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STEFANO PIRANDELLO: OPERE

M. Martini “LʼArgante” è il nome di più riviste attive nella prima metà del Novecento; molto probabilmente quello che a noi interessa è o “LʼArgante:

5.3 IL PROBLEMA DI NON SI SA COME

Il dramma Non si sa come è scritto da Luigi Pirandello nel 1934 159

. La prima rappresentazione dellʼopera è in lingua ceca il 19 dicembre 1934 a Praga, mentre la prima italiana è del 13 dicembre 1935 al Teatro “Argentina” di Roma 160

. Le fonti del dramma sono riscontrabili nelle novelle Nel gorgo (1913), La realtà

del sogno (1914) e Cinci (1932). La vicenda ruota attorno a cinque persone: due

coppie, Ginevra e Giorgio Vanzi – i conti Bice e Romeo Daddi, e il Marchese Nicola Respi. Romeo inizialmente è impazzito, senza che i lettori sappiano il motivo. Solo in un secondo momento veniamo a conoscenza del tema dominante: lʼadulterio. Romeo e Ginevra sono stati insieme, ma mentre la donna ha come dimenticato tutto, non è così per Romeo che vuole comprendere le motivazioni di tale rimozione. Nasce quindi nel conte un conflitto interiore, aggravato dallʼimprovviso ricordo di un fatto di gioventù: lʼuccisione casuale di un coetaneo. Il tormento di Romeo si allarga anche alla moglie Bice che potrebbe averlo tradito inconsciamente, come è accaduto a lui. A complicare la questione sta Nicola Respi che corteggia Bice. Questa non ha mai ceduto alle provocazioni del marchese Respi, ma dopo che il marito le confessa lʼadulterio allora la donna afferma che ha sognato di abbandonarsi non a Nicola, bensì a Giorgio Vanzi (il marito tradito di Ginevra) e, sempre in sogno, ne ha provato un piacere finora sconosciuto. Nella parte finale Ginevra, Bice e Romeo sono a conoscenza dei fatti: le donne tentano di convincere il Conte a non confessare lʼadulterio a Giorgio, ma nellʼultima angosciante scena Romeo dice tutto allʼamico. Di

159 L. PIRANDELLO, Non si sa come, in ID., Maschere nude, IV, pp. 939-1009 160

conseguenza Giorgio spara e Romeo cade.

Stefano sembra avere collaborato alla stesura del dramma e di questo ne siamo a conoscenza grazie a due testimonianze autografe: una lettera inviata alla sorella Lietta e un appunto pubblicato dopo la sua morte 161

. Nellʼedizione

Maschere nude a cura di dʼAmico viene riportata integralmente la lettera del 16

settembre 1934, scritta da Stefano a Lietta. Riporto qui quanto utile per la mia trattazione:

Tutta lʼestate ho dovuto aggiustare a Papà la mira sulla sua nuova commedia Non si sa come, alla quale, contrariamente al solito, egli sʼera messo senza averla né maturata e nemmeno capita bene: tanto che avemmo fin dal principio delle vere liti perché egli sosteneva che il lavoro non poteva essere che a protagonista donna. Vedrai tu, quando la leggerai, la strada che ha dovuto percorrere per arrivare, da quel punto di partenza così errato, alla mèta – che io, purtroppo, come tʼho detto, ho dovuto indicargli quasi passo per passo. Ma, per darmi retta, dovette fare lʼesperienza di scrivere tutto un secondo atto sbagliato, costringendomi alla fatica di persuaderlo a buttarlo giù, che mʼesaurì i nervi per una settimana […] Quanto di me resta espresso e consacrato nellʼopera di Papà io non lo potrò mai dire: ma di tanto mi tocca poi sentirmi diminuito, quasi derubato. Per quanto Papà sia istantaneo nellʼappropriarsi i miei pensieri, chʼegli stesso mi costringe a esprimere tenendomi fermo a parlare delle sue creature, come a una tortura, perché veramente io mi faccio torcere lo spirito per ricavare quel succo, non può mai fare tanto presto che io non mʼaccorga di queste sottrazioni: specie quando le rivedo incastonate nel suo lavoro con le stesse note essenziali con cui ho dovuto spremerle dalla mia stessa sostanza. […] Questʼultimo lavoro, senza di me, sarebbe venuto fuori quasi privo di senso, privo di prospettive, di caratteri, di situazioni: veramente brutto, inutile e addirittura senza conclusione, perché senza centro.

