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Propensione alle vaccinazioni e Health Literacy: indagine su un campione di studenti dell'Universita di Pisa

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA

D

IPARTIMENTO DI

R

ICERCA

T

RASLAZIONALE E

DELLE

N

UOVE

T

ECNOLOGIE IN

M

EDICINA E

C

HIRURGIA

Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina

Preventiva

TESI DI SPECIALIZZAZIONE

P

ROPENSIONE ALLE VACCINAZIONI E

H

EALTH

L

ITERACY

:

INDAGINE SU UN CAMPIONE DI STUDENTI

DELL

'U

NIVERSITÀ DI

P

ISA

Candidato: Relatore:

Dott. Francesco Aquino Chiar.mo Prof. Pierluigi Lopalco

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ii

Questo lavoro non sarebbe stato possibile senza il fondamentale

contributo del prof. Andrea Calamusa, che mi ha messo a

disposizione tutto il suo entusiasmo e la sua esperienza, e della

prof.ssa Annalaura Carducci, che mi ha seguito passo passo in

questo percorso e che voglio ringraziare anche per aver sempre

avuto fiducia in me.

Un ringraziamento anche alla dott.ssa Emanuela De Franco, che non

mi ha mai fatto mancare il suo supporto e mi ha insegnato quello che

so sulle vaccinazioni.

(3)

iii

SOMMARIO

1.

Introduzione………pag. 1

2.

Materiali e Metodi………pag. 26

3.

Risultati………...pag. 45

4.

Discussione………...pag.79

5.

Conclusioni

………pag.88

Allegati………pag. 89

Bibliografia……….pag. 95

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1

1. INTRODUZIONE

Il dibattito riguardo l'importanza delle vaccinazioni è oggi di grande attualità nel nostro paese; assistiamo, proprio nell'anno 2017 alla recrudescenza di un’epidemia di Morbillo (da inizio anno sono stati superati i 3000 casi di morbillo in Italia, in tutto il 2016 erano stati 844) causata in gran parte dal calo delle coperture vaccinali. Il caso del Morbillo è un paradigma della diffusione dell'esitazione vaccinale, avendo visto, negli ultimi anni, una riduzione nei tassi di immunizzazione della coorte di riferimento (bambini al 24° mese di età) da oltre il 90% del 2010 all'85% del 2015. Possiamo affermare anzi che è proprio a partire da uno studio sul vaccino trivalente anti-Morbillo-Parotite-Rosolia, rivelatosi falso, ma che ha avuto una larga eco in una certa parte dell'opinione pubblica, che le teorie e movimenti antivaccinisti sono andati rinforzandosi diventando un problema di sanità pubblica oramai tutt'altro che marginale. La teoria, pubblicata dall'ex medico britannico (poi radiato) Wakefield associava il vaccino MPR alla comparsa dell'autismo. Nonostante questa sia stata ampiamente confutata da tutti gli studi successivi e sia stato accertato anche l'intento fraudolento dell'autore, che voleva promuovere in

sostituzione al vaccino in commercio un altro di sua produzione, questo non ha impedito di intaccare pesantemente la fiducia alcune frange della popolazione nei confronti dei vaccini. Il fenomeno dell'esitazione

vaccinale è andato dunque crescendo esponenzialmente nei paesi

occidentali, Italia compresa. Nel nostro paese, un ruolo quanto meno poco responsabile è stato giocato anche dalla magistratura, con alcune sentenze che associavano le vaccinazioni a effetti collaterali gravi quali la comparsa di autismo. In particolare dobbiamo segnalare una sentenza di primo grado del Tribunale di Rimini del marzo 2012 (poi ribaltata in appello) che sicuramente rappresenta un punto di rottura fondamentale, avendo inferto un duro colpo alla fiducia nelle vaccinazioni in Italia, questo nonostante la reazione del mondo scientifico e delle istituzioni che hanno prontamente smentito quanto affermato dai giudici poiché privo di argomentazioni

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2 scientifiche.

Questo ci permette anche di affrontare la decisiva tematica delle fonti di informazione e dei canali di diffusione della disinformazione sui vaccini, che trova ben pochi spazi sui media tradizionali, al contrario sembra invece utilizzare ampiamente e propagarsi sui nuovi media, il web e in particolare i social network, servendosi di una comunicazione che è orizzontale e priva di filtri.

In questo contesto abbiamo trovato interessante sviluppare uno strumento per rilevare l'atteggiamento e l'attitudine della popolazione nei confronti delle vaccinazioni, le loro conoscenze in merito e le principali fonti da cui traggono informazioni al riguardo. Inoltre, non si può non tener conto che negli ultimi anni in Toscana si è verificato un aumento significativo dei casi di infezioni batteriche invasive (meningiti e sepsi) da meningococco di gruppo C, cui è seguita la campagna di vaccinazione

antimeninigococcica straordinaria messa in atto dalle autorità sanitarie regionali. L'impatto che questi eventi hanno avuto nella popolazione e come possano avere influito sulla percezione dei rischi da malattie infettive sull'attitudine e la propensione a vaccinarsi sono state anch'esse indagate ed incluse nel presente lavoro.

Abbiamo però voluto associare a questo anche un sistema di rilevazione della Health Literacy (HL), alfabetizzazione sanitaria, ossia la capacità individuale di ottenere, capire e trattare le informazioni di salute necessarie per prendere decisioni adatte alla propria salute[1]. Essa condiziona la capacità delle persone di accedere ed utilizzare il sistema sanitario,

interagire con gli operatori e prendersi cura di sé stessi. L'HL insufficiente riguarda una parte consistente della popolazione. Precedenti studi indicano che una percentuale elevata di individui, intorno al 26% negli Stati Uniti e tra il 29% e il 62% in otto paesi europei, ha un basso HL funzionale[2,3]. Tra gli ostacoli al miglioramento della propria salute che si associano ad individui con una bassa HL si evidenzia una minore frequenza di utilizzo dei servizi di prevenzione come anche una ridotta adozione di

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3 comportamenti protettivi quali l'immunizzazione e una comprensione

inadeguata delle modalità di assunzione ed utilizzo degli antibiotici [4,5,6].

I livelli di HL hanno dunque un impatto importante per la salute pubblica e potrebbero avere un'interazione con l'atteggiamento nei confronti delle vaccinazioni.

In questo studio abbiamo valutato la possibile correlazione del livello di alfabetizzazione sanitaria con l'atteggiamento positivo o negativo verso i vaccini.

Infine, il presente studio nasce in un periodo storico di forte dibattito sul tema dell’obbligo vaccinale e, pertanto, abbiamo voluto indagare quale fosse, nell’ambito della popolazione studentesca, la posizione riguardo l’obbligatorietà delle vaccinazioni e la necessità di essere vaccinati per andare a scuola. Una specifica domanda, è stata quindi riservata a questo attualissimo tema.

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4

ESITAZIONE VACCINALE

Lo scetticismo nei confronti delle vaccinazioni è un fenomeno che esiste fin dalla prima disponibilità del primo vaccino, tuttavia ai nostri giorni è certamente sostenuto e amplificato dalla facilità con cui chiunque può reperire informazioni contrastanti su internet, e anche da molte altre motivazioni che spesso non hanno niente a che fare i vaccini.

Il fenomeno è definito in inglese come Vaccine Hesitancy e in italiano come “Esitazione Vaccinale” (termine che comprende i concetti di indecisione, incertezza, ritardo, riluttanza) è complesso e strettamente legato ai differenti contesti, con diversi determinanti: periodo storico, aree geografiche, situazione politica [7].

L’esitazione vaccinale è definita come “un comportamento influenzato da diversi fattori tra cui: la fiducia nei vaccini o in coloro che li somministrano; l’indifferenza (non percezione della necessità e dell’importanza del vaccino); e la facilità di accesso. Le persone che mostrano esitazione sulla vaccinazione sono gruppi eterogenei, possono essere indecisi a vari livelli su vaccini specifici o sulla vaccinazione in generale. Alcuni possono accettare tutti i vaccini ma rimanere preoccupati al loro riguardo; altri possono rifiutare, o ritardare, alcune vaccinazioni ma accettarne altre; altri ancora possono rifiutarli in blocco” [8].

