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Dall'analisi scientifica del comparto turistico italiano al bisogno di un sistema Italia

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Academic year: 2021

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U N I V E R S I T À D E G L I S T U D I D I P I S A

F O N D A Z I O N E C A M P U S

Corso di Laurea Magistrale in

Progettazione e Gestione dei Sistemi Turistici Mediterranei

TESI DI LAUREA

Dall’analisi scientifica del settore turistico italiano al bisogno di un sistema Italia

Relatore

Chiar.mo Prof. LUIGI FICACCI

Candidato

LAURA SACCHETTI

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Introduzione

Capitolo 1 Management e Governance del turismo in Italia 1.1 Excursus storico del turismo in Italia

1.2 Struttura organizzativa dell’amministrazione nazionale del turismo

1.3 Le professioni del settore turistico: risorse critiche 1.3.1 Evoluzione delle professioni turistiche

1.3.2 Panoramica dei corsi di laurea e degli sbocchi professionali

1.3.3 Le sfide per l’Italia in materia di istruzione e formazione

1.4 Agenda del turismo del governo: gli operatori al nuovo governo e le politiche nazionali per il turismo

Capitolo 2 Lo spreco delle risorse culturali e naturali a livello paese

2.1 Analisi delle risorse, delle infrastrutture e della logistica 2.1.1 Infrastrutture dei trasporti

2.1.2 Infrastrutture ricettive 2.1.3 Infrastrutture digitali 2.2 Grado di sfruttamento del territorio 2.3 Rinnovare le risorse: fare sistema

Capitolo 3 Il futuro del sistema Italia 3.1 Verso una visione sistemica 3.2 Reti d’impresa

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Capitolo 4 Governare con la rete 4.1 Partire con la cultura

4.2 Sostenibilità e qualità per la riconquista della competitività 4.3 Nuovi business model: la collaborazione pubblico-privata Conclusioni

Bibliografia Sitografia

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Introduzione

Nel mondo globalizzato e in continuo cambiamento il concetto di competitività acquista un significato sempre più importante e al quale gli attori del settore pubblico e del settore privato devono riporre maggiore attenzione. La competitività è un obiettivo dinamico e continuo nel tempo.

Secondo l’edizione 2013 pubblicata dal World Economic Forum, il

Travel & Tourism Competitiveness Report dal titolo Reducing Barriers to Economic Growth and Job Creation, il posizionamento

dell’Italia al 26° posto nel ranking mondiale per competitività turistica e al 18° posto nel ranking europeo, si dimostra alquanto deludente. Le tre macro variabili utilizzate nella misurazione della competitività dei 140 Paesi del mondo del World Economic Forum sono:

• L’insieme di leggi e di politiche;

• Il contesto di business e infrastrutture; • Le risorse umane, culturali e naturali.

Il rapporto sottolinea l’importanza del settore turistico in termini economici nei rispettivi paesi. Il turismo infatti genera il 9% del Pil mondiale (circa 6 trilioni di dollari) e 120 milioni di posti di lavoro diretti, più 125 milioni di posti di lavoro indiretti.

La domanda che sorge spontanea è come mai l’Italia in un periodo di recessione economica non riesce a fare leva sul settore turistico? Come mai il Belpaese non riesce a investire meglio di altri competitors europei nel turismo?

Questa tesi non ha la pretesa di essere la soluzione empirica per risollevare il Paese dalla crisi economica, ma un’analisi dei fattori che possono contribuire a mettere in luce i punti di forza e i punti di debolezza del settore turistico.

Dopo aver condotto una macro analisi del nostro paese, basandomi sul modello di studio della competitività dei seven drivers, propongo un progetto da svilupparsi attraverso un processo bottom up, che

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riguarda l’interazione, la collaborazione, il coordinamento e la cooperazione tra il settore pubblico e il settore privato.

La proposta di un nuovo modello organizzativo potrebbe agevolare molte destinazioni, siano esse città, province o regioni, a creare un sistema turistico che abbia come prodotto finale l’erogazione di servizi basati sulla qualità e garantendo sostenibilità ambientale grazie all’analisi del grado di sopportazione di un territorio.

È solo preservando le unicità locali e le host cummunity, attraverso politiche e strategie a livello paese inserite in una collaborazione di network, che può essere possibile realizzare la competitività continua nel tempo e capace di adattarsi ai cambiamenti esogeni. Il bisogno di un livello Paese può essere garantito solo da una struttura statale, che può mettere in atto il cambiamento necessario per riconquistare la competitività.

La competitività non può più essere all’interno del Paese tra località limitrofe o tra le regioni stesse, perché così si danneggia l’immagine dell’Italia e l’intero sistema economico, per questo deve avere un valore intercontinentale.

Gli altri paesi europei si sono posti come obiettivo quello di raggiungere l’Italia, che fino agli anni Settanta aveva il primato di attrattività turistica.

Oggi i competitor europei ci sono riusciti, superando il Belpaese attraverso strategie di sviluppo sostenibile, mirando ad un’offerta integrata e di qualità.

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Capitolo 1 Management e Governance del turismo in Italia

Il settore del turismo abbraccia trasversalmente tutti i settori economici e culturali di un paese e per questo motivo diventa di fondamentale importanza l’integrazione tra le politiche del turismo e la complessiva strategia dello sviluppo economico.

A seguito della riforma del Titolo V avvenuta con legge Costituzionale 3 del 2001, la potestà legislativa nelle materie non espressamente elencate all’articolo 117 spetta alle Regioni.

La materia turismo è passata così da materia concorrente a materia residuale delle Regioni.

Lo Stato ha perso la facoltà di dettare linee guida e si è privato della possibilità di delineare una strategia nazionale capace di unificare il turismo del sistema paese con la conseguente frammentazione delle politiche nelle singole regioni.

La mancanza di principi fondamentali e di regole comuni, fissati dallo Stato ha portato ad una dannosa competitività fra luoghi e divaricazione tra nord e sud d’Italia, di molti aspetti del settore turistico.

Il risultato, pubblicato dal Word Economic Forum, nel report dal titolo Reducing Barriers to Economic Growth and Job Creation, è evidente nel posizionamento dell’Italia al 26° posto nel ranking mondiale per competitività turistica e al 18° posto nel ranking europeo.

Il dibattito sull’importanza di questo comparto negli ultimi anni è crescente e dimostrata dagli obiettivi fissati nel Piano strategico per lo sviluppo del turismo in Italia, in quanto ultimo documento quadro emanato due governi fa, dal titolo Turismo Italia 2020. Leadership,

lavoro, sud dove vengono presi in esame i punti critici del settore e

dove vengono proposte strategie in linea con la legislazione in vigore, basata sull’organizzazione attuale del Titolo V della Costituzione.

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La divisione delle responsabilità tra Stato ed Enti locali (regioni, enti autonomi, province e comuni) in materia turismo è disciplinata dal Titolo V della Costituzione dove si stabilisce che le materie che non sono esplicitamente di competenza esclusiva dello Stato devono essere regolamentate dagli enti locali.

Le regioni hanno così acquisito il diritto di assumere un ruolo di primo piano in una serie di ambiti turistici fondamentali:

• Programmazione e sviluppo di attività turistiche a livello regionale e locale;

• Promozione di attività di marketing strategico; • Gestione di Fondi strutturali europei;

• Gestione di attività legate alle strutture turistiche regionali; • Gestione di attività legate ad imprese e a professionisti del

settore turistico.

Risulta evidente quanto l’ambito di intervento dello Stato sia limitato. Per il turismo non è previsto un coordinamento obbligatorio tra Stato e Regioni che sarebbe invece di fondamentale importanza in virtù del fatto che il turismo nel 2009 ha generato tra ricadute dirette e indirette circa il 10% del Pil, e dunque sarebbe necessario per avere garanzie di efficacia superiori a quelle finora dimostrate.

Il coordinamento tra Stato e Regioni specialmente in tema di promozione sui mercati esteri diventa di fondamentale importanza per imporre al meglio il marchio “Italia” e poter competere con gli altri paesi.

Il decentramento delle competenze ha dato alle regioni la possibilità di competere o di cooperare tra loro.

