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Il reato di immigrazione clandestina a 10 anni dalla sua introduzione

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÁ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Il reato di immigrazione clandestina a 10 anni dalla sua

introduzione

Il Candidato

Il Relatore

Alessio Martino

Prof. Gianluca Famiglietti

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1

INDICE

INTRODUZIONE

CAPITOLO 1

L'UOMO E IL FENOMENO MIGRATORIO 1.1 Il concetto di migrazione

1.2 L'evoluzione storica del fenomeno migratorio

1.3 Cause ed effetti derivanti da emigrazione e immigrazione 1.4 I flussi del Mediterraneo

1.5 Politiche comunitarie in materia di immigrazione 1.6 Dati dell'immigrazione in Italia

1.7 Un excursus della legislazione italiana sull'immigrazione

CAPITOLO 2

DIRITTO PENALE DELL'IMMIGRAZIONE

2.1 Breve introduzione sui settori giuridici coinvolti dalla normativa sull'immigrazione

2.2 I “Pacchetti sicurezza”

2.2.1 Pacchetto sicurezza legge 24 luglio 2008, n. 125 2.2.2 L'aggravante della clandestinità

2.2.3 Pacchetto sicurezza legge 5 luglio 2009, n. 94

2.3 Le sentenze della Corte costituzionale

2.3.1 La sentenza n.249 del 2010 2.3.2 La sentenza n.250 del 2010

2.4 Il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina

2.4.1 Il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina nel pacchetto sicurezza del 2009

2.5 Il terzo pacchetto sicurezza

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2

2.5.2 La legge n. 129 del 2011

2.6 Il decreto sicurezza Salvini CAPITOLO 3

ESPULSIONI E RESPINGIMENTI

3.1 Le fonti in materia di espulsioni e respingimenti

3.1.1 La direttiva 2008/115/CE – "Direttiva rimpatri"

3.2 Il quadro generale su espulsioni e respingimenti

3.2.1 Il respingimento immediato alla frontiera

3.2.2 Il respingimento differito con accompagnamento alla frontiera

3.3 I divieti di respingimento

3.4 Espulsioni amministrative: forme e contenuti

3.5 Gli effetti dei provvedimenti amministrativi di espulsione

3.5.1 L'obbligo di lasciare il territorio nazionale 3.5.2 La segnalazione dello straniero al S.I.S.

3.5.3 I divieti di reingresso in Italia dello straniero espulso

3.6 Espulsioni "ministeriali"

3.7 Espulsioni disposte dal prefetto

3.7.1 Deroghe alla potestà espulsiva prefettizia

3.8 Le espulsioni giudiziarie

CONCLUSIONI

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3

INTRODUZIONE

Questo elaborato si propone di analizzare in modo coerente il diritto penale dell’immigrazione, partendo da un approfondimento legislativo sulla nascita del fenomeno migratorio e valutando la percezione della problematica. Le politiche relative ai flussi migratori e, quindi, all’ingresso ed al soggiorno di stranieri sul proprio territorio, come pure la tutela dei diritti umani, concorrono a determinare quale sia l’entità giuridica e sociale di uno Stato. Frequentemente, l’immigrazione viene considerata come un “problema” che ha coinvolto e coinvolge in maniera notevole l’Italia, a causa della sua posizione geografica e delle sue peculiarità politiche, sociali ed economiche.

L'argomento preso in esame è molto complesso, vista la natura e gli interessi coinvolti: è evidente che il tema dell’immigrazione irregolare desta preoccupazione, frustrazione e sfiducia da parte della popolazione e, quindi, questione di ordine pubblico e sicurezza. Tuttavia, si deve evidenziare come la normativa italiana, volta a circoscrivere la possibilità degli stranieri di fare ingresso e soggiornare nel Paese, interessa persone i cui i diritti devono essere garantiti dallo Stato nel loro nucleo essenziale, nel momento in cui giungono sul suolo nazionale.

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4

Come spesso avviene nel nostro Paese, i diritti da tutelare rimangono, però, sulla carta, poiché il governo italiano appare frequentemente impreparato a farsi carico delle proprie responsabilità internazionali verso coloro che sfuggono da guerre, discriminazioni e violazione dei diritti umani. Eppure la politica italiana ha avuto quasi sempre un atteggiamento ostile in materia di immigrazione, considerandolo come un problema dal punto di vista emergenziale e usando gli strumenti del diritto penale in modo punitivo-sanzionatorio con lo scopo di impedire e controllare le condotte degli immigrati in violazione delle norme amministrative sul regolare ingresso e soggiorno nel territorio nazionale.

Questa tesi ha l’intento di approfondire gli istituti di diritto penale aggiunti alle diverse fattispecie di reato, contenute nel Testo Unico sull’immigrazione (decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), in cui lo status di irregolare integra condotte che assumono rilievo penale. L’interesse ruota attorno alle peculiarità degli elementi costituivi delle fattispecie prese in esame caratterizzati da un inconsueto modus operandi.

L’obiettivo principale del lavoro è interrogarsi sull’introduzione dell’art. 10 bis, il reato di immigrazione clandestina, e di altre fattispecie analizzate nel dettaglio, allo scopo di constatare se gli obiettivi fissati dal legislatore siano stati raggiunti nel sistema

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5 legislativo.

Nel primo capitolo si analizzano l’evoluzione, le cause e i tipi di migrazioni avvenute nel corso della storia, i principali motivi che hanno portato e portano l’individuo a spostarsi in modo permanente o a lungo termine dal luogo di residenza: alcuni dati, diffusi dal Ministero dell’Interno, dimostrano la tendenza crescente dei migranti a scegliere l’Italia come punto di arrivo. Dopo aver esaminato il fenomeno migratorio nella parte introduttiva, si prosegue con l'analisi della legislazione italiana in merito, approfondendo la prima legge sull’immigrazione - la legge Foschi-, che ha disciplinato alcune norme in tema di lavoro e di collocamento ed ha introdotto importanti regole per la tutela dei lavoratori stranieri. Una tappa decisiva è rappresentata dall’approvazione della legge Turco-Napolitano nel 1998, prima legge organica dedicata interamente al tema migratorio, proseguendo poi con la legge Bossi-Fini, la quale ha modificato in senso restrittivo la legge Turco-Napolitano. Nel secondo capitolo viene dedicata attenzione al settore penale dell’immigrazione, analizzando nel dettaglio i cosiddetti “Pacchetti sicurezza”. Il primo, emanato con la legge 24 luglio 2008, n.125, introduce l’aggravante della clandestinità; il secondo, emanato con la legge 5 luglio 2009, n. 94, disciplina il reato di ingresso e soggiorno illegale con l'art. 10-bis e il

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favoreggiamento all’immigrazione clandestina; il terzo, convertito in legge il 2 agosto 2011, n. 129, approvato in seguito agli avvenimenti che hanno portato alla sentenza “El Dridi”; infine, il decreto sicurezza Salvini, entrato in vigore il 4 dicembre 2018, prevede l’abolizione della protezione umanitaria, l’estensione del trattenimento nei Centri di permanenza per i rimpatri, il trattenimento dei richiedenti asilo e degli irregolari e la restrizione del sistema di accoglienza. Il terzo capitolo si concentra sulle espulsioni e sui respingimenti degli immigrati, i due provvedimenti con cui lo Stato italiano predispone l’allontanamento dal proprio territorio dei cittadini di Paesi che non appartengono all’Unione Europea e degli apolidi. Particolare rilevanza assume la direttiva rimpatri 2008/115/CE, che si presenta come strumento essenziale di rendere effettiva la politica di rimpatrio dell’Unione Europea.

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C

APITOLO 1

L'

UOMO E IL FENOMENO MIGRATORIO

1.1 Il concetto di migrazione

La migrazione, intesa come lo spostamento permanente o a lungo termine dal luogo di residenza, è stata uno dei fenomeni durevoli della storia umana. Essa ha contribuito all'evoluzione di culture lontane, alla loro diffusione e a quella dei loro elementi attraverso l'interscambio, la comunicazione e la mescolanza, spesso complessa, di popoli e culture nelle varie aree del mondo. Negli ultimi decenni, i massicci movimenti di individui all'interno di un paese, oltre i confini nazionali e tra i diversi continenti, sono divenuti un pressante elemento di preoccupazione, in virtù dell'incidenza di questi ultimi sulle strutture economiche nazionali. I modelli e i conflitti di migrazione toccano così tanti aspetti delle relazioni sociali ed economiche, che il loro impatto assume un rilievo specifico e significativo nell'attuale realtà della geografia umana1.

