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Poligrafia pittoresca. La scrittura eccentrica di Marie Gamél Holten tra l´Italia e la Danimarca del primo Novecento

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Academic year: 2021

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Università degli Studi di Genova Scuola di Scienze Umanistiche

Dottorato di ricerca in Letterature e Culture classiche e moderne Ciclo XXXI

Poligrafia pittoresca.

La scrittura eccentrica di Marie Gamél Holten

tra l´Italia e la Danimarca del primo Novecento

Tomo I

Candidata: dott.ssa Sara Severini Supervisori: prof. Davide Finco Ch.mo prof. Stefano Verdino

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Indice generale

Tomo I

Prefazione pp. 1-7

Ringraziamenti pp. 8-11

Introduzione pp. 12-34

Indice delle abbreviazioni pp. 35-37

Fotografia dell’autrice p. 38

Capitolo I. La vita p. 39

I.1.1 Danimarca. La famiglia dello skovrider Nicolai Holten pp. 39-51 I.1.2. L’infanzia. Il giardino all’inglese di Bandholm pp. 51-58

I.1.3 La fanciullezza. Il bosco di Grib. pp. 59-75

I.1.4 L’età adulta: Copenaghen pp. 76-84

I.1.4.1 L’alta borghesia di Copenaghen celebra se stessa: il milieu culturale e sociale dei protagonisti alla luce di una particolare

ricorrenza privata pp. 84-94

I.1.4.2 I primi viaggi all’Estero pp. 94-98

I.1.4.2.1 La cerchia di amici in Scandinavia pp. 98-118

I.1.4.2.2 La vita di società pp.118-122

I.1.4.2.3 La tomba di Victor e Marie Gamél: un monumento di rilievo

storico-culturale pp. 123-125

I.1.4.3 Una stanza tutta per sé pp. 126-144

I.1.4.4 La Prima Guerra Mondiale e l’impegno a favore dei prigionieri

di guerra pp. 144-152

I.1.4.5 La Società Dante Alighieri pp. 152-161

I.2 Italia p. 161

I.2.1 Roma. Camere con vista e biblioteche. pp. 161-165

I.2.2 Firenze. Camere con vista e biblioteche pp. 166-178

I.2.3 Altri luoghi pp. 178-183

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I.2.4.1 I realia sardi: le lettere a Ranieri Ugo pp. 186-210 I.2.5 Legami letterari e affinità elettive in Italia pp. 210-212

I.3 Gli ultimi anni: la Danimarca pp. 213-214

Capitolo II. La letteratura danese e italiana del tempo allo

specchio della poligrafia holteniana p. 215

II.1 La prima attività letteraria pp. 215-252

II.1.1 Uno scritto esemplare della poetica holteniana: Due monasteri

nei dintorni di Firenze pp. 252-273

II.1.1.2 Casentino nordico pp. 273-286

II.2 Selve pagane pp. 286-294

II.3 Colmare le lacune: una pratica letteraria all’insegna del

riguardo e della cortesia pp. 294-299

II.4 “Alla scoperta dei letterati” pp. 299-316

II.5 I ‘viaggi in Italia’ nella tradizione letteraria danese

primonovecentesca pp. 316-329

II.6 “Occhi socchiusi”: visioni da lontano pp. 329-335

Capitolo III. La poligrafia holteniana p. 336

III.1. L’intertestualità holteniana p. 336

III.1.1 Omero, Teocrito, la Bibbia pp. 337-340

III.1.2. Le saghe nordiche, la storia patria pp. 340-343

III.1.3 Goethe e la cultura romantica pp. 343-347

III.1.4 La letteratura danese e le altre letterature nordiche pp. 347-354

III.1.5 La letteratura italiana pp. 354-375

III.1.6 Il patrimonio folkloristico e le letterature regionali d’Italia pp. 376-379 III.2 La produzione giornalistica e la traduzione letteraria p. 379 III.2.1 La prima attività giornalistica quale “punto di partenza”

dell’attività letteraria pp. 379-396

III.2.2. La prima traduzione letteraria quale “punto di partenza” del

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III.2.3. Il libro di viaggio: L’Isola Sconosciuta pp. 418-429 III.2.3.1 Il concetto ispiratore: un’“isola di pietre e di memorie” pp. 429-446

III.2.3.2 L’umanizzazione della natura pp. 447-451

III.2.3.3 La visione dell’Altro pp. 452-458

III.2.3.4 La cultura popolare pp. 458-466

III.2.3.5 Il paesaggio: a piedi, in ferrovia, con l’automobile pp. 466-470 III.2.3.6 La lingua “musicale e colorita” e i ‘nessi della lontananza’ pp. 471-477

III.3 La produzione giornalistica pp. 477-486

III.3.1 Le impressioni di viaggio pp. 486-490

III.3.2 “Notizie dagli Scavi” pp. 490-499

III.3.3 Il saggio-traduzione letterario pp. 499-500

III.3.4 Gli scritti creativi d’attualità: il realismo urbano pp. 500-508 III.3.5 Gli scritti creativi di argomento artistico: il culto del passato pp. 508-521

III.3.6 La cronaca: la guerra dell’Italia pp. 521-532

III.3.7 Gli scritti geografico-storici, i saggi eruditi pp. 532-545

III.3.8 Il ritorno a casa pp. 545-547

III.3.9 Folkeminder e culto dei Lari: tra erudizione e ricordi di

famiglia pp. 548-553

Conclusioni pp. 554-555

Tomo II

Bibliografia Indice dei nomi Indice dei luoghi

Appendice 1: Appendice Scritti Esemplari (ASE)

Appendice 2: Appendice Materiali Originali (AMO), allegata in formato DVD-ROM al Tomo II, è disponibile per il download al seguente link:

https://drive.google.com/file/d/1oD_0BCcNapyCpdI5dr5zmMSzSghdjwb6/view?usp=sharing (ultimo accesso 27.04.2020)

Il link non appare associato ad alcuna data di scadenza; in caso di necessità si prega di contattare l’Autrice al seguente indirizzo mail: s.severini80@gmail.com

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Prefazione

L’oggetto del presente lavoro, una figura minore del panorama letterario danese, necessita di alcuni cenni preliminari: infatti, Marie Gamél Holten (1855-1943), viaggiatrice assidua e poligrafa di cose italiane nella prima metà del Novecento è figura quasi del tutto sconosciuta sia ai danisti italiani che agli italianisti danesi, come anche a coloro che si interessino della storia dei rapporti culturali tra Danimarca e Italia nel primo Novecento, un periodo ancora poco battuto della storia culturale e che, con debite eccezioni, manca allo stato attuale di studi sistematici.1

Da parte di chi scrive, l’incontro letterario con questa figura minore del panorama letterario danese è avvenuto in Danimarca nel 2012, durante un soggiorno di studio finalizzato all’apprendimento della lingua danese. Fu allora che alcuni amici pensarono di farmi dono di una edizione moderna di un libro di viaggio danese, L’Isola

Sconosciuta, pubblicato da Marie Gamél nata Holten a Copenaghen nel 1913, e ristampato

nel 2005 in Italia in un’edizione bilingue (danese e italiano) col titolo Sardegna Isola

Sconosciuta.2

1 Si veda a questo proposito l’Introduzione al presente lavoro infra, pp. 12-34.

2 L’edizione originale è Marie Gamel n. Holten, L’Isola Sconosciuta (Den ukendte Ø), J. Frimodts Forlag, København 1913. L’edizione letta all’inizio della vicenda che ha dato origine alla presente ricerca è Marie Gamel Holten, Sardegna Isola Sconosciuta. Edizione bilingue italiano danese. Traduzione a cura di Annette Bodenhoff Salmon, Edizioni Iris, Oliena 2005. Nel corso della presente dissertazione, tutti i passaggi testuali sono stati letti e tradotti direttamente dall’originale, per ragioni di diversa sensibilità da parte di chi scrive rispetto a quella della traduttrice dell’edizione bilingue, Annette Bodenhoff Salmon. Tuttavia, dal momento che L’Isola Sconosciuta ha goduto di attenzione editoriale in tempi relativamente recenti rispetto al presente lavoro, non rappresentando dunque un inedito, si è scelto di non procedere a una traduzione integrale del libro, rimandando dunque per una comprensione generale alla lettura dell’edizione del 2005: Marie Gamel Holten, Sardegna Isola

Sconosciuta, cit. Una precisazione relativa al nome dell’autrice, che il lettore attento avrà già notato

essere variato, nei riferimenti bibliografici, rispetto al titolo del presente lavoro: l’edizione bilingue appare privata del “f”, corrispondente nell’originale a født, “nata”, denotando “Holten” il cognome dell’autrice da nubile; nel corso della sua intera produzione creativa come del suo lavoro di traduttrice letteraria, il nome dell’autrice presenta numerosi variazioni: nelle prime traduzioni letterarie e nel libro di viaggio sardo, ad esempio, il cognome dell’autrice da coniugata, Gamél, appare sovente privo di accento, nella forma Gamel, riscontrandosi la prima comparsa della forma corretta “Gamél” nel primo scritto giornalistico holteniano, l’impressione di viaggio siciliana Lava: cfr. Marie Gamél, Lava, in «Berlingske Politiske og Avertissements-Tidende» 9 aprile 1910 (Lørdag Aften), n. 83 162. anno, pp. 2-3. Anche il nome di battesimo dell’autrice cambia, firmandosi ella indifferentemente “Marie” o “Maria”, forma ‘italianizzata’ attestata per la prima volta in Maria Gamél n. Holten, Altare della patria. Il giorno dei Morti a Roma, in «Berlingske Politiske og Avertissements-Tidende», Inserto «Kvinden og Hjemmet» 21 novembre 1915, n. 322 167. anno, p. 1. Tenendo conto di ciò, dunque, nel corso del presente lavoro si è prestata una particolare attenzione alla forma di volta in volta prescelta dall’autrice per firmare i propri scritti, cosa peraltro resa necessaria per la natura stessa della ricerca effettuata in banche dati quali Mediestream: cfr.