Non è previsto un arbitrio superiore, che sia garante dell’interesse generale del paese, il quale invece emerge come esigenza oggettiva dalle ragioni del marketing del turismo.

Se da un lato la competizione tra le regioni può contribuire a dar vita a strutture più efficienti e funzionali, nonché diventare uno stimolo all’innovazione a livello interno del paese, dall’altro lato comporta

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che la responsabilità delle azioni finalizzate allo sviluppo e alla promozione ricada sulle regioni stesse che hanno di conseguenza la facoltà di predisporre strategie e interventi in ambito turistico.

La competitività regionale però in questo modo rischia di essere l’obiettivo prevalente delle regioni e quindi genera confusione a livello nazionale.

Al fine di integrare i lavori svolti su scala regionale con una promozione che necessariamente deve essere su scala nazionale, nel 2010 è stato istituito un Comitato permanente di coordinamento in materia di turismo, al quale partecipano i rappresentanti dello stato e delle regioni e che fa capo alla Conferenza delle Regioni1.

Tuttavia questo strumento è stato poco utilizzato, come si evince da un documento del 1 agosto 2013, approvato dalla Conferenza delle Regioni, che sottolinea <<il Comitato si è riunito poche volte, nonostante l’importanza dei temi da affrontare in quella sede e della sua funzione precipua.

Più volte le Regioni e le Province Autonome hanno chiesto il ricorso assiduo e costante a tale strumento di concertazione nei propri documenti (da ultimo in quello del 6 dicembre 2012), essendo purtroppo i lavori del Comitato fermi ormai dall’aprile 2012, nonostante esso costituisca uno strumento strategico per la concertazione delle politiche di settore.

Le Regioni e le Province autonome chiedono, pertanto, il ripristino tempestivo del confronto con il Governo in tale sede istituzionale, stante la necessità di definire temi di rilievo per il Sistema Paese, quali ad esempio il Piano Strategico Nazionale del Turismo, il Codice del Turismo, il demanio marittimo con finalità turistico ricreative, la Conferenza Nazionale del Turismo la cui organizzazione è stata preannunciata dal Ministro Bray e per la quale è prevista l’intesa dall’art. 56 D.Lgs. n. 79/2011, la

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classificazione delle strutture ricettive e ciascun altro tema rilievo per il turismo.

Da lungo tempo si sostiene la necessità che l’Italia si doti di un Piano Strategico Nazionale del Turismo, in linea con la Strategia 2020 adottata dall’Unione Europea, disciplinato in Italia dalla Legge n. 221 del 2012, di conversione del c.d. Decreto Crescita.

Le Regioni e le Province Autonome lo hanno chiesto fin dal 2010 e lo hanno ribadito nel 2012 ed anche le Associazioni di Categoria ne sono pienamente convinte.

Debole è stato in passato il confronto sul tema in seno al Comitato permanente del turismo>>, per questo le Regioni chiedono <<il ripristino in tale sede del confronto sul tema, partendo dalla bozza redatta sotto il Governo Monti e presentato al Consiglio dei Ministri del 18 gennaio 2013, che ha “preso atto del lavoro istruttorio finora fatto”, attesa la necessità di un’adozione condivisa dei contenuti del Piano stesso>>.

Occorre però un <<aggiornamento del testo, anche alla luce dell’evoluzione avutasi negli ultimi mesi, recependo in primis le osservazioni e le proposte formalizzate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome del 6 dicembre 2012 e, quindi, la definizione di un calendario dei lavori nell’ambito del Comitato permanente prima e della Conferenza Stato-Regioni e Unificata poi, oltre che ricevere risposte certe alle due pregiudiziali sulla riforma del Titolo V della Costituzione e sul tema delle risorse, che continuano ad apparire le principali lacune del testo presentato al Consiglio dei Ministri.

Si ribadiscono infatti alcuni esemplificativi cenni di merito, in particolare le perplessità in merito al richiesto processo di revisione del Titolo V della Costituzione (azione n. 4) e la gestione dei meccanismi di governance, pur apprezzando il segnale di apertura manifestato dal Governo in tal senso>>.

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Le Regioni hanno già sottolineato <<l’inopportunità di tale revisione, attesa la possibilità di ricorrere fin da subito a validi strumenti di concertazione inter-istituzionale, quali le intese e gli accordi tra Governo, Regioni e Autonomie Locali, da adottarsi in Conferenza Stato-Regioni ovvero l’opportunità di avvalersi del Comitato permanente per il coordinamento della materia del turismo>>2. Questa situazione ha gravi deficienze ed è contro producente dal punto di vista del marketing.

Qualche mese prima della riforma del Titolo V della Costituzione, lo Stato aveva emanato una seconda legge quadro in materia di turismo, la numero 135/2001, dove aveva fissato un quadro giuridico per lo sviluppo e la promozione del turismo in Italia.

Gli obiettivi verso i quali il turismo poteva contribuire con questa legge erano molteplici.

Riconosceva gli impatti positivi per lo sviluppo economico e per l’occupazione a livello nazionale, nonché i prodotti locali e i servizi possono contribuire al superamento delle disparità economiche tra le regioni, attenuando il divario dello sviluppo tra regioni settentrionale e regioni meridionali.

Il turismo inoltre è un mezzo per valorizzare e proteggere le risorse culturali attraverso gli investimenti.

La legge 135 inoltre assegnava il compito allo stato di unificare una serie di aspetti del settore tra cui la terminologia, gli standard di comunicazione, le professioni e gli standard minimi di qualità.

La legge in questione tuttavia lascia un ruolo centrale alle regioni, poiché la maggior parte delle disposizioni possono e devono realizzarsi soltanto con l’intervento regionale.

Lo stato si ritaglia il ruolo di pianificazione e promozione al fine di armonizzare la materia del turismo, ma ben si comprende la necessità di una cooperazione costante tra lo stato e le regioni per applicare le disposizioni dettate dalla legge.

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Un altro grande cambiamento nel settore turismo si ha con la legge 80/2005 con la quale si modifica la denominazione dell’ENIT, che diventa l’Agenzia nazionale del turismo e viene istituito l’Osservatorio nazionale del turismo (ONT).

La legge prevede inoltre che l’ENIT possa istituire delle società da essa controllate.

1.1 Excursus storico del turismo in Italia

Per comprende la struttura attuale del sistema del turismo italiano, occorre delineare le fasi storiche della materia, dalle sue origini ad oggi.

È possibile distinguere quattro grandi fasi storiche del fenomeno turistico.

La prima fase s’individua nella seconda metà del XIX secolo, quando nascono e si formano le prime associazioni che hanno come finalità la promozione del turismo locale e di alcuni settori (termale, balneare, montano). Lo sviluppo del turismo montano fu l’incipit per un’istituzionalizzazione primordiale della materia.

L’interesse per la montagna si radicò nella cultura europea già nel 1700, quando si abbandonò l’idea che fosse un luogo selvaggio e terrifico (come l’avevano dipinta i geografi e i poeti romani per oltre un millennio), lasciando spazio alla rivoluzione scientifica per cui la montagna e l’ambiente naturale divennero il nuovo laboratorio degli esperimenti e delle osservazioni scientifiche.

L’uomo europeo inizia ad osservare le montagne e quindi a scalarle, poiché scalare la montagna aveva acquisito il significato di virtù e così l’alpinismo divenne il precursore del turismo.

I primi scalatori erano spinti da motivazioni di tipo scientifico - conoscitive, quando predominano la percezione estetica, cioè del

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bello ed etica, cioè del buono, così che ben presto divenne la vera e unica ragione.

L’alpinismo cambiò l’immagine della montagna, rendendola una meta attraente, ma rimase una pratica elitaria per poter garantire lo sviluppo di queste località.

Fu comunque per ospitare gli scalatori che nacquero le prime strutture ricettive nei piccoli villaggi alpini. In questo periodo nascono i primi sport invernali, come lo sci3.

Grazie a questa evoluzione dell’immagine della montagna e del suo sfruttamento a fini ludici che nel 1863 nasce il CAI, il Club Alpino Italiano, formato da un gruppo di soggetti privati accomunati da finalità turistiche e ricreative.

Era cambiata, infatti, l’ideologia politico – culturale.

