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CAPITOLO 2. DAL GRAFFITI WRITING ALLA STREET ART

2.6 Altri esempi di Street Art

Il movimento della Street Art comprende tutta l’arte concepita per e nello spazio urbano e insieme fruibile da tutti, gratuitamente. Potenzialmente, qualsiasi espressione artistica compiuta in strada, potrebbe appartenere alla categoria della Street Art. Si analizzano quindi di seguito alcuni stili o street artist che non appartengono alle categorie già citate, ma che sono emblematici per comprendere a pieno l’eterogeneità e la creatività di un movimento così ampio come la Street Art. 2.6.1 Street Art brasiliana

Il Brasile è uno dei paesi emergenti, più promettenti nell’arte contemporanea. Questa nazione ha una lunga tradizione di Arte Urbana e, nel corso degli anni, è diventata un punto di riferimento per la Street Art mondiale. Se negli anni Settanta e Ottanta la Mecca dei graffiti era considerata New York, dalla fine degli anni Novanta in poi, la meta dei pellegrinaggi di tutti i writer e street artist è diventata San Paolo. I graffiti brasiliani hanno influenzato talmente tanto la Street Art internazionale, che meritano almeno una breve analisi storico-artistica.

In Brasile la pratica di Street Art più diffusa è la pittura murale, praticata con larghi rulli imbevuti di vernice solitamente acrilica. L’Aerosol Art non è molto sviluppata, soprattutto a causa della difficile reperibilità delle bombolette spray. Lo stile dei graffiti brasiliani varia da città a città, ma essi sono accomunati da uno stile stravagante ed estremamente colorato. L’isolamento economico e sociale degli anni passati, ha portato il Brasile a creare uno stile unico di graffiti, non associabile né all’influenza statunitense, né a quella europea, celebrando così di fatto “un’indipendenza artistica

brasiliana.”156 Lo stile dei graffiti brasiliani è una conseguenza del crogiolo di popolazioni che si sono insediate una dopo l’altra nel territorio: popolazioni indigene primitive, coloni portoghesi e immigranti europei, schiavi africani, fino ad arrivare anche a comunità giapponesi. Nonostante le opere abbiano delle cromie molto forti e sembrino promuovere messaggi positivi, l’aspetto sociale è spesso presente, dal momento che all’interno dello stato brasiliano vigono forti disparità sociali. Sebbene sia una delle più forti potenze economiche, in costante crescita, questa nazione possiede una delle più impari distribuzioni di reddito al mondo. I graffiti, sono utilizzati come una voce di protesta, verso i problemi economici e sociali.

Negli anni Sessanta iniziano a diffondersi i primi graffiti, ma è solo durante gli anni Settanta che questi prendono il sopravvento nelle strade e diventano un fenomeno di massa, dalle favelas ai centri storici. I graffiti diventano l’arte del popolo e sono parte integrante della Cultura de Rua (cultura della strada).

Peculiari di questa nazione sono i Pichação (picha in portoghese significa catrame), che potrebbero essere definiti come l’equivalente brasiliano delle tag, anche se il motivo e lo spirito con cui questi si sono sviluppati non hanno niente a che vedere con la loro versione americana. I pichação si sono sviluppati a San Paolo, per poi diffondersi nei principali centri carioca. Questa forma di tagging nasce nei quartieri più poveri come veicolo di messaggi politici e viene praticata principalmente per testimoniare il disagio e il malessere dei quartieri più indigenti. Spesso i Pichação sono una forma di sfida per i giovani, i pichadores vanno alla ricerca di palazzi sempre più alti o di cavalcavia pericolosi, mettendo a repentaglio anche la loro sicurezza personale. Il Pichação è caratterizzato da una grafia rigida e allungata, quasi geometrica, dall’aspetto intimidatorio, praticata con la bomboletta spray o con rullo e vernice, solitamente nero. La sua diffusione epidemica ha causato negli anni non pochi problemi all’estetica di molti quartieri delle principali città, arrivando persino a ricoprire interi palazzi di scritte (in questo caso il palazzo totalmente bombardato viene chiamato “agenda”, paragonandolo ad un calendario riempito di appuntamenti).

