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Capitolo 4 Governare con la rete

4.1 Partire con la cultura

La costruzione della rete di governance troverebbe terreno fertile nella cultura.

L’Italia è ricca di attrazioni culturali che da sempre richiamano da tutto il mondo milioni di turisti.

La peculiarità che distingue il cittadino italiano di ogni regione, provincia o città è che nasce immerso in un contesto nel quale si respira cultura.

È stata proprio questa caratteristica a portare il paese a sottovalutare il proprio patrimonio? È stata forse l’abitudine che la cultura fosse presente fin dalla nascita in ognuno di noi a non darle più il valore unico che le spetterebbe? Come mai paesi che hanno patrimoni meno significativi del nostro riescono a valorizzarlo e a dargli l’importanza che si merita?

Certo è che l’abbondanza del patrimonio culturale comporta un maggiore investimento per la sua conservazione e valorizzazione che non è possibile senza il supporto di soggetti privati.

Se è vero che il patrimonio culturale appartiene a ciascun cittadino allora si dovrebbe considerare l’ipotesi che questi partecipino e collaborino per la sua conservazione e valorizzazione.

Lo Stato infatti non può essere lasciato solo nell’erogazione di risorse finanziare a favore del patrimonio culturale, perché non è in grado di intervenire efficacemente su tutte le migliorie di cui necessita.

Attraverso il supporto dei privati si può incrementare la quantità di risorse disponibili per operare sulla conservazione e valorizzazione dei beni culturali.

Partire dalla costruzione di una rete della cultura, non solo per incentivare relazioni finanziare tra settore pubblico e privato, ma anche e soprattutto per una messa a sistema dei beni, potrebbe essere il punto di partenza per l’applicazione della struttura organizzativa reticolare.

Lo Stato allora dovrebbe stimolare la partecipazione agli investimenti attraverso politiche di donazioni detraibili fiscalmente.

In questo modo gli imprenditori sarebbero incentivati nello stanziare risorse a favore dei beni culturali ricavandone una buona immagine a livello sociale.

Alcuni tentativi di dialogo tra il soggetto pubblico e il soggetto privato sono auspicati.

In un articolo pubblicato dalla rivista bimensile Artein di febbraio/marzo 2014 di Luciano Zerbinati sotto il titolo Largo ai privati si afferma:

Sempre più spesso sentiamo dire che l’Italia potrebbe ripartire utilizzando al meglio i propri beni culturali, potenziando anzitutto il turismo ad esso collegato. Abbiamo la più alta concentrazione di bellezze artistiche e paesaggistiche rispetto agli altri paesi d’Europa e del mondo. Questo patrimonio costituisce motivo di vanto e di responsabilità perché va preservato ancor prima che valorizzato. Esso è composto da un’enorme quantità di beni pubblici e da una altrettanto vasta presenza di quelli privati. Come si è utilizzato quello pubblico è sotto gli occhi di tutti. Da Pompei alla gestione dei servizi nei grandi musei nazionali, c’è solo da migliorare e se lo stato non ci riesce deve coinvolgere i privati. Verso questi c’è però la preoccupazione diffusa che se ne vogliano occupare per ricavarne un profitto. Se la gestione pubblica porta a risultati deludenti ed è inefficace nella gestione e nella conservazione, allora sarebbe utile ipotizzare che i grandi musei e i siti archeologici possano essere affidati anche a privati. Penso a Pompei, al Colosseo o a Brera. Cos’è che impedisce che se ne occupino strutture private in grado di dare garanzie economiche nel rispetto rigoroso della tutela e anche della valorizzazione di questi siti? In fondo, in tutti i settori coesistono pubblico e privato. Non può esserci solo una burocrazia ministeriale che si occupa di questi beni e ne affida la gestione in base a criteri spesso partitocratici, oltre che meritocratici. Credo che non avremo possibilità di sviluppare occupazione attorno alla gestione e valorizzazione di questo patrimonio se non ci sarà la possibilità di coinvolgere anche le associazioni non profit, le cooperative di giovani e il volontariato. Chiunque assumesse queste responsabilità potrebbe continuare ad avvalersi del personale già in servizio e in particolare della cultura e della conoscenza di chi attualmente li dirige, che non necessariamente deve anche avere doti manageriali. Per il settore pubblico questa potrebbe essere un’ipotesi di lavoro da praticare anche in via sperimentale dove è meno positiva o troppo onerosa la gestione

