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La Politica di Vicinato e le relazioni tra l'Unione Europea e i Paesi del Mediterraneo

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Academic year: 2021

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La Politica di Vicinato e le relazioni

internazionali tra l’Unione Europea e i Paesi

del Mediterraneo

Introduzione

Capitolo primo: La Politica di Vicinato dell’Unione

Europea ed Euromed

1. L’evoluzione delle relazioni internazionali tra l’Europa e i Paesi del Bacino del Mediterraneo.

2. La Politica di Vicinato dell’Unione Europea : la sua evoluzione e i suoi scopi

3. Una nuova fase della Politica di Vicinato: lo “Strumento per il Vicinato Europeo e per il Partenariato”

4. Le nuove linee guida della Politica di Vicinato nelle Comunicazioni del 2011 dell’Alto Rappresentante

5. Cenni sul rapporto tra Unione Europea e Federazione Russa 6. Sviluppi recenti della Politica di Vicinato

7. La Dichiarazione di Barcellona: la nascita del partenariato Euro-Mediterraneo

8. Congresso di Barcellona del 2005 : Il Programma di lavoro quinquennale

9. La Politica di Vicinato alla luce del Trattato di Lisbona

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1. La sua formazione e la sua struttura istituzionale 2. Gli scopi dell’Unione per il Mediterraneo

3. L’Unione per il Mediterraneo e l’Unione Europea: una nuova politica nel Nord Africa e nel Medio Oriente

4. L’Unione per il Mediterraneo e il processo di pace in Medio Oriente

Capitolo terzo: Esame dei progetti di Euromed

1. La salvaguardia dei diritti umani dalla Dichiarazione di Barcellona all’attuale politica di Vicinato

2. Euromed Justice ed Euromed Police

3. La salvaguardia del patrimonio culturale: Euromed Heritage 4. I giovani e la partecipazione alla vita economica e politica:

Euromed Youth

5. La lotta alla migrazione illegale e la salvaguardia dei diritti del migrante: Euromed Migration

6. La cooperazione nel mercato economico con particolare attenzione al mercato energetico

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Capitolo quarto: Gli Accordi di Associazione

1. Una definizione politica e normativa degli Accordi di Associazione

2. La legittimità normativa degli Accordi, la procedura per la loro stesura e i loro scopi

3. Gli Accordi di Associazione: problematicità e compatibilità 4. normative ed economiche

Considerazioni conclusive

Introduzione

L’oggetto della tesi è l’esame delle relazioni internazionali tra l’Europa e i Paesi del Bacino del Mediterraneo, intendendo con questa definizione gli Stati del Nord Africa e del Medio Oriente. Si tratta di un argomento di vitale importanza dati i recenti avvenimenti politici che hanno riguardato la sponda meridionale del Mediterraneo:la “Primavera Araba” prima, la guerra civile in Siria poi, per non dimenticare l’annosa crisi tra Israele e l’Autorità Palestinese, hanno focalizzato l’attenzione del mondo intero su tale area. Gli interessi e le azioni dei principali attori dello scenario internazionale si concentreranno sempre di più in questa zona.

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L’Europa si troverà davanti a scelte molto difficili che potranno cambiare il suo ruolo politico nell’area.

E’ quindi necessario analizzare compiutamente la situazione che i leader europei si trovano e si troveranno ad affrontare in questi tempi.

L’analisi verrà portata avanti sotto diversi punti di vista: storico, politico, economico e ovviamente normativo.

Il primo capitolo sarà incentrato sull’evoluzione storica delle relazioni intercorse tra l’Unione Europea e gli Stati del Nord Africa e del Medio Oriente; verranno prese in considerazione le varie cause e i vari avvenimenti internazionali che hanno contribuito ad influenzare i rapporti tra le due sponde del Mediterraneo.

L’analisi si focalizzerà successivamente sulla Politica di Vicinato dell’Unione Europea, sin dalla nascita nella sua versione più recente della Dichiarazione di Barcellona del 1995 fino ai giorni nostri.

Verranno quindi prese in considerazione le varie fasi evolutive, da EuroMed allo Strumento di Politica di Vicinato di recente approvazione, esaminando le differenze e sottolineando i punti positivi e quelli negativi.

Si cercherà di spiegare chiaramente cosa sia la Politica di Vicinato, quali siano i suoi scopi e i suoi obbiettivi e verso chi sia rivolta.

Per dare una completa visione di tale Politica, sarà quindi necessario analizzare brevemente anche le scelte intraprese dall’Unione Europea verso i propri confini orientali, con una particolare attenzione ai rapporti intercorsi con la Federazione Russa.

Si esaminerà anche quale sia la legittimità normativa della Politica di Vicinato, prendendo in considerazione il Trattato sul

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Funzionamento dell’Unione Europea e cercando di capire quali orizzonti di espansione quest’ultimo possa dare alla Politica di Vicinato.

Con il secondo capitolo si prenderà in esame l’Unione per il Mediterraneo, un nuovo strumento di collaborazione ideato nel 2008 a Parigi.

Sarà data attenzione alla situazione politica in cui tale forum di discussione è nato e in cui sta crescendo evidenziando come le differenti visioni politiche, specialmente sulla questione Israelo-Palestinese, abbiano di fatto ritardato lo sviluppo dell’Unione e per il Mediterraneo.

Si analizzerà inoltre la struttura istituzionale della nuova associazione, evidenziando le peculiarità che la contraddistinguono da EuroMed e come queste possano influenzare le sue modalità di azione.

L’analisi proseguirà incentrandosi sui rapporti tra l’Unione Europea e l’Unione per il Mediterraneo cercando di capire come i leader europei stiano sfruttando questa nuova possibilità di azione e come questa possa influire specialmente nelle questioni medio orientali e nella guerra tra Israele e l’Autorità Palestinese. Nel terzo capitolo saranno esaminati gli obbiettivi principali della Politica di Vicinato di EuroMed.

Si evidenzieranno gli ambiti di azione: quello giurisdizionale, delle politiche giovanili, delle politiche culturali, della lotta alla migrazione illegale, della cooperazione in ambito economico ed energetico.

Si analizzeranno le varie modalità di operazione, i costi, i tempi di applicazione e, soprattutto, gli scopi prefissati di ogni singolo programma sottolineando quali obbiettivi sono stati raggiunti e quali invece devono essere ancora concretizzati.

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L’ultimo capitolo si occuperà di un ulteriore strumento utilizzato per sviluppare la Politica di Vicinato, ossia gli Accordi di Associazione.

Verrà fornita una loro definizione, sia politica che normativa, e verranno illustrati i loro scopi, come la creazione di un’area di libero scambio tra l’Unione Europea e Paesi della sponda meridionale del Mediterraneo, evidenziando le problematiche che questa può creare, ma anche le opportunità che possono venire a formarsi.

Capitolo primo

La Politica di Vicinato dell’Unione Europea ed

Euromed

1.L’evoluzione delle relazioni internazionali tra

l’Europa e i Paesi del Bacino del Mediterraneo

La situazione socio-politica degli anni ’80 ha presentato diverse novità nell’ambito delle relazioni Euro-Mediterranee come l’ammissione della Grecia nell’Unione Europea nel 1981, della Spagna e del Portogallo nel 1986: questi avvenimenti contribuirono a spostare l’attenzione degli attori dello scenario europeo e internazionale verso l’area Mediterranea.

L’approvazione dell’Atto Unico Europeo nel 1986 portò anch’essa a significativi mutamenti nel quadro istituzionale europeo.

Tali novità portarono però anche nuove problematiche da affrontare dato che l’allora Comunità Economica Europea stava gradualmente aumentando la sua influenza politica ed economica

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proponendosi come protagonista indiscussa della realtà socio-politica dell’epoca relegando i Paesi confinanti ad essa ad un ruolo di secondo ordine.

Il clima politico internazionale era già d’altronde caratterizzato da una forte tensione dovuta anche all’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Unione Sovietica che venne definita da Reagan come “L’Impero del Male” 1: si apriva così il periodo che è stato

successivamente definito come Seconda Guerra Fredda2.