Le parti della lettera che non ho riportato affrontano il problema di Marta Abba, la sua presenza assillante vicino a Luigi e il fatto che questi sia dipendente da lei. Infatti in origine il dramma Non si sa come era a protagonista femminile, proprio perché pensato per la Abba; solo successivamente cambierà impostazione grazie, stando a questa lettera, allʼintervento di Stefano.

Lʼaltro testo da citare, cioè lʼappunto di Stefano, secondo Sarah Zappulla Muscarà è stato: «lasciato da lui (Stefano, ndA) in bella evidenza in un cassetto

161 La lettera è riportata integralmente in: L. PIRANDELLO, Maschere nude, IV, pp. 917-919. Lʼappunto di Stefano è invece riportato in: S. ZAPPULLA MUSCARÀ, Note a Nel tempo della

della scrivania perché fosse reso noto» 162

; nonostante questo è comunque singolare che Stefano abbia voluto tenere nascosta la testimonianza sulla sua parziale paternità dellʼopera per tutti gli anni successivi alla morte del genitore (oltre trentacinque). Nellʼappunto troviamo scritto:

Il Non si sa come ha di mio tutto il secondo atto che Papà aveva sbagliato in pieno per la preoccupazione di fare la parte importante alla Marta, e quando lo lesse, così sbagliato, a Moissi 163, fu una tale mortificazione che voleva buttar via il lavoro non finito, e non parlarne più: e dovetti trovargli io, in un mese di discussioni violentissime, che mi esaurirono per molti mesi poi ogni facoltà di lavorare per me, dovetti trovargli io tutte le scene e situazioni e, battuta per battuta, i punti risolutivi del secondo atto, ridando il posto principale al protagonista, che è lʼuomo. Come nel terzo atto è mio e soltanto mio (per dire solo questo) il vertice di spiritualità a cui sʼalza il protagonista quando vuole per sé “la libertà come condanna”: sentimento ed espressioni pienamente miei, e lontanissimi tanto dalle concezioni di Papà che Egli dapprima non li capì, e per lungo tempo credette che io scherzassi, e dovetti farglielo accettare in seguito a una vera lotta dialettica. Qualunque critico intelligente, ora che lʼopera mia, ritardata tanti anni dallʼannosa servitù che io mʼera data verso di Lui, comincia a farsi strada, qualunque critico intelligente può vedere che il Non si sa come esprime, con la forza dʼarte di Lui, un mondo spirituale che non era, non poteva essere, il Suo – né tanto meno “ispirato” da Marta, spiritualmente inefficiente.

Lʼappunto prosegue poi con delle lamentele rivolte a Marta Abba: infatti a seguito delle volontà testamentarie di Luigi la donna ebbe in eredità i diritti su alcune opere del Maestro, tra le quali anche il Non si sa come. Stefano lamenta che lʼopera «va a finire, per interesse, nelle mani di Marta»: di conseguenza lʼappunto è databile successivamente al marzo 1947, dopo un accordo tra la Abba e i figli di Pirandello.

La domanda che è lecito porsi è se lʼappunto e la lettera siano da considerare attendibili. A loro favore sta sia il fatto che Stefano non pubblicò mai il suo appunto in vita (quasi per una forma di rispetto verso il padre) sia lʼassenza di motivi plausibili per cui egli avrebbe dovuto mentire alla sorella, quando dice di avere “corretto la mira” al padre e di avergli fatto “buttar giù” un atto. Al

162 S. ZAPPULLA MUSCARÀ, Note a Nel tempo della lontananza, p. 446

163 Alessandro Moissi (1879-1935) è stato un celebre attore teatrale. Collaborò molto con il regista Max Reinhardt. Luigi Pirandello, a proposito della morte dellʼattore, scrive al figlio Stefano il 29 aprile 1935: «Sono ancora sotto lʼincubo della morte del povero Moissi». Lʼattore infatti era scomparso il 22 marzo precedente.

contempo, però, è da ricordare che a darci testimonianza di ciò è solo Stefano, come accaduto anche nella Prefazione e ne I giganti della montagna, dove ho già sottolineato che la situazione, alla fine, è ben diversa da quella prospettata. Quindi, in definitiva, per il Non si sa come è da mantenere una posizione “neutra” tra le dichiarazioni di Stefano e i relativi dubbi avanzati poco sopra: è plausibile che egli abbia “corretto la mira” al padre (come afferma a Lietta), cioè che abbia collaborato con Luigi nella stesura del testo, ma non ho elementi sufficienti per dimostrare che Stefano abbia veramente influenzato il padre così come afferma nei suoi scritti.