I flussi migratori possono essere analizzati su diverse scale a seconda della motivazione che induce allo spostamento: dai massicci flussi intercontinentali, alle decisioni individuali di

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trasferirsi in una nuova casa o in un nuovo appartamento nella stessa area metropolitana. È possibile, dunque, parlare di movimenti intercontinentali, che vanno dai primissimi popolamenti del mondo abitabile ai più recenti esodi dei profughi asiatici o africani verso i paesi dell'Europa o dell'emisfero occidentale, e di migrazioni intra-continentali e interregionali, che comportano movimenti tra Paesi all'interno degli stessi 23.

Le migrazioni possono essere rilocalizzazioni forzate o indotte oppure, in molti casi, volontarie. Le migrazioni forzate rimandano al fenomeno della schiavitù, che ha coinvolto milioni di africani trasferiti con la forza come schiavi nell'emisfero occidentale tra la fine del XVI secolo e l'inizio del XIX secolo. Recentemente il Dossier Statistico dell’Immigrazione 2017 prodotto dal Centro Studi e Ricerche IDOS ha registrato un aumento considerevole dei migranti forzati: in soli venti anni il numero di questi ultimi nel mondo è raddoppiato, passando dai

2GETIS A.,GETIS J.(2007), Ibidem.

3 Secondo i dati ufficiali diffusi da Eurostat, nel corso del 2015 sono state circa 4,7

milioni le persone emigrate verso uno dei 28 Paesi dell’Unione europea, con un aumento di oltre 1,2 milioni (+37%) rispetto all’anno precedente. Tra tutti i nuovi ingressi si contano 2,4 milioni di cittadini di Paesi extra-europei e altri 1,4 milioni con passaporto di un Paese membro diverso da quello di destinazione (migrazione intra-europea). A questi si aggiungono 19.000 apolidi, coloro che non hanno nessuna cittadinanza, e circa 860.000 migrazioni di ritorno – o comunque immigrati in possesso della cittadinanza del paese di arrivo.

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9

33,9 milioni del 1997 ai 65,6 milioni del 2016, con un aumento significativo tra il 2012 e il 2015, determinato non solo dalla crisi siriana, ma anche dagli oltre quaranta conflitti armati in corso, sia interni sia tra Stati. I 65,6 milioni di migranti forzati nel mondo a fine 2016 sono, pertanto, così suddivisi4:

- 17.187.488 i rifugiati, di cui la metà in Asia, un terzo in Africa, il 13,4% in Europa e il restante 4,4% tra Americhe e Oceania;

- 2.826.508 i richiedenti asilo, di cui il 40,6% in Europa; - 40.300.000 gli sfollati interni;

- 5.300.000 i rifugiati e gli sfollati interni palestinesi sotto il mandato dell’agenzia Unrwa (Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione).

Si parla, invece, di rilocalizzazione indotta in riferimento al fenomeno migratorio determinato dalla fuga da condizioni ambientali, militari, economiche o politiche non favorevoli o pericolose, come la disoccupazione, la mancanza di opportunità professionali, il sovraffollamento, la povertà, la fame o la guerra, come avvenuto, per esempio, per otto milioni di indonesiani5,

che si sono spostati a seguito di un'energica campagna indetta

4CENTRO STUDI E RICERCHE IDOS(2017), Dossier Statistico sull’Immigrazione. 5GETIS A.,GETIS J.(2007), Ibidem.

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dal governo a partire dal 1969, finalizzata a trasferire la popolazione da Java, densamente abitata (circa 775 abitanti per chilometro quadrato) ad altre isole e territori del Paese. Al di là dei due citati tipi di migrazione, per lo più i fenomeni migratori sono dovuti ad una migrazione volontaria, che rappresenta una risposta individuale ai fattori che influenzano tutte le decisioni di interazione spaziale. In definitiva, le migrazioni hanno luogo perché i migranti ritengono che le loro opportunità e condizioni di vita saranno migliori nella loro meta rispetto a quanto lo siano nella loro ubicazione attuale. Il punto comune di tutte le forme di emigrazione dei secoli precedenti e del nuovo secolo è considerare la spinta alla mobilità e alla colonizzazione di nuovi spazi e nuovi territori come una caratteristica della nostra specie, la cui buon riuscita dipende dalla capacità dell'uomo di adattarsi socialmente e culturalmente al nuovo contesto.

1.2 L'evoluzione storica del fenomeno migratorio Descrivere in confini certi il fenomeno dell'emigrazione non è sicuramente facile, ma è possibile ricostruire l'evoluzione cronologica del fenomeno, individuando diverse fasi a partire dal XIV secolo:

Una prima fase si riferisce al momento storico del potere monarchico, tra il XIV-XV secolo, quando l'espandersi della

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popolazione rappresentava un grande potere di forza del potere monarchico, per cui i governanti accoglievano favorevolmente gli emigranti per la loro capacità produttiva e per la crescita

economica che essi rappresentavano. • La seconda fase può essere ricondotta al periodo tra il

XVI e il XVIII secolo, in cui la scoperta del nuovo continente americano ha visto crescere un movimento migratorio involontario e indotto. Si tratta infatti della già citata deportazione di circa 7,5 milioni di africani verso le colonie del nuovo continente6.

Una terza fase coincide con la fine del XVIII secolo fino al XIX secolo, in cui vi è stata una grande ondata migratoria verso il continente americano e il continente australiano7.

La quarta fase corrisponde alla nascita dell'industria pesante alla fine del XIX secolo; infatti gli Stati avevano bisogno di manodopera straniera per la carenza di manodopera interna (migrazione volontaria).

La quinta fase si apre attorno all'inizio del XX secolo con la grande emigrazione di numerosi ebrei, che lasciarono

6BRANCATI A. (1998), Popoli e civiltà, Vol. 1, La Nuova Italia, Firenze.

7FAMOSO N. (1996), Movimenti migratori, diversità e convivenza, in BRUSA C. (a

cura di), “Immigrazione e multicultura nell'Italia di oggi. Il territorio, i problemi, la didattica”, Franco Angeli, Milano.

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l'Europa per l'America. Questa fase è caratterizzata dall'antisemitismo del territorio europeo, per cui le popolazioni ebree chiedevano asilo in quegli Stati in cui il fenomeno della discriminazione della razza non era ancora presente. Tuttavia, anche in America, nel corso degli anni Venti del XX secolo incominciò a diffondersi l'antisemitismo e le porte del continente si chiusero e si crearono norme più severe che regolassero l'immigrazione.

Gli anni del dopoguerra rappresentano la sesta fase, la quale fu caratterizzata da uno spostamento migratorio verso le regioni dell'Europa centro-settentrionale interessate da una forte crescita economica; particolarmente coinvolta fu la Germania che vide un afflusso di circa di 9 milioni di persone.

Dal 1980 in poi – settima fase – si è invece assistito ad una forte crisi dei Paesi sottosviluppati, per cui le migrazioni sono cresciute in modo vertiginoso, senza però una contestuale crescita di domanda di manodopera da parte dei Paesi in cui giungono i nuovi migranti.

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1.3 Cause ed effetti derivanti da emigrazione e immigrazione

Immigrazione ed emigrazione sono due termini complementari, in quanto rappresentano due facce della stessa medaglia. La sociologia da tempo si è incaricata di dimostrare come questi due fenomeni siano legati a fattori di attrazione ed espulsione. I fattori che spingono ad emigrare sono molteplici e spesso sono legati al miglioramento della propria qualità della vita rispetto alla condizione di partenza del Paese di origine: questo è il caso del migrante economico – colui che viaggia per trovare una prospettiva di vita migliore rispetto a quella che lascia. Altro aspetto legato alla migrazione è la mancanza di lavoro, che spinge masse intere a trovare fortuna in luoghi dove i modelli economici sono più avanzati e di conseguenza le opportunità di lavoro sono molteplici.