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Si trattava di un libro di viaggio sulla Sardegna, isola natale di chi scrive, oltreché della scrittrice danese e italiana (sarda di nascita) Maria Giacobbe, colei che in modo casuale, ricevendolo cioè in dono da un amico, per prima rilesse dopo un silenzio di circa 100 anni il taccuino di viaggio in Sardegna a firma di questa sconosciuta gentildonna danese, appunto Marie Gamél nata Holten; in seguito a questa lettura, fu ancora Maria Giacobbe a ripresentare al pubblico italiano questo omaggio della sua patria elettiva, la Danimarca, alla Sardegna, sua patria natale, proponendone una nuova edizione che preservasse l’opera dalla ricaduta nell’oblio. Nella prefazione, dunque, all’edizione bilingue del 2005, Maria Giacobbe descrive la storia del suo primo incontro letterario con Marie Gamél Holten, e i primi tentativi di identificare la misteriosa autrice del libro attraverso alcuni sondaggi tra gli amici letterati e uomini di cultura in Danimarca, e per mezzo di ricerche di carattere archivistico e bibliografico, eseguite nella biblioteca di Frederiksberg.3 In seguito a queste ricerche, Maria Giacobbe riesumò una traduzione holteniana di un libro inglese di argomento religioso, nello specifico una favola religiosa tratta dalla mitologia induista, dal titolo Che cosa il grande Dio raccontò; inoltre, ella riuscì a identificare due donne, omonime e di età differente, entrambe potenziali autrici del libro. Su questo quesito si chiuse, per scelta della stessa Giacobbe, la prefazione, così come la sua indagine sulla misteriosa autrice del libro sardo, unico nel panorama dell’odeporica italiana pubblicata in Danimarca.4

Al momento della stesura della sua prefazione, Giacobbe omise di citare un particolare che le era noto già prima del suo incontro con L’Isola Sconosciuta: l’esistenza, cioè, di una traduzione in danese del romanzo Dopo il Divorzio (1902) di Grazia Deledda, comparsa col titolo Efter Skilsmissen per i tipi della prestigiosa casa editrice Gyldendal di Copenaghen nel 1912 proprio a firma di Marie Gamél Holten.5 La traduzione letteraria di

3 Si veda Maria Giacobbe, Prefazione a Marie Gamel Holten, Sardegna Isola Sconosciuta, cit., pp. 7-12. Il testo della prefazione è in italiano, e dunque accessibile solo in parte al lettore danese che desideri leggere una copia del libro in questa edizione bilingue; tuttavia, una copia manoscritta della prefazione nella traduzione autorizzata da Maria Giacobbe ed eseguita da Inge de Cros Dich, è stata inserita da chi scrive su autorizzazione dell’autrice e della traduttrice in una copia di Sardegna Isola

Sconosciuta conservata presso la Biblioteca Reale di Copenaghen/Det Kongelige Bibliotek.

4 Cfr. Maria Giacobbe, Prefazione a Marie Gamel Holten, Sardegna Isola Sconosciuta, cit., p. 12;

Che cosa il grande Dio raccontò: Hvad den store Gud fortalte. Oversat fra Originalmanuskriptet

(Sanskrit) af F. Bain af Marie Gamél n. Holten, H. Aschehoug & Son, København 1919. Su questo libro ritorneremo cursoriamente infra perché, sebbene la tematica trattata non sia italiana, esso è di particolare rilievo alla luce della strategia traduttiva dell’autrice: cfr. infra, pp. 247ss.

5 Efter Skilsmissen. Roman af Grazia Deledda. Oversat af Marie Gamel, Gyldendal, København 1912. Tale traduzione venne ricordata da Maria Giacobbe in un suo intervento dal titolo La Deledda

nei paesi scandinavi presentato al Convegno Internazionale di Studi Deleddiani tenutosi presso il

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questo romanzo deleddiano, di poco antecedente al libro di viaggio sardo, costituisce un tassello fondamentale di quello e quale motore nonché fonte di ispirazione dei due viaggi storici in Sardegna compiuti da Marie Gamél Holten rispettivamente nel 1911 e 1912, il primo presumibilmente proprio ai fini pratici di questa traduzione, e constatare dunque coi propri occhi la realtà delle cose descritte nel romanzo deleddiano, il secondo per raccogliere materiali e impressioni preziose al fine di scrivere il proprio libro di viaggio sulla Sardegna, appunto L’Isola Sconosciuta.

L’incontro letterario con questo libro, avvenuto per chi scrive a distanza di 7 anni da quella da quello di Maria Giacobbe, coincise per me con il desiderio di fare ritorno, dopo molti anni lontana, alla mia isola natale come anche alla mia prima formazione: in questa lettura vidi infatti la preziosa occasione di mettere a frutto competenze interdisciplinari accumulate nel corso del tempo in luoghi diversi, in un percorso che dalla Sardegna mi aveva portato sino alla Danimarca, e che ora mi imponeva di ritornare, se non altro letterariamente, a casa.6

Come spiega Carlo Ginzburg giustificando, primariamente a se stesso, la scelta di cimentarsi nell’indagine su un fenomeno minore della storia del nostro Paese, quello dei Benandanti, la componente biografica (nel suo caso il suo essere ebreo) e la coincidenza del destino di persecuzione di cui i Benandanti furono vittime, giocarono un ruolo non secondario nella scelta del tema di indagine: è sempre infatti l’interesse personale a muovere le prime ricerche su un autore, la scelta di approfondirne la conoscenza dell’opera e conoscere meglio i riflessi nonché i risvolti letterari delle sue vicende biografiche.7

Dunque, in ragione dell’appartenenza di Marie Gamél Holten a due mondi a me famigliari, decisi di occuparmi più a fondo di quel libro di viaggio sardo, che sorprendentemente raccontava anche della mia città natale, un luogo che, se pure citato nei Baedecker per la sua illustre e imponente basilica romanica, restava sconosciuto ai viaggiatori illustri europei. Decisi di occuparmi del libro a partire dal problema relativo all’identità dell’autrice, che al tempo della mia lettura restava ancora irrisolto. Contattai

dal Comune di Nuoro, dall’Amministrazione Provinciale di Nuoro, dalla Comunità Montana del Nuorese, dall’Istituto Superiore Regionale Etnografico, dal Consorzio per la Pubblica Lettura “S. Satta”, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica.

6 Su queste prime esperienze di confronto con la figura storica di Marie Gamél Holten e col libro di viaggio holteniano mi permetto di rimandare a Sara Severini, Una viaggiatrice danese in Sardegna:

l’isola sconosciuta di Marie Gamél Holten, in «Bollettino del C.I.R.V.I» 67, gennaio-giugno 2013,

anno XXXIV fasc. 1, pp. 55-90.

7 Ginzburg ricorda a proposito della setta dei Benandanti, da lui studiata, la sua identificazione emotiva coi protagonisti di quelle vicende, nello specifico nel ruolo della persona ‘inquisita’: cfr. Carlo Ginzburg, L’inquisitore come antropologo, in Carlo Ginzburg, Il filo e le tracce. Vero falso

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Maria Giacobbe incontrandola nella sua casa danese, ed ella mi invitò a proseguire la ricerca su quella ‘interessante’ figura femminile: fu quello per me l’inizio di un viaggio che, sia in senso letterale che figurato, mi avrebbe riportato nella mia terra, permettendomi di riscoprire pagine nascoste o poco note della sua storia e della sua cultura.

