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Il ruolo dell'esercito in Egitto (1952-2014)

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Università di Pisa

Dipartimento di Scienze Politiche

Corso di Laurea Magistrale in Studi Internazionali

Tesi di Laurea

Il ruolo dell'esercito in Egitto (1952-2014)

Candidato

Relatore

Alice Buffoni

Prof. Francesco Tamburini

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Indice

Cap. 1 Il ruolo delle forze armate (1952-1981)...4

1.1 Nasser...4

1.2 La politica estera...7

1.3 Il declino delle forze armate...16

1.4 La «rivoluzione correttiva»...18

Cap. 2 Il ruolo dell'esercito durante la presidenza Mubarak...22

2.1 La presidenza Mubarak (1981-2011)...22

2.2 Le politiche economiche neoliberali...34

2.3 Il ruolo delle forze armate nella struttura economica (1970-2011)...37

Cap. 3 L'evoluzione del sistema politico egiziano (2011-2013)...51

3.1 Le rivolte di gennaio e febbraio 2011...51

3.2 Il Consiglio Superiore delle forze armate…...59

3.3 Il periodo di governo di Muhammad Morsi...69

3.4 Il rapporto tra i Fratelli Musulmani e i militari...72

Cap. 4 Il ritorno dell'Egitto nelle mani di un regime militare...81

4.1 Il colpo di stato del 3 luglio 2013...81

4.2 La road map dei militari e la nomina di Adli Mansour...89

4.3 L'autonomia dell'esercito nella nuova Costituzione...94

4.4 Il ruolo delle forze armate nella struttura economica dopo il colpo di stato...97

4.5 Le elezioni presidenziali...99

4.6 Il controllo della società civile e la restrizione dello spazio pubblico…...100

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Bibliografia...108

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Cap. 1 Il ruolo delle forze armate (1952-1981)

1.1 Nasser

La relazione tra gli apparati militari e le istituzioni statali ha giocato un ruolo importante nella storia dell'Egitto a partire dal 1952, anno del colpo di stato degli Ufficiali Liberi. Da quel momento i militari cominciarono ad avere il controllo sull'apparato burocratico e sull'economia, traendo significativi benefici.

Al momento del colpo di stato il paese si trovava in una fase di forte instabilità politica e sociale. Al forte risentimento per l'ingerenza britannica sul territorio e al decadimento della monarchia si aggiunsero fattori internazionali destabilizzanti, ovvero la creazione dello Stato di Israele nel 1948 e la conseguente guerra arabo israeliana.

Nella società egiziana, governata da una ristretta oligarchia di proprietari, la piccola borghesia non aveva avuto modo di svolgere alcuna importante funzione politica1. Il solo mezzo per i piccoli borghesi di salire nella scala sociale era la carriera militare. Nel generale decadimento dei costumi e nel ripetersi continuo di disordini, la sola classe rimasta per quanto possibile incontaminata era quella dei militari, specialmente nei gradi più bassi2. I giovani ufficiali erano tutti profondamente impregnati di idee nazionaliste, unanimemente schierati per il rinnovamento e circondati da un rispetto collettivo3. Ciò era dovuto parzialmente all'istituto della leva. L'Egitto infatti non aveva mai avuto forze armate professionali, ma aveva sempre fatto ricorso alla coscrizione4. Da questo gruppo di giovani quadri nacque e maturò nell'ombra il movimento militarista degli Ufficiali Liberi5. Questi ultimi erano mossi dalla comune avversione per la penetrazione britannica nel paese e dal desiderio di contribuire alla rinascita nazionale6. Sul piano ideologico gli Ufficiali Liberi facevano parte delle formazioni che esprimevano il pensiero dell'ala terriera della piccola borghesia egiziana, e quindi dello Wafd e, in parte, dei Fratelli Musulmani7.

Nella notte fra il 22 e il 23 luglio 1952 tremila uomini, sotto la guida di un gruppo di

1 P. Minganti, L'egitto Moderno, Firenze, Sansoni, 1959, p. 207. 2 Ivi, pp. 207-208.

3 A. A. Malek, Esercito e società in Egitto 1952-1967, Torino, Einaudi, 1967, p. 36. 4 Limes, Gloria all'Egitto in Il grande tsunami, 2011, p. 162.

5 B. Aglietti, L' Egitto dagli avvenimenti del 1882 ai giorni nostri, in "Oriente moderno", 1965, n. 59, p.

190.

6 A. A. Malek, op. cit., p. 37. 7 Ibidem.

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ufficiali dell'esercito egiziano8, organizzarono un colpo di Stato che mise fine alla dinastia albanese-ottomana che aveva governato l'Egitto dal 18059. Tre giorni dopo il golpe re Faruq abdicò a favore del figlio di pochi mesi Fuad e lasciò il potere al Consiglio di comando ristretto della rivoluzione, sotto il comando del generale Najib. Quest'ultimo era stato associato al comitato rivoluzionario qualche tempo prima del colpo di stato, quando si era resa evidente la necessità di contare su un ufficiale di alto grado, dotato di preparazione tecnica, prestigio, e che fosse anche moralmente integro e non compromesso con i partiti10. In realtà l'organizzazione del colpo di Stato era stata curata principalmente dall'allora Colonnello 'Abd en Nasser, mentre, la parte del generale Najib fu soltanto secondaria.11.

Il potere politico fu concentrato all'interno del Consiglio di comando ristretto della rivoluzione, composto da nove dei dodici Ufficiali Liberi, tra cui Nasser, leader indiscusso di questo corpo anche prima che assumesse la presidenza12.

Solo in un primo momento sembrò che gli ufficiali volessero riformare la politica e restituire il governo ai civili ma, dopo poco, la situazione ebbe sviluppi diversi 13. Durante il primo periodo del regime militare, gli ufficiali misero in atto una strategia pragmatica e limitata. Gli obiettivi che si ponevano erano immediati e non vi era alcun progetto di ampio respiro: riparare all'ingiustizia sociale che risaliva all'epoca di Muhammad Ali, soprattutto attraverso la riforma agraria, lottare contro la Gran Bretagna per una autentica liberazione dell'Egitto e rinnovare lo spirito egiziano con un'ardente consapevolezza patriottica14.

Il primo provvedimento ad essere varato dal regime fu la riforma agraria, che avrebbe dovuto abolire il latifondo e redistribuire le terre espropriate ai contadini poveri o nullatenenti, cosi da ridurre i privilegi dell'aristocrazia terriera e il suo potere sullo Stato15. In realtà si trattò di una vera e propria cosmesi di regime, concepita e realizzata dall'alto, che sostituì lo sfruttamento dell'apparato burocratico statale a quello degli

8 B. Aglietti, op. cit., p. 188.

9 S. A. Cook, Ruling but not governing: the military and political development in Egypt, Algeria and Turkey, Baltimore, John Hopkins University Press, 2007, p. 64.

10 B. Aglietti, op. cit., p. 207.

11 R. S. John, The Boss: The story of Gamal Nasser, New York, McGraw-Hill, 1960, p.121. 12 S. A. Cook, Ruling but not governing..., cit., p. 64.

13 Ibidem.

14 M. Campanini, Storia dell'Egitto contemporaneo. Dalla rinascita ottocentesca a Mubarak, Roma,

Edizioni Lavoro, 2005, p. 123.

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antichi feudatari e trasformò lo Stato nel principale proprietario terriero invece di consentire l'effettiva riappropriazione delle terre da parte dei singoli16. A ciò si deve aggiungere che la nuova élite egiziana non aveva legami particolarmente stretti con il mondo delle campagne e nutriva interessi economici diversificati17.

Il 18 giugno 1953 il governo rivoluzionario proclamò l'instaurazione del regime repubblicano, con a capo il generale Najib18. Fin da principio però fu Nasser ad emergere come figura chiave. Era lui il naturale successore di Najib, a cui succedette il 23 Giugno 195619.

