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La Corte dei conti europea tra audit pubblico e cooperazione antifrode

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

TESI DI LAUREA

LA CORTE DEI CONTI EUROPEA

TRA AUDIT PUBBLICO E COOPERAZIONE ANTIFRODE

Candidato: Relatore:

Gianmarco Ricci Chiar.ma Prof.ssa L. Azzena

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INDICE

Pag.

Introduzione 1

CAPITOLO I

Evoluzione storica e progressiva istituzionalizzazione della Corte dei conti

europea

1.1 Premessa: complessità e criticità dell’ordinamento giuridico europeo 4

1.2 Il Commissario dei conti e l’ “Audit Board”: i primi due organi di controllo sulla finanza pubblica europea 11

1.3 Le criticità del controllo esterno 14

2. Il Trattato di Lussemburgo e le relative conseguenze 17

3. La revisione del 25 aprile 1973 del Regolamento finanziario 19

4. Il Trattato di Bruxelles 22 luglio 1975: la nascita della Corte dei conti europea 21

5. L’istituzionalizzazione della Corte dei conti europea 23

6. I Trattati di Nizza e di Lisbona 25

CAPITOLO II

Composizione e organizzazione della Corte dei conti europea

1. Composizione, designazione e durata del mandato dei membri 28

2. Requisiti e guarentigie dei membri 31

3. Il Presidente e il Segretario Generale 33

4. Le articolazioni interne: Sezioni e Comitati amministrativi 36

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CAPITOLO III

Funzioni e controllo della Corte dei conti europea

1.1 La funzione consultiva e il dovere di assistenza tecnica 44

1.2 Andamento dei pareri resi 2015-2018 47

2.1 Premessa: la “difficile” nozione di controllo 49

2.2 L’oggetto del controllo della Corte dei conti europea 54

3.1 Il controllo finanziario e sulla sana gestione finanziaria 58

3.2 Gli indici di sana gestione finanziaria: le quattro “E” 64

4. Le categorie dei Fondi strutturali europei 75

CAPITOLO IV

Metodologia e risultati dell’attività di “audit”

1.1 Modalità operative del controllo 80

1.2 L’esame dei documenti 81

1.3 I sopralluoghi 83

1.4 Le informazioni provenienti dalle Istituzioni europee e nazionali 84

2.1 I risultati dell’attività di controllo 86

2.2 Le Relazioni annuali 90

2.3 Le Relazioni speciali 91

3.1 La “declaration d’assurance” 93

3.2 La rilevanza e l’analisi di rischio 97

3.3 Il ciclo di audit DAS e la ragionevole garanzia 99

3.4 Il modello di affidabilità e i test di convalida 101

3.5 Le tipologie di errori quantificabili e non quantificabili 104

3.6 Conclusioni e giudizio finale di audit 106

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CAPITOLO V

Analisi comparatistica delle Istituzioni Superiori di Controllo con excursus

sul Tribunal de Cuentas spagnolo e la Corte dei conti italiana

1. Premessa metodologica 110

2.1 Definizione e modelli delle Istituzioni Superiori di Controllo 111

2.2 Il modello anglosassone: il “Westminster model” 113

2.3 Il modello collegiale: il “Board model” 119

2.4 Il modello latino: il “Napoleonic model” 124

3.1 Il Tribunal de Cuentas spagnolo: quadro normativo e organizzazione interna 128

3.2 Il controllo finanziario 130

3.3 Il dovere di collaborazione 134

4.1 L’evoluzione storica della Corte dei conti italiana 135

4.2 Il controllo preventivo di legittimità sugli atti 141

4.3 Il controllo successivo sugli atti 142

4.4 Il controllo successivo sulla gestione 143

4.5 Il giudizio di parifica 147

5. Osservazioni emergenti dalla comparazione 150

CAPITOLO VI

La cooperazione tra la Corte dei conti europea ed OLAF alla luce di

Eurojust e del Procuratore unico europeo

1. Premessa: la necessità della cooperazione giudiziaria in ambito europeo 157

2.1 La Convezione per la protezione degli interessi finanziari dell’Unione europea del 26 luglio 1995 e la definizione di frode 162

2.2 La nascita dell’Ufficio europea per la lotta antifrode (OLAF): missione e competenze 170

2.3 Il contributo dell’OLAF nello sviluppo della “antifraud policy” 178

3. La cooperazione tra la Corte dei conti europea ed OLAF nella lotta alle frodi comunitarie 180

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4.2 L’area di competenza di Eurojust 189

4.3 La decisione 2009/426 GAI e il Trattato di Lisbona: “from Eurojust to EPPO” 192

5.1 La nascita della Procura europea tra divergenze ed urgenza 199

5.2 Struttura e competenza della Procura europea 203

6.1 Le necessarie relazioni di cooperazione tra la Procura europea ed Eurojust 212

6.2 (segue)…ed OLAF 216

7. Riflessioni conclusive alla luce della Relazione speciale 1/2019 della Corte dei conti europea e degli interventi del Comitato di contatto 218

Bibliografia 222

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1

INTRODUZIONE

Le funzioni e il ruolo della Corte dei conti europea (European Court

of Auditors) costituiscono un tema di ricerca del tutto peculiare, in

quanto nonostante la denominazione e la composizione collegiale essa è priva di poteri sanzionatori: la Corte dei conti europea è una Corte a livello formale, ma non sostanziale. Il presente elaborato, muovendo da questa premessa, intende analizzare la Corte dei conti europea con un approccio multidisciplinare. Infatti si propone di approfondire non solo l’audit di matrice pubblicistica, ma anche la cooperazione antifrode con l’Ufficio europeo antifrode (OLAF), ambito che va ad interessare il diritto pubblico, anche sotto il profilo processual-penalistico.

L’audit pubblico e la cooperazione antifrode, seppur a prima vista distanti e appartenenti a due differenti branche del diritto, sono in realtà fortemente connessi: non vi può essere un audit pubblico efficace senza una cooperazione antifrode in grado non di reprimere, ma di prevenire fenomeni corruttivi potenzialmente capaci di ledere gli interessi finanziari dell’UE.

Si è ritenuto opportuno, alla luce dell’esperienza maturata presso l’Ufficio legale della Corte dei conti europea, di studiare e di considerare tale Istituzione come un “soggetto in costante divenire”, destinato in futuro ad accrescere le proprie prerogative e poteri di indirizzo.

Nello specifico, in primis, si è effettuata una analisi sulla evoluzione storica della Corte evidenziando come da mero “audit office”, organo ausiliario, sia divenuta con il Trattato di Maastricht del 1992 una vera e propria Istituzione, assumendo il ruolo di “coscienza finanziaria” dell’Unione europea.

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2

Nel prosieguo della ricerca, si è effettuata una analisi dei profili strutturali ed organizzativi. Dallo studio è emerso che la Corte dei conti europea, tramite la suddivisione in “Sezioni” o “Chambers”, ciascuna dotata di una propria competenza, ha la possibilità di pianificare i controlli in modo coordinato ed efficiente in tutti gli Stati membri.

Il corpo centrale dell’elaborato si concentra sulla “difficile” nozione di controllo, che nei vari ordinamenti giuridici può assumere una differente connotazione. Infatti in francese, “controle” significa verifica, comparazione, riscontri, mentre in inglese, “control” si traduce come governo, dominio, indirizzo. Invece, il concetto di “audit o check”, a cui è assimilabile la funzione di controllo svolta dalla Corte, definisce una attività amministrativa volta alla verifica e analisi dei dati. Nello specifico l’audit di ECA di natura successiva, si connota per una densità contenutistica sia a livello di “financial

audit” che di “perfomance audit”, volto alla creazione di un “value for money”. Inoltre si è ritenuto opportuno approfondire, tenendo

conto del Manuale di audit di ECA, la metodologia DAS, ossia la “declaration d’assurance”, con cui la Corte attesta l’affidabilità dei conti pubblici dell’Unione.

L’analisi comparata ha analizzato come i tre sistemi di controllo sulla finanza pubblica presenti nei vari Stati, ossia il “Westminster model”, il “Board model” e il “Napoleonic model”, nonostante le diversità strutturali e giuridiche, abbiano il medesimo scopo: quello di rendere la finanza pubblica stabile e trasparente. Nel corso della ricerca è emerso che la Corte dei conti europea può essere ritenuta una Istituzione Superiore di Controllo “sui generis”, a metà tra il “Westminster model” in quanto è priva di poteri sanzionatori e il “Board model”, poiché dotata del requisito della collegialità.

