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STUDIO SPERIMENTALE E MODELLAZIONE DI RIEMPIMENTI STRUTTURATI INNOVATIVI

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Academic year: 2021

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(1)

ANNO ACCADEMICO 2013 - 2014

Università di Pisa

Facoltà di Ingegneria

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Chimica

Tesi di Laurea Magistrale

STUDIO SPERIMENTALE E MODELLAZIONE DI

RIEMPIMENTI STRUTTURATI INNOVATIVI

Relatore:

Prof.ssa Ing. Elisabetta Brunazzi

Controrelatore: Candidato:

(2)

Ai miei angeli, i miei genitori

(3)

Indice

1  Introduzione ... 1 

2  Riempimenti strutturati convenzionali e catalitici ... 2 

2.1  Introduzione ... 2 

2.2  Sezione di separazione ... 3 

2.3  Sezione reattiva ... 5 

2.4  Caratteristiche geometriche ... 6 

2.5  Bibliografia ... 8 

3  Procedure sperimentali e strumentazione ... 9 

3.1  Descrizione circuito sperimentale ... 9 

3.1.1  Circuito del liquido ...10 

3.1.1.1  Serbatoio D3 ...10 

3.1.1.2  Alimentazione della colonna C1 ...16 

3.1.1.3  Colonna C1 ...17 

3.1.1.4  Scarico colonna C1 ...19 

3.1.2  Circuito del gas ...20 

3.2  Procedure sperimentali ...22 

3.2.1  Scelta del sistema gas-liquido ...22 

3.2.2  Procedura di assorbimento ...23 

3.2.3  Campionamento ...24 

3.2.4  Misurazione dell’anidride carbonica disciolta ...25 

3.2.4.1  Titolazione di miscele di carbonati ...26 

3.2.5  Prove sperimentali ...31 

3.2.5.1  Portate di liquido e di gas ...31 

3.2.5.2  Operazioni e tempistiche ...33 

3.2.5.3  Configurazione del letto di riempimento ...34 

3.3  Bibliografia ...40 

4  Modelli per la stima dell’area interfacciale ...41 

(4)

4.2  Bibliografia ...48 

5  Considerazioni sul coefficiente di scambio di materia lato liquido ...50 

5.1  Cenni teorici ...50 

5.2  Stato dell’arte ...58 

5.3  Coefficiente di scambio di materia lato liquido in riempimenti catalitici ...80 

5.3.1  Dati sperimentali Katapak-SP11 e Katapak-SP12 ...80 

5.3.2  Splitting ...82 

5.3.3  Modello per la correlazione dei dati sperimentali ...85 

5.4  Bibliografia ...96 

6  Predizione di dati sperimentali di HETP in distillazione a riflusso totale ...100 

6.1  Cenni teorici ...100 

6.2  Considerazioni su dati sperimentali di HETP ...102 

6.3  Predizione di dati sperimentali di HETP per riempimenti Katapak-SP ...110 

6.4  Bibliografia ...117 

7  Analisi dei dati ...118 

7.1  Regime di flusso in colonna ...118 

7.2  Effetto dell’area efficace ...120 

7.3  Ripartizione del liquido ...128 

7.4  Bibliografia ...134 

8  Conclusioni ...136 

8.1  Sviluppi futuri ...137 

A Analisi della penetration theory di Higbie ...139 

B Analisi della film-penetration theory di Toor & Marchello ...144 

C Fogli di calcolo ...152 

C.1 Foglio di calcolo per la valutazione dell’HETP in riempimenti Katapak-SP11...152 

(5)
(6)

Capitolo 1 – Introduzione

1

1 Introduzione

Il presente lavoro di tesi si pone l’obiettivo di misurare sperimentalmente e successivamente modellare il coefficiente di scambio lato liquido per i riempimenti catalitici SP11 e Katapak-SP12 prodotti da SULZER Chemtech.

Sperimentalmente non è possibile valutare indipendentemente i coefficienti di trasferimento in fase gas e in fase liquida. Tuttavia scegliendo un sistema chimico-fisico in cui la resistenza al

trasferimento è concentrata nella fase liquida, è possibile ottenere il prodotto kL·ae. Il sistema scelto

è anidride carbonica / acqua, suggerito anche in letteratura per la bassa solubilità del gas nel liquido. Dalla conoscenza dell’area effettiva di scambio è possibile ricavare il coefficiente di scambio di materia in fase liquida kL. Un primo obiettivo è, quindi, lo sviluppo, attraverso i dati sperimentali, di

una correlazione per la modellazione del coefficiente di trasferimento in fase liquida in riempimenti catalitici.

In secondo luogo dalle considerazioni sviluppate dalla prima parte del seguente studio, si procede alla simulazione di operazioni di distillazione in riflusso totale nei riempimenti Katapak-SP attraverso un programma di calcolo.

I risultati del modello sono poi stati confrontati con dati sperimentali presenti in letteratura per vari sistemi, ideali e non ideali. Infine i dati di HETP predetti sono analizzati criticamente andando a valutare i parametri che influenzano l’efficienza di separazione nella complessa geometria dei riempimenti catalitici.

(7)

Capitolo 2 – Riempimenti strutturati convenzionali e catalitici

2

2 Riempimenti strutturati convenzionali e catalitici

2.1 Introduzione

I riempimenti catalitici strutturati sono stati sviluppati per essere impiegati in operazioni di distillazione reattiva. La separazione reattiva combina due operazioni unitarie in una unica

apparecchiatura nell’ottica del “Process Intensification” [1]. Con il cosiddetto Process Intensification lo scopo è quello di sostituire processi grandi, costosi e ad alto impatto energetico per arrivare sostanzialmente ad una soluzione di dimensioni ridotte, più efficiente e meno costosa anche dal punto di vista ambientale. I riempimenti Katapak-SP consentono di raggiungere questa finalità poiché sono composti da una sezione reattiva, contenente le particelle del catalizzatore, e una sezione di separazione in cui il riempimento strutturato garantisce una elevata area geometrica per lo scambio tra gas e liquido.

I riempimenti Katapak-SP possono anche essere definiti come MCSP (Modular Catalytic Structured Packing) [2], infatti la loro struttura modulare consente di poter far variare la frazione volumetrica di catalizzatore per adattarsi alle specifiche richieste del processo [3].

Le attuali applicazioni industriali del riempimento sono: - Sintesi di acetali (es. butil acetato)

- Idrolisi del butil acetato - Sintesi di esteri di acidi grassi - Sintesi di acetali

(8)

Capitolo 2 – Riempimenti strutturati convenzionali e catalitici

3

2.2 Sezione di separazione

La sezione di separazione del riempimento Katapak-SP è composta da lamine corrugate del riempimento strutturato Mellapak 752Y. Il Mellapak 752Y è la versione Plus del Mellapak 500Y, la denominazione Y sta ad indicare che l’angolo di corrugazione rispetto all’asse orizzontale è di 45°, anziché di 60° come si ha per i riempimenti Mellapak della serie X.

La differenza tra un Mellapak e un Mellapak Plus risiede nel fatto che quest’ultimo ha un angolo smussato nella parte finale delle lamine che consente di avere minori perdite di carico a parità di efficienza di scambio di materia. In Figura 2.1 si può osservare la differenza tra le corrugazioni nei due layer:

Figura 2.1 Differenza tra le corrugazioni dei Mellapak convenzionali (a) e dei Mellapak Plus (b)

L’orientazione delle corrugazioni viene fatta coincidere gradualmente all’asse verticale, in questo modo il flusso del gas all’interfaccia tra due elementi viene deviato in maniera più dolce. Questa differenza costruttiva garantisce una riduzione della velocità del gas attorno al 25% rispetto alla velocità interna al riempimento [3].

(9)

Capitolo 2 – Riempimenti strutturati convenzionali e catalitici

4 L’effetto utile è un abbattimento delle perdite di carico a

seguito della riduzione degli sforzi di taglio in una zona critica, dove i film di liquido sono meno stabili. Il risultato è la diminuzione della possibilità di ingolfamento della colonna nelle zone adiacenti tra due elementi, dove il fluido ha una naturale tendenza ad accumularsi.

