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Ricerche sugli ebrei senesi nel Quattrocento

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Academic year: 2021

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Indice

Indice...1

Introduzione...4

Capitolo I Siena. Stato, territorio, economia e spazi per una presenza ebraica...14

1. Lo stato...14

2. Il territorio...18

3. La proprietà della terra...20

4. La tradizione commerciale senese...25

5. Interesse e usura...32

Capitolo II Gli ebrei a Siena città dagli anni 40 all inizio degli anni 70...46

1. Le prime notizie...46

2. La popolazione ebraica...51

3. I rapporti tra i prestatori ebrei in Toscana...53

3.1. La società di Firenze...53

3.2. La società di Pisa...55

4. La società di Siena...56

5. L attività del banco e il Comune di Siena...59

6. I pegni...64

7. I capitoli del 1457...72

8. (1467-1477): dieci anni di prestito senza condotta...77

Capitolo III La famiglia dei da Toscanella...84

1. Le migrazioni ebraiche in Italia...84

2. Le origini della famiglia...85

3. La famiglia di Jacob da Toscanella...88

4. Consiglio di Jacob. Debiti e complotti ...90

5. La conversione di Consiglio...98

6. 1466. La morte di Jacob di Consiglio da Toscanella...102

7. Morte per suicidio: ipotesi...105

(2)

9. Abramo da Toscanella. Viaggi e arresti...113

10. Ser Giacomo Ambac. Furto, truffa e omicidio ...123

11. Abramo e Isacco. Ritorno alle origini laziali: ipotesi...128

12. Abramo e Isacco a Marino...130

13. La cessione dei diritti sul banco di Siena...134

14. Abramo e suo figlio...139

15. Jacob di Abramo di Jacob a Siena...142

Capitolo IV Il Contado...145

1. Il rapporto tra centro e periferia ...145

2. Gli ebrei nello Stato di Siena...147

3. Montalcino...149

3.1. L attività dei da Montalcino a Siena...156

4. L ebreo di Chiusdino: un caso di espulsione...160

5. Una rissa tra ebrei e cristiani la sera del Sabato Santo a Grosseto...163

6. La crocefissione di Lucignano di Val di Chiana...165

6.1. I fatti...165

6.2. Il caso...173

6.3. Il podestà Gabriello...183

6.4. Il debito e i creditori...188

7. Lucignano: notizie di una nuova presenza ebraica...198

8. La crocefissione simulata. Il caso di Volterra...201

9. Massa...205

10. Sarteano...208

11. Chianciano...214

12. Gli ebrei alle terme...216

Conclusioni...223

Appendice...235

Fonti consultate...386

Archivio di Stato di Siena...386

Archivio Comunale di Volterra...388

Bibliografia...389

(3)

Bibliografia ...395

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Introduzione

Il punto di partenza ideale di questa ricerca è rappresentato dal lavoro svolto da Sofia Boesch Gajano nel saggio, Il comune di Siena e il prestito ebraico nei secoli XIV e XV: fonti e problemi1.

Questo saggio rappresenta uno dei pochi punti saldi per ciò che riguarda la recente storiografia sull ebraismo senese.

Lo studio della Boesch fornisce una panoramica della presenza ebraica nel Comune di Siena nel Trecento e nella prima metà del Quattrocento. Le fonti considerate sono di natura ufficiale e offrono una testimonianza dei rapporti tra gli ebrei senesi impegnati in attività feneratizie e le autorità cittadine, piuttosto che scorci della vita del nucleo ebraico senese nel suo complesso. Lo spoglio delle fonti, presenti presso l Archivio di Stato di Siena, non è stato sistematico e rimangono quindi molte lacune, ma la Boesch riesce a ricostruire un quadro significativo della presenza ebraica nella città toscana.

L analisi approfondita di alcune delle condotte ebraiche comprese nel periodo 1447-1477, si è rivelata di non poco interesse e ha permesso di inserire le vicende delle società di prestito senesi in un più generale contesto regionale e nazionale.

La Boesch sottolinea come la presenza di prestatori ebrei, (ed in particolare i rapporti che questi avevano con le istituzioni senesi) fosse influenzata dalla situazione politico-economica in cui la repubblica senese veniva a trovarsi di volta in volta. Le ricerche della Boesch si fermano più o meno alla fine degli anni Cinquanta del Quattrocento, ma grazie alle ricerche di alcuni suoi allievi, sono state portate alla luce alcune notizie che lasciano aperte numerose strade e proposte di ricerca. Proprio tra 1456 e1457 sono segnalati tra le carte dei magistrati Regolatori di Siena -documenti relativi ad una controversia che vedeva coinvolto il più importante prestatore senese. Questi accenni a cui si aggiungono importanti contributi che coprono gli anni 60 e 70, tratti per lo più dal lavoro di tesi di laurea di Sara

1

S. Boesch Gajano, Il comune di Siena e il prestito ebraico nei secoli XIV e XV: fonti e problemi in

Aspetti e problemi della presenza ebraica nell Italia centro-settentrionale (secoli XIV e XV), Roma

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Ansaldi2

ci portano a riscoprire interessanti episodi della vita ebraica nel contado senese, ed hanno costituito un importante strumento per ricostruire vicende dalla durata decennale. I documenti in questione sono relativi ad un procedimento giudiziario avvenuto nel 1466 ai danni di un ebreo di Lucignano di Val di Chiana, piccolo comune del senese oggi in provincia di Arezzo. Ma per quest ultima vicenda, la fonte che certamente ha fornito più elementi è un articolo di Narciso Mengozzi, apparso nel Bullettino Senese di Storia Patria nel 1915, dal titolo Il pontefice Paolo II e i Senesi3. Il Mengozzi, utile naturalmente anche per la monumentale storia del Monte dei Paschi di Siena, in questo saggio riporta alla luce varie notizie relative agli ebrei senesi, in un arco di tempo che spazia tra gli anni 40 e i 70 del Quattrocento. Purtroppo l interesse del Mengozzi non era propriamente indirizzato alla storia degli ebrei e questo ha provocato la mancata segnalazione di importanti documenti.