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3

Nella parte finale dell’elaborato ci si è concentrati sulla lotta alle frodi dell’UE, sottolineando come il concetto stesso di frode sia mutato nel corso degli anni, assumendo uno spettro applicativo più ampio. In particolar modo, si è ritenuto opportuno approfondire la cooperazione antifrode intercorrente tra ECA e l’Ufficio europeo antifrode (OLAF), tenendo conto della normativa di Eurojust e della Procura europea, che entrerà in funzione nel 2020. La creazione di quest’ultima, rappresenta un passo importante verso il rafforzamento di una “common antifraud policy”, come sottolineato dalla Relazione speciale 1/2019 della Corte dei conti europea.

In conclusione con la presente ricerca, si è evoluto evidenziare che grazie all’attività di ECA, si sta progressivamente affermando un sistema di “controllo multilivello” , frutto di una attività di cooperazione e coordinamento sia a livello statale che sovranazionale, in grado non solo di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, ma anche i diritti di tutti i cittadini europei.

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CAPITOLO I

Evoluzione

storica

e

progressiva

istituzionalizzazione della Corte dei conti

europea

SOMMARIO: 1.1 Premessa: complessità e criticità dell’ordinamento giuridico europeo - 1.2 Il Commissario dei conti e l’ “Audit Board”: i primi due organi di controllo sulla finanza pubblica europea - 1.3 Le criticità del controllo esterno - 2. Il Trattato di Lussemburgo e le relative conseguenze – 3. La revisione del 25 aprile 1973 del Regolamento finanziario – 4. Il Trattato di Bruxelles 22 luglio 1975: la nascita della Corte dei conti europea – 5. L’istituzionalizzazione della Corte dei conti europea – 6. I Trattati di Nizza e di Lisbona.

1.1 Premessa: complessità e criticità dell’ordinamento giuridico e europeo

Ripercorrere l’evoluzione storica dei controlli sulla finanza pubblica dell’Unione europea1, suscita inevitabilmente una serie di interrogativi derivante da una concezione di fondo, che si esplica nell’impossibilità di considerare l’Unione Europea un vero e proprio Stato2 - quantomeno nella concezione tradizionale del termine elaborata, tra l’Ottocento e il Novecento, da Georg Jellinek3 e Santi

1 M. CONDINANZI, Da comunitario a unionale. La difficile ricerca di un aggettivo

adatto, in rivista eurojus.it, 2017. L’aggettivo è stato ormai validato

dall’Accademia della Crusca per sostituire il termine comunitario. Costituiscono valide alternative l’espressione dell’Unione o l’aggettivo eurounitario, utilizzato soprattutto da parte della nostra Giurisprudenza (in primis , il Consiglio di Stato). 2 Sul concetto di “Stato”, ex multis, e senza pretesa di esustività, cfr., AA.VV., Lo

Stato moderno, a cura di, E. ROTELLI e P. SCHIERA, Vol. III, Bologna, 1974; F.

CORTESE, voce “sovranità”, in Enc. dir., vol. XLIII, Milano, 1990; N. BOBBIO,

Stato, governo, democrazia, Torino, 1998; S. CASSESE, La crisi dello Stato,

Roma-Bari, 2002; F. CHABOD, L’idea di nazione, Roma-Bari, 2002.

3 G. JELLINEK, La dottrina generale dello Stato, Milano, 1921; ID., La dottrina

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5

Romano4 – e, conseguentemente, dalla necessità di definirla quale «ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale»5.

Questo è testimoniato dal fatto, che sin dalle origini6, l’Unione europea ha rinunciato a manifestare “la vocazione a riunire tutte le potestà sovrane, come hanno fatto gli Stati”, ponendosi come obiettivo principale quello di influire sul loro esercizio7.

Alla luce di queste considerazioni, si può senza dubbio affermare che l’ordinamento giuridico europeo sia un “ordinamento composito”, di

“mera missione”, all’interno del quale non si rinvengono quelle

potestà supreme, in grado di definire il concetto di sovranità nazionale8. Infatti mentre gli Stati membri esercitano la sovranità sul

proprio territorio in cui risiede il proprio popolo, l’Unione europea

ha un territorio definibile solo in via residuale, per remissione9 e non

dispone di un proprio popolo, inteso come comunità omogenea sotto il profilo etnico, linguistico e culturale, e soprattutto assoggettato alla sua esclusiva sovranità10.

della sovranità, Milano, 1989; ID., Problemi fondamentali della dottrina del diritto pubblico, Napoli, 1997.

4 Si vedano, in particolare, S. ROMANO, Frammenti di un dizionario giuridico,

Milano, 1947, e ID., L’ordinamento giuridico, Firenze, 1961.

5 Tale teoria è presente nella causa C-26/62, Costa v. Enel e poi ripresa costantemente dalla giurisprudenza successiva

6 Per una analisi approfondita sull’origine dell’Unione europea, si veda W. KAISER, Christian Democracy and the Origins of European Union, Cambridge 2007.

7 Corte Giustizia, C-26/62, Costa v. Enel, cit.

8 Ben delineato da G. DELLA CANANEA, L’Unione europea. Un ordinamento

composito, Bari-Roma, 2003, nonché sempre da G. DELLA CANANEA, C.

FRANCHINI, in I principi dell’amministrazione europea, Torino, 2017, pp. 19 e s s. In precedenza, per questa posizione, cfr. S. CASSESE, L’Unione europea come

organizzazione pubblica composita, in La crisi dello Stato, Roma, 2002.

9 Perciò come la risultante del territorio sottoposto alla sovranità dei singoli Stati che vi aderiscono. In generale sul concetto di “territorio dello Stato”, cfr., ex plurimis: R. MONACO, Manuale di diritto internazionale pubblico, 2a ed., Torino, 1971, pp. 354 e ss.; S. CASSESE, Diritto internazionale, Bologna, 2006, pp. 77 e ss.

10 Sulle nozioni di “popolo” e “cittadinanza”, anche nella prospettiva europea, cfr. indicativamente: G. CORDINI, Elementi per una teoria giuridica della

cittadinanza. Profili di diritto pubblico comparato, Padova, 1998; R. BIFULCO,

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6

Nonostante tali aspetti, l’Unione europea dispone di un proprio diritto amministrativo, essendo divenuta nel corso del tempo un vero e proprio “ente a funzioni amministrative”, grazie anche al linguaggio dello stesso Trattato di Roma del 195711, che è “un tessuto di espressioni verbali e formulazioni semantiche che richiamano tutte locuzioni e ordini concettuali propri del diritto amministrativo”12. L’amministrazione europea si configura come una “amministrazione senza Stato”, ma non una amministrazione senza diritto amministrativo13. Questo è dimostrato dal fatto che il diritto amministrativo europeo è compenetrato nel diritto amministrativo italiano, al quale offre continuamente linfa innovativa14. Inoltre il

diritti fondamentali dell’Unione europea, Bologna, 2001; V.E. PARSI (a cura di),

Cittadinanza e identità costituzionale europea, Bologna, 2001; AA.VV., La

cittadinanza che cambia: radici nazionali e prospettiva europea, Annali della Fondazione Giuseppe di Vittorio, Roma, 2006; P. CARROZZA, Noi e gli altri. Per una cittadinanza fondata sulla residenza e sull’adesione ai doveri costituzionali, in

E. ROSSI, F. BIONDI DAL MONTE, M. VRENNA (a cura di ), La governance

dell’immigrazione. Diritti, politiche e competenze, Bologna, 2013.

11 Tale Trattato, tecnicamente appare redatto sul modello di una Carta costituzionale, ma secondo la dottrina vista l’esclusione di un sistema di diritti individuali, non può essere considerato come una vera e propria Costituzione, si vedano G.F. MANCINI, The Making of a Constitution for Europe, in Common

Market Law Review, 1989, p. 595; R. BERNHARDT, Le fonti del diritto comunitario: la “Costituzione” della Comunità, in Trent’anni di diritto comunitario, cit., p. 71; S. CASSESE, La Costituzione europea, in Quad. cost.,

1991, p. 487, M.L. FERNANDEZ ESTEBAN, La Corte di Giustizia quale elemento

essenziale nella definizione di Costituzione europea, in Riv. it. Dir.pubbl.comunit.,

1996, p. 221; P.V. BERNHOLZ, Quale Costituzione, in Biblioteca della libertà, 1991, p. 29; D.GRIMM, Una Costituzione per l’Europa?, in il futuro della

Costituzione, Torino, 1996, p. 339.