Figura 2.2 Variazione dell’angolo di corrugazione in un Mellapak Plus

Per quanto concerne l’interno del riempimento strutturato, le caratteristiche geometriche di un riempimento Mellapak Plus sono analoghe a quelle di un Mellapak convenzionale, per questo motivo l’efficienza di separazione è simile. Nel Mellapak Plus anche se l’angolo di corrugazione totale è di 45°, l’angolo di inclinazione dei canali rispetto all’asse orizzontale passa da 45° a 41° (Figura 2.2). Nella caratterizzazione geometrica del riempimento è necessaria la definizione del canale di

passaggio del flusso, che possiede un tipico profilo triangolare. Il lato del triangolo mostrato in Figura 2.3 viene denominato channel side, l’altezza crimp height e infine la base channel base.

(10)

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(11)

Capitolo 2 – Riempimenti strutturati convenzionali e catalitici

6 Seguendo la denominazione del riempimento, dalla vista dall’alto è possibile osservare l’alternanza di un catalyst bag a due lamine Mellapak. I sacchetti del catalizzatore sono composti da garza metallica porosa che permette l’ingresso del liquido ma non dell’eventuale vapore. Per questo motivo questi riempimenti possono essere impiegati esclusivamente per reazioni in fase liquida.

I sacchetti e le lamine sono tenuti insieme da collari composti da rete metallica che vincolano la struttura del riempimento.

I collari presentano delle alette posizionate in direzione opposta rispetto al flusso di liquido la cui funzione è quella di deflettere il liquido che termina nelle pareti della colonna all’interno del riempimento.

Nel seguente lavoro di tesi non è stata indagata la componente reattiva del riempimento, per questo motivo il sacchetto è stato riempito con sferette di vetro del diametro di 1 mm per simulare il comportamento fluidodinamico dato dalla presenza di un catalizzatore solido.

I riempimenti Katapak-SP su scala pilota (Dcol>200 mm) hanno i catalyst bag ripartiti su due zone

lungo l’altezza dell’elemento, mentre nel nostro caso il sacchetto è costituito da un unico letto di sferette.

2.4 Caratteristiche geometriche

Le principali caratteristiche geometriche dei riempimenti Katapak-SP11 e Katapak-SP12 sono riportate nella Tabella 2.1 sottostante. Le caratteristiche elencate sono alla base dell’analisi dei risultati sperimentali e della modellazione dei riempimenti catalitici condotta nel seguente lavoro di tesi.

Per quanto riguarda le caratteristiche geometriche dei riempimenti studiati si fa riferimento alla caratterizzazione geometrica effettuata da Viva [4] [5].

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Capitolo 2 – Riempimenti strutturati convenzionali e catalitici

7 Tabella 2.1 Caratteristiche geometriche Katapak-SP11 e Katapak-SP12

Katapak-SP11 Katapak-SP12

Diametro nominale [mm] 100 100

Altezza nominale [mm[ 200 200

Area geometrica [m2/m3] 210 282

Area geometrica open

channel [m2/m3] 128.5 220

Area geometrica catalyst bag

[m2/m3] 81.5 62

Altezza letto di particelle

[mm] 181 181

Diametro particella [mm] 1 1

Porosità riempimento 0.74 0.82

Porosità sacchetto catalitico 0.399 0.399

Porosità letto di particelle 0.385 0.385

Porosità rete metallica 0.7 0.7

Fraz. Vol. catalyst bag 0.418 0.297

Fraz. Sup. catalyst bag 0.465 0.315

Fraz. Vol. open channel 0.392 0.567

(13)

Capitolo 2 – Riempimenti strutturati convenzionali e catalitici

8

2.5 Bibliografia

1. Stankiewicz, A.; Moulijn, J. A. Process intensification, Ind. Eng. Chem. Res.

2. Behrens, M. Hydrodynamics and Mass Transfer of Modular Catalytic Structured Packing, Ph.D. thesis, Technische Universitéit Deflt

3. SULZER Chemtech Brochure, Structured packings for distillation, absorption and reactive distillation

4. Viva, A. Experimental Analysis and Modeling of Novel Catalytic Structured Packing for Reactive Separation Processes, Scuola di Dottorato in Ingegneria “Leonardo da Vinci”, Università di Pisa

5. Viva, A.; Aferka, S.; Toye, D.; Marchot, P.; Crine, M.; Brunazzi, E. Determination of liquid hold-up and flow distribution inside modular catalytic structured packings. Chem. Eng. Res. And Des.

(14)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

9

3 Procedure sperimentali e strumentazione

3.1 Descrizione circuito sperimentale

Nel presente lavoro di tesi è stato utilizzato un circuito pilota presente nel laboratorio di Impianti chimici dell’Università di Pisa. Il circuito sperimentale è suddivisibile in due parti: il circuito del gas ed il circuito del liquido. Si mostra in Figura 3.1 lo schema di impianto.

Il circuito del liquido è stato progettato in modo da ridurre le problematiche relative al sistema scelto e garantire la ripetibilità delle prove. Il circuito del gas garantisce la corretta portata di aria all’interno della colonna C1.

In questo capitolo la descrizione viene incentrata sulla strumentazione impiegata, le procedure sperimentali adottate e sulla disposizioni dei riempimenti in colonna.

(15)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

10

3.1.1 Circuito del liquido

Il liquido è stoccato all’interno del serbatoio D3. Dal serbatoio il liquido è inviato alla testa della colonna C1attraverso la pompa centrifuga G1 (CALPEDA modello C22E).

Sulla linea di alimentazione alla colonna, a valle della pompa centrifuga, è presente una batteria di rotametri che consentono la regolazione della portata. Sono inoltre presenti a monte della colonna, tra i rotametri di misurazione della portata e la testa della colonna stessa, una presa campione ed un filtro. Il filtro permette di salvaguardare il distributore da eventuali depositi di solidi. In condizioni di esercizio normali il filtro non sarebbe una precauzione necessaria, in quanto l’acqua con anidride carbonica disciolta ha un pH lievemente acido e, quindi, non incrostante.

A valle della colonna è posto il serbatoio D2 di raccolta in acciaio inox, nel quale è convogliata la soluzione esausta in uscita dalla colonna C1. A monte del serbatoio D2 è presente la presa campione del fondo colonna. Al termine di ogni set di prove il liquido raccolto in D2 è rimandato al serbatoio D3 attraverso la pompa volumetrica G2 (OBL modello RB50P70).

3.1.1.1 Serbatoio D3

Nel serbatoio D3 avviene la gassatura dell’acqua e il successivo stoccaggio. Il serbatoio impiegato è di tipo SLENDER SV 1000 ed è commercializzato da Telcom®. Il materiale in cui è fabbricato è polietilene lineare, opportunamente colorato in fase di produzione per proteggere il contenuto del serbatoio in caso di esposizione ai raggi solari.

La tipologia di serbatoio è stata scelta in modo da fornire un elevato tempo di contatto al gas gorgogliato e un volume a disposizione superiore alle richieste del processo. Si riportano in Tabella 3.1 le caratteristiche geometriche del serbatoio e in Figura 3.2 un suo schema.

Il rapporto altezza / diametro garantisce un adeguato tempo di contatto tra gas e liquido, la capacità del serbatoio invece garantisce dei tempi di esercizio ottimali per il raggiungimento dello stato stazionario durante le prove.

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Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

11

Tabella 3.1 Caratteristiche geometriche serbatoio D3

Altezza [m] 1.98

Diametro [m] 0.81

Volume [m3] 0.950

Figura 3.2 Serbatoio di stoccaggio D3

Gorgogliatore: Il serbatoio D3 è dotato di un sistema di gorgogliamento per l’insufflazione

dell’anidride carbonica durante la procedura di assorbimento.

Il gorgogliatore consiste di un tubo circolare in gomma di lunghezza 1.5 m preventivamente forato.

Il diametro del tubo è ¼ di pollice e la distanza tra i fori 3 cm, in Figura 3.3 viene mostrato il componente. Questa distanza permette un gorgogliamento ottimale contenendo le perdite di carico ed ovviando al fenomeno della coalescenza delle bolle.

Il corretto funzionamento del gorgogliatore dipende anche dalla sua installazione; è necessario assicurare l’orizzontalità della struttura per limitare l’instaurarsi di percorsi preferenziali durante la risalita delle bolle.

