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Graffiti Writing e Street Art: Il prossimo capitolo dell'arte contemporanea. Analisi storico-artistica di un movimento rivoluzionario, in Italia e nel mondo.

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea magistrale in Economia e

Gestione delle Arti e delle attività culturali

Tesi di Laurea

Graffiti Writing e Street Art: il nuovo

capitolo dell’arte contemporanea.

Analisi storico-artistica di un movimento

rivoluzionario, in Italia e nel mondo.

Relatore

Ch. Prof. Nico Stringa

Correlatore

Prof. Stefania Portinari

Laureando

Giulia Corvatta

Matricola 835014

Anno Accademico

2013/2014

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INDICE

INTRODUZIONE Pag. 4

1. IL GRAFFITI WRITING AMERICANO Pag. 8

1.1 La nascita del Graffiti Writing. Gli anni Sessanta e la prima generazione Pag. 10

1.2 New York e la seconda generazione Pag. 12

1.3. Nascono gli stili Pag. 17

1.4 La lotta contro la MTA Pag. 21

1.5 La terza generazione e il Syntetic period Pag. 23

1.6 Le unions e le prime mostre Pag. 24

1.7 Gli anni Ottanta Pag. 26

1.8 Gli artisti Pag. 31

1.8.1 Futura 2000 Pag. 31

1.8.2 George “Lee” Quinones Pag. 32

1.8.3 Lady Pink Pag. 34

1.8.4 Rammellzee e il Panzerismo Iconoclasta Pag. 34

1.8.5 Martha Cooper, Henry Chalfant e Subway Art Pag. 36

1.8.6 Gli “Outsider”. Haring, Basquiat e gli altri “big”. Pag. 38

2. DAL GRAFFITISMO ALLA STREET ART Pag. 48

2.1 Graffitismo vs Street Art Pag. 49

2.2 Stencil Art Pag. 58

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3  

2.3.1 Shepard Fairey Pag. 68

2.3.2 JR Pag. 73

2.4 Sticker Art Pag. 76

2.5 A mano libera Pag. 78

2.5.1 Gli Italiani Pag. 79

2.6 Altri esempi di Street Art Pag. 83

2.6.1 Street Art brasiliana Pag. 83

2.6.2 Le installazioni Pag. 86

3. LA STREET ART ENTRA NEI MUSEI E NEI VARI MERCATI Pag. 98

3.1 Il fenomeno Banksy Pag. 100

3.2 Le gallerie, le mostre, i musei Pag. 105

3.3 La brandizzazione della Street Art Pag. 109

4. IL MOVIMENTO IN ITALIA Pag. 117

4.1 La legislazione in Italia Pag. 117

4.2 Nascita e diffusione del Graffiti Writing in Italia. I treni e le fanzine Pag. 120

4.3 I luoghi Pag. 123

4.3.1 Milano Pag. 124

4.3.2 Bologna Pag. 128

4.3.3 Roma Pag. 132

4.3.4 Il resto d’Italia Pag. 135

4.3.4.1 Rimini, pilastro del Graffiti Writing italiano Pag. 136

4.4 Le manifestazioni di Arte Urbana in Italia Pag. 141

CONCLUSIONI Pag. 153

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INTRODUZIONE

 

Il 14 febbraio 2008, un’opera di Banksy, Keep it spotless (2007, vernice spray su tela, cm 214 x 305), viene venduta da Sotheby's New York a 1.870.000 $, a sette volte la stima.1 Mai prima d’ora uno street artist aveva raggiunto valori così alti.

In Italia, opere di Street Art sono presenti nelle collezioni permanenti di musei come il MACRO (Museo d’arte contemporanea) di Roma o il Museo del Novecento di Milano.

Il Graffiti Writing, invece, è ormai presente nei manuali di storia dell’arte.

Questi due movimenti, appartenenti alla grande famiglia della cosidetta “Arte Urbana”, termine con la quale si indica ogni tipo di intervento artistico realizzato nel tessuto urbano, sono le correnti artistiche più rappresentative del periodo a cavallo tra i due secoli. Sviluppatisi sul finire del Novecento, Graffiti Writing e Street Art, stanno dominando i primi decenni degli anni Duemila e possono essere considerate le forme artistico-espressive più attuali dell’arte contemporanea.

Questa tesi verte sull’analisi storico-artistica dei due movimenti, ripercorrendo la loro storia, le evoluzioni stilistiche e le tecniche, attraverso anche i loro protagonisti e le principali esperienze curatoriali atte allo sviluppo e la diffusione di queste espressioni artistiche.

Inizialmente si analizzerà il Graffiti Writing, movimento controverso e radicale, odiato o amato, che non prevede vie di mezzo. Il Graffiti Writing è un fenomeno che nasce nelle culture underground, si tratta di un movimento fortemente indipendente e semi-clandestino. Nel corso degli anni sono stati evidenziati diversi nomi per cercare di etichettare o quanto meno inquadrare all’interno di un ambito artistico questo movimento così sfuggente. Il termine “graffiti” è stato menzionato per la prima volta dai giornalisti americani, con un’accezione dispregiativa, in riguardo alle prime tag sparse per la città di New York. Gli storici dell’arte più tradizionali definiscono questa corrente: “Graffitismo”2, termine utilizzato poichè il supporto viene considerato come punto focale del movimento. Infatti: “la materialità artificiale della città costituisce per l’uomo di oggi, altrettanto artificiale, ciò che la pietra naturale ha costituito agli albori della civiltà: una “tabula” su

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5   cui esprimersi. Ed anche l’enigmaticità degli antichi segni somiglia all’enigmaticità di quelli presenti.”3

Il termine risulta accettabile per le prime analisi su questo fenomeno, in riferimento alla scena newyorchese degli anni Ottanta, sebbene si vedrà in seguito come molti artisti attribuiti al Graffitismo, in realtà non hanno nulla a che vedere con i giovani che lavorano sul tessuto urbano. Al giorno d’oggi questo termine risulta ormai riduttivo e leggermente passatista. Associato a “Graffitismo” talvolta è possibile trovare anche l’espressione “Graffiti Art”. Questa definizione risulta ancora meno corretta della prima, poichè gli iniziatori del movimento non erano interessati al mondo dell’arte e decisamente non si ritenevano artisti. Il fenomeno, infatti, è iniziato come forma espressiva di comunicazione e solo successivamente è approdato nella sfera artistica.

Meglio allora utilizzare il termine “Writing”, termine scelto dagli stessi protagonisti (i writer appunto) che esplicita la cifra caratteristica del movimento, ossia la scrittura. In questa tesi verrà utilizzato il termine “Graffiti Writing”4 perchè si è voluto accorpare il termine accademico a quello di uso corrente e tenere in considerazione, così, tutta la storia del movimento, dagli inizi degli anni Settanta a oggi.

Il Graffiti Writing verrà analizzato ripercorrendo le sue origini, approfondendo quindi la scena americana, in particolare quella newyorchese. Nel primo capitolo si ripercorrerà la sua storia, dalle origini negli anni Sessanta, all’assalto dei vagoni della metropolitana negli anni Settanta, fino ad arrivare al riconoscimento da parte del mondo artistico negli anni Ottanta. Verranno in seguito esaminati i principali esponenti di questo movimento.

Con l’avvento del nuovo millennio si impongono nello spazio urbano nuove forme artistiche. La Street Art in tutte le sue declinazioni diventa padrona indiscussa delle strade. Il Graffiti Writing e la Street Art diventano le espressioni artistiche più diffuse in tutto il pianeta: risulta quasi impossibile, infatti, trovare delle città urbanizzate totalmente prive di qualche forma di Arte Urbana. Edifici abbandonati, muri periferici, facciate di palazzi, segnali stradali..nell’Arte Urbana, tutto il tessuto cittadino viene considerato come una candida tela su cui dipingere, riuscendo anche nell’intento di trasformare i non-luoghi in luoghi5.