Uno dei fattori principali che contribuiscono alla Vaccine Hesitancy è rappresentato dalle preoccupazioni circa la sicurezza dei vaccini, ma ce ne sono molti altri di natura diversa, che cambiano nel tempo e nello spazio, tra i quali spiccano le convinzioni negative basate su miti (come per esempio quello secondo cui la vaccinazione nelle donne conduce alla sterilità), la disinformazione, la sfiducia negli operatori o nell'assistenza sanitaria, il ruolo di leader influenti, le barriere geografiche. Gli esperti sottolineano che non esiste una "bacchetta magica", una strategia d'intervento unica che funzioni per tutti i casi. Il fenomeno della riluttanza

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5 nei confronti dei vaccini è globale, complesso, in continuo mutamento e non affligge soltanto i Paesi ad alto reddito. Proprio alla luce di questa variabilità del fenomeno, perché le strategie di intervento siano efficaci è indispensabile una pianificazione mirata caso per caso. Una comunicazione incisiva e funzionale rappresenta la chiave principale per dissipare le paure, affrontare le preoccupazioni e promuovere l'accettazione nei confronti di questi preziosi strumenti di tutela della salute [9].

Uno studio molto interessante su scala globale è stato condotto da un team internazionale [10] attraverso la collaborazione tra London School of Hygiene & Tropical Medicine e WIN/Gallup International, associazione che svolge annualmente indagini riguardo a variabili socioeconomiche in molti paesi del mondo. Nell’anno 2015 l’indagine annuale WIN/Gallup International è stata implementata con quattro ulteriori domande riguardante le vaccinazioni, costituendo la più estesa indagine mondiale riguardante la fiducia nei vaccini e nei programmi di immunizzazione. L’indagine è stata effettuata su 65,819 individui in 67 paesi di tutti i continenti, con interviste condotte frontalmente, per via telefonica o on-line a seconda delle condizioni dei diversi paesi mondiali. Le quattro domande riguardanti le vaccinazioni, con risposta su scala Likert di 5 punti ( “molto d'accordo, abbastanza d'accordo, non so, abbastanza in disaccordo, fortemente in disaccordo") a cui ogni partecipante è stato sottoposto riguardano la percezione delle dimensioni di utilità/importanza, sicurezza, efficacia e compatibilità con le credenze religiose dei vaccini ("Vaccinarsi è importanti per i bambini"; "Generalmente penso che i vaccini siano sicuri”; "Complessivamente penso che i vaccini siano efficaci"; "I vaccini sono compatibili con le mio credenze religiose").

Il nostro paese si classifica fra quelli più scettici rispetto ai vaccini, terzo dopo Bosnia-Erzegovina e Russia, fra i paesi in cui l’efficacia di questi viene messa maggiormente in dubbio, con il 18,7% degli intervistati, quota doppia rispetto alla media globale del 9,1%. Stessa posizione, dopo Russia e Azerbaigian, anche per quanto riguarda la percentuale di cittadini che non

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6 ritiene così importante vaccinare i bambini, anche in questo caso ben al di sopra della media mondiale. L’Italia risulta nelle prime posizioni, decima su 67, anche riguardo la percezione di non sicurezza delle vaccinazioni; in questo ambito il paese più scettico è la Francia (quasi la metà dei francesi, 45,2% ha dubbi sulla sicurezza vaccinale).

I paesi della UE hanno generalmente un grado di confidenza nei vaccini piuttosto alto, tuttavia fanno eccezione proprio Italia e Francia.

Internet e i social media giocano un ruolo importante nella diffusione di false notizie e inutili allarmismi sulla sicurezza delle vaccinazioni. Informandosi in rete infatti i genitori possono convincersi ad esempio che i vaccini causino l’autismo e di conseguenza scegliere di non vaccinare i propri figli per evitare effetti collaterali indesiderati. Il costante monitoraggio del web può quindi essere utile per valutare il livello di Vaccine Hesitancy e attraverso un’analisi qualitativa dei contenuti può permettere di pianificare campagne informative ad hoc per contrastare i messaggi negativi.

Riconoscendo la rilevanza che questo fenomeno ha nel raggiungimento degli obiettivi di salute prefissati, lo Strategic Advisory Group of Experts (Sage) on Immunization dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), nel 2012, ha creato un gruppo di lavoro specifico sul tema, guidato da un Segretariato congiunto Oms/Unicef. Il materiale prodotto è raccolto e pubblicato, ad agosto 2015, su un numero monografico della rivista Vaccine dedicato interamente all’esitazione vaccinale e intitolato “WHO Recommendations Regarding Vaccine Hesitancy”.

Il gruppo di lavoro ha formulato una definizione dell’esitazione vaccinale come un ritardo nell’adesione o come rifiuto della vaccinazione, nonostante la disponibilità di servizi vaccinali.

Il Sage sottolinea che è urgente e necessario sviluppare sistemi istituzionali e competenze organizzative a livello locale, nazionale e globale al fine di identificare, monitorare e indirizzare proattivamente l’esitazione vaccinale,

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7 di rispondere tempestivamente ai movimenti anti-vaccinatori in caso di disinformazione o di potenziali eventi avversi (adverse events following immunization, Aefi).

Un altro aspetto sottolineato dalla monografia è l’urgenza di condividere il più possibile le strategie da adottare, coinvolgendo il maggior numero di stakeholder nel processo decisionale sui programmi vaccinali e nel processo comunicativo relativo all’organizzazione e alla fornitura dei servizi vaccinali.

È indispensabile avere una maggiore capacità analitica per individuare le aree in cui si crea l’esitazione. Per questo, le raccomandazioni finali del Sage si concentrano su tre obbiettivi principali: capire i determinanti della Vaccine Hesitancy; evidenziare gli aspetti organizzativi che facilitano l’adesione; valutare gli strumenti necessari per contrastare questo fenomeno [11].

Alcune ricerche realizzate dal Centro Studi Investimenti Sociali (Censis) nel 2014 e nel 2015 interpellando direttamente i genitori italiani fino a 55 anni con figli da 0 a 15 anni (arco temporale a cui fanno riferimento i principali calendari di vaccinazione) mettono in luce che il livello di informazione sulle vaccinazioni dei genitori è solo apparentemente elevato. Si tratta di una informazione superficiale e incerta che gli stessi genitori non sempre giudicano soddisfacente: il 30,4% avrebbe voluto saperne di più e la quota sfiora il 40% al Sud. Nonostante i genitori siano in gran parte informati sulle vaccinazioni dai loro pediatri (54,8%), l'accesso alle informazioni attraverso le potenzialità infinite della rete rappresenta uno degli elementi in grado di impattare in modo più dirompente sui nuovi atteggiamenti culturali nei confronti della vaccinazione, dal momento che i genitori tendono a cercare informazioni sul web per decidere se vaccinare o meno i figli (lo fa il 42,8% dei genitori internauti) e in quasi la metà dei casi si trovano a leggere sui social network articoli sulla vaccinazione. Quasi l'80% ammette di aver trovato informazioni di tipo negativo navigando in Internet. Anche il livello di fiducia dei genitori nelle vaccinazioni appare

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8 abbastanza articolato: a fronte della quota più elevata (35,7%) che ha una posizione apertamente favorevole alle vaccinazioni (pensa che siano utili e sicure), un terzo (32,3%) si esprime a favore solo di quelle obbligatorie e gratuite, dando un peso importante alla garanzia fornita dal Servizio sanitario nazionale (Ssn) [12].

Il sempre più diffuso utilizzo di Internet da parte della popolazione italiana per attingere informazioni su salute e terapie e la circolazione di molti documenti non scientifici sull’efficacia e la sicurezza dei vaccini ha indotto la Società Italiana di Igiene (SItI), nel 2013, a promuovere un portale per fornire informazioni scientifiche verificabili e comprensibili per contrastare la dilagante disinformazione sanitaria e combattere le esitazioni all’utilizzo delle offerte vaccinali. Il portale, nominato VaccinarSì, ha preso avvio nel maggio del 2013, ed è composto da sei sezioni principali (malattie prevenibili da vaccino, vaccini disponibili, vantaggi e rischi delle vaccinazioni, contro la disinformazione, pro & contro, viaggi e vaccinazioni) e altre rubriche che riguardano eventi scientifici, fumetti illustrati e commenti alle principali notizie di cronaca sui vaccini. Nei primi due anni di attività il portale ha pubblicato oltre 250 pagine web su tutti gli aspetti legati alle vaccinazioni posizionandosi nei principali motori di ricerca web [13].