pubblica. Vediamo ora cosa servirebbe perché il patrimonio privato potesse pure avere una gestione finalizzata a creare un indotto occupazionale. La legislazione attorno ai beni culturali dei privati poggia su due pilastri: il decreto di vincolo per i beni immobili e la notifica per quelli mobili. Lo Stato rende complesso e difficile al proprietario disporre liberamente di questi beni. Premesso questo, siccome è il privato che può creare opportunità di lavoro attorno a questo patrimonio, o si allentano questi vincoli o non esiste alcuna possibilità di creare ricchezza e quindi occupazione. Il problema non è solo burocratico. Il privato ha la percezione di avere una controparte che ha come compito quello di ostacolarlo. Alcuni anni fa ebbi modo di condividere la realizzazione di una mostra sui dipinti presenti nelle dimore storiche. Il titolo era “I tesori mai visti nelle dimore storiche”. La preoccupazione dei privati era che i quadri in mostra potessero essere notificati. Per questa ragione i pezzi più belli non vennero prestati. Occupandomi del restauro di beni vincolati, conosco inoltre le difficoltà per inserire un ascensore o un montacarichi o per rinforzare ad esempio i solai con tecniche moderne. Questi interventi vengono visti come danno irreversibile all’edificio storico e, anche se approvati, non godono dei modesti aiuti che la legge prevede in questi casi. Se un immobile non viene reso fruibile e funzionale rischia di non essere utilizzato e di perdere il suo valore. Una villa chiusa prima o poi diventerà un rudere. Per valorizzare dunque gli immobili vincolati destinandoli ad una funzione ricettiva bisogna allentare i vincoli e renderli compatibili con i tempi di investimenti programmati. Ancor più semplice è ciò che si deve fare per i beni mobili e in particolare per i dipinti. La notifica distrugge il valore di un dipinto e va sostituita con il diritto di prelazione. Le risorse recuperate, alienando dei beni mobili antichi, darebbero i mezzi per reinvestire nel settore dell’arte o per restaurare ville o palazzi di proprietà privata. L’arte italiana a causa della notifica (presente solo in Italia) sta perdendo ogni valore e rende irrilevante l’indotto conseguente che sta scomparendo. Speriamo che il nuovo anno faccia partire qualche iniziativa che entri nel merito di questi temi e che sia d’aiuto alla ripresa del nostro Paese, offrendo qualche opportunità ai tanti giovani diplomati nelle Accademie, ai laureati nella conservazione dei Beni culturali e ai tanti operatori nel campo del restauro69.

L’intervento di Zerbinati dimostra che c’è una situazione di disagio che impedisce lo sviluppo e la crescita del settore culturale e quindi anche del comparto turistico.

69 Artein, International Art Magazine, anno XXVII, numero 149 Febbraio/Marzo 2014, Collezionismo

e mercato. Qualche idea per la valorizzazione dei beni culturali e l’auspicata ripresa del bel paese, di Luciano Zerbinati, pagg. 37-38.

Tuttavia l’affidamento ai privati della gestione di musei o siti culturali, nell’esempio della struttura reticolare, sarebbe possibile e forse ben accetta perché si svilupperebbe in una rete di relazioni con il settore pubblico.

Se infatti questi beni fossero gestiti da un network strutturato da soggetti pubblici e privati, dove il soggetto pubblico ha funzione di coordinamento e controllo sulle azioni e sui risultati e il soggetto privato fosse libero nella gestione manageriale del bene e vi apportasse le risorse o parte di esse, allora si costituirebbe un processo intra-relazionale virtuoso che fornirebbe le basi per una valorizzazione del bene il quale riuscirebbe a riprendersi l’attrattività che merita.

Una volta che il bene è messo a sistema con il territorio e con le altre risorse allora sarà in grado di creare ricchezza che servirà non solo a creare profitto, ma anche il capitale necessario per il suo mantenimento.

