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D ALLA MORTE DEL PADRE ALLA FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE (1937 – 1945)

Come ho già ricordato gli impegni per le attività del padre rimarranno anche in questi anni e nei periodi successivi: infatti subito dopo la morte di Luigi, Stefano si impegna (scrivendo anche a Mussolini) affinché lʼattico nel quale ha vissuto il padre (di proprietà della principessa Caracciolo Bernabei) non venga né affittato né venduto ad altri, dimodoché conservi perpetua la memoria di Pirandello. La richiesta di Stefano è accolta e infatti lʼabitazione di Via Bosio è ancora oggi sede dellʼIstituto di Studi Pirandelliani.

La morte di Luigi comporta a Stefano lʼinevitabile aumento delle collaborazioni relative alla memoria paterna: il 12 gennaio 1937 lʼAccademia dʼItalia chiede al nostro di aggiornare, per lʼannuario, le opere di Luigi relative agli anni 1935-36. Stefano, inoltre, deve provvedere alle ultime volontà del padre, rispettando ciò che è scritto nelle Mie ultime volontà da rispettare: la cremazione del corpo e la traslazione delle ceneri nella campagna agrigentina. Ciò non sarà facile, a causa di alcuni problemi burocratici.

Nel mese di maggio 1937 Stefano è aiuto regista di Renato Simoni per la prima rappresentazione de I Giganti della montagna, in scena il 5 giugno al Giardino di Boboli a Firenze. Il 10 dicembre 1937 Stefano scrive a Bompiani una lettera in cui vi sono delle dichiarazioni relative allʼimminente uscita dellʼAlmanacco Letterario Bompiani 1938, interamente dedicato a Luigi Pirandello. Stefano comunica allʼamico editore di non essere riuscito (in vista dellʼAlmanacco) a scrivere alcun contributo. Egli afferma che avrebbe voluto

comporre «una “guida tematica” dei sentimenti reali di mio Padre, riprendendoli dai suoi scritti», ma che non ha potuto portare a compimento tale idea in quanto avrebbe dovuto rileggere lʼintero corpus paterno. Ciò non gli è stato possibile e lamenta a Bompiani che da quasi un mese non lavora più per le sue opere e che è affetto da anemia ed esaurimento nervoso. Si ripete una situazione topica, cioè le lamentele di Stefano per non avere mai tempo da dedicare alle proprie opere e di essere sempre a servizio di altri affari.

Nellʼestate 1938 la famiglia Pirandello si reca in villeggiatura, diversamente dagli ultimi anni, a Viareggio e non a Castiglioncello. Questa decisione è dettata da due situazioni: da un lato stare lontani dalla costa livornese, troppo legata alla memoria di Luigi, ma dʼaltra parte Viareggio è sinonimo di un ritorno alle origini della famiglia paterna, riscoprendo così alcuni luoghi legati al padre, come la casa della zia Lina.

Il giorno 1 settembre 1938 Stefano scrive a Bompiani di avere rivisto

Roma salvata (che lʼanno seguente riprenderà il titolo de Lʼinnocenza di Coriolano), In questo solo mondo e Il falco dʼargento. Egli afferma inoltre di

lavorare, a quattro mani con Corrado Pavolini, alla «commedia (anzi tragedia) politica» Ciro.

Stefano ricorda il secondo anniversario della morte del padre (10 dicembre 1938) in un discorso, composto per lʼoccasione, alla stazione radiofonica di Roma (lʼodierna Rai): Le opere che Pirandello non scrisse 38

.

Anche nel 1939 il figlio dedica molto tempo al ricordo del padre 39,

38 Poi raccolta in M. Lo Vecchio Musti, Bibliografia di Pirandello, Milano, Mondadori, 2 voll., 1940; nuova edizione in vol. unico, 1952.

riuscendo però, a differenza di quanto lamentava nella lettera del 10 dicembre 1937, a firmare alcune opere proprie: la tragedia Icaro (in scena il 10 giugno) e la sceneggiatura del film Terra di nessuno con Corrado Alvaro (questa era già stata elaborata da Stefano nel 1935 sulla base di alcune novelle paterne). Il 29 aprile 1939 va in scena a Trieste Il falco dʼargento. La commedia, già rappresentata il 25 novembre dellʼanno precedente a Milano, riscuote molto successo, pur venendo classificata dalla critica come “difficile” 40.

