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CAPITOLO 2. DAL GRAFFITI WRITING ALLA STREET ART

2.1 Graffitismo vs Street Art

Nel volume Street Art. The graffiti revolution92, Lewishon paragona graffiti e Street Art a musica Jazz e Techno: entrambi appartengono ad una macro-categoria – Arte Urbana nel primo caso e musica nel secondo – ma rimangono sempre due generi distinti e separati. Anche gli artisti, che siano writer o street artist, sono concordi sul fatto che Graffiti Writing e Street Art siano forme artistiche diverse e non debbano essere messe a confronto.

“La Street Art non è un’evoluzione del graffito, è un’alternativa ad esso, è un modo diverso per affrontare lo stesso problema e lo stesso spazio. Personalmente preferisco la pittura murale, ma l’involucro Street Art ospita in esso altre nobili discipline quali la stencil art, poster art, sticker art molto importanti per il proseguo di questa realtà.”93

Lucamaleonte, uno degli street artist più affermati in Italia prosegue:

“I graffiti e la Street Art sono due cose ben diverse e devono rimanere separate. Il graffitismo è l’evoluzione e lo studio della lettera, definisce un mondo a sé stante, una sottocultura ormai completamente formata, con delle regole da rispettare. […] La Street Art è un calderone all’interno del quale ognuno ci mette un po’ quello che vuole, […] credo che ci sia un bel po’ di confusione riguardo alle definizioni, e, da osservatore interno, penso che non ci sia assolutamente bisogno di questo.”94

La prima grande differenza tra Graffiti Writing e Street Art riguarda la ricezione delle opere. Sten & Lex, la coppia italiana che da più di quindici anni opera sulla scena mondiale della Urban Art, tra i primi in Italia a sviluppare la tecnica degli stencil a servizio dell’arte di strada, asseriscono:

“Tutto ciò che viene chiamato Street Art, è inteso come post-graffitismo. Il writing, anche se è ancora una realtà imponente, resta un linguaggio chiuso per lo spettatore comune, che non è in grado di codificare le lettere e i suoi significati. La Street Art, invece, essendo per lo più figurativa e basata sull’estetica del disegno, risulta molto più comprensibile.”95

I graffiti infatti, sono dei codici e solo chi appartiene a questo mondo, a questa cultura, è in grado di decifrarli. Il linguaggio dei graffiti è un linguaggio autoreferenziale. I writer “puri” utilizzano i graffiti come forma di comunicazione tra loro o come mezzo di diffusione della propria firma. Lo                                                                                                                

92  Lewishon C., Street Art: the graffiti revolution, Londra, Tate publishing, 2008, p.15.  

93 intervista a Giulio Control Zeta, in Ciotta E., Street Art. La rivoluzione nelle strade, Bepress

edizioni, Lecce, 2012, p. 83.

94 Intervista a Lucamaleonte, in Ciotta E., op. cit., p. 85. 95  Intervista a Sten & Lex, in Ciotta E., op. cit., p. 89.  

spettatore comune che si trova davanti a un “pezzo” non è in grado di decodificare la scritta: riuscirà solo a distinguere delle linee e delle forme apparentemente senza significato, dai colori accattivanti. Pur riconoscendone talvolta il valore artistico, la lettura dei graffiti risulta, ai più, ostica.

Gli street artist invece, si rivolgono ad un pubblico più ampio, il loro target è chiunque passi nel luogo in cui è localizzata l’opera. Un’opera di Street Art è potenzialmente in grado di comunicare con l’intero insieme demografico urbano, dal bambino, alla famiglia, all’anziano. Mentre ai writer non interessa ciò che la società pensa di loro, gli street artist sono più impegnati nel cercare l’approvazione del pubblico. Le opere di Street Art, essendo nella maggior parte dei casi figurative, non possiedono un messaggio nascosto, da decriptare, sono quindi più comprensibili e di conseguenza più accettate e benvolute dal pubblico. Le bamboline di Miss Van96 o le margherite di

Flower Guy97, sono decisamente più facili da apprezzare di un pezzo in Wildstyle di Seen o Daze.