Nasser assegnò il ruolo di avanguardia della rivoluzione agli ufficiali, poiché questi ultimi rappresentavano una forza disciplinata capace di guidare le masse e poiché nessun'altra categoria sociale o corpo nazionale possedeva gli strumenti indispensabili al raggiungimento del potere20. Dopo essere stato il protagonista del rovesciamento del potere, l'esercito sarebbe dovuto diventare il protagonista di tutta la rinascita egiziana21. Fin dall'inizio del suo mandato Nasser creò un organismo in cui qualsiasi forma di dissenso venne eliminata o fortemente osteggiata. Infatti, fin dal gennaio 1953 tutti i partiti politici furono disciolti22. La decisione era motivata dai tentativi effettuati dai partiti di creare scissioni nella pubblica opinione e dai contatti da essi avuti con Stati stranieri per tramare contro il regime vigente23. Nasser riteneva che il proliferare dei partiti provocasse anarchia e che i partiti tradizionali fossero più dei centri di interesse di gruppi privilegiati che autentici portavoce della volontà popolare24. Il decreto di scioglimento risparmiò, solo per poco tempo, i Fratelli Musulmani. Non bisogna dimenticare infatti che molti dirigenti militari, come Rasiad Mehanna e Abdel Monein Abdel Rauf, provenivano dalle loro file25. Tutti i partiti politici furono sostituiti da un'organizzazione di massa chiamata Unione della Liberazione, sostituita poi nel 1957 dall'Unione Socialista e infine nel 1962, dall'Unione Socialista Araba, che era il solo raggruppamento politico ammesso nel paese. Il Raggruppamento per la Liberazione

16 Ivi, pp. 58-65.

17 M. Campanini, op. cit., p. 126. 18 B. Aglietti, op. cit., p. 193. 19 M. Campanini, op. cit., p. 128. 20 A. A. Malek, op. cit., p. 146. 21 M. Campanini, op. cit., p. 134.

22 S. A. Cook, Ruling but not governing..., cit., p. 64. 23 B. Aglietti, op. cit., p. 193.

24 M. Campanini, op. cit., p. 137. 25 A. A. Malek, op. cit., pp. 77-78.

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avrebbe dovuto favorire la partecipazione politica del popolo egiziano, ma in realtà servì all'élite statale per monitorare più facilmente la scena politica e quindi, precludere lo sviluppo di centri autonomi di potere politico26. Il nuovo partito annunciò nel suo programma una nuova Costituzione che esprimesse le aspirazioni del popolo egiziano, ma dopo poco più di un mese, il Consiglio della rivoluzione cancellò le elezioni per la costituente fissate per il giugno 195427. A questo punto le vere intenzioni del nucleo dirigente vennero svelate. Il pericolo per gli ufficiali era rappresentato da un ritorno in campo dello Wafd, e le forze in campo disposte anche a pagare a caro prezzo per la fine della dittatura militare, che a poco a poco si stava concretamente determinandosi, erano numerose28. Anche i Fratelli Musulmani, e specificatamente la sua ala intransigente, cominciarono presto a reclamare la sua parte di potere e il diritto di controllo su tutta la legislazione votata dal governo29.

Wafdisti, comunisti, membri del partito democratico di Sidri e vari elementi dell'esercito riuniti nel Fronte Unico, condussero a partire dal febbraio 1954 un'azione ininterrotta per ristabilire le libertà democratiche e per il ritorno a la vita costituzionale30. I Fratelli Musulmani invece non chiedevano nulla più che la fine del regime militare. In risposta Nasser neutralizzò le forze ostili nell'esercito, provocò scioperi e dichiarò scaduti dai loro diritti politici tutti i dirigenti politici dei partiti wafdista, liberalcostituzionale e saadista che avevano assunto incarichi ministeriali tra il 1942 e il 1952. Anche la stampa venne richiamata all'ordine e Al Misri, l'organo di stampa egiziano più importante e portavoce del blocco delle correnti democratiche, venne soppresso31.

1.2 La politica estera

Nella seconda metà degli anni Cinquanta, stabilizzatasi la situazione interna, fu la politica estera ad occupare il centro della scena. Sul fronte internazionale, l'enclave militare dimostrò che la formulazione e l'attuazione della politica estera e di sicurezza, rimaneva loro competenza esclusiva. Una volta al potere, e nel corso degli ultimi cinque decenni, gli ufficiali mantennero il controllo esclusivo di questo settore32. A tal 26 S. A. Cook, Ruling but not governing..., cit., p. 69.

27 A. A. Malek, op. cit., pp. 77-78. 28 Ivi, p. 77.

29 Ibidem. 30 Ibidem. 31 Ivi, p. 78-79. 32 Ivi, p. 22.

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proposito è utile esaminare il trattato anglo-egiziano del 1954 e il rapporto con i Fratelli Musulmani.33

L'alleanza tra questi ultimi e gli ufficiali risultò fondamentale prima e subito il colpo di stato del 1952. Entrambe le organizzazioni beneficiarono reciprocamente della loro cooperazione, giocarono un ruolo importante e ricavarono prestigio dall'agitazione nazionalista contro gli inglesi e dalla guerra del 194834. Tuttavia i benefici del loro rapporto si esaurirono quando i Fratelli cominciarono ad attaccare il colonnello Nasser e gli ufficiali sulle disposizioni dell'accordo anglo egiziano del 1954. Per i militari, questo rappresentò una sfida nel campo della politica estera e per quanto riguardava il loro impegno per il nazionalismo egiziano, argomento su cui fondavano la loro legittimità35. A causa della sua forte opposizione all'accordo anglo-egiziano anche l'organizzazione dei Fratelli Musulmani fu sciolta l'11 gennaio 195436. Una volta che l'organizzazione fu riabilitata nel 1970 37, dopo la dura repressione del 196638, e di nuovo nel 1980, le venne concessa una significativa autonomia nei settori della cultura e dei servizi sociali, ma fu interdetta loro l'attività politica39.

I negoziati sull'evacuazione delle truppe britanniche dalla zona del canale vennero aperti da Nasser e dall'ambasciatore britannico Sir Ralph Stevenson, nella primavera del 195340. Il 19 ottobre 1954 al Cairo il trattato anglo-egiziano per l'evacuazione del canale di Suez fu finalmente firmato41. Evacuato dalle forze britanniche, il Canale avrebbe potuto riattivarsi solo in caso di aggressione42, da parte di un paese situato fuori della zona del vicino oriente43, contro l'Egitto, contro uno dei paesi arabi, o contro la Turchia44. Dopo l'evacuazione l'intera responsabilità delle basi sarebbe passata al governo egiziano e i tecnici inglesi non avrebbero potuto superare le 1200 unità45. Il ritiro graduale delle truppe britanniche cominciò un anno dopo la conclusione

33 Ivi, p. 28. 34 Ivi, pp. 28- 29. 35 Ivi, pp. 22-29.

36 A. A. Malek, op. cit., p. 78.

37 S. A. Cook, Ruling but not governing..., cit., p. 29. 38 M. Campanini, op. cit., p.187.

39 S. A. Cook, Ruling but not governing..., cit., p. 29. 40 A. A. Malek, op. cit., p. 81.

41 B. Aglietti, op. cit., p. 207. 42 A. A. Malek, op. cit., p. 81. 43 B. Aglietti, op. cit., p. 205. 44 A. A. Malek, op. cit., p. 81. 45 B. Aglietti, op. cit., pp. 205-206.

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dell'accordo sulla revisione del trattato e terminò l'11 giugno 195646 . Quest'ultima data segnò la definitiva chiusura di un importante capitolo nelle relazioni anglo-egiziane e l'autentica fine del colonialismo britannico. Per la prima volta dal 1882 nessun soldato britannico si trovò più sul suolo egiziano47.

In un primo tempo l'accordo stipulato con l'Inghilterra, che definiva la questione delle basi di Suez e gli accordi di cooperazione economica e tecnica, conclusi il 6 novembre 1954, fecero pensare che il regime militarista egiziano si sarebbe ancora orientato verso la sua tradizionale politica filo occidentale, nonostante il rifiuto di associarsi ad un comando di difesa occidentale nel vicino oriente, proposto da Londra e Washington48. Negli anni successivi invece una serie di fatti portarono l'Egitto ad operare un veloce riavvicinamento all'Unione Sovietica, per poi riequilibrare nuovamente la sua politica oscillando fra occidente e blocco sovietico49. Al progetto di spartizione della Palestina, alle pressioni esercitate sul paese per indurlo ad associarsi al sistema difensivo occidentale, si aggiunse all'inizio del 1955 la stipulazione del patto di Baghdad, che fu in buona sostanza un altro modo di dar vita ad un sistema difensivo associato all' occidente senza la partecipazione egiziana e nonostante l'esplicita contrarietà manifestata dal Cairo. Tale patto incontrò una ferma opposizione da parte di Nasser50, che lo definì pubblicamente come una grande prigione preparata dagli imperialisti per dividere il mondo arabo e attrarli nella sfera occidentale51. L'azione che l'Egitto svolse in quel periodo dà la misura dei risentimenti che il patto provocò. La risposta fu costituita da due accordi militari per la difesa comune, rispettivamente fra Siria ed Egitto ed Arabia Saudita ed Egitto. Successive intese videro la designazione del Generale Amer alla direzione del Comando comune siro-egiziano ed egiziano-saudita52. Ma fu evidente che la migliore delle risposte non potesse essere che la costituzione di un forte esercito moderno53.