Il soggetto privato, a cui sarà affidata la gestione, sulla base di un processo di selezione accurato, avrà doti manageriali specifiche che saranno affiancate dalle doti amministrative del soggetto pubblico che l’unica formazione di cui avrà bisogno sarà quella di ampliamento di prospettiva e di visione.

In un’organizzazione così strutturata il concetto alla base sarà quello di collaborazione e il privato, allora non percepirà più ostruzionismo da parte del settore pubblico.

Un passo avanti è stato compiuto dal nuovo governo Renzi, che ha approvato un provvedimento che incentiva le donazioni ai beni culturali.

In un articolo pubblicato da Il Giornale, dal titolo Credito d’imposta

del 65% in 3 anni per le donazioni ai beni culturali, uscito venerdì 23

Un credito d’imposta del 65% detraibile in tre anni. È l’incentivo fiscale concesso al <<privato che vuole donare al pubblico per il restauro>> previsto dal cosiddetto decreto legge Cultura approvato ieri dal Consiglio dei ministri. La misura è stata annunciata a Palazzo Chigi dal ministro dei beni culturali, Dario Franceschini. <<Oggi – ha osservato – si hanno detrazioni insignificanti, e ci mettiamo al fianco dei Paesi come la Francia che hanno sistema di incentivi fiscali con la legge sul mecenatismo>>. Franceschini ha spiegato che, in ossequio ai principi della trasparenza,

<<i riceventi la donazione dovranno pubblicare online>> le informazioni sul <<modo in cui hanno utilizzato le risorse>>. Le donazioni, ha spiegato ancora, <<saranno nel limite del 15% del reddito imponibile per le persone fisiche o del 5 per mille del fatturato delle imprese. E quindi c’è lo strumento per fare delle donazioni importanti>>. Il ministro ha anche annunciato che presto il governo nominerà un commissario che dovrà risolvere la situazione di uno dei più importanti edifici storici del nostro Mezzogiorno: la Reggia di Caserta. <<La Reggia – ha spiegato Franceschini – è per il 20 per cento museo e per l’80 per cento occupato da altre istituzioni. Noi prevediamo la nomina di un commissario per affrontare questa situazione>>70.

In pochi mesi il governo Renzi si è impegnato per migliorare la situazione dei beni culturali italiani e dunque del turismo, sintomo di una politica che guarda con attenzione alle potenzialità del settore, ma che ha ancora molto da fare.

Nel maggio 2014 è stato approvato il decreto legge n. 83, intitolato

Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo.

Il decreto è diviso in quattro titoli, ognuno dei quali racchiude degli articoli che dettano gli interventi urgenti.

1. Titolo I Misure urgenti per la tutela del patrimonio culturale della nazione e per lo sviluppo della cultura:

• art. 1 ART-BONUS – Credito di imposta per favorire le erogazioni liberali a sostegno della cultura.

70 Il provvedimento. Credito d’imposta del 65% in 3 anni per le donazioni ai beni culturali. Articolo

• Art. 2 Misure urgenti per la semplificazione delle procedure di gara e altri interventi urgenti per la realizzazione del Grande Progetto Pompei.

• Art. 3 Misure urgenti per la tutela e la valorizzazione del complesso della Reggia di Caserta.

• Art. 4 Disposizioni urgenti per la tutela del decoro dei siti culturali.

• Art. 5 Disposizioni urgenti in materia di organizzazione e funzionamento delle fondazioni lirico-sinfoniche. • Art. 6 Disposizioni urgenti per attrarre investimenti

esteri in Italia nel settore della produzione cinematografica ed audiovisiva.

• Art. 7 Piano strategico Grandi Progetti Beni culturali e altre misure urgenti per i beni e le attività culturali. • Art. 8 Misure urgenti per favorire l'occupazione

giovanile presso gli istituti e luoghi della cultura di appartenenza pubblica.

2. Titolo II Misure urgenti a supporto dell’accessibilità del settore culturale e turistico:

• Art. 9 Disposizioni urgenti recanti introduzione di un credito d'imposta per la digitalizzazione degli esercizi ricettivi.

• Art. 10 Disposizioni urgenti per l'introduzione di un credito di imposta per favorire la riqualificazione e l'accessibilità delle strutture ricettive.

• Art. 11 Norme urgenti in materia di mobilità, accoglienza e guide turistiche.