All'interno del complesso fenomeno della migrazione, il fattore politico riveste un ruolo da protagonista. Infatti, nella storia più recente l'instabilità politica di molti Paesi è stata la causa principale dello spostamento di intere popolazioni. In questo caso colui che arriva, sfuggendo da situazioni di guerra e di persecuzione, è il profugo: egli viaggia perché è alla ricerca non di un lavoro, non di un miglioramento semplice delle proprie condizioni economiche, bensì di una prospettiva di

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mantenimento in vita. In aggiunta ai già citati tipi di migrante, recentemente è stato introdotto il concetto di migrante climatico, legato ai fenomeni di alluvioni, terremoti, tsunami, siccità e desertificazione.

In generale è possibile riassumere le cause del movimento migratorio attraverso i fattori di spinta e i fattori di attrazione. I primi sono definiti push factors: tra essi è possibile annoverare la povertà, la fame, la guerra, la disoccupazione, la mancanza di opportunità professionale, il sovraffollamento o lo sgombero dei quartieri degradati. I secondi sono invece definiti pull

factors: di essi fanno parte tutte le caratteristiche di attrazione,

che si presume esistano nelle nuove ubicazioni, come la sicurezza e il cibo, opportunità di lavoro, clima migliore, tasse meno gravose, maggiori spazi 8.

Analizzando più da vicino l’andamento dei flussi forzati, è possibile notare che il numero dei rifugiati nel mondo è ulteriormente aumentato da circa 16,1 a 17,2 milioni tra il 2015 e il 2016, di cui più della metà proviene da tre Paesi9: Siria,

Afghanistan e Sud Sudan. Inoltre, il 51% dei rifugiati è rappresentato da minorenni prevalentemente accompagnati,

8GETIS A.,GETIS J.(2007), Ibidem.

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anche se i non accompagnati rappresentano una delle principali criticità, in quanto il minore non accompagnato è colui che si sposta senza un adulto che abbia una responsabilità come genitore. Il dichiararsi minore e il richiedere protezione internazionale come minore, implica l'essere instradato verso un percorso di riconoscimento di maggiori tutele e garanzie. Tuttavia, questo fenomeno presenta la problematica di soggetti che dichiarano la minore età in assenza di documentazione che lo attesti. In queste situazioni di dubbio, veniva eseguita una radiografia del polso per determinare l'età ossea; a ben vedere, però, questo processo non è esente da criticità, in quanto l'analisi non consente di determinare in maniera esatta l'età anagrafica del soggetto.

Il numero dei richiedenti asilo, rispetto ai dati sui rifugiati, rivela le caratteristiche delle nuove tendenze strettamente collegate con la crisi del Mediterraneo, che ha fatto crescere in maniera significativa il numero di domande di asilo presentate presso i governi dei Paesi europei. Tra i Paesi di accoglienza, il primato spetta alla Germania, seguita dagli Stati Uniti, dalla Turchia e dal Sudafrica. L’Italia per la prima volta nel 2016 si colloca al quinto posto nel mondo e seconda a livello europeo. Infatti, secondo i dati Eurostat, il maggior numero di domande di asilo è stato presentato in Germania (745.155); seguono Italia

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(122.960), Francia (84.270) e Grecia (37.905). Il principale paese di origine dei richiedenti asilo dell’UE si conferma nel 2016 la Siria, seguita da Afghanistan, Iraq, Pakistan e Nigeria. Per quanto riguarda gli esiti delle richieste complessive in ambito europeo, su 712.235 decisioni10 prese nel 2016, il 60,8%

ha portato in primo grado ad un esito positivo, a cui si aggiungono 37.000 decisioni accolte in seguito a ricorsi in appello. Rimane tuttavia frammentario e non univoco il sistema nazionale di decisione tra le diverse Nazioni. Da una parte ci sono alcuni Stati Membri che hanno una certa difficoltà e lentezza nell’esaminare e definire le domande di asilo; dall’altra si sottolinea come tra i diversi Stati si siano prodotti tassi di riconoscimento della protezione così differenziati da lasciare enormi difficoltà di valutazione e/o giudizio delle evidenti disparità.

Da quest’ultimo punto di vista, elementi interessanti emergono dall’analisi dei dati dei permessi di soggiorno rilasciati ogni anno a cittadini di Paesi terzi11. La banca dati di Eurostat

permette di distinguere tra quattro grandi categorie: permessi per motivi di lavoro, permessi per motivi di studio, permessi per

10CENTRO STUDI E RICERCHE IDOS(2017), Dossier Statistico sull’Immigrazione. 11 CENTRO STUDI E RICERCHE IDOS(2017), Dossier Statistico sull’Immigrazione.

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motivi familiari (soprattutto ricongiungimenti con cittadini non comunitari) e, infine, altri tipi di permessi. Quest’ultima categoria comprende, in particolare, permessi rilasciati per protezione internazionale e altri tipi di residenza senza il diritto a svolgere attività lavorativa. Guardando al complesso degli oltre 2.6 milioni di permessi rilasciati dai Paesi dell’Unione europea nel corso del 2015, risulta che la maggior parte fossero per motivi familiari (28,9%) o lavorativi (27,2%), con un restante 20,2% di permessi studio e un 23,8% nella categoria “altri”. Le cifre in generale rivelano, da un lato, le significative differenze nei sistemi economici europei e nel ruolo giocato dagli immigrati, dall’altro sono l’effetto di diverse normative in materia di immigrazione. In molti casi, le distinzioni tra diverse categorie di migranti – quali quelli economici e “familiari” – sono peraltro più formali che sostanziali.

1.4. I flussi del Mediterraneo

La Commissione Europea ha delineato le linee guida per limitare l’incremento dei flussi migratori nel Mediterraneo, facendo nascere il sistema degli hotspot. Una definizione di

hotspot è contenuta all’interno nel regolamento che istituisce la

Guardia Costiera e di frontiera (EBCG) del 13 settembre 2016:

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ospitante, la Commissione, le agenzie competenti dell'Unione e degli Stati membri partecipanti cooperano, con l'obiettivo di gestire una sfida migratoria sproporzionata esistente o potenziale caratterizzata da un significativo aumento del numero di migranti che arrivano alle frontiere esterne”12.

Questo piano di intervento prevede:

• la lotta alle reti di trafficanti;

• le operazioni di ricerca e salvataggio in mare; • un meccanismo di redistribuzione tramite la ricollocazione delle persone che chiedono protezione internazionale;

• la collaborazione con gli Stati terzi13.

Le linee guida sottolineano dunque che il salvare vite umane è sicuramente un compito precipuo, ma al quale bisogna affiancare un maggiore e preciso controllo per arginare la rete dei trafficanti e garantire una precisa ricollocazione in concerto con gli Stati membri in una visione di piena collaborazione, la sola che può garantire sicurezza per coloro che chiedono protezione internazionale.

12 Regulation (EU) 2016/1624 of the European Parliament and the Council, Art.2,

par 10 e Art.18.

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Tuttavia,la redistribuzione dei nuovi arrivati, in base all’art 78, par. 3, del Trattato di Lisbona (Tfue), con due Decisioni del Consiglio dell’UE (del 14 e del 22 Settembre 2015), si è dimostrata insufficiente. Le formulazioni della UE, infatti, prevedevano un ricollocamento iniziale di 40.000 migranti, per poi triplicare via via il numero, ma la mancata collaborazione degli Stati membri e la difficoltà della norma hanno disatteso tali aspettative, per cui solo il 23% dei migranti è stato ricollocato14.

1.5 Politiche comunitarie in materia di immigrazione Le politiche comunitarie in materia hanno previsto alcuni profili di collaborazione intergovernativa che si sono consolidati durante gli anni Ottanta e Novanta. I più rilevanti sviluppi dell’ordinamento giuridico dell’UE in materia di immigrazione da Paesi terzi devono essere individuati nei trattati europei: infatti, è proprio il Trattato di Maastricht (1992) ad introdurre per la prima volta l’immigrazione tra gli interessi comuni a livello europeo.