Il nuovo stato aveva l’esigenza di promuovere la conoscenza geografica del nuovo assetto geopolitico della penisola.

Nel 1894 si forma il TCI, il Touring Club Italiano e sempre sul finire del secolo si diffondono sul territorio italiano le PRO LOCO.

In Italia si formano tre tipologie di organizzazioni diverse che hanno le stesse finalità, cioè la promozione del turismo, e l’essere nate grazie all’iniziativa di privati cittadini che si sentono soggetto politico e colsero l’occasione di crescita investendo sulla promozione di un nuovo settore.

In questo periodo storico non bisogna dimenticare lo sviluppo delle scienze mediche e della salute psicofisica che si serviranno dei benefici derivanti dalle acque termali e balneari per le nuove scoperte terapiche.

Lo stato percepisce la necessità di dover intervenire per regolamentare e disciplinare il neonato comparto.

I primi interventi statali in materia turistica si hanno nel XX secolo e progressivamente si accentueranno.

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La prima azione statale fu di natura fiscale ed ebbe luogo nel 1910 con l’istituzione della tassa di soggiorno che prevedeva che i Comuni dotati di stabilimenti per finalità ludiche potessero applicare una tassa ai turisti che vi soggiornavano per più di cinque giorni. Questo primo intervento tributario – fiscale inizialmente poteva essere applicato solo da comuni dotati di strutture di tipo balneari, termali, terapici, ma in seguito sarà applicato da tutti i comuni.

Il secondo intervento statale è riconducibile alla nascita dell’ENIT, nel 1919, con denominazione di Ente Nazionale per l’Incremento dell’Industrie Alberghiere.

Anche quest’azione è di natura economica, in virtù del fatto che il comparto turistico è concepito come settore esclusivamente economico.

L’ENIT nasce dunque come organo di supporto allo sviluppo economico delle industrie turistiche, il primo ente pubblico turistico, dotato di personalità giuridica, avente propria autonomia e sottoposto al controllo del Ministero dell’Industria.

Le sue funzioni sono quelle di svolgere attività di studio e di tipo propositivo, cioè può avanzare proposte di intervento al governo. Questa prima fase storica del turismo italiano si conclude con l’istituzione di un nuovo organismo.

Nel 1926 nascono le AACST, Aziende Autonome di Cura e Soggiorno Turismo, che rappresentano la capacità dello stato di promuovere il turismo a livello locale.

Il turismo inizia dunque a rappresentare un settore dell’economia statale, ma gli interventi risultano ancora disomogenei e non integrati con una politica di settore.

La seconda fase di evoluzione storica del turismo comprende tutto il ventennio fascista.

Il turismo diventa un comparto sul quale si pone l’attenzione del legislatore statale.

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Le azioni vengono finalizzate e motivate da problemi di pubblica sicurezza o legati ad aspetti economici, assumendo il ruolo propagandistico, conseguenza del programma totalitario e rivoluzionario del regime fascista.

Il nuovo regime assolve a quell’esigenza di un centro istituzionale che riorganizzi il progresso avvenuto tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento.

Il primo intervento di questa fase è legato all’istituzione del Commissariato al Turismo nel 1931, un organo del governo, un soggetto pubblico che ha competenze specifiche in materia di turismo, che però, a differenza dell’Enit, è un organo di tipo esecutivo.

Le funzioni del Commissariato al Turismo verranno poi assorbite dal Ministero della Cultura Popolare nel 1937, che ha il compito di svolgere una propaganda politica e culturale.

Il secondo importante intervento statale risale al 1934, quando nascono le EPT, Enti Provinciali per il Turismo, che svolgono in parallelo, secondo il dualismo tipico del regime fascista, le stesse funzioni delle AACST.

Sono entrambi soggetti pubblici, entrambi dipendenti dal governo italiano e sono diffuse sul territorio nazionale per la promozione dell’Italia su scala provinciale o comunale.

Viene a delinearsi la prima struttura pubblica del turismo che vede al vertice il Commissariato al turismo, poi assimilato dal Ministero della Cultura Popolare che gestisce e coordina le EPT (su scala provinciale) e le AACST (su scala comunale), ma non esiste ancora una politica omogenea e integrata del turismo.

Con la caduta del fascismo si apre la terza fase di questa evoluzione dell’assetto del turismo in Italia.

I governi provvisori avevano smantellato alcune strutture pubbliche tipiche del regime fascista, così nel 1944 fu eliminato il Ministero della Cultura Popolare, organo di espressione della propaganda

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fascista, sostituito da un nuovo Commissariato del Turismo che fungeva da riferimento governativo del settore.

Nel 1948 entra in vigore la Costituzione con il relativo articolo 117, con il quale il turismo diventa materia concorrente tra Stato e Regioni.

Le regioni ordinarie in questa fase non esistono ancora, poiché diverranno operative solo nel 1970, così si verifica un congelamento della Costituzione.

Le regioni sono titolari della materia turismo ma di fatto non esistono.

Questa fase storica è caratterizzata da un boom economico e da un benessere generale che amplifica il turismo su scala nazionale e internazionale.

Le persone hanno una capacità di spesa maggiore e dunque la possibilità di dedicarsi a pratiche ludiche.

Il territorio italiano diventa un’attrattiva turistica, così che diventa necessario un intervento statale per regolamentare il settore, poiché le regioni non erano ancora state costituite.

Il primo intervento di questa terza fase è l’approvazione della legge 617 del 1959, con la quale si istituisce il Ministero del Turismo e dello Spettacolo.

Nasce dunque la prima struttura ministeriale esclusivamente competente in materia di turismo, una branchia dell’amministrazione pubblica che deve operare nel settore e che ha un linearità politica. Questa fase è caratterizzata da un’imprenditoria libera, in grado di dotarsi delle strutture che preferisce, e che ha portato ad una devastazione del territorio, in quanto non esiste un organo ministeriale che abbia responsabilità in materia e che dunque detti delle linee guida nella pianificazione territoriale.

Doveva essere un progetto temporaneo per colmare il vuoto derivante dal congelamento costituzionale, un organo di passaggio nell’attesa che fossero istituite le regioni.

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Di fatto accadde che il Ministero del Turismo e dello Spettacolo sopravvivrà alla nascita delle regioni e con il quale quest’ultime entreranno in contrasto.

La legge 617/59 oltre ad istituire il Ministero, attribuiva al governo la possibilità di approvare decreti legislativi grazie ad una delega. Nel 1960 ne furono approvati quattro:

• Il 1041 prevedeva la riorganizzazione dell’ENIT. Cambia la sua denominazione in Ente Nazionale Italiano per il Turismo ma cambia anche il significato sostanziale, perché il turismo non è più visto come fenomeno prettamente economico, ma come fenomeno più ampio, che ha ricadute anche sul piano sociale e culturale. Le funzioni dell’Enit si riducono, accrescendo la sua dipendenza dal Ministero.

• Il 1042 interviene sull’organizzazione delle EPT. • Il 1043 interviene sull’organizzazione delle AACST.

• Il 1044 costituisce un nuovo organo consultivo del ministero, chiamato Consiglio Centrale per il Turismo.

La struttura che si viene a delineare vede al vertice il Ministero del Turismo, che viene affiancato e da cui dipendono l’Enit, organo di promozione, e il Consiglio Centrale per il Turismo, organo di sostegno.

Il turismo è passato dunque da una prima fase in cui nascono le prime organizzazioni su spinta di privati cittadini, seguito da un primo intervento statale di tipo fiscale e un secondo intervento sempre di natura economica con la nascita dell’Enit.

Entrambi gli interventi sono disomogenei e non integrati con una politica di settore.

Con l’arrivo del fascismo si definisce un centro istituzionale, ma non si percepisce ancora una politica omogenea.

La prima linearità politica del settore turistico si ha dunque solo nel 1959 con la nascita del Ministero del Turismo e dello Spettacolo,

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sintomo di un’attenta valutazione sull’importanza che questo settore ha per l’economia del Paese.

Lo Stato ha sempre cercato di trattenersi alcune funzioni, proprio per l’importanza percepita a livello pubblico del comparto turistico sugli impatti economici e sociali complessivi.