12 M.S. GIANNINI, Profili di un diritto amministrativo delle Comunità europee (1967), ora in Riv.trim.dir.pubbl., 2003, p. 979

13 Per un’accurata storia dell’evoluzione del pensiero che, da un iniziale scetticismo, riconosce oggi la validità della tesi per cui esiste un diritto amministrativo europeo anche senza uno “Stato” tradizionalmente inteso, si rinvia a G. DELLA CANANEA, C. FRANCHINI, in I principi dell’amministrazione europea, cit., pp. 20 e ss.

14 Sul diritto amministrativo europeo e sui rapporti con il diritto amministrativo italiano, cfr., ex multis: C.FRANCHINI, Amministrazione italiana e

amministrazione comunitaria, Padova, 1993; E. PICOZZA, Diritto amministrativo e diritto comunitario, Torino, 1997; G.RECCHIA, Profili metodologici nell’attuazione amministrativa del diritto comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. comunit. 1998, pp. 1105 e ss.; S. CASSESE, Il diritto amministrativo europeo presenta caratteri originali?, in Riv. trim. dir. pubbl., 2003, pp. 35 e ss.; E. CHITI,

C. FRANCHINI, L’integrazione amministrativa europea, Bologna, 2003; M.P. CHITI, Diritto amministrativo europeo, IV ed., Milano, 2011; G. DELLA

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giurista francese Paul Reuter, affermava in un periodo in cui il modello di amministrazione europea si configurava ancora e solo come amministrazione di missione15, che un diritto amministrativo comunitario esiste e si profila, almeno limitatamente al contenzioso della funzione pubblica e alla gestione delle risorse finanziarie16. Dunque l’Unione europea, sin dagli albori, si allontanava dall’idea di Stato nel senso tradizionale del termine, poiché fino al Trattato di Lisbona non avrà una vera e propria autonomia finanziaria che costituisce un elemento necessario per ogni soggetto giuridico assimilabile ad una “entità sovrana”17. Infatti ante-Lisbona, il bilancio della Comunità non era costituito da risorse proprie, ma dai contribuiti versati dai singoli Stati membri, che agivano nella vesti di veri e propri agenti di riscossione per conto e in nome della Comunità europea.

Le esigenze di creazione di un sistema contabile europeo, iniziarono a manifestarsi a partire dalla seconda metà degli anni ’60, definiti dagli studiosi come gli anni del “go and stop”18, il cui punto di svolta è rappresentato dal Trattato di Bruxelles sulla “fusione degli esecutivi”, dell’8 aprile 1965, che non solo ha effettuato una razionalizzazione del sistema contabile, tramite la creazione del “bilancio unico”, ma ha anche contribuito alla creazione della osmosi strutturale tra Consiglio e Commissione per le tre Comunità (CECA,CEE e CEEA).

CANANEA (a cura di), Diritto amministrativo europeo: principi e istituti, Milano, 2011.

15 D. BERLIN, Organisation et fonctionnement de la Commission, in S. CASSESE (ed.), The European Administration, Bruxelles, IISA, 1988, p. 27.

16 Sul punto si veda D. SORACE, Dal diritto comunitario europeo a un nuovo

diritto amministrativo italiano?, in Lo stato delle istituzioni italiane. Problemi e prospettive, Milano 1994.

17 R.LOMBARDI, Corte dei conti europea e attività di controllo sulla gestione

finanziaria, in Amministrazione in cammino, 4 Marzo 2019, p.3.

18 G. CLEMENS, Geschichte, pp.138-181; W.LOTH, Crises and Compromises.

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L’art.20 del Trattato, definiva il bilancio come somma complessiva del bilancio CEE e dei bilanci amministrativi CECA e CEEA, sancendo che: “Le spese di amministrazione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio e le relative entrate, le entrate e le spese della Comunità economica europea, le entrate e le spese della Comunità europea dell’energia atomica, ad eccezione di quelle dell’Agenzia di approvvigionamento, delle imprese comuni e di quelle che devono essere iscritte nel bilancio delle ricerche e degli investimenti della Comunità europea dell’energia atomica, sono iscritte nel bilancio delle Comunità europee(…)Questo bilancio, in cui entrate e spese devono risultare in pareggio, sostituisce il bilancio amministrativo della Comunità europea del carbone e dell’acciaio, il bilancio della Comunità economica europea e il bilancio di funzionamento della Comunità europea dell’energia atomica”. Dalla lettura della norma appare evidente, che l’unico atto non presente all’interno del bilancio, fosse il bilancio di ricerche ed investimenti dell’EURATOM, che verrà inglobato all’interno del budget comunitario con il Trattato di Lussemburgo del 22 Aprile 1970.

Oltre all’unificazione dei documenti di rendicontazione, facevano seguito, con “maggiore incisività, le novelle introdotte dal Trattato di Roma, che “introducevano un criterio di raccordo sul crinale delle fonti di finanziamento”19 ed inoltre il corpus pattizio (agli artt.201 e 173) consacrava l’estensione del regime delle risorse proprie anche per CEE e CEEA20. Tale assetto verrà completato dal Consiglio tramite il Regolamento 728/70 del 21 aprile 197021 , grazie al quale si abbandona almeno in parte il sistema della finanza derivata,

19 D. SICLARI, La Corte dei conti europea nel sistema multilivello dei controlli,

Percorsi di diritto amministrativo, Napoli, 2012, p.14.

20 E.C. PINTO, La Corte dei conti delle comunità europee, in Novissimo Digesto

italiano, II, Torino 1981, p.856.

21 Regolamento (CEE) n.728/70, recante disposizioni complementari per il finanziamento della politica agricola comune, in G.U.C.E., L.94 del 28 aprile 1970.

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prevedendo un modello di autofinanziamento22 basato sui seguenti pilastri23:

-Grafico rappresentativo dei pilastri delle risorse proprie-

Successivamente, il Parlamento europeo iniziò a manifestare la necessità di una serie di interventi volti a riformare sia la formazione ed adozione del bilancio, sia il sistema di controllo che risultava del tutto inadeguato24, in quanto il bilancio comunitario dai 15 miliardi di euro iniziali, si stava incrementando ulteriormente. Per questi motivi, il bilancio da strumento a carattere amministrativo, divenne a tutti gli effetti un documento marcatamente operativo25.

In quel contesto, caratterizzato da uno spirito di rinnovamento, si colloca, la crisi della sedia vuota del 30 giugno 1965 effettuata dal

22 R. LOMBARDI, op. cit. , p.3.

23 Le stime della Commissione delle Comunità al 15 novembre 1972, doc.257/72 erano queste:

-l’intero gettito dei dazi (previsione finanziaria per il 1975 era di circa 2,2 miliardi di unità di conto);

-i prelievi agricoli (previsione finanziaria per il 1975 circa 0,9 miliardi di u.c.); -ove fosse stato necessario, sino all’1% dell’imposta sul valore aggiunto (iva) di tutti gli Stati membri dal 1975.

Attualmente il bilancio dell’Unione europea ammonta a circa 145 miliardi pari all’1% del PIL europeo, che equivale dunque alla dimensione del bilancio di uno Stato medio/piccolo.

24 H.REICHENBACH, Le déséquilibres des flux budgétaires, in Revenue française

de finances publiques, 1983.

25 D. BAUCHARD, Les budgets des institutions européennes et le controle de leur

execution, in Revenue Banque et Bourse, 1963.

