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2.Gli Accordi di Associazione e la creazione di un’Area di Libero Scambio

L’obiettivo principale degli Accordi di Associazione, perlomeno per quanto riguarda l’area del Mediterraneo, è la creazione di un’ area di libero scambio commerciale.

Il traguardo finale era quindi di fare interagire in tale mercato unico ben 40 Paesi e circa 800 milioni di consumatori, creando l’area di libero scambio commerciale più grande del pianeta84.Si

punta quindi all’eliminazione progressiva delle barriere doganali tra i Paesi partecipanti a tale accordo.

La liberalizzazione dei prodotti manifatturieri deve essere condotta in maniera “asimmetrica”; i dazi doganali alle frontiere europee per i prodotti fabbricati negli Stati mediterranei dovranno essere tolti, mentre i Paesi nord africani e medio orientali porteranno avanti una graduale riduzione delle tariffe all’importazione in 12 anni dal momento della firma del relativo Accordo di Associazione.

Per quanto riguarda invece il settore agricolo, adeguate misure di eliminazione degli ostacoli e delle barriere doganali saranno prese esclusivamente per i prodotti elencati negli annessi e nei protocolli dei singoli Accordi: questo per consolidare e migliorare il già esistente accesso su base preferenziale dei prodotti agricoli trai Paesi firmatari.

84 M.Cremona G.Meloni, “The European Neighbourhood Policy: a framework for

Il settore dei servizi viene invece regolamentato rifacendosi agli accordi presi nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio.

Gli Accordi di Associazione stabiliscono inoltre come gli scambi commerciali debbano avvenire nel rispetto dei diritti dei lavoratori, dell’ambiente e della proprietà intellettuale.

Di notevole importanza è anche il Protocollo sul processo cumulativo di origine dell’area euro-mediterranea, firmato85 dai

42 Paesi della zona in questione nel 2005: tale accordo permette ai singoli imprenditori di produrre i propri beni in ogni Stato firmatario ottenendo un trattamento preferenziale.

I beni che hanno ottenuto lo status di prodotto originario in uno dei singoli Paesi firmatari possono essere in parte prodotti anche in altri Stati facenti parte dell’accordo, senza perdere il loro carattere di prodotto di origine riconosciuta.

Notevoli risultati si sono raggiunti anche nel settore agricolo: ormai più dell’80% dei prodotti agricoli provenienti dai Paesi del Mediterraneo entra nei confini europei senza subire alcun dazio doganale.

La creazione di tale area presenta però problematiche sia di natura giuridica che economica, già ben presenti ai Paesi firmatari del Trattato del 1995; si pongono diverse situazioni politiche ed economiche allo stesso livello considerando la liberalizzazione degli scambi come un’occasione di sviluppo reciproco.

Si ritiene però necessario un aiuto strutturale dell’Unione Europea affinchè i Paesi del sud del Mediterraneo possano raggiungere un grado di sviluppo adeguato per essere degli efficaci partner commerciali.

85 Il Consiglio Europeo ha approvato l’11 ottobre del 2005 la proposta della

La Dichiarazione di Barcellona proclama inoltre come la liberalizzazione degli scambi debba progredire a diversi ritmi nei diversi settori produttivi: mentre nel settore manifatturiero si parla di “eliminare progressivamente le barriere doganali”, nel settore agricolo “nel rispetto degli accordi raggiunti all’interno

del GATT, gli scambi verranno progressivamente favoriti attraverso accessi preferenziali dei prodotti degli Stati partner”.

La liberalizzazione del settore agricolo sembra procedere più lentamente rispetto a quella del settore industriale: questa asimmetria era già presente negli Accordi di Cooperazione, i predecessori degli attuali Accordi di Associazione, stipulati negli anni’70 dalla Comunità Economica Europea con i paesi attualmente partecipanti alla Politica di Vicinato nel Mediterraneo.

Già allora l’ Europa prevedeva un libero accesso dei prodotti industriali, mentre si limitava a garantire accesso preferenziale ai prodotti agricoli provenienti dai Paesi del Mediterraneo.

Questa decisione portò l’allora Comunità Economica Europea a decidere di imporre restrizioni in campo di politica agricola costringendo i Paesi del bacino del Mediterraneo a convertire la loro produzione in quella di prodotti di alto valore per non perdere terreno sul mercato e non vedere ridotti i propri guadagni.

Tale decisione portò a un drastico calo della produzione di prodotti di minore qualità, ma vitali per il mercato interno dei Paesi in questione portando molti piccoli agricoltori sull’orlo del fallimento dato che non potevano certamente competere a livello europeo.

Questa crisi del settore agricolo portò a un incremento dell’urbanizzazione dato che molti agricoltori, avendo perso il

loro lavoro nelle campagne, si spostarono nelle città in cerca di un nuovo impiego.

Questo non fece altro che aumentare la disoccupazione creando ulteriore disordine sociale; effetti ancora visibili nelle società nord africane e medio orientali.

Un altro effetto dannoso di tale politica agricola fu la progressiva desalinizzazione e desertificazione del territorio: la produzione di beni più competitivi a livello del mercato europeo richiedeva grandi risorse di acqua, ponendo le riserve idriche dei Paesi in questione in un grave stato di emergenza.

Queste problematiche hanno portato all’evoluzione nella nuova Politica di Vicinato, che ha risolto alcune emergenze, ma rimangono ancora notevoli ostacoli alla concretizzazione della Dichiarazione di Barcellona per quanto riguarda il settore agricolo.

La cooperazione nella gestione delle risorse idriche e nello scambio di tecnologie è certamente un aspetto positivo, ma finchè non verrà riformato la cornice economica e normativa di scambio, molti problemi non verranno risolti.

Permangono ancora delle contraddizioni: la Dichiarazione di Barcellona mira a garantire ai Paesi del Mediterraneo l’autosufficienza alimentare, ma questa è irraggiungibile se, attraverso la Politica Agricola dell’Unione Europea, si fa sì che il loro settore agricolo viva essenzialmente sulle esportazioni. Come precedentemente esposto, sembra che l’Unione Europea abbia fatto valere il proprio peso politico ed economico nell’organizzazione di tale ambito operativo e che gli altri Paesi si siano limitati a ratificare la posizione della Commissione Europea.

Un’impressione che si può avere è che la Ue abbia proposto la creazione dell’area di libero scambio esclusivamente per aggirare

il divieto posto dagli accordi raggiunti in seno al WTO di ratifica di accordi di scambio preferenziale, a meno che questi non siano stipulati per l’appunto per la creazione di un’area priva di barriere doganali e normative.

3. “Gli Accordi di Associazione:problematicità e