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9

IL CALO DELLE COPERTURE VACCINALI IN

ITALIA

Andando ad analizzare quella che è la realtà dei fatti e la concretezza dei numeri riguardo la copertura vaccinale nel nostro paese, negli ultimi anni abbiamo assistito ad un calo nei tassi di immunizzazione nelle coorti dei nuovi nati. Questa tendenza risulta particolarmente evidente per i vaccini fino ad oggi classificati come raccomandati quale l’anti-Morbillo-Parotite-Rosolia (MPR), ma più recentemente ha iniziato a riguardare anche i vaccini obbligatori come antidifterica, antitetanica, antipoliomelitica, antiepatite B normalmente somministrati insieme nella formulazione esavalente (associati anche ad anti-pertosse e anti-haemophilus influenzae di tipo B). La vaccinazione anti-MPR ha seguito un trend in aumento dall’introduzione fino a tutta la prima decade del nuovo millennio, per poi assestarsi intorno al 90% (valore comunque ancora lontano da quel 95% necessario per l'immunità di gregge) tra il 2008 e il 2012; dopo quell’anno, tuttavia assistiamo ad una brusca inversione di tendenza che ha portato rapidamente, in soli 3 anni, ad una caduta dei tassi vaccinali fino all’85%,29 del 2015 (ultimo dato disponibile a livello nazionale). In questi stessi anni assistiamo anche ad una caduta dei tassi di immunizzazione con vaccino esavalente che per la prima volta scendono in maniera allarmante sotto il 95% negli anni 2014 e 2013 (intorno al 93,5%) [14].

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OBBLIGO VACCINALE

In considerazione delle tematiche affrontate precedentemente e del calo delle coperture vaccinali osservato è tornato all’ordine del giorno il tema della obbligatorietà delle vaccinazioni.

Questo è oggi un argomento di primo piano nel dibattito politico e mediatico e ha visto il governo prendere una posizione netta con l’approvazione del cosiddetto “Decreto Lorenzin”. Il Decreto Ministeriale n. 73, che prende il nome dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, approvato dal Consiglio dei Ministri il 19 maggio 2017, prevede la reintroduzione dell'obbligatorietà vaccinale a scuola. Nello specifico da 0 a 6 anni, in assenza dei vaccini i bambini non potranno accedere ad asili nido e scuole materne, mentre dai 6 ai 16 anni, dove un obbligo configgerebbe con il diritto allo studio, sono previste una serie di norme volte ad indirizzare fortemente alla vaccinazione. In questo caso sarà compito delle scuole valutare i certificati vaccinali e se riscontrassero delle inadempienze fare una segnalazione all’azienda sanitaria locale competente; nel caso di rifiuto alla vaccinazione da parte dei genitori, questi andrebbero incontro a multe pesanti, fino a 7.500 euro, inoltre una violazione dell’obbligo sarà segnalata dalla Asl al Tribunale dei Minorenni per la sospensione della potestà genitoriale [15,16].

Le vaccinazioni obbligatorie, il cui costo è a carico del sistema sanitario nazionale, saranno 12; alle 4 già previste ad oggi (antidifterica, antitetanica, antipoliomelitica, antiepatite B), se ne aggiungono altre adottate dal nuovo Piano nazionale vaccini 2017-19:

• antidifterica • antitetanica • antipoliomelitica • antiepatite virale B • anti-pertosse • anti- meningococco B

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11 • anti-meningococco C • anti-morbillo • anti-rosolia • anti-parotite • anti-varicella

• anti-haemophilus influenzae di tipo B

L’introduzione di nuove norme così stringenti, giustificata dal governo con la necessità di alzare rapidamente il livello di copertura vaccinale della popolazione, ha scatenato ulteriormente il dibattito nell’opinione pubblica fra i favorevoli e i contrari alla norma, diventando uno dei principali argomenti di cronaca nazionale nei mass media italiani.

Tuttavia un dibattito sul tema era antecedente all’emanazione del Decreto Lorenzin in ragione del calo di coperture vaccinali già discusso e di alcune iniziative locali a livello regionale che già avevano previsto un ritorno all’obbligo. Si fa riferimento ad una legge regionale della Regione Emilia – Romagna del novembre 2016 che prevede l’obbligatorietà delle vaccinazioni antidifterica, antitetanica, antipoliomelitica, antiepatite B per permettere ai bambini dagli 0 ai 3 anni per accedere agli asili nido. [17] Questa norma, che è l’antesignana della normativa del governo, aveva già avuto un’importante eco nazionale e scatenato un’ampia discussione, con altri governi regionali che avevano annunciato provvedimenti simili, fra questi la Regione Toscana.

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12

ALFABETIZZAZIONE SANITARIA

La correlazione tra alfabetizzazione sanitaria (legata spesso al complessivo livello di istruzione, ma non coincidente con esso) e la corretta gestione della propria salute è intuitivamente evidente e nel tempo confermata da indagini specifiche.

La riflessione su queste problematiche si è sviluppata nel mondo anglosassone a partire dagli anni Settanta e il concetto di “Health Literacy” è stato inizialmente elaborato da S.K. Simonds.

Dopo attente riflessioni e ricerche sviluppate da altri studiosi, nel 1998 il termine è stato inserito nel Glossario di Promozione della Salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

L’alfabetizzazione sanitaria è ormai considerata un determinante di salute, poiché è dimostrata la sua influenza sui corretti stili di vita, sull’adesione alle terapie, e sull’appropriato accesso ai servizi sanitari [18].

Una bassa alfabetizzazione sanitaria costituisce un significativo fattore di rischio e incrementa i costi a carico del sistema sanitario; aumenta, inoltre, le possibili disuguaglianze tra soggetti, penalizzando proprio i soggetti più

deboli come anziani, bambini o persone con difficoltà socio-economiche. In termini di gestione individuale della salute essa determina carente

consapevolezza delle proprie condizioni, limitata capacità di riferire i sintomi e riconoscere il proprio stato di salute, uso ridotto dei servizi di prevenzione, difficoltà nell’attenersi alle cure mediche prescritte, tasso più elevato di prestazioni sanitarie non adeguate e di ospedalizzazioni [19]. Viceversa una più adeguata alfabetizzazione sanitaria favorisce la prevenzione, l’adozione di stili di vita più sani e funzionali, l’uso più appropriato e consapevole di farmaci, presidi, servizi e risorse sanitarie. “L’Health Literacy indica le abilità cognitive e sociali che motivano gli individui e li rendono capaci di accedere, comprendere e utilizzare le informazioni in modo da promuovere e preservare la propria salute.

Secondo la definizione data dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Health Literacy implica il raggiungimento di un livello di conoscenze, di

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13 capacità individuali e di fiducia in sé stessi tali da spingere gli individui ad agire per migliorare la propria salute e quella della collettività, modificando lo stile e le condizioni di vita personali. Pertanto, Health Literacy non significa solo essere in grado di leggere opuscoli e prendere appuntamenti, ma è un’importante strategia di empowerment che può migliorare la capacità degli individui di accedere alle informazioni e di utilizzarle in modo efficace” [20].

Neutbeam (2000) ha elaborato un modello, che identifica tre livelli di sviluppo della HL, dalla capacità di accedere e comprendere le informazioni all’ incremento dell’empowerment personale [21]:

1. Livello Funzionale: capacità di lettura e comprensione di informazioni fornite dai medici, farmacisti ed altri operatori di salute e di agire di conseguenza, ad esempio assumendo in modo corretto farmaci e programmando le visite mediche.

2. Livello Interattivo: capacità di comprendere, valutare ed utilizzare informazioni di salute derivanti da fonti diverse per scegliere in modo consapevole, riducendo i rischi e migliorando la qualità di vita. A questo livello l’individuo è in grado di confrontarsi col medico e condividere le proprie conoscenze con i pari (ad es. gruppi di discussione on-line).

3. Livello Critico: capacità di muoversi all’interno del sistema sanitario essendo a conoscenza dei propri diritti di paziente; riconoscere la qualità dei servizi offerti; valutare in modo critico le informazioni ed i messaggi di salute; agire per il miglioramento del benessere individuale e collettivo prendendo parte in modo attivo al sistema sociale e politico.