3. Titolo III Misure urgenti per l’amministrazione del patrimonio culturale e del turismo.

• Art. 12 Misure urgenti per la semplificazione in materia di beni culturali e paesaggistici.

• Art. 13 Misure urgenti per la semplificazione degli adempimenti burocratica al fine di favorire l'imprenditorialità turistica.

• Art. 14 Misure urgenti per la riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e per il rilancio dei musei.

• Art. 15 Misure urgenti per il personale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.

• Art. 16 Trasformazione di ENIT in ente pubblico economico e liquidazione di Promuovi Italia S.p.A. 4. Titolo IV Norme finanziarie ed entrata in vigore:

• Art. 17 Norme per la copertura finanziaria. • Art. 18 Entrata in vigore71.

Questo decreto rappresenta un primo passo per colmare le criticità del comparto turistico, partendo dal settore culturale italiano.

È vero che il turismo culturale italiano non è l’unica tipologia di turismo possibile, ma è quello che ha bisogno di interventi urgenti per sanare le lacune che negli anni hanno portato al deterioramento e al mancato sviluppo di molti siti.

Un altro sintomo che qualcosa sta cambiando lo ha dimostrato recentemente il ministro dell’istruzione Stefania Giannini che ha promesso di estendere l’insegnamento della storia dell’arte in tutte le scuole e a tutti i livelli.

Se il ministro Giannini mantiene la parola, significa formare le nuove generazioni e sensibilizzarle alla cultura, così da poter raggiungere l’obiettivo di tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici attraverso strategie che nel lungo periodo potranno dare buoni risultati.

Partire con la cultura significa partire con l’idea non solo di conservare ciò che già c’è e renderlo fruibile, ma anche stimolare la nascita della creatività, spingendo la comunità a creare quella bellezza che ha caratterizzato il Belpaese nei secoli.

Il network culturale può essere costituito attraverso la pianificazione di distretti culturali, che sono un esempio di come la cultura e la creatività possono diventare il volano per uno sviluppo economico locale sostenibile.

Organizzare il comparto turistico in modo reticolare implica un processo che deve partire dal basso, cioè dai cittadini e quindi localmente, per poi estendersi con una fitta rete intra-relazionale. <<In termini teorici un distretto culturale è il prodotto di due fattori: la presenza di economie esterne di agglomerazione e la natura idiosincratica della produzione di cultura. Quando questi fattori si riuniscono in un ambiente economico dinamico e creativo, le condizioni per l’esistenza di un distretto culturale potenziale sono soddisfatte. L’aggiunta di buone ed efficienti istituzioni è il fattore politico che può consentire di trasformare un distretto potenziale in un fenomeno reale e di successo>>72.

Dare vita a distretti culturali e creativi significa dare valore a quelle unicità tipiche del nostro paese, che possono rappresentare il valore aggiunto ricercato dai nuovi turisti, sempre più consapevoli delle caratteristiche della destinazione scelta come luogo di vacanza. Nella teoria esistono molti modelli di distretti culturali, che si distinguono in base alle origini sociali ed economiche, al patrimonio culturale esistente, alle tecnologie impiegate, alle istituzioni della proprietà intellettuale e alle politiche locali attive73.

Il patrimonio culturale di un paese rappresenta un collante sociale, l’espressione dell’identità nazionale.

72 La fabbrica della cultura, di Walter Santagata, cap. 5 I distretti culturali potenziali e la produzione di

cultura, pagg. 57-58.

In questi anni stiamo vivendo, a causa della crisi economica, in un contesto caratterizzato da tensioni sociali e da un forte disagio derivante dall’instabilità politica e finanziaria che spesso sfocia in drammi personali.

Il cittadino ha bisogno di certezze e di essere rassicurato per il futuro e questo potrebbe avvenire attraverso la costruzione di una governance forte capace di portare avanti strategie politiche ed economiche fino in fondo.

Nel comparto turistico è urgente mettere a sistema il paese partendo dalla cultura che non deve essere considerata un costo sacrificabile, <<ma un fattore basilare per la vita e lo sviluppo di una società, il collante fondamentale tra singolo e comunità>>74.