A partire dagli anni Ottanta si sviluppano ulteriori forme d’arte murale, gli stili diventano sempre più ricercati e il design delle opere più elaborato. Inoltre, iniziano ad arrivare anche notizie sul fenomeno del Graffiti Writing newyorchese. A metà degli anni Ottanta, la scena dell’Arte Urbana brasiliana è divisa in opere murali e Pichação. Sul finire degli anni Novanta, la cultura dei graffiti si diffonde sempre di più, in patria nascono riviste e incontri specializzati e alcuni street artist brasiliani diventano conosciuti anche all’estero. Un ulteriore contributo a diffondere la cultura

85   contributo con la sua arte nelle strade e sui muri della città. Nel frattempo inizia a frequentare gli street artist locali, creando una forte sinergia e con alcuni di essi intratterrà rapporti d’amicizia e professionali anche nel corso degli anni successivi. Come già annunciato, ad oggi la scena brasiliana dei graffiti è una delle più importanti e attive a livello mondiale. Molte città hanno persino istituito delle aree tollerate per l’arte di strada e molte amministrazioni commissionano grandi opere pubbliche murali, poiché si è visto come i graffiti siano ormai parte integrante e costituente della società e della cultura.

Con l’evoluzione dei graffiti in Brasile, si sono sviluppate negli anni nuove forme e nuovi linguaggi di strada. Attualmente, in Brasile non esistono solo Pichação o i grandi pezzi murali, ma si sono create forme espressive intermedie. Molto comune ad esempio a San Paolo è la pratica di creare la Sopa de Letrinhas o “zuppa di alfabeto”, ossia un insieme di throw up uno accanto all’altro che si formano “naturalmente” con il tempo, fino ad arrivare a coprire interi isolati di muri. Tra i writer brasiliani vige un forte rispetto reciproco, molto più che tra i corrispettivi newyorchesi, e i pezzi non sono mai sovrascritti o coperti. Uno stile tipico brasiliano è il Grapixo, una tecnica pittorica ibrida che trae ispirazione dai Pichação e dai masterpieces. Nel volume Graffiti Brasil, il Grapixo viene così definito: “Il grapixo prende spunto dai pezzi multicolore che richiedono molto tempo e dai murales della tradizione Hip Hop, miscelati allo stile tipografico allampanato e spigoloso dei Pichação, creati attraverso rulli e vernice in lattice.”157

Os Gêmeos, “i gemelli” (Otavio e Gustavo Pandolfo, San Paolo, 1974), sono la coppia di artisti della scena dei graffiti brasiliana più conosciuta a livello mondiale e fonte di ispirazione per numerosi graffiti artist. I loro pezzi sono ispirati dal folklore brasiliano, dai Pichação, dalla tradizione dei graffiti statunitensi e da quella muralista. Il registro delle opere create da Os Gêmeos varia notevolmente. I gemelli spaziano da rappresentazioni appassionate dei membri della loro famiglia alle denunce sociali, dipingendo i senzatetto o la gente del luogo in difficoltà. Inoltre non mancano le opere satiriche o le immagini oniriche che raccontano la storia e la tradizione brasiliana. Con uno stile apparentemente naïf, ma dai significati profondi, Os gêmeos si sono guadagnati un posto di rilievo nella Street Art mondiale. I loro personaggi sono inconfondibili, sembrano essere usciti dai fumetti o da un libro di fiabe per bambini e sono sempre rigorosamente dipinti di giallo. I gemelli affermano che i personaggi appaiono loro in sogno e tutto ciò che sognano ha tinte gialle. In definitiva, si può affermare che Os gêmeos hanno portato “un senso di lirismo e romanticismo alla forma”158 e all’ambiente duro e polveroso dei graffiti.