“Da un ambito iniziale più ristretto che comprendeva soltanto l’appropriato uso dei servizi sanitari e l’adesione alle terapie, l’alfabetizzazione sanitaria è oggi divenuta un obiettivo fondamentale per la promozione della salute e per il raggiungimento del cosiddetto empowerment, intraducibile espressione definita come ‘piena consapevolezza nelle scelte e coinvolgimento personale e comunitario responsabile partecipato nella

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14 definizione di strategie per la salute’. In realtà la dimensione dell’empowerment include anche variabili come motivazioni, interesse, autostima, abilità critiche, autocontrollo e determinazione ad agire che trascendono la semplice alfabetizzazione sanitaria e sono assai più difficili da misurare in modo oggettivo e da creare nei cittadini” (Carducci A) [18].

Infatti l’attenta analisi della problematica ha evidenziato il fatto che, soprattutto nella nostra società globalizzata e informatizzata, non è sufficiente trasmettere informazioni per incidere efficacemente su comportamenti, atteggiamenti, opinioni, che, in realtà sono le risultanti di processi complessi, attivati da modelli mentali individuali, emozioni, considerazioni etiche e pressione dei gruppi di riferimento. Nella società dell’informazione e dell’informatizzazione la comunicazione è circolare e complessa, i canali e i target utilizzati sono molteplici. Talvolta il proliferare caotico di informazioni genera confusione, distorsioni e veri e propri ‘rumors’ che ostacolano una corretta e appropriata alfabetizzazione sanitaria. A tale proposito conoscere meglio non solo il livello di informazione, ma anche gli atteggiamenti, i comportamenti e le motivazioni del cittadino-utente-consumatore è sicuramente utile; tuttavia le indagini sulla Health Literacy sono, al momento, poco diffuse e frammentarie, soprattutto in Italia. Da queste indagini, per quanto poco frequenti, emerge un dato di fondo: variabili come età relativamente elevata, basso grado di istruzione, basso reddito sono frequentemente associate a livelli di alfabetizzazione sanitaria non adeguati. Tutto ciò, evidentemente, alimenta le disuguaglianze tra cittadini [18, 22].

Tuttavia “va evidenziato che anche persone con alto livello di scolarizzazione ed elevate competenze di alfabetizzazione legate alla propria vita personale o professionale possono comunque presentare difficoltà nell’usare informazioni sanitarie scritte” [23].

L’alta specializzazione del sapere medico con la tendenziale settorializzazione delle competenze, se da un lato, potenzialmente, offre risposte sempre più mirate ed efficaci, dall’altro rende più complesso

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15 l’accesso, più sofisticato e tecnico il linguaggio. In ultima analisi, quindi è fondamentale porsi anche il problema della leggibilità e intelligibilità dell’informazione sanitaria rivolta ai cittadini.

Alcune interessanti ricerche hanno dimostrato che la maggior parte dell’informazione sanitaria risulta troppo complicata per le competenze rilevate nel “cittadino medio” [24, 25]. Il materiale fornito o messo a disposizione dagli operatori viene infatti valutato come troppo complesso rispetto alle capacità di lettura della popolazione [26, 27] e i testi inadeguati rispetto alle competenze medie di alfabetizzazione [28]. Purtroppo risultano al momento rare le proposte operative, specie in ambito italiano, per porre rimedio a queste criticità [29]. Una sorta di difficoltà strutturale del materiale scritto si associa poi nello specifico del caso nazionale a un ritratto della popolazione italiana tratteggiato da un’indagine internazionale condotta dall’OCSE nel 2000, che colloca un terzo dei cittadini italiani al limite dell’analfabetismo funzionale, quindi non in grado di leggere e interpretare una lettera o un articolo di giornale, di svolgere operazioni matematiche e di comprendere un grafico [30]. Anche un’altra indagine nazionale conferma, del resto, che un terzo degli italiani risulta “a rischio alfabetico”, con una cultura modesta e poche competenze di base [31]. L’Osservatorio della Comunicazione Sanitaria dell'Università di Pisa individua alcuni criteri di qualità dell’informazione quali correttezza, affidabilità, utilità, comprensibilità, equilibrio ed indipendenza [32]. Viene inoltre sottolineato come sia necessario promuovere e attivare una produzione di informazione chiara coerente ed efficacie innanzitutto da parte degli operatori attraverso azioni quali: la “formazione degli operatori sanitari a comunicare in base al livello di alfabetizzazione sanitaria”, l’elaborazione di testi leggibili e comprensibili, nonché l’uso del “Plain Language”, parole semplici e frasi brevi (obbligatoriamente già adottato nei paesi anglosassoni), l’istituzione di strutture deputate all’informazione con livelli di linguaggio differenziati, la facilitazione dell’accesso ai percorsi sanitari, il monitoraggio dei molteplici canali della comunicazione di massa. Quest’ultimo punto risulta essere particolarmente critico perché

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16 rappresenta la fonte principale delle notizie sulla salute e ha spesso un forte impatto emotivo accompagnato, purtroppo, da facili errori e distorsioni, nonché da pressioni sociali e culturali dei vari gruppi di riferimento.

Dunque è indispensabile superare la semplice messa a disposizione delle risorse informative per attivare un circolo virtuoso attraverso una comunicazione pluridirezionale che favorisca l’assunzione del ruolo di partecipante attivo da parte cittadino-utente-consumatore.

Sul versante della formazione dei cittadini, come già ribadito, il traguardo non è dato solo dall’acquisizione di informazioni, ma anche dallo sviluppo di capacità critiche, di competenze finalizzate al miglioramento degli standard di salute individuali e collettivi. Tutto ciò implica consapevolezza dei propri bisogni, del rapporto “costi - benefici” e familiarità con i concetti di “rischio” e “probabilità”. A volte proprio le irrazionali attese e i pregiudizi sull’infallibilità della medicina (derivate in parte dal modello unidirezionale della comunicazione) possono, all’opposto, generare una sfiducia verso la professione medica e i percorsi istituzionali, che, sempre più frequentemente, inducono a scelte sbagliate o dannose per la salute. Inoltre l’assenza di consapevolezza del ruolo critico e attivo del cittadino-paziente può produrre ulteriore disagio e confusione di fronte alla pluralità delle scelte relative alla tutela e cura della propria salute, che attualmente si presentano. A tale proposito, diventano irrinunciabili gli interventi di educazione alla salute, che passano attraverso il sistema scolastico. Parallelamente l’alfabetizzazione sanitaria dovrebbe comunque essere promossa anche a favore degli adulti.

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LA MENINGITE IN TOSCANA

L'aumento di casi di meningite meningococcica nella nostra regione ha rappresentato uno degli argomenti di primo piano dal punto di vista sanitario in Toscana, e anche di maggior dibattito e dirompente dal punto di vista comunicativo, avendo un'ampia diffusione sui media in regione, ma anche -nell'autunno 2016- al livello nazionale.

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Meningite e Malattie Batteriche Invasive

La meningite è definita come una malattia batterica invasiva, cioè presenta un quadro clinico con isolamento di batteri da siti normalmente sterili, come, appunto, le meningi. Dal punto di vista clinico, è una malattia che si manifesta con una sintomatologia scarsamente specifica per singolo agente eziologico, il cui accertamento è di estrema importanza, non solo ai fini terapeutici e per la eventuale profilassi dei contatti, ma anche per quanto riguarda la prevenzione primaria poiché può essere prevenuta tramite vaccinazione.

I batteri che sono più frequente causa di malattie batteriche invasive sono tre: Neisseria meningitidis (meningococco), Streptococcus pneumoniae (pneumococco), Haemophilus influenzae b (emofilo o Hi); nella nostra trattazione ci concentreremo sul primo, responsabile dell'outbreak toscano. Il meningococco è un microrganismo che alberga nelle alte vie respiratorie, spesso di portatori sani e asintomatici (2-30% della popolazione), risente delle variazioni di temperatura e dell’essiccamento, dunque, fuori dell’organismo sopravvive solo per pochi minuti. Esistono 13 diversi sierogruppi, ma solo sei causano meningite e altre malattie gravi: più frequentemente A, B, C, Y e W135 e molto più raramente in Africa, X. In Italia e in Europa, i sierogruppi B e C sono i più frequenti. Nel 10-20% dei casi questa malattia è rapida e acuta, con un decorso fulminante che può portare al decesso in poche ore anche in presenza di una terapia adeguata. I malati di meningite o altre forme gravi sono considerati contagiosi per circa 24 ore dall’inizio della terapia antibiotica specifica. Si trasmette da persona a persona attraverso le secrezioni respiratorie. La principale causa di contagio è rappresentata dai portatori sani del batterio: solo nello 0,5% dei casi la malattia è trasmessa da persone affette dalla malattia. La contagiosità è comunque bassa, e i casi secondari sono rari. Il meningococco può tuttavia dare origine a focolai epidemici. Per limitare il rischio di casi secondari, è importante che i contatti stretti dei malati effettuino una profilassi con antibiotici. Il periodo

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19 di incubazione è generalmente 3-4 giorni (oscillando da un minimo di 2 fino a un massimo 10 giorni). Inoltre, bisogna considerare che il meningococco può causare sepsi meningococcica (un quadro clinico, talvolta molto severo, per la presenza del meningococco nel sangue con febbre alta, ipotensione, petecchie, insufficienza da parte di uno o più organi fino anche ad un esito fatale) che può presentarsi da solo o coesistere con le manifestazioni cliniche della meningite.