Altro contributo di estrema importanza è quello di Michele Cassandro, Gli ebrei e il prestito ebraico a Siena nel Cinquecento4. Lo studio verte, come si evince dal titolo stesso del saggio, su di un periodo posteriore rispetto al lavoro della Boesch. L interesse di Cassandro è infatti rivolto all epoca moderna, dal Cinquecento in poi. Nonostante ciò, la ripresa di pochi e frammentari documenti degli ultimissimi anni del Quattrocento si rivela di grande interesse.

Cassandro nota che durante il XV secolo, la comunità ebraica senese era, in Toscana, la più numerosa, dopo quella fiorentina. Anche se l attività dei prestatori senesi non era paragonabile a quella dei loro colleghi di Firenze, assume importanza la continuità stessa della presenza ebraica nell ambito dei domini territoriali del Comune di Siena. Una continuità che rappresenta forse un unicum nella turbolenta e movimentata storia del prestito ebraico in Italia.

La documentazione citata da Cassandro si rivela di estrema importanza in quanto sottolinea il passaggio della gestione del banco di prestito di Siena tra la famiglia di prestatori ebrei da Toscanella e i nuovi venuti, i da Rieti. Questa famiglia appare nei documenti senesi già all epoca della condotta del 1477, e successivamente in quella del 1489.

2 S. Ansaldi, Il prestito ebraico a Siena nella seconda metà del XV secolo. Tesi di laurea, Facoltà di

Lettere e Filosofia, Università di Siena, a. a. 1974-1975, rel. prof.ssa Sofia Boesch Gajano.

3 N. Mengozzi, Il pontefice Paolo II e i senesi in Bullettino Senese di Storia Patria , anno XXII,

1915, pp. 253-302. 4

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La fonte principale utilizzata per questo periodo dal Cassandro è costituita dal fondo della Balìa senese.

Proprio alla Balìa rivolge la sua attenzione Lodovico Zdekauer in un articolo del 1900 intitolato I Capitula Hebreorum di Siena 5.

Nella serie degli atti della Balìa, presso l Archivio di Stato di Siena, sotto il numero 1069, si trovano, racchiusi in un unico volume, sei condotte stipulate tra il comune di Siena e gli ebrei, che vanno dal 1477 al 1526.

Il volume, oltre ad essere un prezioso strumento grazie alla qualità del materiale in esso contenuto rappresenta di per sé un affascinante oggetto di indagine. Sul risvolto di copertina si trova infatti scritto: Donato all Archivio di Siena dal sig. cav. Giuseppe Porri il dì 16 marzo 1871 . Il manoscritto era forse una raccolta privata di varie condotte, forse di proprietà di una famiglia ebraica senese, che trovava comodo avere copia di tali documenti. All interno si trovano infatti due pagine scritte in ebraico, che non troveremmo se si trattasse di documenti redatti dal Comune di Siena. A riprova del carattere privato del registro (o quanto meno di una sua permanenza in mano a una famiglia ebraica) sono delle lettere tracciate, in alcune pagine, con scrittura infantile. Quasi delle prove di scrittura di un bambino che si esercita. Interessante sarebbe conoscere la storia di questo manoscritto e sapere in quali circostanze il Cavalier Porri ne entrò in possesso.

Oltre a segnalare e analizzare questa documentazione, fondamentale per comprendere le modalità della presenza ebraica sul territorio senese, lo Zdekauer, riporta, in appendice, alcuni documenti relativi alla necessità che i cittadini di Lucignano di Valdichiana avevano di ottenere il permesso per la condotta, affinché gli ebrei potessero aprire in città il loro banco di prestito.

Un ultimo recente studio di Patrizia Turrini, La comunità ebraica di Siena6 , pur rimettendo in circolazione alcune notizie già note - relative all epoca che trattiamo, sposta il suo interesse verso i secoli XVII-XVIII, e ha potuto dare solo pochi spunti alla nostra ricerca.

Alcuni articoli, editi nel corso degli anni, hanno apportato aiuto, in misura diversa, attraverso la pubblicazione di lettere e documenti ed hanno arricchito la nostra

5 L. Zdekauer, I Capitula Hebreorum di Siena in Archivio Giuridico , N. S. , V, 1900, pp. 259-270. 6 P. Turrini, La comunità ebraica di Siena. I documenti dell Archivio di Stato dal Medioevo alla

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conoscenza della vita ebraica negli ultimi decenni del Quattrocento. In particolare mi riferisco all articolo pubblicato da Michele Cassandro nel 1977 Per la storia economica delle comunità ebraiche in Toscana nei secoli XV-XVIII7, nella cui appendice troviamo la trascrizione di due lettere di Jacob da Toscanella, banchiere ebreo senese, indirizzate a Giovanni de Medici.

Da questo sommario resoconto della bibliografia sulla Siena ebraica ci rendiamo conto immediatamente che non ci troviamo di fronte ad un percorso unitario, ad una ricostruzione anche solo parziale della storia degli ebrei di Siena. Come abbiamo detto, Cassandro sottolinea il passaggio di testimone per il banco di Siena tra le famiglie dei da Toscanella e dei da Rieti, ma non accenna al temporaneo potere della famiglia dei da Montalcino, e successivamente dei da Volterra, che si avvicendarono alla guida del banco di Siena pochi anni prima della famiglia da Rieti. Nonostante la notevole quantità di documenti citati in questi studi, oltre alla mancanza di informazioni per l ultimo trentennio del secolo, ravvisiamo una carenza di materiale che parte in realtà dalla metà del secolo. I precedenti studi hanno fatto emergere singole informazioni isolate, dislocate in più contesti temporali, che costituiscono punti di approdo e piccoli fari in quello che sarebbe altrimenti un vuoto pressoché totale.