La nuova amministrazione repubblicana contribuì ad alimentare tale clima di tensione e diffidenza fermando le negoziazioni del Trattato SALT II3 che mirava ad arrivare gradualmente a un

disarmo nucleare: questo stallo nelle negoziazioni venne ovviamente visto come una risposta all’iniziativa militare sovietica in Afghanistan.

Questo scenario internazionale influenzò anche le scelte politiche dell’allora Comunità Economica Europea che non riuscì a capitalizzare la sua spinta verso il Sud Europa e il Mediterraneo per imporsi definitivamente già allora come potenza dominante dell’area.

La Cee non si accorse nemmeno dei primi segni della crescita di importanza del radicalismo islamico che oggi caratterizza le regioni del Nord Africa e del Medio Oriente.

Questo fenomeno iniziò a palesarsi nelle sue forme attuali già al momento del crollo dell’Unione Sovietica che aveva funzionato anche da “schermo” contro le rivendicazioni dei Paesi a lei confinanti.

1 Dal discorso di insediamento del 20 Gennaio 1981 del Presidente Reagan. 2 F. Halliday ,“The Making of The Second Cold War” ,Verso, Londra, 1984. 3 Il Trattato Salt II, Strategic Arms Limitation Talks, venne firmato nel 1979 a

Vienna tra il Presidente Usa Jimmy Carter e dal Segretario Generale dell’Urss Leonid Breznev: l’accordo prevedeva una regolamentazione degli armamenti difensivi delle due potenze mondiali.

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Nuovi attori si affacciavano quindi sullo scenario internazionale e gli Stati già esistenti non erano preparati a tali cambiamenti: questo portò a una riorganizzazione degli apparati militari esistenti per renderli idonei a combattere nuovi tipi di minacce. Non si doveva più rispondere agli enormi eserciti sovietici, ma a truppe di Paesi che avrebbero contato eventualmente sulla velocità di attacco e sulla sorpresa.

Si possono fare alcuni esempi sui cambiamenti delle strutture militari europee: la Francia portò le sue forze di terra dalle 290000 del 1991 alle 225000 del 1997, la Germania passò dalle 620000 unità pre riunificazione., contando quindi gli eserciti della Repubblica Federale e della Repubblica Democratica, alle 370000 unità del 1995.

Vennero create unità congiunte come EUROFOR ed EUROMARFOR e buona parte dell’arsenale militare precedentemente schierato sul confine sovietico venne dirottato sul confine meridionale4 pur non essendoci minacce concrete

all’Europa, ma solo minacce “non convenzionali” come la possibile proliferazione del terrorismo di matrice islamica o eventuali sconvolgimenti istituzionali causati dalla forte instabilità dei governi dei Paesi nord africani e medio orientali. Si ebbe un cambiamento di prospettiva anche per quanto riguarda la percezione dei fenomeni migratori: da ritenerli una possibile occasione di sviluppo e integrazione si passò a considerarli come una minaccia alla sicurezza dei cittadini europei.

E’ un fenomeno paradigmatico per osservare come in tutto il continente si diffondesse un nuovo senso di insicurezza dopo la caduta del regime sovietico.

4 I.O.Lesser, “Growth and Change in Southern Europe”, in J.W.Holmes,

“Maelstrom: the United States, Southern Europe and the Challenge of the Mediterranean” ,World Peace Foundation, Cambridge, 1995, pp15-28

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I Paesi europei mutarono il loro atteggiamento tradizionale: gli Stati dell’Europa meridionale, Italia e Spagna su tutti, tradizionalmente terra di emigranti, divennero una delle destinazioni preferite dei nuovi flussi migratori.5

Era necessario preparare una nuova struttura normativa per far fronte a tali fenomeni e, nel contempo, far sì che l’opinione pubblica ed i Mass Media non presentassero tali novità solo come una minaccia.

Come precedentemente accennato, il fenomeno migratorio era visto come un pericolo anche perché veniva collegato alla diffusione del terrorismo di matrice islamica.

Tale percezione iniziò a diffondersi in Europa già all’epoca della prima Guerra del Golfo: il rifiuto di Algeria e Tunisia di unirsi alla coalizione contro l’Iraq di Saddam Hussein venne interpretato da molti come un segnale del crescente proliferare del radicalismo islamico in Nord Africa.6

Il conflitto veniva visto come “uno scontro tra valori e civiltà” contribuendo a stabilire nella mentalità europea la falsa equazione che la civiltà araba fosse totalmente legata al fondamentalismo islamico.

Tali pregiudizi sembravano trovare una legittimazione con la vittoria del Fis,Front Islamique du Salut, alle elezioni algerine del 1991.

Il successivo colpo di Stato militare venne effettivamente considerato in molti Stati occidentali come l’ultima maniera rimasta per ostacolare l’avanzata del partito islamico ed impedire che l’Algeria diventasse una teocrazia.

5 A.Montanari, A.Cortese, “Mass Migration in Europe. The Legacy and The

Future”, Honehopp, Berlino, 1992.

6 P.Filippos, “Bridges and Barriers The European Union’s Mediterranean Policy

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L’azione dei militari ed il sovvertimento dell’esito delle elezioni portò a una sanguinosa guerra civile che ebbe forti ripercussioni anche nella politica europea, specialmente in quella francese: il governo di Parigi dichiarò il fondamentalismo islamico come pericolo interno riducendo drasticamente il numero di visti ai cittadini algerini ed aumentando il numero di arresti di coloro sospettati di fornire armi ai membri del Fis.

Vale la pena ricordare come Samuel Huntington affrontò il tema della nuova contrapposizione che avrebbe caratterizzato gli anni a venire ovvero quella tra civiltà occidentale e civiltà araba nel suo studio del 19937 dove si evidenzia come tale “scontro”

culturale avesse da sempre caratterizzato la politica internazionale: “Entrambi sono l’Altro per sé”

Questa frase mette in risalto come la civiltà occidentale veda totalmente diversa da sé e sostanzialmente contrapposta a sé la civiltà araba e come sia lo stesso per quest’ultima.

Tali osservazioni trovarono una legittimazione anche nel “Nato’s Strategic Concept” presentato nel 1991: il nuovo piano di azione dell’Alleanza Atlantica non trattava esclusivamente questioni militari ma si spingeva oltre come presentato dall’allora Segretario Generale Nato Manfred Worner che sottolineò come si dovesse porre l’attenzione su alcuni aspetti chiave nella zona del Mediterraneo.

Il Segretario Generale elencò tali aspetti in sovrappopolazione, estremismo religioso, proliferazione del terrorismo e delle armi di distruzione di massa.

Come si è già evidenziato, la caduta del regime sovietico ha profondamente influenzato le scelte politiche degli attori sullo scenario internazionale, con ovvie ricadute anche sul destino del Medio Oriente. Tale area fu un terreno di aspro dibattito e

7 S. Huntington, “The Clash of civilizations”, in Foreign Affairs Review,1995, N.72,

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diffidenza reciproca poiché si riteneva che i reali interessi dei governi europei convergessero sulle risorse energetiche così abbondanti nei Paesi del bacino del Mediterraneo, mentre i popoli arabi tentavano e tentano tutt’ora di avviare una emancipazione socio-politica ed economica dagli Stati occidentali e dalle loro ingerenze nella regione mediorientale, di cui la guerra tra Israele e Palestina è un chiaro esempio.

I profili economici di tali complesse relazioni negli anni’80 erano ben conosciuti: i Paesi Arabi ricevevano circa il 10% delle esportazioni europee, mentre l’Europa importava il 9% del suo fabbisogno da tali Stati rendendo quindi il mondo arabo un partner commerciale per l’Europa più influente di Giappone, Europa dell’Est e dell’America Latina.