Questo lo ha capito bene la governance americana che non considera i visitatori dei musei come clienti, ma piuttosto vede la produzione culturale (production of culture) come strategia consapevole di promozione nazionale.

Barack Obama, presidente degli Stati Uniti, il 2 aprile del 2009 <<nella Conferenza stampa conclusiva del G20 di Londra, metteva la produzione culturale al terzo posto tra gli elementi chiave che assicurano ancora oggi la leadership americana, subito dopo l’economia e l’esercito e prima della politica e dei media>>75.

Investire sulla produzione culturale e sull’industria creativa rappresenta il modo grazie al quale l’Italia può uscire dalla crisi e avviare la costruzione di un sistema reticolare che crei ricchezza e valore non solo per i cittadini italiani, ma anche e soprattutto nel panorama internazionale.

Le attività culturali in generale sono importanti sia per l’inclusione sociale e la creazione di un’identità nazionale, sia per l’economia. Se oltre al patrimonio storico artistico e paesaggistico si aggiungono le arti visive, le rappresentazioni artistiche e gli spettacoli dal vivo, si evince quanto l’Italia sia un bacino con una elevata varietà e

74 Italia Reloaded, Ripartire con la cultura, Christian Caliandro e Pier Luigi Sacco, cap. 1 pagg. 19-20. 75 IBIDEM

distribuzione territoriale dell’offerta culturale che non ha eguali nel contesto internazionale.

La commissione europea ha classificato le attività culturali per analizzare meglio l’apporto economico che questo dà ad un paese. La configurazione è la seguente: le attività “a contenuto non industriale”, di cui fanno parte le arti visive, le rappresentazioni artistiche, i beni culturali, il patrimonio artistico e museale; le attività culturali “a contenuto industriale”, quali ad esempio l’editoria, la cinematografia e discografia; i settori delle industrie e delle attività creative, quali design, architettura e pubblicità e infine quello delle industrie correlate alle categorie precedenti76.

Una classificazione così ampia del settore culturale dà modo di percepirlo come di estrema importanza e basilare per il rilancio del comparto turistico ad esso sensibilmente legato.

Partire con la cultura significa intraprendere una pianificazione volta ad un cambiamento di impostazione.

Il fatto che lo Stato si sia da sempre fatto carico della tutela e della valorizzazione dei beni culturali si giustifica in due ordini di motivazioni.

In primo luogo per l’equità sociale, cioè secondo la concezione per la quale in assenza di un intervento pubblico solo le categorie più agiate avrebbero avuto accesso all’offerta di cultura e di intrattenimento.

In secondo luogo per <<i cosiddetti “fallimenti di mercato” […] ne sono esempi il possibile comportamento di free riding da parte dei fruitori, dato che il bene culturale è tipicamente un bene pubblico; la presenza di esternalità positive, quali le ricadute sul livello di civiltà, attuale e futuro, del paese, e sui settori economici collegati come il turismo; il disincentivo all’iniziativa e al finanziamento da parte del settore privato, in quanto le produzioni culturali si caratterizzano per un limitato potenziale di incremento della produttività nel tempo e per

76 Questioni di economia e finanza, le attività culturali e lo sviluppo economico: un esame a livello

l’incertezza dei risultati; le asimmetrie informative su specifici mercati (ad esempio quello delle opere d’arte), che impongono l’introduzione e la regolamentazione di mediatori professionali pubblicamente riconosciuti>>77.

Alla luce di quanto detto finora, nemmeno l’intervento solitario del settore pubblico deve considerarsi come l’unico adatto allo sviluppo progettuale ed economico.

Nella costruzione di una struttura di governace reticolare, il settore culturale potrebbe essere gestito in questo modo: la tutela essere affidata all’esclusiva competenza del settore pubblico e la valorizzazione gestita dal settore privato.

In questo modo si crea una collaborazione tra le due parti, ognuna con i suoi compiti e funzioni, basata su legami relazionali volti alla costruzione di una rete.

La pianificazione del settore culturale poggerà le basi su un mecenatismo che sarà il fattore propulsivo per uno sviluppo del comparto turistico.

Un esempio di mecenatismo a sostegno dei beni culturali è stato intrapreso dall’imprenditore Della Valle che poco ha a che fare con il