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"SEGRETARIO E GHOST WRITER" STEFANO PIRANDELLO NEI RAPPORTI CON IL PADRE LUIGI.

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INDICE

Introduzione pag. 3

1. Cenni biografici su Luigi Pirandello » 6

2. La vita di Stefano Pirandello » 11

2.1 Premessa » 11

2.2 Dalla nascita al 1914 » 13

2.3 Dal gennaio 1915 al gennaio 1919 » 15

2.4 Il periodo di vicinanza al padre: dal 1919 al 1936 » 20 2.5 Dalla morte del padre alla fine della Seconda Guerra

Mondiale (1937-1945) » 33

2.6 Dal 1946 alla morte (1972) » 41

3. Stefano Pirandello: opere » 46

3.1 Articoli su quotidiani e riviste » 48

3.1.1 Riviste e Quotidiani » 48

3.1.2 Descrizione delle collaborazioni » 52

3.1.3 Articoli di Stefano firmati con lo pseudonimo “Landi” » 60 3.1.4 Articoli di Stefano firmati con gli pseudonimi “Fortunio”

e “Testis Idoneus” » 65

3.1.5 Articoli di Stefano firmati con il vero nome » 68

3.1.6 Articoli firmati da Luigi Pirandello, ma opera del figlio

Stefano » 74

3.2 Opere poetiche e in prosa » 79

3.2.1 Produzione narrativa » 79

3.2.2 Drammi, commedie e poesie » 88

3.3 Riflessioni complessive » 96

4. Il rapporto tra padre e figlio » 101

4.1 Prima della Grande Guerra » 103

4.2 Dal 1915 alla fine della Guerra » 106

4.3 Dal 1919 al 1936 » 117

4.3.1 Gli scambi epistolari “diretti” » 117

(2)

5. La collaborazione tra padre e figlio » 146 5.1 La Prefazione ai Sei personaggi in cerca dʼautore » 146

5.2 Il caso de I giganti della montagna » 153

5.3 Il problema di Non si sa come » 166

5.4 Altri esempi di collaborazione letteraria » 170

5.5 Lʼambito della cinematografia e il Memoriale di Stefano » 173 5.6 Un caso particolare: il romanzo Suo marito-Giustino

Roncella nato Boggiòlo » 181

6. Proposta di analisi sul rapporto tra le vicende

familiari di Stefano e le sue opere » 186

Conclusioni » 193

Appendice: Epistolari e carteggi pirandelliani » 197

Bibliografia » 208

(3)

INTRODUZIONE

Obiettivo primario di questa tesi è indagare i rapporti biografici e letterari che vi sono stati tra Luigi e Stefano Pirandello, padre e figlio.

Non esistono ad oggi degli studi improntati esclusivamente allʼanalisi delle relazioni; ciò non implica, ovviamente che nessuno ne abbia parlato in precedenza. Ad esempio nellʼedizione di Tutto il teatro di Stefano Pirandello, a cura di Sarah Zappulla Muscarà ed Enzo Zappulla vi è una sezione, “La vita e lʼopera”, che affronta la vita di Stefano e delinea anche i rapporti con il padre. Di fondamentale importanza sono, inoltre, le raccolte di tutte le lettere intercorse tra i due congiunti: Il figlio prigioniero, a cura di Andrea Pirandello (per le missive scritte tra 1915 e 1918) e Nel tempo della lontananza, a cura di Sarah Zappulla Muscarà (per il periodo 1919-1936) 1

. Nelle raccolte epistolari, ovviamente, i curatori affrontano anche le relazioni inserendo nel testo numerose note. Va precisato però che analizzando soltanto le lettere classificabili come “dirette”, cioè scritte da padre a figlio e viceversa, non si riesce a chiarire nel modo migliore la reale dinamica dei rapporti; pertanto è importante anche la consultazione delle missive dette “indirette”, cioè scritte da Luigi e Stefano a diversi interlocutori (come Marta Abba, Maria Olinda Labroca – moglie di Stefano, Corrado Alvaro, Massimo Bontempelli e altri) 2

. Incrociando i vari dati raccolti è possibile avere un

1 S. ZAPPULLA MUSCARÀ, E. ZAPPULLA, La vita e lʼopera, in S. PIRANDELLO, Tutto il

teatro, I, a cura di S. Zappulla Muscarà e E. Zappulla, Milano, Bompiani, 2004, pp. 43-414; L. e S.

PIRANDELLO, Il figlio prigioniero. Carteggio tra Luigi e Stefano Pirandello durante la guerra

1915 – 1918, a cura di A. Pirandello, Milano, Mondadori, 2005; L. e S. PIRANDELLO, Nel tempo della lontananza (1919-1936), a cura di S. Zappulla Muscarà, Caltanissetta-Roma, Salvatore

Sciascia Editore, 2008 2

S. ZAPPULLA MUSCARÀ, E. ZAPPULLA, La vita e lʼopera, pp. 43-414; L. PIRANDELLO,

Carteggi inediti (con Ojetti-Albertini-Orvieto-Novaro-De Gubernatis-De Filippo), a cura di S.

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quadro completo sulle relazioni tra padre e figlio.

I primi due capitoli del mio lavoro sono dedicati alla presentazione biografica sia di Luigi che di Stefano. Nel primo ho inserito soltanto alcuni dati fondamentali, in quanto la vita di Luigi è universalmente conosciuta. Per quanto riguarda il figlio, invece, ho dovuto ricostruire (tramite dei supporti bibliografici 3

) lʼintero arco cronologico della sua vita, poiché ad oggi non esiste una monografia dedicata a Stefano. Ho ritenuto opportuno presentare tutte le varie opere di Stefano (nel capitolo III), siano esse collaborazioni con i giornali o vere e proprie pubblicazioni. Seguono poi due capitoli (IV e V) interamente dedicati al rapporto tra Luigi e Stefano: nel primo vi è una scansione cronologica che delinea lo sviluppo delle relazioni sia da un punto di vista segretariale che letterario; questʼultima parte viene approfondita nel quinto capitolo, tramite unʼindagine relativa alle “collaborazioni” tra padre e figlio nellʼambito letterario e cinematografico, incentrata in particolare sulle seguenti opere: la Prefazione ai Sei

personaggi in cerca dʼautore, I giganti della montagna, Non si sa come, I muriccioli, un fico, un uccellino, lʼIntroduzione al teatro italiano e il Memoriale

(di Stefano). Nel sesto capitolo ho inserito una lettura di alcuni testi di Stefano poiché in essi emergono quasi ossessivamente i legami con lʼambiente familiare dellʼautore. Infine ho incluso nella tesi unʼappendice sugli epistolari pirandelliani: a mio avviso è necessaria poiché nel lavoro sono costantemente citate lettere e raccolte epistolari; quindi è stato utile fare il punto della situazione sugli studi a proposito dei carteggi o generalmente delle lettere di Luigi Pirandello.

3 Principalmente ho fatto riferimento al già citato: S. ZAPPULLA MUSCARÀ, E. ZAPPULLA,

(5)

Lʼanalisi degli argomenti affrontati deve fare fronte ad alcune difficoltà; in primo luogo le collaborazioni di Stefano: egli compone molti testi trattando svariati argomenti e firmandoli o con il vero nome o alternando lʼuso di ben tre pseudonimi, questione chiaramente legata al rapporto tra padre e figlio. Lo stesso rapporto tra Luigi e Stefano non è costante nel corso della loro vita: si alternano momenti di dissidi a periodi di collaborazione; tutto questo comporta delle problematiche nella descrizione e nellʼanalisi delle relazioni intercorse via via tra loro.

Il titolo è “Segretario e ghost writer” e vuole delineare già in nuce lo sviluppo dei rapporti tra padre e figlio, cioè una progressiva fiducia di Luigi nei confronti di Stefano. Questi gradualmente passa da collaboratore amministrativo a collaboratore letterario, quasi divenendo lʼombra del padre: se ciò è molto chiaro nei rapporti burocratici (in quanto è il figlio a seguire tutte le corrispondenze paterne), si vedrà che questa posizione è altrettanto chiara anche in ambito strettamente letterario.

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CAPITOLO I

CENNI BIOGRAFICI SU LUIGI PIRANDELLO

La fama e la notorietà di Luigi Pirandello rendono superflua una precisa scansione temporale della sua vicenda biografica. Sono infatti numerosi i testi che affrontano la sua vita: basti ricordare quelli di Giudice, Luperini e Borsellino 4.

