecia e giunse a Delfi nel mezzo dell'estate, fra le feste e i canti. Sempre a Delfi, Apollo uccise con le frecce un animale mitologico (drago o serpente) chiamato ora Pitone, ora Delfine, incaricato di proteggere un vecchio oracolo di Temi, ma che si abbandonava ad ogni specie di saccheggi nel paese e devastando la fertile pianura di Crisa. Questo mostro era uscito dalla terra e si racconta che Era lo avesse incaricato di inseguire Latona quando quest'ultima era incinta di Apollo e Artemide. Apollo ne liberò il paese, ma, in ricordo della sua impresa (o forse per placare la collera del mostro dopo la sua morte), fondò in suo onore i giochi pitici, celebri a Delfi. Poi, s'impadronì dell'oracolo di Temi, e consacrò nel santuario un tripode. Il tripode è uno degli emblemi di Apollo, e la Pizia (sacerdotessa di Apollo per antonomasia) offre responsi oracolari seduta su di esso. Gli abitanti di Delfi

78 Apollodoro nella sua Cronologia pone la nascita di Platone nella LXXXVIII Olimpiade, nel settimo

giorno del mese Targelione, nello stesso giorno in cui i Delii dicono che nacque Apollo. DIOG. LAERT.

Vite dei Filosofi, III 2 5-8, Bari 1983. Già in questo breve passo riportato da Diogene Laerzio nella sua

opera possiamo scrogere il legame che la letteratura sancisce tra Apollo e Platone, sul quale ci soffermeremo più avanti nel corso dell'elaborato esaminando autori come Alcinoo che con il suo

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celebrarono la vittoria del dio e la sua presa di possesso del santuario con canti di trionfo. Cantarono per la prima volta il peana, che è essenzialmente un Inno in onore di Apollo; ma questi dovette andare fino alla valle di Tempe, in Tessaglia, per purificarsi dalla morte del drago. Ogni otto anni, a Delfi, una festa solenne commemorava l'uccisione di Pitone e la purificazione di Apollo79.

Apollo era rappresentato come un dio bellissimo, molto alto con riccioli neri dai riflessi bluastri. Ebbe numerosi amori con ninfe o con donne mortali. Così amò la ninfa Dafne, in Tessaglia. Questo amore gli era stato ispirato dal rancore di Eros, irritato dalle canzonature d'Apollo, il quale lo aveva deriso perchè si esercitava al tiro con l'arco. La ninfa non rispose ai suoi desideri: ella fuggì sulla montagna e, siccome il dio la inseguiva, nel momento in cui stava per essere raggiunta rivolse a suo padre una preghiera supplicandolo di trasformarla per prometterle di sottrarsi all'abbraccio del dio. Suo padre acconsentì e la tramutò in alloro (in greco: dafne), albero tra l'altro consacrato ad Apollo; la Pizia, infatti, masticava una foglia d'alloro durante le sue estasi profetiche. Con la ninfa Cirene, più fortunato, generò il semidio Aristeo. Insieme ad Urania, avrebbe generato i musici Lino e Orfeo, che altri attribuiscono a Eagro e alla Musa Calliope.

Con Cassandra, la figlia di Priamo, l'amore non favorì maggiormente il dio: Apollo amava Cassandra, e, per sedurla, le promise di insegnare l'arte divinatoria, Cassandra accettò le lezioni, ma una volta bene istruita, non cedette, Apollo, dunque, si vendicò togliendole il dono d'ispirare fiducia nelle sue predizioni; per questo motivo l'infelice Cassandra faceva profezie ma nessuno le credeva.80

79 POZZOLI G., ROMANI F., PERACCHI A. (a cura di), Dizionario storico mitologico di tutti i popoli del

mondo, Livorno 1829, p.2385.

80 TEDESCHI V. (trad. it. A cura di), KÉRENYI K., Gli dei e gli eroi della Grecia. Il racconto del mito, la

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1.1.2 Rappresentazioni di Apollo

Apollo appare anche talvolta come pastore, i suoi buoi furono rubati dal giovane Hermes, ancora in fasce, il quale dette così prova della precocità della sua mente. Apollo ritrovò i suoi averi sul monte Cillene; ma si racconta che il piccolo Hermes aveva inventato una lira, e Febo fu così affascinato da questa invenzione che lasciò alla divinità, in cambio dello strumento, il possesso della mandria, avendo poi Hermes inventato il flauto, Apollo glielo comprò in cambio di una verga d'oro ed inoltre gli insegnò l'arte divinatoria.81 Non a caso, Apollo era

rappresentato sul monte Parnaso come dio della musica e della poesia, e lì presiedeva ai giochi delle Muse82.