(17)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

12

Figura 3.3 Gorgogliatore

La funzione di sostegno è svolta da una struttura “ad L” composta da un tubo in polivinilcloruro fissato alle pareti superiore ed inferiore del serbatoio che regge l’intera struttura. Su questo tubo è presente una circonferenza in acciaio che guida il tubo in gomma. La distanza del gorgogliatore dal fondo è di circa 40 cm (pari circa al raggio del serbatoio), altezza necessaria per evitare che parte della anidride carbonica immessa fuoriesca dai bocchelli A e B.

Il gorgogliatore è collegato alla testa del serbatoio tramite un tubo in gomma dello stesso diametro di quello forato e fissato alla parete superiore del serbatoio attraverso un collegamento in ottone. La struttura del gorgogliatore è interamente smontabile e si mostra in Figura 3.4.

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Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

13  Alimentazione CO2: L’alimentazione dell’anidride carbonica si compone di tre parti:

i) Una bombola da 40 litri in cui l’anidride carbonica è stoccata a circa 50 bar; ii) Una resistenza elettrica in linea con la quale l’anidride carbonica è preriscaldata facendo

fronte al raffreddamento dovuto alla laminazione del gas;

iii) Un riduttore di pressione modello EUROFRO per anidride carbonica (pressione regolabile da 0 a 10 bar) con portata massima 10 m3/h. Il riduttore mediante la valvola a spillo

permette la regolazione del flusso secondo le necessità. Si è operato con una pressione pari a circa 1 barg.

Di seguito si riportano le parti sopra descritte in Figura 3.5. a) b)

c)

Figura 3.5 a )Manometro e resistenza elettrica;

(19)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

14  Alimentazione liquidi: Il liquido può essere introdotto nel serbatoio attraverso i bocchelli A e B, visibili in Figura 3.5c. L’approvvigionamento di acqua distillata è effettuato in discontinuo e manualmente.

L’acqua distillata non è facilmente reperibile, quindi si è reso necessario il reintegro della soluzione

strippata dopo le prove giornaliere. Si è quindi predisposto un ricircolo al serbatoio D3 dal serbatoio D2 tramite la pompa volumetrica. L’ingresso A, quindi, ha funzione di ingresso del ricircolo della soluzione esausta. Il ricircolo da D2 a D3 permette di riempire più agevolmente il serbatoio D3. Infatti la procedura consigliata di alimentazione di D3 prevede di riempire D2 manualmente e successivamente movimentare l’acqua distillata al serbatoio D3 attraverso la pompa G2. Per il completo riempimento è necessario ripetere tale operazione tre volte circa. In questo modo non si sollecita la struttura di D3 in maniera inadeguata (il serbatoio D3 è in polietilene e la sua resistenza meccanica è limitata).

Per evitare la contaminazione del serbatoio D3 è stato inserito un filtro (GEL Depura 1000 PP) sulla linea del ricircolo dal serbatoio D2. La funzione del filtro è quella di trattenere eventuali solidi sospesi presenti nelle condutture o nel serbatoio di raccolta del fondo colonna. In Figura 3.6 si riporta una immagine del filtro impiegato.

Figura 3.6 Filtro per la linea di ricircolo

Il filtro è composto da una testa in polipropilene e un vaso in copolimero acrilonitrile-stirene colorato, questo accorgimento limita la possibile proliferazione di alghe se esposto ai raggi solari. La cartuccia del filtro è composta da un filo avvolto in polipropilene usa e getta.

L’ingresso A è dotato di un tubo pescante lungo circa 1.70 m, l’ingresso B è anch’esso dotato di un tubo pescante di lunghezza inferiore, 1 m. Entrambi i bocchelli sono smontabili e dotati di una valvola a sfera che ne assicura la chiusura e la tenuta.

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Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

15  Troppo pieno e sfiato: Il troppo pieno e lo sfiato sono entrambi disposti lateralmente al serbatoio

e dotati di valvola a sfera per permetterne l’apertura e la chiusura completa. Il troppo pieno ha la funzione di evitare lo sversamento durante la fase di riempimento del serbatoio, momento in cui viene tenuto aperto.

Il troppo pieno viene chiuso durante il riempimento del serbatoio, dopo la procedura di

assorbimento si apre per raggiungere il livello desiderato. Infine si richiude il troppo pieno fino alla successiva operazione di ricircolo dal serbatoio D2 al serbatoio D3.

Lo sfiato è presente allo scopo di evitare sovrappressioni durante il riempimento e depressioni durante lo svuotamento e l’esercizio dell’impianto. Per tale motivo è mantenuto aperto sia durante il riempimento, che durante l’esercizio. La valvola di sfiato è mantenuta chiusa solamente durante il gorgogliamento della anidride carbonica, fase in cui il controllo della pressione interna è garantito dalla guardia idraulica.

Guardia idraulica: La guardia idraulica mantiene la pressione nel serbatoio D3 poco più

elevata rispetto a quella atmosferica durante l’assorbimento della anidride carbonica. La guardia idraulica è collegata alla parte alta del serbatoio attraverso un collegamento smontabile. Le tenute sono garantite dalla guarnizioni e dai collegamenti filettati. La guardia idraulica ha un battente di acqua alto 2.5 m, questo consente una sovrappressione all’interno del serbatoio D3 di 0.25 atm.

Mandata alla pompa G1: La mandata alla colonna è posta nella parte più bassa del serbatoio

D3 per fornire l’altezza geodetica più elevata possibile alla pompa. Il collegamento è dotato di guarnizione per garantire la tenuta idraulica, è fornito di valvola a sfera per permetterne l’apertura e la chiusura, ed è completamente smontabile. La valvola della mandata alla pompa è mantenuta aperta in ogni istante dell’esercizio del serbatoio (riempimento, gorgogliamento, prove). La chiusura è consigliata solo durante lo scarico del serbatoio D3, questo al fine di evitare lo svuotamento della pompa G1 e di tutta la parte di impianto che si trova ad una altezza superiore rispetto al bocchello di scarico.

(21)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

16  Scarico: Il bocchello di scarico si trova al di sotto di tutti gli altri bocchelli del serbatoio. La sua

funzione è di consentire lo svuotamento pressoché totale del serbatoio. Come per il bocchello di mandata, anche in questo i collegamenti sono smontabili e assicurano la tenuta durante l’esercizio. Il bocchello è dotato di valvola a sfera che resterà chiusa durante tutte le fasi, esclusa la fase di scarico del serbatoio. Lo scarico è destinato direttamente alla fognatura.

Indicatore di livello: il serbatoio è fornito di un indicatore visivo di livello. Tale dispositivo è utile

durante la fase di esercizio per monitorare il livello di liquido all’interno del serbatoio D3, evitando così problemi di mancanza di battente per la pompa centrifuga a valle.

Inoltre l’indicatore di livello permette di valutare quando è necessario reintegrare acqua distillata al

processo, poiché inevitabilmente una parte viene persa durante le normali fasi di esercizio.

3.1.1.2 Alimentazione della colonna C1

In uscita dal serbatoio D3 il liquido è pompato nella colonna C1 dalla pompa centrifuga G1. La pompa è in grado di movimentare una portata di liquido maggiore rispetto a quella richiesta. Per mantenere un funzionamento ideale, il liquido è inviato in parte alla colonna ed in parte è ricircolato al serbatoio D3.

La portata di liquido inviata in colonna è regolabile attraverso una serie di rotametri Figura 3.7b. Sono presenti tre rotametri di differenti dimensioni che permettono di regolare la portata con precisione, coprendo un ampio intervallo di portate. Nel seguente lavoro di tesi sono stati usati solo due rotametri, quello medio e quello grande, in Tabella 3.2 sono indicati i range di utilizzo dei rotametri.

Tabella 3.2 Range di portata dei rotametri linea liquido

Tipo Range [L/hr]

Rotametro piccolo 0÷30

Rotametro medio 20÷250

(22)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

17 A valle dei rotametri, sulla linea che porta alla colonna, sono presenti la presa campione del liquido di testa ed il filtro per la rimozione di eventuali solidi presenti in soluzione.