Il successivo trattato europeo di Amsterdam, entrato in vigore nel 1999, evidenzia a chiare lettere come le problematiche

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migratorie debbano essere inserite come elementi prioritari di qualsiasi politica estera di qualunque Paese. Ad una riflessione più profonda si potrebbe affermare che il trattato di Amsterdam abbia trasformato la questione migratoria in un problema migratorio, confermando la necessità di elaborare delle linee guida in grado di circoscrivere il fenomeno migratorio. Tali linee guida si sono concretizzate in un documento finale al Consiglio di Tampere nell’ottobre del 1999, in cui vengono elencati i punti fondamentali che, secondo l’Unione Europea, dovrebbero essere posti alla base delle politiche e delle azioni in tema di immigrazione:

1. partnership con i Paesi di origine dei migranti; 2. un sistema comune di norme in tema di diritto di asilo; 3. un trattamento equo e condiviso dei cittadini di Paesi terzi;

4. una gestione corretta, efficiente e coordinata dei flussi migratori15.

Il trattato di Lisbona, entrato ufficialmente in vigore il primo dicembre 2009, modifica il Trattato sull’Unione Europea e il Trattato che istituisce la Comunità Europea in tema di immigrazione. L’art. 208 (ex articolo 177 sul Trattato della

15 LAVENEX S.,KUNZ R. (2008), The Migration-Development Nexus in EU External Relations, in “European Integration”, Vol. 30, N. 3, pp. 439-457.

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Comunità Europea) del TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea), disciplinato nel Capo relativo ai rapporti tra cooperazione e sviluppo, afferma che “la politica di cooperazione allo sviluppo dell’Unione e quella degli Stati membri si completano e si rafforzano reciprocamente”16. Al

contempo, la norma citata deve essere letta in combinato disposto con altre norme del Trattato dell’Unione Europea, nelle quali si legge esplicitamente che l’emigrazione rientra tra le priorità strategiche dell’U.E. Ad esempio, l’art. 21, comma 2, lettera d) indica quale obiettivo primario e definitivo a lungo termine quello dell'eliminazione della povertà – “favorire lo sviluppo sostenibile dei Paesi in via di sviluppo sul piano economico, sociale e ambientale, con l’obiettivo primo di eliminare la povertà” - e, a tale fine, promuove l’impegno dell’Unione ad assicurare “la coerenza tra i vari settori dell'azione esterna, e tra questi e le altre politiche. Il Consiglio e la Commissione, assistiti dall’alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, garantiscono tale coerenza e cooperano a questo fine”17.

Considerando la Direttiva del 28 novembre 2002 che definisce

16 TRATTATO SUL FUNZIONAMENTO DELL'UNIONE EUROPEA (2012), Art.

208.

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come illegali il favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno, ciascuno Stato membro deve prevedere delle sanzioni contro chiunque aiuti intenzionalmente un cittadino di uno Stato terzo ad entrare, transitare o soggiornare irregolarmente nel territorio di uno stato membro.

Tuttavia, la politica europea successiva al Consiglio di Tampere è stata influenzata dalla necessità e dal tentativo di gestire l’immigrazione irregolare su un piano repressivo e di tutela della sicurezza.

1.6 Dati dell'immigrazione in Italia

I dati diffusi dal Ministero dell'Interno dimostrano la tendenza crescente dei migranti a scegliere l'Italia come punto di approdo, per poi magari raggiungere le mete del centro e del nord Europa. Il 2013 si caratterizza per un incremento degli sbarchi, i quali poi esplodono nel 2014; la leggera contrazione del 2015 rispetto all'anno precedente probabilmente può spiegarsi attraverso due fattori: da un lato, l'esaurirsi delle conseguenze delle due primavere arabe; dall'altro, le tensioni createsi nel confine turco-siriano. Alla fine del 2017 gli stranieri residenti in Italia sono 5.144.000, circa 97.000 in più rispetto all’anno precedente

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23

(+1,9%), per un’incidenza dell’8,5% sulla popolazione totale18.

Oggi si preferisce andare verso l'Europa, verso il nord America, e in generale verso i tradizionali poli di attrazione, anche se vivono una profonda crisi economica. I Paesi di provenienza principali sono europei (Romania, Albania e Ucraina), africani (Marocco, Egitto, Eritrea, Nigeria, Somalia, Sudan, Gambia, Mali, Senegal e Ghana), asiatici (Bangladesh, Cina, Filippine, India e Siria) e sudamericani (Perù ed Ecuador).

Una delle principali porte di ingresso per l’Europa è l’Italia, in virtù della sua posizione geografica, con particolare riferimento ai porti di Lampedusa, Augusta e delle province di Siracusa e Reggio Calabria.

1.7 Un excursus sulla legislazione in materia di immigrazione

Dal 1861, anno dell’Unità d’Italia, il nostro era un Paese di emigrazione: infatti, il cittadino italiano, povero ed analfabeta, per scelta individuale si spostava verso l’America. Solo dagli anni Settanta del Novecento abbiamo un cambiamento di rotta, per cui l’Italia diventa Paese d’immigrazione. Volendo descrivere una rapida cronologia delle politiche migratorie in

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Italia, si evidenzia come nello Stato liberale i pochi stranieri che arrivavano, usufruivano degli stessi diritti degli Italiani e, se non avessero mostrato documenti di riconoscimento conformi alle norme, sarebbero stati allontanati alla frontiera. Con l’avvento del fascismo, i flussi migratori sì bloccarono per la mancata inclinazione del regime a far emigrare gli Italiani, poiché aveva interesse a farli lavorare all’interno del Paese e arruolarli all’esercito. Nel 1929 nacque l’Ufficio centrale per la registrazione degli stranieri e nel 1931 furono regolati l’obbligo del visto per l’entrata e l’obbligo di notifica dell’arrivo di tutti gli stranieri alla polizia a 72 ore dal passaggio del confine italiano. Nel 1938 furono emanate le famigerate leggi razziali, le quali prevedevano che i cittadini di razza ebraica venissero spogliati dei diritti politici e dei diritti civili. Crollato il regime fascista, il primo gennaio del 1948 entrava in vigore la Costituzione e sanciva il principio della sovranità popolare, il principio di eguaglianza e i diritti di libertà, così che nello scenario di una Costituzione rigida e garantista, si giustifica la prospettiva di idonee tecniche giuridiche a tutela delle libertà individuali e collettive19. Il 1975 fu l’anno in cui dominavano i

rimpatri dall’estero e soprattutto in cui il Parlamento

19EINAUDI L., 2007, Le politiche dell’immigrazione in Italia dall’Unità a oggi,

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25

promulgava la Convenzione Internazionale dell’Organizzazione internazionale del lavoro, ratificata con la legge del 10 aprile 1981, n. 158, sulla tutela dei lavoratori migranti.

L’immigrazione in Italia non è un fenomeno nuovo. Si tratta di un fenomeno che presenta caratteristiche peculiari dalla fine della seconda guerra mondiale. Secondo Colucci, “nel 2018 l’Istat ha calcolato che vivono in Italia poco più di cinque milioni di cittadini di origine straniera, che evidentemente non sono arrivati tutti insieme, ma sono il frutto di un processo molto lungo. L’immigrazione in Italia ormai è arrivata alle terze generazioni, mentre noi stiamo ancora parlando delle seconde”20. Gli anni Sessanta e i primi anni Settanta del

Novecento vedono le prime migrazioni verso l’Italia: gruppi sempre più numerosi di studenti e lavoratori provenivano soprattutto da Eritrea, Etiopia e Somalia. Questo flusso migratorio coinvolge anche le aree territoriali poste alla frontiera: esempi emblematici sono il Friuli-Venezia Giulia (la frontiera con la ex Jugoslavia) e la zona occidentale della Sicilia dove, sul finire degli anni Sessanta, inizia un progressivo

20COLUCCI M. (2018), Storia dell’immigrazione straniera in Italia. Dal 1945 ai

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impiego di forza lavoro; un esempio evidente è stato ed è ancora la città di Mazara del Vallo, in provincia di Trapani, la cui forza lavoro sulle imbarcazioni dei pescherecci è ormai costituita per la maggior parte da stranieri provenienti dalle zone del Nord-Africa21. Nello stesso periodo iniziarono ad arrivare dissidenti

politici ed esuli in fuga dalle dittature del Sud America.