Nell'aprile 1955 la conferenza di Bandung costituì uno spartiacque per la politica di Nasser54, tuttavia i contatti e le trattative con l'Occidente continuarono anche dopo, sul 46 Ivi, p. 225. 47 Ibidem. 48 Ivi, p. 215. 49 Ivi, pp. 215-216. 50 Ivi, pp. 216-217. 51 Ibidem. 52 Ivi, p. 218.

53 A. A. Malek, op. cit., p. 85. 54 M. Campanini, op. cit., p. 44.

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piano degli armamenti, esattamente fino ad ottobre, e per quel che interessò l'alta diga fino all'estate del 195655.

Dopo la conferenza di Bandung si ebbero gli accordi per le armi con la Cecoslovacchia e le offerte russe per la realizzazione della diga, due episodi di notevole importanza per il paese56.

Il Consiglio Direttivo della Rivoluzione per tre anni sollecitò dagli Stati Uniti, prima potenza amica di quel periodo, le armi necessarie a fare dell'esercito egiziano l'equivalente di quello israeliano. Da parte americana si pose come condizione all'Egitto di aderire ad un organismo militare di difesa collettiva nel Medio Oriente da collegare alla NATO, nella prospettiva delle basi militari care a Foster Dulles, cosa che Il Cairo si rifiutò di fare57.

Gli Stati Uniti non erano certo disposti ad armare gli arabi contro Tel Aviv58, perciò Nasser avviò trattative segrete con Mosca, che portarono il 27 settembre 1955 alla conclusione di un accordo di scambio attraverso il quale la Cecoslovacchia si impegnava a fornire armi all'Egitto «secondo i bisogni dell'esercito egiziano e su basi puramente commerciali»59.

L'intenzione di Nasser, in un primo tempo, fu probabilmente quella di avvalersi dell'offerta di Mosca per esercitare pressioni su Washington, Londra e Parigi ai quali da tempo aveva sollecitato forniture belliche. Ciò sembrerebbe confermato dal fatto che passarono vari mesi fra l'offerta sovietica e l'accordo definitivo con la Cecoslovacchia nonché dai ripetuti avvertimenti, lanciati anche pubblicamente, ai governi occidentali60. Nasser avrebbe preferito trattare con l'occidente61, e non aveva previsto, almeno agli inizi, di rivolgersi all'Unione Sovietica, ma le ambiguità e le condizioni poste dagli USA e dalla Gran Bretagna resero la scelta obbligata62. Ciò venne poi dimostrato dalla questione dell'alta diga63.

Già nei primi mesi dopo la rivoluzione del luglio 1952 era stata studiata la possibilità di costruire ad Aswan una grande diga sul Nilo. L'opera avrebbe consentito di raggiungere

55 A. A. Malek, op. cit., p. 86. 56 Ivi, p. 87.

57 Ivi, pp. 80-84.

58 M. Campanini, op. cit., pp. 147-148. 59 A. A. Malek, op. cit., p. 84.

60 B. Aglietti, op. cit., p. 222.

61 R. Stephens, Nasser: a political biography, London, Penguin, 1971, p. 177. 62 M. Campanini, op. cit., p. 148.

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due obiettivi principali: disciplinare la piena del fiume per garantire un afflusso costante e regolare di acqua e realizzare un grande bacino di riserva idrica. A beneficiarne non sarebbe stata solo l'agricoltura ma anche il settore energetico, in quanto la grande diga avrebbe enormemente aumentato la produzione di elettricità64. I dirigenti militari avevano posto la loro attenzione soprattutto verso gli Stati Uniti e il 24 settembre 1954 sollecitarono dalla BIRD un prestito per finanziare il progetto.

Il 17 dicembre 1955 gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, informati che Il Cairo preferiva un finanziamento da parte degli Stati Uniti e della BIRD a quello proposto dai sovietici, annunciarono una loro partecipazione: gli Stati Uniti per 56 milioni di dollari e la Gran Bretagna per quattordici65. L'aiuto era tuttavia sottoposto ad un vincolo politico: l'Egitto avrebbe dovuto tagliare definitivamente i ponti con l' URSS66. Nel primo periodo del 1956, continuarono intensi i colloqui fra l'Egitto e gli Stati Uniti per il finanziamento. Più volte parve che l'accordo fosse sul punto di concludersi, ma incertezze e difficoltà su singoli particolari determinarono rinvii e nuovi negoziati67.

L'accettazione egiziana di forniture di armi dei paesi comunisti, il profilarsi di un blocco armato arabo sotto direzione egiziana, che suonava diretta minaccia ad Israele ed, infine, l'orientamento neutralista che il regime egiziano andava assumendo, portò gli Stati Uniti a ritirare il finanziamento del progetto di Aswan68.

La reazione fu immediata: il 26 Luglio 1956 Nasser, ormai da più di un mese presidente della repubblica69, diede l'annuncio ufficiale della decisione di nazionalizzare la compagnia del canale di Suez, assicurando al paese, attraverso le entrate del canale stesso, quei mezzi finanziari che gli Stati Uniti negarono per la realizzazione della diga70. Lo scopo dell'operazione fu allo stesso tempo economico e politico. Si trattò di trovare, negli incassi del canale, 16 milioni di lire egiziane ogni anno, una fonte di investimenti e, contemporaneamente, di ristabilire la sovranità egiziana su un settore particolarmente importante dell'economia e del territorio nazionale71.

Nasser annunciò che per troppo tempo le risorse del canale erano confluite nelle tasche degli occidentali, che avevano utilizzato il denaro egiziano per costruire e mantenerne

64 Ibidem. 65 Ivi, p.88.

66 M. Campanini, op. cit., p. 149. 67 B. Aglietti, op. cit., p. 228. 68 Ibidem.

69 A. A. Malek, op. cit., p.88. 70 B. Aglietti, op. cit., p. 228. 71 A. A. Malek, op. cit., p.88.

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un'impresa di cui aveva beneficiato molto poco l'Egitto. Il canale e la compagnia vennero perciò trasformati in una proprietà dello Stato egiziano a cui dovevano andare tutti i proventi72.

Il brusco rifiuto americano accelerò una decisione che sarebbe stata presa probabilmente qualche anno più tardi e fece si che il provvedimento fosse adottato in maniera unilaterale, anziché mediante un negoziato con la compagnia del canale e con i paesi marittimi73. Il provvedimento fu deciso ed immediatamente attuato, determinando le reazioni negative dei paesi interessati, in particolare di Francia, Inghilterra e Stati Uniti74. Mentre i primi due propendevano per un'azione immediata ed energica che contemplava altresì misure militari, Washington manifestò da subito intendimenti ben più moderati e prudenti, insistendo sulla necessità di un'azione diplomatica basata su un'impostazione tecnica della questione75. L'Egitto rifiutò di riconoscere qualsiasi altra proposta che prevedesse un effettivo controllo internazionale della libera navigazione del canale, previsto invece dal progetto statunitense, poiché questo equivaleva alla restaurazione di un colonialismo collettivo76. In risposta alle insistenti pressioni francesi e inglesi affinché fosse presa in considerazione la possibilità di un'azione militare, gli Stati Uniti proposero la costituzione di un club degli utenti del canale, che assicurasse la tutela dei 18 firmatari della convenzione del 1888 e che prevedesse la nomina di un amministratore per sovraintendere al passaggio delle navi degli Stati membri77. L' atteggiamento negativo dell' Egitto riguardo la questione del controllo internazionale del regime non cambiò78.