Per i motivi ricordati sopra ritengo opportuno riportare solamente le date maggiormente significative della vita di Luigi Pirandello. In primo luogo la nascita, avvenuta il 28 giugno 1867 nella campagna di Girgenti (lʼattuale Agrigento), denominata in dialetto Càvusu, cioè Caos; proprio in un Frammento

dʼautobiografia, risalente al 1893, Pirandello sostiene di essere «figlio del Caos; e

non allegoricamente, ma in giusta realtà» 5

. Dopo gli studi liceali, compiuti a Palermo, Pirandello si trasferisce a Bonn nel novembre 1889, dopo un breve soggiorno a Roma: qui non resta a lungo a causa di alcuni contrasti in ambito universitario 6

. Nel periodo giovanile Luigi si accosta sia alla poesia che alla narrativa: ben quarantadue liriche sono composte nel 1883 e la prima raccolta di poesie Mal giocondo risale al 1889. Nel 1884 viene pubblicata, su “La Gazzetta del Popolo della Domenica”, la prima prosa narrativa: La capannetta. Durante tale periodo Luigi scrive alcuni testi teatrali, sintomo del fatto che la sua vocazione al teatro risale agli anni giovanili; basti ricordare Gli uccelli dellʼalto (1886), Fatti

4 G. GIUDICE, Luigi Pirandello, Torino, UTET, 1963 (ristampa 1980); N. BORSELLINO,

Ritratto e immagini di Pirandello, Roma-Bari, Laterza, 1991; R. LUPERINI, Introduzione a Pirandello, Roma-Bari, Laterza, 1992. Più recentemente è stata pubblicata, nella serie “Profili di

storia letteraria a cura di A. Battistini-Collana Itinerari” la monografia: M. POLACCO, Pirandello, Il Mulino, 2011.

5 N. BORSELLINO, Ritratto e immagini di Pirandello, p. 11

6 Ivi, p. 15. Pirandello ebbe dei contrasti con il preside della Facoltà, Onorato Occioni, e così su consiglio del filologo Ernesto Monaci si recò a Bonn.

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che or son parole (1887), Le popolane (1888) 7

. Anche durante il soggiorno universitario a Bonn vengono composte alcune opere 8, ma la prova più

significativa è la tesi di Laurea (1891), in tedesco, sulla morfologia e fonetica siciliana (Suoni e sviluppo di suoni della parlata di Girgenti), recensita anche dal celebre linguista Meyer-Lübke 9

.

Già da questo profilo giovanile è possibile comprendere la poliedricità di Luigi Pirandello: poesie, novelle, studi di linguistica (unico esempio ne è la tesi, che ha un valore notevole). A questo, negli anni, si aggiungerà lʼesperienza dei romanzi, del teatro, della regia teatrale e del nascente interesse per il cinema.

Il rientro da Bonn avviene nel 1892 e contemporaneamente ha inizio il soggiorno romano: i primi dieci anni nella capitale sono caratterizzati da numerose collaborazioni a periodici letterari e artistici. Tra il 1893 e il 1895 Pirandello compone i suoi primi romanzi: Marta Ajala (poi pubblicato come

Lʼesclusa su “La Tribuna” nel 1901) e Il Turno (edito nel 1902).

Gli ultimi anni dellʼOttocento sono altresì significativi per la vita familiare: il matrimonio con Antonietta Portolano (1894) e la nascita dei tre figli Stefano (1895), Lietta (1897) e Fausto (1899) 10. A questo periodo risale la prima

7 Di questi testi teatrali resta soltanto il titolo (desumibile da alcune lettere) poiché gli originali sono andati perduti o volutamenti distrutti da Luigi. Cfr: R. ALONGE, Cronologia, in L. PIRANDELLO, La favola del figlio cambiato, I giganti della montagna, Non si sa come, Maschere Nude X, a cura di R. Alonge, Milano, Mondadori, 2010, p. XXXII

8 N. BORSELLINO, op.cit., p. 16: al periodo tedesco risalgono il poemetto Pasqua di Gea, le poesie raccolte in Elegie Renane (poi pubblicate nel 1895) e la traduzione delle Elegie romane di Goethe.

9 La tesi è stata poi pubblicata, sia in tedesco (ad es. Laute und Lautenwickelung der Mundart von

Girgenti, Pisa, Marlin, 1973) che in italiano (ad es. La parlata di Girgenti, Firenze, Vallecchi,

1981) e, sempre al lavoro pirandelliano, sono stati dedicati alcuni articoli (nel 1966 F. Rauhut,

Pirandello e il dialetto siciliano, nel 1967 L. Romeo, Pirandello linguista, nel 1968 A. Illiano, Pirandello filologo).

10 Per quanto concerne i nomi dei figli di Pirandello va precisato che secondo Roberto Alonge il vero nome di Lietta è Rosalia, mentre nella cronologia a cura di Sarah Zappulla Muscarà ed Enzo Zappulla è semplicemente Lia. Il nome completo di Fausto è, invece, Calogero Fausto. Cfr: R.

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raccolta di novelle, Amori senza amore e la stesura di numerose altre 11

: tale stagione dellʼarte narrativa di Pirandello culmina con la pubblicazione de Il fu

Mattia Pascal a puntate su “Nuova Antologia”, dal 16 aprile al 16 giugno 1904.

Nei primi quindici anni del XX secolo hanno origine alcune delle opere maggiormente significative nel panorama letterario pirandelliano: il saggio

LʼUmorismo (1908), i romanzi I vecchi e i giovani (1909), Suo marito (1911, poi

intitolato Giustino Roncella nato Boggiòlo), Si gira (1915, che a partire dal 1925 avrà il titolo di Quaderni di Serafino Gubbio operatore) e numerose novelle, composte soprattutto tra 1909 e 1914 12

. Un anno fondamentale per Luigi è il 1910 quando ritorna al teatro con i due atti unici, ricavati da novelle precedenti, Lumie

di Sicilia e La morsa; è la ripresa dellʼinteresse pirandelliano per il teatro che avrà

il suo apice tra 1915 e 1920 13

. In questo periodo ha unʼimportanza fondamentale lʼamico Nino Martoglio (commediografo e direttore di teatro) che incita lo scrittore siciliano nella composizione di drammi e commedie.

Il 1921 è lʼanno dei Sei personaggi in cerca dʼautore, la “commedia da fare”; ha inizio così la stagione del “teatro nel teatro”: i personaggi appaiono nel mezzo di unʼaltra rappresentazione, vogliono agire da soli senza la necessità di un autore, reclamano a gran voce il diritto di essere rappresentati, di mettere in scena la loro storia. Seguiranno, negli anni, molti altri capolavori, come Enrico IV

ALONGE, Cronologia, p. XXXIII e S. ZAPPULLA MUSCARÀ, E. ZAPPULLA, La vita e

lʼopera, p. 52

11 Ad esempio Visitare gli infermi, Se..., La maestrina Boccarmé, Marsina stretta, Amicissimi, Il

tabernacolo, Pallottoline!, Scialle nero, Lumie di Sicilia, Nel segno, La fedeltà del cane, Sua Maestà.

12

Basti ricordare LʼAvemaria di Bobbio, Il treno ha fischiato, La carriola, Candelora. 13

Pirandello trae, da novelle già composte, le seguenti opere teatrali: Il piacere dellʼonestà,

Pensaci Giacomino!, Il berretto a sonagli, La Giara, Così è (se vi pare) e Liolà (ricavata però da

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(1922) e Uno, nessuno e centomila, pubblicato a puntate su “Fiera Letteraria”, dopo una lunga elaborazione, tra il 1925 e il 1926.

Nel 1924 Pirandello aderisce al Partito Fascista e il 30 agosto del medesimo anno, su “Convegno”, appare la prima stesura dellʼatto costitutivo del “Teatro dʼArte”, chiamato anche “Teatro dei Dodici” o “Teatrino Pirandello”. Tra i promotori anche il figlio Stefano, Alvaro, Bontempelli, Orio Vergani e altri. Pirandello avrebbe voluto iniziare una grande riforma del sistema dello spettacolo italiano creando i teatri “di Stato”, tre ambienti a Torino, Milano e Roma gestiti dallo Stato contro speculatori privati. Unʼunica grande compagnia guidata da un direttore, attori senza ruoli predefiniti e fissi: tutto questo non si realizzò mai e anche lʼesperienza del “Teatrino” avrà fine il 15 agosto 1928.

A partire dal mese di ottobre 1928 Pirandello vive a Berlino in un volontario esilio dalla patria: nonostante la nomina ad Accademico dʼItalia (18 marzo 1929, su proposta di Mussolini) Luigi continuerà a soggiornare tra la città tedesca e Parigi. Pirandello rientrerà definitivamente in Italia solamente nel 1932.

Nei suoi ultimi anni Luigi compone le commedie Trovarsi e Quando si è

qualcuno, nellʼestate 1932; nel 1933 la terza parte de I Giganti della montagna (le

prime due parti erano apparse nel 1931, avendo come titolo I fantasmi, mentre la quarta ed ultima sezione rimase incompiuta per la sua morte (per la trattazione in dettaglio rimando al capitolo V) e Non si sa come (1934).

Il 9 novembre 1934 Pirandello ottiene il Premio Nobel per la Letteratura (terzo italiano a raggiungere lʼambìto traguardo, dopo Carducci e Deledda). Due anni dopo, il 10 dicembre 1936, Luigi Pirandello muore a Roma nella sua ultima

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dimora di Via Antonio Bosio, 15. Il corpo viene cremato e successivamente sepolto nella campagna agrigentina, secondo le ultime volontà del Maestro.