Il 60% degli investimenti e dei risparmi provenienti dal Medio Oriente dell’epoca sono stati investiti in Europa,specialmente nel Regno Unito, ed investitori europei, specialmente francesi e tedeschi, hanno deciso di investire nel territorio medio-orientale. Gli anni ’90, come precedentemente accennato, hanno posto l’Europa di fronte a nuove preoccupazioni come l’aggravarsi del radicalismo islamico sulle coste meridionali ed orientali del Mediterraneo ed il pressante problema dell’immigrazione e del rapportarsi con comunità e tradizioni non propriamente europee. Si stima infatti che all’inizio degli anni ’90 la comunità islamica in Europa contasse circa 7 milioni di membri

Un’altra importante novità dell’epoca, con effetti consistenti sullo scenario politico ed economico internazionale, fu la prima Guerra del Golfo.

Il conflitto ha evidenziato ancora una volta come le motivazioni militari siano spesso contigue, se non identiche, alle motivazioni economiche.

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L’Iraq di Saddam Hussein invase il vicino Kuwait spinto da considerazioni economiche legate alle risorse petrolifere, come anche la risposta dei paesi occidentali era ovviamente guidata da preoccupazioni riguardanti l’accesso al petrolio e al suo controllo.

La crisi del Golfo evidenziò alcune caratteristiche fondamentali della realtà socio economica araba ovvero la vulnerabilità finanziaria di alcuni Stati come la Giordania e l’alto livello di interdipendenza dei vari attori della zona come dimostrato dai drammatici esodi di lavoratori da un Paese all’altro e dall’altrettanto significativo spostamento di capitali tra i vari Paesi coinvolti.

Il conflitto del Golfo ha portato a una nuova situazione dello scenario internazionale: alla dicotomia tra Est ed Ovest che aveva segnato gli anni della Guerra Fredda si sostituiva quella che tutt’ora caratterizza la società internazionale ovvero tra Oriente e Occidente (considerando quindi l’Oriente nel suo intero e non limitandosi più all’ Ex Unione Sovietica) e tra il Nord e il Sud del Globo.

Più che di interdipendenza tra l’area Europea e l’area Araba/Nord Africana, all’inizio degli anni ’90 era più giusto parlare di una sostanziale dipendenza di quest’ultima nei confronti della Comunità Europea che ha mantenuto come fine principale della sua azione la sempre più pressante problematica energetica. La risposta araba non sembrava quindi segnalare sostanziali differenze nei confronti di un cambiamento della politica della Comunità Europea nei confronti dell’area del Mediterraneo del Sud.

Non si poteva quindi nemmeno parlare di interdipendenza in termini di scambi commerciali, visto che le due regioni in questione non dipendono l’una dall’altra in egual misura: non

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sorprende vedere come il principale mercato di riferimento sia quello del petrolio e come quest’ultimo caratterizzi quindi in maggior misura il volume degli scambi tra le due zone in esame. Si osserva come il ruolo degli Stati del Maghreb sia decentralizzato e marginale nell’economia mondiale e più segnatamente negli scambi con l’allora Comunità Europea: questa situazione di instabilità e debolezza economica sarà una delle concause che porteranno alla “Primavera Araba” che dopo verrà analizzata.

Si può citare a sostegno di questa tesi lo studio portato avanti dal dottor Zuhayr Mikdashi8 sugli investimenti portati avanti dai

Paesi arabi esportatori di petrolio in Europa.

Lo studio in questione ha focalizzato l’attenzione su due degli Stati principali dell’area del Medio Oriente, ovvero l’Arabia Saudita ed il Kuwait.

Le differenze degli agenti provenienti dai Paesi elencati sono notevoli: gli investitori sauditi tendono a preferire un portafoglio di investimenti improntato alla liquidità, cosìcchè sia per loro possibile cambiare repentinamente il flusso di investimenti da mercato a mercato senza immobilizzare il loro ingente capitale per lunghi periodi di tempo.

Sono quindi destinazioni tipiche dei loro investimenti i depositi bancari o i prestiti a istituti finanziari internazionali o a Stati sovrani.

Differente è il trend intrapreso dal governo kuwaitiano con l’attivazione nei primi anni ’90 del Kuwait’s Investment Office con base a Londra in un’ottica più propriamente incentrata sull’imprenditoria che sul settore bancario, a differenza quindi degli investimenti sauditi.

8 Z.Mikdashi, “Investment options, International banking, and behaviour of energy

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Un altro settore fondamentale che merita quindi di essere compiutamente analizzato è il settore energetico.

Inevitabilmente si creano conflitti tra i governi dei Paesi importatori e quelli dei Paesi esportatori di risorse energetiche come gas e petrolio, specialmente sulla definizione e la stabilizzazione della differenza tra il costo della produzione di energia e il prezzo finale rivolto al consumatore, differenza che può ovviamente subire influenze e cambiamenti dovuti ai diversi regimi di tassazione applicati nei Paesi importatori.

Una cooperazione tra le imprese operanti nel settore energetico potrebbe portare a una sostanziale stabilizzazione dei prezzi finali delle risorse energetiche con conseguenti vantaggi per tutti gli operatori del mercato.

Dopo aver brevemente esaminato la situazione del mercato tra l’Europa e la zona del bacino del Mediterraneo si può ipotizzare uno scenario futuro per gli investimenti europei nell’area in questione.

Una liberalizzazione dei controlli economici e una conseguente radicale diminuzione dei procedimenti burocratici e amministrativi per il settore commerciale da parte degli Stati del Nord Africa e Medio Oriente potrebbe portare ad una incentivazione degli investimenti europei.

Un simile processo porterebbe benefici non soltanto in campo economico: è evidente come per l’Unione Europea sia più conveniente che i cittadini degli Stati Nord Africani e Medio Orientali trovino una prosperità economica sul loro territorio che piuttosto aumentare i già consistenti flussi migratori.

Rilevanti preoccupazioni sorgono anche in ambito ambientale: un progresso tecnologico ambientalmente sostenibile potrà salvare le coste sud orientali del Mediterraneo e il loro ecosistema.

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Nonostante queste notevoli problematiche, i governi degli Stati del Bacino del Mediterraneo non possono e non potranno fare affidamento su un incremento degli aiuti economici da parte dell’Unione Europea visto che già all’alba del “Processo di Barcellona” ben 2/3 dei flussi finanziari rivolti verso questa regione provenivano dall’Europa; inoltre l’origine di questi flussi era ed è tutt’ora essenzialmente pubblica a differenza della situazione economica finanziaria che contraddistingue altri Paesi in via di sviluppo (vedi l’America Latina).

2.La Politica di vicinato dell’Unione Europea: la sua

evoluzione e i suoi scopi

“La nostra Politica di Vicinato mira a garantire relazioni più stabili e durature con i Paesi confinanti e a sviluppare relazioni differenziate e su misura con ognuna di queste nazioni9.”

Con queste parole Stefan Fule, Commissario per l’allargamento dell’Unione Europea, descrive a grandi linee gli scopi della Politica di Vicinato.

Quest’ultima è una delle innovazioni più recenti della politica estera dell’Unione e mira a migliorare i rapporti con sedici Paesi confinanti, sia nell’area del bacino del Mediterraneo che delle ex Repubbliche Sovietiche: Algeria, Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Egitto, Georgia, Giordania, Israele, Libano, Libia,

9 Presentazione della Comunicazione 373/2004 della Commissione sulla Politica di

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Moldavia, Marocco, Territori occupati di Palestina, Siria, Tunisia e Ucraina.

I Paesi a cui si rivolge la politica di vicinato sono in gran parte paesi emergenti o in via di sviluppo. Essi ricevono dall'Unione Europea un'assistenza finanziaria, condizionata però dal rispetto di determinati requisiti in materia di salvaguardia dei diritti umani e di promozione di riforme economiche e politiche. Oltre a prevedere assistenza tecnica o finanziaria, la Politica di Vicinato prevede spesso accordi commerciali.

Viene realizzata principalmente mediante accordi bilaterali conclusi tra l'Unione Europea e i singoli paesi dell'Europa orientale o del Mediterraneo. Dopo la conclusione di un Accordo di Associazione l'Unione europea predispone la bozza per un Piano di Azione da attuare in un periodo che va dai tre ai cinque anni, che viene poi approvato assieme al governo del Paese interessato.