Il 13 ottobre il Consiglio di Sicurezza approvò all'unanimità un'importante Risoluzione nella quale si fissarono i principi sui quali avrebbe dovuto basarsi il futuro regime del canale di Suez, tuttavia i voti contrari dell'Unione Sovietica e della Jugoslavia sulla seconda parte della Risoluzione, lasciarono senza pratica efficacia i sei punti79. Francesi e inglesi si orientarono definitivamente in favore di un diretto intervento militare80. 72 G. Valabrega, Il Medio Oriente, aspetti e problemi, Milano, Marzorati, 1980, p. 159.

73 B. Aglietti, op. cit., p. 231. 74 Ivi, p. 232.

75 A. Eden, Full Circle: The memoirs of the Rt.Hon. Sir Anthony Eden, London, Cassel, 1960, pp.

432-433.

76 Ivi, p. 470. 77 Ibidem.

78 B. Aglietti, op. cit., p. 236. 79 Ivi, p.237.

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Il 29 ottobre l'esercito israeliano, come previsto dagli accordi con Francia e Inghilterra per una coordinata azione militare, invase il Sinai.

L'attacco israeliano all'Egitto fu una conseguenza di una preoccupante situazione che si era andata delineando da tempo, già prima della nazionalizzazione del canale81.

Il 31 ottobre il corpo di spedizione anglo francese entrò in azione nella zona del canale. Il 14 novembre, a Filadelfia, il presidente Eisenhower dichiarò di non poter giustificare l'aggressione armata ed esercitò una pressione notevole sui suoi grandi alleati per bloccare l'intervento militare. Il 5 novembre il maresciallo Bulganin, presidente del Consiglio dell'Unione Sovietica, diede l'ultimatum a Ben Gurion, Eden e Mollet. Il 6 novembre le forze armate dei tre paesi interruppero la loro azione militare82.

La decisione della nazionalizzazione del canale fu una logica conseguenza di una complessa situazione che si era venuta maturando da lunghi anni e che trovò nel regime nato dal colpo di Stato militare, forma ed espressione definitiva83. Gli avvenimenti della storia egiziana dell'ultimo secolo, il periodo di predominio straniero, la costante repressione di ogni movimento di carattere nazionalista che si fosse costituito ed affermato in Egitto e la continua ingerenza straniera negli affari interni, erano tutti elementi che avevano contribuito a destare ed acuire tenaci risentimenti verso lo straniero, che il recente conseguimento della completa indipendenza non erano riusciti a placare84. Inoltre il duplice rifiuto del dipartimento di Stato e della BIRD fu un duro colpo per i dirigenti militari ed ebbe grandi ripercussioni morali e politiche85.

Il periodo in cui venne proclamata la nazionalizzazione del canale fu indubbiamente favorevole all' Egitto. Il regime militarista egiziano si era infatti affermato e consolidato nell'ambito internazionale ed interno e la posizione del presidente Nasser era solida86. Il 23 giugno 1956 un referendum popolare aveva approvato la prima Costituzione repubblicana e Nasser era stato proclamato presidente della repubblica con la maggioranza, ufficialmente annunciata, del 99% dei voti validi87.

Il testo costituzionale, originale e profondamente innovatore in molti suoi aspetti, delineò formalmente il nuovo assetto politico del paese. Gli scopi del nuovo regime e

81 Ivi, p. 239.

82 A. A. Malek, op. cit., p.88. 83 B. Aglietti, op. cit., p. 230. 84 Ibidem.

85 A. A. Malek, op. cit., p.87. 86 B. Aglietti, op. cit., p. 229. 87 Ivi, p. 230.

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della rivoluzione vennero articolati in sei punti: eliminazione di tutti gli aspetti dell'imperialismo e liberazione dei popoli colonizzati; abolizione del feudalesimo; fine dei monopoli e dei condizionamenti che il capitale e la ricchezza privata avevano sulla gestione dello Stato e sul benessere collettivo; creazione di un esercito forte che garantisse la difesa del paese; realizzazione della giustizia sociale tra le classi; instaurazione di una «sana vita democratica»88.

La Costituzione del 1956, e la serie dei testi che seguirono, contenevano diverse tipologie di istituzioni, strutture e principi che assomigliavano a quelli dei sistemi politici liberali. Gli ufficiali e i loro alleati civili capirono che era fondamentale collocare la rivoluzione all'interno delle istituzioni formali di un sistema politico democratico, affinché le masse si mobilitassero a sostegno degli obiettivi rivoluzionari89.

Nasser infatti si rese conto, forse anche grazie all'esperienza di Bandung, dell'importanza del popolo nella difesa e nell'edificazione del nuovo Egitto, e di conseguenza, anche dell'importanza di adottare una certa forma di democrazia orientata90.

Nonostante l'Egitto sul campo avesse subito una sconfitta militare, Nasser raccolse uno straordinario successo politico, emergendo come il leader incontrastato del mondo arabo.

A partire dalla nazionalizzazione del canale di Suez si sviluppò una politica di appropriazione statale di imprese interne ed estere, ma il punto di svolta per l'economia egiziana furono le leggi di ispirazione socialista del 1961, il cui scopo principale fu di ridurre le risorse, le possibilità economiche e l'influenza politica del grande capitale egiziano a vantaggio dell'establishment militare che controllava completamente il settore pubblico91. Le banche, le compagnie di assicurazione, le industrie pesanti e quelle di base, i trasporti e il commercio estero erano interamente nelle sue mani, così come il 50% del capitale della maggior parte delle industrie leggere e delle società di importanza media, e in tutte le rimanenti92.

Non solo lo stato a direzione militare si sostituì ai capitalisti nella proprietà e nella

88 M. Campanini, op. cit., p. 133.

89 S. A. Cook, Ruling but not governing..., cit., pp. 64-65. 90 A. A. Malek, op. cit., p. 95.

91 A. A. Malek, Esercito e società ..., cit., p. 124. 92 Ivi, p. 137.

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gestione di un notevole settore dell'attività economica93, ma creò anche una nuova classe dirigente composta da una serie di dirigenti, militari, tecnocrati, nuovi arrivati nel mondo degli affari, e da ufficiali dell'esercito tornati all'università per specializzarsi in ingegneria, fisica e legge . Essi tenevano saldamente tanto l'organizzazione dello stato che la direzione della politica economica e finanziaria grazie agli interventi del «settore pubblico»94.

Le leggi del luglio 1961 provocarono un sovradimensionamento della burocrazia95, che inevitabilmente appesantì e rallentò il funzionamento dell'economia96, e parallelamente, un'infiltrazione profonda dell'esercito nel tessuto sociale del paese97.

Sei anni dopo la crisi di Suez, il presidente Nasser, che aveva in quel momento consolidato il proprio potere politico, presentò una carta nazionale. Il documento del 1962 offrì uno sguardo retrospettivo dei risultati del primo decennio della rivoluzione ed una descrizione generale di quello che gli egiziani potevano aspettarsi negli anni successivi. Venne ribadita l'importanza del nazionalismo, della democrazia e della giustizia sociale, componenti chiave e principi di legittimità che servivano come giustificazione per il colpo di stato degli Ufficiali Liberi. In generale, la Carta integrò tutti questi fattori in una narrazione che indicava il carattere apparentemente populista degli avvenimenti del luglio 195298.

La Costituzione del 1964 tentò invece di istituzionalizzare l'ampia visione delineata nella carta nazionale di due anni prima99. Nonostante l'enfasi posta su una autentica democrazia, il cui fondamento sarebbe dovuto essere garantito, almeno nelle intenzioni, dal nuovo partito unico100, sul socialismo e la giustizia sociale, la nuova Costituzione fece poco più che riaffermare la rilevanza dei principi di legittimità, strutture rappresentative, e istituzioni democratiche presenti nella costituzione del 1956101. Furono aggiunti il ruolo dello Stato nello sviluppo economico e il rapporto tra settore pubblico, cooperative e privati. La più importante innovazione della costituzione del 1964 fu la concessione all'assemblea nazionale del potere di ritirare la fiducia al

93 Ivi, p.128.

94 A. A. Malek, op. cit., p. 124.

95 N. Ayubi, Bureaucracy and politics in contemporary Egypt, London, Ithaca Press, 1980, p. 238. 96 Ivi, pp. 497-498.

97 M. Campanini, op. cit., p. 179.

98 A. S. Cook, Ruling, but not governing..., cit., p. 66. 99 Ivi, pp. 66-67.

100 P. Woodward, Nasser, London and New York, Longman, 1992, pp. 96-99. 101 A. S. Cook, Ruling, but not governing..., cit., pp. 66-67.