Naturalmente un ruolo fondamentale nel determinare questi vuoti, è giocato dalla reale mancanza di documenti presso l Archivio di Stato di Siena. Notiamo infatti che le serie della Balìa insieme a quelle dei magistrati Regolatori presentano lacune spesso incolmabili, che vanno da salti di pochi anni a interi decenni. Dobbiamo inoltre sottolineare che gli studi effettuati dagli allievi della Boesch, avvenuti alla metà degli anni 70 non potevano avvalersi dell inventario dell Archivio Notarile di Siena - strumento indispensabile per la ricerca e fattore che naturalmente ha limitato il campo d indagine degli studiosi.

Uno dei problemi che risalta dal vuoto di notizie e documenti è quello del mancato ritrovamento della condotta del 1466/1467. Se in effetti abbiamo i testi di quelle precedenti, cioè quella del 1441 e quella del 1457, citati dalla Boesch, e di quelle successive, del 1477 fino al 1526 (queste ultime contenute nei Capitula Hebreorum

7 M. Cassandro, Per la storia economica delle comunità ebraiche in Toscana nei secoli XV-XVIII, in

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citati in precedenza), niente sappiamo di quella del 1466/1467, sulla cui reale esistenza si possono fare solo supposizioni.

Rimangano inoltre insolute alcune questioni relative a processi e cause che hanno coinvolto gli ebrei senesi tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta; cause che vedono protagonisti spesso personaggi di una certa importanza nell ambito del prestito ebraico.

Dato il carattere eterogeneo e la mancanza di continuità emersi dalla documentazione riportata dagli studi sopracitati si è pensato di seguire in questa sede un metodo di indagine che, se poco spicca per originalità, ha però il pregio di lasciare poco al caso. La proposta di questo lavoro è stata infatti quella di eseguire una ricerca sistematica attraverso lo spoglio delle fonti documentarie presenti nell Archivio di Stato di Siena.

Vista l impossibilità di seguire linee guida tracciate in precedenza, e ritenuto poco produttivo lo spoglio delle fonti basato esclusivamente sui pochi frammenti di notizie già note (e di cui non siano conosciuti gli sviluppi), il metodo di indagine applicato è stato quello di una ricerca a tappeto , seguendo un ordine cronologico e visionando i documenti uno ad uno.

Naturalmente è stata fatta una selezione preliminare dei fondi che si ritenevano più interessanti ai fini della ricerca, senza escludere cambiamenti in corso d opera -qualora si fossero resi necessari - a causa di indicazioni fornite dal materiale documentario stesso.

Il metodo si è mostrato fruttuoso in più di una occasione.

Spesso la ricerca a tappeto ha imposto di ripercorrere strade già battute in altre epoche, correggendo errori, scoprendo omissioni, e colmando i vuoti.

Curiosamente, le notizie riportate dagli studi della Boesch e delle sue allieve relative a cause giudiziarie negli anni 56- 57, ed altre informazioni riportate alla luce dal Mengozzi che riguardavano l arresto e la detenzione di un ebreo senese alla fine degli anni 60, non solo sono risultate strettamente legate tra di loro, ma risultano essere due momenti di una stessa, lunga e controversa vicenda che si dipana per un decennio, di cui conoscevamo solo l incipit e il finale. In questo caso, battere a tappeto la documentazione ha permesso di ricostruire quasi interamente le fila dell intera vicenda.

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D altra parte seguire pedissequamente l ordine cronologico di filze e registri ha provocato numerosi momenti di frustrazione e di stallo nelle ricerche, poiché in alcuni fondi vi sono intere annate dove non si trovano notizie sul mondo ebraico senese.

Il fondo archivistico che inizialmente si è rivelato più generoso di notizie è stato senza dubbio quello del Concistoro di Siena.

Le decisioni dei Priori della città, insieme con il podestà e il Capitano di Popolo sono racchiuse in piccoli registri mensili, le Deliberazioni. Qui troviamo notizie di varie tipologie, dall aumento del prezzo della carne agli ordini per il restauro delle opere difensive. Si possono trovare le tracce di ordini impartiti a vari funzionari della repubblica o notizie di avvenuti arresti, rilasci, petizioni e salvacondotti. Sebbene non ci si possa lamentare per lo stato di conservazione di questi documenti e non si ravvisino lacune troppo importanti, le notizie relative agli ebrei per il periodo 1466-1475 sono piuttosto esigue.

Seguendo la via aperta da Mengozzi nell articolo sopracitato, si è passati quindi ad analizzare i registri del Copialettere del Concistoro. Si tratta evidentemente delle copie delle lettere che la repubblica senese inviava ai suoi funzionari nel contado, alle comunità sottomesse, ai propri ambasciatori presso altre città, a re e dignitari, ai pontefici, a singole persone, tra cui spesso degli ebrei. La varietà degli argomenti trattati nei documenti è enorme, ma proprio questa mancanza di omogeneità ha lasciato talvolta degli spiragli per carpire accenni a questioni private di singoli individui, nascoste dietro la veste ufficiale del documento. Buona parte della ricostruzione delle vicende familiari della famiglia dei da Toscanella è dovuta proprio alle notizie contenute nel Copialettere di Siena.

A completare il quadro spesso confuso delle vicende di cui troviamo eco nelle lettere scritte dai Senesi, di grande utilità si sono rivelati i Carteggi del Concistoro, cioè la raccolta delle lettere ricevute dal governo di Siena. In alcune (rare) occasioni abbiamo potuto così ricostruire la corrispondenza tra Siena e i suoi ambasciatori, oppure tra Siena e Federico da Montefeltro, ad esempio. Purtroppo le lettere conservate nel fondo del Carteggio non rappresentano la totalità della posta ricevuta dai Senesi. Non tutte le lettere sono state conservate e quindi la maggior parte delle volte trovare corrispondenza tra lettere in entrata e in uscita è stata solo questione di fortuna.