Intero gettito dei dazi

dazi

Prelievi agricoli Quota IVA (max.1%)

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Presidente francese Charles De Gaulle. Quest’ultimo, mediante tale forma di protesta, si oppose alla creazione di un mercato agricolo europeo finanziato e controllato direttamente dagli Stati membri26. Come ricordato da Carlo Casini, all’epoca Presidente della Commissione Affari Costituzionali: “La crisi che determinò la sedia vuota, cioè il ritiro della Francia dalle riunioni del Consiglio, parve la premessa della fine del progetto iniziale in cui De Gasperi aveva avuto un ruolo di primo piano. I ministri della CEE hanno dibattuto per tre giorni la proposta del Presidente della Commissione, Hallstein. Bisognava trovare una soluzione entro la mezzanotte del 30 giugno, cioè prima della fine della presidenza francese. Italia, Germania, Belgio, Olanda, Lussemburgo credevano che le trattative si sarebbero prolungate. Invece il ministro degli esteri Maurice Couve de Murville, annunciò che a causa del superamento del termine la Francia non avrebbe potuto partecipare al Consiglio sino a nuova notifica.(…) La visione di Hallstein che voleva che la PAC fosse finanziata con risorse proprie controllate dal Parlamento europeo e che il Consiglio votasse a maggioranza qualificata, era un passo verso il federalismo che Gaulle non poteva accettare. Al Consiglio, la sedia della Francia restò vuota per sei mesi. Gennaio 1966, il Lussemburgo cerca una prima riconciliazione. L’economia francese subì ripercussioni del blocco del mercato agricolo e De Gaulle capì la grande influenza che la Francia aveva nell’UE o all’epoca nella CEE e che non era suo interesse restare in disparte. (…) Il compromesso di Lussemburgo ritardava infine l’autofinanziamento della PAC e i poteri di controllo del Bilancio del Parlamento. I Paesi membri acquisirono un diritto di veto

26 In merito si veda G.H. SOUTOU, L’alliance incertaine. Les rapports

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informale nei casi in cui una decisione poteva minacciare gli interessi nazionali”27.

In conclusione, per ripercorrere l’iter storico e politico che ha condotto alla nascita della Corte dei conti europea, appare opportuno soffermarsi non solo sul quadro giuridico, ma anche sul contesto istituzionale, che ha inevitabilmente ha influito sulla creazione del revisore esterno della finanza pubblica europea.

1.2 Il “Commissario dei conti” e l’ “Audit board”: i primi due organi di controllo sulla finanza pubblica europea

“Quando l’organizzazione amministra denaro pubblico, è (…) interesse di tutta la collettività sapere come è impiegato: questa è la ragione comune dei controlli sulle organizzazioni pubbliche”28. Come affermato dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 26 agosto 178929 all’art. 14 : “Tutti i cittadini hanno il diritto di constatare, da loro stessi o mediante i loro rappresentanti, la necessità del contributo pubblico, di approvarlo liberamente, di controllarne l’impiego e di determinarne la quantità, la ripartizione, la riscossione e la durata” e all’art. 15: “La società ha il diritto di chiedere conto della sua amministrazione ad ogni pubblico funzionario”. Questa esigenza democratica30, che affonda la propria

27Sito istituzionale del Parlamento europeo,

https://multimedia.europarl.europa.eu/it/history-the-empty-chair-crisis_V001 0005_ev

28 Così M.S. GIANNINI , Istituzioni di diritto amministrativo, Milano 2000, p. 27. 29 Si vedano C.A. COLLIARD, La déclaration des droits de l'homme et du citoyen

de 1789, La documentation française, Paris, 1990; G.CONAC, M.DEBENE, G.

TEBOUL, La Déclaration des droits de l'homme et du citoyen de 1789; histoire,

analyse et commentaires, Economica, Paris, 1993; G. JELLINEK, La dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, Giuffrè, Milano, 2002; G. DEL VECCHIO, La déclaration des droits de l'homme et du citoyen dans la Révolution française: contributions à l'histoire de la civilisation européenne, Librairie générale de droit et de jurisprudence, Paris, 1968; S. RIALS, La déclaration des droits de l'homme et du citoyen, Hachette, Paris, 1988.

30 C.WALINE, P.DESROUSSEAUX, S. GODEFROY, Le budget del’ Etat,

nouvelles règles, nouveaux principes, coll. Les Etudes, La Documentation francais,

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esistenza in tempi remoti31 è stata rafforzata nel corso negli anni, sia a livello nazionale, sia a livello sovranazionale ed europeo32.

I controlli sulla finanza pubblica, nel loro complesso si dividono in due tipi controllo, un controllo esterno di tipo politico e un controllo esterno di tipo tecnico. Il primo tradizionalmente, viene esercitato dalle assemblee parlamentari democraticamente elette, mentre il secondo rientra nelle sfere di competenza di organi tecnici, composti da professionisti e da esperti in materia33.

Anche per quanto riguarda il contesto comunitario, prima della creazione della Corte dei conti europea, vi erano queste due forme di controllo esterno, che sin dalle origini evidenziavano delle problematiche e delle ingenti complessità.

In merito al controllo esterno di tipo politico, essendo il sistema europeo un “sistema sovranazionale”, si desiderava limitare il potere delle singole assemblee nazionali per evitare che esse potessero diventare “la cassa di risonanza dei nazionalismi”34 a discapito

31 Già nel Pentateuco biblico vi era un sistema di controllo e gestione della riscossione delle decime (Pentateuco, Esodo, 38,21-31/conto dei metalli usati per il Tabernacolo; cfr. N. POLLARI E A. DEL CIOPPO, Elementi di contabilità

pubblica, Contabilità di Stato e degli enti pubblici, Roma 2002, p.16); anche nella

cultura ellenistica ai tempi di Aristotele vi era un ordinamento contabile: il Sundicos

ateniese; cfr F. TROMBETTA, Lineamenti delle Istituzioni comunitarie, in Riv. it. Dir. Pubbl. comunit., 2001, 2, p. 239; “Nella Roma repubblicana (…) non

mancarono esempi anche clamorosi di repressione delle malversazioni in danno del Tesoro e delle province, le cui amministrazioni finanziarie erano affidate rispettivamente ai quaestores ed ai provinciales. I primi avevano l’obbligo di rendiconto finanziario all’aerarium populi romani alla scadenza dell’anno di carica, i secondi dovevano far pervenire al Senato attraverso gli urbani i loro conti di gestione, perché venissero esaminato col conto del Tesoro centrale” (C.GHISALBERTI, Corte dei conti (premessa storica), in Enc.Dir., X, Milano 1962, p. 853); Durante il Medioevo, “pur detenendo il sovrano tutti i poteri, per la miglior efficienza organizzativa dello Stato si vennero progressivamente differenziando quei complessi organi di controllo nell’ambito della pubblica amministrazione che, per il prestigio dal quale erano circondati e per l’autorità della loro funzione, possono davvero essere ritenuti precorritori delle moderne magistrature di controllo”.

32 Si veda A. CIANCIO, Perché un diritto costituzionale europeo?, in

Federalismi, n. 11/2019, 2ss, spec.3.

33 I. DECROUY-CHANEL, C. PERRON, La Cour des comptes européenne, Paris

PUF, Que sais-je?, 1998, p.11.

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dell’interesse generale della Comunità. Infatti il Trattato CEE conferì all’assemblea di Strasburgo35 “l’arma assoluta” di censurare direttamente le scelte dell’esecutivo, ma in concreto il suo ruolo a livello legislativo, in materia di bilancio, risultava marginale e meramente consultivo: il Consiglio, come supremo rappresentante degli Stati membri, restò fino al 1970 la sola autorità incaricata del controllo politico sulla finanza pubblica.

La stessa assemblea europea di Strasburgo, che dal 1961 si era autodefinita come Parlamento europeo, non cessava di denunciare le carenze sistemiche all’interno dell’assetto istituzionale della Comunità, evidenziando la cogente necessità di riconoscere all’unico organo democraticamente eletto dai cittadini europei, maggiori prerogative in materia di controllo politico sul bilancio. Tuttavia, fino al 1970, il Parlamento europeo, non ottenne alcun potere in materia di bilancio, ma questo era un quadro destinato a mutare.

Per quanto riguarda invece il controllo esterno a carattere tecnico affidato ad organi amministrativi, era già presente nel 1951, poiché sin dalla nascita della prima Comunità, gli Stati membri presero in considerazione l’idea di costituire, tramite le disposizioni puntuali del Trattato, un organo amministrativo indipendente, in grado di tutelare le risorse pubbliche europee. In origine, tale forma di controllo venne espletata, nel corso degli anni da due organi, che possono essere considerati gli antecedenti della Corte dei conti europea.