I suoi oracoli erano generalmente espressi in formule versificate, e queste “sentenze” ispiravano altrettanto bene gli indovini e i poeti. Egli condivide questa funzione conoscitiva con Dioniso, anche se l'ispirazione apollinea si distingue dalla dionisiaca per il suo carattere più misurato. Dio della divinazione e della musica, dio pastorale, Apollo era anche un dio guerriero: manda ai Greci, radunati davanti a Troia, una peste che falcidia il loro esercito83,

per costringere Agamennone a restituire a Crise, suo sacerdote, la giovane Criseide tenuta prigioniera. Massacrò anche i Ciclopi ed il gigante Tazio.

Alcuni animali erano particolarmente consacrati ad Apollo: il lupo, che talvolta veniva offerto alla divinità in sacrificio, e la cui immagine è spesso associata alla sua nelle monete; il capriolo o la cerbiatta che figurano nel culto d'Artemide; fra gli uccelli: il cigno, il nibbio, l'avvoltoio e il corvo, il cui volo forniva presagi. Infine, fra gli animali marini, il delfino, il cui nome ricordava quello di Delfi.84

81 CARCANO G.D., I simboli della salute, Fiuggi 2014, p.26.

82 E in generale la sapienza antica dei Greci sembra essere legata soprattutto alla musica. E per

questo giudicavano che il più musicale e il più sapiente fra gli dèi fosse Apollo e fra i semidei Orfeo>>.COLLI G., La sapienza Greca, Milano 1990, vol. I p.89.

83 TONNA G., HOM. Iliade, Milano 1999, libro I, pag. I.

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Tra le manifestazione umane, molte strutture monumentali già in età arcaica sono legate al culto di Apollo. In effetti, in tutto il mondo greco gli architetti rivaleggiavano nel costruire i templi più grandi e raffinati e le città erano estremamente orgogliose della loro architettura religiosa.

1.1.3 Apollo e la sapienza

Egli è la divinità oracolare per eccellenza ed il suo responso è ambiguo poiché disvela e nasconde nello stesso tempo. L'ambiguità dell'oracolo delfico è ciò che ne giustifica l'essenza profonda: Apollo non assolve l'uomo dalle sue responsabilità, ma lo mette davanti al segreto del suo destino, lasciandolo poi solo a decidere e a subire. A lui furono connessi uomini straordinari, i cosiddetti Sette Savi, tra i quali rientravano Solone e Talete. Si trattava di uomini politici, legislatori, sapienti, la cui saggezza testimonia una pace interiore e al contempo una profondità, ampiezza e libertà senza pari, oltre che della più serena gioia di vivere. Tra i prodigiosi uomini che popolano la storia della Grecia in età arcaica vi fu Pitagora (identificato con l'incarnazione di Apollo)85. I Pitagorici ricondussero gran parte delle loro

indagini al dio Apollo: principio supremo di questa scuola era appunto quello di seguire il dio ed i suoi precetti. In questa stessa epoca cantarono la poetessa Saffo, Anacreonte e si sviluppò il canto corale di cui sono conservati frammenti di Pindaro e Bacchilide86. Non vanno poi

dimenticati il tempio e la scultura monumentali, in cui non a torto si volle cogliere lo spirito di Apollo. Per celebrare la magnificenza divina i greci eressero numerosi templi, allo scopo, forse, di concretizzare in materia l'ossequio che provavano nei suoi confronti.

Si convertirono ad Apollo gli spiriti più illuminati, nei quali si credette perfino di cogliere l'apparizione del dio in persona o un figlio del suo amore. Pare che i discepoli di Pitagora

85 Tale argomento sarà trattato nel capitolo VII “L'aneddotica” il quale considera il legame intercorso tra Apollo, Platone e Pitagora.

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venerassero nel loro maestro l'Apollo giunto dalla terra degli Iperborei. Come sappiamo da Platone, Socrate si definiva un “servo” di questo dio al pari dei cigni sacri, com'essi seguace fedele e devoto fino all'ultimo87. Nel ripercorrere la propria vita, egli vide in tutto il suo

magistero una disposizione e un incarico di Apollo, e dunque un servizio reso al dio, che nessuna forza terrena poteva valere a fargli tradire, neppure la minaccia di morte.