Oltre ai Piani di Azione su base bilaterale, la politica europea di vicinato si realizza anche in due quadri multilaterali fondati su base regionale: il partenariato orientale e l’Unione per il Mediterraneo.

Prima della Politica di Vicinato, l’Europa non aveva portato avanti relazioni uniformi con i Paesi del bacino del Mediterraneo e dell’area dell’ex Unione Sovietica: la UE, prima del 2003, aveva rivolto la propria attenzione proprio a questa zona intendendo espandere i propri confini.

I Paesi candidati membri erano ovviamente monitorati attentamente affinchè si adeguassero all’aquis communitaire prima di poter entrare a pieno titolo nell’Unione Europea.

La Politica di Vicinato era l’occasione perfetta per iniziare tale processo di conformazione al dettato normativo dell’Europa.

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Va inoltre considerato come la relativa indeterminatezza dell’articolo 4910 del Trattato sull’Unione Europea incoraggiasse

le aspirazioni dei Paesi candidati.

L’Unione Europea ha preferito non intraprendere simili iniziative nei confronti di Paesi come la Turchia o le nazioni dei Balcani occidentali essendo potenziali candidati ad entrare in futuro nell’Unione Europea.

L’Unione Europea ha gradualmente guadagnato un ruolo preminente nello scenario politico internazionale, basandosi sull’importanza acquisita dalla precedente Comunità Europea e dallo sviluppo e approfondimento della Politica Estera e di Sicurezza Comune.

La nuova posizione dell’Unione Europea legittima quindi l’intenzione di espandere il suo modello di governo basato su determinate strutture e valori nei territori confinanti come il Caucaso, i Balcani e il Nord Africa attraverso vari accordi bilaterali con i Paesi coinvolti e con iniziative di cooperazione interregionale.

Il crescente ruolo politico ed economico dell’Unione Europea, la sempre più rilevante presenza nello scenario internazionale di alcuni Paesi del Nord Africa, del Medio Oriente e dell’area ex Urss e un sistema economico sempre più globalizzato hanno portato i governi europei a riflettere su ulteriori strumenti normativi e politici per far fronte a queste nuove esigenze di collegamento e collaborazione internazionale.

Tali questioni erano ben presenti nella mente dei leader europei già al momento dell’allargamento dell’Unione nel 2004 come dimostrano le parole allora pronunciate dal Commissario Gunther Verhuegen: “E’ più di un altro passo nel percorso di

10 L’articolo 49 dispone che ogni Paese che rispetti i principi fondamentali

dell’Unione Europea sanciti dall’articolo 6 dello stesso TUE può fare domanda per entrare nella UE.

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allargamento dell’Unione Europea: è una grande sfida per l’Europa stessa e per i suoi valori di pace,stabilità e sicurezza; dobbiamo garantire questi valori per i nostri cittadini e per i nostri vicini”.11

L’adesione dei nuovi membri nel 2004 e nel 2007 e della Croazia nel 2013, nonché il percorso di adesione iniziato dalla Turchia e il processo di graduale integrazione dei Paesi dei Balcani, ha portato l’Unione Europea a espandere l’orizzonte dei propri interessi e della propria azione politica.

La Politica di Vicinato trova quindi la sua origine anche nella spinta all’allargamento della Ue12, che ha ideato nuovi strumenti

per garantire ai suoi confini delle aree di stabilità politica e prosperità economica: si basa inoltre sullo smantellamento della Cortina di Ferro e sull’adesione all’Unione Europea di Paesi dell’ex area sovietica costringendo la Ue ad ampliare il suo raggio di azione anche nella zona dell’ex Patto di Varsavia. Il dialogo con i Paesi non membri da parte dell’Unione Europea è una prassi che ha origine sin dagli anni settanta, mentre dalla caduta del Muro di Berlino è stato instaurato un rapporto anche con gli Stati precedentemente appartenenti alla sfera di influenza sovietica.

Già negli anni ’80 si iniziava a notare una differenziazione negli approcci dell’Unione Europea nei confronti dei singoli Stati evidenziando la settorialità che caratterizzerà la Politica di Vicinato nella sua fase più definita.

Prima della formalizzazione della Politica di Vicinato era invece preminente l’ambito socio-politico: il Commissario per gli Affari Esteri Chris Patten e l’Alto Rappresentante per la Politica Estera

11 Discorso tenuto a Szczecin in Polonia,il 4 Marzo del 2004.

12 B.F. Waldener, “The European Neighbourhood Policy : The EU’s newest foreign

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e la Sicurezza Comune Javier Solana nel 200213 evidenziarono

come “un nuovo spazio di stabilità politica-economica attorno

all’Unione Europea sia una prospettiva desiderabile” .

Per raggiungere questo scopo “ è necessario migliorare la

qualità del dialogo politico piuttosto che moltiplicare il numero dei meeting tra governanti e Capi di Stato”.

Argomenti ripresi anche da un successivo discorso14 dell’allora

Presidente della Commissione Romano Prodi che evidenziò, nello stesso anno, come molte delle nuove relazioni connotate dal criterio della prossimità geografica debbano essere incentrate sul principio di “more than partnership and less than membership”: una relazione più approfondita di quelle normalmente instaurate con gli altri Stati.

L’allora Presidente della Commissione spingeva la Ue a

“realizzare un mercato comune tra l’Unione Europea e i suoi alleati comprendendo comunque anche approcci comuni e pianificati alle sfide e problematiche comuni in ambito regionale e internazionale”.

Con la formalizzazione della Politica di Vicinato nel 2003-2004 si delinearono ancora di più gli scopi che l’Unione si prefiggeva utilizzando il nuovo strumento; l’allora Commissario Benita Ferrero-Waldner sottolineò come “il suo principale scopo fosse

la pace internazionale e il suo raggiungimento attraverso la promozione nell’area interessata della democrazia, del

13 Lettera Congiunta “Wider Europe” alla presidenza danese dell’Unione Europea

del 7 Agosto 2002 di C.Patten e J.Solana..

14

“ A Wider Europe- A proximity policy as the key to stability” di R. Prodi pronunciato alla sesta Conferenza Mondiale "Peace, Security And Stability

International Dialogue and the Role of the EU", Jean Monnet Project. Brussels, 5-6 December 2002, SPEECH/02/619.

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progresso socio-economico contribuendo quindi a stemperare e risolvere eventuali crisi”15.

L’applicazione della Politica di Vicinato nell’ottica di prevenzione delle crisi diplomatiche o anche militari può essere visto in vari concreti ambiti: la politica prevista per la Moldavia prevede una intera sezione sulla questione separatista della regione della Transnistria, come quello riguardante Israele propone come fine principale la risoluzione dell’annosa questione israelo-palestinese.

La Politica di Vicinato offriva e tuttora offre all’Unione Europea la possibilità di confermarsi come uno dei principali attori dello scenario politico internazionale aumentando la sua influenza anche in territori che prima della formalizzazione del nuovo strumento politico, non vedevano nessuna concretizzazione di una qualsiasi azione europea.

Vi sono anche sfide ulteriori da affrontare per l’Unione Europea; prima di tutto,quella che l’ex Commissario Ferrero- Waldner chiama del “valore aggiunto”16 spiegandola con la seguente

domanda: “ Che cosa possono guadagnare i Paesi confinanti

attraverso le iniziative portate avanti sotto l’egida della Politica di Vicinato che non può essere acquisito attraverso altri tipi di trattato?”.

Gli Stati coinvolti non hanno (almeno nel breve-medio periodo per quanto riguarda gli Stati dei Balcani e della zona del Caucaso) l’incentivo immediato di essere membri attivi dell’Unione Europea o anche assicurazioni simili come qualche forma di assistenza economica o politica stabile e duratura; questa mancanza può essere un ostacolo al rapido svilupparsi e concretizzarsi delle istanze della Politica di Vicinato.

15 Discorso al World Economic Forum del 22 Gennaio 2007 a Bruxelles.. 16 Discorso al World Economic Forum del 22 Gennaio 2007 a Bruxelles.