La legislazione italiana fa i conti con l’immigrazione intorno agli anni Ottanta, momento in cui la presenza sul suolo italiano di stranieri era in forte aumento. Nel 1986, infatti, viene approvata la prima legge sull’immigrazione, la Legge Foschi. Si tratta di un passaggio molto importante perché, prima di allora, la legislazione sul tema era carente22. Mentre in molti

Paesi europei l’immigrazione si concentrava vicino alle grandi fabbriche delle grandi città, in Italia invece l’immigrazione non era legata allo sviluppo industriale del paese e, per questo motivo, si è assistito ad una diffusione maggiore sull’intero territorio nazionale, comprese le zone marginali23.

La legge Foschi, approvata il 30 dicembre 1986, n. 943, formata da 19 articoli, all’art.1 stabiliva: “La Repubblica italiana, in

21EINAUDI L. (2007), Ibidem, pp. 87.

22“Fino a quel momento l’immigrazione era regolata da una circolare del Ministero

del Lavoro risalente al 1963: una situazione decisamente lacunosa dal punto di vista legislativo”. COLUCCI M. (2018), Ibidem.

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attuazione della convenzione dell’OIL n. 143 del 24 giugno 1975, ratificata con la legge 10 aprile 1981, n. 158, garantisce a tutti i lavoratori extracomunitari legalmente residenti nel suo territorio e alle loro famiglie parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani. La Repubblica italiana garantisce inoltre i diritti relativi all’uso dei servizi sociali e sanitari, a norma dell’articolo 5 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, al mantenimento dell’identità culturale, alla scuola e alla disponibilità dell’abitazione, nell’ambito delle norme che ne disciplinano l’esercizio“24, recependo i principi della Convenzione

Internazionale dell’Organizzazione internazionale del lavoro. La legge Foschi disciplinava alcune norme in tema di lavoro di collocamento, di trattamento dei lavoratori stranieri, di ricongiugimento familiare e stabiliva sanzioni per l’immigrazione clandestina. Inoltre introduceva importanti regole per la tutela dei lavoratori stranieri, quali ad esempio il divieto di privare il lavoratore disoccupato del permesso di soggiorno, sanzioni penali per contrastare l’intermediazione, lo

24 LEGGE FOSCHI (30 Dicembre 1986), n. 943 recante, Norme in materia di

collocamento e di trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e contro le immigrazioni clandestine, articolo 1.

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sfruttamento e l’impiego illegale dei lavoratori stranieri25.

L’aspetto problematico della legge Foschi era quello di assumere manodopera proveniente dall’estero, prevedendo una procedura complessa dove: - le commissioni regionali dell’impiego dovevano programmare le offerte di lavoro rimaste sospese; - era previsto un controllo da parte degli Uffici provinciali del lavoro alla rinuncia dei lavoratori di Italiani e comunitari a consentire queste opportunità di lavoro; - veniva redatta una lista dei lavoratori extracomunitari, che domandavano di orientarsi al lavoro in Italia in base ad una classifica che favoriva gli stranieri già presenti sul territorio nazionale rispetto a chi si trovava all’estero. I datori di lavoro potevano solo accettare di assumere il lavoratore che si ritrovava nella posizione più alta della classifica. Tutto ciò collideva con la problematica dell’economia sommersa nel dare occupazione agli stranieri senza fornire le basi legali per ottenere il permesso di soggiorno. La parte più importante della legge Foschi diventava la sanatoria per gli stranieri presenti irregolarmente o illegalmente in Italia, dato che veniva preclusa ogni forma di punizione per gli illeciti pregressi, quando si

25 LEGGE FOSCHI (30 Dicembre 1986), n. 943 recante, Norme in materia di

collocamento e di trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e contro le immigrazioni clandestine.

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dimostrava l’intenzione di distinguersi dal fenomeno migratorio clandestino. Gli immigrati, per essere regolarizzati ed evitare l'espulsione, e i datori di lavoro, per evitare le sanzioni legali, dovevano dichiarare congiuntamente entro tre mesi la presenza e l'attività lavorativa (art. 16), cosa che nel corso di un biennio emersero circa 120.000 lavoratori. La regolarizzazione fornì un riscontro limitato per debellare il problema dell’economia sommersa, poichè il collocamento ricompariva quando si rinnovava il permesso di soggiorno, data l’impossibilità di avere la prova di un lavoro certificato26.

Dopo la caduta del muro di Berlino, fra il 1989 e il 1992, cambiano i flussi migratori. L'esodo della popolazione albanese, che fuggiva da povertà, fame e instabilità politica, nell’agosto del 1991 a bordo del mercantile Vlora sulle coste della regione Puglia, rappresenta il più consistente sbarco dei clandestini della storia d’Italia.

L’incompletezza e la lacunosità della Legge Foschi, unite all’intensità del fenomeno migratorio che aveva assunto dimensioni sempre maggiori, hanno reso necessario un intervento più preciso da parte del Governo italiano. Il 28 febbraio 1990 venne approvata la legge Martelli, che conteneva

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norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato. Le novità introdotte possono essere così riassunte: - Disciplina del riconoscimento dello status di rifugiato; - Disciplina e definizione dell’ingresso in Italia di cittadini extracomunitari per qualsiasi motivo, per turismo, studio, lavoro subordinato o autonomo, cura, familiari o di culto;

- Introduzione del concetto di flusso e di programmazione per l’entrata in Italia per ragioni di lavoro di stranieri extracomunitari;

- Indicazione di due modalità per arrivare in Italia: uno direttamente alla frontiera, dove si tiene conto della regolarità dei documenti e la mancanza di cause ostative; l’altro presso la Questura del luogo di dimora, dove viene vagliato il possibile rilascio del permesso di soggiorno riguardo i motivi dell’ingresso in Italia;

- Introduzione della specifica procedura di espulsione del cittadino extracomunitario27.

27 LEGGE MARTELLI (28 Febbraio 1990), n. 39, Art. 7 comma 2: “sono altresì

espulsi dal territorio nazionale gli stranieri che violino le disposizioni in materia di ingresso e soggiorno, oppure che si siano resi responsabili, direttamente o per interposta persona, in Italia o all’estero, di disposizioni fiscali italiane o delle norme sulla tutela del patrimonio artistico, o in materia di intermediazione di manodopera

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In aggiunta vengono differenziati i provvedimenti di respingimento e di espulsione. I primi sono di competenza dei prefetti degli uffici della frontiera, mentre i secondi sono di titolarità del questore, che fissa il termine dell’espulsione entro i quindici giorni. L’accompagnamento coatto alla frontiera viene previsto solo in caso di inottemperanza all’intimazione (art. 7, comma 7 e comma 9)28. Tuttavia, questa norma per

insufficienza di risorse faceva in modo che la maggior parte degli stranieri non ottemperasse all'obbligo e che quindi restasse in Italia.

Nel 1995 fu emanato il decreto-legge n. 489 conosciuto come legge Dini con l'obiettivo di dare una normativa organica al fenomeno migratorio. Il decreto tentava di rivedere, in modo più limitativo, alcuni aspetti della legge Martelli, tra i quali, la riduzione a sette giorni del termine idoneo per la presentazione del ricorso in caso di espulsione per soggiorno irregolare; l'estensione della condanna di espulsione ai casi di reati di lieve entità; l'introduzione della possibiltà di espulsione su rischiesta

nonché sfruttamento della prostituzione o del reato di violenza carnale e comunque dei delitti contro la libertà sessuale”.

28LEGGE MARTELLI (28 Febbraio 1990), n. 39 “Conversione in legge,

con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, recante norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato”.

