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LʼAMBITO DELLA CINEMATOGRAFIA E IL MEMORIALE DI STEFANO

STEFANO PIRANDELLO: OPERE

M. Martini “LʼArgante” è il nome di più riviste attive nella prima metà del Novecento; molto probabilmente quello che a noi interessa è o “LʼArgante:

5.5 LʼAMBITO DELLA CINEMATOGRAFIA E IL MEMORIALE DI STEFANO

È noto che Luigi Pirandello ha avuto dei legami con il cinema e il mondo ad esso collegato; di seguito, però, mi prefiggo di affrontare in particolare la collaborazione che in tale settore vi fu tra Luigi e il figlio Stefano, quindi non mi soffermerò particolarmente su ulteriori vicende, per le quali rimando a una ricca bibliografia in merito 168

.

Sono utili, però, a mio avviso delle considerazioni di Luigi Pirandello sul cinema. Il 22 aprile 1929 egli scrive da Berlino a Stefano:

A Londra ho visto i films parlanti: un orrore! […] Ma non ostante questo, farò un film-parlante contro i films-parlanti. Unʼidea originalissima. Lʼuomo ha dato la sua voce alla macchina, e la macchina parla con una voce chʼè ormai diventata sua, non più umana; è come se il diavolo fosse entrato in lei: e con spirito diabolico commenta lʼazione muta del film, arresta gli attori nelle loro azioni, li chiama, suggerisce loro questo o quellʼatto, li incita, ride di loro, fa cose da pazzi 169.

Il 16 giugno successivo esce sul “Corriere della Sera” lʼarticolo Se il film parlante

abolirà il teatro 170

. Qui Pirandello racconta di una sua conversazione con un americano, una «eresia: il film parlante abolirà il teatro» nel giro di pochi anni. Luigi confuta questa teoria, in quanto non è il teatro che vuole diventare cinematografia, ma il contrario. Gli sbagli del cinema stanno nella «impossibilità di sostituire la parola» e nella «impossibilità di farne a meno». Sempre su questa

168 Cito, come esempio, alcuni testi e articoli: AA.VV., Pirandello e il cinema, Atti del convegno internazionale, a cura di Enzo Lauretta, Edizione a cura del Centro Nazionale di Studi Pirandelliani, Agrigento, 1978; F. CALLARI, Pirandello soggettista e sceneggiatore di cinema in AA.VV., Pirandello e la cultura del suo tempo, a cura di S. Milioto e E. Scrivano, Milano, Mursia, 1984, pp. 177-246; M. VERDONE, Luigi e Stefano Pirandello soggettisti e sceneggiatori di

cinema in “Teatro Contemporaneo”, n. 11-12, ott. 1985-maggio 1986, pp. 189-198; S. MICHELI, Pirandello in cinema: da «Acciaio» a «Káos», in appendice: «Il recupero di Cinci: un film del 1939 di Michele Gandin», Roma, Bulzoni, 1989; AA.VV., Acciaio: un film degli anni Trenta, pagine inedite di una storia italiana, a cura di Claudio Camerini, Nuova ERI-Edizioni RAI,

Torino, 1990.

169 La lettera di Luigi Pirandello è riportata in S. ZAPPULLA MUSCARÀ, E. ZAPPULLA, La

vita e lʼopera, pp. 177-178

linea è il problema della fisicità dellʼattore, mancante totalmente nel cinema: «la voce è di un corpo vivo che la emette, e nel film non ci sono i corpi degli attori […] ma le loro immagini fotografate in movimento» e queste «non parlano» e se lo fanno sono «in contrasto insanabile con la loro qualità di ombre». Secondo Pirandello, inoltre, il cinema ha avuto fortuna «finché stava zitto», in quanto lʼespressione era comprensibile universalmente e la sola indicazione scritta (tipica del film muto) era facilmente traducibile nelle varie lingue. Con lʼavvento del parlato si complica la situazione: non tutti i paesi in cui il film potrà essere trasmesso avranno le risorse per permettersi il doppiaggio; tra lʼaltro dal muto al sonoro si tratta pur sempre di un cambiamento difficile per le persone abituate a una determinata tipologia di cinema. Quindi il tutto, secondo Pirandello, è a vantaggio del teatro, visto che probabilmente molte persone non saranno propense al film sonoro. Solo col tempo Luigi si avvicinerà alla cinematografia.