[figura 1] Se per i graffiti, quindi, vige ancora uno scetticismo di fondo da parte dell’osservatore, che si chiede se stia osservando un lavoro artistico o del mero vandalismo, tale dubbio finalemente svanisce di fronte alla Street Art.

Dal punto di vista formale, Street Art e Graffiti Writing si differenziano su vari livelli. Gli strumenti utilizzati dai writer sono solo le bombolette spray o i markers, mentre la Street Art, comprendendo diverse tecniche stilistiche al suo interno, dispone di svariati e numerosi strumenti (mascherine per stencil, adesivi ecc.) e spesso diventa essenziale anche l’apporto del digitale. Per quanto riguarda la forma estetica, vi è una vera e propria dicotomia tra le due correnti. Il Graffiti Writing nasce come studio e sviluppo del lettering, con l’aggiunta di elementi figurativi che avviene solo in un secondo momento, durante il suo processo evolutivo. La Street Art, invece, crea simboli o immagini come veicolo espressivo e la presenza di lettere non è un elemento necessariamente ricorrente. I suddetti simboli, creati attraverso stencil, poster, sticker o qualsiasi altro medium possibile, diventano spesso veri e propri loghi o logotipi ed è piuttosto comune che diventino le firme stesse dell’artista. A conferma di ciò, va detto che sono numerosi gli street artist che basano tutta la loro carriera sullo studio e sull’evoluzione del proprio logo, fino a farlo diventare talvolta un brand (vedi capitolo 3). Questi pittogrammi stilizzati, universalmente riconoscibili, hanno il forte                                                                                                                

96 Miss Van (Tolosa, 1973), è una delle principali esponenti della Street Art femminile. Inizia a

dipingere sui muri già dai primi anni Novanta, scegliendo la vernice acrilica come strumento per le sue opere. Dipinge esclusivamente soggetti femminili. Le sue donne sono bambole sensuali, con

51   potere di comunicare senza bisogno di usare parole e l’osservatore è così in grado di interpretarli e generare proprie reazioni e sensazioni proprie. Si può affermare in definitiva, che il logo diventa l’elemento identificativo dello street artist. Per fare un esempio, imbattendoci in una freccia che punta verso l’alto, che sia dipinta su un muro o in forma di mobile pendente da un albero, in qualsiasi parte del mondo, avremo la certezza di trovarci davanti a un’azione di Above98. Il logo può essere quindi considerato come il corrispondente iconografico della tag.

Una delle critiche più ricorrenti rivolte alla Street Art da parte degli estimatori del Writing puro, è l’accusa di creare pezzi seriali, al contrario dei graffiti, i quali sono sempre pezzi unici. Effettivamente la Street Art prevede la creazione di opere di massa, basti pensare agli sticker e ai poster della campagna Obey the giant dell’artista americano Shepard Fairey, i quali possono essere richiesti e ricevuti per posta o le cui immagini possono essere scaricate dal sito internet. La campagna Obey the giant ha creato un fenomeno virale che, da vent’anni a questa parte (i primi adesivi sono stati creati da Fairey alla fine degli anni Ottanta), ha portato il volto del wrestler André the Giant a campeggiare sui poster e sugli adesivi in ogni parte del mondo, dalla Quinta strada di New York ai quartieri più eleganti di Londra o Parigi, fino in Giappone e in Corea.

Serialità, viralità e partecipazione, sono le caratteristiche principali della Street Art, che si contrappongono alla irripetibilità e alla unicità del gesto dei graffiti.

Un’ulteriore divergenza riguarda il tempo e sulla modalità di azione. I writer svolgono il lavoro totalmente in loco, l’unica eccezione è data dalla bozza del disegno che può essere precedentemente schizzata sul proprio sketchbook. Un writer impiega, in questo modo, da qualche minuto per semplice un throw up fino a svariate ore per i pezzi più grandi, correndo così rischi maggiori nel caso di azioni illegali. Per lo street artist, invece, l’azione sulla strada è solo l’ultima parte di un lungo processo preparatorio attuato in studio. Lo street artist elabora i disegni, poi crea i supporti e solo infine può andare in strada a concludere l’opera. Il tempo di azione in strada si riduce così drasticamente, da pochi secondi per attaccare un adesivo, a una manciata di minuti per                                                                                                                

