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Conclusione al capitolo: la religione astrale nel libro X delle Legg

APOLLO NELLE LEGGI DI PLATONE

5.4 Conclusione al capitolo: la religione astrale nel libro X delle Legg

Seguendo il percorso di analisi della figura apollinea all'interno delle Leggi platoniche notiamo come i due ambiti, sacro e politico, siano posti su due piani comunicanti che si intersecano continuamente. Il filosofo insiste tanto nella Repubblica quanto nelle Leggi sulla necessità che l'autorità di Delfi sia assoluta in tutti gli affari religiosi, ed in parte in quelli politici. Ecco il motivo per cui Platone elegge Apollo e Helios ad avere diritto alle supreme dignità nella gerarchia dei culti di Stato. Platone intende fornire alla religione una base giuridica inserendo le divinità nel panorama della polis e prevedendo sanzioni penali nei confronti di chiunque diffonda la miscredenza verso tali tesi309.

Riassumendo ciò che accade all'interno delle Leggi a proposito di Apollo si nota che l'incipit dell'opera gli attribuisce l'ordinamento della legislazione spartana stabilendo un legame stretto tra Licurgo, il legislatore, e la sapienza oracolare apollinea310; gli stessi ordinamenti

legislativi, non sono opera di Apollo solamente, ma anche delle altre divinità, come Zeus. Tutto questo lascia comprendere lo stretto protagonismo della divinità all'interno dello stato platonico311. Nel secondo libro delle Leggi l'accento è posto da Platone sull'importanza che

egli attribuisce alla disciplina della musica, di dominio apollineo per eccellenza, materia di formazione prima e sublime del fanciullo che, insieme alla ginnastica, musica del corpo, si appresta a diventare ed esercitare la cittadinanza. La mousiké non comprende solo la musica bensì anche il testo poetico e le danze che accompagnano il canto, infatti Apollo è qui chiamato con uno dei suo numerosi appellativi: Musagete, il quale nel secondo libro viene ricordato tramite il peana312. Nel terzo libro, invece l'oracolo di Delfi sia interpellato a

proposito di questioni politiche che hanno un certo peso perchè riguardano il destino di un

309 Prestare particolare attenzione, a tal proposito, alla seguente analisi a proposito del libro X delle

Leggi.

310 Leg.I 624a. 311 Leg.I 632a-633a.

popolo. Come a stabilire sempre quel ponte confidenziale fra umano e divino, Apollo ricorre, infatti, nel libro VIII con il tempio a lui consacrato, che ormai rientra a pieno nel quotidiano contesto della polis313. Anche i testimoni di un processo (diremmo noi oggi) e l'attività

dell'avvocatura, sono sottoposti ad una normativa che riguarda proprio Apollo, il quale diviene garante del giuramento che queste categorie sono tenute a prestare. Nel XII libro, i cosiddetti “revisori” che si occupano del controllo dei pubblici magistrati sono tenuti a compiere una cerimonia nel recinto sacro ad Apollo e Helios, ed infatti è proprio nel libro X delle Leggi che troviamo il focus che potrà riportarci a quella devozione agli astri nota come “religione cosmica” che Platone ci presenta nel libro. Una novità nel progetto platonico di riforma religiosa è l'importanza dal filosofo conferita non solo alla divinità del sole, della luna e delle stelle che non era cosa nuova, ma al loro culto. La preghiera del Sole non era estranea in sé alla tradizione greca: Socrate lo prega all'alba (Simposio, 220d) e altrove nelle Leggi:

e così ancora tutti i giovani sentono dire e vedono che al sorgere e al tramontare del sole e della luna tutti i Greci e i barbari si prosternano e si inginocchiano sia dei giorni in cui sono preda di sventure sia nei giorni di fortuna, non come se non ci fossero ma pensandoli quanto mai esistenti, in nessun modo sollevando il sospetto che non ci siano dèi.314

Al sorgere e al tramonto della luna e del sole tutti i Greci e i barbari si prostrano in adorazione delle entità astrali, sia che versino in condizioni di prosperità o di ogni tipo di sventure. Sembra davvero che nelle Leggi venga data una importanza religiosa ai corpi celesti, che non avevano nel culto greco ordinario, benchè ci fossero forse precedenti parziali nella prassi o nel pensiero dei Pitagorici315. Infatti, leggiamo:

313 Leg. VIII 833b. 314 Leg.XXI 887e.

315 I seguaci di Pitagora credevano in un “fuoco centrale” per ragione segrete attraverso motivazioni che venivano custodite all'interno della setta.

CLIN. Dunque credi, ospite, che sia facile dire, rimanendo nel vero, che gli dèi ci sono?

ATEN. Come? CLIN. Prima di tutto la presenza della terra, e del sole e di tutti gli astri, e l'ordine cosi bello delle stagioni che si suddividono negli anni e nei mesi; e poi il fatto che tutti, Greci e barbari, pensano che gli dèi esistono.316

All'interno del libro decimo il tema ricorrente è l'empietà: Platone non ammette che, nello stato delineato, i cittadini mettano in dubbio l'esistenza della divinità, anzi, questi devono prestare onore agli dei proprio nella stessa maniera in cui portano rispetto nei confronti dei genitori317.

Nel corso del libro Platone insiste nuovamente a proposito degli astri celesti:

E' questo dunque ciò che fanno i discorsi di uomini come costoro: quando tu ed io portiamo le prove dell'esistenza degli dèi, e proponiamo proprio cose come queste, il sole, la luna, le stesse, la terra come dèi e cose divine esistenti, allora coloro che si sono lasciati convincere da questi nuovi sapienti direbbero che tutte queste cose non sono altro che terra e pietre.318

Ed il libro X fornisce una disamina esaustiva a proposito di Helios, il sole:

Ogni uomo vede il corpo del sole, nessuno ne vede l'anima, né vede l'anima infatti di nessun altro corpo d'animale, che sia vivo o morto. Abbiamo molte ragioni però di supporre e di attenderci che questo genere dell'anima sia per noi tale che

316Leg. X 885e-886a. 317Leg. X 886c.

del tutto sfugga naturalmente a tutti i sensi del nostro corpo e sia conoscibile solo per via d'intelletto. Usiamo quindi il solo intelletto e il solo pensiero per comprendere questo su di esso319.

Ed infine:

ATEN. Ognuno deve credere che quest'anima è qualche cosa di più dell sole; sia che porti la sua luce a tutti tenendolo secondo noi in un carro, sia che dal di fuori tu lo spinga, sia che comunque essa agisca e dovunque su di lui, ognuno deve ritenere che è una divinità.

ATEN. Così su tutte le stelle e la luna, gli anni i mesi e tutte le stagioni, quale altro discorso diremo se non questo stesso, e cioè che, poichè un'anima o molte anime apparvero cause di tutte queste cose, anime buone per ogni virtù, le diremo divinità esse stesse, sia che stiano celate nei corpi, come esseri viventi, e così danno ordine a tutto il cielo, sia in qualche altro luogo e modo? C'è qualcuno che convenendo in queste cose oserà ancora sostenere che tutte le cose non sono piene degli dèi?320.

Il sole, la luna e gli astri sono considerati alla stregua di divinità. Ma ciò non esclude che una religiosità tradizionale persista. Al contrario, sulla base dell'analisi svolta, ciò nel caso di Apollo è non solo possibile, ma coerente e lineare: Apollo entra a pieno in questo contesto essendo, come spesso abbiamo sottolineato, la personificazione del sole.

319 Leg. X 898e. 320 Leg. X 899b-c.

CAPITOLO VI