Verranno in seguito approfonditi i principali sotto-generi della Street Art con i loro rispettivi artisti più rappresentativi: Stencil Art, ossia una delle prime espressioni di Street Art, con il suo pioniere                                                                                                                

3 Balderi I, Senigalliesi L., (a cura di), Graffiti Metropolitani – Arte sui muri delle città, con testi di

A. Abruzzese, G. Dorfles, D. Origlia, Costa & Nolan, Genova, 1990, p. 11.

4 Termine utilizzato anche in Mininno A., Graffiti writing: origini, significati, tecniche e

protagonisti in Italia, Milano, Mondadori, 2008.

5 Per il concetto di non-luogo si rimanda a Augé M., Nonluoghi: introduzione a una antropologia

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Blek le Rat e con una delle sue figure più attuali, C215; Poster Art, tecnica preferita dei due tra i più brillanti street artist degli anni Duemila, ossia, Shepard Fairey e JR; poi ancora Sticker Art e le opere di pittura murale a mano libera, con un’attenzione particolare agli italiani Blu e Ericailcane; infine si esporranno gli altri principali esempi di Street Art, come quelli della tradizione brasiliana o le installazioni.

Dopo aver descritto le peculiarità tecnico-stilistiche e la concezione artistico-culturale su cui si fondano i movimenti del Graffiti Writing e della Street Art, si analizzerà l’influenza che questi movimenti hanno avuto nel mondo dell’arte, in particolare sull’andamento delle quotazioni di mercato, sulla nascita di gallerie specializzate e sulla tendenza a realizzare mostre e manifestazioni specifiche per lo sviluppo e la diffusione di queste espressioni artistiche. A questo scopo, sarà necessario approfondire la figura di Banksy, uno dei più – se non il più – conosciuti street artist a livello mondiale. Con l’avvento di Bansky e dei suoi trasgressivi interventi, tutti i media hanno iniziato ad interessarsi di Graffiti Writing e di Street Art: i giornali pubblicano articoli sui due movimenti, nascono siti internet specializzati per la diffusione e per la tutela delle opere di arte urbana e vengono anche realizzati numerosi documentari6.

Il Graffiti Writing e la Street Art si espandono in maniera tale che invadono anche altri settori e altri mercati. Il campo che più viene influenzato dalle culture underground è quello della moda e alcuni street artist decidono così di reinventarsi imprenditori ottenendo successi travolgenti. Ne sono un esempio le esperienze di Obey Clothing e Eckō unltd.

L’ultima sezione della tesi sarà dedicata al movimento del Graffiti Writing e della Street Art in Italia. Nel territorio italiano, come in tutto il mondo, il Graffiti Writing è il movimento che si sviluppa prima rispetto alla Street Art. Il Graffiti Writing americano, dopo aver viaggiato in Europa, approda in Italia sul finire degli anni Ottanta e si espande a macchia d’olio in tutte le principali città italiane. Lo stile americano, già contagiato dalle influenze europee, trova in Italia un terreno molto fertile e si evolve in uno stile nazionale del tutto peculiare. Milano, Bologna e Roma sono i centri con più fermento, dove si sviluppano i primi stili ed emergono i primi writer.

Dieci anni più tardi si accostano al Graffiti Writing le prime opere di Street Art e in poco tempo gli street artist nostrani raggiungono le vette della Street Art mondiale, dimostrando uno stile unico, che unisce innovazione e tradizione. Artisti come Lucamaleonte, Orticanoodles, Ozmo e Sten & Lex sono invitati a partecipare nei festival di Arte Urbana più importanti a livello internazionale e sono inseriti nei principali volumi specializzati in Street Art.

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7   Negli ultimi anni le amministrazioni locali italiane hanno rivalutato l’importanza dell’Arte Urbana all’interno dell’ambito cittadino e hanno iniziato a incentivare manifestazioni di Graffiti Writing e Street Art, per la riqualificazione e lo sviluppo di aree urbane.

Il Graffiti Writing e la Street Art sono i movimenti artistici più influenti degli ultimi trent’anni. Hanno influenzato il mondo dell’arte e molte altre sfere del nostro vivere quotidiano. L’obiettivo di questa tesi è proprio quello di dimostrare che possono essere considerati a pieno titolo le correnti artistiche caratterizzanti degli inizi del nuovo millennio.

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CAPITOLO 1. IL GRAFFITI WRITING AMERICANO

“I didn’t go out premeditating to inspire anyone. I don’t blow my own horn, but, in retrospect i guess i’d have to say that we did inspire people. We started something without the slightest notion that it would get to this point. We didn’t realize the baby that we bore”.7

Lee 163D!

I graffiti contemporanei sono un grande paradosso. Come superficie per l’esecuzione di queste espressioni artistiche viene utilizzato un supporto resistente e duraturo, eppure il graffito contemporaneo è effimero, transitorio, poichè a causa della sua accessibilità o della sua illegalità, può scomparire anche dopo un breve lasso di tempo, cancellato o coperto. Inoltre i graffiti sono eredi di una grande tradizione di decorazione parietale, ma sono spesso soggetto di fraintendimenti: arte pubblica per alcuni, mero vandalismo per altri; un sentimento idiosincratico verso i graffiti accomuna i cittadini e inizialmente anche il mondo dell’arte. Ma tutto ciò ai creatori di queste opere non importa. La loro produzione è un punto di rottura nell’ordine urbano, sociale e artistico.

Gli stessi writer (ossia coloro che verrebbero apostrofati, dai non addetti ai lavori, come “graffitisti” o “graffitari”), inizialmente, non la considerano arte, ma una disciplina, che possiede una storia, prevede uno studio e delle regole e pretende passione e costanza. Il risultato è un’espressione comunicativa realizzata all’aperto, sui muri, attraverso segni grafici ed componenti figurative. Questi elementi estetici, evolvendosi, traducono la manifestazione comunicativa in una forma artistica. Il Graffiti Writing, ossia la pratica di dipingere sui muri, solitamente con la bomboletta spray o con dei pennarelli, è un’espressione artistico-culturale democratica e proletaria, contestata e allo stesso tempo lodata. Per tutte queste caratteristiche, si può definire un’arte dinamica e viva.

“Il graffito è contro l’arte, quella ufficialmente conosciuta come tale. È contro Thanatos, quel fantasma di morte che aleggia sull’opera d’arte tradizionale, il quadro, la scultura, l’affresco, destinati a durare e a distribuire godimenti, raffinate estesie, al pubblico, nei secoli. Il graffito non è il surgelato dell’opera da museo, da galleria, da collezione o da esposizione. Se pensiamo che una gran parte della comunicazione artistica ufficiale è uccisa nella misura in cui viene imbalsamata per una eterna sopravvivenza di conservazione, è chiaro che il graffito murale non si preoccupa di vita lunga o breve, e può dare il massimo di sè nell’attimo fuggente, non nel mortifero “attimo fermati perchè sei bello”. La sua

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9  

accessibilità totale senza orari è contro il godimento ad ore fisse del museo, è contro quella eutanasia dell’arte che è la museificazione.”8

Questo concetto è già caro anche al filosofo John Dewey (1859-1952), il quale, nel suo saggio del 1934 L’Arte come esperienza, afferma che l’arte non deve essere segregata in un mondo appartato, fuori dalle condizioni di esperienza umane, entro le quali invece questa è nata, poichè l’opera d’arte è il modo in cui il prodotto opera con e nell’esperienza.9

Il Graffiti Writing è un fenomeno che nasce spontaneo, in strada. Si tratta di un processo messo in atto da gruppi di ragazzini, una guerrilla urbana evoluta poi in tendenza artistica. Una linea sottile divide il Graffiti Writing tra fenomeno di strada e processo artistico e non sono mai mancate le disquisizioni su quale fosse il suo ambito di appartenenza. Come asserisce anche Barilli:

“Nasceva anche il problema connesso di stabilire dove, in tutto ciò, si fermasse la pressione del fenomeno popolare, immediato e spontaneo, ovvero il graffitismo che una folla di operatori anonimi vergava ogni giorno sui vagoni della metropolitana o sugli immobili cittadini; e dove invece iniziasse a manifestarsi un processo di scelta, di sfruttamento abile e intelligente da parte di chi, malgrado tutto, aveva mangiato la foglia.”10

La città di New York è la culla di questo fenomeno. In questa città il Graffiti Writing è cresciuto, è maturato e si è arricchito. Achille Bonito Oliva precisa l’importanza di New York come incubatrice del movimento:

”Il graffitismo è un fenomeno antropologicamente autentico, sincrono alla realtà urbana americana, in particolare quella di New York, in quanto effetto di una realtà multirazziale, ma anche di una memoria culturale, legata all’Europa e ai linguaggi delle avanguardie storiche. La sintesi delle arti, parola, musica, danza, architettura, scenografia, movimento, già teorizzate da Kandinskij e Marinetti, assume un senso nuovo nel contesto urbano di New York, dirompente.”11

In una città caratterizzata dal melting-pot di razze, culture e tradizioni, il Graffiti Writing si appropria inconsciamente delle varie correnti artistiche, creando così qualcosa di pre-esistente, ma completamente nuovo nel contesto, rivoluzionato. Dall’Europa verrà assorbito l’Informale,                                                                                                                

8 Origlia D., in Graffiti Metropolitani – Arte sui muri delle città, con testi di Abruzzese A., Dorfles

G., Origlia D., Genova, Costa & Nolan, 1990, p. 26.

9 Dewey J., L’Arte come esperienza, Firenze, La Nuova Italia editrice, 1966.

10 Barilli R., “Il Graffitismo dal passato al futuro”, in Barbero L. M., Iovane G. (a cura di), Pittura

dura. Dai graffiti alla Street Art, Milano, Electa, 1999, p.13.

11 Bonito Oliva A., “Il ragazzo raggiante”, in Gruen J., Mercurio G., Panepinto M., Keith Haring,

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Dubuffet sopra tutti, dal Messico si imparerà la cultura e la tecnica murale e sarà forte l’influenza degli espressionisti astratti americani. In questo crogiolo di stili si sviluppa un movimento nuovo, dirompente, con una sua propria cultura, per poi diventare, in pochi anni, un fenomeno globale.

1.1 La nascita del Graffiti Writing. Gli anni Sessanta e la prima generazione

The Faith of Graffiti è il titolo di un libro pubblicato nel 1974, che raccoglie una serie di saggi scritti da Norman Mailer, scrittore beat, uniti a fotografie di Jon Naar. Si tratta del primo volume mai dedicato alla scena del Graffiti Writing ed è tuttora considerato un elemento di studio essenziale per un’iniziazione a questa cultura. Il nome è eloquente, poichè racchiudere il fenomeno del Graffiti Writing sotto il termine di corrente, movimento o espressione artistica sarebbe riduttivo; per i writer il graffito è una vera e propria fede. Con The Faith of Graffiti si legittima per la prima volta l’azione di questi giovani, viene riconosciuto l’impatto delle loro opere sul piano artistico e sociale e viene previsto il suo carattere di fenomeno globale:

“there was always art in a criminal act, but graffiti writers were somewhat opposite to criminals since they were living through the stages of the crime in order to commit an artistic act – what a doubling of the intensity of the artist’s choice when you steal not only the cans but try for the colors you want, not only the marker and the color, but the width of the tip or the spout, and steal them in double amounts so you don’t run out in the middle of a masterpiece. […] when the cops are out of sight and a train is coming in, they whip out their stash of paint from its hiding place, conceal it on their bodies, get on the cars to ride to the end of the line, where in some deserted midnight yard they will find their natural canvas which is of course that metal of New York, […] metal as a surface on which to paint is even better than stone.”12

Il Graffiti Writing si sviluppa negli Stati Uniti sul finire degli anni Sessanta. Fino ad allora ci si limitava a scritte a sfondo politico – ad esempio contro la guerra in Vietnam – o comunque inerenti ad un ambito socio-antropologico. Per la prima volta, verso la fine degli anni Sessanta e ancor più                                                                                                                

12  “C’era sempre arte in un atto criminale, ma i writer erano in qualche modo l’opposto di criminali,

dal momento che commettevano crimini allo scopo di compiere un atto artistico. L’intensità è raddoppiata quando rubi non solo le bombolette, ma scegli anche i colori che vuoi, non solo i pennarelli e i colori, ma anche la larghezza della punta o dello spruzzo, e ne rubi in doppia quantità, così da non rischiare di esaurirli nel bel mezzo di un masterpiece. […] Quando i poliziotti sono

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11   durante i Settanta, vi è una rottura: non si pensa più solo al contenuto, al messaggio da veicolare, ma ci si interessa principalmente alla forma. In questi anni, il graffito si tramuta in una valvola di sfogo per i giovani abitanti dei ghetti delle grandi megalopoli, un mezzo attraverso il quale rivendicare la loro libertà d’espressione.

Il sociologo francese Jean Baudrillard (1929-2007), in un suo breve saggio riguardante i graffiti, paragona la città, con i suoi muri, i suoi angoli, i suoi mezzi pubblici, ad un corpo. Sul corpo si possono fare i tatuaggi e nelle società primitive i tatuaggi hanno una grande importanza rituale e simbolica; senza tatuaggi, così come senza una maschera, un corpo si mostra così com’è: nudo e inespressivo. I graffiti sono per i muri quello che i tatuaggi sono per il corpo. Tatuando i muri, i writer li liberano dalla loro architettura e li ritrasformano in una sostanza socialmente vitale, nel corpo vibrante di una città, di come era, prima di essere stigmatizzata dalle sue funzioni e istituzioni.13

Il Graffiti Writing è un fenomeno estremamente legato al territorio, innanzitutto perchè i writer considerano i muri e i treni le loro tele e le strade sono le loro gallerie. Inoltre, questo fenomeno nasce, come già asserito in precedenza, dalla strada, dal basso. Nel corso degli anni i graffiti si sono insediati nel territorio, dialogando con esso e caratterizzandone la struttura (spesso sono presenti nelle zone industriali o periferiche). Questa forma espressiva può essere quindi compresa nel genius loci di una città.

Le teorie sul luogo di nascita di questi graffiti contemporanei sono diverse: alcuni ritengono che il fenomeno sia nato sulla West Coast, più precisamente a Los Angeles, da alcune gang, le quali iniziarono a marcare il loro territorio scrivendo a chiare lettere il nome della gang sui muri all’ingresso di ogni quartiere.

“Per distinguersi e salvaguardare la propria identità, le gang svilupparono stili calligrafici diversi. Il primo stile a essere rielaborato fu quello legato all’alfabeto gotico, scelta dettata soprattutto dalla forte influenza messicana. Le scritte […] avevano un valore puramente intimidatorio”.14

Altre teorie fanno nascere il Graffiti Writing in Canada attraverso i monikers15, altre ancora, secondo la teoria più accettata e consolidata, nella East Coast, in particolar modo a Philadelphia. Cornbread è un nome ricorrente sui muri di Philadephia ed è considerato uno dei primi, se non il primo, writer conosciuto. [figura 1]

                                                                                                               

13 Per questo concetto si rimanda a Baudrillard J., Kool killer, ou l’insurrection par les signes,

éditions Les partisans du moindre effort, 2005, p. 36.

14 Macchiavelli M., Spray art, Milano, Fabbri Editore, 1999, p. 6.

15 I monikers sono artisti che creano disegni con gessetti ad olio sui treni merci. Sono nati durante la

grande Depressione degli anni Trenta e la tradizione è viva ancora oggi. In Ganz N., Graffiti World: Street Art dai cinque continenti, Milano, L’Ippocampo, 2006, p.18.