La presa campione, collocata nelle immediate vicinanze dei rotametri, permette il campionamento attraverso un portagomma dotato di una valvola. Le dimensioni del portagomma sono ridotte per permettere di interfacciare meglio la presa campione con i matracci di raccolta.

a)

Figura 3.7 a)Pompa G1;

b)Batteria di rotametri linea liquido b)

3.1.1.3 Colonna C1

La colonna C1 è composta sostanzialmente da quattro diversi elementi:

 Un tratto cilindrico in plexiglass di diametro interno 100 mm, spessore 4 mm, altezza 1 m, dotato di due attacchi flangiati, uno superiore e l'altro inferiore e di 3 coppie di prese campione chiuse ermeticamente tramite tappi in gomma; la coppia di prese più in alto è aperta e collegata ad un manometro esterno ad U;

 Un tratto cilindrico in plexiglass di diametro interno 100 mm, spessore 4 mm, altezza 0.8 m, dotato di due attacchi flangiati, uno superiore e l'altro inferiore e di 5 coppie di prese campione chiuse ermeticamente tramite tappi in gomma.

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Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

18 La coppia di prese più in basso è aperta e collegata ad un manometro esterno ad U, insieme alle prese della parte superiore sono collegate al manometro per misurare le perdite di carico totali in colonna;

 Un tronchetto in plexiglass nel quale si trova il distributore del liquido. Il distributore del liquido è un distributore a tubi forati e si collega direttamente all’alimentazione dell’acqua distillata. Il tronchetto è flangiato sia nella parte inferiore che in quella superiore, è bullonato in basso al tronco della colonna mentre nella parte superiore è collegato ad una flangia. La flangia termina con un porta gomma di diametro 50 mm. Il distributore è raggiungibile smontando il tronchetto di testa, inoltre è divisibile dal tronchetto per permetterne il lavaggio accurato in caso di incrostazioni;

 Il distributore del gas è un tronchetto in plexiglass di diametro 100 mm, alto 300 mm. A 200 mm dal fondo colonna, vi è collegato un tronchetto più piccolo, con diametro di 60 mm, inclinato di 45° rispetto alla verticale. Il tronchetto inclinato si allaccia con il circuito dell'aria attraverso un tubo di uguale diametro. L’ingresso del gas permette una distribuzione uniforme sull’intera sezione prima di raggiungere il riempimento.

Figura 3.8 Elementi colonna

Il tronchetto principale ha anche la funzione di fondo colonna, è dotato di flangia nella parte superiore e di un tubo per lo scarico del liquido. Il tubo di scarico pesca nel serbatoio di raccolta D2 in maniera tale da assicurare tenuta idraulica. In Figura 3.9 si riporta uno schema della colonna C1.

(24)

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(25)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

20

3.1.2 Circuito del gas

Un compressore rotativo a vite a iniezione d’olio (modello ATLAS COPCO 30FF con potenza 30kW) fornisce al circuito aria alla temperatura di rugiada di 5°C e pressione di 7 barg.

Mediante un riduttore di pressione l’aria si porta a 2 barg circa. In ogni prova viene controllata la pressione del gas in ingresso attraverso un manometro visivo, poiché aumentando la portata di gas, la pressione a valle del riduttore diminuisce scostandosi dai 2 barg.

La portata di gas in ingresso alla colonna C1 è regolata attraverso una serie di rotametri. Il circuito è dotato di un sistema di valvole che permettono di inviare l’aria direttamente alla colonna C1 attraverso tubi di polivinilcloruro di diametro variabile da 60 a 100 mm, oppure di inviare il gas prima ad una colonna di umidificazione ed, in seguito, alla colonna C1.

Nella colonna C2 l’aria si umidifica incontrando in controcorrente acqua di rete. La colonna C2 è equipaggiata con un letto composto da cinque elementi Optiflow della SULZER. L’umidificazione della corrente in ingresso alla colonna C1 si rende necessaria per limitarne l’evaporazione durante le prove. La saturazione preliminare della corrente gassosa permette di limitare gli effetti termici durante il processo di desorbimento.

Una guardia idraulica di 2 m d’acqua, posizionata a valle dei regolatori di portata, garantisce che non si verifichino nel circuito eventuali sovrappressioni, le quali potrebbero causare danni alla linea o alle apparecchiature.

Come già indicato, la misurazione della portata di gas è possibile attraverso una batteria di tre rotametri ASA posti in parallelo e dotati di valvole a monte e a valle (Figura 3.9).

(26)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

21

Figura 3.10 Batteria di rotametri linea gas

Ciascun rotametro ha un proprio intervallo di misura, ed è possibile scegliere quello più adatto a ciascuna portata che si intende misurare. Nella elaborazione dei dati è stato necessario aggiungere coefficienti correttivi per tener conto delle diverse condizioni di esercizio dei rotametri rispetto alle condizioni di taratura.

In Tabella 3.3 sono riportati i campi di utilizzo dei tre rotametri ed i coefficienti correttivi:

Tabella 3.3 Range e coefficienti correttivi rotametri linea gas

Tipo Range [nm3/hr] Coefficiente correttivo Rotametro piccolo 1÷11 - Rotametro medio 5÷43 0.93 Rotametro grande 27÷270 0.9712

(27)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

22 Fondamentale affinché il gas arrivi alla colonna C1 è anche la tenuta idraulica della colonna C2. La tenuta idraulica è garantita dal serbatoio D4 che raccoglie l’acqua di rete alimentata in testa alla colonna C2 ed utilizzata per umidificare l’aria. Il livello in D4 è mantenuto costante mediante troppo pieno.

3.2 Procedure sperimentali

3.2.1 Scelta del sistema gas-liquido

Nel seguente lavoro di tesi le prove sperimentali consistono nel desorbimento di anidride carbonica da soluzione acquosa per contatto con una corrente di aria umidificata. Il sistema anidride carbonica / acqua viene scelto perché atossico.

L’anidride carbonica è un gas notoriamente poco solubile nell’acqua in condizioni ambiente. Per basse concentrazioni la solubilità di un gas è esprimibile attraverso l’espressione di Henry

(Equazione 3.1). In Tabella 3.4 si riporta il valore del coefficiente di Henry a varie temperature [1].

, (3.1)

Tabella 3.4 Coefficiente di Henry a pressione atmosferica per varie temperature

T [°C] 0 10 15 20 25 30 40 50 60

HCO2,H2O

(28)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

23 Il flusso di materia viene espresso solitamente attraverso un coefficiente di scambio globale per un opportuno gradiente di concentrazione. Il flusso di materia incontra sia la resistenza del film liquido che quella del film gassoso durante il desorbimento. Il coefficiente di scambio globale assume dunque la forma di una somma di due resistenze [2]:

, (3.2)

Considerati gli elevati valori del coefficiente di Henry si può considerare che:

, (3.3)

Lo scambio è governato dalla resistenza controllante, ovvero dal coefficiente di scambio di fase inferiore. Per le considerazioni fatte ne consegue che:

(3.4)

Nel sistema in esame si considererà dunque trascurabile la resistenza fase gas, per considerare il coefficiente globale sperimentale pari al coefficiente di scambio lato liquido.

3.2.2 Procedura di assorbimento

Prima della conduzione delle prove sperimentali è necessario che il liquido da inviare in colonna abbia assorbito l’anidride carbonica. Questa operazione preliminare è condotta nel serbatoio D3 che è dotato di un gorgogliatore. La posizione e la geometria del gorgogliatore, unite all’elevata altezza del serbatoio D3, hanno permesso di ottenere una buona distribuzione delle bolle di gas nel liquido per un tempo di contatto sufficientemente lungo da permetterne l’assorbimento.

Durante la procedura di assorbimento il serbatoio D3 è chiuso e l’unico collegamento con l’esterno è il controllo di pressione tramite guardia idraulica. L’isolamento evita la perdita di anidride carbonica verso l’esterno garantendo lo sviluppo di una atmosfera ricca in gas soluto nel serbatoio D3.

(29)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

24 L’isolamento viene temporaneamente interrotto per omogeneizzare la concentrazione di anidride carbonica nel serbatoio. Ad intervalli regolari viene azionata la pompa G1 a rotametri chiusi, durante il funzionamento è mantenuta aperta la valvola di sfiato. L’intera portata aspirata dalla pompa viene ricircolata dentro il serbatoio D3. Il prelievo di liquido dal fondo attraverso il bocchello H (più ricco in anidride carbonica vista la prossimità al gorgogliatore) e il suo ricircolo attraverso il bocchello B (posizionato superiormente rispetto al gorgogliatore), garantiscono il miscelamento nel serbatoio. L’operazione di omogeneizzazione è condotta attentamente e per brevi periodi di tempo visionando l’operatività della pompa centrifuga. La procedura di assorbimento ha permesso di raggiungere mediamente delle concentrazioni di anidride carbonica in soluzione acquosa pari al 55 % circa della saturazione.