Luigi Pirandello, in vita, aveva raggiunto una fama mondiale, tantʼè che già nel marzo 1937 Arnoldo Mondadori e il figlio Stefano iniziano uno scambio epistolare relativo alle opere da pubblicare, i «nuovi volumi del Babbo»; inoltre nel primo anniversario della morte Massimo Bontempelli tenne commemorazioni a Oslo, Tallinn, Varsavia, Leopoli e anche Bratislava. Sempre in occasione della medesima ricorrenza, Valentino Bompiani dette alle stampe lʼAlmanacco

Letterario 1938 interamente dedicato a Pirandello. La fama poi è continuata nel

tempo e questo lo dimostrano i molti studi in suo onore e le continue rappresentazioni delle sue opere teatrali.

È necessario però ricordare che la notorietà non ottenne sempre consensi unanimi, anche di fronte a dei capolavori, almeno inizialmente, come accadde per i Sei personaggi. Questi, in scena per la prima assoluta il 9 maggio 1921, furono un “fiasco” soprattutto per le reazioni della critica, la quale – secondo la testimonianza del figlio Stefano – influenzò talmente il pubblico che alle repliche romane successive non vi andò quasi nessuno 14.

14 R. ALONGE, Introduzione, in L. PIRANDELLO, Sei personaggi in cerca dʼautore-Enrico IV, Milano, Mondadori, 1984 (edizione 2014), p. XVIII e ssg.

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CAPITOLO II

LA VITA DI STEFANO PIRANDELLO

2.1 PREMESSA

Non vi sono, come ho già ricordato, biografie su Stefano Pirandello: la migliore e più recente scansione cronologica della sua vita è fornita da Sarah Zappulla Muscarà ed Enzo Zappulla nella sezione La vita e lʼopera allʼinterno del volume da loro curato, Tutto il teatro di Stefano Pirandello 15

. Qui la vita viene presentata anno per anno, con la sottolineatura degli eventi maggiormente significativi; assumono importanza fondamentale anche le numerose lettere (ivi raccolte) sia ricevute che inviate da Stefano al celebre padre Luigi, alla madre, al fratello, alla moglie, ai figli e agli amici (ad esempio a Valentino Bompiani, Corrado Alvaro e Massimo Bontempelli). Grazie alle missive veniamo a conoscenza dellʼintenso lavoro svolto da Stefano come assistente del padre e, inoltre, sono riportate anche notizie sulla famiglia Pirandello (la salute di Antonietta, i rapporti tra fratelli).

Ovviamente, oltre allʼopera ricordata, vi sono anche articoli o altri contributi che trattano della vicenda bio-bibliografia di Stefano. Tra questi, ad esempio, è da citare la voce “Stefano Landi” nellʼEnciclopedia dello Spettacolo a cura di Tullio Pinelli 16

: qui vi è una presentazione soddisfacente, anche se troppo concentrata sulla dipendenza di Stefano da Luigi, ossia sulla «filiale e artistica

15 S. PIRANDELLO, Tutto il teatro, voll. I-II-III, a cura di S. Zappulla Muscarà e E. Zappulla, Milano, Bompiani, 2004. In particolare: Introduzione, pp. 9-42, La vita e lʼopera, pp. 43-414,

Bibliografia, pp. 415-426.

16 T. PINELLI, Landi, Stefano in AA.VV., Enciclopedia dello spettacolo, fondata da S. DʼAmico, vol. VI (GUARI-MAK), Roma, Casa Editrice Le Maschere, 1959, pp. 1201-1203

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umiltà verso il padre». Ben diverso il caso dellʼEnciclopedia Bompiani, dove la figura di Landi è affrontata in modo breve e superficiale, con la sola elencazione di opere, peraltro incompleta 17

.

Ad oggi non esiste ancora la biografia di Stefano sul Dizionario

Biografico degli Italiani, così come non vi è neanche quella del padre: queste

sono state assegnate, ma non ancora pubblicate. NellʼEnciclopedia Treccani, invece, è presente la voce “Stefano Landi”, ma è datata al 1949 18.

Più recentemente, nel 2009, è stata pubblicata una tesi monografica su Stefano Pirandello, dove è tracciato il profilo biografico – ripreso essenzialmente dal volume citato Tutto il Teatro – e la presentazione della sua produzione artistica

19

.

17 AA.VV., Landi, Stefano in Enciclopedia Bompiani, Letteratura I, A-Lin, vol. 9, Direttore Editoriale: R. Zuccoli Bellantoni, Milano, Bompiani, 1986, p. 679

18 Cfr: http://www.treccani.it/enciclopedia/stefano-landi_res-2cabda0f-87e6-11dc-8e9d-0016357ee e51_(Enciclopedia-Italiana)/

19 La tesi di dottorato, di Arianna Cipriani, si intitola: Stefano Landi Pirandello: la vita, le opere e

la difficile eredità, Università di Roma Tre, 30 marzo 2009, tutor: Sergio Campailla. Il materiale è

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2.2 DALLA NASCITA AL 1914 20

Stefano Pirandello nasce a Roma, precisamente in Via Sistina n. 3 il 14 giugno 1895. È il primo figlio di Luigi e Maria Antonietta Portolano (dopo di lui Lietta nel 1897 e Fausto nel 1899). Dalle lettere inviate dai genitori, nellʼimminenza della nascita, veniamo a conoscenza di alcuni particolari: il padre scrive alla sorella Lina «comʼè bellino! e comʼè grosso!», la madre (alla cognata Anna) comunica che il figlio «si va facendo di giorno in giorno bruno come me». Il 21 ottobre la Portolano dice ancora ai cognati: «Non so dire che sia proprio bello, ma certo ha una faccia di veru masculu e simpatico fino allʼestremo». Dai brevi frammenti epistolari citati si comprende che il neonato ha lʼamore tipico di ogni famiglia, anche se – come vedremo in seguito – questa sarà molto opprimente e pesante, sia per lʼeccessiva presenza del padre che per la malattia della madre.

Relativamente ad Antonietta bisogna ricordare che la sua prima crisi di nervi risale al 1899, quando Stefano ha solamente quattro anni; le condizioni di salute della donna si aggraveranno nel maggio 1903, con una paresi (momentanea) alle gambe. Luigi scrive alla sorella Lina nel 1906: «[...] ella è profondamente ammalata di un terribile male, di cui non potrà mai guarire […] Lʼha nel sangue innato». Queste condizioni, non è difficile congetturarlo, sono state molto pesanti per la famiglia, soprattutto per i piccoli figli e non è necessario ricorrere a testi di psicologia per tale deduzione, ma è sufficiente affidarsi alla lettera che Stefano scrive agli zii Lina e Calogero il 21 ottobre 1910, allʼetà di

20 Le lettere e i vari passi citati nel capitolo II – se non vi sono ulteriori precisazioni – sono tratti da S. ZAPPULLA MUSCARÀ, E. ZAPPULLA, La vita e lʼopera, pp. 43 – 414.

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quindici anni:

Papà sʼè messo a piangere […] che nostalgia profonda e invincibile mʼassale della vostra casetta quieta e vispa, del vostro tranquillo benestare, in questa tetra casa di cui ogni angolo mi ricorda un atteggiamento, una scena dolorosa, tante e tante cose […] Ci sono dei momenti terribili per me nei quali, senza un rimpianto, mi ucciderei […] Cʼè di là Papà, il mio povero Paparino che piange, che è vittima di una così orrenda sciagura.

In questo periodo Stefano sta studiando al Convitto Nazionale a Roma e vive col padre, mentre la madre con gli altri due figli soggiorna dai parenti in Sicilia, dove si reca continuamente lasciando la Capitale. La lettera sopra riportata descrive lo stato dʼanimo del giovane figlio di Pirandello: questi pensa addirittura di uccidersi nel vedere la famiglia nelle condizioni in cui si trova. Anche negli anni successivi la situazione continuerà altalenante tra momenti di vita familiare in cui Antonietta è tranquilla e periodi di tensione che costringono la famiglia a vivere separata. Sul finire del 1914 Stefano si iscrive alla Facoltà di Lettere dellʼUniversità “La Sapienza” di Roma, accompagnando a ciò la sua grande passione per la musica.

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2.3 DAL GENNAIO 1915 AL GENNAIO 1919

Lʼesperienza universitaria non ha lunga durata, in quanto il 1° gennaio 1915 Stefano si presenta volontario per il servizio militare: lʼItalia ufficialmente non è ancora in guerra (vi entrerà in maggio), ma gli arruolamenti sono iniziati in previsione futura. Stefano compie un corso per allievi ufficiali e infatti dal 15 luglio è Sottotenente. In questo periodo è perlopiù a Macerata, partendo per il fronte il 28 luglio e arrivandovi il 30 dello stesso mese.