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Come descritto nel volume Graffiti kings: New York City Mass Transit Art of the 1970es, che ripercorre tutta la storia del Graffiti Writing a New York, a metà degli anni Sessanta compaiono per la prima volta graffiti su larga scala:

“Territorial graffiti started along the boundaries of ghettos and ethnically exclusive neighborhoods. Early Philadelphia graffitists realized that public transportation vehicles would have a much larger audience than any fixed location. They spread their linear graffiti, simple line-based letters, as opposed to the more elaborate and stylized works that would soon appear in New York, along the public transportation routes, with buses and subways the favorite targets. By the late 1960s, the buses and subway trains in Philadelphia were saturated with graffiti, while in New York the trend was just beginning.”16

I graffiti si spostano quindi dai muri ai mezzi pubblici e il supporto diventa dinamico. I mezzi di trasporto pubblico saranno i supporti dominanti durante il periodo newyorchese.

Cornbread e il suo partner Cool Earl sono i capostipiti di questo fenomeno e vengono considerati appartenenti alla prima generazione di writer, insieme ad altri giovani di New York come Tracy 168 o Julio 204. Questi writer utilizzano un lettering semplice e lineare, non sono interessati all’estetica: il loro obiettivo è quello di marcare il territorio. Il termine stesso writer infatti, significa “scrittore” ed è ciò che questi ragazzi intendono fare: scrivere il loro nome, sempre e ovunque.

1.2 New York e la seconda generazione

Nei primi anni Settanta i graffiti iniziano a invadere anche la città di New York. Si dà il via alla seconda generazione di writer. Questa seconda generazione viene descritta da Stewart così:

“The second generation of writers began hitting the subway system during the summer of 1971. The greatest number of famous writers, most of them only thirteen or fourteen years old, came from this generation. Some didn’t even start until 1972. These imaginative writers pioneered the break with

                                                                                                               

16 “I graffiti territoriali iniziarono lungo i confini dei ghetti e nei quartieri etnici. I writer di

Philadelphia realizzarono che i mezzi di trasporto pubblici avrebbero avuto una maggiore visibilità e maggior audience rispetto a località fisse. Essi sparsero i loro graffiti lineari, semplici lettere

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traditional graffiti. Using spray paint, they hit the outsides of the subway cars with large masterpieces and grand designs, making many of them legends and changing the meaning of graffiti.”17

Inizialmente si tratta di tag, ossia di firme, realizzate inizialmente con dei markers, dei pennarelli indelebili a punta molto larga, ripetute ossessivamente dai giovani per far conoscere il proprio nome. I writer non utilizzano il nome vero di battesimo, ma scelgono uno pseudonimo, un nome d’arte, il quale spesso viene associato ad un numero, solitamente romano, che corrisponde al numero della street, ossia della via, di appartenenza. In Graffiti kings si spiega che i nomi diventati molto popolari vengono anche venduti per cinque dollari, a patto che il nome sia seguito dal numero di discendenza. I ragazzi bianchi utilizzano solitamente il loro nome o soprannome, quelli afro-americani scelgono spesso nomi derivati dallo slang di strada, come Super Kool, Stay high, Topcat, o nomi africani. I ragazzi portoricani invece adottano nomi iper-americani, come Cola, Snake, ecc…18

Per un giovane writer il nome è tutto. Bisogna onorare il proprio nome e rispettare quello degli altri: “il nome personifica la tua esistenza e mancargli di rispetto è come un’aggressione alla tua integrità fisica. Scrivere sopra a un altro writer, specialmente sopra a uno sconosciuto può portare tutta una serie di conseguenze.”19 È essenziale acquisire uno stile unico, innovativo e soprattutto riconoscibile, poichè la tag rappresenta la propria personalità e dalla firma dipende il rispetto del gruppo e la stima degli altri writer.

I ragazzi che iniziano a “taggare”, o a “colpire” (hit)20 la città, sono tutti adoloscenti, spesso di origini afro-americane o latino-americane e i motivi per cui iniziano a compiere queste azioni non hanno a che vedere con motivazioni artistiche o politiche. Taki 183, uno dei pionieri del tagging insieme a Julio 204, sulle motivazioni che lo hanno spinto a prendere il marker in mano e a iniziare a marchiare la città con il suo nome, afferma: “I was bored, and i didn’t want to get involved with

                                                                                                               

17 “La seconda generazione di writer iniziò a colpire il sistema metropolitano durante l’estate del

1971. I writer più famosi, quasi tutti tra i tredici e i quattordici anni, appartengono a questa generazione. Alcuni non iniziarono fino al 1972. Questi writer creativi furono i primi a rompere con i graffiti tradizionali. Usando le bombolette, dipingevano sulle pareti esterne dei treni larghi masterpiece e grandi disegni, diventando così delle leggende e mutando il significato di graffiti”. Stewart J., op. cit., p. 41. (trad. mia).  

18 Ivi, p. 28.

19 A. vari, Style, writing from the Underground. (R)evolution of aerosol linguistic, Stampa

Alternativa in Association with IGTimes, Viterbo, Nuovi Equilibri, 1996, pp. 33-34.

20 “Quando scrivevi, facevi riferimento al tuo nome come a una firma e quando mettevi il tuo nome

o pensavi di metterlo in un determinato punto, questa azione diventava un colpo, stavi colpendo, non taggando come dicono ora”. Phase II in Style, writing from the Underground. (R)evolution of aerosol linguistic, cit., p. 26.

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drugs, so i started writing my name around”21 In Spraycan art, uno dei principali libri dedicati all’argomento dell’Aerosol Art, pubblicato per la prima volta nel 1987, James Prigoff dichiara: “kids write graffiti because it’s fun. It is also an expression of the longing to be somebody in a world that is always reminding you that you’re not”.22

Proprio grazie a Taki 183, nel 1971 si inizia a parlare del fenomeno di “imbrattamento” che si sta diffondendo in maniera esponenziale nella città di New York. Il 21 luglio 1971 il “New York Times” pubblica un articolo su Taki 183 dal titolo: “Taki 183 Spawns Pen Pals”, letteralmente: “Taki 183 genera amici di penna”, nel quale si parla di Taki, di come abbia iniziato e del perché e vengono citati anche altri nomi di bomber23 operativi all’epoca, tra i quali Joe 136, Barbara 62, Eel 159, Yank 135 e Leo 136. [figura 2]

Nonostante sia Taki 183 a raggiungere la notorietà, il primo vero bomber della scena newyorchese può essere considerato a pieno titolo Julio 204. Egli non gode della stessa fama di Taki 183, poiché non esce mai dal suo quartiere, è un bomber territoriale, ma è il primo ad aggiungere il numero della street dopo il nome e come ricorda anche Taki: “he was way ahead of everybody. Julio didn’t write that much, but he was so original you have to give him credit.”24 Taki 183 ritiene inoltre che Julio 204 abbia iniziato a colpire i muri già dal 196725.

I primi luoghi colpiti dai writer della prima generazione sono Washington Heights (già dal 1969) a Manhattan, il Bronx e Brooklyn. Questi writer iniziano all’incirca a sedici anni e rimangono attivi fino alla fine dell’adolescenza. Quando chiedono a Taki 183 del motivo del suo abbandono della scena già attorno al 1973, egli risponde serafico solamente che “when you’re nineteen, you don’t do what you were doing at sixteen”26

Sebbene i primi supporti bombardati siano muri di scuole e parchi, molto presto si passa a quelli in movimento come autobus e camion, fino a colpire i vagoni della subway, prima internamente poi esternamente. Con centinaia di treni a disposizione e migliaia di persone che utilizzano la metropolitana ogni giorno, quest’ultima sembra il mezzo migliore per diffondere il proprio nome e poter essere notati. Da questo momento si crea un legame inossidabile tra il writer e la subway. Le                                                                                                                

21 “Ero annoiato e non volevo essere coinvolto con le droghe, perciò iniziai a spargere il mio nome

in giro”. Stewart J., op. cit., p. 20. (trad. mia).