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Oltre che della documentazione fornita dal Concistoro ci siamo avvalsi delle Deliberazioni del Consiglio Generale.

Questi grandi registri, ognuno dei quali copre diversi anni, hanno fornito interessanti notizie circa provvedimenti legislativi di vario genere, alcuni dei quali relativi proprio alla pratica del prestito a interesse. Anche qui, la varietà degli argomenti trattati ha reso particolarmente difficile procedere ad una selezione. Il metodo dell esame a tappeto, è risultato in questo caso necessario ma poco redditizio in rapporto ai risultati ottenuti.

Lo spoglio delle carte dei Regolatori è stato frenato dal carattere stesso dei registri. Oltre a presentare notevoli lacune, spesso i documenti non sono in ordine cronologico e nei fascicoli (separati tra di loro) non si riesce a trovare una continuità. Ovvero, di una vicenda, anche se ancora aperta, non si riesce a trovare il seguito nelle carte successive. Siamo quindi a conoscenza di diverse vicende alle quali però non riusciamo a dare un seguito o un punto di partenza8.

Per quanto riguarda il fondo della Balìa, indispensabile strumento per le questioni economiche del comune di Siena, esiste una vera e propria voragine, cioè una lacuna di circa vent anni, a cavallo tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta del Quattrocento. Molte notizie utili e fondamentali che riguardavano certamente anche la vita del banco di prestito ebraico sono dunque irreperibili, e dobbiamo accontentarci di tornare a utilizzare questi preziosi documenti solo dal 1478 circa. L Archivio Notarile ha invece portato nuova linfa alle ricerche. Vuoti e lacune presentati dalle carte dei Regolatori sono state colmate, in parte dalla presenza negli atti dei notai di registri dei Regolatori stessi e della Mercanzia.

Attraverso lo studio di questi documenti è stato possibile ricostruire parzialmente la vita del banco di prestito di Siena, quanto meno per la fine degli anni 40 e 50 del Quattrocento. Sono presenti infatti liste di oggetti presi in pegno dagli ebrei, l ammontare dei prestiti e la durata.

Oltre a queste importanti notizie, le carte del Notarile contengono numerosi riferimenti sebbene frammentari - a fatti e vicende che vedono coinvolti gli ebrei di Siena, che improvvisamente ci sembrano più numerosi e attivi di quanto non risultasse prima.

8 Questo era accaduto anche alla Boesch e ai suoi allievi, relativamente alle controversie segnalate

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Il fatto che parte della documentazione relativa ai Regolatori, fosse contenuta invece negli atti dei notai costituisce un importante punto di riferimento per le future ricerche.

Oltre le carte dei Regolatori, gli atti notarili contengono anche piccole parti dei fondi della Mercanzia, oppure, ad esempio, i Capitoli stipulati tra Siena e Lucignano, oltre che raccolte miscellanee di documenti del Concistoro.

La ricchezza dell Archivio di Siena è quindi in buona parte ancora da scoprire, e questa ricerca non ha portato in luce che pochi frammenti.

La documentazione oggetto d indagine è stata utile per ricostruire alcune vicende che in passato erano state solo segnalate; e ha aperto nuove questioni che non è stato possibile scandagliare più a fondo.

Un contributo fondamentale per la ricerca sono stati gli innumerevoli documenti e notizie fornitemi dal professor Michele Luzzati, il cui archivio personale ha permesso in più di un caso di risolvere problemi e sistemare tasselli in punti critici, dove altrimenti la ricerca si sarebbe arenata a causa di mancanza di informazioni che collegassero una vicenda ad un altra.

Il problema principale è stato infatti quello di contestualizzare fatti e vicende che mano a mano emergevano dalle carte; informazioni che prese da sole hanno pur sempre un valore ma che non riescono ad essere inserite in una storia di più ampio respiro. Dato il carattere eterogeneo delle notizie scaturite dai documenti, in molti casi la conoscenza della presenza ebraica a Siena e nel suo territorio denuncia una mancanza di continuità e coerenza. Il risultato è quello di una storia a macchia di leopardo , che non riesce a dare una visione completa della vita ebraica senese, per cui non è stato possibile presentare questo studio come una storia degli ebrei di Siena .

Ricordiamo che il tipo di fonti utilizzate per la ricerca è costituito quasi interamente da documenti ufficiali prodotti dallo Stato di Siena. Questo ha portato a mettere in luce quelli che erano i rapporti ufficiali tra gli ebrei e i Senesi.

Ciò significa che a parlare nella quasi totalità delle volte sono ebrei che appartengono ad una èlite cittadina, o quanto meno ebrei che rivestivano posizioni di prestigio all interno dello stesso nucleo ebraico. Banchieri, commercianti, medici, rabbini, e le loro famiglie. Raramente sono usciti fuori i nomi di ebrei di condizioni più umili, alieni dal commercio del denaro, che pur dovevano abitare a Siena.

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Gli ebrei che fanno parlare di sé sono personaggi di spicco e ciò che la documentazione ci restituisce è il dialogo che questi esponenti del mondo ebraico avevano con le autorità di Siena.

Oltre al problema della mancanza di omogeneità delle informazioni ricavate dalla documentazione, e la conseguente difficoltà di collocare e utilizzare tali informazioni, sin dai primi passi della ricerca si è subito delineata una divisione in due binari concernente quello che possiamo definire il contenuto delle notizie reperite. La prima linea tracciata dai documenti riguarda gli ebrei del territorio senese, dei banchi di prestito più piccoli disseminati nel distretto di Siena. La seconda via interessa invece gli ebrei della città di Siena.

Le autorità senesi, tramite il Concistoro comunicavano con i propri funzionari che rivestivano posizioni di comando nei comuni soggetti all autorità di Siena. È chiaro che quando le questioni oggetto delle lettere riguardavano degli ebrei, il riferimento era a persone che pur avendo contatti con Siena-città, di fatto abitavano e avevano affari o tenevano il banco di prestito nei comuni del contado e del distretto senese. Questo significa che ci troviamo di fronte ad un notevole numero di notizie e siamo al corrente di altrettante vicende del tutto eterogenee tra di loro perché inerenti a persone e luoghi diversi.