                                                                                                               

157 Manco T., Neelon C., Graffiti Brasil, cit., p. 34. 158 Lewishon C., op., cit., p.55.

Nel corso degli anni si stanno sviluppando anche poster e stencil, mantenendo sempre uno stile riconoscibile, caldo e colorato, tipicamente sudamericano. La “scuola brasiliana” è pronta a fare proseliti.

2.6.2 Le installazioni

Esistono street artist che esprimono la loro arte non solamente con la vernice, ma sperimentando materiali e tecniche nuove o inusuali, altri ancora non si limitano a lavorare sui muri delle città, ma preferiscono interagire con tutto l’ambiente, creando di conseguenza vere e proprie installazioni. Nello spazio urbano tutto è possibile e non c’è limite alla creatività. Talvolta, la città diventa un palcoscenico e le installazioni di strada sembrano uscite direttamente da un’opera del teatro dell’assurdo.

Invader, street artist francese di cui pochi conoscono la vera identità e che si presenta sempre in pubblico con una maschera, predilige la tecnica musiva. Dalla fine degli anni Novanta, la sua mission è quella di invadere le città di tutto il mondo attraverso i suoi mosaici, creati attraverso mattonelle colorate, posizionate in modo da ricreare le immagini pixellate dei primi videogiochi degli anni Ottanta. Il videogioco a cui si isipira maggiormente, tanto da averne tratto lo pseudonimo è appunto Space Invaders, celebre gioco creato sul finire degli anni Settanta, il cui scopo era quello di sparare per mezzo di una navicella a un vasto numero di alieni. La grafica del videogioco era abbastanza primitiva e Invader la ricrea esattamente uguale, mantenendone quindi l’effetto sfocato e basilare. I mosaici di Invader sono tutti pezzi unici, hanno dimensioni abbastanza piccole e sono sempre incollati con il cemento, in luoghi alti, quasi impossibili da raggiungere. La location è molto importante: prima di posizionare i suoi mosaici, l’artista studia la città a fondo e cerca i luoghi di maggiore interesse storico-artistico o molto frequentati. Nel 1999 arriva a colpire l’insegna di Hollywood, incollando un mosaico sotto la lettera D, uscendone indenne, con solamente una multa per sconfinamento159. A Roma, tra le varie mete, ha colpito anche Campo dei fiori e Piazza San Giovanni in Laterano. Per ogni invasione, Invader crea delle mappe ad hoc (Invasion maps), sui cui sono segnati tutti i mosaici posizionati e numerati in ordine cronologico di affissione. Queste mappe sono poi distribuite per la città durante la sua permanenza e infine vendute sul suo sito internet. Sul suo sito è anche possibile comprare un kit per creare il mosaico e per l’eventuale auto-affissione. Nel corso degli anni, i soggetti rappresentati sono aumentati, non limitandosi più solamente ai

87   popolare, come Pac man, Super Mario Bros. e la Pantera Rosa. Il suo ultimo progetto riguarda la creazioni di immagini attraverso i cubi di Rubik, l’artista lo chiama il suo periodo “Rubik cubist”160. L’arte di Invader gioca sulla nostalgia e sul ricordo e per questo è uno street artist molto amato dalle persone. A Parigi, sono stati organizzati anche degli Space invaders walking tour161, per esplorare la città e i personaggi che la popolano. Invader ha esposto alla Biennale d’arte contemporanea di Lione nel 2001, al Baltic Centre for Contemporary Art di Gateshead, al MOCA di Los Angeles e in alcune gallerie di Parigi, Roma, New York e Londra, anche se, da street artist, preferisce la strada: “Posizionare un bel pezzo nel posto giusto è un’esperienza forte, perché usi la città come galleria e la tua arte diventa parte della città e della vita che la circonda. In confronto a questo, i musei sono come cimiteri.”162

Ad oggi Invader ha invaso più di settanta paesi, viaggiando per tutti i continenti e affisso più di tremila mosaici163. [Figura 16]