Il primo era stato istituito dal Trattato di Parigi (art.78 Trattato CECA) e si concretizzava nella figura di un “Commissario dei conti”, nominato dal Consiglio, il cui mandato durava per tre anni. Egli aveva il compito di produrre annualmente, in modo del tutto indipendente e tecnico, una relazione dettagliata sulle operazioni contabili in entrata ed in uscite, relative alle risorse della Comunità;

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il secondo, invece, era stato previsto dal Trattato CEE (art.206) e si incarnava nella figura della Commissione di controllo o Audit Board, composta da sei revisori dei conti e da un Presidente ( all’epoca Giovanni Freddi), scelti tra personalità aventi la qualifica di funzionario o agente di un’altra soggettività di diritto pubblico nazionale o internazionale, in modo da garantire indipendenza ed esperienza nel campo di gestione contabile economica e finanziaria o della verifica dei conti pubblici. Inoltre, “La posizione istituzionale dell’organo era caratterizzata dall’indipendenza in assenza di ogni vincolo di gerarchia o di direzione nei confronti delle istituzioni comunitarie: in particolare esso poteva fissare autonomamente il contenuto della relazione in cui si concretava la sua funzione di verifica”36. La Commissione dei conti, per l’espletamento delle sue funzioni, si riuniva una volta al mese a Bruxelles e deliberava sulle relazioni e rapporti da pubblicare.

Il Commissario dei conti e la Commissione di controllo, seppur distinti e separati, svolgevano le proprie attività in modo diversificato, ma ricollegandosi alle medesime modalità e principi: ossia di constatare la legittimità, la regolarità e la sana gestione finanziaria sul base del rispetto delle disposizioni dei Trattati, dei Regolamenti finanziari e di tutti gli atti emanati in esecuzione delle fonti originarie37.

1.3 Le criticità del controllo esterno

Il controllo esterno, dalla Commissione di controllo, si mostrò col passare del tempo, inadeguato: la sua attività si concretizzava in controlli ex post aventi una natura non giurisdizionale e recava delle

36 G.M. PALMIERI, La Corte dei conti delle comunità europee, Padova, 1983; C. CONSO, Controlli comunitari e segreto istruttorio, in Studi in onore di Liebmann, II, Milano 1979, pp. 951 e ss.

37 J.C. LEYGUES, La Commission de controle des Communautès europèennes, in

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problematiche, sia a livello delle spese che delle entrate38. “Più precisamente, quanto alle spese poteva ravvisarsi un’eccessiva dilatazione temporale tra il momento dell’esborso e l’eventuale contestazione operata dall’autorità di controllo. Un’impostazione del genere si presentava funzionale per le sole spese correnti (o comunque caratterizzate per la loro ripetizione negli esercizi successivi), svelando un vulnus a fronte delle ulteriori tipologie di spesa-aventi carattere tutt’altro che marginale ”39.

Inoltre il controllo esterno, esperito dalla Commissione di controllo, conduceva alla stesura di un rapporto, all’interno del quale venivano evidenziati i flussi finanziari inerenti le entrate e le uscite, però nel caso di eventuali irregolarità, non poteva esercitare alcun potere repressivo o interdittivo. Per di più, le relative competenze e i poteri di investigazione erano definiti in termini generici e non specifici: risultava difficile individuare lo spettro complessivo delle sue prerogative che si estendevano non solo ai conti, ma anche a tutte le operazioni di spesa e entrate realizzate in esecuzione del bilancio. “Un altro svantaggio del controllo a posteriori esterno, consisteva nel fatto che un organo estraneo ai servizi controllati non può sempre conoscere a fondo le procedure di tali servizi, come sarebbe invece auspicabile”40, questo perché gli organi sottoposti al loro controllo erano totalmente indipendenti ed esterni rispetto alla loro organizzazione. Di conseguenza tutte le procedure di controllo risultavano lente e macchinose41.

“Dunque, l’instaurazione del regime delle risorse proprie, intercalata in un contesto segnato dal dilagante fenomeno delle frodi fiscali nel settore agricolo, non accompagnata da una paritetica

38 I. DECROUY-CHANEL, C. PERRON, op. cit., p.13. 39 D.SICLARI, op. cit. , p.16.

40 Così H.AIGNER, Introduzione, in Per l’istituzione di una Corte dei conti

europea, Pubblicazione della Direzione generale della ricerca e della documentazione del Parlamento Europeo, Lussemburgo 1973, p. 18.

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razionalizzazione dei controlli sulle entrate (affidati in via esclusiva agli Stati membri), aveva ingenerato sfiducia nelle strutture e nei meccanismi delle Comunità”42: l’instaurazione del regime delle risorse proprie, caratterizzata dal fenomeno delle frodi fiscali43 nel settore agricolo : “Finché tale Corte non sarà istituita e finché la sua autorità non sarà riconosciuta, non soltanto le finanze della Comunità, ma anche il suo buon nome e la sua reputazione correranno seri rischi”44.

Secondo Heinrich Aigner45, il controllo della Commissione sulle finanze comunitarie, costituiva all’epoca una mera attività accessoria, poco idonea a garantire una gestione efficace e trasparente dei fondi europei. Inoltre sosteneva che con un organo esterno ed indipendente, dotato di grandi poteri, si sarebbe stati in grado di tutelare in efficace il bilancio e le risorse comunitarie. Solo in questo modo si sarebbe potuto concretizzare una parte del sogno europeo, basato sul riconoscimento di diritti ai cittadini46 e su Istituzioni stabili e durature47.

Come affermato nel 1977 da Hans Kutcher Presidente della Corte di giustizia delle Comunità europee: “La creazione della Corte dei conti europea, corrispondeva all’esigenza di disporre di una coscienza finanziaria48”, totalmente indipendente e autonoma nell’espletamento delle sue funzioni a tutela della finanza pubblica.

42 D.SICLARI, op. cit., p.18

43 M. FLAESCH, La CEE et la lutte contre les fraudes au détriment du budget

communautaire, in Cahiers de droit européen, Bruxelles 1983, nE4, pp. 393 e ss.

44 Così Onorevole SHAW, in Parlamento europeo, Discussioni 1975, n.193, pp. 268-271.

45 Si veda L.C. ULRICH, Roads to Europe: Heinrich Aigner and the genesis of the

European Court of auditors, European Publication Office, 2015.

46 Sul punto si rimanda a L. AZZENA, L’integrazione attraverso i diritti: dal

cittadino italiano al cittadino europeo, Giappichelli, Torino, 1998.

47 W. SCHMALE, Geschichte Europas, Vienna, 2001, p.84.

48 H.KUTSHER, Allocuzione del Sig. Kutscher (Presidente della Corte di giustizia europea), in Prestazione di giuramento solenne dei primi Membri della Corte dei

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2. Il Trattato di Lussemburgo e le relative conseguenze

Il Trattato di Lussemburgo del 22 aprile 1970, rappresenta la pietra miliare “in the budget history of the European Communities49”. Grazie ad esso, gli Stati membri iniziarono un processo di ripartizione dei poteri in materia di budget come delineato dai Trattati istitutivi di CEE, CEEA e CECA.

Il Trattato prevedeva la progressiva introduzione di un nuovo sistema finanziario, che avrebbe permesso alla Comunità di finanziarsi attraverso risorse proprie e non più tramite i contributi provenienti dai singoli Stati. In questo modo il bilancio comunitario sarebbe stato costituito da entrate basate sui dazi doganali, IVA e sulle imposte agricole.

Tutto questo condusse ad un cambiamento radicale: prima la Comunità era finanziata dalle risorse degli Stati membri, mentre a partire dal Trattato di Lussemburgo diventa maggiormente autonoma, acquisendo una vera e propria indipendenza economica50. “L’adozione delle risorse proprie da parte della Comunità europea aumentava le problematiche già emerse durante l’applicazione delle previsioni del Trattato in merito al controllo finanziario esterno dell’Unione Europea. La necessità della creazione di un’organizzazione indipendente per il controllo esterno dell’implementazione del budget, diventava evidente”51.