Al contrario, le notizie e le vicende degli ebrei abitanti nella città di Siena sono molto più scarse. In pratica gli ebrei sono nominati solo se, in qualche modo, hanno problemi con la giustizia, in questi casi i Senesi sono costretti ad intervenire. Sebbene le notizie ricavate dalle carte dei Regolatori contenute nell Archivio Notarile siano state preziose per ricostruire, sia pur parzialmente, i meccanismi finanziari all interno dell attività del prestito ed abbiano gettato luce su un argomento altrimenti poco conosciuto, esse sono ancora insufficienti a fornire un quadro più completo dell andamento del banco.

La maggior parte dei documenti relativi a Siena riguardano la più importante delle famiglie ebraiche, cioè quella legata al nome di Jacob di Consiglio da Toscanella, detentore del banco di prestito cittadino.

Come abbiamo detto, la divisione in due strade causato dalla mancanza della possibilità di procedere ad una storia più unitaria e coerente dell ebraismo senese ha determinato la scelta di operare una sorta di divisione interna al lavoro. Sebbene le notizie relative all attività del banco di Siena siano esigue, la qualità delle stesse ha

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permesso una parziale panoramica della vita economica e delle attività creditizie del banco stesso. La presenza di una ricca documentazione relativa alla famiglia dei da Toscanella ha permesso di concentrarsi sulle vicende personali dei singoli componenti, affiancando la storia di famiglia alla più generale storia del banco di Siena. Dall altra parte, dato il buon numero di informazioni relative al contado senese, si è cercato di tracciare una piccola guida inerente alla presenza ebraica nei comuni minori del territorio di Siena. La maggior parte delle volte non vi è stata la possibilità di seguire un filo continuo che legasse le singole notizie pervenuteci. Le notizie raccolte intorno agli ebrei del contado senese sono molte e varie. Siamo a conoscenza di diverse vicende che coinvolgono i titolari dei banchi che capillarmente coprono il territorio senese nel Quattrocento, ma questa conoscenza, lo ripetiamo, ci porta ad una ricostruzione a singhiozzo della vita dei banchi periferici.

Purtroppo, dato il carattere ufficiale della documentazione relativa agli ebrei che vivevano nei comuni fuori Siena, una delle cose che salta agli occhi, ad un primo sguardo, è l impressione che gli ebrei fossero, fuori Siena, più esposti a maltrattamenti ed ingiustizie rispetto agli ebrei che vivevano in Siena.

Nei nostri documenti i Signori di Siena sono più volte chiamati a difendere i diritti degli ebrei del contado, che per i più svariati motivi sono stati oggetto di attacchi, insulti, furti e molestie. Nel tentativo di capire e ricostruire la vita di questo interland senese le fonti che abbiamo utilizzato mostrano uno spaccato del tutto particolare, e corriamo il rischio di guardare al contado con una lente deformata.

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Capitolo I

Siena. Stato, territorio, economia e spazi per una

presenza ebraica

In questo capitolo iniziale cercheremo di fornire alcuni sintetici dati relativi alla città di Siena nel XV secolo; come la forma dello Stato e le sue istituzioni, l organizzazione del territorio, unitamente ai rapporti che essa aveva con i comuni della sua giurisdizione ed infine la sua economia. Questi elementi saranno utili per poter meglio comprendere come la presenza ebraica e in special modo la figura del prestatore-banchiere ebreo si sia inserita all interno del territorio dello Stato di Siena e nella società senese.

1. Lo stato

Lo stato di Siena agli inizi del Quattrocento si estendeva su un area che occupa grosso modo l attuale provincia di Siena, parte di quella di Grosseto e di Arezzo. Il possesso di un contado così ampio per quanto non molto popolato assicurava alla città gli approvvigionamenti necessari alla popolazione ed elevati guadagni per alcune ricche famiglie di proprietari terrieri9.

La città di Siena era divisa in terzi, terzo di Città, di san Martino e di Camollia. Il più ricco e antico era il terzo di Città. Ciascun terzo aveva un proprio Gonfaloniere. In ogni terzo esistevano delle Compagnie, unità più piccole, sorte con l espandersi della città medievale che assorbiva progressivamente i borghi formatisi fuori le mura, spesso organizzati in parrocchie. Nell ordinamento comunale, i terzi erano obbligati a fornire un contingente militare per ogni Compagnia, che poi tutte insieme formeranno la milizia Comunale10

.

Siena distingueva i suoi cittadini in tre categorie: i meri cives, che godevano dei diritti civili ma non potevano accedere alle cariche pubbliche; i cittadini di

9 M. Luzzati, Siena, Lucca e Pisa fra Trecento e Cinquecento, in Storia della società italiana, parte

III, vol. 8, Milano 1988, p. 381.

10 A. K. Isaacs, Popolo e Monti nella Siena del primo Cinquecento, in Rivista storica italiana , anno

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reggimento, discendenti vicini o lontani di un membro della Signoria; i riseduti, ossia coloro che almeno una volta nella vita erano entrati nel collegio degli otto Signori. Gli uffici a Siena non erano assegnati ai singoli individui, ma ai cinque Monti, gruppi di famiglie che si succedettero al potere tra 1284 e 1368, e poi ripartiti al loro interno.