Apollo rappresenta la divinità principe che incarna la sapienza, ed è per questo motivo che ci soffermeremo, in breve, su di un particolare tipo di sapienza, quella oracolare, e tracceremo una breve panoramica sui relativi luoghi di culto.88

Prima di osservare nello specifico il ruolo di Apollo nel quadro della sapienza oracolare greca, tuttavia, è opportuno fornire alcuni elementi più generali. La collocazione di alcuni santuari nella Grecia continentale poteva dipendere da presunti interventi divini, per esempio quelli di Poseidone e Atena (ad Atene), o dalla natura particolare di alcuni luoghi (come Delfi). In ogni caso nel momento in cui si accingevano a fondare nuove città, i greci presumevano che il fondatore avrebbe incluso i santuari nella sua più generale progettazione dello spazio urbano e i coloni fondatori senza dubbio si limitavano ad esplicitare opinioni correnti in patria. Sebbene nel periodo arcaico e classico la localizzazione della maggior parte dei nuovi templi in Grecia non dipendesse da un'esplicita sanzione divina, nessuna comunità poteva esistere senza templi per i suoi dei. L'assegnazione ufficiale dello spazio sacro era ugualmente importante quando le città venivano rifondate. La rinascita dei vecchi luoghi sacri, che non necessitavano di una nuova assegnazione, è sottolineata per mezzo di una processione, di sacrifici e preghiere. La collocazione dei santuari greci era effettuata con molta cura e poteva differire notevolmente. Non solo infatti il santuario poteva essere situato in uno spazio urbano, suburbano o rurale, ma inoltre gli stessi santuari urbani prevedevano a loro volta una

87 LAVECCHIA S., Una via che conduce al divino la <<homoiosis theo>> nella filosofia di Platone,

Milano 2004.

88 Per tutta questa parte relativa ai monumenti sacri in Grecia, si è preso come riferimento l'itinerario tra di essi compiuto da CHARMET M.B., BALDI G., Oracoli Santuari e altri prodigi, Sopralluoghi in

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varietà di contesti, per rendere manifesti i legami tra la città e il santuario, almeno in alcuni casi una festa annuale prevedeva una grande processione, ad Argo, ad esempio la processione più importante andava dalla città all'Herarion. Allo stesso modo il santuario di Demetra e Kore ad Eleusi, sul margine occidentale dell'Attica era strettamente legato ad Atene: ai piedi dell'acropoli, al margine dell'agorà, c'era un santuario, l'Eleusinion, dove si svolgevano riti particolari e aveva luogo ogni attività ateniese che riguardava i Misteri. Di lì partiva la grande processione di iniziati, iniziandi e giovani che percorrevano i sette chilometri da Atene per celebrare i Misteri a Eleusi89.

L'esistenza e il funzionamento dei grandi centri oracolari, anche al di fuori di Delfi – ad esempio i santuari apollinei dell'Anatolia (Clario di Colofone, Didymeion di Mileto) come ai centri oracolari di Zeus, da Dodona all'oasi di Siwa – permette una specializzazione e insieme un preciso controllo delle più importante delle tecniche del sovrannaturale: la divinazione. D'altro canto attraverso la mediazione oracolare si articola e si pone in atto, con la fondazione di leggi e di culti, gran parte della regolamentazione della stessa vita politica90. Per secoli i

Greci di tutte le province chiesero consiglio in tutte le faccende religiose o mondane, pubbliche o private, all'Oracolo di Delfi91. La sua autorità andava, anzi, ben oltre i confini

della Grecia, ad Oriente ed Occidente, in terre d'altra nazionalità, lingua, cultura e religione. Dunque Apollo, che con questo oracolo è intimamente connesso, è il più chiaro esempio di un dio che esercitò per lungo tempo la massima influenza sulla vita religiosa della Grecia, pur senza far uso del suo potere per opprimere gli altri dèi.