98 Above, classe 1981, è uno street artist californiano. Attivo dal 1995, Above è un artista poliedrico

e il suo lavoro si contraddistingue per la creazione del suo caratteristico logo – una freccia che punta “above”, in alto, appunto – utilizzando vari stili e tecniche. Eccelle nella Spray Art, nella Sticker Art, nella Stencil Art o nell’arte cinetica. In ogni suo viaggio, ama esplorare un nuovo stile. Oltre al suo logo, si concentra su opere text-based o di Stencil Art, solitamente a sfondo sociale o politico. Emblematico, è il suo graffito apparso nel 2012 sui muri di uno dei più grandi centri di esportazione di diamanti al mondo, a Johannesburg, in cui si legge: “Diamonds are a woman's best friend, and a man's worst enemy”, (i diamanti sono i migliori amici della donna e i peggiori nemici dell’uomo). Lavora in anonimato. Per ulteriori informazioni riguardo Above si rimanda a: Manco T., Street Logos, Londra, Thames & Hudson, 2004; C100, The art of rebellion III. The book about Street Art, Mainschaff, Publikat, 2010; Ganz N., Graffiti World: Street Art dai cinque continenti, Milano, L’Ippocampo, 2006.  

affiggere un poster o creare un disegno tramite stencil. Il fatto di creare i propri lavori in studio porta ad avvicinare gli street artist agli artisti di Belle Arti veri e propri, piuttosto che a degli artisti “di strada”. Non a caso i principali street artist possiedono spesso un background di studi artistici anche a livello accademico.

Eine (alter ego di Ben Flynn, 1970) nasce artisticamente come writer ed è un personaggio di rilievo nella scena del Graffiti Writing e della Street Art londinese. La ricerca di Eine si basa totalmente sullo sviluppo della lettera pura e per fare ciò, dipinge a caratteri cubitali tramite la bomboletta spray tutte le lettere dell’alfabeto per ogni tipo di font esistente, sulle saracinesche dei negozi. Parallelamente al Writing, Eine si dedica anche agli sticker e per questo è considerato un punto di incontro tra le due culture. Nel 2010 il primo ministro David Cameron ha donato al presidente Obama una tela di Eine99. [Figura 2]

Eine afferma: “the Street Art movement is lots of kids who don’t necessarily want to go around vandalising everything and they’re more into art, and art college. This movement is a lot friendlier and a lot happier and not so hardcore.”100

Nonostante questo, non sono rari anche i casi in cui gli street artist provengano dal mondo del Graffiti Writing, il quale funge da base per i processi di ricerca degli artisti. Ne sono un esempio artisti consolidati come Barry McGee o JR.

La scelta del luogo di azione è più rilevante per gli street artist che per i writer. Come si è già inteso, spesso le opere di Graffiti Writing sono esercizi di stile e ogni muro appare come potenziale supporto su cui esprimere la propria creatività. I writer preferiscono ampi spazi sui cui operare, anche per questo prediligono le zone periferiche, come palazzi o edifici in disuso. Le opere di Street Art invece, puntano alla visibilità e per questo le zone più colpite sono i centri storici o i luoghi più frequentati di ogni città. Essendo il Graffiti Writing un linguaggio standardizzato, universale, un pezzo o una tag di un writer provocherebbero lo stesso effetto e avrebbero lo stesso risultato in qualsiasi parte del mondo. Si tratta di un linguaggio autonomo. Gli street artist invece, spesso creano le loro opere in base al luogo in cui si trovano, dando vita a lavori squisitamente site- specific. Ne sono un esempio gli stencil artist francesi Blek le Rat o Christian Guémy, in arte C215, i quali durante ogni loro viaggio creano opere che dialogano e si integrano perfettamente con il territorio. Ecco così che appaiono, durante il soggiorno a Roma di C215, rivisitazioni caravaggesche o immagini di Gesù e Maria, mentre in Turchia le strade vengono costellate da poetici dervisci roteanti, catturati durante la celebre danza tradizionale. [Figura 3]

53   Nonostante le molte differenze tra le due correnti, che denota quanto questi movimenti siano complessi e caratteristici, non mancano elementi in comune, che giustificano l’accorpamento in un’unica grande famiglia.