22 “I ragazzi scrivono graffiti perchè è divertente. É anche un’espressione del desiderio di essere

qualcuno in un mondo che ti ricorda sempre che non lo sei.” Chalfant H., Prigoff J., Spraycan art, London, Thames & Hudson, 1995, p.7. (trad. mia).  

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15   stazioni della metropolitana diventano luoghi d’incontro e di scambi di idee. Dipingere i vagoni di un treno diventa una vera e propria sfida. Come ricorda Prigoff: “A New York, i writer hanno una sorta di attaccamento mistico verso i treni […] i treni sono l’arena dove ciascuno può sfidare se stesso”.27 Nonostante il Subway Writing (ossia il Graffiti Writing praticato nelle linee metropolitane) diventi il fenomeno principale in questi anni (fenomeno nato nel 1968 e finito nel 1989, quando la Metropolitan Transit Authority lo reprime definitivamente) non si cessa comunque di scrivere anche sui muri:

“Throughout the history of New York subway graffiti, writers also did pieces on walls. They were a good place on which to practice and in periods when the “buff” was operating they presented a convenient alternative to trains, a place to keep your name up. […] Graffiti as an art form began to flourish when the writers, as they had come to be known, turned to the subways to take advantage of the high visibility, the huge potential audience, and the link with other like-minded kids throughout the city. Other writers stayed away from the trains and concentrated instead on painting murals in their own neighborhoods […] still others were adept at both trains and walls.”28

Nel 1971, le maggior parti delle stazioni di Manhattan, del Bronx e di Brooklyn sono sature di graffiti. Tutti i muri delle stazioni sono taggati e alcune stazioni diventano veri e propri ritrovi per i giovani writer. Questi punti d’incontro prendono il nome di Writers Corners e tra i più popolari si possono ricordare la stazione della 149th street e Astor Place, stazione dell’East Village, uno dei

quartieri più attivi e prolifici per la cultura underground degli anni Ottanta. Come ricorda anche Barbero nel saggio “Say it loud” in questi luoghi

“si canonizzano, fondano e originano gli Stili: nascono ora le prime classificazioni che, con regole ferree sull’originalità e con il controllo su coloro che – biting – copiano lo stile di un altro prevedono l’esclusione per chi invade lo spazio di un altro. La metà degli anni Settanta corrisponde allora alla perdita dell’anonimato e all’acquisizione di una identità, si definiscono i ruoli, nascono i personaggi.”29

                                                                                                               

27 Chalfant H., Prigoff J., op. cit., p. 8.  

28 “Durante tutta la storia del Subway Writing newyorchese, i writer facevano “pezzi” anche sui

muri. I muri erano un buon posto dove far pratica e durante i periodi di “ripulitura” dei treni, rappresentavano una valida alternativa, un luogo dove continuare a far girare il proprio nome. […] I graffiti come forma d’arte iniziarono a prosperare quando i writer passarono alla metropolitana, approfittando dell’alta visibilità, del largo audience e dei contatti con gli altri ragazzi. Altri writer stavano lontani dai treni, limitandosi a dipingere murales nei loro quartieri […] Altri erano bravi sia con i treni che non i muri.” Ibid. (trad. mia).

29 Barbero L. M., “Say it loud”, in Dubuffet e l’arte dei graffiti, Barilli R. (a cura di), Milano,

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All’inizio degli anni Settanta viene introdotto anche lo strumento che ha rivoluzionato il modo di fare tagging: si inizia ad utilizzare la bomboletta spray – possibilmente rubata– al posto dei più comuni markers. Nasce così l’Aerosol Era.

Come già asserito, le tag del primo periodo sono delle semplici firme, senza decori o ornamenti, l’estetica non è una priorità. L’unico obiettivo è quello di espandere il proprio nome scrivendolo in più luoghi possibili. Il risultato è quindi un gesto rapido, sincopato. Come afferma Taki 183: “All you needed was something small, something someone would see out of the corner of their eye as they passed it.”30

Ben presto però, la situazione inizia ad evolvere. Il giovane writer è ambizioso, vuole farsi conoscere e pretende che la gente parli di lui, quindi, per ottenere notorietà e rispetto, il suo nome deve spiccare e prevalere sugli altri. Inizia così una vera e propria ricerca artistica sul lettering: “despite the very real fears of arrest, the spirit of intense competition was constantly pushing the writers to do better, larger, and different graffiti, leading to a rapid evolution in both scale and design.”31

Junior 161 è uno dei primi writer a sperimentare una scrittura in larga scala. I commenti, non sempre positivi, non tardano a venire, in primo luogo dal suo partner professionale Cay 161: “that’s just fanciness. How are you going to get your name around doing all that fancy stuff?”32

Il fenomeno del Graffiti Writing produce un’influenza sempre maggiore verso i giovani e unendosi ad altre espressioni artistiche come la musica (rap), la danza (breakdance), a un certo tipo di abbigliamento e ad un codice di comportamento sociale e linguistico, formano una vera e propria sotto-cultura. Nasce così l’Hip Hop e con esso fioriscono anche i primi gruppi di aggregazione. Le crews sono delle “bande” che nascono spontaneamente, ciascuna con regole interne, composte da almeno due persone, solitamente con una persona a capo del gruppo, scelta in base meritocratica. Per un writer la crew è considerata quasi una famiglia. La crew dipinge insieme, tant’è che non i writer non firmano più con il proprio nome, ma utilizzano il nome del proprio collettivo. Al suo interno si scambiano idee e si migliorano le capacità tecniche. Nessuno insegna ai giovani writer l’arte dei graffiti. Un aspirante writer deve mostrare il proprio potenziale, la passione e la tenacia per poter fare ingresso in una crew, così poi da poter imparare le varie tecniche osservando i writer più esperti. La prima crew a formarsi è quella degli Ex Vandals e molte altre ne seguono. Tra le più                                                                                                                

30 “tutto quello che ti serviva era qualcosa di piccolo, qualcosa che qualcuno avrebbe visto di

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17   rappresentative degli anni Settanta si contemplano: The Wanted club e Wild Style, fondate entrambe da Tracy 168, Rock Steady crew, istituita qualche anno dopo, nel 1977, famosa non solo come Writing crew, ma anche come crew di breakdance e musica rap e infine The Fabolous Five, i cui membri sono tra i primi a battersi per il riconoscimento dei graffiti come forma d’arte. [figura 3]

1.3. Nascono gli stili

“Non importa quanto bene dipingiate o altro, è importante lo stile. […] é necessario portare a un livello superiore il concetto di scienza e architettura della lettera in modo da capire che cosa è giusto e cosa non lo è. La forza del writing deriva fondamentalmente dalla bombola e si estende attraverso le menti di chi, tra noi, la considera una scienza.”33

Queste sono le parole di Phase II, uno dei maggiori rivoluzionari nell’ambito del Graffiti Writing. Phase II è considerato da tutti un king, ossia un maestro dello stile. Egli è uno dei primi writer ad apportare cambiamenti e migliorie alle scritte: dall’introduzione di simboli o elementi decorativi, all’invenzione di nuovi font. Si ritiene che sia proprio Phase II infatti, ad aver inventato le bubble letters (o softies), uno dei font più utilizzati ancora oggi.

Con gli anni Settanta e l’avvio della seconda generazione, come già anticipato, inizia una vera e propria ricerca stilistica ed emergono nuovi stili di scrittura.