49 A.C. KNUDSEN, The 1970 and 1975 Budget Treaties: enhancing the

Democratic Architecture of the Community, in Laursen, Finn (ED): Designing the European Union. From Paris to Lisbon, Houndmilss et al.2012, pp. 98-123.

50 Si veda il Preambolo del Trattato di Lussemburgo del 22 aprile 1970: “La sostituzione dei contributi finanziari degli Stati membri con risorse proprie delle comunità-avrebbe richiesto-un aumento dei poteri attributi all’Assemblea in materia di bilancio”. Esso verrà riproposto all’interno del Trattato di Bruxelles del 22 Luglio 1975.

51 D. SKIADAS, The European Court of Auditors, London European research

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Il Parlamento europeo ricevette il diritto di essere consultato sulla compilazione del bilancio, ottenendo così un certo grado di influenza sulle spese non obbligatorie della Commissione europea. Tutto questo portò ad una summa divisio delle competenze: al ruolo monistico del Consiglio si sostituiva un sistema di codecisione con il Parlamento europeo52 operante sia in sede di deliberazione sul progetto di bilancio, che sulla procedura di scarico alla Commissione delle responsabilità connesse con l’esecuzione del bilancio.

Dunque a questo punto, era necessaria la creazione di una “coscienza finanziaria europea” e di un organo di vigilanza ad hoc esterno ed imparziale in grado di avere una struttura organizzativa stabile e precisa.

I motivi che portarono alla creazione della Corte dei conti europea, sono sia di natura tecnica che politica. La Commissione di controllo, che era responsabile per i controlli esterni, come detto in precedenza, era del tutto incapace di adattarsi ai cambiamenti economici della Comunità. Questo era dovuto alla crescente espansione del budget degli Stati membri a seguito della politica agricola comune e al sistema delle risorse proprie. Gli auditors dell’ Audit board erano solo nove e non erano dei professionisti: svolgevano i propri compiti in modo meccanico, riferendo mensilmente i controlli effettuati. Inoltre agli inizi degli anni 70 iniziarono ad emergere all’interno del budget comunitario, dei casi di frode che dimostrarono le inadeguatezze del sistema di controllo finanziario.

Appaiono opportune le parole rese dal Vicepresidente per la Commissione per i bilanci Heinrich Aigner: “Sorgono perplessità in ordine alla situazione venutasi a creare in quanto concerne la composizione della commissione di controllo. Un tempo era composta da professori e membri della Corte dei conti di altri organi

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degli Stati membri che esercitavano un controllo finanziario analogo, ma nel 1969 alcuni Stati membri hanno proposto funzionari dei propri ministeri delle finanze. Con tutto rispetto per l’integrità personale e l’indipendenza dei funzionari dei ministeri delle finanze, è tuttavia da temere che la commissione di controllo delle Comunità finisca per rassomigliare sempre più ai Comitati del Consiglio dei Ministri. Il ruolo affidato dai Trattati alla commissione di controllo, e in particolare l’esigenza dell’indipedenza non corrisponde a tale evoluzione”53.

Concretamente il Trattato del Lussemburgo del 1970, aveva attribuito al Parlamento europeo nuovi poteri a livello di bilancio, dandogli un ruolo attivo nella procedura di discarico. La Commissione dei Bilanci (Committee on Budgets) desiderava, nel lungo periodo, creare un sistema di controllo sul bilancio efficiente e funzionante in grado di tutelare gli interessi finanziari di tutti gli Stati membri54.

3. La revisione del 25 Aprile 1973 del Regolamento finanziario

La riforma completa del controllo finanziario esterno, costituisce la principale innovazione del Trattato di Bruxelles del 1975. Questa tappa, essenziale per la nascita della Corte dei conti europea è stata preceduta dalla modifica del Regolamento finanziario, con lo scopo precipuo di rafforzare le prerogative della Commissione di controllo55.

A seguito delle ingenti critiche mosse dal Parlamento europeo, circa le modalità del controllo finanziario esterno, la Commissione nel 1972 preparò una bozza di revisione del Regolamento finanziario per

53 H. AIGNER, Introduzione, in Per l’istituzione di una Corte dei conti europea,

Pubblicazione della Direzione generale della ricerca e della documentazione del Parlamento europeo, Lussemburgo 1973.

54 Si veda A.C. KNUDSEN, The 1970 and 1975 budget treaties: enhancing the

democratic architecture of the Community, in Laursen, Finn (ed.): Designing the European Union. From Paris to Lisbon, Houndmilss et al. 2012, pp.98-123.

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porre fine ai conflitti interpretativi sulle funzioni affidate alla Commissione di controllo56. Il progetto di riforma adottato dal Consiglio il 25 Aprile 1973, rinviando allo spirito dei Trattati, confermava pienamente le competenze e le prerogative della Commissione di controllo57.

Nello specifico, per quanto riguardava il controllo sulla sana gestione finanziaria, il Regolamento finanziario all’art.87 ribadiva il potere della Commissione di controllo “Di prendere conoscenza di tutti i documenti e le informazioni”, facoltà che l’esecutivo aveva da sempre negato. Inoltre per quanto riguarda i controlli sul posto, l’art.89 risolveva la questione sui documenti di giustificazione, confermando la tesi a lungo difesa dal Parlamento: “I controlli sul posto sono considerati come parte integrante dei poteri della Commissione di controllo alla quale è attribuito il potere di utilizzare tutte le modalità di controllo”.

L’art.206 co.2 del Trattato CEE stabiliva che i controlli dovevano avvenire sui documenti e solo in caso di necessità sul posto e si conferiva alla Commissione di controllo il diritto di essere presente ai sopralluoghi effettuati dalla Commissione nel contesto della riscossione delle risorse proprie degli Stati membri, del finanziamento della politica agricola comune e di “controllo di qualsiasi fondo creato dalle Comunità”.

Inoltre la modifica al Regolamento finanziario dell’art.90,co.3, secondo cui : “il Parlamento europeo ed il Consiglio possono chiedere alla Commissione di controllo, oltre alla relazione annuale, delle relazioni o analisi su questioni specifiche relative agli esercizi chiusi. La Commissione di controllo, di propria iniziativa, può presentare al Parlamento europeo o al Consiglio relazioni o analisi di tale genere”, aveva una portata molto dirompente, perché racchiudeva in sé le

56 D. SICLARI, op.cit., p.23.

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future prerogative della nascente Corte dei conti europea58. Infatti da un lato, emergeva il principio di assistenza, funzione essenziale del revisore esterno europeo; mentre dall’altro la possibilità da parte della Commissione di controllo di rendere pubbliche le proprie attività tramite l’elaborazione di Relazioni annuali59.

Complessivamente, sia a livello formale che sostanziale, le modificazioni apportate al Regolamento finanziario, rivelavano le criticità circa l’espletamento del controllo esterno da parte della Commissione di controllo60 e la necessità di creare un organo indipendente e tecnico, deputato all’audit della finanza pubblica europea61.

4. Il Trattato di Bruxelles 22 luglio 1975: la nascita della Corte dei conti europea

Qualche mese dopo la revisione del Regolamento finanziario, la Commissione propose ufficialmente, nell’ottica di un progetto volto a rafforzare i poteri del Parlamento in materia di bilancio, la costituzione di una Corte dei conti europea.

Il progetto venne approvato dai capi di Stato e di Governo, durante il meeting di Copenaghen del 15 Dicembre 1973 e troverà la propria sede normativa all’interno del Trattato di Bruxelles del 22 Luglio 1975. Tale Trattato apporta due grandi novità all’interno dell’assetto delle Istituzioni comunitarie62.

58 Si vedano F. WOOLDRIDGE, M. SASSELLA, Some recent legal provsions

increasing the budgetary powers of the European Parliament, and establishing a European Court of Auditors’, Legal Issues of European Integration, 1976, pp.

13-52.

59 M. ZAFIROVSKI, Paradigms for analysis of social institutions: A case for

sociological institutionalism’, in International Review of Sociology: Revue Internationale de Sociologie, 2004, 14(3), pp. 363-397.

60 W.BURGERT, La nouvelle Cour des comptes europèene, in Revenue

internationale de la vèrification des comptes publics,1977, n.E4, p. 4.

61 Si veda P. PIERSON, The Path to inegration- A Historical Institutionalist

Analysis’, Comparative Political Studies, 1996, pp. 123-163.