I Monti di Siena erano nati su base associativa locale. Le famiglie di reggimento ammesse alle cariche erano quelle che vi avevano acceduto durante cinque diversi regimi impostisi in Siena dalla fondazione del comune al 1385: i gentiluomini ossia i discendenti dei consortati dell età consolare; i noveschi, cioè mercanti guelfi che nel 1287 avevano cacciato i nobili esercitando il potere attraverso nove priori; i dodici, i riformatori, il popolo, che con varie alleanze avevano governato tra 1355 e 1368, 1368-1385 e dal 1385 in avanti. I primi due Monti avevano mantenuto una fisionomia patrizio-nobiliare: le famiglie che vi appartenevano erano tra le più ricche e si concentravano nel terzo di città, il più centrale e antico. Gli altri tre erano invece popolari, ma il vivace ricambio sociale vi aveva inserito forze molto attive. Accadeva quindi che la lira del 1509 censisse come un unica ditta la famiglia Piccolomini, appartenenti al Monte dei gentiluomini, ma che altri rami fossero invece iscritti al Monte del popolo e abitassero fuori dell insediamento consortile11

.

Nel 1403, accusati di un tentativo di colpo di Stato appoggiato dai fiorentini, furono cacciati dal governo i membri del monte dei Dodici, e si dette il via a un governo tripartito dei monti popolari residui che dette relativa stabilità alla città fino al 1480 (il monte dei Nobili era stato escluso dal governo già in precedenza. Nel 1355 anche i noveschi erano stati allontanati, per poi essere riammessi).

In quegli anni Siena era caratterizzata da un inconsueto governo di popolo ad ampia partecipazione di base. Il Consiglio del popolo aveva competenze molto importanti, che andavano dalla politica estera agli scrutini elettorali. Il suo ruolo e le decisioni prese durante le sue assemblee diventavano fondamentali per la politica della città, poiché tutto ciò che non passava al Consiglio del popolo, non andava poi al Consiglio generale. Si comprende meglio la singolarità del governo di Siena se teniamo conto che quest importante e decisiva istituzione, il Consiglio del popolo, riceveva ogni due mesi come nuove immissioni i Priori che uscivano dal Concistoro

11 A. K. Isaacs, Popolo e Monti nella Siena del primo Cinquecento, pp. 53-57. Anche M. Berengo,

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a fine mandato. Dal momento che una volta entrati nel Consiglio del popolo, vi si restava a vita, è chiaro che tale Consiglio finì per essere molto numeroso. Se si tiene conto dell entità della popolazione, approssimativamente 15000 persone, si capisce che il governo della città aveva una base larghissima

È facile intuire che la larga partecipazione stessa creava non pochi problemi. Il grande numero di persone che aveva la possibilità di esprimere la propria opinione e i propri dissensi causava incertezza nelle scelte politiche e una forte conflittualità interna. Un esempio dei dissidi interni è fornito da una congiura maturata nel 1456, la quale lasciò la città divisa da inimicizie e rancori dovuti alla durissima repressione che ne seguì. Di questo stato di cose saprà approfittare Pandolfo Petrucci negli ultimi anni del Quattrocento. Pandolfo fu, per circa vent anni una specie di signore della città, pur senza azzardarsi a sopprimere le tradizionali istituzioni repubblicane12. I comuni del contado senese avevano propri organi amministrativi. Era presente un Consiglio Generale, formato da cittadini del luogo, che si rinnovava ogni sei mesi. Il Consiglio deliberava su questioni politiche e amministrative. Le principali autorità cittadine erano il podestà e il capitano. Il capitano, o priore dei consoli, aveva il comando e la direzione delle forze comunali13

. Sia il podestà che il capitano erano quasi sempre chiamati da fuori, spesso erano cittadini senesi, e restavano in carica per sei mesi. Compito fondamentale era quello di amministrare la giustizia civile e penale in primo grado (la giurisdizione d appello era riservata alle magistrature

12

La bibliografia relativa alla storia di Siena e alle sue istituzioni è molto vasta. Mi limito a citare J. Hook, Siena: una città e la sua storia, Siena 1988; Storia di Siena, I-III, a cura di R. Barzanti, G. Catoni, M. De Gregorio, Siena 1995-1997; G. Catoni, Breve storia di Siena, Pisa 1999; M. Ascheri,

Siena e la città-Stato del Medioevo italiano, Siena 2004, M. Ginatempo, Motivazioni ideali e coscienza della crisi nella politica territoriale di Siena nel XV secolo in I ceti dirigenti nella Toscana del Quattrocento, Firenze 1987; M. Ascheri, Siena nel Rinascimento: dal governo di popolo al governo nobiliare, in I ceti dirigenti nella Toscana del Quattrocento, Firenze 1987; A. K. Isaacs, Cardinali e spalagrembi . Sulla vita politica a Siena tra il !480 e il 1487 in La Toscana al tempo di Lorenzo il Magnifico, Vol. III, Pisa 1996; M. Ascheri, P. Pertici, La situazione politica senese nel secondo Quattrocento (1456-1479) in La Toscana al tempo di Lorenzo il Magnifico, Vol. III, Pisa

1996; G. Catoni e G. Piccinni, Alliramento e ceto dirigente nella Siena del Quattrocento, in I ceti

dirigenti nella Toscana del Quattrocento, Firenze 1987.

13

(17)

centrali). Nello applicare le leggi il podestà doveva rifarsi agli statuti che ogni singolo comune contrattava con Siena14

.

Il territorio dominato da Siena era suddiviso in due zone, con diverse tipologie di amministrazione e di dipendenza dalla dominante. La prima zona era il contado, comitatus, cioè i territori e gli insediamenti naturalmente soggetti alla città, in generale molto vicini ad essa. La seconda zona era detta distretto. Si trattava dei centri più lontani da Siena, nei quali la dominante aveva acquisito il diritto di distringere. Questi centri urbani avevano però un proprio regime giuridico non unificato con quello di Siena. Esso era stato definito caso per caso nei capitoli conclusi di volta in volta. Se nel contado i Senesi inviavano squadre di funzionari per il governo locale che procedevano in piena autonomia al riordinamento delle strutture amministrative, nel distretto gli interventi dovevano essere più cauti e rispettosi dei privilegi riconosciuti negli accordi15. Questo era causa sovente di litigi e controversie tra Siena e i comuni assoggettati, sempre in cerca di riguadagnare quella libertà e autonomia che evidentemente Siena negava loro.