La mitologia ci dice che sia Apollo per eccellenza il dio della divinazione92, ed i testi della

89 In una società, in una cultura, che accetta la possibilità di conoscere il futuro (l'arte della mantica), il controllo delle tecniche che rendono possibile tale conoscenza diventa un possente mezzo di potere, uno strumento primario di pressione e organizzazione delle decisioni del gruppo. Nel mondo omerico ad esempio, la mantica, circondata da precauzioni e diffidenze, è essenzialmente una tecnica, affidata a specialisti capaci di riconoscere i “segni” della volontà divina, nel volo degli uccelli, nei prodigi, nei sogni. 90 Cfr. il capitolo IV che tratta delle Leggi nel quale si osserva come i cosiddetti “revisori” che si occupano del controllo della nuova polis sono eletti proprio nel tempio dedicato a Apollo (Plat. Leggi, XII 946 c-d)

91 Vedi paragrafo 2.3 in capitolo II dedicato alle Storie di Erodoto, nel quale si sottolinea all'interno. dell'opera la presenza continua del sacro e degli oracoli nella vita quotidiana dei popoli protagonisti. 92 Leggiamo a tal proposito nel primo libro dell' Iliade: Calcante, figlio di Testore, il migliore tra i

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letteratura e della storia dell'antica Grecia sono pieni di contenuti a tal proposito che ci saranno di ausilio in questo breve viaggio all'interno delle principali strutture sacre dell'antica Grecia.93

Fondamentalmente gli oracoli servivano a fare parlare gli dei. La parola deriva infatti dal latino oraculum, termine collegato al verbo orare, che significa appunto parlare.

Con esso s'indicavano due distinte ma connesse realtà: sia il luogo in cui avveniva quella straordinaria comunicazione, sia il responso dato dal dio direttamente o attraverso un intermediario. Celebri santuari oracolari greci furono quelli di Apollo a Claros, di Trofonio a Lebadeia, di Amfiarao a Oropo, di Zeus a Dodona in Epiro; anche se, il più illustre fu quello di Delfi (Delphoi) collocato nella Focide, alle pendici del monte Parnaso (monte che la tradizione voleva sede di Apollo e delle Muse).

Il viaggio compiuto da Giuseppe Baldi e Marina Ballo Charmet, autori di un interessante volume94 che ha a che fare con gli oracoli; li conduce dal Peloponneso alla Macedonia, da

Olimpia al Monte Olimpo, passando attraverso Epidauro, Eleusi, Delfi, Dodona e altri siti meno battuti dal turismo; luoghi in cui passato e presente si intrecciano.

Essi cercano gli oracoli, porte di comunicazione fra dio e uomini, i quali spingevano gli antichi a mettersi in cammino ed interrogarsi sul futuro.

Secondo la mentalità dell'uomo greco la natura (elementi, le piante, gli animali, le forme di vita) partecipa del divino ed è un ponte di comunicazione con quest'ultimo.

L'Apollo che dall'oracolo delfico parla ai Greci, anzi all'umanità intera, a tutti e ad ognuno, ai re come ai più miseri dei contadini, si esprime tramite massime. “Conosci te stesso!” è la formula con cui, in luogo dell'abituale saluto, dalla soglia del suo santuario egli si rivolge a

vati, che conosceva il presente e il futuro e il passato e sulle navi fu guida agli Achei fino ad Ilio con l'arte sua d'indovino che gli donò Febo Apollo. HOM. Iliade I, 69-72.

93 Le Storie di Erodoto, ad esempio, contengono innumerevoli testimonianze in quanto una delle primarie intenzioni dello storico è quella di affondare le radici della sua ricerca nell'elemento religioso. Il fatto storico si considera predeterminato nella volontà occulta degli dèi. Oltre alla via sciamanica legata ad individui eccezionali e itineranti dotati di capacità soprannaturali (Abaris, Pitagora, Aristea) i greci, conobbero un'altra via di accesso e di contatto con il sacro, una via di fatto istituzionalizzata e stabile, quella degli oracoli.

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coloro che vi entrano. L'origine di questa sentenza, alla quale Socrate, come abbiamo osservato, si riferisce assai di frequente, fu attribuita a uno dei cosiddetti Sette Savi95.