Dal punto di vista epidemiologico l’Italia è considerata un paese a bassa endemicità con un incidenza pari a 0,25-0,55 casi/100.000 abitanti/anno (periodo 1999-2010) [33, 34, 35].

Il caso Toscana

In Toscana, a partire da gennaio 2015, è stato registrato un aumento di malattia meningococcica invasiva con un totale di 43 casi di di cui 10 erano fatali, a causa dell'infezione dovuta al sierogrouppo C Neisseria meningitidis. In Italia, il C è il secondo sierogruppo più comune (il 31% dei 115 casi del 2014 sono associati al siero gruppo C), dopo il sierogrouppo B (48% dei 115 casi nel 2014). In Toscana, nel 2014 si sono contati 16 casi, di cui due causati dal siero gruppo C (12 totali di cui 3 C nel 2013). Fino al 2014, quindi, il principale responsabile di malattia anche in Toscana era meningococco di tipo B, nel 2015 si assiste invece ad un importante incremento dei casi di meningococco C, che arrivano a 31 in

questo anno e a 30 nel 2016.

Gli altri tipi di meningococco (A, X, Y, W) sono stati raramente causa di casi malattia [36].

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20 Fig. 2 - Andamento dei diversi ceppi di meningococco in Toscana dal 2007 al 2017 (ARS)

Tab. 1 - Casi di meningococco c per fasce d'età in Toscana dal 2007 al 2017 (ARS)

Nel 2015 in Toscana sono stati notificati 38 casi di meningococco di cui 31 appartenenti al sierogruppo C, ( la distribuzione geografica è rappresentata in Figura 2) 5 al sierogruppo B, 1 al sierogruppo W, 1 caso non risulta tipizzato, con 7 decessi di cui 6 riconducibili al sierogruppo C e 1 al sierogruppo B. I casi hanno riguardato in particolare le aree di Firenze ed Empoli tra l’inverno e la primavera del 2015, per poi spostarsi verso le aree costiere (Pisa, Viareggio, Massa) nei mesi estivi e tornare nelle aree metropolitane in autunno.

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21 casi di meningococco C, mentre nello stesso periodo nel 2017 i casi sono stati solo 5. I casi nel 2017 sono in sensibile diminuzione: questo attesta una riduzione della circolazione del batterio, che può essere ricondotta anche all’estensiva campagna vaccinale messa in atto dalla Regione Toscana.

Fig. 3 - Andamento dei casi di meningite negli anni 2015, 2016 e 2017 (ARS)

Fig. 4 - Distribuzione annuale dei casi di malattia meningococcica invasiva del serogrouppo C, Gennaio 2000-Febbraio 2016 (n = 111 Casi) (A) e distribuzione mensile, periodo Gennaio 2015 - Febbraio 2016 (B) (n = 43 casi) (Eurosurvellance 2017).

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22 Nel 2014-2016, come riportato dall’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), il ceppo ipervirulento di meningococco C ST-11 è arrivato attraverso “catene” di portatori sani anche in Toscana e si è espanso nell’area più densamente popolata della regione.

L’ente regionale ha quindi promosso uno studio per misurare la prevalenza dei portatori di Neisseria meningitidis nella popolazione e identificare i determinanti per stato di portatore nel contesto dell’outbreak toscano, individuando gruppi specifici di popolazione a rischio

Nel periodo 1 marzo - 1 giugno 2016 sono stati eseguiti 2.287 tamponi orofaringei in un campione di soggetti di età 11-45 anni che si sono recati per qualunque vaccinazione negli ambulatori della Asl Toscana Centro e dell'Asl Toscana Sud-Est, identificata come area di controllo. La prevalenza di meningococco è risultata pari al 2,5%: il principale sierogruppo riscontrato è il B (37 portatori sani = 1,6% del totale dei tamponi analizzati), seguito dall'Y (11 portatori = 0,5% del totale dei tamponi analizzati), mentre per il sierogruppo C i portatori rilevati sono stati 4 (0,17% del totale dei tamponi analizzati). Lo studio ha rilevato una bassa prevalenza di portatori sani di meningococco C: 0,2%.

Questo dato è in linea con quanto riportato in letteratura da simili recenti studi condotti a seguito di importanti incrementi di casi di meningococco C ma non significa che la prevalenza di portatori di meningococco C sia bassa. C’è piuttosto un’intrinseca difficoltà nell’individuare i portatori sani a causa delle caratteristiche del sierotipo C-ST11, che si caratterizza per una breve durata dello stato di portatore, oltre che per un alto tasso di trasmissibilità. [36, 37]

A maggior ragione, la vaccinazione rappresenta ad oggi l’unica arma a disposizione per interrompere la catena dei portatori e quindi dei casi.

Campagna di vaccinazione straordinaria regionale

In seguito all’aumento dei casi di meningococco C, la Regione Toscana ha attivato una campagna di vaccinazione straordinaria coinvolgendo i

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23 Dipartimenti di Prevenzione della Aziende USL e i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta che hanno aderito. Con la delibera della giunta regionale n.571 del 27-04-2015, viene offerta attivamente la vaccinazione antimeningococcica ai cittadini residenti sul territorio regionale, e gratuitamente nelle fasce d'età identificate maggiormente a rischio, 11-20 e 21-45 anni. Con successive delibere l'offerta è stata estesa ad esempio agli studenti degli atenei toscani e ai non residenti che frequentano la regione per motivi di lavoro, rimodulata (vaccino di scelta: prima tetravalente, poi principalmente monovalente C; estensione della gratuità a tutta la popolazione nel territorio della Azienda USL Centro) e prolungata fino a giugno 2017 [36, 38].

I tassi d'immunizzazione – aggiornati al 28.02.2017 -, calcolati sulla popolazione residente per fasce d'età, risultano essere piuttosto soddisfacenti fra gli adolescenti (fascia 11-20) dove è intorno al 75%, più bassa, 35% fra i giovani adulti (fascia 20-45) e negli over-45, 12,5%. Questi dati indicano tutto sommato un buon successo della campagna di vaccinazione regionale, soprattutto nel fornire una protezione adeguata alla popolazione più giovane. Inoltre dimostrano, in questo caso, una forte risposta da parte dei cittadini nei confronti dell'offerta vaccinale. Un successo oggettivabile, come osservato in precedenza, anche dalla netta diminuzione dei casi nell'anno 2017.

Epidemia e mass-media

Di fronte a questi numeri, stampa e televisioni hanno spesso usato toni allarmistici contribuendo a diffondere il panico tra lettori e spettatori. I dati indicano con evidenza che non siamo esattamente davanti a “un gran numero” di casi: si parla in fondo dello 0,0008% circa dei residenti in Toscana. Ciò non significa ovviamente che singolo caso non meriti tutta l’attenzione e il rispetto possibile; dobbiamo sempre fare di tutto per difendere la salute e per curare e assistere al meglio chi ne ha bisogno. Tuttavia i casi non sono tali da giustificare i toni apocalittici di certa stampa che hanno avuto la conseguenza di amplificare l'allarme in maniera

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24 anche eccessiva.

Il culmine di questo fenomeno è stato raggiunto nell'autunno 2016, quando l'attenzione dei media si è lentamente spostata dal contesto locale al livello nazionale, senza però che ciò fosse giustificato da un aumento dei casi di meningite meningococcica in altre Regioni. In particolare, fra la fine del 2016 e l'inizio del 2017, questo è diventato uno degli argomenti più discussi che troviamo su quotidiani, siti web e anche in svariati servizi televisivi, con il susseguirsi di notizie che riportano casi di meningite causati da patogeni noti e/o sconosciuti, e a volte anche di decessi tra persone di qualunque età. Il risultato è stato il diffondersi di un vero e propria allarme generalizzato nella popolazione italiana, determinando spesso anche a una “corsa al vaccino”, che ha messo in difficoltà molte ASL e sevizi sanitari in tutto il territorio nazionale.