La presenza di Stefano nelle trincee non sarà duratura poiché i primi giorni di novembre viene catturato dagli austriaci e internato a Mauthausen (in Austria). Il periodo della guerra ha lasciato numerose lettere, scambi epistolari tra Stefano e la famiglia (in prevalenza con il padre), ma anche – per un certo periodo – con lʼamico Mario e la famiglia Labroca, suoi futuri parenti (sposerà infatti Maria Olinda Labroca). Il carteggio tra padre e figlio è pubblicato a cura di Andrea Pirandello (figlio di Stefano) ne Il figlio prigioniero. Carteggio tra Luigi e

Stefano Pirandello durante la guerra 1915 – 1918. Il curatore precisa che le

lettere del periodo scritte da Luigi sono centoventidue, mentre quelle di Stefano trecentoundici 21

. Di queste però ne sono state pubblicate solamente novantasette del padre e ottantanove del figlio, scelta dettata dalla volontà di «non appesantire la lettura con particolari ripetitivi di minore interesse». È possibile e giustificabile

21 Le lettere di Luigi sono in numero minore in quanto molte vennero perse. Stefano, al fronte, conservava le missive dei familiari in uno zainetto. È probabile che durante le azioni questo venisse riposto nelle retrovie: al momento della cattura lo zaino andò perduto; Luigi, infatti, il 17 febbraio 1916 scrive al figlio che è giunta a Roma la sua «cassetta dʼordinanza» e la «sciabola», ma vi sono solamente pochissime lettere. A questo punto il padre scrive: «[...] suppongo, saranno andate tutte smarrite insieme col tuo zaino, di cui non cʼè più traccia». Oltre a questo problema il numero delle lettere attestate è minore rispetto a quelle effettivamente inviate in quanto alcune sono andate perdute a causa dei disagi postali: di ciò ne dà testimonianza lo stesso Stefano il 22 gennaio 1916 scrivendo: «[...] di quasi cento lettere vostre me ne sono arrivate in tutto quattro».

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tale motivazione, ma si può comprendere che per ragioni personali certe informazioni non siano state volutamente pubblicate.

Lʼepistolario ha molti valori: è possibile ricostruire in primo luogo le relazione tra padre e figlio, ma si viene a conoscenza anche delle loro vite e delle rispettive prove artistiche, dal momento che Luigi spesso scrive al figlio notizie circa il successo (o meno) delle sue opere. Anche Stefano comunica le sue letture e le prime esperienze compositive (in un primo tempo musicali e poi letterarie). Non è da sottovalutare, inoltre, lʼimportanza storica del carteggio: sono testimoniate le condizioni dei prigionieri nei campi di concentramento, lʼorganizzazione delle comunicazioni tra la patria e i luoghi di prigionia. Nel volume sono presenti anche delle fotografie (che immortalano le strutture di prigionia austro-ungariche) e due riproduzioni di buste da lettere: una inviata da Luigi al figlio e una da Stefano al padre. Esse danno testimonianza di una attività costante durante la guerra: la censura. Nella missiva di Stefano si trova una targhetta con scritto “Verificato per Censura”, mentre in entrambe vi sono numerosi timbri sia italiani che austriaci, proprio per attestare lʼavvenuta lettura del testo.

La prima lettera riprodotta risale al 18 agosto 1915 (scritta da Stefano), mentre lʼultima è datata 26 dicembre 1918 ed è opera di Antonietta. Le missive, in generale, affrontano le condizioni di vita al campo di concentramento e i vari problemi che possono attanagliare le rispettive parti (sia il prigioniero che la famiglia): quindi ansie, notizie da casa di vario genere, domande rituali, lamentele per i ritardi postali e per i problemi di salute. Dal momento che in questo capitolo

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viene delineata la vita di Stefano è siginificativo, a mio avviso, osservare come il nostro visse nel lager e riportare alcune sue considerazioni (relative allo stato psico-fisico) desumibili dalle lettere.

Grazie al carteggio, ad esempio, è possibile ricostruire la giornata tipica di Stefano a Mauthausen; il 5 aprile 1916 egli scrive al padre:

[…] sveglia alle 6.30 poi ginnastica – gioco del pallone e scherma di fioretto e di sciabola– bagno, pulizia della camera, lettura e conversazione, pranzo, riposo pomeridiano e ancora studio.

Il 31 agosto 1917 Stefano dà ulteriori notizie:

Mi levo tardi verso le nove. Fino alle 10 ½ lavoro – poi cʼè lʼappello – alle 11 apro la biblioteca (sono bibliotecario della baracca) – alle 12 la chiudo – vado a mensa […] dalle 5 alle 8 lavoro ancora – poi cʼè la mensa – poi o leggo o vado al cinematografo 22.

Nel periodo di prigionia Stefano legge molte opere letterarie e filosofiche: Platone, Kant, Nietzsche, SantʼAgostino, Leopardi e Ariosto. Luigi, da parte sua, gli parlerà delle sue prove: Lumie di Sicilia, Pensaci Giacomino!, Liolà.

Le condizioni sia fisiche che morali di Stefano non sono ottimali. Il 7 agosto 1916, ad esempio, egli scrive al padre: «[...] non ho più nessun desiderio di vivere». Anche nei periodi successivi Stefano farà simili considerazioni sulla vita; il 2 novembre 1916 egli scrive: «[...] un anno non vissuto fra me e la vita». Una missiva molto interessante è quella del 6 agosto 1917, dove Stefano afferma: «[...] siamo (cioè Stefano e il fratello, ndA) giovani di belle speranze. Cioè no: io sono arrivato, ormai!»; ancora il 19 febbraio 1918 egli scrive di essere «Solo e fuori della vita» aggiungendo inoltre:

[…] il mio tormento di non sapermi figurare quale sia la vostra vita […] io sono più di tre anni che sono via […] tagliato fuori da ogni vita – per me la vita è il ricordo annebbiato di quella che abbandonai allora.

(18)

Le parole di Stefano a proposito della sua esistenza sono tutte riconducibili allo stato di prigioniero, in una condizione tremenda e impossibile da accettare. A queste considerazioni si aggiunge la “nostalgia di casa”. Ho voluto riportare, in questo mio lavoro, tali parti di lettere perché testimoniano che il lager colpì i prigionieri non solo fisicamente, ma anche e soprattutto a livello morale: un giovane ventenne si è ritrovato prigioniero e inevitabilmente nasce in lui la disperazione, lʼannullamento della propria personalità, lʼautoconvincimento di non valere più niente.

Nel campo di concentramento Stefano, nonostante le varie avversità, si avvicina alla letteratura. Dopo avere abbandonato la passione per gli studi musicali, egli decide di intraprendere la carriera letteraria. A Mauthausen Stefano scrive ben tre opere: I bambini, La casa a due piani e Lʼuccelliera. Altri testi sono solamente accennati nelle lettere (o con un semplice titolo oppure con un prospetto di trama) e non avranno seguito 23

.

Lʼanno 1918, terzo di prigionia, è scandito da numerose “speranze” di rimpatrio per Stefano: a gennaio sembra possibile un suo rientro tramite la Croce Rossa oppure, successivamente, grazie a uno scambio ad personam promosso dalla Santa Sede 24

. Purtroppo tutto questo non avrà buon esito e Stefano rimarrà prigioniero: la sofferenza sarà ancora maggiore dal momento che egli dovrà fare

23

Per lʼanalisi approfondita delle opere composte da Stefano a Mauthausen rimando al capitolo IV di questa tesi.

24 L. e S. PIRANDELLO, Il figlio prigioniero, pp. 275-276. Il Vaticano, durante la guerra, fu molto vicino alle famiglie dei prigionieri. Pirandello, tramite lʼamico Matteo Gentili, era entrato in contatto con il Cardinale Segretario di Stato Pietro Gasparri. Questi aveva rimesso la questione nelle mani dello stesso Papa Benedetto XV che a sua volta aveva presentato alle autorità competenti esplicita richiesta di rimpatrio per Stefano, anche tramite lʼaiuto della chiesa austriaca. Gli austriaci, però, venuti a conoscenza del fatto che Stefano era figlio di una personalità così importante in Italia avevano chiesto tre prigionieri, anziché uno, per lo scambio: Luigi rifiutò questo accordo, sicuro di rispettare anche quelle che sarebbero state le volontà del figlio.

(19)

numerose volte la spola tra Mauthausen e il campo di concentramento di Plan (in cui si trova dal mese di ottobre 1917) al fine di farsi riconoscere ammalato e rientrare così a casa 25

. La prigionia di Stefano avrà fine nel mese di novembre 1918: lʼAustria sta capitolando, i prigionieri escono da Plan (ormai abbandonato dai soldati) riuscendo a imbarcarsi e giungere ad Ancona verso il 13 novembre, dopo un fermo a Trieste. Proprio nel capoluogo marchigiano Stefano e il padre si rivedranno dopo oltre tre anni il 21 o 22 novembre. La guerra è conclusa, Stefano è libero, anche se per altri mesi dovrà continuare a svolgere il servizio militare.

25 Dopo la battaglia di Caporetto (ottobre 1917) e il conseguente arrivo di numerosi prigionieri, alcuni di essi, tra i quali Stefano, furono trasferiti al campo di Plan, più lontano e disagiato. Stefano pertanto, per effettuare accertamenti medici, era costretto a spostarsi continuamente tra i due lager.