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I Paesi partecipanti a tale nuovo strumento politico, al momento del suo lancio, non hanno infatti reagito tutti allo stesso modo: mentre i Paesi del Mediterraneo hanno conservato le aspettative di poter interagire con l’Unione Europea in maniera più approfondita, i Paesi dell’est Europa, su tutti l’Ucraina e la Moldavia, hanno espresso il loro aperto disappunto per la mancanza di prospettive di futura adesione alla UE nella Politica di Vicinato.

La sfida principale,e forse il suo difetto principale,del nuovo strumento politico è il riproporre pratiche usuali del periodo precedente: la forte condizionalità della Politica di Vicinato, ossia il dover compiere determinate riforme in materia politica ed economica, può non essere visto di buon occhio senza l’incentivo della futura partecipazione all’Unione Europea.

Si nota il contrasto con le conseguenze derivanti dalla politica di allargamento; i Paesi entrati nell’Unione nel 2004 e nel 2007 hanno allineato sempre di più la loro politica con quella dell’Unione Europea all’avvicinarsi della data stabilita di entrata dei nuovi membri e i negoziati intrapresi testimoniano questa affermazione.

La politica, sia estera che interna, dei Paesi partecipanti alla Politica di Vicinato non segue invece questa tendenza visto che gli obblighi contratti da questi ultimi sono molto più deboli rispetto a quelli dei 28 membri e in vari casi l’Ue si è trovata in contrasto con le azioni di alcuni di questi Stati come con Israele o la Siria, Stati che inoltre possono essere influenzati da altri attori dello scenario internazionale come si può osservare nella relazione Usa-Israele o Russia-Bielorussia e Armenia.

E’ evidente come la Politica di Vicinato, nel corso della sua attuazione, abbia trovato delle difficoltà nell’orientare le azioni

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degli Stati coinvolti in una cooperazione con l’Europa nel raggiungere gli obiettivi prefissati.

Per ovviare a questi eventuali ostacoli, può tornare utile il fattore della settorialità già precedentemente menzionato, ovvero il caratterizzare le relazioni bilaterali tra i vari Paesi e l’Unione Europea tenendo conto le necessità di entrambe le parti.

La disparità di importanza sullo scenario internazionale può comunque rendere parziale l’agenda delle iniziative da attuare riaffermando le aspirazioni e gli interessi dell’Ue a discapito di quelli dei Paesi coinvolti come dimostra per esempio l’assenza di qualsiasi menzione della questione indipendentista del Sahara dell’ovest nel Piano di Azione stipulato con il Marocco.

L’azione della Politica di Vicinato va valutata anche sotto l’aspetto della coerenza politica con i programmi dei “tre pilastri” dell’Unione Europea con ovviamente particolare attenzione alla Politica Estera e di Sicurezza Comune che, se non guardasse anche ai Paesi confinanti al territorio dell’Unione, non potrebbe avere una completa efficacia.

La coerenza delle politiche intraprese dall’Ue può essere esaminata sia in ottica “verticale”, valutando come i vari Paesi Membri coordinino e supportino le iniziative dell’Unione Europea in ambito di politica estera, sia in ottica orizzontale armonizzando le azioni delle varie istituzioni europee per raggiungere gli obiettivi prefissati dai trattati.

In quest’ultima ottica, probabilmente manca un coordinamento effettivo a livello infra-istituzionale che supervisioni sia a livello legislativo che esecutivo le intese raggiunte sotto l’egida della Politica di Vicinato, specialmente con i Paesi coinvolti che rivestono, per diversi motivi, una importanza particolare.

La caratterizzazione “verticale” evidenzia invece come alcune volte manchi un effettivo coordinamento tra le iniziative di

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politica estera dei singoli Paesi Membri e quelle decise a livello di Unione Europea.

Tale discrepanza era evidente già negli anni ’90 quando alcuni Paesi Membri (principalmente Italia, Spagna e Francia) tentavano di influenzare le azioni dell’Unione spostando la sfera di influenza principale verso il Mediterraneo.

Questa divergenza di priorità ha avuto una conseguente ricaduta anche nella successiva Politica di Vicinato che, al posto di interessarsi di uno solo dei due scenari,il sud Mediterraneo o l’area dell’ex Urss, ha esteso il suo raggio di azione su entrambi cercando di coprire gli interessi e le priorità di tutti e 28 gli Stati Membri.

Come già evidenziato, il sempre più rilevante ruolo sullo scacchiere internazionale dell’Unione Europea, ancor più importante dopo l’instaurazione della Politica di Vicinato ha influenzato la politica estera anche di Paesi non confinanti con l’Ue come la Federazione Russa e gli Stati Uniti di America. Per quanto riguarda le relazioni con Washington, pur condividendo i valori fondanti della tutela dei diritti umani e della promozione della democrazia, vi sono diverse discrepanze per esempio nell’evidenziazione delle priorità da seguire come orientamento della propria azione politica.

Un chiaro esempio è l’importanza dell’approvvigionamento energetico nella politica estera statunitense; importanza rilevante anche per l’Unione Europea, ma non così dirimente o nelle tattiche di azione come sul quando utilizzare la forza militare e quando incentivi o sanzioni economiche negli indirizzi di politica estera, specialmente nelle zone coinvolte dalla Politica di Vicinato.

Tali divergenze saranno accentuate gradualmente da diversi fattori, come il progressivo appannarsi della visione degli Stati

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Uniti come “arbitro internazionale benevolo” delle diverse controversie internazionali che amplia di conseguenza la sfera di influenza dell’Unione Europea.

Il ruolo degli Usa potrebbe essere preso proprio dalla stessa Unione che si sta imponendo, anche attraverso la Politica di Vicinato, come arbitro delle dispute internazionali nei Paesi ad essa confinante.

Le modalità di azione di politica estera delle due potenze, come già precedentemente accennato, sono radicalmente diverse: mentre l’Unione Europea adotta di norma uno schema basato su intese a lungo termine, multilaterali, rifuggendo l’uso della forza, gli Stati Uniti hanno attuato numerose volte anche operazioni militari unilaterali da concludersi (almeno teoricamente) nel breve periodo.

Ovviamente non si può arrivare alla conclusione che operazioni diplomatiche congiunte tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea saranno di impossibile attuazione nel futuro, come la risposta unitaria delle due potenze alla recente crisi in Siria o alla “rivoluzione arancione” in Ucraina possono dimostrare: si evidenzia però come l’approccio in simili situazioni dell’Unione Europea sia, di norma, strutturalmente diverso da quello degli Stati Uniti.

Gli attacchi terroristici dell’11 Settembre 2001 hanno considerevolmente aumentato l’importanza strategica dei Paesi del Caucaso del Sud sia per la Nato e gli Usa, ma anche per alcuni Stati Europei come la Francia e la Gran Bretagna convincendo quindi l’Unione Europea stessa a rivolgere la propria attenzione verso i propri confini orientali.

Attenzione concretizzatasi anche con l’entrata nella Ue dei nuovi Paesi Membri negli anni successivi e con l’inizio delle negoziazioni per l’eventuale allargamento alla Turchia.

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Questa nuova situazione politica ha influenzato ovviamente l’evoluzione della Politica di Vicinato come dimostra l’inclusione nel programma degli Stati in questione.

Sono novità che presentano sia opportunità che rischi che verranno analizzati successivamente: le rivolte anti governative scoppiate in tempi recenti in Nord Africa, la cosiddetta Primavera Araba, come la breve, ma sanguinosa guerra Russo-Cecena del 2008 evidenziano come l’Unione Europea debba obbligatoriamente affrontare nuovi problemi di stabilità economico-politica nei territori a lei confinanti. L’Europa, attore di soft power, intende definire rapporti coerenti, pur se differenziati, con l’intera area pan-europea e mediterranea.

Attraverso questo nuovo strumento politico e con le modalità che verranno quindi analizzate, si punta a realizzare una sorta di “Europa allargata” a cerchi concentrici ovvero a geometria variabile che coinvolga i Paesi confinanti dei 28 membri creando il cosiddetto “a ring of friends” (un anello di amici) che verrà discusso nelle successive fasi di questa trattazione.