Le origini del culto di Delfi risalgono, come per Eleusi, all'età micenea, fiorita nel II millennio a.C. Esso raggiunse il suo culmine tra il VI e il V secolo a.C. e sopravvisse sino all'avvento del cristianesimo, quando fu interdetto dall'imperatore Teodosio nel 392 a.C., avendo operato così per quasi duemila anni. Nel celebre santuario appena nominato, una medium, la Pizia, concedeva i responsi oracolari per mano di Apollo. La Pizia era scelta tra le donne del luogo per svolgere la misteriosa funzione di incorporare il dio ma veniva affancata da un prophètes il quale svolgeva la funzione di interpretare e rendere comprensibili, per quanto possibile, i responsi spesso detti con voce alterata o di significato del tutto oscuro e da un gruppo di sacerdoti con il compito di vagliare l'accesso al santuario, normalmente accessibile ai soli nativi.96

La Pizia pronunziava i suoi responsi in un locale sotterraneo del tempio seduta su un tripode e respirando vapori misteriosi che provenivano da una fenditura della terra capaci di favorirne la trance. Il suo procedimento mantico era vario; a volte usava la scelta delle sorti attraverso la lettura di pezzi di legno contrassegnati e significanti (cleromanzia); altre volte osservava l'acqua posta in un contenitore, ma essa era celebre per lo più per il suo stato di invasamento chiaroveggente che si verificava quando Apollo entrava nel suo corpo determinandone un evidente furor o manìa.

La testimonianza di Platone ci illumina nella corrente riflessione:

La profetessa di Delfi e la sacerdotessa di Dodona, ispirate e furenti, fecero molte e belle cose per la Grecia; invece quando furono in uno stato di coscienza

95 Costoro (come Solone di Atene, Pittaco di Mitilene e Periandro di Corinto) non furono pensatori solitari, ma, uomini pubblici, legislatori e statisti di un'epoca in cui, per la prima volta in Grecia, vennero fissati per iscritto gli ordinamenti giuridici.

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ordinario beneficarono l'Ellade poco o nulla97.

Un'altra fonte in questo senso è rappresentata dal sesto canto dell'Eneide virgiliana: il poeta descrive gli effetti fisici dello stato ispirativo della Sibilla. La Sibilla di Cuma, sacerdotessa di Apollo e Diana comunicava le sue risposte (responsa) e rivelava i suoi presagi (carmina) ad Enea dopo che egli ebbe gettato la sua ancora nella rada della città campana fondata dagli Eubei:

Il vasto fianco dell'euboica rupe

s'apre in forma d'un antro, e cento accessi vi si chiudono, cento aditi enormi

ond'erompono, cento urli, i responsi ella Sibilla. Come al limitare essi furono giunti, ella proruppe. <<Ora è tempo di chiedere i destini. Ecco il Dio, ecco il Dio!>> Così parlando si trasfigura in volti ed in cori nuovi, irta la chioma si scompiglia, il petto ansima, il cuore frenetico si gonfia, e più grande in aspetto e non mortale sembra alla voce, poi che tutta è invasa dall'empito del Dio che già l'incalza98.

La connessione tra la riflessione morale filosofica e quella arcaico-sacrale è evidentissima, poiché la moderazione, la temperanza, la giusta misura saranno il fondamento costante della

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etica greca99. L'esistenza, nella Grecia più antica, di veggenti estatici, di profeti, di oracoli

conferma la tesi che una visione del mondo in senso magico – sacrale è sempre esistita presso le più diverse culture. Già nell'epoca più remota la Grecia conobbe personaggi straordinari che a buon diritto erano definiti sapienti perchè la loro conoscenza si estendeva anche al mondo dell'invisibile. Nell'era preistorica, infatti, gli dèi amavano mostrarsi in forma di animali; venivano percepiti come immediatamente divini anche gli alberi, le fonti, i fiumi, le vette e nella religione olimpica tutto questo permane. In ognuno dei regni divini dell'esistenza le piante, gli animali e gli elementi hanno il proprio posto e la propria dimora, sono a modo loro manifestazioni del dio, nel cui regno, tutte le cose, le situazioni e gli avvenimenti si ripresentano secondo le modalità di questo dio specifico. Una forma di annunciazione delle volontà divine ed una possibilità di interpretarle, comunicando indirettamente con la divinità, sono proprio gli oracoli.100

Il legame essenziale tra Apollo e la religione oracolare non ha solo un grande interesse storico, poiché consente anche di cogliere quanto la figura divina di Apollo affondi le sue radici nella Grecia arcaica e addirittura pre-omerica. In effetti, la singolare idea di quel dio che porta il nome di Apollo, il quale fu in Grecia una potenza spirituale tanto significativa,

99 Bianchi nel suo volume La religione greca afferma che: Il dio di Delfi che fa sentire la sua voce di

consigliere e di guida, e i cui oracoli sono sempre un punto di riferimento nella storiografia erodotea , è naturalmente Apollo: la denominazione anonima accentua, se non erriamo, il carattere misterioso, divino, del suo profetare. La voce del dio di Delfi è in Erodoto la manifestazione insieme tangibile e misteriosa del soprumano, l'irruzione di un pensiero e di una saggezza divine nell'hic et nunc del visibile. Si può dire che “il dio di Delfi” ci rinvia a quel multicolore Olimpo di cui Apollo era uno dei personaggi più brillanti, ma a quel concetto di divinità (ho thèos , to theion) che i Greci ebbero sempre presente allo spirito da Omero a Senofane, a Platone, a Plutarco, agli ultimi scrittori neoplatonici. BIANCHI U., La religione greca, Torino1975, p.122.