3.2.3 Campionamento

La valutazione sperimentale del coefficiente di scambio lato liquido parte dalla raccolta dei campioni. Si preleva un campione di soluzione a monte del letto di riempimento e un campione sul fondo, prima dello scarico nel serbatoio D2. La prima presa campione è posta subito dopo i rotametri del circuito del liquido. La seconda presa campione è collocata sul tubo di scarico della colonna C1. La presa a monte della colonna C1 inizialmente si trovava a circa 2.50 m da l.t.. La presa

successivamente è stata spostata ed inserita a valle dei rotametri a circa 0.50 m da l.t.. Lo spostamento è risultato necessario poiché durante il campionamento in testa, ovvero all’apertura della valvola manuale, le perdite di carico risultavano troppo basse, provocando l’ingresso di aria dal distributore di liquido con conseguente perdita di anidride carbonica. La nuova presa non presenta questo tipo di problemi avendo a valle un battente sufficiente.

Al fine di ridurre i disturbi in colonna durante le prove sperimentali, una volta raggiunto lo stazionario, si è proceduto inizialmente al campionamento del fondo e immediatamente dopo a quello di testa. La sequenza scelta garantisce che il disturbo a monte non venga trasferito a valle. Il campionamento è stato ottimizzato adottando un accorgimento chimico nel prelievo. Data la facilità con cui l’anidride carbonica tende a desorbire dalla soluzione acquosa, all’interno del matraccio di raccolta è stato inserito un volume a titolo noto di soluzione di idrossido di sodio.

(30)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

25 La soluzione alcalina assorbe chimicamente l’anidride carbonica impedendone la fuga durante il campionamento. In questo modo si evitano possibili inefficienze nel prelievo che falserebbero i risultati sperimentali.

3.2.4 Misurazione dell’anidride carbonica disciolta

L’anidride carbonica in soluzione deve essere correttamente misurata per poter ricavare il

coefficiente di scambio lato liquido. Il coefficiente di scambio lato liquido sperimentale si ricava dalla Equazione 3.5:

(3.5)

L’area efficace sperimentale per i riempimenti in esame è stata ottenuta in precedenti studi, e risulta funzione soltanto della portata specifica in colonna. L’altezza di unità di trasferimento lato liquido globale viene invece ottenuta dall’altezza del letto e dal numero di unità di trasferimento lato liquido globale (Equazione 3.6):

(3.6)

Il numero di unità di trasferimento lato liquido globale tiene conto della separazione che viene effettuata nell’apparecchiatura. Nella sua valutazione rientra la misurazione della concentrazione di anidride carbonica. Il sistema gas-liquido in esame consente di considerare l’espressione

semplificata, valida per miscele diluite:

(31)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

26 La concentrazione di gas disciolto in entrata e in ingresso dalla colonna C1 viene ricavata

attraverso una doppia titolazione con soluzione di acido cloridrico. La doppia titolazione è resa necessaria dall’accorgimento chimico impiegato per fissare nel campione l’anidride carbonica.

3.2.4.1 Titolazione di miscele di carbonati

Dal punto di vista chimico, l’assorbimento di anidride carbonica in acqua avviene tramite le seguenti reazioni di equilibrio:

(3.8) (3.9)

L'anidride carbonica si discioglie in acqua per formare l’acido carbonico; in seguito l'acido carbonico si idrolizza e forma lo ione bicarbonato secondo l’equilibrio nell’Equazione (3.9).

All’interno del matraccio entrando in contatto con l’idrossido di sodio, le specie presenti, carbonati e bicarbonati, risentendo della variazione di pH, reagiscono secondo le reazioni di equilibrio riportate di seguito:

(3.10)

   (3.11)

Nel caso in cui la quantità di idrossido di sodio presente in soluzione sia in eccesso quest’ultimo sarà presente anche in forma indissociata.

A causa della sensibilità delle reazioni di equilibrio alla presenza di carbonati e bicarbonati è stata impiegata acqua distillata. L’acqua distillata garantisce infatti che nell’analita non siano presenti reazioni secondarie con specie chimiche diverse da quelle considerate nello studio.

La determinazione qualitativa e quantitativa dei costituenti di una soluzione contenente carbonato di sodio, bicarbonato di sodio e idrossido di sodio da soli o in miscela, può essere effettuata per mezzo di una doppia titolazione di neutralizzazione.

(32)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

27 In primo luogo occorre precisare che non più di due di questi tre costituenti possono esistere contemporaneamente e in quantità apprezzabile all’interno di una stessa soluzione. Infatti, la reazione tra due dei tre costituenti eliminerà uno dei due reagenti o entrambi.

Ad esempio, il miscelamento di idrossido di sodio con bicarbonato di sodio produce carbonati fino a che uno dei due reagenti o entrambi si esaurirà.

Se si esaurisce l’idrossido, la soluzione conterrà carbonato e bicarbonato; se si esaurisce il bicarbonato, la soluzione conterrà idrossido e carbonato; se si esauriscono entrambi, la soluzione conterrà il solo carbonato.

Le reazioni tra i costituenti di queste soluzioni sono tutte del tipo acido-base e di conseguenza sono dipendenti dal pH a cui si opera.

Per una soluzione acquosa a temperatura ambiente si possono fare le seguenti considerazioni:  Per pH>13 in soluzione è presente soltanto ione carbonato

 Per 8<pH<13 in soluzione sono presenti ioni carbonato e bicarbonato

 Per 4<pH<8 in soluzione sono presenti ioni bicarbonato e acido carbonico indissociato  Per pH<4 si ha l’equilibrio dell’Equazione 3.8.

L’analisi qualitativa e quantitativa di queste miscele richiede due titolazioni con acido forte (si è impiegato acido cloridrico).

La prima con indicatore a viraggio in campo basico come la fenolftaleina (intervallo di viraggio pH=8-9), la seconda con indicatore a viraggio in campo acido come il verde di bromocresolo (intervallo di viraggio pH = 4-5).

La fenolftaleina assume una colorazione fucsia per pH>9, mentre risulta incolore per pH<8, dunque permette di determinare il passaggio del primo punto di equivalenza.

Il verde di bromocresolo assume una colorazione blu per pH>5, mentre risulta giallo per pH<4 quando viene superato il secondo punto di equivalenza. Quando vira la fenolftaleina tutto il carbonato presente in soluzione è stato convertito in acido carbonico indissociato.

Se indichiamo con Vfen il volume di acido utilizzato nella titolazione con fenolftaleina e Vvbc il volume di acido utilizzato nella titolazione con verde di bromocresolo, la composizione qualitativa della soluzione può essere ricavata dai volumi relativi di acido richiesti nella titolazione di uguali volumi di soluzione campione secondo quanto riportato in Tabella 3.5.

(33)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

28

Tabella 3.5 Correlazioni tra i volumi di acido utilizzati nelle titolazioni di miscele contenenti idrossido,

carbonati e bicarbonati di sodio

Specie nel campione Correlazione tra Vfen e Vvbc nella titolazione di un uguale volume di campione

NaOH Vfen=Vvbc

Na2CO3 Vfen=Vvbc/2

NaHCO3 Vfen=0, Vvbc>0 NaOH, Na2CO3 Vfen>Vvbc/2 Na2CO3, NaHCO3 Vfen<Vvbc/2

Dalla Tabella 3.5 si evince che se la soluzione contenesse soltanto idrossido di sodio, il volume di acido richiesto per la titolazione sarebbe ovviamente lo stesso indipendentemente dal tipo di indicatore utilizzato (fenolftaleina o verde di bromocresolo). In corrispondenza del punto di

equivalenza l’aggiunta di una goccia di acido determina, per soluzioni non troppo diluite di idrossido di sodio ( approssimativamente 0.1 M o più concentrate), un brusco salto di pH che porta al viraggio sia della fenolftaleina che del verde di bromocresolo. Se la soluzione contenesse soltanto carbonato di sodio, il volume di acido richiesto nella titolazione con la fenolftaleina sarebbe esattamente la metà di quello richiesto nella titolazione con il verde di bromocresolo. Infatti, nelle titolazioni con la fenolftaleina, la quantità di acido aggiunto fino al punto di viraggio converte tutto il carbonato presente in bicarbonato. Nella titolazione con verde di bromocresolo, la stessa quantità di acido aggiunta nella titolazione con fenolftaleina converte tutto il carbonato in bicarbonato. Un’ulteriore quantità di acido, uguale alla precedente, converte tutto il bicarbonato in acido carbonico

indissociato. Infatti, il bicarbonato presente è formato unicamente dalla conversione del carbonato in bicarbonato. Al punto di viraggio del verde di bromocresolo, la quantità di acido aggiunta è quindi doppia rispetto a quella aggiunta nella titolazione con la fenolftaleina. Se la soluzione contenesse soltanto bicarbonato di sodio, il volume di acido richiesto nella titolazione con la fenolftaleina sarebbe nullo perché saremmo oltre il primo punto di equivalenza.