La quarta fase dell’excursus storico legislativo si apre con la costituzione delle Regioni ordinarie nel 1970.

Nel 1972 si ha un primo trasferimento di funzioni dallo stato alle regioni, ma con la tecnica del ritaglio, lo stato trattiene, cioè si ritaglia, alcuni poteri, così che le regioni hanno ancora un ruolo marginale in materie che invece le vedrebbe co-protagoniste.

Le regioni reclamano uno spazio maggiore che gli è riconosciuto dalla Costituzione e ciò costringe lo stato ad effettuare un secondo trasferimento di funzioni nel 1975.

La tecnica del ritaglio viene abbandonata, il trasferimento è più effettivo e le regioni non dovrebbero più avere un ruolo marginale. Lo stato ha funzioni di indirizzo, di coordinamento, di controllo, di gestione e di regolamentazione dell’attività turistica solo di rilevanza internazionale, ma la struttura ministeriale resta invariata.

Agli inizi degli anni ottanta avvengono i primi interventi delle regioni in materia di turismo, su spinta della prima legge quadro emanata dallo Stato italiano nel 1983.

Si percepisce a livello statale e regionale un bisogno di regolamentazione del settore turistico, materia che vede i due livelli di governo concorrenti.

La legge quadro 217/83 ha rappresentato per anni il punto di riferimento normativo del comparto turistico italiano: fissava per la prima volta una serie di norme generali, uguali in tutto il paese, che costituivano l’ambito nel quale le Regioni avrebbero provveduto in seguito a regolamentare, emanando proprie leggi.

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• L’organizzazione locale del settore: affida alle regioni il compito di individuare nel territorio ambiti turisticamente rilevanti dove istituire le APT, Aziende di Promozione Turistica, organismi tecnici e operativi della regione e le IAT, degli uffici d’informazione e accoglienza turistica a livello locale, decretando lo scioglimento delle altre strutture pubbliche di rilevanza turistica, le EPT e le AACST.

• Le strutture ricettive, che venivano suddivise in alberghiere ed extralberghiere, per tutto il settore venivano indicate delle norme, che dovevano essere rispettate su tutto il territorio nazionale.

• Le agenzie di viaggio, per tutte era previsto l’obbligo dell’autorizzazione regionale per lo svolgimento dell’attività e la presenza di un direttore tecnico abilitato dalla stessa regione.

• Redige un elenco delle attività e delle professioni turistiche. • Le associazioni senza scopo di lucro, per le quali era prevista

la possibilità di organizzare e vendere servizi turistici solo ai soci e con particolari controlli.

Come previsto dalla suddetta legge, le Regioni, dotate di un margine di autonomia, hanno legiferato creando una loro normativa diversificata e a tratti contraddittoria.

Appare una regolamentazione disomogenea e non integrata in una politica di sviluppo strategico.

I principi generali proposti dalla legge quadro sono stati recepiti dalle regioni con tempistiche differenti e soprattutto con diversi contenuti, non consentendo di conseguenza un’armonizzazione del quadro normativo regionale e nazionale.

Alcune regioni impugnarono la legge quadro dello stato perché ritenuta troppo invasiva.

La pronuncia della Corte arriverà nel 1986 con una sentenza, dove si ritiene la legge conforme alla Costituzione.

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Le contestazioni d’incostituzionalità vengono superati grazie al fatto che la legge quadro non stabiliva un termine entro il quale le Regioni sarebbero dovute intervenire.

I contenziosi tra Stato e Regioni diventano una prassi strutturale che mira al consolidamento dei poteri regionali.

Accadde che molte regioni non hanno dato attuazione ai principi generali espressi dalla legge 217/83 così che hanno mantenuto l’assetto originario senza introdurre cambiamenti.

Le regioni avvertono ancora la presenza massiccia dello Stato e rivendicano il loro ruolo preponderante, così che chiedono un Referendum popolare abrogativo affinché venga soppressa la struttura ministeriale.

La Corte Costituzionale accetta la richiesta e nel 1993 il corpo elettorale si esprime favorevole all’abrogazione del suddetto ministero.

L’abolizione della struttura ministeriale attraverso il referendum non corrispose al suo immediato smantellamento.

Fino al 1995, infatti, il Ministero venne mantenuto attraverso decreti legge e alla loro reiterazione.

Le competenze governative furono oggetto di migrazione costante nelle strutture amministrative dello stato.

All’interno del governo venne costituito il Dipartimento del turismo, nell’ambito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ritenuta la collocazione ideale poiché organo al di sopra delle parti e che dunque fosse adatta per gestire la funzione di coordinamento delle competenze di settore esercitate da Regioni ed Enti Locali.

Nel 1999, secondo quanto previsto dalla prima legge Bassanini (59/1997) per cui furono riorganizzati la Presidenza del Consiglio e i Ministeri, il Dipartimento venne sostituito dalla Direzione Generale del Turismo presso il Ministero dell’Industria, del commercio e dell’artigianato, che fu successivamente trasformato nel Ministero delle Attività Produttive.

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Negli anni duemila prende piede il dibattito che vede contrapporsi due diverse concezioni sui rapporti di funzioni tra le Regioni e lo Stato.

Una fazione spingeva per un decentramento di poteri alle regioni più accentuato, mentre l’altra fazione esprimeva la necessità di bilanciare i comportamenti tra le regioni stesse, poiché era prioritaria l’esigenza di creare un’offerta omogenea in tutto il paese.

Da queste visioni contrapposte nacquero due importanti interventi legislativi:

• La legge costituzionale di revisione del Titolo V, la legge del 18 ottobre 2001 n. 3.

• La riforma della legislazione nazionale del turismo, la legge del 29 marzo 2001 n. 135, cioè la seconda legge quadro; La legge quadro 135/2001 abbandona la rigidità della prima, elaborando un impianto flessibile che risponda alla dinamicità del settore turistico. Mette in luce la natura culturale e sociale del turismo, fino ad allora considerato un fenomeno essenzialmente economico.

Enuclea un diritto del cittadino al turismo, mirando a favorirne l’accesso anche alle classi disagiate.

L’attenzione è rivolta ai diritti del turista, proponendo al Ministero di redigere una carta del turista e prevede la creazione di Commissioni Arbitrali nelle Camere di Commercio per tutelare la posizione del turista rispetto a chi offre servizi turistici.

Si afferma come principio cardine quello della sussidiarietà verticale e orizzontale e di leale collaborazione (adeguatezza e differenziazione) tra i vari livelli pubblici e tra i soggetti pubblici e privati.

Abbandona l’idea di costituire le APT senza indicare strutture alternative e quindi lasciando margine decisionale alle singole regioni.

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Introduce il concetto di STL, Sistema Turistico Locale, cioè un contesto territoriale omogeneo, caratterizzato da un’offerta turistica integrata.

Viene prevista la creazione di un nuovo organo statale: la Conferenza Nazionale del Turismo, una struttura che si riunisce ogni due anni per aggiornare e definire delle linee guida della politica turistica statale.

È un organo a composizione mista, a cui prendono parte rappresentanti pubblici e privati, poiché ha carattere consultivo. Con la riforma del Titolo V la materia turismo diventa però di competenza residuale, così che lo Stato non è più legittimato ad emanare leggi quadro.

Le regioni impugnarono la legge 135/2001 perché considerata incostituzionale, ma pochi mesi dopo il 2002 il governo ha approvato un regolamento a cui la legge quadro rinviava e che fissava nel dettaglio i principi contenuti nella suddetta legge.

Accadde che le regioni impugnarono solo la legge e non il regolamento, poiché quest’ultimo prevedeva che lo stato trasferisse dei fondi alle regioni per le attività turistiche.

Così nel 2002 la sentenza della Corte Costituzionale dichiarò la legge 135/2001 non in contrasto con la Costituzione per due ordini di ragioni: la legge 135 viene valutata rispetto al testo costituzionale che era in vigore nel momento in cui la legge è entrata nell’ordinamento e dunque conforme in virtù del principio di continuità normativa ed inoltre rimane applicabile finché le regioni non avranno elaborato proprie leggi in materia.