Grande era l esigenza di mantenere il controllo su paesi e comuni di confine o di recente acquisizione. La gestione delle difese quali milizie e fortificazioni era affidata alle risorse finanziarie delle stesse comunità. La popolazione suburbana e rurale poteva avere il compito della veglia armata ma spesso anche l obbligo di provvedere alla manutenzione delle opere di fortificazione16

. Il senso che il distretto territoriale formasse una fascia di sicurezza è rimasto vivo per secoli e dette impulso alla continua espansione del contado17

. In caso di guerra, il contado senese doveva fornire uomini armati pronti a combattere sotto le insegne senesi. Ma questo sistema, già dal Trecento mostrava il lato negativo. Le forze armate reclutate nel contado venivano mobilitate per difendere la città di Siena; se rifiutavano di obbedire venivano multate severamente. Se si considera che il dovere militare, convertibile in sanzioni e multe impegnava tutta la popolazione maschile, e che le comunità, tenute a pagare, equipaggiare e rifornire i propri soldati potevano essere sgravate dei tributi

14 D. Marrara, Storia istituzionale della Maremma senese, p. 102.

15 R. Barzanti, G. Catoni, M. de Gregorio, Storia di Siena dalle origini alla repubblica. Siena 1995,

pp. 329-330.

16 M. Berengo, L Europa delle città, p. 146. 17

(18)

dovuti a Siena, si comprende come la morsa militarista si chiudesse intorno alla popolazione rurale lasciandola senza possibilità di scelta.

Vi era una forte immigrazione dalle campagne alla città. Molti comuni tentavano di arginare il fenomeno, sia per ragioni fiscali sia per impedire che le terre fossero lasciate incolte. I Senesi nel Quattrocento guardavano con preoccupazione all abbandono della Maremma da parte dei contadini Secondo Maria Ludovica Lenzi, questo tipo di integrazione forzata, sottoponendolo a tutte le tensioni e i contraccolpi delle lotte per il potere che si giocavano a Siena, fiaccò il territorio del contado lasciandolo ancora più esposto di fronte alle invasioni delle compagnie di ventura18.

Pur impegnati nella lotta al predominio i Monti riuscirono tuttavia a mantenere un certo equilibrio respingendo istanze estremistiche provenienti dai ceti più bassi19. Nel corso del Quattrocento Siena dovette districarsi nella complessa politica italiana, cercando di evitare le mire egemoniche milanesi e l espansionismo aragonese, rafforzando il legame con Firenze e distaccandosene ogni qualvolta che vi erano ribaltamenti di fronte.

L elezione al soglio pontificio del senese Enea Silvio Piccolomini restituì alla repubblica una certa tranquillità in politica estera che durò sino all esplosione della guerra seguita alla congiura dei Pazzi del 1478.

2. Il territorio

Il territorio senese appare molto meno popolato rispetto a quello fiorentino. La stima, che è però del 1640, parla di 32,25 ab. per kmq. Molto popolata era l area della Valdichiana; lunga circa 50 km, la valle era in età romana fertile, salubre e ben popolata. A poco a poco a causa dei materiali deposti dai torrentelli presenti, la pendenza diminuì. Si formò una soglia divisoria che si spostava gradualmente verso il Tevere e alle spalle di questa soglia il fondo si venne impaludando e verso l XI e il XII secolo la ridente valle si era trasformata in una serie di acquitrini e pantani, e fu denominata Chiana Toscana. La popolazione aveva abbandonato il fondovalle rifugiandosi sulle alture circostanti. Tra XV e XVI secolo furono progettati ed

18 M. L. Lenzi, La pace strega, guerra e società in Italia dal XIII al XVI secolo, Montepulciano 1988,

p. 55. 19

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eseguiti numerosi interventi di prosciugamento e canalizzazione20

. In queste terre alla metà del Quattrocento era presente un forte appoderamento, e molto diffusa la proprietà cittadina. Vi era anche una forte resa dei terreni a grano. Buona parte dei terreni pianeggianti, era tuttavia ancora ricoperta da paludi e stagni. La popolazione, sul versante senese, si riversava sulle colline, e si creavano comuni ad alta densità di abitanti come Sinalunga, Torrita e Chianciano. Il territorio di Chiusi era invece più povero e meno abitato. Lo stesso per le zone vicino a Siena, Castelnuovo Berardenga, e le colline a ridosso della città. A Montalcino e Pienza la densità scendeva ulteriormente. Ancora più povere erano le terre di Arcidosso, Radicofani e del capitanato di Casole, sulle terre montagnose. Ma ad avere livelli più bassi che nel resto della Toscana erano le zone comprese nell attuale provincia di Grosseto; Massa Marittima, Sovana, Grosseto21. Massa Marittima lamentava, nella seconda metà del Quattrocento, l insufficiente produzione di grano, dovuta al fatto che una serie di terreni pianeggianti era utilizzata a prato invece che per la produzione di cereali. Le rese cerealicole sarebbero aumentate se si fossero risanati fossati e canali di scolo22, mentre intorno a Scarlino, Piombino, Castiglione, Orbetello, e la Valdichiana vicino a Chiusi si estendevano paludi malsane e malariche23

. Soprattutto erano le zone costiere ad essere disabitate, mentre andando verso l entroterra la popolazione cresceva gradualmente.