Come si illustra nel volume Writing: storia, linguaggi, arte nei graffiti di strada:

“L’apparizione sulla scena di un certo numero di stili identificabili rappresentò una vera e propria rivoluzione per il mondo del writing. Tutto il movimento cominciò a muoversi verso la sperimentazione di forme e tratti che fossero inconsueti e imprevisti il più possibile, la parola d’ordine era: innovare. Esisteva solo la parola, il colore e l’evoluzione dello stile; l’educazione scolastica non era certo discriminante, contavano la creatività e l’ispirazione che si basava sulle immagini prodotte dalla cultura di massa o trovate sulla strada, ma reinterpretate soggettivamente. Il writing era sempre più simile a un gioco, una competizione di lettering, il cui centro era rappresentato dai vagoni della metropolitana.”34

In seguito ai vari articoli usciti sui giornali nell’estate del 1971 – da quello già citato su Taki del “New York Times”, a quello del “Times” dello stesso anno sul deterioramento dei monumenti e dei mezzi pubblici a causa dei graffiti – il fenomeno diventa cosa pubblica, si inizia a parlare dei writer e a conoscere i loro nomi. I writer vogliono farsi riconoscere e cercano così di uscire dal coro                                                                                                                

33 Macchiavelli M., op. cit., p. 77.  

34  Lucchetti D., Writing: storia, linguaggi, arte nei graffiti di strada, Roma, Castelvecchi, 1999, p.

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attraverso la sperimentazione. I graffiti non sono più delle semplici tag, ma diventano pieces, “pezzi”, derivanti dal termine masterpiece (capolavori). I pezzi sono grandi, colorati e complessi. Le firme risultano estremamente decorate, iniziano a comparire figure e personaggi (i puppets) e si raccontano delle storie. I graffiti diventano degli enormi affreschi creati attraverso la vernice spray. Inoltre, si inizia a competere per il titolo di king (re). Due sono i criteri necessari per poter essere incoronato king: quantità di pezzi creati e qualità degli stessi. Viene premiata quindi l’innovazione e la costanza. Se un writer ha uno stile originale, ma realizza solo pochi pezzi, non potrà mai essere incoronato king e il suo nome verrà presto dimenticato.

Uno dei primi king è Lee 163D!, il quale per primo inizia a colpire l’esterno dei vagoni dei treni. Con l’avvento delle bombolette spray, l’interno dei vagoni diventa inagibile per via dei fumi. Inoltre gli interni dei vagoni sono ormai saturi di scritte, perciò l’esterno risulta una valida soluzione alternativa.

Bombardando l’esterno dei vagoni si ha a disposizione molto più spazio, perciò i giovani bomber iniziano a dare sfogo alla loro creatività e a dare sfoggio delle loro velleità artistiche. Molto comune è la pratica del biting: un writer prende spunto da uno stile pre-esistente creato da un altro writer e lo rimodella, lo modifica o lo combina con altri elementi, fino a realizzarne uno nuovo. Sebbene alcuni writer non acconsentino che altre persone si approprino dei loro stili, questa pratica è accettata da molti (purchè sia palesato il modello di riferimento), anche perché la reputazione di un writer aumenta se il suo stile viene usato come modello da altri.

Tra le prime novità stilistiche vi è l’introduzione di simboli tra le lettere. Uno dei primi simboli, in uso ancora oggi, è la freccia. Trattasi di uno dei simboli più popolari che indirizza, inoltre, la lettura del pezzo. Nell’ambiente dei graffiti non è semplice identificare l’ideatore di uno stile, si può avere un’idea sommaria, poiché i pezzi appaiono in gran numero nello stesso periodo. Appena si idealizza un simbolo o uno stile nuovo, questo si espande nel giro di pochi giorni. I primi ad aggiungere un freccia nel loro pezzo sono Cool Earl (il precursore di Philadelphia), Phase II, Stay High 149 e Tracy 168.

Anche allo stile 3-D non è facile attribuire la paternità. L’ipotesi più accreditata è quella di Stewart (2009), il quale sostiene che All Jive 161 sia stato il primo a disegnare lettere in questo stile.

La più grande innovazione, l’elemento che ha trasformato la tag in un masterpiece è però l’introduzione di una outline: si traccia una linea di contorno delle lettere, per poi riempirle con un altro colore. Le outline sono molto grandi, spesso coprono l’intera altezza o lunghezza del vagone.

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19    WINDOW-DOWN = si crea il pezzo solo sotto i finestrini del treno;

 TOP-TO-BOTTOM = si copre tutta l’altezza del vagone;  END-TO-END = si copre tutta la lunghezza del vagone;

 MARRIED COUPLE = pezzo viene creato su due vagoni accostati;

 WHOLE CAR = si colpisce tutto il vagone in altezza e larghezza. Pratica messa in atto dal 1974. Un whole car possiede numeri notevoli. É lungo 6 metri e alto più di 3, sono necessarie 20 bombolette e vengono impiegate almeno 8 ore di tempo.35 Un lavoro di whole car è eseguito da più di una persona, solitamente da tutta una crew.

Phase II definisce le tre caratteristiche necessarie che deve possedere un masterpiece per essere riconosciuto tale: essere in larga scala, possedere una outline e avere decorazioni tra le lettere.36

Anche in questo caso molti sono i nomi associati all’invenzione del masterpiece: Cliff 159, El Marko e Super Kool 223, tra tutti.

L’evoluzione da semplice tag a masterpiece non è netta o rigorosa, ci sono molte sfumature nel mezzo. Il throw up è una evoluzione della tag. Non può definirsi masterpiece, ma è più decorato di una tag. Il gesto è veloce, vengono utilizzate lettere bubble, ossia tondeggianti, e si impiegano due colori: uno per il contorno e uno per il riempimento. Sono compiuti da bombers, il cui obiettivo è la quantità.

I writer iniziano ad aggiungere ogni volta elementi diversi, sempre nuovi: dot (punti), candy stripes (striscie colorate), o clouds (nuvole). Il cloud è uno sfondo a forma di nuvola che funge da riempitivo. Innovazione significativa, poiché permette di coprire completamente gli altri nomi presenti sul vagone.

Con l’avvento del masterpiece, il Graffiti Writing si fa sempre più figurativo:

“A partire da tutte queste innovazioni le firme, pur rimanendo parte fondamentale della cultura, passano in secondo piano. I writer si concentrano sull’elaborazione dei pezzi, di uno stile personale. La devastazione della scena urbana si arricchisce di colori in libertà, di schizzi frettolosi su fogli stropicciati, di genialità e ribellione. Si cerca di far sempre meglio, di stupire con cose mai viste; ogni pezzo doveva essere il più grande possibile per poter uscire fuori dai treni in corsa, farsi ammirare, vincere la distrazione della metropoli, attirare a sé tutti gli sguardi nell’attimo della sua massima gloria.”37

                                                                                                               

35 Lucchetti D., op. cit., p. 56. 36 Stewart J., op. cit., p. 62.   37  Lucchetti D., op. cit., p. 23.

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Tutte le evoluzioni portano infine a uno degli stili più complessi e ricercati del Graffiti Writing: il Wildstyle. Il Wildstyle è lo stile riconosciuto dei king. Un writer non può iniziare la sua esperienza con i graffiti partendo dal Wildstyle, poiché quest’ultimo è il punto di arrivo, è l’apice della carriera di un writer. Si tratta di uno stile molto complesso: il masterpiece deve essere molto grande, colorato e le lettere sfuggenti e poco comprensibili. Il Wildstyle è frutto di una lunga ricerca artistica personale del writer. Il termine viene coniato da Tracy 168 per definire uno stile avanzato di Phase II.38

“il wild style è un selvaggio ben costruito, studiato nei minimi particolari e contemporaneamente è la libera espressione della confusione della surmodernità. […] I più banali codici semantici, regole sociali imprescindibili, vengono stravolti nel nome di una visione interiore che rifiuta tutto ciò che è stato preconfezionato da un’autorità inconoscibile. I writer non hanno interesse a farsi capire, non graffiano i muri o i vagoni dei treni utilizzando codici universalmente leggibili, semplicemente invadono le metropoli di un bisogno di espressione che intreccia il loro gioco di linee e colori in una combinazione che muta nel tempo e si muove nello spazio, per essere sempre al passo con la contemporaneità.”39

Con il Wildstyle cambia il metodo di ricezione del pezzo: un writer non viene più riconosciuto per il suo nome, ma per il suo stile e non interessa se le persone fuori dall’ambiente del Graffiti Writing non riescono a decodificare la scritta, poiché ciò che importa è che il pezzo venga recepito dai membri delle varie crews. Nel documentario Style Wars, film cult del 1982 diretto da Tony Silver e Henry Chalfant sul fenomeno del Graffiti Writing newyorchese, in un’intervista al writer Skeme, egli afferma chiaramente che quello che fa, lo fa semplicemente per sé e per gli altri writer.