L’Unione punta quindi a contribuire allo sviluppo e al consolidamento democratico dei Paesi confinanti creando una alternativa all’effettiva richiesta di adesione alla stessa Ue. Questi Paesi sono accomunati dalla prossimità alle frontiere europee “e questo presenta opportunità e sfide sia per la Ue che

per i Paesi confinanti” come viene spiegato nel Comunicato

ufficiale della Commissione del 2003 con il tema della “Wider Europe” (allargamento dell’Unione) : nello stesso documento si sottolinea come, pur essendo una questione fondamentale, gli accordi non dovranno fermarsi al controllo delle frontiere.

L’obiettivo primario sarà quello di creare un’ area comune di collaborazione affrontando alla radice i problemi di instabilità

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politica e povertà radicata che affliggono molte delle nazioni coinvolte dalla Politica di Vicinato.

La maggior parte di queste ha un reddito pro capite inferiore ai 2000 € arrivando a toccare preoccupanti minimi come i 417 € pro capite della Moldavia.

Una crescita economica può essere raggiunta, nell’ottica della Politica di Vicinato, promuovendo riforme che vadano a garantire governi democratici, uno sviluppo sostenibile, un apparato giurisdizionale stabile ed efficiente. Un aspetto altrettanto fondamentale sarà l’investimento nella ricerca scientifica e nel progresso tecnologico nelle aree coinvolte che porterà di conseguenza benefici sia nell’ambito economico che sociale: il succitato Comunicato della Commissione del 2003 proponeva già scambi culturali basati su “visti di lunga

permanenza nei Paesi dell’Unione Europea”.

Un altro aspetto fondamentale della Politica di Vicinato si basa sulla cooperazione nel prevenire le comuni minacce alla sicurezza garantendo quindi ancor di più una stabilità politica, fattore imprescindibile per una crescita economica. L’Unione Europea si propone inoltre come arbitro delle controversie internazionali che affliggono i Paesi confinanti, a partire dalla annosa disputa israelo – palestinese, agendo anche come attore principale della ricostruzione politica e socio-economica nel post-crisi.

La politica di Vicinato punta anche a programmare una comune lotta al crimine organizzato: l’attenzione, citando ancora una volta il Comunicato del 2003, viene posta “sulla lotta al

commercio di droga, al traffico degli esseri umani, alla tratta dei migranti, alla corruzione internazionale e al riciclaggio di denaro” .

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Tali propositi sono garantiti anche nell’ottica di proporre i Paesi confinanti all’Unione Europea come zona ideale per investimenti internazionali.

Per incentivare la partecipazione al mercato internazionale dei Paesi confinanti la Ue incentiva questi ultimi ad entrare nella Wto (World Trade Organization) spingendo a intensificare le negoziazioni dei Paesi che hanno già richiesto di entrare a farne parte come l’Algeria, la Libia e la Siria.

Su questa base valoriale sono stati instaurati vari progetti che mirano a una più profonda integrazione politica, economica e socio-culturale dei Paesi coinvolti con l’Unione Europea che contribuisce anche economicamente con cospicui fondi all’implementazione effettiva di questi progetti.

Nell’ambito della Politica di Vicinato, la Commissione si occupa di preparare degli Studi per ogni Paese coinvolto analizzando nel dettaglio ogni aspetto fondamentale come la situazione politica, economica e istituzionale per individuare le possibili strade per approfondire le relazioni diplomatiche tra l’Unione e il Paese in questione.

La Commissione può successivamente proporre un “Piano di

Azione”in cui delinea i prossimi passi da compiere per

approfondire le relazioni con il Paese coinvolto, secondo gli interessi e le esigenze di quest’ultimo e dell’Unione Europea: verrà proposta una agenda di riforme sia sul breve che medio termine (nell’ordine di 3-5 anni) che dovranno essere implementate dalla nazione che, in contropartita, vedrà la possibilità di prendere parte anche ad ulteriori programmi dell’Unione Europea e vedrà aumentare il proprio spazio e la propria influenza nel Mercato Unico Europeo: ben 12 “Piani di

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Questi costituiscono quindi dei documenti politico-diplomatici contenenti dichiarazioni comuni sulle priorità di riforma da approvare nel singolo Stato.

Per una effettiva partecipazione di questi Paesi al Mercato Europeo dovrà essere prevista una struttura normativa e ordinamentale che le riforme previste andranno ad attuare, ispirandosi anche all’ acquis comunitario.

Delle Sub-Commissioni nominate per ogni Piano in questione si occupano di monitorare e regolamentare l’effettiva esecuzione delle misure previste.

3.Una nuova fase della Politica di Vicinato: lo

“Strumento per il Vicinato Europeo e per il

Partenariato”

Una analisi della Politica di Vicinato deve evidenziare anche l’evoluzione segnata dallo “Strumento per il Vicinato Europeo e

per il Partenariato”,disciplinato dal Regolamento CE

n1638/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio.

Tale documento si basa sulle affermazioni del Consiglio Europeo di Copenaghen del 2002 che conferma “ Le importanti

opportunità di sviluppo del dialogo con i Paesi confinanti dell’Ue basato su valori economici e sociali condivisi”

L’azione dell’Unione Europea nei confronti dei Paesi confinanti dovrà inoltre basarsi sugli “obiettivi e principi della Politica

Europea di Sviluppo” come delineata dal documento “Consenso Europeo sullo Sviluppo” adottato nel 2005 dal Consiglio

Europeo.

Il documento va oltre evidenziando come le azioni dell’Unione Europea in questo tema dovranno “basarsi anche sul principio di

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essendo di difficile realizzazione esclusivamente a un livello di governo continentale.

L’articolo 4 del regolamento in esame delinea le modalità con cui la Politica di Vicinato deve essere applicata e come questa andrà a relazionarsi con il tessuto ordinamentale delle nazioni coinvolte andando a “contribuire e sostenere le corrispondenti misure

nazionali,regionali e locali”

L’articolo 7 elenca i criteri e le modalità di finanziamento della Politica di Vicinato:“ L’Unione Europea deciderà gli eventuali

finanziamenti da destinare a ciascun programma basandosi su criteri di trasparenza ed efficienza, analizzando inoltre le specifiche caratteristiche e aspirazioni di integrazione nel mercato europeo di ogni Paese coinvolto”.

Il quinto comma di tale articolo prevede anche l’aiuto del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale per le operazioni di cooperazione tra i Paesi confinanti e la Ue

Il sesto comma introduce una procedura di emergenza per la revisione dei Piani di Azione precedentemente analizzati nei casi di “ minaccia alla democrazia,allo Stato di Diritto, ai diritti

umani e alle libertà fondamentali come ai disastri naturali o provocati dall’uomo” evidenziando ancora di più come l’azione

dell’Unione debba essere caratterizzata da una attenzione specifica alle esigenze e problemi di ogni Paese coinvolto.

L’articolo 14 proclama gli attori internazionali eleggibili per poter partecipare a tutti gli effetti alla Politica di Vicinato e i criteri con cui questi ultimi sono stati scelti: oltre ovviamente agli Stati coinvolti vengono elencati anche “Organi comuni istituiti

dai Paesi confinati e dall’Unione Europea stessa ,organi delle Nazioni Unite, Agenzie dell’Unione Europea e organizzazioni regionali” .

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Al comma h vengono elencati anche “attori non-statali:

organizzazioni non governative, organizzazioni rappresentanti minoranza etniche, cooperative ed organizzazioni rappresentanti comuni interessi socio-economici, chiese e organizzazioni religiose, università e associazioni giovanili etc.”