(20)

2.4 IL PERIODO DI VICINANZA AL PADRE: DAL 1919 AL 1936

Nel 1919 Stefano rientra definitivamente dalla prigionia, ma deve concludere gli obblighi militari, così da febbraio a marzo è a Macerata, poi a Roma per poche settimane e in licenza per sei mesi. Intanto il 14 gennaio la madre Antonietta è ricoverata definitivamente nella casa di cura “Villa Giuseppina”, a causa delle sue crisi di nervi. Stefano a settembre è costretto a riprendere il servizio militare nella città marchigiana fino al 18 novembre quando è definitivamente congedato. Nei mesi in cui non presta servizio Stefano riesce a rivedere sia I bambini che Lʼuccelliera, opere abbozzate in prigionia. Contemporaneamente inizia ad assistere il padre: per il momento nel ruolo di segretario, interlocutore per atti amministrativi e per il disbrigo della corrispondenza. Uno dei primi incarichi datogli da Luigi è quello di scrivere una lettera allo zio Giuseppe Portolano il quale, probabilmente, aveva obiettato relativamente al ricovero della sorella Antonietta: a Luigi, infatti, preme che il figlio dica allo zio le reali condizioni della donna, cioè che nella casa è curata e seguita.

Nel 1920 inizia la carriera giornalistica di Stefano 26

, con la collaborazione al quotidiano “La Tribuna”, al quale invierà numerosi articoli. In contemporanea appare anche, per la prima volta, il suo pseudonimo: Landi. Non è difficile comprendere che Stefano – usando un cognome diverso da quello del padre – volesse differenziarsi e non venire riconosciuto o stimato solamente per essere

26

Lʼintero corpus delle opere di Stefano (lirica e prosa: novelle, racconti, articoli di giornale, drammi e commedie) è analizzato nel capitolo III di questa tesi. Qui riporto solamente alcuni dei dati più significativi per non appesantire la trattazione.

(21)

“figlio di...” 27

. Infatti il 6 luglio 1921 Stefano scrive una lettera a Silvio dʼAmico firmandosi: «Tuo aff.mo Stefano Landi Landi Landi Landi fino alla morte. Saluti cordialissimi da Papà». È interessante osservare che se da un lato egli vuole liberarsi dal “giogo” datogli dal suo cognome, al tempo stesso il padre è sempre presente e questo accostamento vi sarà finché Stefano avrà vita: Landi, figlio di Pirandello. In una lettera del 19 agosto 1920, indirizzata alla sorella e al padre, Stefano comunica che sta componendo la sua prima novella, Brigidino vergine (poi pubblicata il 1 gennaio 1921 su “Noi e il mondo”) e poi parla, per la prima volta, della sua vicinanza sentimentale con Maria Olinda “Dodi” Labroca 28

. Un buon consuntivo dellʼattività di Stefano nellʼanno 1920 è possibile trovarlo in una lettera del 3 settembre che il nostro scrive ad Arnaldo Frateili (collaboratore de La

Tribuna):

[…] io sto alla “Tribuna”, sotto il nome di Stefano Landi. Ho cominciato a scrivere per il teatro. Fra qualche mese la compagnia Ferrero Celli Paoli mi porterà a battesimo: ho altri lavori per la Melato e la Gramatichemma (cioè la celebre attrice Emma Gramatica, ndA)

Intanto sul finire del 1920 Luigi Pirandello inizia la stesura di Sei

personaggi in cerca dʼautore e Stefano assisterà, sovente, alla lettura di alcune

parti e alla relativa discussione.

Il 1921 è un anno importante per la vicenda del nostro Stefano: egli, pur continuando la collaborazione con “La Tribuna”, pubblica la sua prima novella su “Noi e il mondo, e invia articoli anche a “Lʼidea nazionale” 29

. La vicinanza al

27

Avrò modo di affrontare nel dettaglio lʼuso degli pseudonimi nel capitolo III § 3.3

28 Dodi è il nome con il quale Stefano chiamerà per sempre Maria Olinda Labroca, sua futura moglie. Da una lettera di poco successiva a questa (3 settembre) veniamo a conoscenza che il loro fidanzamento è iniziato “da quattro mesi”, quindi orientativamente dal maggio 1920.

29 Stefano scrive alla madre, il 22 luglio, che alla fine del mese inizierà la collaborazione con “Lʼidea nazionale” «dove finalmente pare che potrò trovare un posto stabile e abbastanza simpatico».

(22)

padre, intanto, diviene via via maggiore; è infatti Stefano, per la prima volta, a scrivere un testo che poi firmerà il padre: si tratta della sceneggiatura del film La

rosa, tratto dallʼomonima novella paterna. Con lʼelaborazione de La rosa inizia

anche lʼesperienza di Stefano nel campo della cinematografia 30

.

Il 16 luglio 1921 Lietta sposa il cileno Manuel Aguirre, dipendente dellʼAmbasciata del suo paese, dopo poco più di due mesi di fidanzamento ufficiale. Le reazioni a questo evento da parte di Luigi non sono positive: Lietta viene vista come colei che ha abbandonato la famiglia, dopo il ricovero di Antonietta. Stefano scrive a Silvio dʼAmico (17 luglio) che quello più addolorato è proprio il padre che si trova «in una casa che non è più casa». Legato al matrimonio vi sarà anche un problema economico per la dote da corrispondere a Lietta: Luigi, non potendo versare lʼintero importo, dovrà rateizzare i soldi.

Nel 1922 Stefano inizia a inviare articoli e soprattutto alcune novelle (la prima è stata Brigidino vergine nel 1921) a numerose riviste: “Comœdia”, “Novella”, “Il Giornale di Roma”. Nel mese di marzo Landi è assunto alla redazione de “Il Mondo” e inizia a collaborare anche con “Il Giornale dʼItalia”. Il successivo 18 marzo Stefano sposo Dodi e, per il momento, i due coniugi vivranno con Luigi.

La vicenda familiare dei Pirandello è ancora complicata, nonostante il ricovero di Antonietta e i matrimoni dei figli: da una lettera di Luigi a Lietta (5 gennaio 1923), veniamo a conoscenza che nella casa è giunto anche il vecchio padre Stefano e nello stesso periodo nasce la primogenita di Stefano (il figlio),

30 È necessario precisare che già nel 1920 Stefano aveva seguito le trattative per un film da trarre dalla novella Una voce, ma non si realizzò niente. Il film La rosa invece verrà diretto da Arnaldo Frateili per la “Tespi Film” di Roma nello stesso 1921.

(23)

Maria Antonietta detta Ninnì 31

.

Il 1923 è lʼanno in cui Stefano debutta a teatro prima con I bambini (maggio) e poi con La casa a due piani (giugno). Nellʼanno successivo, 1924, Landi continua a impegnarsi per le sue opere, pubblicando in rivista i due lavori teatrali dellʼanno precedente e iniziando a comporre il suo primo romanzo

Liberazione (poi Il muro di casa).

Stefano continua ad avere un assillo costante: essere considerato solamente come un “figlio dʼarte”. A partire dalla metà dellʼanno 1924 egli dovrà seguire molto spesso il padre per assisterlo nei suoi vari impegni e, durante un soggiorno a Milano, Stefano scrive alcune lettere alla moglie tutte incentrate sulla paura di essere considerato “il figlio di Pirandello” e basta: « […] ho avuto per fortuna il conforto di non passare esclusivamente per il figlio di Papà» (16 maggio), «nessuno scherza sulla figliolaggine di Papà» (20 maggio). Stefano, oltre a questa collaborazione con il padre, compone per lui anche un articolo sui Sei personaggi. Il testo non piacque a Luigi e così non venne pubblicato, creando delusione in Stefano che il 19 maggio 1924 scrive alla moglie: «Lʼarticolo sui Sei personaggi Papà non lʼha persuaso – ci ho lavorato inutilmente venti giorni». Intanto Stefano inizia a scrivere vari pezzi (e lo farà per molto tempo) da inviare alla testata argentina “Nación” che però saranno tutti firmati dal padre, ovviamente essendo dʼaccordo anche Stefano.

Il 30 agosto 1924 il giovane Pirandello è uno dei firmatari dellʼatto costitutivo del “Teatro dʼArte” voluto dal padre.

La vicenda biografica di Stefano, negli anni seguenti, sarà scandita ancora

31

(24)

dalla collaborazione con alcune riviste (in particolare dal 1925 con “Il Tevere”) e dalla vicinanza al padre.

Il 13 dicembre 1925 Stefano pubblica su “La Fiera letteraria” la

Prefazione allʼopera di mio padre (“Uno, nessuno e centomila”) e il 30 dello

stesso mese, su “Il Popolo dʼItalia”, lʼarticolo Il guardaroba dellʼeloquenza firmato da Luigi, ma opera di Stefano. Ciò riassume il duplice impegno di Landi. Si può affermare, anche se lʼargomento verrà approfondido in seguito, che Stefano progressivamente diviene da segretario a ghost-writer del padre; vi è quindi una collaborazione, sancita dal comune e condiviso impegno letterario, che porta Luigi ad affidare al figlio compiti sempre più legati allʼattività letteraria o giornalistica (come gli articoli da inviare a la “Nación”).