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governo, obbligando così il presidente a nominare un nuovo governo102. In buona sostanza le diverse costituzioni che si susseguirono tra il 1953 e il 1964 aumentarono gradualmente il potere del presidente e del partito unico, i quali divennero di fatto gli unici attori dell'arena politica, precludendo ogni possibilità di partecipazione a chi non fosse parte della élite prescelta.

I militari rivestirono ruoli fondamentali nel sistema nasseriano: i principali ministeri furono affidati ad ufficiali, le maggiori testate giornalistiche, come al-Ahram e al-Hilal, furono sotto il loro controllo. Nel 1962 ben 72 su 100 delle più influenti posizioni al ministero degli affari esteri furono ricoperte da militari e quasi tutti gli ambasciatori in Europa erano ufficiali dell'esercito. Anche all'interno del partito creato dal governo la presenza militare era massiccia: nel 1962 il 75% del personale della segreteria generale dell'ASU proveniva dall'esercito, nel 1964 i militari costituivano il 62% nel 1965 il 56,3% , nel 1967 il 53,3% e nel 1970 il 42,9%103. Inoltre, quando in generale andava in pensione, poteva entrare in politica, nel partito unico, o diventare governatore di una provincia104 .

1.3 Il declino delle forze armate

Sul finire degli anni Sessanta l'esercito cominciò a subire gravi contraccolpi. Le politiche sociali ed economiche non produssero i risultati sperati, a livello politico dilagava la corruzione e la sconfitta militare subita nel 1962 durante l'intervento nella guerra civile scoppiata in Yemen, misero in luce la profonda inadeguatezza delle forze armate105.

Successivamente, nel 1967, la disastrosa sconfitta nella Guerra dei Sei Giorni, in arabo nota come al-Naksa106, lo smacco, intaccò definitivamente l'onore dell'esercito. A guerra conclusa le perdite subite dall'Egitto furono considerevoli: l'aviazione fu distrutta, il Sinai egiziano, Gaza, le colline del Golan, la Cisgiordania e Gerusalemme occupati dalle forze israeliane, e le perdite a livello umano contarono circa ventimila persone tra civili e militari107.

102 Ibidem.

103 I. Harb, The Egiptian military in politics: Disengagement or accomodation, in "Middle East Jourmal",

2003, vol. 57., n. 2, p. 279.

104 Limes, Gloria all'Egitto, in Il grande tsunami, 2011, n.1, p. 162.

105 A. S. Cook, The Struggle for Egypt: from Nasser to Tahrir Square, New York, Oxford University Press,

2011, pp. 94-99.

106 A. S. Cook, Ruling but not governing..., cit., p. 63. 107 A. S. Cook, The Struggle for Egypt..., cit., pp. 94-99.

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A livello politico interno, la vittoria di Israele condusse ad una profonda crisi del nasserismo e della funzione dei militari108. Da parte di tutto il campo politico egiziano infatti furono esercitate pressioni per la riforma completa dell'amministrazione statale e della politica in generale109. Nasser, per riacquistare credibilità presso la popolazione egiziana, cominciò ad allontanare le forze armate dal sistema politico, circoscrivendo il loro potere alla difesa del paese110. Inoltre assegnò ad alti ufficiali non politici il compito di ampliare e professionalizzare l'esercito, così da ricostruirlo in una forza efficace di combattimento111. Il 30 Marzo 1968, in risposta a queste esigenze, il presidente presentò un Programma in cui stabiliva le linee guida da seguire, e in cui il feldmaresciallo Abdel Hakim Amer e gli alti ufficiali legati a lui venivano indicati come i «potenti attori» responsabili dell'inadeguatezza della strategia militare112. Nel complesso questo documento affermò la necessità di sviluppare le pratiche democratiche per risolvere le evidenti mancanze del sistema politico che la guerra del giugno 1967 aveva contribuito a mettere a nudo e per le quali non era sufficiente la sola preparazione militare113.

La Guerra dei Sei Giorni fornì quindi a Nasser anche la scusa per eliminare i suoi rivali

in campo militare arrivando a destituire una controversa figura chiave del sistema politico egiziano, il maresciallo Abdel Hakim Amer. Quest'ultimo, durante tutta la presidenza Nasser, aveva sfruttato la propria posizione per creare un impero personale, trasformando l'esercito in una macchina economica e politica più che in una struttura di difesa e combattimento. All'interno dello stesso sistema egiziano, Amer creò un centro di potere in cui le preminenti posizioni politiche ed economiche furono affidate solo a persone di fiducia114. L'esercito divenne così una sorta di Stato nello Stato sotto il suo comando. Sebbene Nasser ricoprisse la carica di comandante in capo, Amer guidò l'esercito senza condizionamenti. Esistevano quindi due Stati: quello guidato da Nasser e quello ombra guidato dal maresciallo115. Solo con la sconfitta del 1967 Nasser riuscì a porre fine alla sua carriera e a farlo arrestare con la scusa di tramare per rovesciare il

108 Ivi, p. 106.

109 A. S. Cook, Ruling but not governing..., cit., p. 67. 110 A. S. Cook, The Struggle for Egypt..., cit., p. 106. 111 A. S. Cook, Ruling but not governing..., cit., p. 63. 112 A. S. Cook, The Struggle for Egypt..., cit., p. 106. 113 A. S. Cook, Ruling but not governing..., cit., p. 67. 114 A. S. Cook, The Struggle for Egypt..., cit., p. 100.

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governo116.

Un certo numero di alti ufficiali, tra cui il comandante delle forze aeree, il tenente generale Sidqi Mahmud, il ministro della Guerra, colonnello Shams Badran, e molti altri furono posti sotto processo e costretti a motivare lo scarso rendimento delle forze armate. Tuttavia, essi ricevettero condanne miti117.

La detenzione degli alti ufficiali responsabili della sconfitta fu conforme, almeno nello spirito, alla Legge 4/1968, concernente il controllo delle questioni di difesa dello Stato e delle forze armate, che cercò di rimediare formalmente all'autonomia dell'establishment militare. Tuttavia la presenza israeliana sulla riva orientale del canale di Suez fece sì che l'esercito rimanesse il più privilegiato tra le organizzazioni statali118.

La sconfitta delle forze armate egiziane nella Guerra dei Sei Giorni rappresentò quindi l'evento che diede inizio alla smilitarizzazione della politica egiziana119, ma fu a partire dalla «rivoluzione correttiva» del maggio 1971, intrapresa successivamente da Sadat, che gli ufficiali egiziani scomparvero completamente come importanti attori politici120. L'esercito iniziò dunque ad allontanarsi dalla scena politica, ma non perse la sua importanza in quanto garante dell'ordine e pilastro dello stato e «despite the sacking of some eight hundred commanders and the civilization of the cabinet (…) he retained its pride as the source of power and legitimacy for the regime».121

1.4 La «rivoluzione correttiva»

Il 28 settembre 1970 Nasser morì. Gli succedette il vice-presidente Anuar el Sadat, anch'egli appartenente al gruppo degli Ufficiali Liberi122, che l'ottobre dello stesso anno fu confermato presidente della repubblica con plebiscito popolare.

Sadat, meno carismatico e popolare di Nasser, dovette cercare subito di consolidare il proprio potere. Era necessario quindi emarginare i nemici nasseristi e smantellare l'influenza e l'importanza dell'Unione Socialista Araba123. Per raggiungere tale obiettivo Sadat mise in atto una serie di abili manovre con le quali cercò di manipolare e seminare

116 Ivi, p. 100.

117 A. S. Cook, Ruling but not governing..., cit., p. 67. 118 Ibidem.

119 Ivi, p. 63. 120 Ibidem.

121 A. S. Cook, The Struggle..., cit., p. 106. 122 A. A. Malek, op. cit., p. 171.

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dubbi tra le élite politiche e tra le forze armate124, utilizzando talvolta i propri poteri costituzionali per allontanare chi non fosse d'accordo con lui125.

Il primo maggio del 1971 il disprezzo di Sadat verso la vecchia guardia culminò in quella che fu denominata la “rivoluzione correttiva”126: l'eliminazione di una serie di potenti e politicizzati militari di alto livello.