La Politica Europea di Vicinato si caratterizza quindi per un approccio articolato, sia collettivo che individuale: collettivo nei confronti di ogni Paese coinvolto e individuale verso ogni singolo Stato: proprio in questa ultima ottica va inclusa la eventuale collaborazione tra l’Unione Europea e le organizzazioni regionali che operano nei territori interessati. Il successivo articolo 15,elenca,inoltre quali sono i progetti che possono essere finanziati sotto l’egida della Politica di Vicinato: “ per finanziare programmi di assistenza tecnica e

amministrativa al settore pubblico dei Paesi coinvolti, per programmi di investimento della Banca Europea per gli Investimenti, per assicurazioni contro i rischi commerciali, per progetti contro la radicazione della povertà e della fame nella popolazione, per progetti di microfinanza”.

L’aiuto economico della Comunità Europea non potrà essere usato per “finanziare carichi fiscali o doganali”.

I finanziamenti potranno venire anche da altri enti secondo l’articolo 17 come “ Stati Membri dell’Unione Europea e loro

organi regionali o locali, compagnie e aziende , organizzazioni internazionali”.

Le azioni della Politica di Vicinato saranno inoltre “esaminate

attraverso un report annuale redatto dalla Commissione e successivamente esaminato dal Consiglio e dal Parlamento Europeo: saranno valutate le misure attuate e il loro grado di effettività e implementazione”.

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5.Le nuove linee guida della Politica di Vicinato nelle

Comunicazioni del 2011 dell’Alto Rappresentante

Una completa analisi della Politica di Vicinato non può prescindere da un esame della Comunicazione dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza e della Commissione emanata17 nel Marzo 2011 in cui

vengono delineate e rinnovate le linee guida e i principi che guideranno i rapporti tra l’ Unione Europea e i Paesi confinanti. Tale rinnovamento trae origine sia dalle riforme del Trattato di Lisbona per quanto riguarda la Politica Estera che l’Unione deve adottare andando, come dice la stessa Comunicazione, “ad

affrontare le varie sfide che la società attuale pone in una maniera più efficace e concreta”, sia dai continui cambiamenti

socio-economici che i Paesi confinanti all’Unione stanno affrontando.

Il nuovo strumento per il partenariato europeo ha permesso e sta permettendo all’Unione Europea di rafforzare le proprie iniziative nel campo della politica estera spingendo la cooperazione con I paesi confinanti ad un nuovo livello riuscendo a coprire l’ampio spettro di problematiche che si possono presentare.

L’Alto Rappresentante sottolinea come la Politica di Vicinato sin dalle sue prime applicazioni abbia sostenuto diverse iniziative in diversi campi “permettendo all’Europa di stringere relazioni

sempre più stabili con i Paesi confinanti”

I recenti cambiamenti storico-sociali che stanno tutt’ora colpendo i Paesi confinanti all’Unione hanno reso quindi necessario un

17 Comunicazione COM(2011)200 dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli

Affari Esteri e per la Sicurezza Comune “Una collaborazione per la democrazia e la prosperità comune con il Mediterraneo del Sud”

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cambiamento dell’ottica di applicazione della Politica di Vicinato.

Questo mutato scenario ha portato a rivalutare “ il sostegno alle

riforme politiche che L’Unione ha incentivato negli Stati confinanti, le quali hanno raggiunto scarsi risultati: si sente la necessità di una maggiore flessibilità e di una risposta dell’Unione Europea più incentrata sui differenti bisogni di ogni nazione coinvolta. Va quindi implementato il coordinamento tra l’Unione Europea, i Paesi confinanti e gli altri attori internazionali coinvolti”.

Vengono inoltre ribaditi i principali scopi della Politica di Vicinato: “costruire e consolidare stabili democrazie, ricercare

uno sviluppo economico sostenibile e regolamentare in maniera efficiente i commerci transfrontalieri”.

La Comunicazione sottolinea come la Politica di Vicinato porti teoricamente benefici sia all’Unione Europea che ai Paesi coinvolti visto che l’Europa è il mercato principale per la maggior parte degli Stati confinanti con essa e quindi uno sviluppo economico e la creazione di posti di lavoro in queste nazioni porta immediati benefici anche all’Europa stessa.

Un efficace controllo delle frontiere dovrebbe anche portare a una diminuzione del traffico degli esseri umani e della migrazione irregolare favorendo al contempo la mobilità internazionale di studenti, lavoratori e turisti.

Si riaffermano i valori principali su cui si instaura la Politica di Vicinato e che devono essere quindi condivisi e sottoscritti dai Paesi coinvolti, come lo Stato di Diritto, la tutela dei diritti umani e la democrazia:l’ “Unione Europea si impegna quindi a

garantire maggiore supporto agli Stati impegnati nell’assicurare una più profonda democrazia, quella che si basa su diritti che in Europa sono ormai dati per assodati come la libertà di

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espressione, di religione e di pensiero, il diritto al voto, a l’imparzialità della giustizia, ad una burocrazia efficiente e non corrotta”.

Per quanto riguarda l’ambito economico l’ Unione si propone di aiutare “ i Paesi coinvolti a crescere in maniera sostenibile

riducendo le diseguaglianza sociali e garantendo maggiori standard di vivibilità per le proprie popolazioni”

Vengono ribaditi gli indirizzi verso cui la Politica di Vicinato si deve muovere ovvero l’area del Sud-Mediterraneo e l’area dell’ ex Unione Sovietica ricordando come gli interventi debbano essere mirati alle diverse esigenze che i territori coinvolti hanno. Una politica di iniziative comuni senza distinzioni non avrebbe giocoforza le stesse risultanze se non tenesse conto delle diverse problematiche che ogni area ha.

La Commissione delinea come concretamente si può garantire una democrazia stabile e duratura attraverso “Libere e giuste

elezioni, libertà di espressione, associazione e dei mezzi di comunicazione, il diritto a un giusto e imparziale processo, la lotta alla corruzione, riforme nel settore della sicurezza pubblica e un controllo effettivo sulle forze armate e di polizia”.

La concretizzazione di queste riforme porterà alla creazione di uno stabile governo democratico e quindi alla situazione ideale per attirare anche investimenti esteri.

Il passo successivo secondo tale ottica è il “ Rendere effettivo e

vicino alla popolazione il sostegno dell’Unione Europea attraverso la creazione di strutture ad hoc e di un Fondo per la Democrazia con il preciso intento di finanziare le varie parti sociali come i partiti politici, i sindacati e le organizzazioni non governative operanti nel territorio del Paese coinvolto.

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L’ Unione Europea punta inoltre a garantire la libertà della stampa e il libero accesso ai vari mezzi di comunicazione come internet da parte della popolazione”.

Una società pluralista e aperta alle varie influenze di pensiero può garantire una democrazia stabile, fine principale della Politica di Vicinato e verrà garantita anche dall’EIDHR (Strumento Europeo per la Democrazia e i Diritti Umani) che opererà anche esso nell’ottica dei principi enunciati dalla presente Comunicazione

Nel 2014 diverrà effettivo lo “Strumento per il Vicinato

Europeo” che andrà a sostituire il regolamento ora esaminato

nell’ottica della rivalutazione e rinnovazione della Politica di Vicinato promossa dalla Comunicazione18 dell’Alto

Rappresentante del Maggio 2011.

La caratteristica principale di questa nuova prospettiva è l’applicazione del principio “a più per il più” ovvero l’Unione Europea migliorerà e renderà più efficace la propria assistenza ai Paesi confinanti che hanno effettivamente intrapreso un percorso di riforme come previsto dai Piani di Azione: aumenta quindi la settorialità dell’azione dell’Unione Europea che verrà incentrata sulle particolarità e sui bisogni dei Paesi coinvolti.

Le iniziative politiche verranno razionalizzate e verranno incentrate sugli obiettivi proclamati dai vari Piani di Azione come le operazioni di “ Cooperazione Transfrontaliera” che mirano a “promuovere lo sviluppo socio-economico nelle aree

confinanti affrontando tematiche comuni, assicurando scambi commerciali e culturali sicuri tra le frontiere”.