Un altro street artist che compie atti artistici per mezzo di giocattoli è Jan Vormann. Questo giovane artista tedesco viaggia per le città di tutto il mondo con il suo progetto Dispatchwork, riparando gli edifici, i monumenti o le strutture urbane con i mattoncini lego. Ovunque trovi dei muri sgretolati, dei mattoni mancanti, o dei palazzi usurati, egli ne ricostruisce l’architettura, attraverso l’incastro di tanti mattoncini colorati. Il vuoto, l’incuria, i segni del deterioramento e dell’abbandono vengono rimpiazzati da elementi gioiosi, vivaci, che ricordano l’infanzia e quindi la festosità della vita. Vormann dichiara infatti che una delle sue azioni più rimarchevoli è stata a Berlino, dove ha riempito di lego dei buchi causati dalle granate durante la seconda guerra mondiale, con l’obiettivo di attirare l’attenzione dei passanti, in modo che si chiedessero perché quel mattoncino fosse stato posto proprio in quel punto.164 Lo scopo di Vormann è quello di donare un po’ di colore alle città fin troppo grigie e ritiene che il mattoncino lego possa essere uno dei mezzi più adeguati, poiché oltretutto, grazie alla sua forma perfettamente rettangolare, si incastra ottimamente con l’architettura urbana. Come descrive nel suo manifesto: “Dispatchwork non combatte solamente il deterioramento. Piuttosto, mira ad enfatizzare la transitorietà come una possibilità per la costruzione e ricostruzione dei nostri ambienti.”165 Anche in questo caso, viene data molta importanza alla partecipazione globale. Le persone sono invitate dall’artista a creare i                                                                                                                

160 Peiter S. (a cura di), op. cit., p. 32

161 http://www.timeout.com/paris/en/walks-tours/space-invaders-walking-tour 162 Peiter S. (a cura di), op. cit., p. 34

163 https://www.flickr.com/groups/spaceinvaders/pool/

164 http://www.telegraph.co.uk/culture/culturepicturegalleries/7421926/Jan-Vormann-travels-the-

world-repairing-crumbling-monuments-with-Lego.html?image=1

loro pezzi e inviare le foto con le coordinate al sito, in modo da stimolare e diffondere la creatività a scapito della rigidità e della durezza dell’ambiente urbano. [Figura 17]

Mark Jenkins e Slinkachu sono street artist che si dedicano invece alle installazioni tridimensionali. Il primo crea piccole sculture con nastro adesivo e le posiziona sulla strada, ma è diventato famoso per le sue sculture iperrealiste che turbano e inquietano. Jenkins crea delle sculture con dei manichini. Li veste da cima a piedi e l’unica parte che rimane oscurata è il volto, nascosta sempre da cappucci, capelli o copricapi, così che in lontananza possano essere scambiati per persone vere. Jenkins posiziona le sue creature in punti strategici e sensazionali, ad esempio sul tetto dei palazzi in modo da dare l’impressione che si stiano per gettare di sotto, agli angoli di un marciapiede o al centro di una fontana. Talvolta appaiono solo delle parti della figura: gambe che spuntano fuori da bidoni o da grondaie o corpi che, come struzzi metropolitani, inseriscono la testa sotto l’asfalto delle strade. Slinkachu è molto meno macabro di Mark Jenkins, anche se ne mantiene l’effetto sorpresa. Questo artista londinese poco più che trentenne, gioca molto con la fantasia e dal 2006 ha ideato Little People Project, in cui   si diverte a posizionare, per poi fotografare, piccole miniature, di dimensioni grandi meno di un dito, per la strada, creando un mondo lillipuziano metropolitano, con le sue storie e i suoi abitanti. “Amo esplorare la solitudine e la malinconia della vita di città e a volte anche il pericolo di questa. Cerco di fare un’arte che può sembrare sciocca o ironica, ma che abbia anche un significato più profondo.”166 I rifiuti del mondo urbano diventano

oggetti di scena: ecco così che i piccoli personaggi praticano lo skateboard su una buccia di arancia, fanno il bagno in un tappo di una birra tramutato in piscina, sparano ad un’ape considerata una bestia selvaggia o vanno a pesca in una pozzanghera.