Il primo elemento che accomuna le due correnti è lo sfruttamento dell’ambiente urbano. Come afferma Lewishon: “what graffiti shares with Street Art is a basic sense of appropriation: making the city your own, by claiming the space”101.

Dovendo compiere prevalentemente azioni illegali, sia i writer che gli street artist tendono a rimanere nell’anonimato. Talvolta, gli artisti finiscono per rivelare la loro identità con l’aumentare della fama (Shepard Fairey è un artista dal volto noto sia al pubblico che alle forze dell’ordine, avendo all’attivo quattordici arresti); altre volte invece, sfruttano l’anonimato non solo per sfuggire alle autorità, ma come vera e propria strategia di marketing (ne è un esempio l’artista inglese Banksy, che ha creato sulla sua figura e la sua identità un vero e proprio hype102, con tanto di caccia

all’uomo e raggiungendo quotazioni stellari). Si tratta comunque di un anonimato relativo, poiché anche se non si conosce il volto degli artisti in questione, la loro firma o le loro opere sono riconoscibili e popolari in ogni parte del mondo.

Come per i writer più affermati, anche molti street artist, una volta entrati nel meccanismo delle gallerie e nel sistema dell’arte in generale, spesso decidono di abbandonare l’illegalità per cimentarsi in lavori in studio o su commissione. Questo discorso vale in particolar modo per gli street artist specializzati in pittura murale, i quali, degni eredi della tradizione muralista, creano opere figurative dalle dimensioni monumentali. Le notevoli dimensioni rendono l’azione illegale ostica e spesso infattibile, ma l’elevata qualità delle opere ripaga i loro creatori, i quali sono richiesti a partecipare con i loro interventi, ai sempre più frequenti festival mondiali di Street Art. Le amministrazioni cittadine non sono da meno, le quali commissionano un numero sempre maggiore di opere di Street Art per la città, come mezzo di riqualificazione urbana o semplicemente per decorare o impreziosire alcuni quartieri. Un esempio italiano è l’edizione 2013 del festival modenese di Street Art Icone, ribattezzato per l’occasione Icone 5.9. 5.9 è il grado di magnitudo del sisma che aveva colpito l’anno precedente la regione Emilia. Al festival hanno partecipato street artist italiani e internazionali, che sono intervenuti a Modena e in nove comuni limitrofi colpiti dal terremoto, riqualificando così alcune zone e ponendo l’attenzione sui comuni in difficoltà.

A Bologna invece, durante il festival Frontier, sono stati chiamati tredici artisti dei muri, per creare delle opere sulle pareti di alcuni palazzi e condomini sparsi per la città.

                                                                                                               

101 “ciò che il Graffiti Writing condivide con la Street Art è un senso di appropriazione di base:

tornare ad essere padroni della propria città, rivendicandone lo spazio.” Lewishon, C., op. cit. p. 63. (trad. mia).

L’Italia possiede ormai una grande tradizione di pittura murale, a cominciare dalla cittadina sarda di Orgosolo ricoperta di murales a partire dal 1970 e che, ad oggi, ne conta più di centocinquanta103, fino al comune bolognese di Dozza, il quale ospita la Biennale del muro dipinto, giunta nel 2013 alla XXIVesima edizione.

Che sia illegale o commissionata, la Street Art è ormai parte della nostra quotidianità. Come già asserito, i writer preferiscono luoghi periferici per le loro azioni (palazzi vetusti o fatiscenti, cavalcavia delle autostrade, viadotti, treni e ferrovie), mentre gli street artist si concentrano nei centri storici e nelle zone residenziali. Col passare degli anni, gli street artist sono diventati sempre più apprezzati, in particolare dal pubblico giovane, il quale vede sui muri un’arte stimolante, creata da coetanei e che parla il loro stesso linguaggio. La Street Art è sinonimo di creatività e freschezza. In poco tempo, è passata da atto illegale e vandalico ad oggetto di culto, fino ad attivare anche dei processi di gentrification di alcune aree: Un quartiere inizialmente poco popolare, una volta colpito dagli street artist (meglio se già conosciuti), diventa in automatico un quartiere provocante, giovane e alla moda. Gli artisti e i creativi sono i primi a trasferirsi nella zona, sfruttando gli ampi spazi e i bassi affitti per i loro studi e laboratori. In un secondo momento compaiono i primi locali di tendenza e, infine, vi si trasferiscono i giovani e le famiglie. A conclusione del processo, la zona risulta riqualificata, il quartiere acquisisce valore, e i prezzi aumentano. Tra i vari esempi di questo fenomeno di gentrification si possono citare i sobborghi di Williamsburg e Bushwick a Brooklyn, per anni quartieri proletari o industriali e ora diventati tra i quartieri più ricercati e alla moda di tutta New York. Un altro esempio significativo è il quartiere di Hackney a Londra, zona già colpita dallo street artist inglese Banksy. Nel suo libro Wall and Piece, Banksy pubblica una lettera inviata al suo sito internet da un certo Daniel, il quale si lamenta dei graffiti e delle conseguenze scaturite da questi:

“I don’t know who you are or how many of you there are but i am writing to ask you to stop painting your things where i live. In particular xxxxxx road in Hackney. My brother and me were born here and have lived here all our lives but these days so many yuppies and students are moving here neither of us can afford to buy a house where we grew up anymore. Your graffities are undoubtably part of what makes these wankers think our area is cool. You’re obviously not from round here and after you have driven up the house prices you’ll probably just move on. Do us all a favour and go do your stuff somewhere else like Brixton. Daniel.”104

55   La lettera in questione è stata pubblicata da Banksy sul suo libro, non è possibile quindi appurarne la veridicità. Se anche non fosse vera, rimane comunque verosimile ed effettivamente al quartiere di Hackney è accaduto lo stesso processo che in precedenza aveva colpito Williamsburg e Bushwick. La Street Art è ormai divenuta un fenomeno che travalica il suo ambito di appartenenza, quello prettamente artistico, per ricadere sulla società, l’ambiente e la cultura.

Dal punto di vista culturale anche la Street Art, come il Graffiti Writing, è un movimento che non si limita alle arti visive, ma è strettamente connesso ad altre espressioni artistiche e culturali. Così, se il Writing è un elemento costitutivo della cultura Hip Hop, anche dalla Street Art si sviluppa una vera e propria sotto-cultura, con il suo stile, la sua musica e una sua comunità di appartenenza. Questo movimento si potrebbe definire Street Culture o Urban Culture. Si tratta di una sotto-cultura metropolitana, evolutasi ai margini della cultura ufficiale delle grandi città e caratterizzata da uno spirito punk e da un’attenzione maggiore verso la società. Gli skateboards e la musica punk-rock sono elementi centrali della Street Culture: molte tecniche di Street Art infatti, sono nate come servizio a quest’ultimi. I primi sticker venivano creati per ornare le tavole da skate e i poster per pubblicizzare concerti punk-rock. La Street Culture è venuta alla ribalta anche grazie all’interessante mostra itinerante Beautiful Losers: Contemporary Art and Street Culture, curata da Aaron Rose e Christian Strike, tenutasi dal 2004 al 2005 rispettivamente a Cincinnati, San Francisco, Newport Beach, Baltimora e Tampa. In seguito, la mostra si è spostata negli altri continenti, approdando anche in Italia, alla Triennale di Milano nel 2006. In concomitanza della mostra è stato pubblicato un catalogo e nel 2008 Aaron Rose ha diretto un film documentario ispirato alla mostra, dal titolo Beautiful Losers. La mostra, che ha avuto molta risonanza, esibiva una cinquantina di artisti provenienti dalle principali culture underground, quali Hip Hop, Punk e Skate-Culture. Le opere di questi giovani artisti erano caratterizzate da un forte attaccamento alla cultura “bassa”, dalla multidisciplinarietà e da una filosofia e un’attitudine Do It Yourself. Gli artisti, anche non professionisti e quasi tutti alla loro prima mostra, si sono così cimentati in fotografie, video, quadri, sculture, musica, graphic design e altro ancora, poiché, come viene descritto nell’introduzione del catalogo, gli artisti provenivano da un background dove ci sono poche regole e tutto è possibile.105 La mostra ha avuto il merito di far scoprire culture alternative in                                                                                                                

questi coglioni trovino figo il nostro quartiere. Lei ovviamente non è di qui e dopo aver fatto salire i