Al 6 luglio 1939 risale una delle prime lettere in cui Stefano si rivolge ai figli Andrea e Giorgio, raccomandando al primo di non sentirsi sempre «in difetto» – cioè amareggiato per via degli esami – e di confidarsi più con i genitori, mentre allʼaltro ricorda di entrare in confidenza con le bambine Solari, affinché impari da loro la lingua tedesca.

Nel mese di ottobre 1939 Valentino Bompiani chiede a Stefano alcune lettere scritte da Luigi Pirandello, oppure da lui ricevute. Si può affermare che questo è il primo interessamento per le missive pirandelliane. Bompiani scrive che è «assolutamente necessario che noi pubblichiamo qualche lettera». Stefano, da parte sua, risponde (6 ottobre) inviando pochi pezzi, sia perché molte lettere a suo parere non sono interessanti sia in quanto egli ha rinvenuto molto materiale da non pubblicare, poiché potrebbe colpire «a tradimento la memoria di qualche morto o la giusta suscettibilità di qualche vivo» 41

.

Ricordi di mio padre e Ricordi di Bonn am Rhein (“Il Fiore”, dicembre). Lʼultimo articolo è

firmato da Luigi Pirandello, ma ovviamente scritto da Stefano.

40 La recensione anonima su “Convegno”, ad esempio, parla di una commedia «tormentosa, non facile». Nonostante questo ha ottenuto un successo «meditato, conquistato battuta per battuta». Grande merito va anche alla perizia della “Compagnia della Commedia”, che ha rappresentato lʼopera sia a Milano che a Trieste.

41 Anche nel 1940, per lʼAlmanacco 1941 Stefano scrive a Bompiani di non trovare molta corrispondenza, in quanto Luigi non era solito conservare «di queste corrispondenze» (27

Nel mese di aprile 1940 Stefano è uno dei co-fondatori degli “Autori Associati”, per produrre sceneggiature e soggetti cinematografici.

Nel 1940 inizia il “periodo buio” per lʼItalia, a causa dellʼentrata in guerra. Stefano, come Capitano, è assegnato al Distretto II di Roma, ma alle visite mediche del febbraio 1941 viene dichiarato non idoneo e congedato definitivamente.

Il giorno 8 marzo 1941 è in scena al “Teatro dellʼUniversità” di Roma la commedia Qui sʼinsegna a rubare; nel medesimo anno, sulla rivista “Il Dramma”(1-15 settembre 1941), appare la commedia in un atto Ciò che non si

dice. Il 26 aprile 1941 Stefano invia una lettera a Bompiani circa alcune sue

poesie: è una delle prime tracce della raccolta, intitolata momentaneamente Io,

quasi niente e poi Le forme.

Intanto lʼItalia è in guerra contro U.R.S.S. e U.S.A.; Stefano con altri intellettuali del periodo (come Bontempelli, Savinio, dʼAmico) si ritrova a parlare, discutere, ma senza esporsi. Già alcuni anni prima, nel 1938, le posizioni politiche di Stefano avevano avuto un radicale cambiamento, causato dal contrasto (anche allora solamente a livello ideologico) con il regime nei confronti della dilagante campagna antisemita. Stefano non si schierò mai a favore o contro il fascismo.

Il lavoro per la memoria paterna subisce un arresto importante con una lettera scritta a Bompiani il 15 gennaio 1942, quando Stefano sfoga tutta la sua rabbia allʼeditore. Infatti era in programma, presso la casa editrice, la stampa del

Taccuino privato di Pirandello, ma lʼ“eterno figlio” di Luigi comunica a Bompiani

di non volersene occupare, di essere stanco poiché sempre «messo da parte […]

tutte le volte che di me si approfitta per arrivare allʼopera di mio Padre, e alla Sua vita e alla Sua memoria». Quindi Stefano chiede di non essere più considerato un tramite per giungere al padre.