Nella titolazione con il verde di bromocresolo la quantità di acido aggiunta fino al punto di viraggio converte tutto il bicarbonato in acido carbonico indissociato.

(34)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

29 La titolazione con doppio indicatore consente di valutare anche la quantità di anidride carbonica disciolta in una soluzione acquosa preventivamente fissata come carbonato di sodio stabile e solubile. Dalla doppia titolazione è infatti possibile determinare la quantità di idrossido di sodio in eccesso e di carbonato di sodio formatosi dalla reazione tra l’idrossido di sodio e l’anidride carbonica.

Dalla stechiometria di questa reazione e dalla conoscenza dei volumi di soluzione standard di idrossido di sodio aggiunto e di soluzione contenente l’anidride carbonica disciolta, è quindi possibile risalire alla concentrazione di anidride carbonica presente nella soluzione originale.

Per poter fare delle analisi quantitative sui costituenti della soluzione dai volumi di acido utilizzati nelle titolazioni con fenolftaleina e con verde di bromocresolo occorre distinguere a seconda dei casi. Si riporta di seguito la casistica completa indicando con CHCl la concentrazione di acido cloridrico

nella soluzione titolante e con Vs il volume identico delle due aliquote di soluzione da titolare, una

con la fenolftaleina e una con il verde di bromocresolo.

1. Se Vfen=Vvbc, sarà presente in soluzione solo idrossido di sodio la cui concentrazione è data

da:

2. Se Vfen=Vvbc/2 sarà presente in soluzione solo carbonato di sodio la cui concentrazione sarà

data da:

3. Se Vfen>Vvbc/2 saranno presenti in soluzione sia l’idrossido di sodio che il carbonato di sodio

le cui concentrazioni saranno date da:

(35)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

30 4. Se Vfen<Vvbc/2 saranno presenti in soluzione sia il carbonato di sodio che il bicarbonato di

sodio le cui concentrazioni saranno date da:

2

5. Se Vfen=0 e Vvbc>0 sarà presente in soluzione solo il bicarbonato di sodio la cui

concentrazione sarà data da:

Le titolazioni effettuate nel presente lavoro di tesi rientrano tutte nel caso 3; un eccesso di idrossido di sodio nel matraccio assicurava la cattura di tutta l’anidride carbonica del campione. In Tabella 3.6 si riportano i prodotti chimici utilizzati per le titolazioni:

Tabella 3.6 Prodotti chimici utilizzati nelle titolazioni Funzione

Fenolftaleina (Carlo Erba Reagenti) Indicatore in campo alcalino

Verde di bromocresolo 0.04% (Titolchimica s.r.l.)

Indicatore in campo acido

HCl 0.1 N (Titolchimica s.r.l.) Acido titolante

(36)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

31

3.2.5 Prove sperimentali

3.2.5.1 Portate di liquido e di gas

Le portate di liquido utilizzate per entrambi i riempimenti sono comprese nell’intervallo: 47–275 L/hr. In Tabella 3.7 sono indicate tutte le portate utilizzate, per ogni portata volumetrica ([L/hr]) è indicata la corrispondente velocità superficiale espressa in [m3/m2·hr].

Tabella 3.7 Portate di liquido utilizzate

B (L/hr) ULS [m3/m2·hr] 47 6 79 10 118 15 157 20 196 25 236 30 275 35

Si è scelto di operare con portate di gas tali che l’intervallo di Ffactor fosse tra 0.7 e 1.6 Pa0.5.

Le portate di gas sono indicate in Tabella 3.8, per ogni portata espressa in nm3/hr è indicato il valore di Ffactor corrispondente in caso di prova condotta alla temperatura di 28°C e a pressione

atmosferica. Nelle prove con il riempimento Katapak-SP11 le portate di gas impiegate sono state leggermente inferiori. Il Katapak-SP11 infatti ha una struttura più densa di sacchetti catalitici che gli conferisce una capacità inferiore rispetto al Katapak-SP12.

(37)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

32 .

Tabella 3.8 Portate di gas utilizzate G [nm3/hr] Ffactor [Pa0.5] 20 0.72 25 0.91 30 1.09 35 1.27 40 1.45 45 1.63

Si riportano in Figura 3.11 il grafico delle perdite di carico nei due riempimenti studiati in questo lavoro di tesi. Nella prima figura è presente il grafico delle perdite di carico per il riempimento Katapak-SP11 [5], nella seconda figura invece si mostrano le perdite di carico per il Katapak-SP12, misurate durante prove preliminari. L’altezza del letto su cui sono state effettuate le misure è pari a 1.4 m, corrispondente a sette elementi di riempimento.

0 20 40 60 80 100 120 0,4 0,9 1,4 Δ P/Z [mmH 2 O/m] Ffactor [Pa0.5]

Perdite di carico Katapak-SP11

ULS=10 m/hr ULS=20 m/hr ULS=30 m/hr

(38)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

33

Figura 3.11 Perdite di carico dei riempimenti Katapak-SP11 e Katapak-SP12

3.2.5.2 Operazioni e tempistiche

La sequenza di operazioni che compongono le prove sperimentali dei riempimenti Katapak sono: i. Prebagnamento preliminare ad una portata di liquido elevata (~ 200 L/hr) in assenza di gas

per tempi non inferiori a 60 min;

ii. Drenaggio del liquido accumulato dal riempimento (~150 min); iii. Impostazione delle portate di gas e liquido della prova.

iv. Conduzione del circuito pilota per almeno 20 min, tempo necessario al raggiungimento dello stato stazionario, e poi campionamento.

Gli elevati tempi di prebagnamento e di drenaggio si rendono necessari a causa della struttura del riempimento, infatti la presenza dei sacchetti catalitici aumenta considerevolmente la quantità di liquido trattenuta.

Le prove sono state effettuate mantenendo costante la portata di liquido e facendo variare la portata di gas. 0 20 40 60 80 100 120 0,4 0,9 1,4 1,9 2,4 Δ P/Z [mmH 2 O/m] Ffactor [Pa0.5]

Perdite di carico Katapak-SP12

ULS=10 m/hr ULS=20 m/hr ULS=30 m/hr

(39)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

34 Nel caso in cui sia variata la portata di liquido, è necessario spegnere l’impianto, completare la fase di drenaggio, impostare la nuova portata di liquido, attendere 20 minuti, impostare la portata di gas ed attendere 20 minuti prima di effettuare i nuovi campionamenti. Tali accorgimenti si rendono necessari per evitare che i differenti carichi di liquido introducano effetti non considerati nell’analisi.

3.2.5.3 Configurazione del letto di riempimento

Il primo set di prove sperimentali per i riempimenti Katapak è stato condotto su un letto composto da sette elementi, per una altezza totale di circa 1.4 m. Ogni riempimento è stato inserito ruotato di 90° rispetto al sottostante, questo serve a favorire il rimescolamento della soluzione. Il distributore di liquido viene invece orientato di 45° rispetto al primo riempimento ad una distanza di 150 mm. Nell’Equazione 3.6 si osserva che l’altezza del letto rientra direttamente nella valutazione del coefficiente di scambio lato liquido. Per interpretare correttamente le informazioni ottenute dagli esperimenti è necessario che il numero di riempimenti sia basso. Se il numero di riempimenti è eccessivo per il sistema scelto, l’efficienza di separazione sarà sempre prossima al 100% nascondendo la reale dipendenza dai parametri operativi.

Si riporta in Figura 3.12 l’efficienza di stripping sperimentale in funzione della portata di gas per varie portate di liquido, in un letto composto da sette elementi Katapak-SP12.