Nella Comunicazione del Maggio 2011viene posta particolare attenzione ai rapporti tra Unione Europea e Russia data la

18 Comunicazione COM(2011)303 dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli

Affari Esteri e per la Sicurezza Comune “Una nuova risposta a un vicinato in continuo cambiamento”

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complessità delle questioni socio-economiche e culturali che la Federazione Russa propone e come questi siano in continua evoluzione: problemi che vengono affrontanti con un nuovo “Strumento di Partnership” esterno a quello regolamentato dal presente documento, ma a quest’ultimo strettamente collegato con cui si prevede un investimento di circa 1.13 miliardi. Questo nuovo Strumento si propone di affrontare “la dimensione esterna

e rilevante a livello europeo come la competitività, la ricerca scientifica e lo sviluppo economicamente sostenibile, e le maggiori sfide del nostro tempo come la tutela dell’ambiente, il cambiamento climatico e la sicurezza dell’approvvigionamento energetico”.

I fondi che verranno stanziati sotto l’egida di questo nuovo progetto raggiungono la cifra di 14,1 miliardi di euro per i piani stabiliti per l’arco di tempo 2014-2020 con un incremento di circa il 40% dei fondi stabiliti con il precedente “ Strumento per

il Vicinato e Partnerariato Europeo” .

Tale rinnovamento della Politica di Vicinato propone ancora una volta l’obiettivo di formare uno spazio economico comune con l’Unione Europea suggerendo come mezzo principale per raggiungere tale fine ultimo “ intese multilaterali dal valore

legale”.

E’ una strategia basata su una integrazione socio-economica tra l’Unione e i Paesi confinanti basata sulla stipulazione di trattati, ma anche su intese tra gli Stati coinvolti stessi per creare un acquis unitario e conforme al raggiungimento degli obiettivi prefissati dalla Politica di Vicinato.

Su questo disegno vengono riproposti e suggeriti “profondi e

rafforzati accordi di libero scambio” secondo la formulazione

precedentemente usate nelle già esaminate Comunicazioni dell’Alto Rappresentante.

(36)

Gli accordi in esame sono caratterizzati da 4 elementi: ovviamente la redazione del trattato, doverosamente negoziata e successivamente firmata e negoziata.

Sono caratterizzati da un lessico settoriale mirato a creare le specifiche condizioni giuridiche per una integrazione tra l’Unione e il Paese coinvolto in un determinato settore economico, tralasciando una terminologia più “astratta o valoriale” tipica dei trattati costituenti.

Il terzo elemento da sottolineare è come tali accordi mirino letteralmente a togliere “le barriere economiche” esistenti favorendo una graduale integrazione tra i singoli Paesi coinvolti. L’ultima caratteristica da evidenziare è come questi strumenti siano adattabili ad ogni area coinvolta dalla Politica di Vicinato se l’attuazione della cooperazione bilaterale può aiutare a raggiungere gli obiettivi prefissati.

La sostenibilità di mercati di piccole dimensioni, non rilevanti a livello globale, può essere promossa attivando tali aree di cooperazione e interdipendenza regionale attirando quindi investimenti esteri e rivitalizzando l’economia locale garantendo quindi una maggiore stabilità socio-economica.

Tali strumenti rientrano nell’ottica più volte menzionata nei documenti formativi della Politica di Vicinato della settorialità degli interventi, ritagliati sulle esigenze dei singoli Paesi coinvolti.

La Comunicazione del 2011 riparte da queste basi evidenziando come “l’integrazione economica su base regionale sia un

obiettivo imprescindibile della Politica Europea di Vicinato e come sia necessaria per migliorare e implementare gli scambi commerciali tra i vari Paesi costruendo mercati sempre più ampi”.

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La Comunicazione continua sottolineando come “tali risultati

siano possibili esclusivamente nei Paesi che hanno raggiunto uno stabile livello democratico”.

Come già evidenziato, l’Unione Europea oltre all’ambito bilaterale e settoriale, dovrebbe perseguire la costruzione di un ordinamento giuridico-economico multilaterale rafforzando quindi gli strumenti di soft law tipici dell’Unione Europea e favorendo l’integrazione tra i vari Paesi coinvolti.

Si realizzano anche le condizioni prefissate dagli articoli 3,8 e 21 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea per creare un’ area di “buon vicinato” basata sui valori comuni di democrazia e tutela dei diritti umani per rafforzare la stabilità e lo sviluppo dell’Unione stessa.

Un rinnovamento della prospettiva della Politica Europea di Vicinato si era reso necessario per le diverse reazioni che l’implementazione dei Piani di Azione ha causato come anche l’evoluzione della situazione politica europea come l’allargamento dei confini dell’Unione Europea dopo l’adesione di Bulgaria e Romania e della consequenziale crescita di interesse verso l’area del Mar Nero.

Sembrano differenziarsi anche le reazioni dei vari Stati coinvolti nella Politica di Vicinato visto che i Paesi mediterranei devono affrontare principalmente problematiche legate alla sicurezza e alla cooperazione in primo luogo politico culturale non ponendosi per loro un eventuale problema di futura adesione all’Unione Europea.

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6.Cenni sul rapporto tra Unione Europea e

Federazione Russa

Giova anche analizzare il ruolo che la Federazione Russa ha avuto nello svilupparsi della Politica di Vicinato: un partner così influente ha certamente avuto un peso da non trascurare nella delineazione di tale politica verso i confini orientali dell’Unione Europea.

Il Summit di San Pietroburgo del maggio 2003 ha lanciato un’ottica di cooperazione basata sul pragmatismo come si può evincere dai quattro “spazi comuni” che sono alla base della risoluzione finale del predetto meeting.

Allo spazio economico comune, riaffermato già precedentemente deve essere quindi aggiunto uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, uno spazio di sicurezza esterna ed uno spazio di ricerca, istruzione e cultura.

La cooperazione tra Bruxelles e Mosca sembra quindi ampliarsi verso sfere non esclusivamente legate al mondo economico. La stessa risoluzione finale evidenziava già nel 2003 come un successivo sviluppo strategico della partnership tra Unione Europea e Federazione Russa dovesse giocoforza passare da miglioramenti concreti dell'attuale situazione e che i valori della democrazia, dei principi dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti dell'uomo dovessero essere centrali nell’azione di entrambe le potenze.

Le presidenze Putin e Medvedev hanno sì stabilizzato la situazione sia politica che economica della Federazione Russa arrivando, almeno apparentemente, a completare la transizione dal regime comunista dell’Urss e riacquistando un ruolo di primo

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piano nello scacchiere internazionale, ma hanno anche portato il Paese a rifiutare una auspicata democratizzazione discostandosi quindi dai principi ispiratori dell’azione della Politica di Vicinato dell’Unione Europea19.

Allontanamento causato anche dall’ovvio mutamento di politica estera dovuto al crollo del regime sovietico che ha portato la Russia a un atteggiamento sostanzialmente “difensivo” mirato a proteggere la sua sfera di influenza riconoscibile nel cuore della Comunità di Stati Indipendenti (Armenia, Bielorussia, Kazakhstan etc.).

Non stupisce,quindi,come il governo di Mosca abbia guardato e stia ancora guardando alla Politica di Vicinato dell’Unione Europea con cautela e sospetto, non apprezzando una “invasione istituzionale” di zone che sono state sotto la sua influenza all’epoca del regime sovietico e che ancora oggi risentono ovviamente delle decisioni di Mosca.

Il Governo russo rifiuta quindi che in zone dove ha speso ingenti capitali in termini di influenza diplomatica, culturale, politica e economica i valori trasmessi dalla Politica di Vicinato, e quindi dall’Unione Europea, possano intaccare lo status quo faticosamente riconquistato dopo la dissoluzione dell’Urss. Questo contribuisce anche a spiegare il motivo per cui la Russia, pur essendo formalmente eleggibile per far parte dei programmi della Politica di Vicinato, abbia scelto di non entrare in questo schema di iniziative preferendo uno status privilegiato nelle relazioni con l’Unione Europea, improntato a una relazione bilaterale.

Tale rapporto può però fornire ulteriori soluzioni a problemi comuni; il summit del 2005 per lo spazio comune di sicurezza esterna ha auspicato una proficua collaborazione tra Russia e

19 K. Barysch “ The Eu and Russia: form principle to pragmatism?” Policy Brief,

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