Effettivamente nel prosieguo dellʼanno Stefano si dedica solo alla sua arte: il 7 maggio 1942 è in scena a Milano la trilogia delle tragedie di Eschilo,

Orestiade (Coefore, Agamennone, Eumenidi), ridotte con Cesare Vico Lodovici.

Cinque giorni dopo (12 maggio) sempre a Milano e sempre la stessa compagnia del “Teatro Nazionale” del G.U.F., mette in scena la commedia Un gradino più

giù (conclusa nel settembre 1940). Il 24 maggio successivo, sulla “Gazzetta del

Popolo”, in una recensione firmato da un tale “gi.mi.”, è affermato che la commedia di Stefano ha subìto lʼinfluenza del padre, in particolare nelle ansie, inquietudini e ossessioni dei personaggi. Carlo Lari, su “La Stampa”, scrive che questa è la più bella commedia di Stefano il quale si è dimostrato «erede oltreché per sangue, anche per artistiche attitudini di Luigi Pirandello»; anche Angelo Frattini (sempre sul quotidiano torinese) afferma che vi sono presenti «riflessi della grande arte paterna». Lʼopera è un successo, ma è singolare il continuo avvicinamento del figlio al padre, nonostante il primo cerchi in qualsiasi modo di distanziarsi. Il 12 giugno va ancora una volta in scena a Roma la commedia

Lʼuccelliera, composta da Stefano durante la prigionia a Mauthausen.

Il lavoro di Stefano continua nel 1943 con un articolo pubblicato su “La lettura” nel mese di gennaio, firmato con lo pseudonimo Testis idoneus, sul rapporto tra il padre e la pittura (Luigi Pirandello pittore). A marzo va in scena ad Amburgo Icaro (tragedia composta, come già detto, nel 1939 e rappresentata una

sola volta). Lʼevento più importante del 1943, però, è il richiamo alle armi del figlio Andrea nel mese di settembre, dopo lʼArmistizio. Questi inizia così a collaborare allʼattività irregolare organizzata dal Partito Comunista. Poco tempo dopo anche Giorgio, lʼaltro figlio di Stefano, si aggrega al fratello. Il padre Stefano è solidale con lʼoperato dei figli (anche se ha tentato di dissuaderli) e con quello della resistenza romana, ma non partecipa a nessuna manifestazione, né darà la sua collaborazione. La vicinanza agli eventi bellici sarà semmai trasposta nella sua arte: lʼeccidio delle Fosse Ardeatine darà ispirazione per la composizione della tragedia Sacrilegio massimo. Dopo la liberazione di Roma (dicembre 1944) entrambi i figli si arruolano volontari nelle file dellʼesercito americano per liberare il resto della Penisola. Il 27 dicembre 1944 sono stanziati nella caserma romana di Viale XXI Aprile. Il giorno successivo Stefano indirizza loro una lunga lettera, dove ripercorre anche le sue simili avventure del lontano 1915, quando volontariamente (proprio come i figli) si arruolò nella Caserma del Macao a Roma. Egli scrive di essere scisso tra due posizioni divergenti: da un lato «la via da battere è una, una sola, quella presa da voi», ma dʼaltra parte cʼè anche la convinzione dellʼuomo maturo sul non fare questa scelta. Stefano riconosce, si può concludere, nei figli quello che lui stesso ha fatto quasi trenta anni prima. Egli termina la lettera con una richiesta: «Aspettiamo con impazienza la vostra prima missiva».

Intanto, per quanto riguarda la vicenda letteraria di Stefano, nel 1944 esce la commedia In questo solo mondo ( a gennaio su “Il Dramma”) e la terza edizione de Il Muro di casa a febbraio; successivamente vedranno la luce la

novella Cattiva, debole Poldina (26 maggio su “Quadrivio”) e il racconto Affari

con lo spirituale (dicembre su “Cosmopolita”).