Negli ultimi anni sono nate nuove forme di guerrilla, sotto forma di Street Art. Una delle più romantiche è sicuramente la Guerrilla Knitting. Questo fenomeno viene chiamato anche Yarn Bombing o Guerrilla Crochet. Gruppi di giovani si attrezzano di gomitoli, ferri o uncinetti e si divertono a “vestire” lo spazio urbano, con coperte e merletti multicolore e a ricche fantasie. Lampioni, parchimetri, coni stradali e tutto ciò che appartiene alla città viene ricoperto e colpito da un esplosione di colore. [Figura 18]

Questi artisti dimostrano che è possibile produrre arte con ogni mezzo e creare bellezza, anche nei luoghi più inaspettati. Ogni giorno appaiono piccole o grandi opere d’arte sorprendenti, ingegnose e a tratti emozionanti. A volte provocano stupore, altre volte strappano un sorriso, ma non lasciano mai senza una reazione, sintomo questo di un’espressione artistica dinamica, intensa

89   metropoli omologate, ai centri industriali o degradati – al fine di risollevare le sorti di un’umanità alienata, troppo impegnata e oppressa dal mondo moderno.

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[Figura 1. a] Miss Van, 2014. (Fonte: www.missvan.com). [b] Flower guy, Venezia, 2011 (Fonte: www.mdefeo.com)

[Figura 2. a] Una via di Londra “colpita” dall’alfabeto multicolore di Eine. (Fonte: www.graffitiartmagazine.com). [b] La tela dal titolo Twentyfirst century city, donata dal primo ministro inglese David Cameron, al presidente degli Stati Uniti Barack Obama. (Fonte: www.bbc.co.uk)

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[Figura 3. a e b] Stencil Art di C215 a Istanbul, 2009. (Fonte: www.c215.com)

[Figura 4. a] Un esempio di Subvertising dell’artista Ron English. I brand colpiti sono Coca Cola e Marlboro. (Fonte: www.streetart-urbanlife.com). [b] Il celebre poster Hope di Shepard Fairey, creato per la campagna presidenziale di Barack Obama. (Fonte: www.obeygiant.com)  

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[Figura 5] Tre esempi di Stencil Art: [a] Miss.Tic, Parigi, 2012. (Fonte: www.missticinparis.com)

[b] Lucamaleonte e Sten&Lex, Roma, 2009 (Fonte: lucamaleonte.blogspot.com) [c] Nick Walker, Bristol. (Fonte: www.theartofnickwalker.com)

93   [Figura 7] Blek le Rat. Ultimo tango a

Parigi, 1986. (Fonte: bleklerat.free.fr/) [Figura 8] Un pezzo multicolore di C215, Londra, 2010 (Fonte: www.c215.com)

[Figura 9] Ernest Pignon-Ernest, Morte della Vergine, Spaccanapoli, 1990. (Fonte: www.pignon-ernest.com)

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[Figura 10] Swoon, Indian girls.

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[Figura 13] Un poster della campagna Obey the giant, a Parigi, nel 2012.

(Fonte: globalgraphica.com)

[Figura 14] Due progetti di JR: [a] Face 2 Face. Lato palestinese nei pressi di Betlemme, 2007. [b] Women are heroes. Kimera slum, Kenya, 2009.

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  [Figura 16] Invader a Barcellona,

2013. [Figura 17] Jan Vormann a Bryant Park, New York. (Fonte: www.janvormann.com)

[Figura 18] Tre esempi di installazioni:

[a.] Mark Jenkins, Washington DC.

(Fonte:www.xmarkjenkinsx.com) [b] Slinkachu, 2008

(Fonte: www.slinkachu.com) [c] Magda Sayeg, pioniera del

Guerrilla Knitting. (Fonte: