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Apollo nel VI libro

APOLLO ALL'INTERNO DELLA REPUBBLICA PLATONICA

4.6 Apollo nel VI libro

I libri VI e VII della Repubblica si trovano ad affrontare temi di filosofia teoretica e gnoseologia. Più nello specifico, nel libro che analizzeremo in questo paragrafo, Platone, dopo aver descritto in maniera accurata le caratteristiche delle cosiddette nature filosofiche258

e dunque di coloro che essendo custodi-filosofi si troveranno ad avere le redini dello stato; si sofferma sulla attività della conoscenza che, partendo dalle cose empiriche e sensibili giunge

257 ARRIGONI G. (ACURA DI), W. BURKERT, La religione greca di epoca arcaica e classica, Milano

1998, Cap. V Polis e politeismo, p.317. 258 PLAT. Resp. VI 485b.

alle idee ed in particolare all’idea del Bene (la quale, come si vedrà a breve, occupa un certo status rispetto alle altre). Per spiegare la propria teoria della conoscenza, Platone ricorre a due immagini tra le più celebri: la metafora della linea e il mito della caverna. Apollo compare nel VI libro della Repubblica nel momento in cui Socrate e Glaucone, parlando dell'Idea del Bene, paragonano l'oggetto della vista al sole, simbolo appartenente e legato strettamente ad Apollo:

- La vista, né come facoltà in se stessa né come organo in cui ha sede e che chiamiamo occhio, non è il sole.

No, certamente.

Eppure, a mio parere, tra gli organi dei sensi è quello che più ricorda nell'aspetto il sole.

Si, certo.

E la facoltà di cui dispone non l'ha perchè dispensata dal sole come un fluido che filtra in essa?

Senza dubbio.

E non è vero anche che il sole non è la vita, ma, essendone causa, è da essa stessa veduto?

E' così, ammise.

Puoi dire dunque, feci io, che io chiamo il sole prole del bene, generato dal bene a propria immagine. Ciò che nel mondo intelligibile il bene è rispetto all'intelletto e agli oggetti intelligibili, nel mondo visibile è il sole rispetto alla vista e agli oggetti visibili259.

Platone compie una analogia, tra il sole ed il bene e di conseguenza tra la verità e l'essere. Questa interpretazione è pienamente in linea con l'immagine che il “mito della caverna”

fornisce a proposito del compito di colui che è filosofo: egli prova a far uscire gli altri individui dalle tenebre della ignoranza (intesa, ovviamente, come mancanza di gnosis), conducendoli verso la luce della vera conoscenza.

Nel mito della caverna (situato nel libro VII) il processo conoscitivo è descritto come un'ascesa graduale verso l'idea del Bene che illumina tutte le altre (nel mito, L'Idea è rappresentata dal sole). Vediamo direttamente dalle parole della Repubblica:

- Ora, questo elemento che agli oggetti conosciuti conferisce la verità e a chi conosce dà la facoltà di conoscere, dì pure che è l'idea del bene; e devi pensarla causa della scienza e della verità, in quanto conosciute. Ma per belle che siano ambedue, conoscenza e verità, avrai ragione se riterrai che diverso e ancora più bello di loro sia quell'elemento. E come in quell'altro àmbito è giusto giudicare simili al sole la luce e la vista, ma non ritenerla il sole, così anche in questo è giusto giudicare simili al sole la luce e la vista, ma non ritenerle il sole, così anche in questo è giusto giudicare simili al bene ambedue questi valori, la scienza e la verità, ma non ritenere il bene l'una o l'altra delle due. La condizione del bene deve essere tenuta in pregio ancora maggiore.260

Platone afferma il primato del Bene rispetto alle altre Idee, paragonandolo al sole. Come il sole illumina gli oggetti e li rende visibili alla vista, così dal Bene si irradiano verità e scienza. Il Bene occupa un piano di dignità superiore rispetto alle Idee, le quali traggono da esso un fondamento in termini assiologici, gnoseologici e ontologici. Il Bene, origina episteme. Esso stesso è conoscibile dopo una lunga ricerca, ma di esso Socrate non dà alcuna definizione. Il Bene è quindi indefinibile (se non appunto attraverso un immagine, quella del sole), e la scienza del Bene non è una scienza tra le altre, ma è la scienza prima necessaria non solo a chi

deve governare uno stato, ma a chiunque si debba occupare di una scienza specifica, poiché è la scienza della verità, che accomuna e fonda tutte le altre scienze. Più avanti, dunque, l'argomentazione sul Bene prosegue in questo modo:

Puoi dire dunque che anche gli oggetti conoscibili non solo ricevono dal bene la proprietà di essere conosciuti, ma ne ottengono ancora l'esistenza e l'essenza, anche se il bene non è essenza, ma qualcosa che per dignità e potenza trascende l'essenza.

E Glaucone assai comicamente:- O Apollo, disse, che sovrumana eccellenza! - Si, feci io, e ne sei tu responsabile, perchè mi costringi a dire il mio parere su questo punto.

Non desistere, rispose; se non altro, riprendi almeno a spiegare la similitudine del sole, per vedere se lasci qualche lacuna.261

Apollo è chiamato in causa dai dialoganti come in una esclamazione, ma la sua apparizione, insieme alla metafora del sole, impone una riflessione. Egli, grande divintà solare, assume sempre di più, a partire dall'epoca arcaica fino ad oggi, il carattere del dio della luce, purificatore e guaritore. Apollo sembra quasi che sia, in questo snodo dell'opera, nel quale Platone per bocca di Socrate spiega la sua teoria della conoscenza, quasi una ancilla, che, accompagna il lettore intento a cercare quel fascio di luce nella argomentazione della teoria della conoscenza platonica. Solo la conoscenza intelligibile, assicura un sapere vero e universale; l'opinione invece, fondata sui due stadi inferiori del conoscere, è portata a confondere la verità con la sua immagine. L'idea del Bene, dal canto suo, è “Idea delle Idee”, quel principio ordinatore che garantisce l'ordine delle Idee. Questo ragionamento alla luce del progetto della Repubblica arriva a farci capire che, per Platone, una fondazione filosofica

nelle questioni politiche è in ultima istanza indispensabile. Se istanze legittime devono farsi avanti come vincolanti, allora per lo stato è necessaria una fondazione filosofica intesa come fondazione ultima.

4.7 Conclusioni

Notiamo, dunque, tornando al principio della nostra riflessione, che lo spirito apollineo in questa opera ricorre spesso e la pervade tutta.

Per “spirito apollineo” intendiamo uno dei due principi che governa la realtà della civiltà Greca insieme al suo opposto, lo spirito dionisiaco. Apollo e Dionisio, simboleggiano due atteggiamenti antitetici che connotano il mondo dei Greci: da un lato Dionisio è l'orgiastico dio della natura selvaggia e incarna il disordine, le forze irrazionali e istintive dell'uomo; dall'altro lato, Apollo è il dio solare, emblema dell'equilibrio, della armonia, della razionalità e dell'ordine (benchè, come osservato nei capitoli precedenti, in modo complesso). Platone, nel progetto della Repubblica, non può che incarnare l'apollineo. L'ordine apollineo è promosso a garante del vertice dello stato: il Bene della giustizia. Se Platone sa di poter distinguere tra il bene e il male, teme però che non tutti riceveranno le sue dottrine, e non si accontenta di diffondere la sua scienza, vuole imporla come unico schema politico. I filosofi della sua Repubblica non sono dunque come l'oracolo di Apollo, che viene consultato volontariamente da chi vuole essere illuminato attraverso il medium della sacralità del dio, i custodi-filosofi rappresentano, una classe politica che intende detendere il monopolio della verità e sono unicamente mossi dal lume della ragione.

Il principio razionale, dunque, è la luce che illumina il cammino della realizzazione dello stato platonico: possiamo allora spingerci ad affermare che senza ordine e misura, ovvero senza l'ispirazione apollinea, la costruzione politica e filosofica della Repubblica non sussisterebbe.

Capitolo V