Un fenomeno che le stesse autorità sanitarie hanno definito “Epidemia mediatica”. Infatti solo in Toscana vi è stato un aumento dei casi [39]. Questo ci riporta all'importanza della comunicazione sanitaria ma anche al complesso rapporto fra sanità e media. Anche tornando al caso toscano, dove abbiamo avuto l'aumento effettivo, è stato evidente il ruolo della comunicazione giornalistica nell'indirizzare i sentimenti della popolazione. Abbiamo assistito a caratteristiche impennate nella richiesta di appuntamenti vaccinali spesso in relazione ai titoli più o meno allarmistici dei giornali e alla rilevanza che questi davano all'argomento.

La necessità di dare una corretta e oggettiva informazione ai cittadini deve quindi confrontarsi anche quella cultura del mondo dei media, certe volte scandalistica, che tende a cavalcare un argomento che attira l'attenzione di un'utenza preoccupata e attenta a temi sensibili come quelli della salute. È quindi interessante in un'ottica di sanità pubblica valutare la percezione della popolazione di un tema tanto dibattuto e veicolato mediaticamente per capire i livelli di conoscenza, consapevolezza e anche ansia derivata dalle informazioni ricevute, nonché individuare da quali principali fonti abbiano attinto.

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SCOPO DEL LAVORO

Il presente lavoro è stato concepito per indagare contestualmente l'atteggiamento e la fiducia nei confronti delle vaccinazioni in una popolazione e i suoi livelli di alfabetizzazione sanitaria, valutando la presenza di una possibile correlazione. È stato nostro obbiettivo, inoltre, capire il livello di conoscenze della popolazione generale su argomenti sanitari di primo piano e largamente dibattuti come la meningite in Toscana.

Scopo di questo studio è anche la validazione degli strumenti di Health Literacy proposti come la nuova versione del test rapido di HL IMETER, rielaborato con le parole mediche più utilizzate nei foglietti illustrativi di farmaci antibiotici e vaccini. Sono state scelte due coorti di studenti universitari con diversi livelli di conoscenze in ambito medico: una di studenti di medicina e del settore sanitario, l'altra di coetanei iscritti a corsi di laurea di ambito differente (umanistico, scientifico, ingegneristico, scienze sociali, etc.). Quindi è stata valutata la capacità dei test di discriminare fra i due gruppi.

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2. MATERIALI E METODI

Come strumento per l’esecuzione del presente studio ci siamo serviti di un questionario per la rilevazione dei dati di nostro interesse relativi alla propensione vaccinale, l'alfabetizzazione sanitaria e la percezione rispetto ad argomenti sanitari di primo piano.

INDAGINI SULLA POPOLAZIONE: L’ USO DEL

QUESTIONARIO

In ambito sanitario è fondamentale disporre di informazioni attendibili inerenti lo stato di salute, l’esposizione ai fattori di rischio e la percezione di eventi, e il questionario rappresenta uno dei più importanti strumenti di misurazione a nostra disposizione. In epidemiologia ci si avvale frequentemente di questo strumento per le indagini riguardanti la raccolta relativi all’andamento delle malattie, l’esposizione dei soggetti ai fattori di rischio e la funzionalità dei servizi socio-sanitari. Le misurazioni possono riguardare elementi oggettivi, ma anche elementi soggettivi come la quantificazione del dolore, la soddisfazione del paziente o la percezione del rischio. Un’inchiesta consiste nel porre un certo numero di domande nello stesso momento ad un certo numero di soggetti, gli intervistati (o rispondenti), scelti in modo da costituire un campione rappresentativo di una certa popolazione, non essendo possibile nella maggior parte dei casi analizzarla per intero. Le domande possono essere poste o tramite un questionario postale o online, oggi prevale nettamente quest'ultimo, per via telefonica o direttamente, da parte di un intervistatore [40].

Gli aspetti generali che devono essere tenuti in grande considerazione nella preparazione di un questionario sono gli obiettivi dell’indagine, le modalità di somministrazione e il tipo di elaborazione che si intende effettuare. Qualora il questionario venga autosomministrato, esso dovrebbe essere di

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27 aspetto estetico gradevole ed essere accompagnato da una lettera di presentazione che illustri le finalità della ricerca con l’indicazione dell’istituzione che patrocina l’iniziativa. Le domande di una ricerca epidemiologica possono riguardare attributi della persona, valutazione dello stato di salute, comportamenti presenti e passati, esposizioni a fattori di rischio, propensioni a determinati atteggiamenti e opinioni personali. L’auspicata semplicità e brevità di ogni questionario, al fine di ridurre i tempi di compilazione e facilitare l’elaborazione dei dati, si scontra spesso con l’esigenza di analizzare a fondo il problema in studio e di considerare parallelamente anche problemi secondari, correlati a quello principale. La percentuale di adesione alla ricerca e al completamento del questionario tende a diminuire proporzionalmente con la sua lunghezza. Le domande di un questionario devono essere rivolte in modo chiaro, sintetico e non ambiguo e raggruppate per argomento (i cosiddetti moduli o blocchi) in modo da facilitare la concentrazione dell’intervistato su un argomento per volta. Il primo sforzo consiste nell’inserire soltanto le domande necessarie per soddisfare gli obiettivi prefissati. Le domande possono essere aperte, chiuse o semiaperte (generalmente con la voce “altro” o “altra risposta”). Un’ulteriore caratteristica delle domande da prendere in considerazione è la possibilità che per alcune di esse (sia aperte che chiuse) possano essere previste più risposte. La sequenza di presentazione delle domande deve avere una logica che eviti di confondere l’intervistato, cercando di raggruppare le domande per sezioni, partendo da quesiti più generali per arrivare ai particolari e seguendo una logica cronologica ben definita.

Un questionario è uno strumento imperfetto di valutazione dei fenomeni che, tuttavia, spesso, è l’unico mezzo a disposizione di chi deve fornire risposte scientifiche a quesiti di grande rilevanza scientifica [41].

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COSTRUZIONE DELLO STRUMENTO

Nella redazione dello strumento è stato tenuto conto della letteratura esistente e sono state prese in considerazione precedenti esperienze nell’ambito della fiducia verso i vaccini e dell’aderenza ai programmi vaccinali.

Delle quattro domande proposte nello studio sullo stato globale della confidenza vaccinale citato in precedenza, abbiamo riproposto, con piccole modifiche le prime tre, riguardanti l’efficacia, la sicurezza e l’utilità delle vaccinazioni; è stata ovviamente esclusa quella relativa alla compatibilità fra vaccinazione e credenze religiose in quanto di scarso interesse in un contesto socio-culturale omogeneo.

Altra esperienza da cui abbiamo tratto un confronto è il questionario proposto dalla Regione Veneto e dalla ULSS 20 di Verona [42] e diretto ai genitori interessati al tema delle vaccinazioni pediatriche. Questo strumento di quattro pagine, raccoglie informazioni sul bambino e sulla famiglia e si concentra sulle vaccinazioni fatte o programmate del minore e sulla volontà o meno della famiglia di eseguirle; viene chiesto di indicare le fonti d’informazione e una sezione prevede una risposta con scala Likert da 1 a 5 rispetto a 23 affermazioni riguardanti i vaccini.

Alcune di queste abbiamo trovato interessante riproporle anche nel nostro studio, in particolare le affermazioni “Spesso gli effetti collaterali gravi dovuti al vaccino vengono tenuti nascosti” e “Vengono fatte troppe vaccinazioni in un’unica soluzione”.

Nell’elaborazione delle domande del questionario è stata posta particolare attenzione a non colpire la suscettibilità dei rispondenti, con domande troppo difficili o invasive. È stato inoltre adottato un linguaggio chiaro e semplice per tutti. Sempre nel rispetto della chiarezza e della semplicità, è stato limitato al massimo l'utilizzo di termini tecnico- scientifici, e non sono stati utilizzati inglesismi. La leggibilità del questionario è stata quindi valutata attraverso l’Indice di Gulpease; il valore calcolato è di 77, ovvero

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29 un testo facile di poco superiore a quella che è valutata come soglia di lettura da parte di persone in possesso della sola licenza elementare.