Esplicativa è l’affermazione di Vulcan, il writer che nel 1983 progettò la prima Hall of Fame40 di New York: “mi fermo solo quando anche io stesso non riesco più a leggermi. Solo questo è importante. Immense lettere selvagge. È tutto ciò che so fare”.41 [figura 4]

                                                                                                               

38 Macchiavelli M., op. cit., p. 47. 39 Lucchetti D., op. cit., p. 60.  

40 Hall of Fame: spazio riservato ai writer dove poter dipingere liberamente. Solitamente si tratta di

viadotti autostradali, muri percorrenti le ferrovie o semplicemente edifici abbandonati. Inizialmente le Hall of Fame erano organizzate illegalmente, ora spesso è proprio l’amministrazione di una città

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1.4 La lotta contro la MTA

“Graffiti is not an art, is a crime”, questa è una delle frasi di apertura del documentario Style Wars, pronunciate dai detective Jim McHugh e Bernie Jacobs del dipartimento della polizia dei trasporti di New York. Durante gli anni dell’esplosione del Subway Writing, la Metropolitan Transportation Authority (MTA) di New York, insieme ai vari sindaci che si sono succeduti e al dipartimento di polizia della città, hanno cercato con ogni mezzo di arginare e far cessare il fenomeno, con una lunga battaglia durata quasi vent’anni.

La metropolitana di New York viaggia prevalentemente sottoterra e risale in superficie nelle zone del Bronx, del Queens e di Brooklyn; è in questi quartieri che si possono ammirare i pezzi alla luce del giorno. Le “arene”, termine evocativo che Stewart (2009) utilizza per definire i luoghi in cui i writer vanno a colpire i treni, sono principalmente le yards e i Lay-ups. I Lay-ups sono i binari centrali della subway, dove vengono depositati i treni fuori servizio (inizialmente potevano stazionare anche per tutto un weekend), mentre le yards sono i depositi veri e propri.

Stewart (2009) spiega il modus operandi dei writer: I writer colpiscono i treni preferibilmente di notte e durante i fine settimana. Saltano i tornelli e percorrono la linea metropolitana fino alle rimesse, mentre per i treni non sotterranei scavalcano le recinzioni dei depositi. I viaggi sono solitamente ben coordinati e programmati. Una volta arrivati ai treni, i writer più ambiziosi lavorano a coppie o a gruppi per riuscire a produrre grandi pezzi. Ai writer più inesperti è concesso occuparsi degli sfondi o dei più comuni riempimenti. È un grande onore per un toy42 avere l’opportunità di lavorare con uno Style Master. Si può arrivare fino a quindici writer operanti contemporaneamente sullo stesso vagone. I vagoni nei depositi sono parcheggiati uno a fianco all’altro, a distanza ravvicinata. Per dipingere i vagoni, i writer solitamente pongono un piede su un vagone e l’altro su quello a fianco, oppure pongono entrambi i piedi su un vagone e si appoggiano con la schiena a quello opposto. In entrambi i casi le mani sono libere. Per raggiungere la cima dei vagoni spesso i writer salgono sulle spalle l’uno dell’altro o utilizzano addirittura delle scale. Dopo svariati minuti di lavoro i fumi delle bombolette si fanno sempre più densi, perciò è di uso comune per i writer indossare guanti o maschere anti gas.

Attorno al 1970 arrivano le prime lamentele da parte dei viaggiatori e la Metropolitan Transit Authority inizia ad attuare le prime pratiche di buffing, ossia di pulizia. Si dispone di un lavaggio chimico ai vagoni, una volta alla settimana all’interno e una volta ogni tre settimane all’esterno. I risultati però non sono efficaci, la vernice dei vagoni si corrode, ma i pezzi non spariscono totalmente, così l’unico modo per eliminarli è ridipingere i treni.

                                                                                                               

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Fino a questo periodo non esiste nessuna legge che regolamenti il fenomeno del Graffiti Writing nella subway. Se catturati, i giovani writer subiscono solamente un ammonimento e se recidivi, poiché minorenni, vengono affidati al giudice minorile. La pena è di lavare i treni e ripulirli dai propri pezzi. A questa punizione viene dato il nome: “Operazione Cleanup”. Questa blanda soluzione non porta però alcun giovamento alla pulizia dei treni, i pezzi non cessano, né diminuiscono. Il sindaco di New York John Lindsay, il 27 ottobre 1972 decide di firmare per l’approvazione della prima legge Anti-Graffiti e, sempre in quest’anno, viene formata la prima task-force anti-graffiti. Durante tutta la seconda metà di quest’anno viene attivato un programma di pulizia avanzato per tutti i treni della metropolitana. Nonostante molti pezzi siano andati perduti a seguito della pulizia, i writer non si arrendono e decidono di prendere questa ripulitura come stimolo per creare pezzi ancora migliori e ancora più imponenti. Non a caso il 1973 viene considerato il periodo d’oro della Subway Art. Sul finire del 1973, il sindaco Lindsay, alla ricerca di voti per il mandato successivo decide di fare un’ulteriore pulizia, determinato a far sì che sia quella definitiva. In questa grande e decisiva campagna di pulizia, la tattica risulta quella di coprire i pezzi con un colore blu scuro. Questo metodo funziona in parte e per un periodo seppur breve non appaiono più nuovi pezzi. Nel 1973 la città di New York spende più di 10 milioni di dollari per le opere di pulizia e ne stanzierà fino a 24 milioni con lo scopo di ridurre notevolmente il fenomeno.43 Con questa seconda grande ripulitura delle carrozze, i writer cessano di sperimentare, impegnandosi a raffinare gli stili già in uso. Nel 1974 si apre il periodo che Stewart definisce Synthetic Period: “La pulizia e la ripittura generale della fine del 1973 costituì una linea di divisione tra il periodo di formazione e il ricco periodo sintetizzato del Subway Writing.”44

La polizia dei trasporti continua a combattere i graffiti per tutti gli anni Settanta e nel 1976 viene introdotta The Anti-Graffiti Squad, formata da un piccolo gruppo di poliziotti con l’autorità anche di arrestare i giovani writer e mettere in atto strategie per limitare le azioni. Purtroppo o per fortuna però, “gli sforzi della Graffiti Squad e i nuovi approcci della MTA furono tentativi sprecati.”45 I writer sono preoccupati più per l’esiguo spazio libero rimasto sui treni che per la Graffiti Squad. Nel 1977 si inizia la pulizia dei vagoni con acidi, i quali portano più danni che benefici: gli acidi corrodono i vagoni e non puliscono completamente le pareti, inoltre causano notevoli danni alla salute degli operai che effettuano le pulizie, i quali iniziano a lamentare problemi respiratori e nel

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23   1985 vengono risarciti di 6,3 milioni di dollari per problemi causati all’esposizione dei fumi dei solventi46.

Durante tutti gli anni Ottanta la lotta continua con i mezzi più disparati: recinzioni, utilizzo di cani da guardia, nuovi metodi di pulizia e divieto di vendita delle bombolette spray ai minorenni.

La battaglia tra writer e amministrazione cittadina continua per quasi due decadi, fino al 1989, data in cui si chiude ufficialmente il periodo della Subway Art o Mass Transit Art, per trasferire i pezzi sui muri o nelle gallerie.