Ali Sabri, vicepresidente e segretario generale dell'ASU, venne posto agli arresti domiciliari con l'accusa di aver complottato contro lo Stato. Il ministro dell'interno Gum fu destituito dal suo incarico e sostituito con un uomo di fiducia di Sadat. I principali leader dell'opposizione annunciarono dimissioni di massa, per solidarietà nei confronti di Sabri e Gum, sperando invano in un sollevamento popolare. Per questo Sadat commentò l'avvenimento dicendo «I should put them on trial on change of political stupidity»127. Pochi giorni dopo, i leader nasseristi furono arrestati con l'accusa di complottare un colpo di stato. Il processo a loro carico si concluse nel dicembre 1971 con la condanna di 91 tra ufficiali dell'esercito e uomini politici128.

Sadat costruì durante la sua presidenza un sistema politico in cui non esistevano gruppi che potessero in qualche modo minacciare il suo potere. In particolare, la costituzione del 1971 sancì giuridicamente la posizione di preminenza del presidente sulle altre istituzioni129. Costui era il detentore del potere esecutivo, nominava il Primo ministro e il governo, aveva il diritto di proporre le leggi e di opporre il veto. Il presidente dirigeva inoltre il Consiglio Nazionale di Difesa e dunque era il capo supremo dell'esercito130. La politica di emarginazione e di licenziamento trasformò il ruolo dell'establishment militare nello Stato: l'esercito diventò una forza totalmente subordinata all'autorità del presidente131, e pur rimanendo un attore importante, dovette rinunciare lentamente alla sua centralità politica132. Perfino in questioni importanti, relative al suo settore di competenza speciale, come la politica estera e di difesa, l'esercito non veniva consultato133. Sadat intendeva riportarlo alle mansioni di difesa, favorendo nel 124 M. Kassem, Egyptian politics:The dinamics of Authoritarian rule, USA, Lyenne Rienne Publisher,

2004, p. 20.

125 I. Harb, op. cit., p. 282. 126 M. Kassem, op. cit., p. 21. 127 Ibidem.

128 Ibidem. 129 Ivi, p. 25.

130 M. Campanini, op. cit., p. 211. 131 I. Harb, op. cit., p. 282. 132 M. Campanini, op. cit., p. 213.

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Authoritarian-contempo una sua maggiore professionalizzazione in modo da riconquistare il Sinai perso durante la Guerra dei Sei Giorni.

La circoscrizione del ruolo dei militari in politica non coinvolse solo l'istituzione dell'esercito come attore autonomo, ma anche gli ufficiali militari nominati nel governo, la cui rappresentanza nei ministeri venne ridotta al 20% di tutta la nomina ministeriale134. Nei governi di Sadat infatti, la grandissima maggioranza dei ministri e dei primi ministri fu civile e non più militare135. Nel Gabinetto del 1967 la presenza militare oscillava dal 41% al 66%, mentre nel 1972 si registrò solo un 22%. Inoltre, il numero dei governatori con una formazione militare si limitava a cinque su ventisei nel 1980, cifra ben lontana dai ventidue nel 1964136.

Quello che creò Sadat fu un servizio di sicurezza militare complesso, costruito «on its rank and file's professional merit», e all'interno del quale, gli ufficiali superiori, che sorvegliavano l'istituzione, erano completamente dipendenti dal presidente. Tale riconfigurazione, che fu effettuata in maniera graduale, assicurò a Sadat che l'esercito fosse un potere ausiliario dello Stato, piuttosto che un contenitore di potere autonomo137.

Il 6 ottobre 1973, giorno della festività ebraica dello Yom Kippur, le forze armate egiziane, con un attacco a sorpresa, sfondarono le difese israeliane nel Sinai. Anche la Siria aprì le ostilità sul Golan. Inizialmente le forze arabe sembrarono avere la meglio, ma Israele contrattaccò e proprio quando la situazione sembrò volgere a suo favore, le Nazioni Unite imposero il cessate il fuoco. Lo scontro si risolse senza vincitori né vinti, ma rappresentò un'importante conquista morale per l'Egitto che si riappropriò del canale di Suez e per le forze armate che recuperarono appieno prestigio e credibilità. Ormai consolidatosi al potere, Sadat pubblicò nel marzo 1974 i cosiddetti «october working paper», in cui spiegò il significato della guerra di ottobre e delineò la futura linea economica dell'Egitto.

Dopo due decenni in cui si era puntato sul settore pubblico e sulla nazionalizzazione, negli anni Settanta, precisamente nel 1975, Sadat cominciò ad abbandonare le politiche di ispirazione socialista proponendo di liberalizzare l'economia tramite investimenti Modernizing State, Boulder and London, Lyenne Rienne Publisher, 1988, p. 125.

134 N. Ayubi, The State and Public policies in Egypt since Sadat, London, Ithaca Press, 1991, p. 92. 135 M. Campanini, op. cit., p. 213.

136 I. Harb, op. cit., p. 284.

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privati ed esteri «infitah».

Le forze armate trassero beneficio dal nuovo indirizzo economico, collocandosi a capo delle maggiori imprese sia pubbliche che private. La loro influenza nell'economia del paese si consolidò sempre più ma raggiunse il suo apice durante la presidenza di Mubarak.

Alla politica di apertura economica si accompagnarono dei cambiamenti nella politica estera. Nel corso degli anni Settanta furono sempre più numerosi ed intensi gli scambi e gli accordi tra l'Egitto e l'asse America - Israele. Le trattative raggiunsero il culmine nel 1977 con la storica visita di Sadat a Gerusalemme che preparò la strada agli accordi di Camp David nel 1978 e al trattato di pace israelo-egiziano del 1979. I principali risultati raggiunti furono: il riconoscimento reciproco dei due Paesi, l'abolizione del boicottaggio di Israele, la restituzione agli egiziani del Sinai, che divenne un'area demilitarizzata, e la concessione del passaggio nel canale di Suez, alle navi israeliane . Con il trattato di pace l'Egitto diventò il primo paese arabo a riconoscere ufficialmente l'esistenza di Israele. Gli accordi di pace giovarono ancora una volta anche all'esercito che, a partire da 1978, cominciò a ricevere dagli Stati Uniti circa 1,3 miliardi di dollari all’anno in aiuti militari138. L'equipaggiamento e l'armamento delle forze armate furono notevolmente migliorati e modernizzati dopo gli accordi; il budget dei militari diventò quasi intoccabile sia per il governo che per il parlamento139. L'anno successivo la Legge n.32 diede ai militari l'indipendenza finanziaria e istituzionale dal bilancio del governo permettendo loro di aprire conti speciali presso banche commerciali140. Le forze armate iniziarono così a investire nell'industria e nei servizi.

138 O. Schlumberger, Debating Arab Authoritarianism: Dynamics and Durability in Nondemocratic Regimes, California, Stanford University Press, 2007, p. 184.

139 Ibidem.

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Cap. 2 Il ruolo dell'esercito durante la presidenza Mubarak

2.1 La presidenza Mubarak (1981-2011)

Sin dalla sua elezione, il presidente Mubarak proseguì la politica del predecessore per quanto riguardava l'isolamento dell'esercito dall'apparato politico. Il nuovo regime si impegnò non tanto a smilitarizzare lo Stato, quanto piuttosto a «istituzionalizzare» progressivamente e in modo prudente l'apparato militare all'interno dello Stato autoritario1. Come sottolinea Philippe Droz-Vincent «The military in Egypt is no longer an actor undistinguable from the state, as compared to the 1950s and 60s»2.

La quiescenza politica dell'esercito non fu il risultato della riprofessionalizzazione di quest'ultimo, o del ritorno alla sua missione esterna, e cioè alla difesa del paese, ma il frutto di una stretta relazione con il regime e con i benefici che ne derivarono3. Gli interessi corporativi e i privilegi dei militari infatti, diventarono le principali caratteristiche di questa nuova relazione4.

Per riuscire ad avere il supporto dell'esercito e il controllo su di esso, Mubarak cooptò il corpo degli ufficiali inserendoli all'interno di un sistema clientelare di benefici e favori5. Il presidente si impegnò a demilitarizzare le cariche di governo più importanti facendo in modo, ad esempio, che alti ufficiali non ricoprissero l'incarico di Primo Ministro, come era avvenuto durante la presidenza Sadat con il generale Kamal Hassan Ali, ex capo di stato maggiore6. Tale politica di marginalizzazione non ebbe il solo effetto di evitare che l'esercito avesse un certo potere politico. Per compensare la riduzione del ruolo politico dell'esercito, agli ufficiali venne promessa una serie di nomine in posizioni economiche e amministrative, cosicché l'esercito si trovò a ricoprire un gran numero di cariche nel settore pubblico7.