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del Pubblico Ministero, quale sia il quantum della condanna; inoltre la possibilità di richiesta di espulsione per chi fosse stato arrestato in flagranza, senza alcun riferimento alla residua pericolosità sociale (con palese violazione del pricipio costituzionale di presunzione di innocenza art. 27 Costituzione). Il decreto legge 18 novembre 1995, n.489 è stato reiterato per ben cinque volte senza essere mai convertito29.

Una tappa legislativa decisiva è rappresentata dall’approvazione della legge Turco-Napolitano nel 1998, la quale fu fonte di non poche polemiche30, sebbene rappresenti il

primo testo normativo ad hoc dedicato interamente al tema migratorio. Fu nominata una Commissione per redigere un disegno di legge, e l’allora Presidente del Consiglio Romano Prodi chiamò due esponenti del Partito democratico della Sinistra: Livia Turco, Ministro della Solidarietà Sociale, e il titolare degli Interni, Giorgio Napolitano. L’intento era porre fine agli sviluppi normativi di quegli anni, che erano stati insufficienti, parziali e dettati dalla logica emergenziale. La

29 ZANROSSO E. (2016), DIRITTO DELLIMMIGRAZIONE,Edizioni giuridiche

Simone, Napoli, pp 57.

30 Questa legge, infatti, divise il movimento antirazzista italiano. Come afferma

Colucci, “Nella legge del 1998 non c’è il diritto di voto amministrativo per gli immigrati residenti, non c’è la riforma della legge sulla cittadinanza approvata solo pochi anni prima (e che da subito era stata giudicata discriminatoria verso gli immigrati), e le misure sull’integrazione appaiono deboli. Molti sostennero che quella legge doveva essere combattuta, per altri invece andava appoggiata perché era in tutti casi innovativa”. COLUCCI M. (2018), Ibidem.

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legge sottolineava l’idea che l’immigrazione non era più un fenomeno transitorio, ma era destinato a durare nel tempo; basti pensare che la legge in questione è divisa in quarantesei articoli, a differenza della legge Martelli che ne contava solo tredici. Così la legge 6 Marzo 1998, n.40 fissava tre obiettivi:

- Il contrasto dell’immigrazione clandestina;

- La programmazione di un sistema regolare di ingressi legali;

- L’inizio di percorsi di integrazione per i nuovi immigrati legali per poter passare da una condizione di temporaneità ad una maggiore stabilità, come ad esempio l’introduzione della carta di soggiorno per gli stranieri già regolarmente soggiornanti in Italia.

Il capo II del titolo II è dedicato alla materia del respingimento e delle espulsioni. Le espulsioni amministrative vengono eseguite con accompagnamento immediato alla frontiera in casi limitati, ovvero quando ricorrono circostanze oggettive che fanno ritenere concreto il pericolo che l’interessato si sottragga al provvedimento. Negli altri casi, l’espulsione viene utilizzata con l’intimazione a lasciare il territorio entro quindici giorni. Una delle novità della legge era l’introduzione dello sponsor; uno strumento che permetteva ai datori di lavoro di orientarsi agli uffici per l’immigrazione o di usufruire di persone

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giuridiche a svolgere il ruolo di sponsor garante. Lo sponsor altro non era che un cittadino straniero, regolarmente residente, o un’associazione, che si assumevano la responsabilità, diventando garanti, di far entrare uno straniero, assicurando allo Stato italiano di mantenerlo per tutto il periodo della ricerca di un lavoro. Il permesso di soggiorno garantito dallo sponsor dava diritto a un anno di permanenza sul territorio nazionale che, in caso di esito positivo, si convertiva in un contratto di lavoro, come stabilito dall’art.21 comma 131.

La legge n. 40 conteneva una delega al Governo ad adottare entro due o tre mesi un d.lgs n. 286, il Testo Unico sull'immigrazione, formato da 49 articoli, suddivisi in 6 titoli. Una delle novità principali del T.U. è rappresentata dal sistema delle quote d’ingresso che si interseca con il sistema dello sponsor, come già illustrato.

Prevedeva la possibilità del ricongiungimento, istituto atto a

31 “Il cittadino italiano o straniero regolarmente soggiornante che intenda farsi

garante dell'ingresso di uno straniero per consentirgli l'inserimento nel mercato del lavoro, deve presentare entro sessanta giorni dalla pubblicazione dei decreti di cui all'articolo 3, comma 4, apposita richiesta nominativa alla questura della provincia

di residenza, la cui autorizzazione all'ingresso costituisce titolo per il rilascio del visto di ingresso. Il richiedente deve dimostrare di potere effettivamente assicurare allo straniero alloggio, copertura dei costi per il sostentamento e assistenza sanitaria per la durata del permesso di soggiorno. L'autorizzazione all'ingresso viene concessa, se sussistono gli altri requisiti per l'ingresso, nell'ambito delle quote stabilite e secondo le modalità' indicate nei decreti di attuazione del documento programmatico per gli ingressi per lavoro e deve essere utilizzata entro e non oltre sei mesi dalla presentazione della domanda. Essa consente di ottenere, previa iscrizione alle liste di collocamento, un permesso di soggiorno per un anno a fini di inserimento nel mercato del lavoro”

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garantire la coesione familiare di chi risiedeva legalmente in Italia, rispetto ai familiari che si trovavano nel paese di origine. Inoltre veniva disciplinata la gestione dei flussi mediante due strumenti: un documento programmatico triennale, disciplinato dall’art.3 comma 2 del T.U., individuava le caratteristiche generali per la definizione dei flussi di ingresso nel territorio dello Stato e delineava gli interventi pubblici finalizzati a promuovere le relazioni familiari, l’inserimento sociale e l’integrazione culturale degli stranieri residenti in Italia, a condizione che non contrastassero con l’ordinamento giuridico che prevedeva ogni possibile strumento per un reinserimento nel proprio paese di origine. In aggiunta l’altro strumento è approvato annualmente, che fissava, in ossequio al documento programmatico triennale, la base di un tetto numerico, tenendo conto delle reali esigenze sotto il profilo della richiesta di lavoro. Infine, venivano equiparati agli stranieri alcuni diritti civili e lavoristici che prima non erano previsti32.

La legge n. 189/2002, conosciuta come legge Bossi-Fini, rappresentò un ulteriore passo verso la regolamentazione della materia sull’immigrazione, modificando in senso restrittivo la

32 Legge n. 40 (6 marzo 1998), Disciplina dell'immigrazione e norme sulla

condizione dello straniero, Consultabile su https://www.camera.it/parlam/leggi/98040l.htm.

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legge Turco-Napolitano. La neo-legge cambiava il T.U. in più parti; innanzitutto veniva abolito lo sponsor e introdotto il contratto di soggiorno; l’ingresso in Italia veniva subordinato al possesso di un lavoro e veniva rilasciato dalla Polizia di Stato il permesso di soggiorno, cioè un’autorizzazione amministrativa, che consentiva la permanenza nel territorio nazionale. Il contratto di soggiorno veniva concluso tra il datore di lavoro e il lavoratore extra-comunitario presso lo Sportello Unico gestito dalla Prefettura territorialmente competente, ovvero dove il datore aveva la sede legale (art.5bis). In più, il datore di lavoro doveva dimostrare di sostenere i costi del viaggio, del rimpatrio e dell’alloggio, trattandosi di una procedura lunga e complessa. Altri temi che la legge in questione ha modificato riguardavano l’introduzione dello Sportello unico per l’immigrazione, istituito presso la prefettura-Ufficio Territoriale del governo, che serviva da filtro per gli adempimenti amministrativi relativi all’ingresso per lavoro e ricongiungimento familiare (art.18); la durata del permesso di soggiorno per lavoro, che veniva commisurata alla durata del relativo contratto di soggiorno per lavoro; l'inasprimento delle pene per i trafficanti di esseri umani. Invece, per quanto riguarda le espulsioni veniva regolata l’esecuzione delle stesse con l’accompagnamento coattivo alla frontiera con l’ipotesi di un massimo di sessanta giorni di

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permanenza presso i C.P.T. (Centri di permanenza temporanea, introdotti dalla legge Turco-Napolitano, poi denominati con la legge Bossi-Fini C.I.E. centri di identificazione ed espulsione, ed infine rinominati C.P.R. Centri di permanenza per i rimpatri dalla legge Minniti-Orlando L.46/2017), rispetto ai trenta della disciplina precedente, in virtù delle gravi difficoltà per il reperimento dei titoli di viaggio o per le pratiche di identificazione (art.14 comma 5 del T.U.). I C.P.T. erano delle strutture, che consentivano allo straniero la permanenza, qualora non fosse possibile procedere all’esecuzione con accompagnamento alla frontiera dell’espulsione o del respingimento per i seguenti motivi: - necessità di soccorso dello straniero; - accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità; - necessità all’acquisizione di documenti per il viaggio; - per l’indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo ai sensi dell’art. 14 comma 1 e 433.