(40)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

35

Figura 3.12 Efficienza di stripping in un letto con sette elementi Katapak-SP12

Si osserva che l’efficienza con un letto così alto è superiore al 90% a prescindere dalla portata di liquido in colonna e dalla portata di gas in ingresso. Le prove sperimentali evidenziano dunque la necessità di ridurre il numero di elementi Katapak-SP12. Si riportano in Figura 3.13 le efficienze sperimentali per i riempimenti Katapak-SP12 con un letto alto circa 0.8 m (quattro elementi). In questa configurazione il distributore del liquido viene mantenuto dal primo elemento ad una distanza di 100 mm. 70% 75% 80% 85% 90% 95% 100% 15 20 25 30 35 40 45 50 Efficienza di stripping Portata di gas [nm3/hr]

Letto con 7 elementi Katapak-SP12

ULS=10 m/hr ULS=15 m/hr ULS=20 m/hr ULS=25 m/hr ULS=38 m/hr

(41)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

36

Figura 3.13 Efficienza di stripping in un letto con quattro elementi Katapak-SP12

Il numero di elementi risulta ancora eccessivo per la separazione richiesta. Si è dunque ridotto ulteriormente il numero di elementi Katapak-SP12 per ridurre le performance della colonna. Il letto finale è alto 0.4 m ed è composto da due soli elementi, il distributore è sempre posto a 100 mm dal primo riempimento: 70% 75% 80% 85% 90% 95% 100% 15 20 25 30 35 40 45 Efficienza di stripping Portata di gas [nm3/hr]

Letto con 4 elementi Katapak-SP12

ULS=10 m/hr ULS=20 m/hr

(42)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

37

Figura 3.14 Efficienza di stripping in un letto con due elementi Katapak-SP12

L’efficienza in questo caso risulta essere minore del 90% per ogni portata di liquido eccetto per quella inferiore. La riduzione dell’efficienza di stripping con la portata di liquido (a portata di gas costante) è un effetto previsto: all’aumentare della portata di liquido aumenta la pendenza della retta operativa, si riduce quindi la forza motrice per lo scambio massico e di conseguenza l’anidride carbonica strippata dalla soluzione. In Figura 3.15 si può osservare graficamente la considerazione espressa. 70% 75% 80% 85% 90% 95% 100% 15 20 25 30 35 40 45 Efficienza di stripping Portata di gas [nm3/hr]

Letto con 2 elementi Katapak-SP12

ULS=6 m/hr ULS=10 m/hr ULS=20 m/hr ULS=30 m/hr

(43)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

38

Figura 3.15 Retta di equilibrio e retta operativa

Le prove definitive per il riempimento Katapak-SP12 sono dunque state condotte su un letto composto da due elementi e alto 0.4 m. Le evidenze sperimentali ottenute con il Katapak-SP12 sono state estese anche alle prove sperimentali condotte sul riempimento Katapak-SP11. In Figura 3.16 si riportano le efficienze di stripping per un letto composto da due elementi. La configurazione scelta viene confermata anche per questo riempimento:

0,0E+00 1,0E-05 2,0E-05 3,0E-05 4,0E-05 5,0E-05 6,0E-05

0,0E+00 2,0E-04 4,0E-04 6,0E-04

yCO2

[Frazione

molare in

fase gas]

xCO2 [Frazione molare in fase liquida]

Retta di equilibrio Retta operativa

(44)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

39

Figura 3.16 Efficienza di stripping in un letto con due elementi Katapak-SP11

In generale si osserva che le efficienze non subiscono grandi variazioni con la portata di gas. Questa evidenza conferma la scelta del sistema gas-liquido in esame, infatti la resistenza controllante lato liquido è poco dipendente dalla velocità del gas in colonna. Tali considerazioni valgono ovviamente entro il limite del loading; oltre questo punto le interazioni tra gas e liquido diventano tali da influenzare reciprocamente le due fasi. Il punto finale della curva a portata specifica di 30 m/hr presenta una efficienza superiore poiché la colonna era in prossimità del loading.

70% 75% 80% 85% 90% 95% 100% 15 20 25 30 35 Efficienza di stripping Portata di gas [nm3/hr]

Letto con 2 elementi Katapak-SP11

ULS=6 m/hr ULS=10 m/hr ULS=20 m/hr ULS=30 m/hr

(45)

Capitolo 3 – Procedure sperimentali e strumentazione

40

3.3 Bibliografia

1. Carroll J. J.; Slupsky J. D.; Mather A. E. The Solubility of Carbon Dioxide in Water at Low Pressure

2. Treybal R. E. Mass-Transfer Operations, McGraw-Hill

3. Luschi M. Studio di riempimenti per la rimozione di CO2 da fumi di combustione, Tesi di Laurea Specialistica, Università di Pisa

4. Bartoletti V. Valutazione di coefficienti di scambio in film liquido per riempimenti strutturati ad alta capacità, Tesi di Laurea Specialistica, Università di Pisa

(46)

Capitolo 4 – Modelli per la stima dell’area interfacciale

41

4 Modelli per la stima dell’area interfacciale

L’area interfacciale effettiva può essere determinata attraverso metodi fisici quali l’elettroresistività, ma molto più frequentemente si determina attraverso misure di trasferimento di materia in presenza di reazione chimica.

Quando la resistenza controllante è in fase liquida, una reazione chimica può incentivare

l’assorbimento di un soluto. Inoltre in determinate condizioni la reazione chimica controlla il processo di assorbimento. I primi a condurre esperimenti di assorbimento chimico per la determinazione dell’area interfacciale sono stati Danckwerts & Sharma [1].

Successivamente Danckwerts [2] propone una teoria sull’assorbimento chimico dove modifica [3] il sistema usato in precedenza per la misura dell’area interfacciale.

La teoria di Danckwerts è stata successivamente utilizzata da numerosi ricercatori nello studio dell’area efficace di scambio in colonne a riempimento.

4.1 Stima dell’area interfacciale per riempimenti strutturati

Tra i modelli e le correlazioni disponibili in letteratura, quella di riferimento è quella di Shi &

Mersmann [4] sviluppata analizzando il moto discendente di un rivoletto lungo un piano inclinato; le prove vengono effettuate con liquidi a diversa viscosità e con piani di materiali diversi.

Riscontrano che un aumento della viscosità del liquido provoca un aumento dell’hold up e un conseguente aumento dell’area interfacciale a causa del superiore spessore del film.

La correlazione proposta è funzione di φ, ovvero dell’angolo di contatto tra liquido e superficie del riempimento, e di un fattore correttivo F, che tiene conto di dp, il diametro dell’unità di riempimento.

. .

. . .

(47)

Capitolo 4 – Modelli per la stima dell’area interfacciale

42

. (4.2)

0.9,

10 , (4.3)

L è il flusso massico di liquido [kg/m2s], ε la frazione di vuoto, μL la viscosità del liquido [Pa·s], ρL la densità del liquido [kg/m3], σ e σref rispettivamente la tensione superficiale e quella di riferimento [N/m], g l’accelerazione di gravità AL, B1 e B sono costanti, i cui valori vengono riportati in Tabella

4.1.

Tabella 4.1 Costanti modello di Shi & Mesmann

Materiale del

riempimento AL B1 B σref

Ceramica 52 -25.17 -3.51 0.065

Plastica 138 5.58 1.52 0.035

Nello stesso anno, Bravo & al. [5] analizzando i riempimenti strutturati in tessuto considerano ragionevole assumere che, a causa della capillarità, la superficie del riempimento sia completamente bagnata. Studiando i riempimenti strutturati metallici, l’assunzione precedentemente fatta, non era più valida, ed introducono un coefficiente correttivo, in funzione del flooding, che tiene conto della mancanza di capillarità (Bravo & Fair [6], [7] ).

0.5 0.0058 ·         0.85 (4.4)

(48)

Capitolo 4 – Modelli per la stima dell’area interfacciale

43 Con Fr indicano il numero di Froude, gruppo adimensionale che indica il rapporto tra le forze di inerzia e la forza peso.