Stefano inizia a collaborare con il padre per le trattative relative a questo settore fin dal 1920, quando si occupa della possibilità di trarre un film dalla novella Una voce (che non verrà mai realizzato). Nel 1921 Stefano scrive la sceneggiatura La rosa, tratta dallʼomonima novella paterna: ne nascerà un film, diretto da Arnaldo Frateili per la “Tespi Film” di Roma. Il 13 agosto 1925 il nostro scrive alla moglie Olinda: «Cʼè poi allʼorizzonte una combinazione per lo sfruttamento di soggetti di Papà col cinematografo» 171

e il 9 gennaio 1927 Stefano scrive al padre: «Luciano Doria mi ha chiesto il Ma non è una cosa seria per farne un film» 172

. Le due lettere sono interessanti poiché dimostrano lʼimpegno di

171

S. ZAPPULLA MUSCARÀ, E. ZAPPULLA, La vita e lʼopera, p. 141.

172 Ivi, p. 160. Luciano Doria è stato un regista e produttore cinematografico. Non è stata, però, trovata nessuna sceneggiatura che testimoni la collaborazione tra i Pirandello e Doria. È comunque

Stefano nel settore. In una missiva del 16 aprile 1928 Luigi, da Milano, accenna al figlio «un soggetto da proporre per un film in glorificazione del lavoro» 173.

Sembra sia stato lo stesso Mussolini a volere che il soggetto di questo film lo scrivesse Pirandello: lo scopo del Duce era porre allʼattenzione degli italiani gli sviluppi delle industrie (in particolare delle Acciaierie di Terni) durante il fascismo 174

. Luigi, però, delega il tutto al figlio Stefano: sarà lui infatti a comporre il soggetto, inizialmente intitolato E lui gioca! 175; il padre, da parte sua,

darà il titolo definitivo al soggetto, Giuoca, Pietro!, che appare su “Scenario” 176

, firmato da Luigi Pirandello. Successivamente, nel 1933, Walter Ruttmann trae da tale soggetto il film Acciaio, per la “Cines”.

Gli anni Trenta saranno quelli più importanti per lʼavventura cinematografica di Stefano e Luigi Pirandello. Dopo Acciaio, infatti, nel corso del 1933 Stefano si occupa della realizzazione del film Nascere, tratto dalla novella di Luigi Donna Mimma (vedi in dettaglio successivamente). Al contempo scrive i dialoghi e le scene per la sceneggiatura tratta dal romanzo LʼEsclusa 177

. Tra il 1934 e il 1935 Stefano è impegnato anche nella stesura del soggetto cinematografico Dove Romolo edificò, tratto da novelle paterne (Requiem

aeternam dona eis, Domine! e Romolo). Nel 1936 Stefano lavora ancora per il

da ricordare che da Ma non è una cosa seria era già stato tratto un film muto nel 1921 (diretto da Augusto Camerini), mentre il film sonoro sarà diretto nel 1938 da Mario Camerini.

173 S. ZAPPULLA MUSCARÀ, E. ZAPPULLA, La vita e lʼopera, p. 166. 174 F. CALLARI, Pirandello soggettista e sceneggiatore di cinema, pp. 213 e 226 175

La critica è concorde nellʼattribuire a Stefano la paternità del soggetto, cfr. ad esempio M. VERDONE, Luigi e Stefano Pirandello soggettisti e sceneggiatori di cinema e AA.VV., Acciaio:

un film degli anni Trenta. Inoltre lo stesso Stefano afferma questo nel suo Memoriale, v. sotto.

176 Numero 1, anno II, gennaio 1933.

177 Il 2 febbraio 1934, però, Stefano scriverà al padre di essere stato informato che il produttore cinematografico Liborio Capitani non vuole più LʼEsclusa per proporla in Germania, ma un altro soggetto.

cinema, sviluppando diversi soggetti cinematografici tratti dalla novella paterna

Ignare 178. Alcuni anni dopo, nel 1939, sempre il nostro con Corrado Alvaro stende

la sceneggiatura da Dove Romolo edificò: il film verrà realizzato e diretto da Mario Baffico nello stesso anno, avendo come titolo Terra di nessuno.