100 A proposito del tempio di Zeus, Walter Otto, scrive nella sua opera Gli dei della grecia, della statua di Apollo situata all'interno del tempio di suo padre:Indimenticabile, per chiunque lo abbia visto

una volta, è l'Apollo del tempio di Zues in Olimpia. L'artista vi fissò un attimo d'insuperabile grandiosità: in mezzo alla mischia tumultuante appare improvviso il dio; il suo braccio teso ordina tregua. Dal suo viso traluce nobiltà, i suoi grandi occhi si impongono con la sublimità della pura contemplazione; ma intorno alle labbra nobili e forti si muove il fine tratto quasi malinconico di un sapere superiore. L'apparizione del divino in mezzo alla brutalità e alla confusione di questo mondo non può venire rappresentata in modo più commuovente. Anche le altre sue immagini lo caratterizzano per la maestà del contegno e del movimento, per la potenza dello sguardo, per la luminosità e libertà che accompagnano il suo apparire. OTTO W., Gli dèi della Grecia. L'immagine

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deve essere nata molto tempo prima che apparisse il poema omerico, e fa parte di quelle rivelazioni che costituiscono gli elementi della religione olimpica. Ma non si tratta solo di una priorità cronologica: la consultazione degli oracoli da parte delle città costituiva un appello ad una autorità religiosa di tipo piuttosto diverso. Dal racconto delle Storie di Erodoto si può desumere che, nel periodo arcaico, fosse del tutto normale per gli abitanti consultare oracoli, specialmente l'oracolo di Delfi, su una grande quantità di questioni. A sostegno della autenticità di tali consultazioni, talvolta messa in dubbio, si può menzionare, per esempio, l'argomentazione con la quale gli ateniesi nel 481 a.C. chiesero consiglio all'oracolo sulla modalità di difesa da adottare nei confronti della minaccia persiana101. I responsi erano

trascritti in esametri dal sacerdote e spiegati ai consultanti fuori dal tempio, la Pizia era scelta tra le vergini della terra di Delfi; in sostanza, essa era una sorta di “sposa profetica” del dio, che prendeva possesso del suo corpo e la faceva parlare in stato di trance o di entuasismo, prima di sedere sul sacro tripode la profetessa compiva abluzioni rituali presso la fonte Castalia, e poi si chiudeva nel tempio reggendo in mano un rametto di alloro. Inizialmente le profezie erano rese una volta all'anno, il giorno natale di Apollo, il giorno settimo del mese; poi, con accrescersi dei fedeli, una volta al mese e infine più frequentemente ancora.

Delfi era la sede più sacra ad Apollo, che però non dimorava soltanto qui: egli era per eccellenza un dio vagante: si diceva che d'inverno si trasferisse nell'estremo Nord, tra gli Iperborei con cui aveva sin dalla nascita un legame particolare102. Si diceva pure che dividesse

il suo tempo tra Delfi e Patara, in Licia. Durante la sua assenza invernale, a Delfi il suo posto era preso da Dioniso.

Il tempio di Delfi ospita al suo interno il pantheon delfico. La statua d'oro di Apollo probabilmente stava al di sopra dell'omphalos, mentre un altra di legno si trovava altrove nel tempio. Vicino c'era la statua di Dioniso, un altro dio importante a Delfi. C'erano poi i simboli oracolari: l'alloro sacro ad Apollo e il tripode con la sua “cavità oracolare” al di sotto. Il 101 HEROD. Hist. VII 140-4.