Gli anni che seguono sono, per Stefano, caratterizzati da unʼattività letteraria e giornalistica propria, nonostante gli impegni legati allʼopera del padre: nel 1925 Stefano annuncia la composizione del romanzo Livia Luppia città

spettacolo di cose possibili ma inverosimili, progetto che, però, non avrà seguito.

È possibile osservare che lʼattività di Stefano è costante, ma insicura: sono accantonati molti progetti, spesso abbandonati definitivamente, altre volte ripresi (ad esempio, negli anni Cinquanta, delle parti di Livia Luppia confluiranno in

Timor sacro, anchʼesso mai edito in vita). Una vicenda letteraria, insomma, molto

intricata e di non facile interpretazione.

Relativamente alla collaborazione tra padre e figlio è significativo ciò che accade nel 1925: in occasione della nuova edizione dei Sei personaggi, Luigi compone una Prefazione, apparsa su “Comœdia”, intitolata Come e perché ho

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scritto i «Sei personaggi». In un esemplare del volume Maschere Nude del 1958

Stefano scrive di suo pugno alcune importanti dichiarazioni che sembrano testimoniare una stesura a quattro mani di alcune parti: in seguito avrò modo di approfondire la questione.

Intanto Stefano è stato sostituito come Segretario di Luigi Pirandello, dal marito di Lietta Manuel Aguirre (rientrato dal Cile nel gennaio 1925). il nostro Landi, nonostante questo, continua ad assistere il padre e a seguirne i lavori, tantʼè che alla moglie Dodi, il 24 luglio 1925, scrive:

Bisogna che stia sulla breccia accanto a Papà, che è indignato dello squagliamento generale di tutti gli altri e che, se riuscirà quello che deve riuscire, non terrà con sé altro che me.

Il 13 agosto 1925 Stefano ha un lavoro: è Capo dellʼUfficio di Corrispondenza della Commissione Tecnica dellʼAgricoltura e dovrà essere Redattore del nascente giornale “Il popolo dʼItalia agricolo”: la testata pur non esistendo sarebbe dovuta nascere a breve, invece dovranno passare alcuni anni e cambierà anche il nome in “La Domenica dellʼAgricoltore”. Nella lettera del 13 agosto alla moglie, Stefano afferma che lo stipendio per il lavoro non è molto elevato, ma dʼaltra parte «Tutto fa brodo».

Il 1 novembre 1925 nasce a Roma Andrea Luigi, secondogenito di Stefano e Dodi. Il nome in realtà era Luigi Andrea, in onore del padre, ma questi telegrafa al figlio: «[...] scongiuroti tenere lontana bambino infelicità mio nome» (4 novembre) e così Stefano corregge il nome, secondo la volontà paterna.

Relativamente alla vicenda lavorativa di Stefano assume importanza la lettera che egli scrive a Ugo Ojetti, noto giornalista del “Corriere della Sera”, il 4 novembre 1925, dove propone una possibile collaborazione con una qualsiasi casa

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editrice alle seguenti condizioni: stipendio mensile di 1200 Lire in cambio di un romanzo (o un libro di novelle) e due commedie ogni anno e queste opere saranno di proprietà esclusiva, per cinque anni, dellʼeditore. Stefano decide di rivolgersi a Ojetti, personaggio molto importante nel panorama letterario dellʼepoca, anziché a degli editori, perché, ancora una volta, teme di essere considerato come un “figlio di papà” 32

. Alla missiva di Stefano Ojetti risponde prontamente il 6 novembre, chiedendo una «prova palmare che lʼaffare è buono o almeno che il rischio è minimo», cioè è improbabile che un editore dia tanta fiducia senza avere un qualcosa di tangibile 33

. Lo scambio epistolare con Ojetti si ferma qui, non vi saranno ulteriori lettere relative a tale argomento.

A partire dal mese di luglio 1926 Stefano inizia a usare anche un altro pseudonimo, Fortunio. Gli eventi più significativi di questo anno riguardano la crisi dei rapporti tra Luigi e il genero Manuel Aguirre che cesseranno dolorosamente. Il cileno, quindi, non sarà più segretario di Pirandello e così i figli Stefano e Fausto verranno nominati suoi procuratori generali (26 agosto). I problemi tra Ligi e Manuel nascono intorno ad alcune operazioni finanziarie non concordate, come lʼacquisto di un terreno intestato a Lietta, ma comprato con i soldi del padre. Secondo quanto testimonia Fausto la cifra in causa è attorno a mezzo milione di lire: a creare scalpore non è tanto la somma, definita «modesta e casta», quanto «le loro (di Lietta e Manuel, ndA) facce toste» 34

. Il 20 ottobre 1926 nasce il terzogenito di Stefano: Giorgio.

32 Stefano scrive, infatti: «Io sono un “figlio di papà” per tutti, però mio padre non ha creduto di dovermi sistemare come ogni “figlio di papà” che si rispetti». In realtà, vedremo successivamente, Luigi cercò di raccomandare il figlio proprio a Ojetti (rimando al cap. IV).

33 L. PIRANDELLO, Carteggi inediti, pp. 92-93

34 La lettera di fausto è inviata a Stefano il 9 agosto. In seguito allo scandalo Lietta, il marito e i figli rientreranno in Cile nel 1927.

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Nel 1927 Stefano inizia a firmarsi Pirandello in numerosi articoli apparsi su “La Domenica dellʼAgricoltore”. Alterna, così, ben tre firme: Pirandello, Landi e Fortunio. Dopo la rottura con Aguirre è soprattutto Stefano (rispetto a Fausto) a curare gli interessi del padre. Intanto il 24 agosto 1927, in una lettera alla moglie Dodi, Stefano paventa il licenziamento dalla redazione de “La Domenica dellʼAgricoltore” a causa di dissesti finanziari, cosa che poi non accade.

Un anno cruciale nella vita di Stefano, e più generalmente per la famiglia Pirandello, è il 1928. Egli continua ad occuparsi degli affari paterni e si adopera affinché il Governatorato di Roma dia il Premio annuale alla “Compagnia” paterna (nel mese di maggio): a proprosito di tale esperienza è da ricordare che la “Compagnia” si scioglierà definitivamente il 15 agosto successivo a Viareggio. È il naufragio del progetto di Luigi attorno al “Teatro dʼArte” e proprio in questo periodo inizia la sua “latitanza” dallʼItalia: dal mese di ottobre 1928 Luigi andrà a vivere stabilmente a Berlino.

Nel 1930 Stefano progetta e realizza la fondazione del “Teatro dei Giovani”, con Carlo Tamberlani, Lino Màsala e altri artisti (attori e scrittori); le prime rappresentazioni della neonata Compagnia andranno in scena a giugno al Teatro Margherita 35

. In questo periodo Stefano sogna di abbandonare Roma per vivere con Fausto (e le rispettive famiglie) a Capri, come testimoniano alcune lettere del periodo 36

. In realtà il presunto trasferimento non avverrà mai.

Da un punto di vista lavorativo Stefano continua a collaborare con “La

35 Tra gli attori e gli autori coinvolti nellʼiniziativa del “Teatro dei Giovani” abbiamo ad esempio Vitaliano Brancati, Telesio Interlandi, Gemma Bolognesi. I primi lavori rappresentati sono

Lʼincalco di Tozzi e Everest di Brancati. Cfr. T. PINELLI, Landi, Stefano, p. 1201

36 Il 25 febbraio Stefano scrive a Fausto: «A Capri andrem. Questo è certo […] Ti abbracciamo in massa al grido di Capri Capri».

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Domenica dellʼAgricoltore”; intanto però continua a rivedere e a pubblicare novelle e racconti, tanto da scrivere al padre il 2 dicembre 1930:

Io lavoro da mattina a sera come sotto le frustate. Adesso collaboro regolarmente con 4 pezzi al mese al “Tevere” e 2 pezzi al mese al “Lavoro Fascista”. Sono 6 novelle al mese. Ho collocato poi un racconto allʼ “Italia Letteraria”, ne ho mandato uno lungo a “Pègaso” e uno uscirà il 16 dic. nella “Nuova Antologia”.

Si sta prospettando per Stefano la possibilità di dedicarsi solamente allʼattività letteraria, abbandonando così in maniera definitiva la collaborazione con “La Domenica dellʼAgricoltore”.

Nellʼestate 1931 (15 luglio) Stefano è richiamato alle armi per essere promosso al grado di Capitano: prima sarà a Studeno e poi a Cosarsa (paesi della Venezia Giulia, oggi in Slovenia nel comune di Tolmino). Il periodo di ferma militare si protrarrà fino allʼinizio dellʼautunno. Durante questo soggiorno egli scrive alla moglie Dodi, ma non vi sono lettere intercorse col padre.

Grazie alle missive del periodo della ferma militare è possibile sottolineare alcune tematiche che richiamano le lettere scritta da Stefano durante la prigionia a Mauthausen, anche se ovviamente i due eventi non sono paragonabili.

In primis la mole delle lettere scritte alla moglie quasi ogni giorno (17, 18,

20, 22, 24, 30, 31 luglio – 1, 2, 4, 10 agosto), come accadde anche durante la prigionia, con le molte missive indirizzate alla famiglia.