Nel 2005 viene emanata un’altra legge, la numero 80, riguardante la riorganizzazione dell’ENIT, che cambia la denominazione in Agenzia Nazionale per il Turismo, non è più un ente pubblico, ma riceve finanziamenti pubblici, è dotato di autonomia gestionale e sottoposta al controllo della Corte dei Conti.

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Nello stesso anno viene creato il Comitato Nazionale per il turismo che ebbe da subito vita difficile, tanto che dopo una serie di ricorsi alla Corte Costituzionale da parte di alcune regioni, fu istituito solo nel 2006 e con un nome differente, Comitato per le politiche turistiche.

Nello stesso 2006, con le elezioni politiche e il cambio di legislatura, le mansioni in precedenza attribuite al Ministero delle Attività Produttive, furono assegnate al Ministero per i Beni e le Attività Culturali e tre mesi più tardi fu istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo in sostituzione della Direzione Generale del Turismo. Nel 2008 è stata creata la Struttura di Missione per il rilancio dell’immagine dell’Italia, che ha il compito specifico di occuparsi del rafforzamento internazionale del brand Italia.

Il 2009 ha visto l’importante reintroduzione del Ministro del Turismo, seppur senza portafoglio, a capo del Dipartimento, il quale rafforza la funzione di coordinamento e sottolinea come il suo ruolo non possa essere quello di mero affiancamento delle iniziative regionali e locali.

Nel luglio del 2010 è stato istituito il Comitato permanente di coordinamento in materia di turismo, allo scopo di favorire e migliorare il dialogo e il coordinamento tra Stato e regioni italiane. Nel 2012 il governo Monti ha soppresso il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, affidandone le competenze al Dipartimento per gli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport4.

Il Dipartimento per gli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport acquista le funzioni in materia di turismo da esercitare attraverso il nuovo Ufficio per le politiche del turismo, con D.P.C.M. del 21 giugno 2012, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 27 luglio5.

Nel 2013 il governo Letta ha affidato le competenze e le funzioni in materia turistica al Ministero dei beni e delle attività culturali, con

4 http://it.wikipedia.org/wiki/Dipartimento_per_lo_sviluppo_e_la_competitività_del_turismo 5 http://www.governo.it/Presidenza/DSCT/

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legge 24 giugno 2013, n. 71, che cambia la denominazione in Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MiBACT)6. L’ultima revisione della struttura del MiBACT è stata ad opera del DPCM 28 febbraio 2014 recante "Regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e dell'organismo indipendente di valutazione della performance"7. L’attuale ministro del turismo, Dario Franceschini del governo Renzi, ha recentemente emanato il Decreto Cultura, dove sono delineate alcune azioni d’intervento per il settore dei beni culturali e del turismo.

La storia travagliata della legislazione del turismo italiano evidenzia la complessità di questo comparto e la difficoltà di adattamento ai cambiamenti, sintomo di un bisogno d’intervento sulla struttura organizzativa a tutti i livelli, che non può più essere rimandata se l’Italia vuole tornare ad essere competitiva nel panorama internazionale. 6 http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/MenuPrincipale/Ministero/La-struttura-organizzativa/ 7 http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/MenuPrincipale/Ministero/La-struttura-organizzativa/

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1.2 Struttura organizzativa dell’amministrazione nazionale del turismo

L’organizzazione e la Governance del turismo in Italia assume una forma articolata e complessa a seguito della Riforma del Titolo V e alle successive integrazioni legislative.

Tali modifiche costituzionali in materia di sussidiarietà e decentramento amministrativo hanno fatto emergere l’esigenza di potenziare le funzioni di Regioni ed Enti Locali quali attori fondamentali in un nuovo piano organico dell’assetto istituzionale della Repubblica, nel quale il livello territoriale agisce attivamente per lo sviluppo delle attività culturali, turistiche ed economiche, riconoscendone così una rilevanza innegabile.

Ciò nonostante, il decentramento amministrativo, se da una parte ha fatto lievitare l’ammontare di risorse ordinarie e straordinarie riservate alla promozione economica dei territori, incrementando le risorse finanziarie disponibili, dall’altra ha portato ad un frazionamento del processo decisionale inerente gli aspetti legati alla promozione dell’immagine del nostro paese, polverizzando la spesa di Regioni ed Enti Locali e producendo una moltitudine di brand locali.

Oltre alla classica promozione del Brand Italia, infatti, in anni recenti abbiamo assistito all’incremento del numero di territorio più o meno ampi che in modo autonomo svolgono azioni di promozione sui mercati internazionali, portando ad una frammentazione dell’immagine dell’Italia all’estero e dunque generando confusione nei potenziali turisti stranieri, provocando inefficacia sull’attrattività. Infatti, ogni destinazione o singolo operatore che ha colto le potenzialità economiche del turismo ha tentato un’azione di penetrazione promuovendo esclusivamente la parte del paese direttamente collegata ai suoi interessi particolari.

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Alla palese mancanza di un coordinamento strategico su scala nazionale, si somma anche quella a livello regionale, essendo, infatti, assente sia di una strategia promozionale organica ed unitaria sul territorio che un coordinamento regionale che favorisca un’integrazione fra pubblico e privato.

È evidente come manchi sia un coordinamento fra i diversi livelli amministrativi dei territori, sia all’interno dello stesso ente e fra i diversi settori.

Così ad esempio può accadere che il settore dell’agroalimentare, nel promuovere i prodotti tipici, non interagisca con il turismo e la cultura, comportando non solo uno spreco di risorse, ma anche una mancanza di efficacia nelle azioni svolte.

Dal 2006 la responsabilità generale della materia viene conferita alla Presidenza del Consiglio dei Ministri che opera e agisce mediante il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, una struttura che ha gestito operativamente il turismo in Italia.

Il Dipartimento aveva il compito di applicare le politiche del governo centrale.

Oggi le sue funzioni sono state assorbite dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.

Nel 2009 il Consiglio dei Ministri ha rafforzato il suo ruolo di coordinamento del Dipartimento attraverso l’istituzione di un Ministro senza portafoglio.

Il ripristino della figura del ministro dimostra la volontà del governo di tenere in considerazione le questioni di politica turistica durante le riunioni del Consiglio dei ministri.

Di seguito ho descritto la struttura pubblica della governance del turismo dell’Italia.

Il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo operava attraverso due uffici dirigenziali: l’Ufficio per la programmazione, il coordinamento e le relazioni istituzionali e l’Ufficio per la

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valorizzazione del patrimonio di interesse turistico e per la gestione degli interventi.

Entrambi gli Uffici erano composti da sotto-uffici con compiti e responsabilità in diversi ambiti.

L’Ufficio per la programmazione, il coordinamento e le relazioni istituzionali era responsabile della programmazione, delle strategie e delle iniziative turistiche a livello nazionale ed europeo, con funzioni di coordinamento e di responsabilità per le azioni dell’Enit.

Assolveva i compiti di assistenza e sostegno a regioni ed enti locali, al settore privato (imprese e associazioni) ed era responsabile dello sviluppo e del mantenimento delle relazioni internazionali e con l’Unione Europea.

Di quest’ufficio faceva parte l’Osservatorio Nazionale del turismo che si occupa di raccogliere e distribuire informazioni in ambito turistico. L’Ufficio per la valorizzazione del patrimonio d’interesse turistico e per la gestione degli interventi si occupava della gestione dei progetti turistici nazionali, fornendo sostegno alla domanda turistica, promuovendo gli investimenti in Italia e all’estero e partecipando a progetti cofinanziati dall’Unione Europea.

Il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo era affiancato non solo dall’Enit ma anche dalla Conferenza delle Regioni che opera attraverso il Comitato permanente di coordinamento in materia di turismo.

Oggi il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo è stato soppresso e tutte le competenze e le funzioni sono state assorbite dal MiBACT.

L’organigramma della struttura del turismo italiano oggi appare come nel grafico che di seguito è stato riportato8.