Si deve aggiungere che la legge Bossi-Fini affrontava il tema del diritto di asilo, poiché regolarizzava in maniera lineare la procedura per l’acquisizione del riconoscimento dello status di richiedenti asilo e rifugiati. Si introduceva lo S.P.R.A.R. (Sistema Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati) come

33 Consultabile su

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sistema di seconda accoglienza, che consiste in una rete di enti locali, che offrivano dei progetti di inserimento, mettendo a disposizione corsi di italiano, corsi di educazione civica e alloggio in struttura. Rientravano in questo sistema gli stranieri che richiedevano protezione internazionale e che non avevano i mezzi di sussistenza sufficienti ovvero si trovavano sotto il limite dell’assegno sociale. Inoltre, veniva istituito un fondo ad

hoc, presso il Ministero dell’Interno, volto al finanziamento di

questa progettualità.

Sul finire della prima decade del 2000 si assiste alla promozione di misure legislative volte a rafforzare le frontiere esterne dell’Unione europea, riducendo i canali legali per l’ingresso dei lavoratori stranieri in Europa: è in questa direzione che nel 2008 viene approvato il cd. pacchetto sicurezza, con il decreto legge n. 92, convertito in legge 24 luglio 2008, n. 125 e vengono firmati gli accordi di Roma con il presidente della Libia di allora, Gheddafi, per il trattenimento dei migranti nei centri di detenzione libici34.

Dopo l’ultima ondata migratoria – cominciata nel 2011 con le

34 “La legge Turco-Napolitano prevedeva degli ingressi per motivi di lavoro che

potessero essere armonizzati con il mercato del lavoro, ma nel corso del tempo sono venuti al pettine i nodi di una legislazione molto rigida. Di fatto sono quasi spariti i canali legali per arrivare in Italia con un permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di studio, mentre l’unico canale di regolarizzazione per gli immigrati è diventato l’asilo, oltre al ricongiungimento familiare”. COLUCCI M. (2018).

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primavere arabe in Nord-Africa e in Medio Oriente – il sistema di controllo delle frontiere è stato messo in discussione, in quanto i flussi hanno assunto dimensioni notevoli e la legislazione nazionale e internazionale in materia appaiono non adeguati alle critiche situazioni, che l’Europa si ritrova ad affrontare sul fronte migratorio.

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C

APITOLO

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DIRITTO

PENALE

DELL’IMMIGRAZIONE

2.1 Breve introduzione sui settori giuridici coinvolti dalla normativa sull'immigrazione

Il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo Unico sull'immigrazione, si basa su alcuni importanti principi e sfiora materie delicate appartenenti ad altre branche del diritto.

Al suo interno, tocca istituti che concernono temi giuridici riguardanti anche altri settori, ad esempio quelli tipicamente giuslavoristici, attinenti all’avviamento del lavoro, alla previdenza e all’assistenza; quelli penalistici, afferenti le varie ipotesi di reato, dall'obbligatoria espulsione dal territorio nazionale, allo sfruttamento dell’immigrazione clandestina; quelli amministrativi, pertinenti ai permessi di soggiorno, alle espulsioni e ai riconoscimenti dello status di rifugiato35.

Focalizzando l’attenzione sugli aspetti penalistici, numerosi sono i temi legati tanto a condotte pregiudizievoli messe in atto dallo straniero, come ad esempio il rientro in Italia a seguito di

35 La base giuridica dello status di rifugiato è la Convenzione di Ginevra del 1951.

Lo status viene attribuito ai richiedenti asilo, che riescono a provare di avere un giustificato timore di essere perseguitati “per ragioni di razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per opinioni politiche” (art. 1 della Convenzione).

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espulsione, quanto a comportamenti offensivi compiuti da cittadini italiani su stranieri irregolari, come lo sfruttamento sul luogo di lavoro36.

2.2 I “Pacchetti sicurezza”

Con due provvedimenti legislativi, il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni nella legge 24 luglio 2008, n. 125 e la legge 15 luglio 2009, n. 94, sono stati adottati, nell’ambito di un più ampio intervento volto alla tutela della sicurezza pubblica, nuovi strumenti di contrasto all’immigrazione illegale.

In particolare, tra le novità più significative in campo penale, si segnalano l’introduzione, da un lato, dell’aggravante della clandestinità, inserita nell’ambito dell’art. 61 c.p. tra le aggravanti comuni e, dall’altro, la criminalizzazione dell’immigrazione illegale. Inserita per la prima volta nel nostro ordinamento, è prevista e punita dall’art. 10-bis T.U. immigrazione, che ha assunto, a seguito di una vivace discussione parlamentare, la veste di contravvenzione, punita con sola pena pecuniaria, di importo variabile dai 5.000 ai 10.000 €.

36 ZANROSSO E. (2016), DIRITTO DELLIMMIGRAZIONE,Edizioni giuridiche

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Tali provvedimenti hanno radicalmente innovato la disciplina penale dell’immigrazione, suscitando un acceso dibattito che, oltre alla valutazione dell’opportunità e dell’efficacia delle nuove norme ai fini del controllo dei flussi migratori, ha riguardato, in ultima analisi, i limiti e la legittimazione dell’intervento punitivo. Discussione che ha coinvolto i principi cardine del diritto penale in un ordinamento liberale – democratico: quelli di materialità, offensività e sussidiarietà e, più in generale, quello fondamentale dell’uguaglianza – ragionevolezza, di cui all’art. 3 Cost.

2.2.1 Il pacchetto sicurezza legge 24 luglio 2008, n. 125 Durante il Consiglio dei ministri tenutosi a Napoli il 21 maggio 2008, il Governo ha varato misure in materia di sicurezza e immigrazione con il cosiddetto “pacchetto sicurezza”. Il dispositivo normativo, composto da un decreto-legge, un disegno di legge e tre decreti legislativi, ha utilizzato tre diversi strumenti normativi con iter altrettanto differenti. Il primo provvedimento è divenuto operativo immediatamente dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, diversamente dal disegno di legge, approvato in Parlamento, e dai decreti legislativi, inviati alle Commissioni parlamentari prima di essere adottati dal Consiglio dei ministri.

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Con le norme in materia di sicurezza vengono introdotti nuovi reati (come quello di immigrazione clandestina), facilitate le espulsioni, rivalutati i cosiddetti “matrimoni di convenienza” e modificate le procedure per i ricongiungimenti familiari, al fine di ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato e la libera circolazione dei cittadini comunitari. Al pacchetto sicurezza viene, poi, aggiunto il disegno di legge, con cui l’Italia aderisce al Trattato di Prüm istitutivo della banca dati nazionale del DNA37.

La nuova regolamentazione prevista dal decreto-legge in materia di sicurezza e immigrazione, in primis, facilitava le espulsioni. L’art. 1, comma 1, lettera a) introduceva, infatti, rilevanti modifiche all’articolo 235 del codice penale38,

imponendo al giudice l’espulsione o l’allontanamento dal territorio nazionale dello straniero, condannato in via definitiva ad una pena superiore ai due anni di carcere, e non più, come in

37 Il trattato di Prüm, chiamato anche «Schengen 2», è stato firmato nell'omonima

città (Germania) il 27 maggio 2005 tra sette Paesi dell'Unione europea (Belgio, Francia, Germania, Spagna, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria), ed è aperto all'adesione e ratifica di altri Paesi dell'Unione. Rispetto agli accordi di Schengen è un completamento, poiché mira a rafforzare la cooperazione transfrontaliera nella lotta ai fenomeni del terrorismo, della immigrazione clandestina, della criminalità internazionale e transnazionale, e permette lo scambio di informazioni concernenti dati informatici, impronte digitali e dati genetici (DNA). Per quanto attiene alla lotta all'immigrazione clandestina, è previsto anche l'invio di Ufficiali di collegamento esperti in falsi documentali nei Paesi di origine dei flussi migratori irregolari.