Nel 1991, de Brito & al. [8], utilizzando un chemisorbimento di anidride carbonica in soda caustica, studiano il comportamento dei riempimenti Mellapak 250Y e 500Y e propongono una correlazione generale per predire l’area efficace di scambio. Come Treybal (1981) considerano inoltre che i riempimenti utilizzati possano garantire una area efficace maggiore dell’area geometrica installata a causa delle interazioni gas-liquido. Il loro studio si conclude affermando che questo meccanismo richiede una analisi più dettagliata, e imputano questo effetto all’instabilità del flusso di liquido tra le lamine del riempimento.

0.465 , . (4.6)

Nel 1995, Brunazzi & al. [9] [10] correlano l’area interfacciale con l’hold up di liquido, parametri geometrici e le proprietà fisiche del fluido schematizzando il riempimento come un insieme di canali di inclinazione α. Studiando l’assorbimento di 1,1,1-Tricloroetano in Genosorb 300, ricavano i valori di kL·aeff e valutano l’area effettiva su basi teoriche, ovvero assumendo un regime stratificato e

scrivendo le opportune equazioni di moto del liquido.

· . ·

, .

(4.7)

Con hL si indica l’hold up, valutabile secondo l’Equazione 5.24.

Negli stessi anni, Rocha & al. [11], studiano la distillazione in colonna a riempimento e correlano l’area di scambio per vari tipi di riempimenti strutturati e per diverse pressioni di esercizio (0.33÷20.4 bar). Basandosi sulle correlazione di Shi & Mersmann, propongono una nuova equazione per il calcolo dell’area effettiva:

(49)

Capitolo 4 – Modelli per la stima dell’area interfacciale

44

. . .

. . . . (4.8)

Dove Fse è un fattore di maggiorazione dell’area, che tiene conto del trattamento superficiale del

riempimento, WeL è il numero di Weber, ReL è quello di Reynolds per la fase liquida, s=4d è il side

del corrugamento e α l’angolo di corrugamento.

Per i riempimenti strutturati con lamine in metallo, definiscono:

0.9, 0.055 /

5.211 · 10 . , 0.055 / (4.9)

Tabella 4.2 Dati modello di Rocha

Tipo di riempimento ag [m2/m3] ε Fse

Mellapak 250Y 250 0.95 0.350

Mellapak 350Y 350 0.93 0.350

Mellapak 500Y 500 0.91 0.350

La correlazione di Rocha & al. è stata corretta nel 1997 da Gualito & al. [12] per estenderne l’applicabilità anche a processi ad alta pressione.

& .

.

.   ,

,

(50)

Capitolo 4 – Modelli per la stima dell’area interfacciale

45 Dove UL,s e UG,s sono le velocità superficiali del liquido e del gas [m/s].

Nel 1997 Olujic [13] sviluppa, a partire da risultati sperimentali, una correlazione puramente empirica che tiene anche conto dei fori sulle lamine del riempimento.

,

(4.11)

Dove Ω è la frazione di area del riempimento occupata dai fori, pari al 10% dell’area geometrica, e le costanti sono:

Tabella 4.3 Costanti modello di Olujic1997

Costanti Valore

A 2.143·10-6

B 1.5

Nel 2002 lo stesso Olujic [14] modifica sostanzialmente la sua correlazione introducendo il modello di Onda & al. [15], adottando l’angolo effettivo di discesa del liquido e considerando il corrugamento delle lamine.

1

&   

(4.12)

(51)

Capitolo 4 – Modelli per la stima dell’area interfacciale

46 Dove con P è indicata la pressione operativa [mmHg].

La correlazione proposta nel 2000 da Xu & al. [16] si basa sul modello di Billet & Shultes [17] ed introduce un indice stabilizzante SR che risente dell’influenza della velocità del gas (solitamente

omessa). L’indice stabilizzante tiene conto dell’effetto Marangoni:

.

. ,

.

, . , . , . 1 .

(4.14)

Dove + e – si riferiscono rispettivamente a sistemi con effetto Marangoni positivo e negativo, dove con effetto positivo si riferisce alla bagnabilità del riempimento e viceversa, dh corrisponde invece al

side del corrugamento [m].

Nel 2002, Siminiceanu & al. [18] determinano l’area effettiva del riempimento strutturato Mellapak 750Y studiando l’assorbimento chimico, in soda caustica di anidride carbonica diluita con ossigeno e propongono la seguente correlazione:

0.1245 , . (4.15)

Tsai & al. [19] nel 2009, misurano l’area efficace di scambio per i riempimenti strutturati Mellapak 250Y, Mellapak 500Y e Flexipac 1Y attraverso chemisorbimento in funzione della portata di liquido e altre proprietà fisiche quali la viscosità e la tensione interfacciale.

Propongono una correlazione in funzione del numero di Weber WeL e del numero di Froude FrL:

(52)

Capitolo 4 – Modelli per la stima dell’area interfacciale

47 Dalle loro considerazioni concludono che l’area di scambio non è influenzata dalla viscosità del liquido e che sia funzione debole della tensione superficiale.

(53)

Capitolo 4 – Modelli per la stima dell’area interfacciale

48

4.2 Bibliografia

1. Danckwerts, P. V.; Sharma, M. M. The Absorption of Carbon Dioxide into Solutions of Alkalis and Amines, Chem. Eng.

2. Danckwerts, P. V. Gas-Liquid Reactions, McGraw-Hill

3. Sharma, M. M.; Danckwerts, P. V. Chemical Methods of Measuring Interfacial Area and Mass-Transfer Coefficients in Two-Fluid Systems, Br. Chem. Eng.

4. Shi, M. G.; Mersmann, A. Effective Interfacial Area in Packed Columns, Ger. Chem. Eng. 5. Bravo, J. L.; Rocha, J. A.; Fair, J. R. Mass Transfer in Gauze Packings, Hydrocarbon

Process

6. Fair, J. R.; Bravo, J. L. Prediction of Mass Transfer Efficiencies and Pressure Drop for Structured Tower Packings in Vapor/Liquid Services, Inst. Chem. Eng. Symp. Ser. 7. Fair, J. R.; Bravo, J. L. Distillation Columns containing Structured Packings, Chem. Eng.

Prog.

8. H. de Brito PhD Thesis, Swiss Federal Institute of Technology Lausanne EPFL

9. Brunazzi, E.; Nardini, G.; Paglianti, A.; Petarca, L. Interfacial Area of Mellapak Packing Absorption of 1,1,1-Trichloroethane by Genosorb 300, Chem. Eng. Technol.

10. Brunazzi, E.; Paglianti, A.; Petarca, L. Measurement of Activity Coefficients at Infinite Dilution of Chlorinated Solvents in Commercial Polyethylene Glycol Ethers, J. Chem. Eng. Data

11. Rocha, J. A.; Bravo, J. L.; Fair, J. R. Distillation columns containing structured packings: A Comprehensive Model for Their Performance, Ind. Eng. Chem. Res.

12. Gualito, J. J.; Cerino, F. J.; Cardenas, J. C.; Rocha, J. A. A Design Methods for Distillation Columns Filled with Metallic, Ceramic, or Plastic Structured Packings, Ind. Eng. Chem. Res. 13. Olujic, Z. Development of a Complete Simulation Model for Predicting the Hydraulic and

Separation Performance of Distillation Columns Equipped with Structured Packings. Chem. Biochem. Eng.

14. Olujic, Z. Delft Model - A Comprehensive Design Tool for Corrugated Sheet Structured Packings, Presented at AIChESpring National Meeting 2002

15. Onda, K.; Sada, E.; Takeuchi, H.Gas Absorption with Chemical Reaction in Packed Columns, J. Chem. Eng. Jpn.

16. Xu, Z. P.; Afacan, A.; Chuang, K. T. Predicting MassTransfer in Packed Columns Containing Structured Packings, Chem. Eng. Res. Des.

(54)

Capitolo 4 – Modelli per la stima dell’area interfacciale

49 17. Billet, R.; Shultes, M. Prediction of Mass Transfer Columns with Dumped and Arranged

Packings - Updated Summary of the Calculation Method of Billet and Shultes. Chem. Eng. Res. Des.

18. Siminiceanu, I.; Friedl, A.; Dragan, M. A Simple Equation for the Effective Mass Transfer Area of the Mellapak750Y Structured Packing, Presented at Scientific Conference Meeting “35 Years of Petroleum-Gas University Activity”

19. Tsai, R. E.; Seibert, F. A.; Eldridge, R. B.; Rochelle G. T. Influence of viscosity and surface tension on the effective mass transfer area of structured packing, Energy Procedia 1

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