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grande santuario apollineo di Delfi era comunque diverso da tutti gli altri santuari per la sua collocazione funzionale al mondo delle poleis, ed era anche un centro di potere come luogo privilegiato di manipolazione delle tecniche mantiche e come punto di riferimento obbligato delle relazioni interpolitiche. Si realizza così, nella città sacra, quella massima specializzazione del servizio sacerdotale inteso come vera e propria attività a tempo pieno, che le città non possono realizzare perchè non possono sottrarre alcuni dei loro membri alla piena partecipazione alle attività politiche collettive. L'influenza dell'oracolo di Delfi sulla politica interna ed estera della Grecia è difficilmente sottostimabile: a partire dalla guerra di Troia nessuno faceva niente senza chiedere consiglio al dio, nessuna città veniva fondata senza l'approvazione della Pizia, nessuna nave prendeva il mare, nessun principe governava, nessun trattato di alleanza veniva stipulato; anche la sapienza era sotto la protezione del dio profeta e filosofo Apollo.103

La sapienza oracolare possiamo provare infine a definirla come un deposito antichissimo lasciatoci in eredità che simboleggia un ponte comunicativo tra i mortali e gli dèi (a seconda della provenienza, intesi questi dell'Olimpo e dell'Ade o Oltretomba). Tramite l'oracolo, infatti, la divinità appare e diviene l'origine delle comunità e di questa civiltà umana. Dio non si può conoscere; si può solo riconoscere, si può sapere che è nell'assoluto del suo essere, c'è ancora bisogno, per colmare lo scarto invalicabile tra dio e il resto del mondo, di intermediari, di mediatori e per farsi conoscere dalle sue creature è stato necessario che dio scegliesse di rivelarsi ad alcune tra loro. Questa sapienza, o rituale della consultazione degli oracoli è resa possibile grazie al fatto che la religione greca non ha una casta sacerdotale od un clero specializzato, non conosce un libro sacro in cui la verità potrebbe trovarsi depositata una volta per tutte in un testo, non implica alcun credo che imponga ai fedeli un insieme coerente di credenze che riguardino l'aldilà. La divinità quindi, si può esprimere attraverso un qualsiasi cittadino non essendoci un clero ufficiale. Una importante diversità, questa, rispetto alla 103 VEGETTI M., L'uomo e gli Dei, Roma-Bari 2012.

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religioni rivelate, come il cristianesimo, in cui, la parola di Dio si rivela attraverso un sacerdote. Nella religione della Grecia antica, la divinità si può manifestare tramite coloro che esercitano uno speciale tipo di sapienza. La rinascita dell'oracolo e la ricostruzione del tempio su grande scala cominciarono alla fine del IV secolo a.C., e gli oracoli continuarono ad essere pronunciati fino alla metà del III o forse agli inizi del IV secolo d.C.. Sebbene dal 100 a.C. Delfi fosse divenuta un pallido riflesso di ciò che era stato in precedenza, gli oracoli non scomparvero, anzi essi continuarono a fiorire dovunque nel mondo greco durante il periodo ellenistico e romano.

Consultazioni degli oracoli su questioni di carattere religioso rimasero perfettamente normali, poiché era sempre possibile immaginare che un pericolo esterno (peste o pirati) avesse una causa religiosa e potesse essere risolto nel migliore dei modi domandando ad un oracolo quale dio dovesse essere placato, pensando che l'epidemia in questione fosse causa della collera divina.

1.1.4 Dalla sapienza alla medicina alla taumaturgia

E' indubbio che il legame di Apollo con la medicina e la taumaturgia sia significativo, dato che suo figlio Asclepio, il quale si dice che fosse stato istruito nella medicina dal centauro Chirone o che avesse ereditato tale proprietà dal padre, divenne il dio della medicina e di importanza simile a quella del genitore.

Asclepio era una divinità adorata dalla popolazione104, il culto a lui legato aveva il suo centro

non solo a Epidauro, anche a Pergamo. Secondo il mito, il semidio Asclepio ricevette dalla 104 A proposito di riti purificatori dei quali si parla nel passo del dialogo riportato, Burkert nella sua opera I Greci riporta un rito legato ad Asclepio: Lo stesso leggendario sonno guaritore nel suo

santuario segue il ritmo della cerimonia sacrificale. Esso è preceduto da tre giorni di purificazione, con astinenza sessuale, divieto di mangiare carne di capra, formaggio e altri cibi; poi è la volta dei <<sacrifici preliminari>> : incoronato di alloro, l'infermo sacrifica un animale ad Apollo, mentre con una corona di ramoscelli d'ulivo offre delle focacce a diverse altre divinità; segue l'immolazione di un maialetto per Asclepio, sul suo altare, accompagnato da una offerta di denaro. BURKERT W., I

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