INDICE GULPEASE

L'Indice Gulpease è una delle cinque formule realizzate nel 1988 nell'ambito delle ricerche del GULP (Gruppo Universitario Linguistico Pedagogico) presso il Seminario di Scienze dell'Educazione dell'Università di Roma, con la supervisione di Maria Corda Costa e Tullio De Mauro e in collaborazione con l'IBM Italia. La rilevazione dei dati utilizzati nella costruzione dell'Indice Gulpease è stata effettuata nell'ambito di un seminario intercattedra, svolto tra il 1986 e il 1987 dalle cattedre di Filosofia del linguaggio e di Pedagogia dell'Istituto di Filosofia dell'Università di Roma «La Sapienza». l'Indice Gulpease considera due variabili linguistiche: la lunghezza della parola (espressa dalla media del numero di lettere) e la lunghezza della frase (espressa dal numero medio di parole per frase). La formula dell'indice è la seguente: Indice Gulpease = 89 - (Lp / 10) + (3 × Fr), dove: Lp = (100 × totale lettere) / totale parole e Fr = (100 × totale frasi) / totale parole.

I risultati della formula oscillano su una scala di valori compresi tra 0 e 100, dove il valore "100" indica la leggibilità più alta e "0" la leggibilità più bassa. In generale risulta che testi con un indice inferiore a 80 sono difficili da leggere per chi ha la licenza elementare, inferiore a 60 per chi ha la licenza media e inferiore a 40 per chi ha un diploma superiore. Data la sua semplicità d'uso, l'indice può essere utilizzato per analizzare sia testi brevi che testi lunghi: in quest'ultimo caso è necessario operare su una campionatura del testo. L'Indice Gulpease è il primo indice di leggibilità tarato sulla lingua italiana e ha il vantaggio di calcolare la lunghezza delle parole in lettere, anziché in sillabe.

Per calcolare l'indice ci siamo avvalsi del programma “AUTOGULP” della procedura di calcolo “Èulogos SLI” disponibile su piattaforma online [43].

Per facilitare la compilazione e l’elaborazione dei questionari, la maggior parte delle domande è stata formulata come domande chiuse a risposta multipla, per alcune è stata però prevista la modalità “semiaperta”, ovvero con una serie di risposte predefinite ed un’ultima voce in cui l’intervistato può indicarne altre che non erano previste. Al fine di un’elaborazione non

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30 troppo complessa, si è deciso di inserire perlopiù quesiti a risposta univoca, ma per determinati argomenti è stato preferito, per raccogliere maggiore informazione, di impostare domande a cui è possibile dare più risposte. L’ordine delle domande è stato deciso anche alla facilità e all'immediatezza di risposta dei quesiti, in quanto partendo con domande troppo difficili si può correre il rischio di un abbandono della compilazione; la sezione di Health Literacy è stata inserita al termine del questionario.

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STRUTTURA DEL QUESTIONARIO

Il questionario è stato articolato in 6 sezioni: 1. Sezione A - Fonti di informazione

2. Sezione B - Percezione qualità delle informazioni e delle proprie conoscenze

3. Sezione C - Attitudine verso le vaccinazioni e coperture vaccinali 4. Sezione D – Vaccine Confidence e percezione del rischio

5. Sezione E - Conoscenze specifiche 6. Sezione F - Health Literacy

Nella prima sezione, articolata in due quesiti a scelta multipla, gli intervistati dovevano indicare quali sono le loro principali fonti d'informazione sui due temi che vogliamo indagare, ossia l'aumento dei casi di meningite meningococcica in Toscana e le vaccinazioni in generale. Per entrambi gli argomenti viene indagata la fonte o le fonti principali da cui l'intervistato ha tratto informazione e, specularmente, quella da cui vorrebbero o avrebbero voluto maggiori informazioni. Sono state indicate 10 possibili opzioni: “Famiglia”, “Passaparola (amici, conoscenti)”, “TV”, “Internet”, “Social Networks”, “Quotidiani o Quotidiani On-line”, “Riviste”, “Medico di fiducia”, “Istituzioni sanitarie (Asl)”, e “Altro”, in cui è dato la possibilità di indicare fonti d'informazione alternative. La scelta, anche grafica, per favorire la compilazione è stata quella di organizzare in tabella i due quesiti, mettendo in parallelo le fonti da cui è stata tratta informazione e quelle da cui se ne vorrebbe maggiormente. La seconda sezione indaga in tre quesiti, proposti parallelamente per i due argomenti meningite e vaccinazioni, la percezione della qualità delle informazioni ricevute, il livello di ansia che esse hanno ingenerato e un'autovalutazione del livello delle proprie conoscenze. La risposta è

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32 indicata con valore numerico su scala Likert da 1 a 10. Un quarto quesito con opzione a scelta multipla riporta alcuni argomenti sui quali si chiede se interessano ulteriori informazioni. Le opzioni indicate (“Ruolo e Importanza delle vaccinazioni nei bambini piccoli”, “Numero effettivo di casi delle malattie infettive per cui sono offerti vaccini”, “Effetti collaterali gravi dei vaccini e loro frequenza”, “Conflitti d’interesse nel campo dei vaccini”, “Reale frequenza di complicanze gravi delle malattie per cui sono proposti vaccini”, “Come funzionano i vaccini”) riportano tematiche anche di interesse dei gruppi antivaccinisti, come la frequenza degli effetti colleterali gravi dopo le vaccinazioni e possibili conflitti d'interesse dell'industria farmaceutica, per saggiare l'interesse del pubblico verso queste.

La terza parte è dedicata a domande più specifiche riguardo ai vaccini effettuati e all'attitudine nei confronti delle stesse vaccinazioni. Sono state scelte tre vaccinazioni intorno alle quali c'è stato recentemente molto dibattito: la vaccinazione antimeninigococcica, morbillo e anti-papillomavirus. Per i tre vaccini è stato chiesto se l'intervistato fosse vaccinato, la sua intenzione di vaccinarsi o meno nel caso non lo fosse stato e, in caso di contrarietà alla vaccinazione di esporre il motivo con opzione a scelta multipla. Tra queste si chiede se il vaccino in questione è reputato inutile, potenzialmente dannoso, oppure non rappresenta semplicemente una priorità per l'intervistato; oltre ad un'opzione libera (“Altro”) con possibilità di inserire un commento. Per quanto riguarda la vaccinazione anti-meningococco c è stata inserita anche una rilevazione su dove, se effettuata, è stata eseguita la vaccinazione, se a Pisa o nella Regione e Provincia di residenza. Questo ci permette di avere anche una valutazione dell'impatto degli interventi di vaccinazione messi in atto in collaborazione dall'Università di Pisa e dell'Azienda USL di Pisa verso gli studenti fuori sede, eseguita nell'ambito della campagna della Regione Toscana.

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33 a 10 per saggiare i livelli di fiducia nelle vaccinazioni (Vaccine Confidence) e la percezione del rischio rispetto a loro possibili effetti collaterali e alle mattie infettive in generale. Un quesito specifico è dedicato alla percezione del rischio nei confronti della meningite in Toscana (“In Toscana c’è un’alta probabilità di ammalarsi di meningite”). Tre di queste, invece, sono direttamente ispirate all’indagine internazionale “The State of Vaccine Confidence 2016: Global Insights Through a 67-Country Survey” di cui abbiamo discusso precedentemente, e vanno a indagare la percezione su importanza, efficacia e sicurezza delle vaccinazioni: “I vaccini espongono al rischio di effetti collaterali anche gravi”, “I vaccini non sono così necessari, spesso proteggono da malattie poco gravi o quasi scomparse”, “I vaccini sono efficaci”. Altri due quesiti sono tratti dal questionario della Regione Veneto e indagano la percezione intorno a due tematiche di nostro interesse perché spesso sollevate dai movimenti antivaccinali, ossia se gli effetti collaterali gravi dei vaccini siano tenuti nascosti e se in età pediatrica vengano fatti troppe vaccinazioni in una singola seduta vaccinale (“Spesso gli effetti collaterali gravi dovuti ai vaccini sono tenuti nascosti”, “Ai bambini vengono fatte troppe vaccinazioni in una sola volta”). Infine, si chiede un’opinione dell’intervistato riguardo alla possibilità di vaccinare i propri figli con tutte le vaccinazioni proposte dal servizio sanitario di riferimento, identificato nell’ente regionale (“Vaccineresti i tuoi figli con tutti i vaccini previsti dalla Regione”). Un’ultima opinione è richiesta sulla tematica di grandissima attualità riguardante la possibile introduzione dell’obbligo vaccinale per frequentare le scuole primarie e dell’infanzia (“Sei favorevole all’introduzione dell’obbligo vaccinale per frequentare le scuole”).