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Innanzitutto rafforza il ruolo del Parlamento europeo, elevandolo a vera e propria autorità di bilancio, attribuendogli la competenza e la responsabilità politica per l’esecuzione del bilancio comunitario63. Dunque mentre il Trattato del Lussemburgo, si limitava a suddividere “le pouvoir de decharge” tra il Consiglio e il Parlamento europeo, il Trattato di Bruxelles conferisce a quest’ultimo il ruolo di autorità di bilancio, con il relativo potere di effettuare la procedura di scarico sulla Commissione per l’esecuzione del bilancio comunitario. Inoltre sancisce la creazione della Corte dei conti europea, modificando l’art.206 del Trattato di Roma, relativo alla Commissione di controllo. Nonostante l’introduzione di un nuovo controllore delle risorse comunitarie, la natura del controllo non cambia: come gli organi precedenti la Corte dei conti europea ha il dovere di esaminare la legalità e la regolarità delle entrare e delle spese in modo da garantire la sana gestione finanziaria. Alla Corte, nonostante tale appellativo64, non le viene attribuito alcun potere giurisdizionale né sanzionatorio, ma aveva una competenza ad esercitare il controllo:

• sul bilancio generale delle Comunità europee, che nel 1983 ammontava a 21.558.552.185 ECU65;

• sulle attività di erogazione e di assunzione di prestiti della Comunità europea del carbone e dell’acciaio, che non sono iscritte in bilancio66;

• sulle operazioni finanziate fuori bilancio da contributi degli Stati membri che rientrano nella sfera della cooperazione con i paesi in via di sviluppo associati alla CEE67.

63 Come delineato da V. VARDABASSO, “La cendrillon de l’histoire: la Cour

des comptes europèenne et la dèmocratisation des institutions europèennes (1970-1976), in Journal of European integration history 17, 2011, pp. 285-302.

64 Si veda Ufficio pubblicazioni del Parlamento europeo, The case for a European

Audit Office, 1973

65 In GU della CE, n. L 19 del 24 Gennaio 1983, p.57.

66 Il bilancio consuntivo nel 1982 era pari a 7.8 miliardi di ECU.

67 La seconda Convenzione di Lomè 1979-1985, disponeva di mezzi finanziari pari a 5,2 miliardi di ECU.

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Il Trattato, però non erigeva la Corte al rango di una istituzione, anche se un allegato al testo, prevedeva già la necessità di attribuirle tale status al pari del Parlamento europeo e della Commissione. Il 1 giugno 1977, dopo il giuramento dei suoi membri68, dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte dei conti entrerà in funzione subentrando definitivamente all’Audit Board69.

5. L’istituzionalizzazione della Corte dei conti europea

Come ricordato in precedenza, il Trattato di Bruxelles, non attribuiva alla Corte dei conti europea lo status di istituzione comunitaria al pari della Commissione o Parlamento europeo. Infatti solo con il Trattato di Maastricht del 7 Febbraio 199270, il problema venne risolto definitivamente.

Con la modifica all’art.7 del Trattato la Corte dei conti europea, venne ufficialmente riconosciuta come istituzione dell’Unione europea: “in tal modo essa veniva a rivestire lo stesso rango del Parlamento europeo, del Consiglio dei ministri, della Commissione e della Corte di Giustizia71, venendo denominata non più come Corte dei conti delle Comunità europee, ma bensì Corte dei conti europea. Allo stesso tempo il Trattato, oltre a conferirle lo status di Istituzione, rafforzava l’indipendenza e l’autorità della Corte dei conti, affidandole il compito di pubblicare annualmente una dichiarazione di affidabilità (declaration d’assurance), relativa all’affidabilità dei

68 “Only two Members of the Audit Board moved to the Court in 1977. There was reluctance at managerial level to ‘take up’ where the Board had left off”, P. STEPHENSON, Sixty-five years of auditing Europe, in Journal of contemporanery

European Research, 2016, n.12, p. 474.

69 Complessivamente svolse le proprie funzioni dal 1959 al 1977, Ibidem, p.467. 70 G.STROZZI, R.MASTROIANNI, Diritto dell’Unione europea. Parte

istituzionale, Giappichelli, ottobre 2016, pp. 13-14.

71 M.SCIASCIA, Il controllo della corte dei conti sulle gestioni pubbliche in Italia

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conti pubblici dell’Unione e la legittimità e regolarità delle relative operazioni.

A livello pratico, le innovazioni del Trattato, ampliano l’ambito operativo del controllo del revisore dell’Unione: alla Corte dei conti europea, viene affidato il potere di supervisionare le attività del secondo pilastro in ambito PESC (Politica Estera e Sicurezza Comune)72 e del terzo pilastro GAI (Giustizia e Affari interni)73. Tale ampliamento risultava del tutto necessario, poiché grazie al Trattato di Maastricht, l’ambito delle politica estera e di difesa usciva “dalla zona grigia nella quale aveva precedentemente a lungo stazionato, come ambito di cooperazione in via di prassi tra gli Stati membri od, al più, come oggetto di una cooperazione politica tra gli Stati medesimi, imposta dai trattati istitutivi ma tenuta al di fuori del diritto comunitario”74. Inoltre alla Corte, grazie all’art. 209, co.4 TUE, le viene attribuito un ruolo rilevante, nella lotta alle frodi: “Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all’art.189 B, previa consultazione della Corte dei conti, adotta le misure necessarie nei settori della prevenzione e lotta contro la frode”.

Infine, le venne riconosciuto il diritto di ricorrere presso la Corte di giustizia per “salvaguardare le proprie prerogative” nei confronti delle altre Istituzioni75.

72 Si rinvia a G. FIENGO, Pesc e Psdc: quale ruolo per il Consiglio europeo?, in

Federalismi, 5 dicembre 2018.

73 G.CLEMENTE, I controlli finanziari sulle istituzioni dell’Unione europea, in

Riv. della Corte dei conti, n.6,1996, pp.273-289.

74 E. GIANFRANCESCO, La politica estera e di sicurezza europea prima e dopo

il Trattato di Lisbona, in Forum di Quaderni Costituzionali, 2011, p. 3.

75 Tale diritto è stato riconosciuto dalla Corte di giustizia nella sentenza T185/05,

Repubblica italiana c. Commissione: “ La Corte di giustizia è competente nelle

stesse condizioni, a pronunciarsi sui ricorsi che la Corte dei conti e la BCE propongono per salvaguardare le proprie prerogative”.

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6. I Trattati di Nizza e di Lisbona

Mentre i Trattati precedenti avevano gettato le basi funzionali della Corte dei conti europea, il Trattato di Nizza del 26 Febbraio 2001, ha ridefinito il suo assetto strutturale e organizzativo76, esplicitando all’art.247 lett.a), che “La Corte dei conti è composta di un cittadino di ciascun Stato membro”. “Siffatta previsione supera definitivamente il problema connesso alle precedente previsione numerica dei membri in seno ai Trattati. Si abbandona così la logica della progressiva modificazione delle fonti originarie legata alla implementazione della compagine statale.”77Di conseguenza è stato necessario modificare le regole procedurali in sede di nomina dei membri da parte del Consiglio, prevedendo una deliberazione non più all’unanimità, bensì a maggioranza qualificata dei suffragi78.

Il Trattato di Nizza del 26 Febbraio 200179, ha ridefinito il profilo strutturale-organizzativo della Corte, modificando in primis l’art. 247, lett. a), sancendo che: “La Corte dei conti è composta di un cittadino per ciascun Stato membro”; apportando delle modifiche alla procedura di nomina dei membri da parte del Consiglio, stabilendo una deliberazione non più all’unanimità, ma a maggioranza qualificata dei suffragi.

76 B. LAFFAN, Becoming a “Living Institution”. The evolution of the European Court of Auditors, in Common Market Studies, vol.37, 1999, pp. 251-268.