Il 1945 per Stefano è costantemente segnato dalla presenza dei figli al fronte. È possibile notare che la vicenda bellica ha avuto contraccolpi e atteggiamenti diversi nei figli rispetto a quelli del padre anni prima. Le lettere inviate da Stefano sono infatti molte rispetto alle risposte di Andrea e Giorgio, che spesso fanno trepidare la famiglia in quanto non comunicano con loro. Ben diverso era lo scambio epistolare tra Stefano e Luigi durante la prigionia 42

. Il nostro Pirandello racconta nei suoi scritti la vita quotidiana, così come faceva suo padre durante la Grande Guerra. Dallʼ epistolario tra Stefano e i figli ricostruiamo che nel mese di febbraio 1945 Andrea e Giorgio sono in licenza a Roma, ma poi per molte settimane non vi sono notizie 43. Intanto la famiglia entra in contatto col

Tenente Siccardi, che per un periodo informerà i genitori sui loro due figli. Il Tenente è a casa ricoverato per unʼangina, ma sempre in contatto con le zone di guerra. Il 4 marzo si viene a conoscenza che i due giovani Pirandello sono stati divisi. Qui troviamo esplicitate le proteste di Stefano verso i figli che non scrivono, quando tutti gli altri danno notizie alla famiglia. Il 9 marzo, lamentando il fatto di non avere più una «libertà di spirito per lavorare» accusa anche i figli in quanto il loro «silenzio aggrava di molto questa pena». Giorgio viene ferito a una gamba il giorno 11 marzo, ma lo comunicherà ai genitori solamente il 17 aprile, dopo essere già stato ricoverato allʼospedale ed essere degente al

42 È doveroso però ricordare che le situazioni di Stefano e dei figli sono diverse: il primo visse molti anni in prigionia e quindi uno dei pochi svaghi era scrivere a casa. I figli di Stefano, invece, sono stati impegnati in guerra non molti mesi e quasi tutti trascorsi in prima linea.

43 Lettere di Stefano: 28 dicembre 1944. Anno 1945: 29 gennaio, 1 marzo, 4 marzo, 9 marzo, 20 marzo, 1 aprile, 13 aprile, 21 aprile, 6 maggio. Lettere dei figli: 8 aprile (Andrea), 17 aprile (Giorgio e Andrea), 2 maggio (Andrea), 6 maggio (Giorgio), 9 e 10 maggio (Andrea).

Convalescienziario di Macerata. Giorgio sarà poi allʼOspedale Virgilio di Roma 44

. Intanto nel mese di aprile è morto il Tenente Siccardi, il loro intermediario: prenderà il suo posto Sergio Garda, amico del defunto. Stefano scrive al figlio Andrea il 21 aprile dicendo di comprendere i sentimenti che hanno portato i figli a nascondere il ferimento di Giorgio, poiché anchʼegli quando era al fronte non sriveva “mai la verità”. A maggio la famiglia Pirandello riesce a raggiungere la quiete tanto sperata: Giorgio è ricoverato a Macerata e Andrea è di stanza vicino a Padova. Le lettere dei figli sono anche una preziosa testimonianza sulle reazioni delle truppe alla fine del conflitto: Andrea farà una cronaca, il 2 maggio, degli ultimi quindici giorni di guerra. Giorgio il 6 maggio scrive: «È FINITA LA GUERRA! 7/5/45. Più che un trionfo, ha detto Churchill, è una liberazione».

La conclusione della guerra e la “liberazione” dei figli comporta la ripresa dellʼattività di Stefano, il quale cura la regia de La Mandragola, in scena a dicembre 1945 a Roma. Mi preme sottolineare quanto sia particolare tale scelta: Stefano finora non si era mai rapportato con un classico della letteratura italiana. Egli, infatti, per le regie teatrali, si era cimentato o con le sue opere oppure con quelle del padre. Resta oscuro, al momento, il motivo di tale regia in quanto, anche grazie alle lettere, non risulta un particolare interesse di Stefano per lʼopera di Machiavelli né per la letteratura di quel periodo: la scelta della Mandragola quindi è molto singolare.

44 In un primo momento Giorgio farà credere ai genitori di essersi ferito durante un addestramento e solamente a guerra conclusa, il 6 maggio, racconta che in realtà fu un suo amico che inavvertitamente scaricò su di lui il fucile.