8 Fonte:

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Figura 1 Organigramma della struttura organizzativa del MiBACT. M INIS T RO GA B IN E T T O U F F IC I D I D IR ET T A C O LL ABO R AZ IO N E D EL MI N IST R O C O M AN D O C AR ABI N IER I PER L A T U T EL A D EL PAT R IM O N IO C U L T U R AL E C O N SU L T A PER L O SPET T AC O L O C O N SI G L IO SU PER IO R E PER I BEN I C U L T U R AL I E PAESAG G IS T IC I D IR EZ IO N E G EN ER AL E PER IL PAESAG G IO , L E BEL LE AR T I, L'AR C H IT ET T U R A E L'AR T E C O N T EMPO R A N EE D IR EZ IO N E G EN ER AL E PER L E AN T IC H IT A' D IR EZ IO N E G EN ER AL E PER G LI AR C H IVI D IR EZ IO N E G EN ER AL E PER L E BI BL IO T E C H E , G LI IST IT U T I C U LT U R AL I ED IL D IR IT T O D 'AU T O R E D IR EZ IO N E G EN ER AL E PER IL C IN EMA D IR EZ IO N E G EN ER AL E PER L O SPET T AC O LO D AL VI VO AR C H IVI O C EN T R AL E D EL LO ST AT O SO PR IN T EN D EN Z E PER I BEN I AR C H EO LO G IC I IST IT U T O C EN T R AL E PER IL R EST AU R O E LA C O N SER VAZ IO N E D EL MAT ER IAL E AR C H IVI ST IC O E LI BR AR IO SO T T O SEG R ET AR I BI BL IO T EC A N AZ IO N AL E C EN T R AL E D I R O MA IST IT U T O C EN T R AL E PER IL C AT AL O G O E LA D O C U MEN T AZ IO N E IST IT U T O SU PER IO R E PER LA C O N SER VAZ IO N E ED IL R EST AU R O C EN T R O PER IL L IBR O E LA LET T U R A IST IT U T O C EN T R AL E PER IL C AT AL O G O U N IC O D EL LE BI BL IO T EC H E IT AL IAN E E PER L E IN F O R MAZ IO N I BI BL IO G R AF IC H E IST IT U T O C EN T R AL E PER G LI AR C H IVI CO M IT A T I T EC N IC O -SC IEN T IF IC I D IR EZ IO N E G EN ER AL E PER L'O R G AN IZ Z AZ IO N E, G LI AF F AR I G EN ER AL I, L'I N N O VAZ IO N E, IL BI LAN C IO ED IL PER SO N AL E SO PR IN T EN D EN Z A AL MU SEO N AZ .L E PR EI ST O R IC O ED ET N O G R AF IC O "L . PI G O R IN I" IST IT U T O N AZ IO N AL E PER L A G R AF IC A SO PR IN T EN D EN Z A AL LA G AL LER IA N AZ IO N AL E D 'AR T E MO D ER N A E C O N T EMPO R A N EA SO PR IN T EN D EN Z A SPEC IAL E PER I BEN I AR C H EO LO G IC I D I PO MPEI , ER C O LAN O E ST ABI A D IR EZ IO N I R EG IO N AL I PER I BEN I C U LT U R AL I E PAESAG G IST IC I O PI F IC IO D EL LE PI ET R E D U R E SO PR IN T EN D EN Z E SPEC IAL I PER IL PAT R IMO N IO ST O R IC O , AR T IST IC O ED ET N O AN T R O P O LO G IC O E PER I PO LI MU SEAL I MU SEO N AZ IO N AL E D 'AR T E O R IEN T AL E SEG R ET AR IAT O G EN ER AL E SO PR IN T EN D EN Z A SPEC IAL E PER I BEN I AR C H EO LO G IC I D I R O MA IST IT U T O C EN T R AL E PER L A D EMO ET N O A N T R O PO L OGIA SO PR IN T EN D EN Z E AR C H IVI ST IC H E D EL LE R EG IO N I SI C IL IA E T R EN T IN O AL T O AD IG E AR C H IVI D I ST AT O D I C AT AN IA E PAL ER MO IST IT U T O C EN T R AL E PER I BEN I SO N O R I E AU D IO VI SI V I BI BL IO T EC A N AZ IO N AL E C EN T R AL E D I F IR EN Z E BI BL IO T EC H E ST AT AL I AR C H IVI D I ST AT O MU SEI SO PR IN T EN D EN Z E PER I BEN I AR C H IT ET T O N IC I E PAESAG G IST IC I SO PR IN T EN D EN Z E PER I BEN I ST O R IC I, AR T IST IC I ED ET N O AN T R O P O LO G IC I SO PR IN T EN D EN Z E AR C H IVI ST IC H E AR T IC O L AZ IO N E D I.. . UF F ICI O A M M N. CE NT R. UF F ICI O A M M N. P E RI F . OR GA N O CO NS UL T IV O U F F IC IO D I AL T R A AM M IN IS T R A Z IO N E OR GA N O P OL IT IC O At tiv ità c o n su lti va Di p e n d e n za ger ar chi ca Di p e n d e n za fu n zi o n a le Legenda D IR EZ IO N E G EN ER AL E PER L A VAL O R IZ Z AZ IO N E D EL PAT R IMO N IO C U LT U R AL E O IV -O R G AN ISMO IN D IPEN D EN T E PER L A VAU T AZ IO N E D EL LA PER F O R MAN C E D IR EZ IO N E G EN ER AL E PER L E PO LI T IC H E D EL T U R ISMO G R AN D E PR O G ET T O PO MPEI

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Da tale frammentazione di competenze e di attività dell’organizzazione della struttura del settore turistico si evince la compresenza di molti attori coinvolti.

Negli ultimi anni c’è stata maggiore attenzione alle politiche turistiche, anche se queste non sempre sono state integrate ad una strategia di sviluppo complessiva, nonostante il settore coinvolga trasversalmente tutte le materie di governance di un paese, come dimostra il modello di competitività dei seven drivers.

La pluralità di soggetti coinvolti nelle politiche turistiche riguardano quasi tutte le aree amministrative, sia orizzontalmente sia verticalmente, basti pensare ai vari ministeri (dei trasporti, delle infrastrutture, dell’istruzione e della formazione, ecc…) e ai vari livelli di governo (nazionale, regionale e locale).

A seguito del decentramento dei poteri, appare ancora più necessario attuare un coordinamento capace di mettere in atto una strategia di sviluppo a lungo termine.

I soggetti economici che sono maggiormente coinvolti sono le microimprese.

Infatti, il turismo italiano è caratterizzato dalle piccole medie imprese, spesso a gestione famigliare e quindi in assenza di un sostegno a livello paese non sono in grado di rendersi competitive nei mercati internazionali per scarsità di risorse, non solo economiche, ma anche in termini di capitale umano.

Il collegamento tra soggetti politici e soggetti economici è dunque debole.

Coordinamento, collaborazione e comunicazione sono le parole chiave per implementare le politiche turistiche ai vari livelli e con una strategia di sviluppo nazionale.

Come evidenziato anche dall’OCSE, la politica a lungo termine dovrebbe:

• Adottare un approccio amministrativo integrato, coinvolgendo tutti i soggetti interessati a uno sviluppo del turismo;

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• Definire chiaramente priorità e temi strategici per l’impegno dell’Italia a favore del turismo;

• Enunciare con chiarezza i piani dell’Italia volti a sostenere lo sviluppo turistico nel sud e a rafforzare il suo impegno di collaborazione con le regioni.9

In conclusione si può dedurre come dalla riforma costituzionale del 2001 sia derivata un’aumentata autonomia legislativa regionale non associata ad un’efficace funzione di coordinamento a livello centrale, da cui è così scaturito uno scenario turistico italiano che si differenzia sensibilmente in merito a: forme e modelli di organizzazione territoriale, definizione e disciplina delle imprese e delle professioni turistiche, organismi e modalità di vigilanza e organizzazione delle attività promozionali.

Dove i paesi competitor dell’Italia sono contraddistinti da strutture organizzative gerarchiche che permettono di combinare la dimensione locale con quella nazionale mediante molteplici e differenti forme di coordinamento delle iniziative locali e globali, il comparto turistico italiano si è sviluppato a macchia di leopardo, presentando una differenziazione dei vari contesti regionali – sotto il profilo organizzativo, strategico e promozionale – che ne limita la possibilità di misurarsi efficacemente sui palcoscenici internazionali. Appare evidente come risulti imprescindibile sviluppare forme più articolate di coordinamento che permettano il rafforzamento di un’immagine unitaria del sistema turistico italiano e al tempo stesso la definizione di percorsi di sviluppo locali volti a fronteggiare le sfide dei mercati internazionali.