Negli anni Ottanta e Novanta l'esercito egiziano fu sempre più coinvolto in attività economiche che si estendevano al di là del ruolo tradizionale dei militari o dei loro

1 D. Pioppi, L. Guazzone (eds.), The Arabe State and Neo- Liberal Globalization. The Restructuring of State Power in the Middle East, London, Ithaca Press, 2009, p. 221.

2 Ivi, p. 223. 3 Ivi, p. 225. 4 Ivi, p. 224. 5 Ivi, pp. 224-225. 6 Ivi, pp. 223-224.

7 P. Marr (ed.), Egypt at the crossroads: Domestic stability and regional role, Washington, National

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privilegi strettamente corporativi8, diventando un imprenditore economico che

conosceva bene le regole del gioco e che sapeva meglio di altri soggetti muoversi tra le regole dell'economia egiziana9. La crescita di un'economia militare rappresentò un onere

accettato dallo Stato, poiché incompatibile con un'economia privatizzata legata alla globalizzazione, ma anche un modo per ricompensare della loro obbedienza al regime i generali e una parte di ufficiali di medio e basso rango10. Così, come risultato delle

politiche di liberalizzazione, élite politiche e militari diventarono sempre più interconnessi e mutualmente dipendenti. Al tempo stesso difensori e primi beneficiari dell'ordine politico, i militari avevano un certo interesse a mantenere lo status quo11.

Il 6 ottobre 1981 il presidente egiziano Muhammad Anwar al Sadat venne assassinato al Cairo durante la parata militare di celebrazione della vittoria nella guerra dello Yom Kippur, dal luogotenente Khalid al Islambuli, membro delle forze armate ed esponente del gruppo islamista al Jihad12 . Ancora una volta si pose la questione tanto discussa di successione presidenziale.

Sebbene la Costituzione specificasse in dettaglio le procedure per la selezione di un nuovo presidente nel caso di pensionamento, dimissioni, incapacità, o morte, e costituzionalmente il presidente dell'Assemblea del Popolo, piuttosto che il vice presidente, fosse il prossimo in linea per la presidenza, in pratica, i capi di stato egiziani sono sempre stati selezionati attraverso il corpo degli ufficiali13. Anche quella volta fu cosi.

Il 7 ottobre 1981 Muhammad Ḥosni Sayyid Ibrahim Mubarak divenne presidente della repubblica. Ex ufficiale comandante in capo delle Forze Aeree dal 1972 al 1975, partecipò attivamente alla guerra del Kippur nel 1973 ed in seguito fu nominato vice presidente della repubblica nel 197514. Ebbe così inizio il trentennio di presidenza Mubarak, che ci accompagnò fino ai giorni nostri ed alla cosiddetta primavera araba. Il sostegno all'interno degli alti comandi militari storicamente fu un presupposto informale per poter assumere la presidenza e inoltre senza il vantaggio di avere come

8 D. Pioppi, L. Guazzone, op.cit., p. 225. 9 Ivi, p. 226.

10 Ibidem.

11 S. A. Cook, Ruling but not governing..., p. 26.

12 G. Kepel, Muslim Extremism in Egypt: The Prophet and Pharaoh, Berkeley and Los Angeles,

University of California Press, 1985, pp. 191-192.

13 S. A. Cook, Ruling but not governing..., p. 74.

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presidente un collega, l'establishment militare avrebbe avuto bisogno di impegnarsi attivamente per garantirsi i propri interessi15.

Il potere dell'establishment militare egiziano si rifletteva nelle relazioni con la presidenza e il Parlamento. Infatti, anche se in settori legati all'allocazione e all'approvvigionamento degli armamenti, in particolare da fornitori stranieri, la decisione esecutiva era soggetta a revisione parlamentare, ciò non avveniva mai. Nonostante la sorveglianza di cui formalmente era investita l'Assemblea del Popolo, non ci fu mai alcun controllo effettivo. In sede di presentazione del rendiconto annuale da parte del ministro della Difesa alla Commissione per la Difesa e la Sicurezza nazionale, le domande dei parlamentari erano molto rare16. Non esisteva quindi un vero e proprio dialogo tra il ministro della Difesa e i membri del Parlamento, poiché questi ultimi non erano culturalmente inclini a contestare i militari17.

Mubarak non ebbe difficoltà nello stabilire la propria autorità sugli altri membri dell’esercito e, a differenza del suo predecessore, non dovette affrontare alcuna lotta per il potere18, se non quella con il Ministro della Difesa, il Colonnello Muḥammad ʻAbd al Halim Abu Gazala, uomo forte dell'esercito che godeva di un'ampia base di sostegno nelle forze armate e negli Stati Uniti. Il potere e il prestigio di quest'ultimo rappresentarono una minaccia per il presidente, il quale «was forced to look over his shoulder for seven long years»19. L'occasione per sbarazzarsi del rivale si presentò nel 1988 quando, a seguito di uno scandalo per il traffico illecito di armi con l'Iraq, Abu Gazala perse il sostegno degli Stati Uniti e venne immediatamente sollevato dal suo incarico20. Al suo posto venne nominato il generale Muhammad Husayn Tantawi, che ebbe in seguito un ruolo di grande rilevanza nella fase di transizione seguita alle rivolte del 201121.

Per legittimare la sua posizione e consolidare il potere, fin dal principio, Mubarak si propose come un autentico sostenitore della democrazia, definita da lui stesso come la migliore garanzia per il futuro del paese22. Egli affermò infatti di non voler concentrare 15 S. A. Cook, Ruling but not governing..., p. 74.

16 Ibidem. 17 Ibidem.

18 M. Kassem, Egyptian Politics: The Dynamics of Authoritarin Rule, Colorado, Lynne Rienner Boulder

London, 2004, p. 26.

19 A. S. Cook, The Struggle for Egypt..., p. 158. 20 Ibidem.

21 Ibidem.

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nelle proprie mani tutte le decisioni, ma di voler condividere il processo decisionale anche con altri attori politici, ed inoltre, assicurò che i mandati presidenziali non sarebbero stati rinnovabili per più di due volte dichiarando: «I will be the first President to whom this rule shall apply»23. Anche Sadat aveva istituito la limitazione del numero dei mandati con l'articolo 77 della Costituzione del 1971, ma la riforma costituzionale introdotta successivamente nel 1980, la cancellò24, consentendo a Mubarak di rimanere al potere per più di trent’anni e non era escluso che potesse presentarsi per un sesto mandato.

Dopo l'ondata di arresti e la repressione dei gruppi di opposizione che seguirono all'assassinio di Sadat, la nuova presidenza inaugurò una fase di relativa apertura. Durante il primo decennio di presidenza, Mubarak concesse più spazio d'azione ai partiti, anche quelli di orientamento islamico moderato25, e consentì ad attori non statali di operare in maniera relativamente libera in ambiti culturali e sociali26.

Circa quattromila prigionieri politici arrestati da Sadat, tra cui anche coloro che vennero arrestati la notte del 2 settembre 1981, furono liberati27. Alcune leggi restrittive sulla libertà di stampa e di espressione promulgate da Sadat furono parzialmente abrogate e cosi all'inizio del 1982 tutti i giornali ottennero il permesso di pubblicare per conto dei rispettivi partiti politici28.

La partecipazione politica venne estesa nel 1983 con la legalizzazione del partito Umma (Hizb al-umma), di orientamento islamico moderato, e nell'anno successivo con la riabilitazione del Neo Wafd29, il partito nazionalista popolare che fu al potere in modo intermittente durante il periodo pre rivoluzionario.

La condanna emessa il 4 dicembre 1982 contro i ventiquattro responsabili dell'assassinio di Sadat, contribuì infine a favorire il processo di consolidamento del regime30.