Cominciai le ricerche archivistiche e bio-bibliografiche presso la Biblioteca Reale di Copenaghen dal punto in cui Maria Giacobbe le aveva interrotte, ansiosa di scoprire l’identità della viaggiatrice che aveva scritto, nel 1913, un libro di viaggio su un luogo periferico rispetto alle grandi rotte del Grand Tour.8 Scoprirne l’identità, tassello dopo tassello, ha costituito un’appassionante caccia ad un “fantasma”, parola da intendersi nel senso attribuitole da Maria Corti in Nuovi metodi e fantasmi, un libro che ebbi modo di leggere nel corso della ricerca scientifica su Marie Gamél Holten, di cui il presente lavoro rappresenta l’esito. Lessi quel testo cortiano al fine di comprendere e giustificare, come già Carlo Ginzburg primariamente a me stessa, la scelta di intraprendere la ricerca su un soggetto minore del panorama letterario ai margini del canone letterario e rimasto a lungo nell’oblio.9

Dopo aver trovato, dunque, nel testo di Maria Corti e nella sua ‘filologia investigativa’ una legittimazione a una scelta che era primariamente di gusto, intrapresi le ricerche archivistiche e documentarie, avvalendomi in una prima fase del prezioso ausilio di archivisti e bibliotecari, che misero generosamente a disposizione della ricerca holteniana le loro competenze, in due biblioteche di prim’ordine nel campo della ricerca genealogica, rispettivamente la Biblioteca Reale di Copenaghen/Det Kongelige Bibliotek København e la Biblioteca di Frederiksberg/Frederiksberg Hovedbibliotek.10 Queste ricerche costituirono il preludio nonché il primo apprendistato per quell’operazione di “archeologia letteraria”,

8 Cfr. Maria Giacobbe, Prefazione a Marie Gamel Holten, Sardegna Isola Sconosciuta, cit., Sara Severini, Una viaggiatrice danese in Sardegna: l’isola sconosciuta di Marie Gamél Holten, cit. 9 Maria Corti, Nuovi metodi e fantasmi, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Bompiani, Milano 2001 (prima ed. 1969); si veda in particolare l’operazione di archeologia investigativa compiuta da Corti rispetto all’autore del Delfilo, Marco Antonio Ceresa, Da un convento veneto a un castello

piacentino. L’autore del “Delfilo” non è Francesco Colonna, ibid., pp. 251-279. Quanto al concetto

di ‘canone letterario’, lo si intende qui sia nel senso di “canone letterario occidentale” che nel senso di “canone culturale danese” (Den Danske Kulturkanon), un’istituzione culturale normata in Danimarca a livello politico: cfr. rispettivamente Harold Bloom, Il canone occidentale. I libri e le

scuole dell’età. Introduzione di Andrea Cortellessa, traduzione di Francesco Aba Sardi, Rizzoli,

Milano 2008; si veda inoltre la voce Kulturkanon in Kulturministeriet, URL https://kum.dk/temaer/temaarkiv/kulturkanon/ (ultimo accesso 22.10.2019).

10 Con riferimento alla Hovedbibliotek Frederiksberg, devo un particolare ringraziamento al bibliotecario Christian Sauer, che mi ha aiutato nel reperimento di materiale bibliografico raro, in particolare il primo (nonché unico) scritto sull’autrice: cfr. Odd Steenberg, Marie Gamél, in «Medlemblad for Slægtsamfundet Holten» n. 25, maggio 1997, p. 1; un ringraziamento va inoltre all’attuale archivista e bibliotecario della famiglia Holten, Christian Holten.

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come ebbe a definirla una conservatrice del Gabinetto Scientifico Letterario G. P. Vieusseux di Firenze, altro luogo storico holteniano, sulla vita di Marie Gamél Holten, nonché di una ricerca improntata a criteri scientifici, quale essa viene presentata nel presente lavoro.11 Proseguendo inoltre le ricerche sulla biografia dell’autrice, riflettendo a priori sulla sua appartenenza a determinati circoli o relazioni con personaggi illustri in Danimarca, fu quasi immediato il disseppellimento di altre traduzioni letterarie a firma dell’autrice, oltreché di una vasta produzione giornalistica a tematica italiana che, per ampiezza e ricchezza di temi, pretendeva da parte mia una sua specifica attenzione, giustificando un lavoro ordinato e sistematico.12 La poliedricità di tale produzione, raccolta ai primordi e ancora nel corso della ricerca in Danimarca, non solo costituisce una nuova voce danese sull’Italia del primo Novecento, un campo ancora inesplorato, almeno a livello sistematico, degli studi sui rapporti culturali tra i due paesi; essa rappresenta anche il prodotto di competenze eterogenee e di un gusto erratico del sapere di cui la sua autrice fa finemente mostra. Questo sapere, erudito nel senso ‘settecentesco’ del termine (Momigliano), abbraccia lo studio dei classici latini e greci, recepiti direttamente o con la mediazione di Holberg e Molbech, come pure la conoscenza accurata dei classici italiani (Dante, Ariosto, Bandello, Michelangelo, Vasari e molti altri), nonché di autori scandinavi classici e contemporanei. Identificare tali riferimenti mi era naturale sia in virtù di una personale formazione accademica eterogenea, fondata parimenti sulla filologia classica come delle lingue e delle letterature germaniche, con focus in particolare sulla lingua e letteratura danese, sia perché è la stessa autrice a dichiarare con naturalezza e precisione filologica i propri debiti letterari. La produzione creativa holteniana si configurava a poco a poco quale poligrafia, come tale richiedendo competenze di natura eterogenea, e, nello specifico, quelle che chi scrive possiede: inoltre, caso raro per un soggetto di studio, specie se si considera l’epoca di rigida divisione del sapere che viviamo, esso si armonizzava con la natura eterogenea della mia formazione, che da limite, dunque, poteva divenire un vantaggio.13

11 Non è stato possibile rintracciare la conservatrice del Gabinetto Scientifico Letterario G. P. Vieusseux, che ringrazio nella speranza che ella possa riconoscersi in queste parole: infatti, questa sua definizione relativa alla ricerca holteniana ha avuto il grande merito di chiarire a chi scrive alcuni presupposti teorici fondamentali di questa: si veda in particolare l’Introduzione infra, pp. 32ss. Su Marie Gamél Holten lettrice della Biblioteca Circolante del Gabinetto Scientifico Letterario G. P. Vieusseux, cfr. infra, pp. 166ss.

12 Sul metodo di lavoro utilizzato per ricavare informazioni e dati su un’autrice pressoché sconosciuta ai primordi della ricerca, come denota qui il corsivo di ‘a priori’, si veda l’Introduzione infra, p. 24. 13 Sul Settecento quale epoca erudita, oltreché per il concetto di ‘poligrafia’, si rimanda all’Introduzione infra, in particolare pp. 21ss.

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La ricchezza tematica della produzione creativa di Marie Gamél Holten rappresenta la naturale coincidenza dell’ampiezza degli interessi dell’autrice in relazione al nostro Paese, che abbracciano molteplici aspetti della nostra cultura, culta quanto popolare, e di microstorie legate alla storia del nostro Paese sia dell’età giolittiana che mussoliniana, nel periodo che precede il primo conflitto mondiale e in quello che immediatamente ne seguì. Al contempo, l’impegno creativo di Marie Gamél Holten rappresenta il tentativo, ancorché prezioso in quanto giunge da parte di uno sguardo altro rispetto a quello italiano, di sanare, tentandone una mediazione, la spaccatura tra tempo passato e tempo nuovo dell’Italia, tra la cultura italiana dominante e le culture ‘italiane’ subalterne, che emergono con forza all’indomani dell’Unificazione Politica, colmando ulteriormente la distanza tra Danimarca e Italia.

Donna in bilico tra due culture e tra due epoche, l’Ottocento e il Novecento, Marie Gamél scrive per diletto e su qualsiasi cosa ella ritenga interessante, col risultato di restituire al lettore danese coevo, quantunque non programmaticamente e per disiecta

membra, un “poliorama pittoresco” sull’Italia.14

Tale “poliorama pittoresco” si pone quale alternativo rispetto a quello del Grand

Tour, coincidente per la tradizione letteraria danese con la Guldalder di primo Ottocento,

una tradizione ‘sentimentale’ con cui Marie Gamél Holten continua a dialogare, innestandola su quella ‘erudita’ prodotta dalla generazione precedente di viaggiatori danesi in Italia sul finire del Settecento: esso costituisce per una danesista di formazione classica, specie se appassionata di minuzie storico-erudite, un’occasione privilegiata per mettere a frutto competenze eterogenee, osservando il proprio Paese da una lente nuova in continuo movimento rispetto all’oggetto osservato.15

Per mettere ordine in questa complessa vicenda biografica e creativa, che si intrecciava con la mia personale, nonché al fine di prevenire, ove e per quanto possibile, derive emozionali, decisi di ricorrere quale antidoto ad un criterio, quello filologico, che, per il suo fondarsi rigorosamente sui documenti rappresenta nell’ambito della scienza letteraria

14 Il riferimento è qui alla rivista letteraria «Poliorama pittoresco», pubblicata nel Regno delle Due Sicilie dal 1836 al 1860, che aveva come sottotitolo “opera periodica diretta a spandere in tutte le classi della società utili conoscenze di ogni genere e a rendere gradevoli e proficue le letture in famiglia”: Nadia Barella, Il dibattito sui metodi e gli obiettivi dello studio sull’arte a Napoli negli

anni quaranta dell’Ottocento e il ruolo di «Poliorama Pittoresco», in Rosanna Cioffi, Alessandro

Rovetta (a cura di), Percorsi di critica. Un archivio per le riviste d’arte in Italia dell’Ottocento e del

Novecento, Atti del Convegno, Milano 30 novembre-1 dicembre 2006, Università Cattolica del Sacro

Cuore, pp. 21-34, qui p. 28 e p. 28 n. 34.