Un altro aspetto comune è la crisi di personalità, proprio come avvenne anni prima, quando Stefano si era reso conto di non essere più in grado di suonare o comporre musica. Così anche adesso dice alla moglie: «quel signor Stefano Landi che mi pare di non conoscere più nemmeno di vista». La causa di questo è rintracciabile nelle difficili comunicazioni tra i piccoli paesi di confine e il resto

(29)

della Penisola: non arrivano i giornali, nel villaggio vi sono solamente tre negozi e i commercianti sono gli unici a parlare italiano, in quanto tutti gli altri sono slavi. Tali lamentele ricordano vagamente quelle della prigionia, quando non arrivavano lettere da casa. Al tempo stesso, però, vi sono alcuni slanci: come durante la Prima Guerra Stefano aveva iniziato a scrivere proprio in cella, così adesso – in versione minore – inizia a progettare il futuro, a «pensare alla vita, a conquistarla, a prepararla ai nostri figlietti», come scrive alla moglie il 31 luglio. Il 2 agosto sostiene, infatti, che appena rientrato a Roma riprenderà a comporre il romanzo (Liberazione cioè Il muro di casa), avvertendo con queste parole Dodi: «[...] guai a chi mi frastorna, non voglio più sapere nemmeno in che mondo vivo. La mia famiglia e il mio lavoro sono tutta la mia vita». Non è difficile osservare che con queste righe Stefano dichiara anche la volontà di distanziarsi dal padre: infatti se da una parte Luigi vive da alcuni anni allʼestero, dallʼaltra non sono mai venuti meno gli impegni per Stefano.

Sarah Zappulla Muscarà ed Enzo Zappulla, nella cronologia da loro curata, affermano che nel 1932 Stefano, pur non collaborando con “La Domenica dellʼAgricoltore” né lavorando affianco al padre, non riesce a decollare e concludere in via definitiva, ad esempio, il romanzo Il muro di casa. In questo periodo però scrive, per il cinema, il soggetto Giuoca, Pietro!.

Tra il 1932 e il 1933 Luigi rienta definitivamente in Italia: già nel mese di luglio 1932 egli aveva soggiornato prima a Viareggio e poi a Castiglioncello dal figlio. Il ritorno sarà definitivo nel 1933. Stefano traslocherà in Via Bosio e Luigi affitterà un attico nello stesso palazzo.

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Nel febbraio 1934 Stefano è a Genova per seguire le prove della sua tragedia Lʼinnocenza di Coriolano. Qui vi saranno delle tensioni con Marta Abba, in merito alla rappresentazione. Da ricordare che la celebre attrice era stata conosciuta da Luigi ben dieci anni prima e insieme si erano recati a Berlino nel 1928. A proposito della rappresentazione Stefano scrive alla moglie lamentando lʼ«ignoranza assoluta della Marta», non solo relativamente alla vicenda del dramma, ma generalmente per la storia romana. Sempre sui dissidi con lʼattrice è possibile ricordare anche a una lettera scritta da Stefano allʼamico editore Valentino Bompiani il giorno 8 luglio 1935, dove egli afferma che: «[...] questi sono giorni di completo disordine in casa mia a motivo della presenza della signorina Abba». Nella missiva vi è anche un importante accenno alla mole di lavoro che Stefano deve svolgere per conto del padre 37 .

Nel 1935 esce il romanzo Il muro di casa, edito da Bompiani, che riscuote un buon successo tanto da ottenere il Premio Viareggio il 12 agosto. Al 1935 risale anche la scrittura da parte di Stefano del soggetto cinematografico Dove Romolo

edificò, tratto da alcune novelle paterne (il titolo del film sarà, poi, Terra di nessuno, diretto da Mario Baffico nel 1939). Sempre nel 1935 Stefano progetta un

“volumetto di bestie parlanti” (Nuvole e fichi): di ciò parlerà a Bompiani, ma non avrà un seguito editoriale. A settembre conclude Un padre ci vuole. Contemporaneamente Landi deve lavorare al Teatro di Stato, ricostruendo gli appunti del padre: la precedente esperienza (come ho ricordato sopra) era fallita nel 1928 a Viareggio. Luigi quindi, dopo il suo rientro in Italia, aveva concordato

37 Qui, infatti, troviamo scritto: «[...] come suo “segretario privato” mi tocca fare cento cose al giorno, e il tempo che posso dedicare alle cose mie è ridotto ai ritagli».

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col Duce il nuovo progetto, ma è soprattutto Stefano a doverlo rielaborare: anche Luigi, infatti, scrive alla Abba che il figlio «ha anche preparato il progetto per il Teatro di Stato» (8 febbraio), mentre Stefano scrive a Bompiani: «ho dovuto lavorare, senza respiro, con Papà, al progetto del Teatro di Stato richiesto dal Duce» (2 marzo).

In definitiva il 1935 è stato un periodo molto intenso per Stefano, sia nelle sue produzioni (la conclusione e la pubblicazione del romanzo, una commedia, un soggetto cinematografico, la progettazione di Nuvole e fichi ) che nellʼaiuto al padre (per il Teatro di Stato).

Anche nel 1936 continua il successo de Il muro di casa, tanto da essere tradotto e pubblicato in Cile. In una lettera a Valentino Bompiani del 30 marzo Stefano afferma di lavorare a due testi teatrali (Il vento e la barba e Lʼimmenso

benefattore) e sostiene che: «attaccherò il romanzo, per finirlo senza altre

interruzioni», quindi vuole concludere Livia Luppia. Questi progetti, però, non avranno seguito. Al 1936 risale anche la composizione della commedia Il falco

dʼargento.

Questo anno si conclude tristemente con la morte di Luigi, il 10 dicembre. Lʼattività di Stefano è duratura fino alla morte del padre il quale, addirittura poco prima di morire, sembra dettare al figlio alcune volontà per la conclusione de I

giganti della montagna; la situazione relativa a questa opera rimasta incompiuta

in realtà è ben più complessa, come avrò modo di osservare in seguito.

Nonostante la morte di Luigi, il rapporto di Stefano con lʼopera paterna non termina: da segretario personale, diviene un erede delle sue opere e infatti

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verrà contattato da molti editori sia per curatele che per pubblicazioni relative al padre. Sarà Stefano a curare, per Mondadori, lʼOpera omnia di Luigi Pirandello. Stefano non riuscirà, in definitiva, a vivere appieno la propria vita neanche dopo la morte dellʼillustre genitore, anche se non viene meno la sua autonomia compositiva.

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2.5 D ALLA MORTE DEL PADRE ALLA FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE (1937 – 1945)

Come ho già ricordato gli impegni per le attività del padre rimarranno anche in questi anni e nei periodi successivi: infatti subito dopo la morte di Luigi, Stefano si impegna (scrivendo anche a Mussolini) affinché lʼattico nel quale ha vissuto il padre (di proprietà della principessa Caracciolo Bernabei) non venga né affittato né venduto ad altri, dimodoché conservi perpetua la memoria di Pirandello. La richiesta di Stefano è accolta e infatti lʼabitazione di Via Bosio è ancora oggi sede dellʼIstituto di Studi Pirandelliani.

La morte di Luigi comporta a Stefano lʼinevitabile aumento delle collaborazioni relative alla memoria paterna: il 12 gennaio 1937 lʼAccademia dʼItalia chiede al nostro di aggiornare, per lʼannuario, le opere di Luigi relative agli anni 1935-36. Stefano, inoltre, deve provvedere alle ultime volontà del padre, rispettando ciò che è scritto nelle Mie ultime volontà da rispettare: la cremazione del corpo e la traslazione delle ceneri nella campagna agrigentina. Ciò non sarà facile, a causa di alcuni problemi burocratici.

Nel mese di maggio 1937 Stefano è aiuto regista di Renato Simoni per la prima rappresentazione de I Giganti della montagna, in scena il 5 giugno al Giardino di Boboli a Firenze. Il 10 dicembre 1937 Stefano scrive a Bompiani una lettera in cui vi sono delle dichiarazioni relative allʼimminente uscita dellʼAlmanacco Letterario Bompiani 1938, interamente dedicato a Luigi Pirandello. Stefano comunica allʼamico editore di non essere riuscito (in vista dellʼAlmanacco) a scrivere alcun contributo. Egli afferma che avrebbe voluto

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comporre «una “guida tematica” dei sentimenti reali di mio Padre, riprendendoli dai suoi scritti», ma che non ha potuto portare a compimento tale idea in quanto avrebbe dovuto rileggere lʼintero corpus paterno. Ciò non gli è stato possibile e lamenta a Bompiani che da quasi un mese non lavora più per le sue opere e che è affetto da anemia ed esaurimento nervoso. Si ripete una situazione topica, cioè le lamentele di Stefano per non avere mai tempo da dedicare alle proprie opere e di essere sempre a servizio di altri affari.

Nellʼestate 1938 la famiglia Pirandello si reca in villeggiatura, diversamente dagli ultimi anni, a Viareggio e non a Castiglioncello. Questa decisione è dettata da due situazioni: da un lato stare lontani dalla costa livornese, troppo legata alla memoria di Luigi, ma dʼaltra parte Viareggio è sinonimo di un ritorno alle origini della famiglia paterna, riscoprendo così alcuni luoghi legati al padre, come la casa della zia Lina.