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1.3 Le professioni del settore turistico: risorse critiche

Le risorse umane hanno in tutti i settori economici particolare importanza per il loro diretto contatto con il prodotto e per la loro necessaria interazione nell’erogazione di un servizio.

Nel campo turistico dove il prodotto assume la forma di servizio le risorse umane sono indispensabili e fanno parte del cuore del business.

Un territorio più competitivo si presta per la nascita di nuove imprese e per lo sviluppo di quelle esistenti, accrescendone il loro grado di competitività e allo stesso modo il miglioramento di competitività delle imprese rende più attrattivo un dato territorio.

Questo ragionamento è valido soprattutto nel settore del turismo, data la forte contestualità fra domanda e offerta e l’interdipendenza fra le scelte del soggetto pubblico e le decisioni a livello imprenditoriale.

Non è possibile immaginare che le scelte di promo-commercializzazione di un territorio a livello pubblico siano indipendenti dalle strategie degli operatori turistici che insistono su una determinata area geografica; né è pensabile il viceversa.

Nasce la necessità di riconoscere il ruolo professionale degli operatori turistici, materia nella quale il nostro paese è miope.

Questa necessità è legata ad un miglioramento dell’equilibrio tra domanda e offerta nel settore dell’istruzione e della formazione turistica, tanto che nel 2009 il Ministro del turismo italiano ha istituito un Comitato per la razionalizzazione della formazione turistica e la promozione della cultura dell’ospitalità.

Tale Comitato ha lavorato sui temi quali l’offerta formativa turistica erogata in Italia da scuole secondarie, università e istituti professionali.10

(31)

La miopia della governance in ambito di professionalità turistiche non permette una più ampia competitività del turismo, che non è assimilabile a un settore a sé stante, ma è piuttosto un comparto al cui interno ricadono settori e business di natura diversa.

Per comprendere la situazione delle professioni turistiche in Italia oggi e delle lacune esistenti nel sistema formativo ho svolto un’analisi storica e legislativa.

Ho poi svolto una ricerca sui corsi di laurea esistenti e sugli sbocchi professionali.

1.3.1 L’evoluzione delle professioni turistiche

Il primo intervento legislativo sulle professioni turistiche risale al XIX secolo ed è ricavabile da una norma emanata nel 1888 in riferimento ai Mestieri Girovaghi.

La finalità era quella di sottoporre l’attività al controllo pubblico degli organi di polizia.

La norma confluirà nel 1931 nel TULPS, un testo unico riguardante le leggi sulla pubblica sicurezza.

Nel testo unico viene subordinato l’esercizio del mestiere del girovago al rilascio di un apposito certificato di affidabilità morale. La disciplina rimane immutata fino agli anni ’70, quando iniziano i processi di regionalizzazione poiché non si avverte l’esigenza di riconoscere un ruolo di rilievo a livello turistico.

Con i processi di regionalizzazione si riconosce la professione turistica e si regolamenta la materia con la finalità di valorizzare e favorire lo sviluppo del settore turistico.

Viene attribuita ai Comuni la competenza a rilasciare licenze per l’esercizio di attività alle guide turistiche, agli interpreti e ai portatori alpini.

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Lo scopo di pubblica sicurezza, dunque viene attenuato e passa in secondo piano rispetto al passato.

La prima regolamentazione a livello nazionale si ha con la legge quadro n. 217/1983, con la quale si introduce la disciplina di nuove figure professionali e non si considerano le professioni turistiche come dei mestieri.

Il legislatore statale individua dieci professioni che si possono suddividere in tre gruppi:

• Professioni turistiche di maggiore tradizione: la guida turistica, che ha il compito di illustrare le caratteristiche di un determinato sito; l’accompagnatore turistico, fornisce informazioni di carattere generale sui luoghi di passaggio e accompagna i turisti durante gli spostamenti; e l’ interprete turistico.

• Professioni che trovano nella legge quadro un primo riconoscimento: l’animatore turistico, un soggetto che si occupa di organizzare il tempo libero dei turisti attraverso attività ricreative, sportive o culturali; e l’organizzatore congressuale, colui che professionalmente si occupa di organizzare manifestazioni di carattere congressuale.

• Professioni caratterizzate da attività turisticamente rilevanti, ma che attengono a discipline sportive e come tali richiedono delle competenze tecniche specifiche: maestro di sci, guida alpina, portatore alpino, istruttore nautico e guida speleologica.

Le regioni, di fatto, non si sono sentite vincolate dalla legge quadro, e hanno esteso l’elenco delle figure professionali in base alle esigenze delle tipologie di turismo tipiche del territorio.

In molte regioni viene disciplinata la figura del direttore d’albergo, della guida naturalistica, dell’ operatore subacqueo (Liguria) e dell’accompagnatore o assistente equestre, quest’ultima introdotta da Sardegna, Piemonte e Umbria.

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Si osserva che le Regioni non hanno avvertito l’esigenza di mettere una limitazione numerica alle tipologie di professioni e ciò è contrario a qualsiasi logica di marketing delle professioni.

Una particolare specificazione da fare è relativa al maestro di sci e alla guida alpina.

La legge si orienta per una vera e propria professionalizzazione di entrambe, proprio perché necessitano di competenze tecniche specifiche.

Infatti esistono degli Ordini che supervisionano il corretto esercizio di tali attività, sono degli organi di autogoverno che garantiscono il decoro deontologico delle professioni.

Il vecchio articolo 117 della Costituzione relativo alle materie di competenza inseriva il turismo come materia di potestà legislativa concorrente statale e regionale e dunque le attività professionali nell’ambito turistico erano considerate come parte della materia “turismo e industria alberghiera”.

Il nuovo articolo 117 della Costituzione, a seguito della revisione costituzionale del 2001, posiziona il turismo tra le materie residuali di competenza regionale piena o esclusiva, cioè non soggetta alla legislazione statale di cornice.

La seconda regolamentazione statale si ha con la seconda legge quadro n. 135/2001 emanata pochi mesi prima della legge di revisione costituzionale n. 3/2001.

La legge 135 abbandona lo schema rigido della prima legge quadro, senza enunciare un elenco di professioni turistiche.

La legge si limita a dettare una definizione generale della professione turistica: “s’intende un’attività svolta professionalmente,

in modo autonomo, che ha per oggetto la prestazione di servizi a favore dei turisti, un’attività finalizzata a consentire una migliore fruizione del viaggio e della vacanza”.

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Viene rimesso ad un successivo regolamento del governo la specificazione delle professioni, anche se dovranno essere le regioni a legiferarne i dettagli.

È una sorta di delega in bianco a favore delle regioni e che dunque lascia loro un ampio margine di manovra.

Con la riforma del Titolo V si evince la difficoltà di una collocazione della competenza legislativa sulle professioni turistiche, a causa del trasferimento della materia turismo come residuale.

Il dibattito individua due soluzioni: la prima ritiene che in materia di professioni turistiche debba essere l’elemento turismo a prevalere e quindi debba essere di competenza regionale; la seconda si basa sulla necessità di distinguere le professioni turistiche che hanno rilevanza nazionale da quelle che hanno rilevanza soltanto regionale.

La Corte Costituzionale si esprime con sentenza n. 222/2008, sulla spinta della regione Veneto che aveva posto la questione di incostituzionalità riguardo ad una legge approvata dal Parlamento nel 2007.

La regione Veneto è tra le regioni più attive nel portare contestazioni e a porre problemi di incostituzionalità.

La Corte Costituzionale bilancia gli aspetti turismo e professioni, stabilendo che debba essere l’elemento professionale a prevalere e diventa, dunque, di competenza concorrente tra Stato e regioni, in virtù del fatto che la materia delle professioni prescinde dal settore nella quale si esplica.

La prospettiva restrittiva sembrerebbe trarre origine sia da un negativo pregiudizio circa la capacità delle regioni di agire autonomamente, laddove le politiche di maggiore significato e di interesse per lo sviluppo del turismo appaiono proprio quelle intraprese dalle istituzioni regionali; sia dal timore della differenziazione fra ordinamenti regionali, senza considerare però che in un sistema di istituzioni autonome, le distinzioni fra

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ordinamenti sono fisiologiche e possono stimolare la crescita e lo sviluppo complessivo.