15 Sull’esistenza di queste due tradizioni nell’ambito della letteratura danese, come anche sul continuo movimento del punto di osservazione critico, si veda l’Introduzione infra, rispettivamente alle pp. 14ss; p. 25.

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quanto di più vicino alle scienze esatte. Il ricorso agli strumenti della filologia pura, tuttavia, non avrebbe escluso l’applicazione di criteri quali l’intuizione e la supposizione, che la lezione di Carlo Ginzburg e Maria Corti dimostrano essere preziosi anche nella più rigorosa e robusta ricostruzione storica e filologico-letteraria. Mi impegnai a rintracciare nei testi holteniani di cui ero in possesso ogni possibile traccia che potesse illuminare la figura ‘fantasmatica’, qui ancora in senso cortiano, della loro autrice, e, per suo tramite, i tempi in cui visse e le persone che li abitarono.

Redassi un progetto dottorale presentandolo all’Università di Genova, Ateneo che scelse di dare spazio alla presente ricerca, affidandola alla cura di tre diversi tutores afferenti a ciascuna delle anime che tutte si esprimono nella poligrafia holteniana: la letteratura e la lingua danese, la letteratura e la lingua italiana, la conoscenza dei rapporti culturali e letterari tra i due paesi in epoche remote.

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Ringraziamenti

Il presente lavoro interdisciplinare non sarebbe stato possibile, né tanto meno immaginabile, senza la presenza e l’aiuto di persone di rilievo e di esperti del settore che, in Danimarca come in Italia, mi hanno costantemente supportata quanto incoraggiata, guidandomi e indirizzandomi, sovente mettendo a disposizione della mia inesperienza la loro professionalità, senza ricevere in contraccambio nulla di diverso che l’essere nominati in queste pagine. Dunque, pur non comparendo nell’Indice dei nomi che conclude la presente dissertazione, essi rappresentano i migliori esemplari di quella “civiltà della cortesia” in cui, se posso permettermi, ancora alla vigilia del Primo Conflitto Mondiale, viveva e operava Marie Gamél Holten. Senza nulla togliere agli altri, ritengo di dover esprimere la mia speciale gratitudine in primo luogo ad alcune persone: ai miei tutores, il prof. Davide Finco, il prof. Stefano Verdino, il prof. Erik Skyum-Nielsen. Inoltre ringrazio i miei colleghi per il percorso condiviso, in particolare la dott.ssa Martina Morabito, dott.ssa Natalia Osis, la dott.ssa Veronica Passalacqua, e infine il dott. Andrea Baglione per il prezioso incoraggiamento in un momento cruciale.

Un ringraziamento speciale a Leone Ambroggio, Sabrina Ambroggio, Toni Bruna, Carlo Arrighi, Chiara Arrighi, Anna Maria Bassoli, Monica Biamonte, Paolo Caravello, Domenico Carnovale, Maria Antonietta Carta, Lucia Cinquerrui, Paola Cioni, Amelia Cecilie Congiatta, Gavino Congiatta, Pia Congiatta, don Giovannino Conti, Pil Dahlerup, Erika Dal Zotto, Silvia Dalla Dea, Silvia Cristina de Lima Brito, Caterina Del Vivo, Anna De Muro, Vera De Muro, Francesco De Nicola, Arianna Di Silvio, Moritz Dolinga, Luigi Doria, Tobias Döbel, Kasper Drews, Laura Fortini, Cristina Fraquelli, Maria Giacobbe, Paola Gibbin, Simonetta Giordo, Julia Henne, Antonella Ielacqua, Torben Jelsbak, Niels Jensen, Zhanargul Kaliyeva, Carola Kaupp, Johnny Kondrup, Ernst Krauß, Signe Krauß, Ulf Kyneb, Edmée Lambert, Daniela Lazar, Elisabetta Lupi, Simona Lupi, Maurizio Massimino, Attilio Mastino, Bonfiglio Meloni, Claudia Maria Giovanna Meloni, Maria Laura Meloni, Heinz-Dieter Metzger, Margherita Miolla, Angelo Montesu, Nina Møller Andersen, Carin Naae, Roberto Nicolai, Carla Ogana, Paola Perfumo, Marco Pergallini, Lucia Padellaro, Claudia Pierleoni-Nielsen, Giusi Pilla, Silvana Puggioni, Serafina Nuccia Raneri, Franco Reuspi, Emanuele Riu, Angela Maria Rocchigiani, Graziano Rocchigiani, Roberto Romagnino, Paola Ruggeri, Vittoria Ruggiu, Kirsten Sander, Olga Sanna, Andrea Giuseppe Santamaria, Piero Santamaria, Gianfranco Scavone, Roberta

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Scavone, Valeria Scavone, Valentina Sechi, Valeria Secchi, Efisio Seu, Clelia Severini, Cloe Severini, Enrico Matteo Severini, Fabio Severini, Sergio Severini, Zeno Fabrizio Severini, Christian Sauer, Sidiki Sidibe, Petra Sillanpaa, Liliana Smith, Marisa Solinas, Maria Somma, Stefania Soriano, Giuseppina Soriano, Teodora Tileva, Serenella Tosato, Veronica Verboso, Paola Ugo, Susanne Willaing.

Ho inoltre contratto un ingente debito di gratitudine con bibliotecari, archivisti, studiosi e cultori di storia locale, collezionisti e appassionati che nel corso di questi anni mi sono venuti in soccorso, mettendo generosamente e in modo del tutto spontaneo a mia disposizione la loro professionalità e i materiali di cui erano in possesso, cui spesso erano legati anche affettivamente: molti di loro, inoltre, si sono resi disponibili, in modo del tutto spontaneo e senza che ci fosse un’esplicita richiesta da parte di chi scrive, che lo considerava semmai dovere proprio, per permettere a chi scrive di continuare a seguire il filo rosso quanto flebile della ricerca holteniana, dalla geografia complessa. Questa tesi, dunque, si configura in molti casi quale lavoro corale, che chi scrive si è limitato a coordinare o a indirizzare. Ringrazio in particolare il personale dei luoghi in cui si è principalmente svolta la ricerca: la Biblioteca Universitaria di Sassari, la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, la Biblioteca di Lingue dell’Università degli Studi di Genova, la Biblioteca del Dipartimento di Lingue e Studi Nordici dell’Università di Copenaghen, la Biblioteca Reale di Copenaghen; per gli archivi, in particolare l'Archivio Storico Diocesano di Sassari, l’Archivio Storico del Gabinetto Scientifico Letterario G. P. Vieusseux, l’Archivio Contemporaneo del Gabinetto Scientifico Letterario G. P. Vieusseux, l’Archivio Reale di Copenaghen, l’Archivio Storico della Società Dante Alighieri.

Di seguito riporto i loro nomi in ordine alfabetico, privi del titolo, spesso pure presente: se vi sono dimenticanze, ciò è dovuto a stanchezza da parte di chi scrive, e chiedo venia previamente: “ciascuno saprà riconoscere il motivo della mia riconoscenza”.16

Grazie a:

Antonia Abba Legnazzi, David Albamonte, Fabio Aldini, Elena Altea, Christine Andersen, Henning Andersen, Jack Andersen, Rikke Andersen, Maria Francesca Andria, Ingo Arnason, Charlotte Arnholtz, Fiorenzo Bacci, Isolina Baldi, Vassili Balocco, Roberta Barbis, Susanna Barile, Annalisa Battini, Monica Bauletti, Maura Beghè, Paolo Benassai, Alberto Beniscelli, M. Fabrizio Bensi, Maria Bergamaschi, Annunziata Berrino, M. Chiara Berni, Cato Bervell, il personale della Biblioteca Comunale di Taormina, Francesco Bitossi,

16 Gianna Chiesa Isnardi, Storia e cultura della Scandinavia. Uomini e mondi del Nord, Bompiani, Milano 2015, p. 5.

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Mette Bogh Jensen, Maria Angela Bortolani, Gisella Bochicchio, Annette Bodenhoff Salmon, Mario Bolognari, Bente Blumensaat Pedersen, Rosita Boschetti, Giovanna Bosman, Bruna Bianchi, Martin Hans Bolg, Claudia Bourcevet, Elena Branca, Beverly W. Brannan, Henning Bro, Dario Bullitta, Mikael Bøgh Rasmussen, Jan Bøisen, Paola Cagiano de Azevedo, Letizia Campoli, Natalia Cangi, Daniela Canopulo, Andreana Canu, Francesca Cappellini, Gian Luca Carboni, Pernille Carstens, Angela Casu, Angela Cavezzi, Marl Christiansen, Andres Christensen, Monica Ceci, Aldo Cecconi, Maria Assunta Ceppari, Erminia Ciccozzi, Antonello Coccollone, Ugo Collu, Clementina Conte, Eli Cook Hope, Costanza Corda, Chiara Corini, Maria Costabile, Natasha Dahl, Kenneth Dalgaard Detlefsen, Stefan Damian, Luisa D’Arienzo, Monica Davis, Neria De Giovanni, Angelina De Muro, Elisa De Muro, Carla Del Vais, Antonio Deias, Ilaria Della Monica, Giuseppe De Martis, Laura Desideri, Francesca Desogus, Maria Paola Dettori, Davide Di Gianvito, Fabrizio Diozzi, Anders Ehlers Dam, Emanuele Fancellu, Gian Luca Favetto, Nicola Ferrari, Matteo Fiori, Gian Mario Fois, Maria Carmela Folchetti, Federica Martina Adele Franci, Nils Frederiksen, Anne Marie Furbo, Marzia Gallus, Teresio Gamaccio, Christel Galsgaard Jensens, Silvia Garinei, Patrizia Gori, Patrick Granholm, Marco Grilli, Emil Jensen, Finn Gamél Christensen, Trine Bjørg Svare Steenslev, Maria Gamél Bjørner, Antonio Gibelli, Anna Goddi, Patrick Granholm, Francesca Grauso, Marco Grilli, Marina Guglielmi, Ellen Harstad, Signe Helms Ratjen, Stig Holsting, Serena Innamorati, Felice Irrera, Vibeke K. Hansen, Daniel Kardyo, Margrethe Heidemann Andersen, Bernd Hoffmann, Annette Cecilie Holten, Christian Holten, Lise Holten, Per Holten-Andersen, Hotel Bretagna Firenze, Kate Hyman, Thomas Hvid Kromann, Vincenzo Iorio, Il Maestrale Edizioni, Irene Jensen, Istituto Gasparini, Lidia Constance Grønkvist, Andreina Guiso, Margherita Heyer-Caput, Poul Heriksen, Hotel Gregoriana Roma, Leon Jaurnow, Sofie Jeholm, Antonella Imolesi Pozzi, Emanuele Kanceff, Jesper Keller, Burkhard Koop, Mie Kusk Angelo, Charlotte Krogager Nielsen, Thomas Hvid Kromann, Sverre Andreas Larssen, Ylva Larsson, Marina Lavra, la Redazione di «Lares», Valerio Lazzaretti, Freja Lindeman, Paolo Liverani, Novella Maggiora, Simone Magherini, Arianna Maiorani, Dino Gesuino Manca, Susanna Manca, Paolo Mancini, Manuela Manfredini, Thomas Marecek, Margherita Maniscalco, Maria Emanuela Marinelli, Luciana Mariotti, Bruce Martin, Alessandra Martina, Roberta Masini, Clara Mazzetti, Luigi Martinetti, Margherita Miolla, Paola Monacchia, Sergio Moncelli, Marina Moncelsi, Franco Montanari, Daniela Montemagno, Laura Morlupi, Susanne Munk Knudsen, Irene Muniz, Simonetta Mura, Giovanna Mura Corda, Maria Elisabetta Nieddu, Jan Nielsen, Mogens Nielsen, Ruth Nattermann, Birthe Nygaard Muller, Jytte Nielsen,

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Filippo Nissardi, Simon Nobis, Moa Nordendag, Caroline Nyvang, Hannes Obermair, Benito Olmeo, Federica Onelli, Daniele Ottanelli, Fredrik Öberg, Luisa Pachera, Monica Pacini, Giuseppe Paglietti, Antonio Palladino, Adam Parker, Ilaria Parma, Marco Pascoli, Luisa Patricolo, Aurora Peccarisi, Caterina Pilotto, Perla Pedretti, Susanna Pelle, Giuseppe Perna, Giuseppe Persiani, Mariella Pes, Erik Petersen, Martin Philipsen Mølgaard, Klaus-Julius Pillmayer, Anna Maria Piredda, Salvatore Pirisinu, Mario Pirrigheddu, Rosanna Pisoni, Laura Plazzi, Roberto Poddighe, Daniela Poggiali, Maria Possenti, Muriel Prandato, Silvana Puggioni, Adolfo Puxeddu, Alyson Price, Giovanna Procacci, Leif Rasmussen, Giusi Rassu, Gustavo Rella, Evelyn Reso, Giuseppe Restifo, Franco Reuspi, Nicola Revelant, Jenny Ringasp, Eva Rinnerthaler, Pietro Luca Roccasalva, Luigi Romagnino, Hanne Roer, Sandra Romoli, Stefania Ruggeri, Diana Rüesch, fra Amedeo Salis, Micaela Sambucco, Silvano Sassolini, Rosanna Senna, Giuseppe Sertoli, Lothar Sickel, Petra Sillanpaa, Åsa Sjöblom, Laura Soro, Gabriella Sotgiu, Ilaria Spadolini, Roberto Spazzali, Colonello G. Spagnolo, Nikolaj Strands, Stig Svenningsen, Ole Henrik Sørensen, Bo Thorén, Francesca Tramma, Roberta Tramontana, Gert Sørensen, Mario Tanca, Daniele Tarabusi, Corinne Martine Thépsut, Caterina Tomasi, Jan Tuxen, Dolores Turchi, Eugenio Valentini, Valveri Editore, Henk A. van der Liet, Maria Maddalena Vigilante, Chiara Vigini, Peter Johan Yding Brunbech, Margherita Zaccarelli, Carla Zarrili, Giancarlo Zichi, Julia Walleckzek-Fritz, Claudia Wedepohl, Claes Wiklund, Lena Wiklund, Fredrik Öberg, Patrick Worm, Jacob Ølgaard Nyboe, Mette Kirkeby Østergaard.

Un ringraziamento postumo ad Andrea Blasina, Gianna Deidda, Didier Gautier, Etty Hillesum, Maria Lai, Anna Marchesini.

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Introduzione

La presente dissertazione si presenta quale ricognizione interdisciplinare sulla figura storica e letteraria della viaggiatrice e poligrafa danese Marie Gamél, nata Holten (1855-1943): una figura rimasta sconosciuta agli specialisti almeno fino al 2005, anno in cui la pubblicazione in Italia di una edizione bilingue (danese e italiano) del libro di viaggio

L’Isola Sconosciuta, resoconto di due viaggi sardi compiuti dall’autrice nel biennio

1911-1912, ha riportato il nome dell’autrice all’attenzione di alcuni lettori; non ancora, tuttavia, degli italianisti danesi o dei danisti italiani.17 Sul finire dell’Ottocento, infatti, sulla scia dell’Unificazione politica, inizia a sgretolarsi in Danimarca l’immagine dell’Italia quale terra arcadica che era stata diffusa in Danimarca dalla Guldalder danese: terra dell’improvvisazione (H. C. Andersen), delle forti passioni e della musica, che spesso identifica l’Italia con Roma e gli italiani col popolo romano: un equivoco che, in certi casi, la critica moderna rischia di fare proprio.18

La Guldalder danese, rappresentata emblematicamente da Berthel Thorvaldsen per la scultura, Wilhelm Marstrand per la pittura e H. C. Andersen per la letteratura, propugnava in patria una visione idealizzata e astorica dell’Italia, quale cioè giardino d’infanzia di una civiltà europea stanca e affannata; il popolo romano assurgeva per sineddoche a immagine dell’italiano eternamente bambino, dedito alla danza del saltarello e ai giochi di strada quali le bocce o la “gatta cieca”, o, nella grande festività del Carnevale Romano, la Festa dei Moccoli, uno dei temi pittorici e letterari prediletti dalla Danimarca che si accingeva a presentare l’Italia ai propri compatrioti.19

17 Si veda la Prefazione supra, pp. 1-7.

18 Numerosi gli studi culturali sui rapporti tra i viaggiatori scandinavi e la Città Eterna: per la letteratura danese, in particolare, si vedano i resoconti scritti dagli stessi protagonisti, quali ad esempio Martinus Galschiøt, Skandinaver i Rom for Halvhundred Aar siden, Billeder efter tegninger af Niels Bredal M. P. Madsens Boghandel (Rechtwig e Tryde), København 1923; Marie Dinesen,

Værtinde i Rom, Grafisk Forlag, Copenaghen 1957. Si veda inoltre Louis Bobé (red.), Rom og

Danmark gennem Tiderne, 2 voll., Levin & Munksgaards Forlag, København 1935-1937, testo di

capitale importanza al tempo della sua comparsa; infine, Børge Janssen, Hundrede Aar i Rom: lidt

Historie om Skandinavisk Forening for Kunstnere og Videnskabsdyrkere” 1830-1930”, V. Thaning

& Appel, København 1930. Uno sguardo d’insieme sulla vita degli Scandinavi a Roma è fornito da Anne Eriksen, Minner fra den evige Stad. Skandinavers rejser til Roma 1850-1900, Pax Forlag A/S, Oslo 1997; ancora in riferimento al mondo culturale danese, il libro di Hans Edvard Nørregård-Nielsen, Dengang i Italien: H. C. Andersen og guldaldermalerne, Copenaghen 2005, si concentra principalmente sul rapporto tra i rappresentanti dell’Età d’oro danese e la città di Roma.

19 Il libro di Hans Edvard Nørregård-Nielsen, Dengang i Italien: H. C. Andersen og

guldaldermalerne, cit., rappresenta l’unico studio danese relativo alla presenza della Guldalder

danese in Italia. La pittura a tematica romana del pittore italiano Bartolomeo Pinelli, che rappresenta il popolo romano dedito al gioco e alle danze e ai festeggiamenti del Carnevale, influenza in modo preponderante la pittura a tematica italiana di Wilhelm Marstrand. In questo modo si diffonde in

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Tale visione romantica si innesta storicamente, in parte contrapponendosi in parte oscurandola, a quella storica e priva di vagheggiamenti proposta e diffusa sul finire del Settecento da viaggiatori danesi non già romantici, quanto eruditi: da Georg Zoëga, Andreas Christian Hviid, Jacob Adler (1756-1834) e Frederik Münter (1761-1830), che compie i suoi viaggi italiani, sulla scia di Mabillon e del suo Iter Italicum (1687), proprio allo scopo precipuo di rintracciare e indagare manoscritti (nel suo caso per un’edizione del Nuovo Testamento): quest’ultimo, ad esempio, descrive con dovizia di particolari le biblioteche visitate durante i soggiorni italiani, non geograficamente limitati alla sola città di Roma.20

Danimarca un’immagine giocosa e infantile dell’Italia, che è ancora viva e presente alla coscienza dei viaggiatori danesi in Italia della seconda metà dell’Ottocento, proprio alla vigilia dell’Unificazione italiana, quali ad esempio Georg Brandes: si veda Lisbeth Balslev Jørgensen, Bjarne Jørnæs (ud.), De ægte romere, tegnet af Bartolomeo Pinelli og Wilhelm Marstrand, catalogo

della mostra press oil Thorvaldsens Museum di Copenaghen, 6 dicembre 1968-15 gennaio 1969,

Thorvaldsens Museum, København 1968; si veda inoltre Jørgen Stender Clausen (a cura di), Fra

mito e realtà. L'Italia del 1870-71 nelle lettere di un giovane critico danese, 2 voll., ETS, Pisa 2002.

Poiché manca una bibliografia sull’argomento, ci sia qui permesso un rapido esempio: uno dei momenti topici della vita del popolo romano era rappresentato dalla Festa dei Moccoli, il momento che, precedendo la Quaresima, concludeva il Carnevale, e motivo pittorico, prima che letterario, prediletto da Bartolomeo Pinelli (Carnevale romano. La festa dei "moccoletti", 1826, conservato presso il Museo di Roma), Ippolito Caffi (Moccoletti-Aften 1834, Museum Thorvaldsen, Copenaghen, appartenente alla collezione private di Thorvaldsen): questi quadri ispirarono a Wilhelm Marstrand il suo Moccoli-aftenen på Corsoen i Rom, 1848 (conservato presso la Collezione Ordrupgaard a Copenaghen). Motivo letterario già caro a Goethe, che lo descrive nel suo Viaggio in

Italia, il momento finale del Carnevale è ripreso da H. C Andersen nel suo romanzo a tematica

italiana L’Improvvisatore e ne Il bazar di un poeta; esso è ancora nominato da Georg Brandes in una lettera da Roma ai genitori del 16 febbraio 1978: cfr. ibid., vol. I, pp. 84-89; Johann W. Goethe,

Viaggio in Italia. Traduzione di Emilio Castellani. Commento di Herbert von Einem adattato da

Emilio Castellani. Prefazione di Roberto Fertonani, Bruno Mondadori, Milano 1993, pp. 572-575, e commento ad loc. ibid. p. 767. Il tema del Carnevale e del gioco cui gli ‘italiani’ sono dediti è stato oggetto di una relazione in chiave imagologica proposta da chi scrive in occasione del X Convegno Italiano di Studi Scandinavi, Il diverso, il nemico, l’altro. Figure dell’alterità nelle letterature

scandinave, Università degli Studi di Genova, 9-11 novembre 2017, intitolata ‘Giocare a fare gli Italiani’. I giochi popolari della tradizione italiana al prisma della letteratura danese nella seconda metà dell’Ottocento. La “gatta cieca” (blindekat) è la variante danese del nostro “mosca cieca”: con

particolare riferimento a Roma, era il gioco giocato dai membri del Circolo Scandinavo di Roma in Piazza del Popolo nelle notti di luna piena, una tradizione attestata ancora negli anni ’20 del Novecento: cfr. M. Galschiøt, Skandinaver i Rom, cit., pp. 110-111: si noti che quella delle passeggiate notturne a Roma era una vera e propria passione nordica, condivisa dalla nostra autrice: si veda ad esempio il suo scritto giornalistico Il privilegio pasquale dei Bresca: Maria Gamel, Il

privilegio pasquale dei Bresca, «Nationaltidende Søndag» 29 marzo 1931, n. 19, 818, p. 3, che

contiene una liminare descrizione notturna di Piazza San Pietro.

20 Sull’esistenza di questa tradizione di viaggio ‘sull’Italia ‘illuminata’, si veda Gert Sørensen, Il

Grand Tour. L’Italia nella formazione culturale di un’élite intellettuale danese dalla fine del Settecento alla metà del Novecento, in Gert Sørensen, Maria Adelaide Zocchi, L’Italia in Europa. Italia e Danimarca, Atti del Convegno in occasione del 150º anniversario dell’Unità d’Italia,

Accademia di Danimarca, Roma 7-8 aprile 2011, Edizioni Quasar, Roma 2013, pp. 47-61, qui in particolare pp. 49-50. Si veda inoltre Giuseppe Persiani, «Vedere biblioteche e vedere il mondo».

Frederik Münter ricercatore di manoscritti ed i suoi Fragmenta Patrum Graecorum, in «ARID»

XXVIII 2001, pp. 83-100, qui pp. 83-85. Si veda inoltre Arnaldo Momigliano, I discepoli italiani del

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Proprio la perdita di centralità di Roma all’indomani dell’Unificazione politica italiana può aver motivato l’esigenza, da parte dei viaggiatori danesi in Italia della seconda metà dell’Ottocento e, ancor più, del primo Novecento, di tentare un innesto tra le due tradizioni, rispettivamente quella erudita, di stampo illuminista, e quella romantica, e ciò nel tentativo di padroneggiare una realtà del tutto nuova e politicamente complessa: l’età giolittiana prima e mussoliniana dopo, oltreché la partecipazione italiana al Primo Conflitto Mondiale e della sua ‘ricostruzione’ successiva. Pur restando Roma un centro geografico di primaria importanza per la presenza danese in Italia, proprio l’esaurimento del Grand Tour comporta la riscoperta di territori nuovi e la scoperta della dimensione provinciale dell’Italia, “L’Italia delle Cento Città” celebrata in una opera editoriale meritoria del tempo nonché lodata dal più grande scrittore danese di cose italiane, Johannes Jørgensen, nel componimento dal titolo Laudes Italiae, contenuta ne Il Libro del Pellegrino (1903).21

Come alle soglie del nuovo umanesimo, quel periodo della storia europea che coincide con la fine del XVIII secolo e che Momigliano denomina “età degli antiquari”, l’Italia primo novecentesca appare agli occhi degli Europei quale erede diretta di quella medievale: “ogni città italiana aveva una storia in cui i romani rappresentavano soltanto una parte: non meno pertinenti erano i signori feudali germanici e i vescovi cristiani”.22 Come gli antiquari della fine del XVIII secolo, il periodo cui si ascrive la tradizione erudita del viaggio danese in Italia, si forma una schiera di viaggiatori e letterati, formata da

“gentlemen più che da insegnanti di scuola: essi preferivano viaggiare, anziché emendare testi […] Ma a poco a poco si rendevano conto di poter trovare impressioni di bellezza in un’emozione di nuovo genere osservando la chiesa parrocchiale o il vicino castello: proprio come si poteva trovare poesia ascoltando i canti e i racconti di contadini isolati”.23

La nuova frammentazione del paese, unificato e paradossalmente riscoperto nella ricchezza della sua varietà, porta alla rivalutazione di una ben precisa epoca della nostra storia, l’età comunale, e dirige l’attenzione dei viaggiatori stranieri su microgeografie e microstorie ripercorse prima fisicamente e poi all’interno delle biblioteche locali, esattamente alla maniera di Frederik Münter e degli altri viaggiatori illuministi della fine del

21 Johannes Jørgensen, Il Libro del Pellegrino (Pilgrimsbogen), in Johannes Jørgensen, Udvalgte

Værker, III vol., Gyldendalske Boghandel-Nordisk Forlag, København og Kristiania, 1915, pp.

137-331, qui pp. 139-140 e p. 140.

22 Arnaldo Momigliano, I discepoli italiani del Mabillon, cit., p. 268.

23 Arnaldo Momigliano, Storia antica e antiquaria, in Sui fondamenti della storia antica, cit., pp. 3-45, qui p. 4.

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Settecento, quando la realtà storico-culturale del nostro paese non era vista con occhi innamorati, ma al prisma degli scritti e delle opere scritte a mano dei suoi diretti protagonisti. Le città italiane, dunque, non già solo Roma, divengono ora oggetto di un’attenzione da parte dei nuovi (rispetto al Grand Tour) viaggiatori, dovuta alla

“consapevolezza che nello spazio della penisola si affrontarono i grandi sistemi politici del tempo: impero contro papato, comuni contro comuni, partiti contro partiti, guelfi contro ghibellini, famiglie contro famiglie. Anche questo pullulare di forze antagoniste viene letto come fatto di unità perché dotato di un’incontenibile vitalità”.24

Come scrive ancora la medievista Gabriella Piccinni, tale specificità italiana viene ribadita in primo luogo “dagli osservatori esterni”, che divengono lettori di “storie di città” (cronache), riscoprendo la civiltà cittadina anche nell’Italia che si affaccia alle soglie della modernità.25 Per comprendere il nuovo, è necessario tornare all’antico: l’atteggiamento antiquario, con le caratteristiche che Momigliano ha riconosciuto essere quello di “conoscitore e di entusiasta”, caratterizza il viaggio letterario dei viaggiatori danesi in Italia nel primo Novecento.26 Anche Johannes Jørgensen nella sua riscoperta e divulgazione letteraria del francescanesimo in Danimarca, opera quale studioso di antichità italiche: il termine antiquitates può, come anche nel caso di Marie Gamél Holten, per molti aspetti discepola di Jørgensen, essere inteso qui nel significato più autenticamente varroniano di “rassegna sistematica [della vita di un popolo, in questo caso la civiltà romana, ndr] secondo le testimonianze offerte dalla lingua, dalla letteratura, dai costumi”, « qui [homines] agant, ubi agant, quando agant, quid agant »; e per “homines”, come giustamente osservava Sant’Agostino, egli intendeva i romani”: sebbene l’indagine svolta dai viaggiatori danesi nell’Italia del primo Novecento non sia sistematica né si limiti al popolo romano, questa definizione si attaglia al lavoro di indagine e descrizione che essi fanno della cultura italiana, divulgandola nella loro patria.27 I viaggiatori danesi della seconda metà dell’Ottocento, per

24 Gabriella Piccinni, Le città dell’Italia medievale di fronte all’Europa, in Storiografie per

l’aggiornamento, pp. 8-23, qui p. 10: la citazione è tratta da Elisabeth Crouzet-Pavan, Enfers et paradis. L’Italie de Dante et de Giotto, Paris 2001 (ed. it. Inferni e paradisi. L’Italia di Dante e di Giotto. Traduzione di A. Bramati, Fazi Editore, Roma 2007), non letto da chi scrive.

25 Gabriella Piccinni, Le città dell’Italia medievale di fronte all’Europa, cit., p. 19. 26 Arnaldo Momigliano, Storia antica e antiquaria, cit., p. 8.

27 Ibid., p. 8. Marco Terenzio Varrone fu autore di 41 libri di Antiquitates Rerum Humanarum et

Divinarum divisi in 25 di res humanae e 16 di res divinae: alle res humanae si deve ascrivere gran

parte degli scritti holteniani. Si veda inoltre l’opera monumentale di Ludovico Muratori, Antiquitates

italicae medii aevi, sive Dissertationes de moribus, ritibus, religione, regimine, magistratibus, legibus, studiis literarum, artibus, lingua, militia, nummis, principibus, libertate, servitute,

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formazione ancora legati alla Guldalder, conoscono tuttavia la tradizione erudita precedente: interessati a studiare la conformazione dell’ “Italia dalle Cento Città”, essi recuperano anche quella meno conosciuta reinnestandola con prospettive divergenti nel clima del neoromanticismo: se neoromantico è lo spirito, l’atteggiamento è tuttavia erudito.28 Questo ibridismo e questa apparente contraddizione, unitamente al dilagare di nuove forme letterarie più brevi quali l’elzeviro giornalistico, il viaggio, la cronaca, e la lettera di viaggio inviata al giornale, si rivelano adatti a esprimere anche la frammentazione della nuova società italiana, nonché la velocità con cui i fatti e le notizie circolano in Europa, paradossalmente in una maniera non troppo dissimile da quella che oggi i moderni strumenti consentono.

Accanto a Jørgensen e intorno a lui si muove una serie di figure, minori e secondarie rispetto al sistema letterario e ai circuiti culturali sia in Danimarca che in Italia che, se pure reverenti rispetto al primo, quand’anche non offuscate dalla di lui fama in fatto di “res humane et divine italicae”, si accingono alla stessa opera di catalogazione e descrizione, se non sistematiche per lo meno assidue, della cultura italiana, amata di “amore sconfinato”.29 Questi individui si propongono un’operazione di riduzione e divulgazione della cultura italiana in Danimarca che fornisca una controparte, completandola, all’opera di ‘spiritualizzazione’ dell’Italia compiuta da Johannes Jørgensen, “colmando le lacune” di una visione del nostro paese affascinante sebbene unilaterale.30

Si tratta di viaggiatori eruditi, per lo più scrittori dilettanti, termine che deve essere qui inteso in senso etimologico, quale sinonimo di “non professionale”, interessati alle più svariate manifestazioni culturali e storico-letterarie della nostra cultura, abbracciando un arco temporale assai ampio, che parte dal Medioevo, epoca prediletta perché seno della civiltà comunale italiana, per giungere fino ai primordi del Novecento (l’Italia di Giolitti, l’Italia di Mussolini; l’Italia durante il Primo Conflitto Mondiale).

Alla schiera di queste fantasmatiche figure di viaggiatori, eruditi e dilettanti appartiene l’oggetto della presente dissertazione, la viaggiatrice e poligrafa danese Marie

foederibus, aliisque faciem & mores Italici populi referentibus post declinationem Rom. Imp. ad annum usque 1500. Omnia illustrantur, et confirmantur ingenti copia diplomatum et chartarum veterum, nunc primum ex archivis Italiae depromtarum, additis etiam nummis, chronicis, aliisque monumentis numquam antea editis. Palatinis Mediol. sociis editionem curantibus, Mediolani, ex

typographia Societatis Palatinae in regia curia, 1738-1742, 6 v., ill.; fol. L’opera muratoriana viene ancora pubblicata Venezia nel 1830-1836.

28 Gert Sørensen, Il Grand Tour. L’Italia nella formazione culturale di un’élite intellettuale danese

dalla fine del Settecento alla metà del Novecento, cit., p. 49.

29 Con l’espressione “amore sconfinato” Arnaldo Momigliano descrive l’atteggiamento dell’antiquario nei confronti della cultura in generale, oltreché uno dei “contributi dell’antiquario all’etica dello storico”: cfr. Arnaldo Momigliano, Storia antica e antiquaria, cit., p. 42.

30 Ci si riferisce qui a un paragrafo della presente dissertazione dal titolo § II.3, “Colmare le lacune:

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Gamél nata Holten (1855-1943), meglio nota come Marie Gamél: qui il termine “fantasmatico” è da intendere nel senso che Maria Corti attribuisce ad alcuni tra i soggetti di studio prediletti dalla sua ‘filologia investigativa’, quali ad esempio il riscoperto (‘dissepolto’) autore del Delfilo, Marco Antonio Ceresa, cui ella restituisce, levandola a Francesco Colonna, la legittima paternità dell’opera.31

Poligrafa nel senso più genuino, persona cioè dedita interamente “all’esercizio di libertà letteraria”, Marie Gamél Holten appare quale personalità “non autorevole”, in senso letterario, nella propria cultura come nella nostra, né interessata ad esserlo: come chiarisce bene la grande varietà degli argomenti da lei toccati, ella doveva tuttavia essere “persona non banale”, e degna pertanto di un’indagine microstorica di tutto rispetto.32 La sua produzione creativa, inedita ancorché sconosciuta ai primordi del presente lavoro dottorale, comprende, oltre al citato libro di viaggio sardo (L’Isola Sconosciuta, 1913), traduzioni letterarie di opere in prosa e componimenti poetici e novelle di scrittori italiani contemporanei, rispettivamente: Dopo il Divorzio, romanzo di Grazia Deledda 1912; Da

Quarto al Volturno. Noterelle da uno dei Mille di Giuseppe Cesare Abba, 1912; il saggio Giovanni Pascoli, 1914; La chiave d'oro di Giovanni Verga, 1914; Scampolo di Dario

Niccodemi (commedia per il teatro), 1919; I principi di Anna Maria di Clarice Tartufari, 1926; Kif Tebbi di Luciano Zuccoli, 1926; Il mestiere di Tringa di Luciano Zuccoli, 1927; a questa si aggancia una cospicua produzione giornalistica a tematica italiana comparsa su quotidiani, settimanali e riviste di alta cultura danesi, svedesi e norvegesi del tempo, dedicata agli aspetti più disparati della cultura storico-letteraria del nostro paese: Lava, 1910;

Castrogiovanni, 1910; Kennst du das Land, 1911; Primavera e oche selvatiche. Lettera al Nationaltidende, 1913; Mentre suona la campana, 1913; Fra Filippo, 1914; L’Afrodite di Cirene, 1915; Altare della Patria. Il giorno dei Morti a Roma, 1915; Due monasteri nei dintorni di Firenze, 1916; Vita di guerra nelle Alpi. Episodi della guerra di montagna italo-austriaca, 1916; Lettere di soldati italiani, 1916; Il sogno di Oreste, 1917; Giudizio, 1918; Gli occhi morti, 1919; Dai campi di prigionia austriaci, 1919; I conti Guidi in Casentino,

1919; Una nuova impressione da una città vecchia, 1919; Martiri di guerra, 1920; L’Apollo

di Veio, 1920; Dalla storia di Vallombrosa, 1920; La Guerra del Sale a Perugia, 1921; P. S. Krøyer e il Caffè Nuovo, 1922; L’Artemide di Ariccia, 1923; Anime semplici, 1923;

31 Cfr. supra, p. 4; p. 4, n. 9.

32 “Persona non banale” è definizione che lo storico Carlo Ginzburg attribuisce allo storico e poligrafo americano George Rippey Stewart (1805-1980), ritenuto, proprio in virtù della varietà dei suoi scritti dedicati a micro realtà geografiche e regionali, oggetto degno di un’indagine scientifica, evidentemente ancora una volta di taglio microstorico: Carlo Ginzburg, Microstoria: due o tre cose

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Grottaferrata, 1924; Appassionata, 1924; Scirocco, 1927; Mussolini e i senza tetto, 1927; I nuovi scavi a Roma, 1928; Area Sacra, 1929; Rimini, città dei Malatesta, 1929; Voci dal passato. Le statue parlanti, 1929; Il privilegio pasquale dei Bresca, 1931; Il vallo di Adriano, 1933.33

Come si evince da una rapida disamina dei titoli, la varietà tematica caratterizza la produzione creativa dell’autrice, come quando racconta le vite di alcuni santi fondatori di ordini, dando così vita a una produzione agiografica in forma di articoli giornalistici; oppure, trasformandosi da lettrice delle cronache medievali a divulgatrice che ricalca i modi e il tono degli antichi cronachisti, ella riduce ad uso del lettore danese le storie di alcune città italiane dell’età medievale e delle famiglie che le hanno governate. Ancora, in una sua produzione creativa originale che si ispira alla narrativa breve italiana degli anni ’20, in particolare quella di Luciano Zuccoli e Clarice Tartufari, Marie Gamél Holten tematizza la realtà di Roma nell’immediato Dopoguerra, raccontando la triste realtà dell’inurbamento degli abitanti della Campagna, o descrivendo in articoli di cronaca lo smantellamento, ordinato da Mussolini, della baraccopoli sul Ponte Molle (Mussolini e i senza tetto), meta delle passeggiate holteniane esattamente come Piazza San Pietro al chiaro di luna (Il privilegio

pasquale dei Bresca).34 Sovente, gli scritti creativi prendono spunto da fatti di cronaca, per lo più nera o a sfondo passionale: essi contengono inserti, in versi o prosa ritmica, che fanno rientrare alcuni di questi scritti nella categoria del prosimetro, rivelando anche le letture

33 Si indicano qui a titolo informativo e in ordine cronologico alcuni titoli holteniani reperiti nel corso della fase storico-documentaria della ricerca dottorale, non attinenti alla tematica italiana: Marie Gamél, Quando l’erica fiorisce, in «Berlingske Politiske og Avertissements-Tidende», 12 agosto 1910, n. 187, 162. anno, p. 1 (lettera di viaggio inviata al giornale); Marie Gamel, Corrida.

Combattimento coi tori a Nîmes, in «København», 7 agosto 1913, n.217, pp. 3-4; Marie Gamél n.

Holten, Dalla riserva boschiva di Mårum, «Medlemsblad for Slægtsamfundet Holten» gennaio 1914, pp. 21-26; Marie Gamél n. Holten, Figure e tipi dal regno dei carbonai, in «Nationaltidende», 14 giugno 1914 (Edizione del mattino), n. 13, 744, pp. 7-8; Regali di Natale. Libero dibattito, da «Berlingske Politiske og Avertissements-Tidende» 24 ottobre 1914 (Edizione della sera), anno 166 n. 294, p. 2; Maria Gamel n. Holten, Che cosa il grande Dio raccontò, cit.; Maria Gamél n. Holten,

Primavera americana a Parigi, «Nationaltidende» 27 maggio 1926 (Edizione della sera), n. 18,283,

p. 7; Maria Gamel n. Holten, Tanto tempo fa, in «Gads danske Magasin» 1935, pp. 249-254. Tra questi titoli, si è ritenuto, in relazione alla presente trattazione e per particolari ragioni di contenuto o stile, di volta in volta segnalate, di prendere comunque in considerazione Quando l’erica fiorisce,

Corrida. Combattimento coi tori a Nîmes, Dalla riserva boschiva di Mårum e Tanto tempo fa. Dei

testi sopraelencati solo alcuni sono stati presi in considerazione all’interno della tesi dottorale, perché ritenuti preziosi ai fini dell’indagine relativa alla vicenda biografica nonché allo stile dell’autrice, come segnalato caso per caso: essi sono rispettivamente Quando l’erica fiorisce, Corrida.

Combattimento coi tori a Nîmes, Regali di Natale. Libero dibattito, Tanto tempo fa: essi figurano

pertanto nell’Appendice Seconda allegata in forma di DVD-ROM al presente lavoro, detta Appendice

Materiali Originali (AMO), per cui si rimanda infra, pp. 30-31.

34 Si veda Maria Gamel, Mussolini e i senza tetto, in «Nationaltidende», 18 novembre 1927 (Edizione della sera), n. 18, 746, p. 2; Maria Gamel, Il privilegio pasquale dei Bresca, cit. Sull’atteggiamento di Marie Gamél Holten nei confronti del Fascismo, si veda infra, pp. 225ss.

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holteniane: si pensi alla novella Giudizio, che, ispirandosi a un delitto passionale realmente accaduto, si configura quale collage di Emma Perodi e Grazia Deledda, due autrici che Marie Gamél Holten predilige, e che le suggeriscono rispettivamente l’ambientazione (Emma Perodi) e il tema del destino fatale (Grazia Deledda).35

La poligrafia holteniana è tale dunque, non solo sotto il profilo tematico, ma anche in quanto costituita da una pluralità di generi letterari: dalla traduzione letteraria al libro di viaggio, all’articolo giornalistico di cronaca; poi l’elzeviro, la lettera di viaggio, il reportage breve, la notizia archeologica e il saggio sia letterario che a carattere storico-erudito; infine, le novelle o i racconti di invenzione, destinati per lo più agli inserti domenicali di alcuni quotidiani danesi, come al settimanale di alta cultura «Illustreret Tidende», destinazione privilegiata di numerosi articoli holteniani. La suddivisione in generi testé proposta, quale risultato della presente ricerca, è da intendersi in senso puramente strumentale, poiché all’interno di uno stesso esemplare non è raro notare la compresenza nonché reciproca compenetrazione di più generi. Per rendere quindi possibile un’analisi il più precisa ed esaustiva della poligrafia holteniana si è inteso il concetto di “genere letterario” nel senso funzionale e strumentale prescritto da Jean-Michel Schaeffer, secondo cui

“[…] ogni lavoro di classificazione, lungi dall’attingere una supposta auto-organizzazione interna della letteratura, è sempre solamente un punto di vista tra gli altri, una costruzione meta testuale che trova la sua legittimazione nella strategia conoscitiva del teorico e non in una differenziazione interna univoca alla letteratura. Non si può dunque non concordare con Northrop Frye quando osserva che l’obiettivo principale di una teoria critica dei generi non deve essere tanto quello di classificare i generi quanto piuttosto quello di chiarire i rapporti fra le opere servendosi di quegli indizi che sono le distinzioni generiche”36.

Inoltre, anche all’interno di uno stesso componimento holteniano, è dato riscontrare la presenza di fonti e documenti afferenti a due differenti sfere della cultura italiana del tempo: quella popolare, rappresentata ad esempio dai numerosi componimenti in lingua regionale che trovano spazio in molti testi holteniani, dal libro di viaggio sardo agli scritti giornalistici a tematica toscana e siciliana, quali ad esempio rispetti e sonetti; quella

culta, rappresentata da autori letterari di successo quali Grazia Deledda, Emma Perodi,

35 Maria Gamel n. Holten, Giudizio, «Illustreret Tidende» 19 maggio 1918, n. 20, 59. anno, pp. 294-295.

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