77 Così D.SICLARI, op.cit., p. 30

78 F. POCAR e C.SECCHI, Il Trattato di Nizza e l’Unione Europea, in l’Italia e la

vita giuridica internazionale, Milano 2001, p. 20

79 Sul tema in generale si vedano M. BIGNAMI, Costituzione, Carta di Nizza,

CEDU e legge nazionale: una metodologia operativa per il giudice comune impegnato nella tutela dei diritti fondamentali, in Rivista italiana di diritto costituzionale, 4/2017; U. DE SIERVO, L’ambigua redazione della Carta dei diritti fondamentali nel processo di costituzionalizzazione dell’Unione europea, in Dir. pubbl., 2001; P. GIANNITI, La “comunitarizzazione” della “Carta” a seguito del Trattato di Lisbona, in I diritti fondamentali nell’Unione europea. La Carta di Nizza dopo il Trattato di Lisbona, Bologna/Roma, 2013; K. STERN, La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Riflessioni sulla forza vincolante e l’ambito di applicazione dei diritti codificati nella Carta, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, n. 6, 2014; M. CARTABIA, L’ora dei diritti fondamentali nell’Unione europea, in M. CARTABIA (a cura di), I diritti in azione. Universalità e pluralismo dei diritti fondamentali nelle Corti europee, Bologna, 2007

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Infine il Trattato di Nizza, “i cui principi coinvolgono tutti i settori della vita umana”80, detta una disciplina volta al miglioramento della Dichiarazione di affidabilità dei conti, con il ricorso all’adozione di ulteriori relazioni e pareri inerenti i settori principali dell’attività comunitaria; la cui elaborazione viene affidata a sezioni appositamente istituite piuttosto che al Plenum81.

Invece, nell’attuale impianto del Trattato di Lisbona82, la Corte, nel mantenere inalterata la propria posizione nel quadro istituzionale83 è stata collocata all’art.13 TUE, mentre la sua disciplina inerente i profili strutturali e funzionali si trova nella Sezione 7 del TFUE artt.285-28784.

In conclusione queste ricostruzioni consentono di sottolineare come la Corte, nel corso della sua evoluzione storica, abbia sempre ricoperto un ruolo chiave, per la tutela di tutti i cittadini europei. Soprattutto negli ultimi anni, caratterizzati dalla crisi economica85, in cui “the Europe and the world are facing financial and economic

difficulties”86, come si evidenzierà nel prosieguo della trattazione, il

80 C. CHIARIELLO, Il valore costituzionale della Carta di Nizza: un problema

ancora aperto alla luce della sentenza n.269/2017 della Corte Costituzionale, in Consulta online, 7 marzo 2018, p. 380.

81 H.PIRON, M. KORVELA, La politique d’information à la Cour des comptes

europèenne-Vers le marketing social?, Universitè de Nancy II, 1997, p.67.

82 Per approfondire si vedano U. DRAETTA, N. PARISI (a cura di), Elementi di

diritto dell’Unione europea. Il diritto sostanziale, Milano, 2014, pp. 348 e ss;

L. PACE (a cura di), Nuove tendenze del diritto dell’Unione europea dopo il

Trattato di Lisbona, Milano, 2012, pp. 207 ss; R. GOSALBO BONO, Some Reflections on the Csfp Legal Order, in CML Rev., 2006, pp. 338 ss.;

83 Si veda M.L. SANCHEZ BARRUECO, The post-Lisbon European Court of

Auditors: little prospect for better enhancing EU, legitimacy through better accountability in harsh times’. European Union Studies Association, 12th annual conference, Boston, USA, 3-5 March 2011.

84 V.M. DA SILVA CALDEIRA, Prefazione, in Relazione annuale di attività della

Corte dei conti europea (2009), Lussemburgo 2010.

85 M.L. SANCHEZ BARRUECO, The contribution of the European Court of

Auditors to EU Financial Accountability, in Times of Crisis’, Romanian Journal of European Affairs, 2015, 15(1), pp. 70-85.

86 V.M. DA SILVA CALDEIRA, Presentation of the audit strategy 2009-2012 and

2009 work programme of the European Court of Auditors to the Committee on Budgetary Control of the European Parliament, Brussels 2009, p. 9.

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revisore europeo ha ampliato le proprie prerogative, migliorando le modalità operative del suo controllo.

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CAPITOLO II

Composizione e organizzazione della Corte dei

conti europea

SOMMARIO: 1. Composizione, designazione e durata del mandato dei membri - 2. Requisiti e guarentigie dei membri – 3. Il Presidente e il Segretario Generale – 4. Le articolazioni interne: Sezioni e Comitati amministrativi – 5. Disciplina interna sul funzionamento delle riunioni della Corte e delle Sezioni.

1. Composizione, designazione e durata del mandato dei membri

Dal punto di vista strutturale ed organizzativo87, la Corte soprattutto nei tempi più recenti88, ha avviato un processo di ridefinizione della propria governance89 volto a “garantire il funzionamento efficace

della Corte”90.

In base alla novella dell’art. 285 TFUE (ex art.246 TCE) introdotta dal Trattato di Nizza del 26 Febbraio 2001, la Corte dei conti europea “è composta da un cittadino di ciascuno Stato membro”, in modo da garantire da un lato il requisito della collegialità e dall’altro uguaglianza a livello rappresentativo delle compagini statali. In questo modo si sono accolte le istanze, sorte dopo il Trattato di

87 Per approfondire la struttura interna i gli aspetti organizzativi: C.A. TROJANI,

La Corte dei conti europea, in Foro amm., 1975, pp. 590 e ss.; C.D. EHLERMANN, Der Europaische Rechnungshof: Haushaltskontrolle in der Gemeinschaft, Baden

Baden 1976; G. ORSONI, La Cour des comptes des Communautés européennes, Paris 1983.

88 K. KOURTIKAKIS, Imitation and supranational politicis: some lessons from the

the European Ombudsman and the European Court of Auditors’, in European Political Science Review, 2010, n.2, pp. 27-48.

89 V.M. DA SILVA CALDEIRA, Revision of the Court’s Rules of Procedure and

their Implementing Rules, in Journal de Cour des comptes européenne, n.5, 2010,

p. 3.

90 J.M. FABRA VALLES, Presentazione del programma di lavoro 2004 della

Corte dei conti europea, Commissione per il controllo di bilancio Parlamento Europeo 17 febbraio 2004, ECA/04/5, IT, p. 2.

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Maastricht91, in base alle quali alcuni avevano avanzato la proposta di diminuire il numero dei membri, per aumentare l’efficacia e il tasso tecnico del lavoro della Corte, isolandola dal contesto politico. Per quanto riguarda le modalità di designazione dei membri, l’art.286 TFUE (ex art.247 TCE), eleva il ruolo del Consiglio nella procedura di nomina: “Il Consiglio, previa consultazione del Parlamento europeo, adotta l'elenco dei membri, redatto conformemente alle proposte presentate da ciascuno Stato membro”. Dunque nello specifico, il Consiglio deve adottare l’elenco dei candidati a maggioranza qualificata (prima era necessaria l’unanimità)92, previa consultazione del Parlamento europeo, tenendo conto delle candidature presentate da ciascuno Stato membro.

Appare opportuno sottolineare l’intervento del Parlamento europeo all’interno della fase di nomina, che ha il compito di rendere un parere obbligatorio per conservare il carattere dell’inter-organicità, in fase di controllo93. In questo modo l’organo assembleare, adempie alla sua funzione di controllore politico del bilancio comunitario94 e di garante dei requisiti e dell’indipendenza dei candidati. Il parere che il Parlamento europeo è chiamato a rendere è vincolante, ma non obbligatorio, perché si è voluto evitare una ingerenza sulle singole candidature, che promanano dalla volontà degli Stati membri.

Tale procedura è frutto del Trattato di Maastricht, a seguito del quale il Parlamento europeo si era posto un interrogativo: i Membri della

91 Si veda, P. RUSSO, La Corte dei conti italiana dopo la riforma e la Corte dei

conti europea dopo Maastricht: mutamenti e nuove occasioni di lavoro comune, in Rivista della Corte dei conti, n. 2/1994.

92 N. VOGIATZIS, The independence of the European Court of auditors, in

Common Market law review, 2009, n.56, p. 676.

93 E. CORTESE PINTO, Corte dei conti delle Comunità europee, in Novissimo

Digesto italiano, App.II , Torino 1981, pp. 857 ss.

94 G.B. GOLETTI, La Corte dei conti delle Comunità europee ed i rapporti

interistituzionali (analisi della relazione sull’esercizio 1988), in Foro amministrativo, 1990, 1, pp. 219 e ss.

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