1.5 La terza generazione e il Syntetic period

In seguito al grande repulisti del 1972, si sviluppa la cosidetta terza generazione di writer. La terza “ondata”, i cui caratteri esemplificativi si iniziano a notare nell’estate del 1973, rappresenta l’apice del masterpiece. Nel biennio 1973-1974, i pezzi si iniziano a riempire di particolari sempre più accurati, le campiture sono precise e i lavori decisamente più maturi. In questo periodo, dai pezzi sorgono fiamme, elementi esotici e gli stili diventano sempre più sofisticati: 3D style, Cartoon Style e l’ormai consolidato Wildstyle. Il 1974 segna l’inizio quindi del Syntetic period:

“per nulla scoraggiati dalla politica della MTA i writer continuano a dipingere. […] Molte nuove leve si sono ormai aggiunte agli originari pionieri del Bronx. […] Ai pezzi iniziano ad aggiungersi elementi figurativi, come personaggi dei fumetti. […] L’elaborazione di stili nuovi subisce una battuta d’arresto: i writer sfruttano gli stili fondamentali tramandati dai pionieri e li rielaborano in chiave personale per ottenere uno stile riconoscibile. In questa fase la tecnica pittorica acquista un ruolo centrale: i writer cercano di eliminare le sbavature, di ottenere colorazioni uniformi e tratti di contorno precisi e puliti, oltre che di dipingere nel più breve tempo possibile. La maggior parte dei pezzi di questo periodo è realizzata in un intervallo che va dai quindici ai sessanta minuti.”47

Nessun nuovo stile quindi, ma perfezionamento di quelli già esistenti. I pezzi devono essere impeccabili: i colori devono essere in sintonia e la outline deve essere precisa. Durante il Syntetic period si modifica la concezione verso il Writing; i writer sono attenti alla composizione stilistica e al risultato estetico e iniziano a considerare ciò che fanno, una vera forma d’arte.

La grande novità di questi anni, è l’interesse verso il mondo esterno. I writer sono cresciuti, non sono più ragazzini di dodici o tredici anni e iniziano quindi a interessarsi di attualità, politica e di                                                                                                                

46 Mininno A., Graffiti Writing: origini, significati, tecniche e protagonisti in Italia, Milano,

Mondadori, 2008, p. 23.  

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argomenti di natura sociale. I pezzi di stampo politico sono rari, ma esistono; fa grande scalpore, ad esempio, il pezzo di Mico in cui compare la scritta “hang Nixon!”. [figura 5]

I writer ora sono attenti a ciò che succede nel mondo, conoscono la storia dell’arte e i pezzi sono ispirati al mondo del cinema e dei fumetti. Il personaggio di Donald Duck, Paperino, è uno dei personaggi più abusati e rimane al giorno d’oggi uno dei soggetti preferiti dai writer.

Inoltre, ora che hanno preso coscienza della loro arte, i writer si ritengono un plus valore per la città, sostenendo di apportare migliorie al tessuto urbano, per merito dell’esplosione di colori dei loro pezzi: “In my opinion, graffiti makes our very serious and gray city more colorful. I like free artistic expression, but i despise political and radical slogans on our walls.”48

“I do graffiti because most people in our city are like robots and i want to show them that you can do happy and colorful things in addition to just eating, sleeping and working.”49

E ancora:

“If all the kids in this estate were piecing, can you imagine what a beautiful place it would be?”50

1.6 Le unions e le prime mostre

Durante la prima e la seconda generazione, dalla fine degli anni Sessanta ai primi Settanta quindi, nessuno considera i giovani writer degli artisti e nemmeno loro stessi si ritengono tali o vogliono venire etichettati sotto alcuna categoria. Nell’ottobre del 1972, uno studioso di sociologia piuttosto lungimirante, Hugo Martinez, che da tempo studia e ammira i pezzi che “decorano” tutta la rete metropolitana newyorchese, decide di entrare in contatto con alcuni giovani kings, per proporre loro di unirsi in un gruppo operante non più “en plein air”, (anche se in questo caso i lavori non avvenivano all’aperto, ma addirittura nelle viscere della città), bensì all’interno di uno studio, traslando le opere dall’acciaio delle lamiere alle tele. Lo scopo è quello di riuscire a organizzare mostre e vendere le opere. Nasce così la United Graffiti Artists (UGA) e nel dicembre del 1972 si inaugura la prima mostra al City College di New York. Come puntualizza Stewart, vengono esposti non i graffiti, bensì dipinti di graffiti.51 Alla union prendono parte notevoli writer, tra i quali Lee                                                                                                                

48 “La mia opinione è che i graffiti rendono la nostra città grigia e seria più colorata. Sono per la

libertà d’espressione artistica, ma detesto gli slogan politici e radicali sui nostri muri”. Mani, in Chalfant H., Prigoff J., Spraycan art, Londra, Thames and Hudson, 1995, p. 81. (trad. mia).  

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25   163D! e Co-Co 144. L’impatto nell’ambiente artistico è rimarchevole. La differenza tra i pezzi creati illegamente sui vagoni della subway e le tele esposte dall’UGA però, è evidente. Le tele mancano di vitalità, creatività e dinamicità. La velocità del gesto, l’adrenalina data dalla paura di essere catturati e dal pericolo dell’azione, insieme all’unicità della visione in movimento data dal vagone in viaggio, sono elementi fondamentali e caratterizzanti del Graffiti Writing. Questi elementi sono invece annullati nella staticità della tela e della galleria. Numerosi writer quindi, decidono di continuare in maniera parallela a colpire i treni, facendo fallire così l’intento di Martinez di togliere i writer dalla strada.

Nel settembre del 1973 la UGA espone alla Razor Gallery, a Soho. La mostra viene recensita da molti media e in una recensione di Peter Schjeldahl sul “New York Times” per la prima volta il Graffiti Writing viene definito una forma d’arte: “the new graffiti hit New York, inundating our buses and subways and city walls and blossoming, in the process, into something very like a real popular art form.”52 Le opere vengono vendute tra i trecento e i tremila dollari. Successive mostre vengono allestite con le opere della UGA al Museo della Scienza e dell’Industria di Chicago e al The Artists Space Gallery a New York. In seguito a questa mostra il gruppo si smembra, non essendo più riuscito a trovare, dopo la precedente dipartita di Martinez, un leader carismatico e forte per guidare il gruppo. Il gruppo dura poco, ma come dichiara anche Barbero, la UGA “è la vera antesignana della Graffiti Art. Questo suo essere collaterale ed effettivamente non nascondere un intento basilarmente “sociale”, di “legittimazione”, ma soprattutto di legalizzazione di un movimento fuorilegge, la differenzia dall’intero processo commerciale della sua evoluzione del decennio immediatamente successivo.”53

La UGA è l’apripista per emuli, proseliti e nuove unions. Nell’agosto del 1974, memore dell’attività della UGA e della conduzione di Martinez, Jack Pelsinger, un allora trentanovenne e impegnato in ambito teatrale, decide di creare una nuova union: nasce la Nation of Graffiti Artists (NOGA). La sede è un magazzino su Columbus Avenue ottenuto dall’Housing and Urban Development per un dollaro al mese. Il NOGA vuole distaccarsi dall’elitarismo della UGA e vengono così accettati tutti i writer, dai toys ai kings. In breve tempo il magazzino viene completamente decorato dai graffiti, senza lasciare uno spazio libero. Un articolo apparso su “The Village Voice” del 1975 definisce il NOGA una “Graffiti Nation without a country”. L’articolo celebra il gruppo per il suo primo compleanno e lo supporta a seguito dell’avviso di sfratto:

                                                                                                               

52 “I nuovi graffiti colpiscono New York, inondando i nostri autobus e la metropolitana e i muri

della città e sbocciando, durante il processo, in qualcosa molto simile ad una forma d’arte popolare”. Stewart J., op. cit., p. 87. (trad. mia).

53 Barbero L. M., “Say it loud”, in Barilli R. (a cura di), Dubuffet e l’arte dei graffiti, Milano,

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