38 CODICE PENALE, Art. 23: “espulsione od allontanamento dello straniero dallo

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precedenza, per una condanna alla reclusione inferiore ai dieci anni. Il migrante era punito con la reclusione da uno a quattro anni, se non avesse rispettato l'ordine di espulsione. L’essere clandestini, inoltre, diventava un'aggravante. L’articolo 1, comma 1, lettera f), introduceva, al numero 11-bis dell’articolo 61 del codice penale, una nuova circostanza aggravante comune: la pena comminata veniva aumentata di un terzo, nel caso di commissione del reato da parte di un «soggetto che si trovi illegalmente sul terreno nazionale», comunitario e non. Il decreto-legge in materia di lotta all’immigrazione clandestina conteneva ulteriori modifiche al “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, di cui al decreto legislativo n. 286/98 e successive modificazioni 39. In particolare, l’articolo 5

del decreto inseriva, all’articolo 12 del Testo Unico, il comma 5-bis, con cui si introduceva una nuova fattispecie delittuosa, attraverso la quale veniva condannato chiunque affittasse, a titolo oneroso, un immobile ad uno straniero irregolare. Tale condotta era punita con la reclusione dai sei mesi ai tre anni e, in caso di condanna irrevocabile, con la confisca dell’immobile,

39 DECRETO LEGISLATIVO n.286 (25 luglio 1998), Testo unico delle disposizioni

concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 191 del 18 agosto 1998.

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«salvo che appartenga a persona estranea ai fatti». Le somme ricavate dalla vendita dei beni confiscati erano, poi, devolute al potenziamento delle azioni di prevenzione e repressione dei reati di immigrazione clandestina40.

L’articolo 9 sostituiva la denominazione dei “Centri di permanenza temporanea ed assistenza”, strutture in cui venivano condotti gli stranieri clandestini o irregolari, con quella di "Centri di identificazione e espulsione" (CIE).

Il disegno di legge n. 733, recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica"41 di iniziativa governativa, era strettamente

connesso al decreto-legge 28 maggio 2008, n. 92, “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica”, integrandone le forme di intervento in campo. Tra i 20 articoli, di cui era composto il provvedimento, assumeva rilevanza l'articolo 9, che introduceva il reato dell’ingresso illegale nel territorio dello Stato: lo straniero, entrato in Italia in violazione della normativa del Testo Unico, era punito con la reclusione dai sei mesi ai quattro anni,

40 Durante la discussione del disegno di legge n. 692 di conversione del decreto-legge

in oggetto è stato accolto un emendamento di modifica dell’articolo 5. Secondo tale riformulazione, viene punito solo chi "a titolo oneroso, al fine di trarre ingiusto profitto dalla condizione di irregolarità di uno o più stranieri, dà alloggio a uno straniero privo di titolo di soggiorno in un immobile di cui abbia disponibilità, ovvero lo ceda allo stesso anche in locazione”. L’innovazione introdotta risiede nell’introduzione del concetto di "ingiusto profitto", senza il quale non scatterebbero la reclusione e la confisca dell’immobile.

41 Il disegno di legge n. 733 recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica"

è stato presentato il 3 giugno 2008 ed assegnato alle commissioni riunite 1ª (Affari Costituzionali) e 2ª (Giustizia) in sede referente il giorno dopo.

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arrestato e condannato all'espulsione con rito direttissimo. Questa nuova fattispecie penale ha, però, suscitato notevoli polemiche e rilevanti critiche. Sostanzialmente, il rischio era quello di una grave disfunzione in termini sia di sovraffollamento delle carceri, sia di congestione del sistema giudiziario a causa di un aggravio di lavoro di magistratura e forze dell’ordine. Si è poi arrivati ad una modifica in sede di Commissione, con un’ammenda dai 5.000 ai 10.000 €, per la condotta di ingresso illegale in illecito contravvenzionale. Come già accennato, prima di tale modifica, era prevista un’espulsione prefettizia mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo di forza pubblica, salvo trattenimento nei CIE. Dopo la riforma, invece, si passa ad un procedimento di fronte al giudice penale, incaricato di decidere se sanzionare con una pena pecuniaria ovvero adottare la sanzione sostituiva dell’espulsione: in ogni caso, lo straniero che entrava irregolarmente nel territorio dello Stato, riceveva un provvedimento di espulsione42.

42 MASERAL. (2009) “Terra bruciata" attorno al clandestino: tra misure penali

simboliche e negazione reale dei diritti, in “Il Pacchetto sicurezza 2009” (a cura di)

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2.2.2 L’aggravante della “clandestinità”

Come già premesso, il D. L. 23 maggio 2008, n. 92 ha ampliato il novero delle aggravanti comuni, di cui all’art. 61 c.p., inserendo al nuovo numero 11-bis una nuova circostanza, consistente nell’«avere il colpevole commesso il fatto mentre si trovava illegalmente sul territorio nazionale», spesso indicata come “aggravante della clandestinità”43.

In conseguenza di ciò, i reati commessi da stranieri illegalmente presenti in Italia venivano puniti con una pena più grave, rispetto ai medesimi reati commessi da cittadini italiani o da stranieri regolarmente soggiornanti. Costituendo una circostanza comune, l’aggravante in esame era riferibile ad un numero indeterminato di reati, e comportava un aumento fino a un terzo della pena base, secondo la regola propria delle circostanze ad effetto comune44.

Si trattava della prima volta in cui, dall’entrata in vigore del codice Rocco, veniva esteso il catalogo delle aggravanti comuni

43 Così è stata denominata anche nel corso dei lavori preparatori sia nel dibattito alla

Camera sul disegno di legge n. C. 1366, di conversione in legge del d.l. n. 92/2008, sia nella discussione al Senato del correlativo disegno di legge, n. S. 692-B. La denominazione è ripresa nei primi commenti alla normativa. Cfr., per tutti, GATTA G.L. (2009), Aggravante della ‘clandestinità’ (art. 61 n. 11 bis c.p.): uguaglianza

calpestata, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 2, p. 713, nota 2

44 CONTENTO G. (1963), Introduzione allo studio delle circostanze, Jovene,

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contenuto nell’art. 61 c.p.45. L’inserimento di detta circostanza

fra le aggravanti comuni dimostrava in modo evidente la netta preponderanza per una politica di rigore nei confronti degli immigrati clandestini. Indubbiamente, con l’introduzione dell'aggravante in esame si prevedeva per il clandestino un regime penale differenziato, esteso in via di principio a qualsiasi tipo di reato e caratterizzato da un maggiore rigore punitivo, sia sotto il profilo sostanziale, per il più grave trattamento sanzionatorio, sia sotto il profilo processuale, stante il divieto di sospensione dell’esecuzione della pena detentiva, di cui al comma 5 dell’art. 656 c.p.p.

2.2.3 Pacchetto sicurezza legge 15 luglio 2009, n. 94 Un'altra importante modifica al Testo Unico è stata apportata con il pacchetto sicurezza del 2009: tra le più importanti novità, l'introduzione del reato di ingresso e soggiorno illegale, di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, anche nella forma associata, l'impossibilità di trattenere gli immigrati irregolari nei CIE oltre 180 giorni, l’espulsione degli stranieri

45 GATTA G.L. (2009), Ibidem. Un ulteriore ampliamento del novero delle

aggravanti comuni è stato poi realizzato dall’art. 3, comma 20 della legge 15 luglio 2009, n. 94, che ha previsto, al nuovo numero 11 ter dell’artt. 61 c.p., quale ulteriore aggravante comune “l’aver commesso un delitto contro la persona ai danni di un soggetto minore all’interno o nelle adiacenze di istituti di istruzione e di formazione”.

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