Il più importante dell'arena politica e partito unico de facto fu il Partito Nazionale Democratico, erede dell'Unione Socialista Araba sciolto da Sadat nel 1977 e diviso in tre «piattaforme» che diedero avvio ad un sistema multipartitico, nel quale la

23 Ivi, pp. 26-27. 24 Ivi, p. 27.

25 I. Harb, op. cit., pp. 284-285.

26 S. A. Cook, Ruling but not governing..., p. 26. 27 A. Piazza Bárbara, op. cit., p. 125.

28 Ivi, p. 126. 29 Ivi, pp. 127-128. 30 Ivi, p. 125.

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piattaforma di sinistra era rappresentata dal Partito Nazionale Progressista Unionista, conosciuto come al Tagammu, quella di destra dal Partito Socialista Liberale, conosciuto come al Ahrar, e quella del centro dal Partito Socialista Arabo Egiziano che nel 1978 divenne il Partito Nazionale Democratico (PND)31. Quest'ultimo, da allora, diventò il partito di governo. Tuttavia non si trattava di un partito politico vero e proprio con un'ideologia ben definita, organizzato su base locale e dotato di un meccanismo trasparente di selezione dei candidati32. Il PND fu una «machine for distributing patronage and an arm of the regime33» e servì per giustificare tutte le politiche del regime34.

Il primo decennio di governo sembrò essere caratterizzato da un'apparente apertura democratica in cui il processo di liberalizzazione del sistema politico fece erroneamente sperare ai piccoli partiti dell'opposizione di giocare alla pari con il Partito Nazionale Democratico. Le elezioni del 1984 furono presentate dal presidente e dal Ministro degli Interni come votazioni libere, democratiche e multipartitiche35.

Le aspettative di democratizzazione si rivelarono ben presto infondate poiché l'élite politico-militare utilizzò e affinò vari strumenti di controllo politico36. Leggi restrittive elettorali, voti truccati, limiti continui alla stampa, nonché il notevole potere del presidente e le regole riguardanti la formazione dei partiti politici assicurarono che l'attività politica rimanesse circoscritta37. Il controllo politico fu assicurato anche a livello amministrativo dai governatori, per lo più vecchi militari di alto rango e ufficiali di polizia che, pur avendo tolto le uniformi, di fatto rimasero integrati all'interno dell'apparato militare38. Il ruolo degli ufficiali-governatori era relativamente semplice: monitorare le attività dell'opposizione locale e regionale39.

Dalla presa di potere degli Ufficiali Liberi, il corpo dei governatori fu sempre costituito per la maggior parte da graduati dell'esercito e della polizia. Alla base di questa scelta vi furono soprattutto motivazioni di pubblica sicurezza; questo in particolare si verificò nei governatorati dell'Alto Egitto, a causa della presenza di movimenti islamisti radicali. Il

31 http://www.merip.org/mer/mer147/egypts-elections. 32 D. Pioppi, L. Guazzone (eds.), op. cit., p. 25. 33 Ibidem.

34 Ibidem.

35 http://www.merip.org/mer/mer147/egypts-elections. 36 I. Harb, op. cit., pp. 284-285.

37 S. A. Cook, Ruling but not governing..., p. 26. 38 Ibidem.

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governatore era la personalità principale del sistema amministrativo essendo il rappresentante del potere esecutivo e soprintendendo all'applicazione della politica generale dello Stato nel territorio sotto la sua giurisdizione. Presidenti di quartieri, di città e di villaggi, che generalmente erano anch'essi ex graduati dei ministeri dell'Interno o dell'esercito40, assistevano il governatore.

Nonostante la relativa libertà di espressione e l'introduzione di un nuovo sistema elettorale, che avrebbe dovuto aiutare l'opposizione, il partito egemonico PND si riconfermò al potere con l' 87,75% dei seggi e con quasi il 73% dei voti nelle elezioni legislative del 198441.

Il nuovo Wafd, per assicurarsi di superare la soglia di sbarramento prevista dalla legge elettorale, si presentò alle elezioni insieme ai Fratelli Musulmani42, ottenendo un totale di 58 seggi43. Per i Fratelli, l'alleanza rappresentò l'unico modo possibile per partecipare al processo elettorale e guadagnare seggi nell'Assemblea, sebbene essi non fossero legalizzati. La disponibilità del regime ad ammetterli nella competizione politica era motivata dal fatto che la loro partecipazione conferiva una certa legittimità al processo elettorale44. Gli altri tre partiti non riuscirono a raggiungere la soglia di sbarramento necessaria per accedere alla ripartizione dei seggi: il partito socialista dei lavoratori 'Amal guadagnò poco più del 7%, il Tagammu poco più del 4% e Ahrar non superò neanche l'1%. Inoltre, questi voti persi, in virtù della legge elettorale vennero accumulati dal partito più grande e cioè dallo PND45 .

Il sistema elettorale con cui si andò al voto fu particolarmente svantaggioso per la maggior parte dei partiti di opposizione in quanto stabiliva una soglia di sbarramento elevata, l'8%, e assegnava i voti dei partiti più piccoli che non riuscivano a superarla, al partito di maggioranza, e cioè al Partito Nazionale Democratico46. Inoltre, i partiti dovevano nominare candidati a sufficienza per riempire ogni posto disponibile, e designare anche gli eventuali sostituti dei parlamentari nel caso di morte o di dimissioni di questi ultimi; il numero totale dei candidati necessari era 690. Infine, le candidature indipendenti furono vietate, poiché nel 1976 accadde che molti dei seggi che i

40 A. Baldinetti (ed.), Società globale e Africa musulmana: aperture e resistenze, Soveria Mannelli,

Rubbettino, 2004, p. 71 .

41 A. Piazza Bárbara, op. cit., pp. 129-130.

42 http://www.merip.org/mer/mer147/egypts-elections. 43 I. Harb, op.cit., pp. 284-285.

44 http://www.merip.org/mer/mer147/egypts-elections.

45 http://www.merip.org/mer/mer129/egypts-elections-mubaraks-bind. 46 Ibidem.

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sostenitori del governo non riuscirono a guadagnare, andarono agli indipendenti. Mubarak, evidentemente, era insoddisfatto della maggioranza che la legge elettorale precedente aveva consegnato al partito di governo47.

In questo decennio le elezioni furono caratterizzate da frodi, brogli e intimidazioni48. La legge elettorale venne criticata da tutta l'opposizione e denunciata come incostituzionale davanti alla Corte Suprema49. Vietando le candidature indipendenti infatti, la norma costituzionale che garantiva l'uguaglianza dei cittadini non era stata rispettata50 e, di fatto, le chances dei partiti di opposizione erano state limitate51 .Questi ultimi dovevano lavorare secondo regole e confini stabiliti dal regime e le misure restrittive riguardanti le loro attività erano varie: oltre le limitazioni poste dal vasto apparato dei servizi militari e di sicurezza, il quadro giuridico che disciplinava le attività dei partiti era regolamentato in primo luogo dalla legge n.40 del 1977, emendata poi nel 199252, che rappresentava l'elemento centrale del meccanismo di controllo della scena politica53.

La suddetta legge subordinava la creazione di un partito politico all'autorizzazione del regime, attraverso un organo statale specifico, la Commissione per gli Affari dei Partiti Politici54, costituito da tre giudici, tre ministri e dal presidente dell'Assemblea consultiva55. La Commissione aveva il potere di rifiutare la registrazione di un partito oppure di scioglierlo56 sulla base di diversi criteri, tra cui quello di presentare programmi nettamente diversi da quelli degli altri partiti, criterio relativamente vago e flessibile. Inoltre, non era ammesso costituire un partito sulla base di un'ideologia religiosa57. Quest'ultima restrizione sembrava contrastare in primo luogo, con la stessa Legge, laddove essa affermava che i partiti aspiranti alla legalizzazione dovessero accettare i principi della shari'a come la principale fonte di legislazione58 e, in secondo luogo, con l'articolo 2 della Costituzione, secondo cui la legislazione doveva essere basata sulla legge islamica.

47 Ibidem.

48 http://www.merip.org/mer/mer147/egypts-elections. 49 A. Piazza Bárbara, op. cit., p. 10.

50 http://www.merip.org/mer/mer147/egypts-elections.

51 http://www.merip.org/mer/mer129/egypts-elections-mubaraks-bind.

52 E. Kienle, A Grand Delusion: Democracy and Economic Reform in Egypt, London and New York,

I.B.Tauris, 2001, p. 28.

53 http://www.refworld.org/docid/45a4e0a92.html. 54 E. Kienle, op. cit., p. 28.

55 http://www.refworld.org/docid/45a4e0a92.html. 56 Ibidem.

57 Ibidem.

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