In base alla combinazione dei punteggi di risposta dati precedenti affermazioni abbiamo calcolato un coefficiente di esitazione vaccinale (Coff. Esitaz. Vax). È stato previsto anche un coefficiente di esitazione vaccinale aggiustato (Coff. Esitaz. VaxAdj.) con l'aggiunta di una correzione in caso nella sezione precedente (Attitudine verso le

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34 vaccinazioni e coperture vaccinali) fosse stata espresso il rifiuto verso le vaccinazioni indicate.

(1) Coefficiente di esitazione vaccinale:

Coff. Esitaz. Vax = (Somma (13.b,13.c,13.e,13.f))/4 (Somma (13.d,14,15))/3

(2) Coefficiente di esitazione vaccinale aggiustato:

Coff. Esitaz. VaxAdj. = (Somma (13.b,13.c,13.e,13.f))/4 + n. rifiuti Vax

(Somma (13.d,14,15))/3

Il coefficiente di esitazione rappresenta una stima dell'atteggiamento verso le vaccinazioni: valori minori di1 (minimo 0,1) indicano un atteggiamento positivo, valori superiori all'unità una posizione scettica.

Una quinta sezione è invece dedicata alle conoscenze specifiche nel settore delle malattie infettive e delle vaccinazioni con risposta singola vero/falso. Le domande che indagano meccanismo di trasmissione e quadro patologico delle malattie e la conoscenza sull’azione dei vaccini sono le seguenti 8: “Negli ultimi due anni c’è effettivamente stato un aumento dei casi di meningite in Toscana”, “Per molte malattie infettive è importante raggiungere una piena copertura vaccinale della popolazione (oltre il 95%) per proteggere i bambini più piccoli e le persone più deboli che non possono essere vaccinate”, “La meningite infettiva si trasmette con una vicinanza stretta o prolungata”, “Il Morbillo si trasmette rapidamente per via aerea”, “Il Papillomavirus si trasmette principalmente per via sessuale”, “Il Morbillo può dare complicanze anche molto gravi, soprattutto se contratto in età adulta”, “Il Papillomavirus può causare un tumore che è prevenibile con la vaccinazione”, “Se mi vaccino c’è il

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35 rischio di trasmettere la malattia ai miei contatti più stretti”. A questa sezione è associato uno score di conoscenza specifica, per ogni domanda risposta correttamente viene assegnato il punteggio di 1, in caso di errore o non risposta 0, per un totale che quindi risulterà essere compreso tra 0 e 8. L’ultima parte è in realtà quella più complessa e che ha richiesto il maggiore lavoro di elaborazione e riguarda la Health Literacy. Sono stati inseriti tre diversi strumenti di rilevazione della HL.

Il primo strumento, la versione italiana del test SILS (Single Item Literacy Screener), consta in un quesito che richiede all’intervistato quanto frequentemente abbia bisogno di un aiuto nella lettura di istruzioni, opuscoli o altro materiale consegnato dal proprio medico o da un farmacista. La risposta esprime la frequenza in scala Likert da 1 a 5 e riporta come valori estremi “Mai” e “Spesso”. [44,45]

Il secondo strumento di HL è frutto di una rielaborazione e adattamento del test IMETER (test di riconoscimento del termine medico italiano) ai termini specifici del linguaggio utilizzato in ambito vaccinale e per i farmaci antibiotici. Il test IMETER è a sua volta frutto della traduzione e adatta nella nostra lingua del test in lingua inglese METER (Medical Term Recognition), introdotto negli Stati Uniti [46].

Questo tipo di test fornisce una misura di HL rapida, sviluppata per stimare le capacità di riconoscimento di parole utilizzate nel linguaggio medico. La versione italiana e, in particolare, quella riadattata costruita per il presente studio è orientata su termini medici comunemente utilizzati per i vaccini e gli antibiotici, raccogliendo quelli maggiormente ricorrenti nei foglietti illustrativi di queste tipologie di farmaci.

Lo strumento consiste in un elenco in due colonne su un'unica pagina di 70 termini: 40 medici o correntemente usati in campo medico e 30 che non lo sono o sono parole che ricordano termini medici ma sono in realtà inesistenti. Al fine di valutare la coerenza e il livello di attenzione nella compilazione del test tra le 40 parole mediche sono state inserite due tautologiche, una per colonna: “Infezioni” e “Infezione”.

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36 Agli intervistati viene chiesto di riconoscere fra i termini elencati quelli che sono effettivamente utilizzati nel linguaggio medico.

In base al numero di parole correttamente riconosciute viene assegnato un punteggio

Il test, mira a misurare le capacità di lettura e riconoscimento delle singole parole e di discriminazione tra termini “medici” effettivi e non “giocando” sulla somiglianza nella scrittura o nel suono di alcuni di essi. Pertanto è specifico di ogni singola lingua, motivo per cui l’adattamento dall’originale METER in lingua inglese non ha previsto una semplice traduzione ma un attento adattamento e allineamento tra la versione italiana e quella in lingua originale. Per gli stessi motivi esso richiede una profonda conoscenza e padronanza della lingua, motivo per cui sono stati esclusi studenti stranieri in Italia solo per motivi accademici (es: studenti aderenti al progetto Erasmus o affini).

Il test è infine valutato assegnando due diversi score che misurano la capacità di riconoscere i termini: un punteggio totale, corrispondente al numero di parole mediche effettivamente riconosciute, e un punteggio totale aggiustato, corrispondente al numero di parole correttamente riconosciute come mediche meno quelle erroneamente classificate come tali. Le capacità di HL sono quindi definite dal numero di parole correttamente riconosciute. In base al punteggio si definiscono tre scaglioni di Health Literacy: 0-20 = basso, 21-34 = marginale, 35-40 = HL funzionale. Questa suddivisione ricalca quella del test METER originale in lingua inglese.

A seguito della descrizione dello strumento, necessità un'argomentazione a parte il lavoro di adattamento sopra citato del test IMETER allo specifico ambito di vaccinazioni e malattie infettive. A partire dalla versione del test IMETER, adattata alla lingua italiana da Biasio, Corbellini e D'Alessandro

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37 è stata adottata una sostituzione dei termini medici effettivi presenti nel test. Nella versione originale dell'IMETER questi sono frutto di una traduzione ed adattamento del test in lingua inglese; nella successiva rielaborazione è stato invece scelto di inserire le parole mediche più utilizzate nei foglietti illustrativi di antibiotici e vaccini.

Seguendo un approccio scientifico sono stati raccolti online dal sito dell'AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco [47] un campione rappresentativo di foglietti illustrativi dei vaccini più utilizzati (29) e di almeno un farmaco antibiotico per ogni classe di essi in commercio (44). I documenti relativi ai foglietti illustrativi sono stati scaricati come file pdf e ci siamo avvalsi delle funzionalità del software Nvivo [48] per calcolare i termini più ripetuti all'interno di questi, con riferimento al dato complessivo e non del singolo file. Successivamente da questi sono stati eliminati articoli, preposizioni, congiunzioni e termini largamente utilizzati nel linguaggio comune per giungere al numero di 40 termini medici previsti per il test. Questi sono stati quindi inseriti nel test come parole del linguaggio medico che dovrebbero essere riconosciute dagli intervistati. Alcune sostituzioni sono state eseguite anche fra i termini non medici o non senso previsti come distrattori.

Il terzo strumento di HL, “Anatomical Position Health literacy test (AP)”, con cui termina il questionario, prevede la collocazione all'interno di un'immagine stilizzata del corpo umano di 12 termini medici relativi a sintomi, condizioni patologiche, parti anatomiche o farmaci (“Cefalea”, “Menisco”, “ Lassativo”, “Gastrite”, “Antiacido”, “Danni epatici”, “Via orale”, “Mucolitico”, “Nefrite”, “Ulcera peptica”, “ Stipsi”, “Ematuria”). Questo test è ripreso da una precedente pubblicazione dell'Osservatorio della Comunicazione Sanitaria dell'Università di Pisa [49].

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