Il giorno 1 settembre 1938 Stefano scrive a Bompiani di avere rivisto

Roma salvata (che lʼanno seguente riprenderà il titolo de Lʼinnocenza di Coriolano), In questo solo mondo e Il falco dʼargento. Egli afferma inoltre di

lavorare, a quattro mani con Corrado Pavolini, alla «commedia (anzi tragedia) politica» Ciro.

Stefano ricorda il secondo anniversario della morte del padre (10 dicembre 1938) in un discorso, composto per lʼoccasione, alla stazione radiofonica di Roma (lʼodierna Rai): Le opere che Pirandello non scrisse 38

.

Anche nel 1939 il figlio dedica molto tempo al ricordo del padre 39,

38 Poi raccolta in M. Lo Vecchio Musti, Bibliografia di Pirandello, Milano, Mondadori, 2 voll., 1940; nuova edizione in vol. unico, 1952.

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riuscendo però, a differenza di quanto lamentava nella lettera del 10 dicembre 1937, a firmare alcune opere proprie: la tragedia Icaro (in scena il 10 giugno) e la sceneggiatura del film Terra di nessuno con Corrado Alvaro (questa era già stata elaborata da Stefano nel 1935 sulla base di alcune novelle paterne). Il 29 aprile 1939 va in scena a Trieste Il falco dʼargento. La commedia, già rappresentata il 25 novembre dellʼanno precedente a Milano, riscuote molto successo, pur venendo classificata dalla critica come “difficile” 40.

Al 6 luglio 1939 risale una delle prime lettere in cui Stefano si rivolge ai figli Andrea e Giorgio, raccomandando al primo di non sentirsi sempre «in difetto» – cioè amareggiato per via degli esami – e di confidarsi più con i genitori, mentre allʼaltro ricorda di entrare in confidenza con le bambine Solari, affinché impari da loro la lingua tedesca.

Nel mese di ottobre 1939 Valentino Bompiani chiede a Stefano alcune lettere scritte da Luigi Pirandello, oppure da lui ricevute. Si può affermare che questo è il primo interessamento per le missive pirandelliane. Bompiani scrive che è «assolutamente necessario che noi pubblichiamo qualche lettera». Stefano, da parte sua, risponde (6 ottobre) inviando pochi pezzi, sia perché molte lettere a suo parere non sono interessanti sia in quanto egli ha rinvenuto molto materiale da non pubblicare, poiché potrebbe colpire «a tradimento la memoria di qualche morto o la giusta suscettibilità di qualche vivo» 41

.

Ricordi di mio padre e Ricordi di Bonn am Rhein (“Il Fiore”, dicembre). Lʼultimo articolo è

firmato da Luigi Pirandello, ma ovviamente scritto da Stefano.

40 La recensione anonima su “Convegno”, ad esempio, parla di una commedia «tormentosa, non facile». Nonostante questo ha ottenuto un successo «meditato, conquistato battuta per battuta». Grande merito va anche alla perizia della “Compagnia della Commedia”, che ha rappresentato lʼopera sia a Milano che a Trieste.

41 Anche nel 1940, per lʼAlmanacco 1941 Stefano scrive a Bompiani di non trovare molta corrispondenza, in quanto Luigi non era solito conservare «di queste corrispondenze» (27

(36)

Nel mese di aprile 1940 Stefano è uno dei co-fondatori degli “Autori Associati”, per produrre sceneggiature e soggetti cinematografici.

Nel 1940 inizia il “periodo buio” per lʼItalia, a causa dellʼentrata in guerra. Stefano, come Capitano, è assegnato al Distretto II di Roma, ma alle visite mediche del febbraio 1941 viene dichiarato non idoneo e congedato definitivamente.

Il giorno 8 marzo 1941 è in scena al “Teatro dellʼUniversità” di Roma la commedia Qui sʼinsegna a rubare; nel medesimo anno, sulla rivista “Il Dramma”(1-15 settembre 1941), appare la commedia in un atto Ciò che non si

dice. Il 26 aprile 1941 Stefano invia una lettera a Bompiani circa alcune sue

poesie: è una delle prime tracce della raccolta, intitolata momentaneamente Io,

quasi niente e poi Le forme.

Intanto lʼItalia è in guerra contro U.R.S.S. e U.S.A.; Stefano con altri intellettuali del periodo (come Bontempelli, Savinio, dʼAmico) si ritrova a parlare, discutere, ma senza esporsi. Già alcuni anni prima, nel 1938, le posizioni politiche di Stefano avevano avuto un radicale cambiamento, causato dal contrasto (anche allora solamente a livello ideologico) con il regime nei confronti della dilagante campagna antisemita. Stefano non si schierò mai a favore o contro il fascismo.

Il lavoro per la memoria paterna subisce un arresto importante con una lettera scritta a Bompiani il 15 gennaio 1942, quando Stefano sfoga tutta la sua rabbia allʼeditore. Infatti era in programma, presso la casa editrice, la stampa del

Taccuino privato di Pirandello, ma lʼ“eterno figlio” di Luigi comunica a Bompiani

di non volersene occupare, di essere stanco poiché sempre «messo da parte […]

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tutte le volte che di me si approfitta per arrivare allʼopera di mio Padre, e alla Sua vita e alla Sua memoria». Quindi Stefano chiede di non essere più considerato un tramite per giungere al padre.

Effettivamente nel prosieguo dellʼanno Stefano si dedica solo alla sua arte: il 7 maggio 1942 è in scena a Milano la trilogia delle tragedie di Eschilo,

Orestiade (Coefore, Agamennone, Eumenidi), ridotte con Cesare Vico Lodovici.

Cinque giorni dopo (12 maggio) sempre a Milano e sempre la stessa compagnia del “Teatro Nazionale” del G.U.F., mette in scena la commedia Un gradino più

giù (conclusa nel settembre 1940). Il 24 maggio successivo, sulla “Gazzetta del

Popolo”, in una recensione firmato da un tale “gi.mi.”, è affermato che la commedia di Stefano ha subìto lʼinfluenza del padre, in particolare nelle ansie, inquietudini e ossessioni dei personaggi. Carlo Lari, su “La Stampa”, scrive che questa è la più bella commedia di Stefano il quale si è dimostrato «erede oltreché per sangue, anche per artistiche attitudini di Luigi Pirandello»; anche Angelo Frattini (sempre sul quotidiano torinese) afferma che vi sono presenti «riflessi della grande arte paterna». Lʼopera è un successo, ma è singolare il continuo avvicinamento del figlio al padre, nonostante il primo cerchi in qualsiasi modo di distanziarsi. Il 12 giugno va ancora una volta in scena a Roma la commedia

Lʼuccelliera, composta da Stefano durante la prigionia a Mauthausen.

Il lavoro di Stefano continua nel 1943 con un articolo pubblicato su “La lettura” nel mese di gennaio, firmato con lo pseudonimo Testis idoneus, sul rapporto tra il padre e la pittura (Luigi Pirandello pittore). A marzo va in scena ad Amburgo Icaro (tragedia composta, come già detto, nel 1939 e rappresentata una

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sola volta). Lʼevento più importante del 1943, però, è il richiamo alle armi del figlio Andrea nel mese di settembre, dopo lʼArmistizio. Questi inizia così a collaborare allʼattività irregolare organizzata dal Partito Comunista. Poco tempo dopo anche Giorgio, lʼaltro figlio di Stefano, si aggrega al fratello. Il padre Stefano è solidale con lʼoperato dei figli (anche se ha tentato di dissuaderli) e con quello della resistenza romana, ma non partecipa a nessuna manifestazione, né darà la sua collaborazione. La vicinanza agli eventi bellici sarà semmai trasposta nella sua arte: lʼeccidio delle Fosse Ardeatine darà ispirazione per la composizione della tragedia Sacrilegio massimo. Dopo la liberazione di Roma (dicembre 1944) entrambi i figli si arruolano volontari nelle file dellʼesercito americano per liberare il resto della Penisola. Il 27 dicembre 1944 sono stanziati nella caserma romana di Viale XXI Aprile. Il giorno successivo Stefano indirizza loro una lunga lettera, dove ripercorre anche le sue simili avventure del lontano 1915, quando volontariamente (proprio come i figli) si arruolò nella Caserma del Macao a Roma. Egli scrive di essere scisso tra due posizioni divergenti: da un lato «la via da battere è una, una sola, quella presa da voi», ma dʼaltra parte cʼè anche la convinzione dellʼuomo maturo sul non fare questa scelta. Stefano riconosce, si può concludere, nei figli quello che lui stesso ha fatto quasi trenta anni prima. Egli termina la lettera con una richiesta: «Aspettiamo con impazienza la vostra prima missiva».

Intanto, per quanto riguarda la vicenda letteraria di Stefano, nel 1944 esce la commedia In questo solo mondo ( a gennaio su “Il Dramma”) e la terza edizione de Il Muro di casa a febbraio; successivamente vedranno la luce la

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