Si è propensi a non sottovalutare, bensì, a valorizzare le pronunce di alto profilo istituzionale che collocano il turismo fra le materie di esclusiva competenza regionale, pur se privato del settore delle professioni.

La privazione è motivata per incorporazione del settore nell’omonima materia, piuttosto che per applicazione del principio di sussidiarietà, per annullare un decreto che prevedeva l’accordo fra sole regioni (anziché l’intesa Stato-regioni) per la definizione di requisiti, modalità, criteri per l’esercizio su tutto il territorio nazionale delle professioni turistiche (compresi i relativi esami di abilitazione). Dalle vicende legislative finora esposte, è possibile comprendere le condizioni del mercato del lavoro.

Bisogna, innanzitutto, distinguere tra la figura di operatore turistico e l’imprenditore.

L’operatore turistico dovrebbe essere colui in grado di gestire ed organizzare attività ludiche in modo professionale; ma bisogna fare attenzione che, soprattutto per alcuni business turistici, la moltiplicazione delle nuove iniziative imprenditoriali non sempre si accompagna ad una crescita dei livelli di professionalità del personale.

Per il personale specializzato, l’offerta è limitata, i costi sono elevati e ciò spinge molte imprese a trovare scorciatoie che finiscono per indebolirle sul piano delle competenze, delle professionalità e del know-how necessari per competere efficacemente sui mercati.

In Italia, contrariamente ai paesi competitor, la consulenza specialistica al turismo è ancora un ambito poco sviluppato dei servizi professionali alle imprese.

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1.3.2 Le sfide per l’Italia in materia d’istruzione e formazione

Dalle analisi condotte risulta che è indispensabile che l’Italia rafforzi le lacune del sistema di formazione del comparto turistico per tornare ad essere competitiva.

Gestire queste risorse critiche diventa di fondamentale importanza per il paese per riuscire a tenere il passo con il progresso e con la globalizzazione.

Migliorare questo aspetto porterà l’industria del turismo ad affrontare nuove sfide e ad essere competitiva sui mercati internazionali. Le capacità professionali acquisite con l’esperienza sul campo non sono più sufficienti.

I clienti sono sempre più informati, attenti alla qualità e per questo le imprese dei sevizi hanno bisogno di capacità nuove o più elevate. La formazione deve essere sempre più pluridisciplinare e trasversale.

Il nostro paese dovrebbe favorire la partecipazione dei privati allo sviluppo delle attività d’istruzione e formazione e aumentare il trasferimento di conoscenze dalle università alle imprese.

Le imprese turistiche impiegano un numero ridotto di laureati e un numero molto elevato di persone prive di capacità professionali specifiche al momento dell’assunzione (37%).

Per aumentare la produttività turistica è necessario puntare sulla qualità delle risorse umane, così da poter mantenere la propria competitività come destinazione all’interno del mercato europeo e in particolare ai paesi concorrenti che offrono ai lavoratori retribuzioni più ridotte.

Le retribuzioni del comparto turistico sono tra le più basse nel mercato del lavoro, sintomo di una miopia nella qualificazione delle competenze e dell’attrattività delle carriere.11

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Rafforzare la relazione tra scuola, territorio, imprese e cittadini per migliorare le esperienze di alternanza scuola-lavoro con lo scopo di integrare la didattica tradizionale con le attività extracurriculari, potrebbe essere un modo per superare gli ostacoli della formazione. È indubbio che nel nostro paese manchi un policy mix nella fase di programmazione e attuazione che tenga presente ogni aspetto del settore.

L’Italia non può più aspettare, altrimenti rischia di perdere ulteriori posizioni di mercato nel panorama internazionale.

La formazione di nuove leve nel comparto turistico non significa soltanto creare nuove guide turistiche, nuovi imprenditori alberghieri, nuovi manager di aziende che non riescono ad innovarsi.

Formare nuove risorse umane significa creare persone in grado di supportare le scelte politiche e strategiche in un piano di sviluppo di una linea anche economica, significa introdurre nelle commissioni ministeriali giovani che hanno ben presente la bellezza italiana e che hanno idee per innovare il sistema ormai saturo perché per troppo tempo lasciato ai margini della politica.

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1.4 Agenda del turismo del governo: gli operatori al nuovo governo e le politiche nazionali per il turismo

Nel piano strategico per lo sviluppo del turismo in Italia, Turismo

Italia 2020 Leadership, lavoro, sud, viene analizzata la situazione del

comparto turistico mettendo in luce i punti di forza e i punti di debolezza e cercando soluzioni che possano migliorare la rendita del turismo italiano.

Una linea strategica a lungo termine che impegna lo Stato a colmare le lacune che affliggono il settore.

Nella premessa si dichiara la volontà di consolidare il vantaggio competitivo dell’Italia e di contribuire allo sviluppo dell’economia e alla creazione di nuovi posti di lavoro.

Si prevede anche una monetizzazione delle azioni descritte, tradotte in circa 30 miliardi di Euro di incremento del PIL e in 500.000 nuovi posti di lavoro entro il 2020.

Sempre nella premessa lo Stato si impegna ad aggiornare il piano ogni due anni, con un respiro almeno quinquennale, così da essere lo strumento operativo che faccia da faro sia per le istituzioni statali e regionali sia per i singoli operatori.

Dopo un’analisi del ruolo e del posizionamento dell’Italia nel turismo vengono evidenziati i punti critici per una politica dell’industria turistica.

Le macro criticità messe in luce sono nove:

a) Governance del Turismo

• Si tratta della principale criticità che tutti gli operatori di settore segnalano. Manca una governance centrale forte, necessaria per far accadere le cose in un settore “trasversale”.

• Marginalità del settore turistico nella politica di sviluppo del Paese e frammentazione della catena decisionale tra Governo e autorità regionali/provinciali /comunali.

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• Ministro senza portafoglio, con poche leve e risorse economiche necessarie per guidare in modo efficace lo sviluppo del turismo.

• Scarsa capacità di incidere dell’offerta locale nella competizione globale. • Mancanza di una base di dati affidabile e rapidamente aggiornata e difficoltà di lettura dei dati sul Turismo.

• Assenza di meccanismi strutturati di coordinamento tra Governo, Regioni e Associazioni di categoria orientati a “far accadere le cose”.

• Difficoltà di monitoraggio delle azioni in corso (o da lanciare), degli investimenti e della spesa legata allo sviluppo del Turismo.

La governance è un punto prioritario che l’Italia dovrà presto affrontare se vorrà mantenersi competitiva sui mercati internazionali.

La mancanza di organizzazione a livello centrale comporta disomogeneità dell’offerta con il rischio di infondere confusione e insicurezza nel potenziale turista.

b) Comunicazione e promozione

• Ruolo dell’Agenzia Nazionale del Turismo (ENIT) insufficiente. • Assenza di una promozione coordinata a livello di “Sistema Italia”. • Mancanza di una strategia digitale del Paese per il Turismo.

• Assenza di una “Direzione commerciale Italia” che si occupi di definire le priorità e sviluppare i prodotti chiave (supporto alle Regioni nella progettazione dei prodotti, anche interregionali, e nella definizione dei target economici che si devono raggiungere).

• Utilizzo insufficiente del cinema internazionale per promuovere il turismo in Italia nei Paesi che conoscono meno la cultura italiana.

• Bassa sensibilità verso le conseguenze di comportamenti illeciti e opportunistici per il settore turistico (es. frodi).

• Passività nella comunicazione e nelle Public Relations (es. in fase di gestione delle crisi).

Alla destinazione Italia necessita un brand unico che la distingua sui mercati e che comunichi un’unicità. Accade che ogni destinazione si promuove e spesso le risorse che hanno a disposizione non riescono a raggiungere tutti i potenziali turisti. È fondamentale promuovere e comunicare l’intero sistema Italia, attraverso strategie di Destination branding intese come l’insieme di strategie e di azioni focalizzate a costruire una Unique Destination Proposition (UDP), in

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