Dopo la morte del padre, Stefano continua a collaborare con il mondo del cinema: ad esempio nel 1937 si occupa della sceneggiatura del film LʼHomme de

nulle part, cioè Il fu Mattia Pascal, diretto da Pierre Chénal. Al 1939 risale Terra di nessuno di cui abbiamo già fatto cenno. Nel 1943 Stefano firma con Vitaliano

Brancati, Giorgio Pàstina e Fabrizio Sarazani la sceneggiatura di Enrico IV per la “Cines”, regia di Giorgio Pàstina. Infine è degna di nota una lettera che Stefano scrive ai figli il giorno 1 marzo 1945 (quando essi sono in guerra) 179

: qui egli annuncia di avere concluso, da «coscenzioso cinematografaro», il soggetto di un film su San Francesco. Comunica, inoltre, che questo sarà sottoposto «alla critica di alcuni revisori» e poi seguirà la sceneggiatura. Per quanto si sa non vi sono stati sviluppi per la pellicola. Dopo la panoramica illustrativa sia sullʼimpegno cinematografico di Stefano Pirandello che sullʼintreccio lavorativo con il padre è doveroso analizzare, nel dettaglio, alcuni casi particolari che denotano al meglio il rapporto collaborativo (nellʼambito del cinema) tra padre e figlio.

Per Giuoca, Pietro! è certo, come già affermato, che a scrivere il soggetto sia stato Stefano, ma vi sono anche altri casi interessanti. Nel luglio 1925 Pirandello, a Parigi, detta il soggetto Il pipistrello a Guido Salvini in cinque pagine dattiloscritte. Il progetto è tratto dallʼomonima novella del 1919. Lʼopera

178 Basti ricordare Vergine Madre per la “British International Pictures”, Amore Sacro per la “London International Pictures”, Fiamme allʼOccidente per Gennaro Righelli.

179

verrà poi composta in collaborazione da Stefano e Luigi a Nettuno nellʼestate 1928 e il successivo 17 novembre Luigi scrive al figlio da Berlino: «Il Pipistrello lʼho finito io». Nello stesso anno il tutto si sviluppa fino a cinquantotto cartelle di cui cinquantatre manoscritte, opera di Stefano (secondo una perizia calligrafica), mentre le altre cinque sono di Luigi. Quindi il figlio collabora col padre per questo soggetto. Il tutto, però, non ebbe seguito e il film non venne mai realizzato

180. Simile sorte per Nascere, tratto dalla novella Donna Mimma (1917). Stefano e

Luigi collaborano insieme, nel 1932, per trarre dallʼopera un soggetto per il cinema. Il tutto viene poi abbandonato e ripreso lʼanno seguente dal Maestro con Francesco Di Cocco, ma non vi furono ulteriori sviluppi.

È fondamentale per la parte della cinematografia il Memoriale di Stefano Pirandello 181. Il Memoriale è databile 1937, in quanto è stato composto in seguito

allʼaccusa del produttore cinematografico Giulio Manenti. Questi intentò causa, nellʼimmediato 1937 – quindi subito dopo la morte di Luigi – a Stefano e Gennaro Righelli, in quanto secondo Manenti il soggetto del film Il figlio dellʼuomo

cattivo, seppure firmato da Luigi, in realtà era apocrifo 182

. Stefano quindi è costretto, dalla legge, a spiegare la situazione che si verificava intorno al padre: si può parlare di una “collaborazione creativa collettiva”. Scrive il nostro:

Righelli sa […] che Pirandello parlava liberamente con chiunque delle trame che senza posa nascevano nella sua fantasia […] Tutti potevano essere in queste conversazioni i collaboratori occasionali di Pirandello.

Stefano afferma, ad esempio, che il soggetto originale di Luigi su La nuova

180 S. ZAPPULLA MUSCARÀ, Note a Nel tempo della lontananza, p. 376-nota 313 e M. VERDONE, Luigi e Stefano Pirandello soggettisti e sceneggiatori di cinema, p. 190

181 S. PIRANDELLO, Tutto il teatro, III, pp. 1483-1498

182 Gennaro Righelli era il regista scelto da Manenti per realizzare il film; successivamente il produttore si rivolse a Flavio Calzavara, senza però riuscire a portare a compimento il film, in quanto impegnato nella causa.

colonia è stato lui a stenderlo e a discuterne in merito con Righelli (e non il

padre); ma quando il celebre regista prese questʼopera mai «gli passò per ombra di cervello di non avere in mano e di non avere acquistato e cominciato a pagare per realizzarlo un vero e proprio soggetto originale di Luigi Pirandello». Stefano precisa a Manenti che «soggetto originale non vuol dire manoscritto autografo», quindi non vi è da stupirsi se alcuni foglietti della trama de Il figlio dellʼuomo

cattivo siano autografi di Stefano: è la prassi, non conta (come precisa Stefano)

chi ha scritto materialmente la trama, ma chi lʼha ideata. Il problema della originalità di unʼopera non deve essere legata al fatto che essa sia o non sia autografa (ciò è affermato nel Memoriale). Nello scritto di Stefano vi sono ulteriori precisazioni:

Soggetto originale di Luigi Pirandello non significa alcune cartelle su cui Pirandello abbia

materialmente scritto di suo pugno una trama per il cinematografo: significa una trama ideata espressamente da Pirandello per il cinematografo, a differenza dei tanti e tanti soggetti pure essi di Pirandello che il cinematografo ha ripreso e tratto da Lui “trasformando” sue opere drammatiche o narrative preesistenti. La qualifica di soggetto originale accresce perciò lʼimportanza del film che se ne può trarre, in quanto la materia per esso è stata “pensata” da Pirandello direttamente per il cinematografo, e non adattata […] quasi nessun manoscritto autografo esiste di Pirandello […] Le trame dei soggetti originali di Luigi Pirandello sono tutte di Pirandello, ma con buona pace del signor Manenti, tutte stese dai “negri” di Pirandello: quasi tutte da me, e alcune dal “negro” tedesco Lanz, alcune dal “negro” francese S. Colin, e una da un altro “negro” occasionale, Guido Salvini.

Quindi la paternità di unʼopera pirandelliana va vista in questa ottica: vi è sempre un collaboratore, una persona che scrive per Luigi (i “negri”). Stefano, oltre a se stesso, cita Guido Salvini, Colin e Lanz.

Sempre nel Memoriale il nostro si concentra su alcune sceneggiature in particolare. La prima ad essere affrontata è Giuoca, Pietro! (il film Acciaio): Stefano afferma che «chiunque abbia una pur superficiale conoscenza dello stile di Pirandello» si può accorgere che questa sceneggiatura «non è di mano» del

padre, pur essendo da egli firmata. Stefano, infatti, insiste molto sul fatto che il padre sentisse sua unʼopera, non era importante se fosse stato lui in persona a scriverla. Infatti, ancora per Giuoca, Pietro! Stefano afferma che il padre «lo ritenne suo» anche se steso dal figlio. Stessa situazione per Il pipistrello, di cui abbiamo detto sopra. Qui però vi è unʼeccezione nella prima pagina, dove vi è una aggiunta autografa di Luigi, cioè il sottotitolo “o Il Demonio degli spettacoli”. Quindi Stefano afferma che il padre riteneva un suo diritto incaricare del lavoro i “negri” e poi autenticare lʼopera.

Identica situazione, quindi, anche per Il figlio dellʼuomo cattivo: lʼopera, intitolata anche Amor sacro, era stata pensata da Luigi in Germania nel 1928 per lʼattrice Anna May Wong. Il tutto poi non venne realizzato e nel 1936, a Roma, Righelli richiamò alla memoria del Maestro questo soggetto. Così egli riprese a lavorarvi, rievocando la storia. Al tempo stesso però entra in gioco Stefano: infatti il personaggio di Miguel, cioè lʼuomo cattivo, viene da una sua idea. La presenza di un uomo nellʼopera si era resa necessaria poiché, altrimenti, il tutto sarebbe stato incentrato solamente su una protagonista, cioè la figura femminile 183

.

Il problema che si pone relativamente al Memoriale riguarda la sua attendibilità: cioè a testimoniare la collaborazione tra padre e figlio e tra il padre e i “negri” è sempre e soltanto Stefano. Va detto però che rispetto al citato caso relativo a Non si sa come, la situazione è ben diversa. Intanto il Memoriale è stato composto per unʼoccasione pubblica e quindi Gennaro Righelli, ad esempio, avrebbe potuto confutare le tesi di Stefano. Inoltre nel caso della cinematografia la

183 Interessante notare che Stefano – pochi anni prima – svolse una medesima operazione anche in

Non si sa come, dove secondo una sua testimonianza incentrò lʼopera sul personaggio maschile.

critica è concorde nella collaborazione tra padre e figlio. Lo stesso Luigi, nella lettera ricordata per la composizione de Il pipistrello, affermando che «Il

Pipistrello lʼho finito io», implica una collaborazione pregressa.

Di conseguenza è possibile affermare che il Memoriale, in linea di massima, è una testimonianza attendibile circa il rapporto collaborativo tra padre e figlio nellʼambito del cinema.