A metà del XV secolo nelle zone delle colline suburbane vi era presenza di campi, vigne e alberi da frutto, folti boschi e numerose ville signorili. Il paesaggio era il risultato dell acquisizione di terre da parte dei cittadini e della diffusione del podere mezzadrile, della coltura promiscua e del popolamento sparso. Ciò fu dovuto alla vittoria dell attività agricola sulla pastorizia, e alla privatizzazione della terra a scapito delle aree di pascolo comunitarie. Mano a mano che ci si allontanava dalla

20

R. Almagià, L Italia, vol. III, tomo I, Torino, 1959, pp. 363-364. 21

G. Cherubini, Risorse, paesaggio ed utilizzazione agricola del territorio della toscana

sud-occidentale nei secoli XIV-XV in Centro italiano di studi di storia e d arte - Pistoia, Ottavo convegno internazionale, Civiltà ed economia agricola in Toscana nei secoli XIII-XV: problemi della vita nelle campagne nel tardo medioevo, Pistoia 21-24 aprile 1977, ed. Pistoia presso la sede del Centro 1981,

pp. 91-121.

22 G. Pinto, La Toscana nel tardo medioevo, Firenze 1982, p. 22. 23

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città, gli insediamenti sparsi cedevano spazio all insediamento tradizionale di castelli e villaggi aperti.

Dalla metà del Trecento si assiste ad uno spopolamento delle aree del contado senese. Nella comunità di Castelnuovo Berardenga, nel 1434 la popolazione risultava molto diminuita e molte terre risultavano incolte. Anche le zone immediatamente vicine alla città, le Masse, risultavano colpite dal fenomeno. Per arginare lo spopolamento, a metà Quattrocento furono adottate delle misure per costringere i contadini a lasciare la città e ad abitare con le famiglie nelle zone coltivate. Nella Maremma, dove già il popolamento era difficile, il processo di spopolamento divenne per così dire irreversibile, e accentuò il carattere pastorale della zona.

Vi furono numerosi tentativi di popolare con coloni le zone di Samprugnano, con coloni padani dal 1462 Saturnia, e il tentativo non riuscito con i coloni greci per Montauto del Patrimonio. Grosseto sarebbe scesa da 1200 a 100 abitanti, Magliano da 400 a 40, Talamone da 50 ad una decina. La Maremma rafforza la sua posizione di territorio malarico, infelice, spopolato, coperto di piante marruche, di eriche, di querce da sughero e lecci, che formavano la macchia caratteristica maremmana, dove trovavano rifugio cinghiali, volpi, martore, faine. Luogo insicuro abitato da lupi e briganti. Da Castiglion della Pescaia fino a Grosseto si estendeva una pineta di dodici miglia24

.

3. La proprietà della terra

La proprietà della terra doveva costituire gran parte della ricchezza dei senesi. Tra Trecento e Quattrocento vi fu un fenomeno di progressiva ruralizzazione. La ricchezza di molti esponenti del ceto dirigente consisteva esclusivamente nel possesso di beni immobili e bestiame. Lo stato senese che coincideva in larga parte con la Maremma si caratterizzava come produttore di materie prime: grano, bestiame, metalli, che esportava verso le città del bacino dell Arno. In queste attività il peso dei capitali forestieri assunse peso sempre crescente25

.

Sotto molti aspetti l economia senese mancava di una volontà di investimento di grandi capitali. Una borghesia e una nobiltà interessate al possesso della terra e alla

24 G. Cherubini, Risorse, paesaggio ed utilizzazione agricola del territorio della toscana

sud-occidentale nei secoli XIV-XV, pp. 91-121.

25

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vendita di materie prime, ma poco propense a dare vita ad una industria manifatturiera. La città era però costretta ad investire in opere di difesa e nel pagamento di truppe mercenarie, resesi indispensabili data l endemicità della guerra durante tutto il corso del XV secolo. La forte pressione fiscale esercitata sui comuni del contado si tramutava spesso in insofferenza verso la capitale da parte delle comunità sottomesse. I danni arrecati dalla guerra di guasto , cioè dalle incursioni devastatrici da parte di milizie mercenarie avversarie produceva ingenti danni, ai quali Siena non poteva far fronte, ed era costretta semplicemente a rinunciare alle tasse che avrebbero invece dovuto pagare i comuni danneggiati dalla guerra.

La città di Siena era costretta a richiedere agli abitanti dei propri domini ingenti somme di denaro alle quali i singoli cittadini e i contadini non potevano far fronte, e certamente le grandi banche tenute dalle importanti famiglie dell èlite mercantile della città erano poco adatte ad intervenire in loro favore con piccoli prestiti destinati al consumo quotidiano.

Nel mondo delle campagne il ricorso al prestito era assai diffusa un po a tutte le latitudini. In Toscana esistono tracce di contratti usurari sottoscritti dai contadini almeno dal XII secolo, mentre si avverte un forte aumento tra Trecento e Quattrocento.

Un tipo di contratto molto diffuso era quello del grano in erba . Il contadino in cambio del denaro richiesto si impegnava a consegnare al creditore parte del futuro o dei futuri raccolti. La valutazione del grano era però molto inferiore a quella del prezzo di mercato. Il tasso di interesse risultava molto più alto di quel 5-10-15% ritenuto lecito nelle attività bancarie e commerciali.

Un'altra forma di prestito a breve scadenza era quello in natura. In periodi di carestia il contadino non possedendo del grano per arrivare al nuovo raccolto era costretto a chiederlo in prestito. Il grano era ceduto a prezzi decisamente superiori a quelli di mercato, già altissimo, e il debitore si impegnava a restituire dopo il raccolto una somma pari alla quotazione attribuita in precedenza al grano, o la quantità di grano corrispondente sulla base del prezzo, generalmente assai più basso, che il cereale aveva dopo il raccolto.

Con queste forme di prestito accadeva spesso che il contadino non riuscisse a restituire quanto promesso, e che fosse costretto a chiedere nuovi prestiti, fino alla

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perdita di tutti i suoi beni26

. Non era cosa rara che negli anni di congiuntura sfavorevole i piccoli proprietari terrieri finissero per perdere i loro terreni o che fossero costretti a venderli alla grande proprietà a prezzi da strozzinaggio, finendo con il diventare accattoni di strada27. Maria Ginatempo nota come l accentuarsi della mobilità della popolazione nelle zone agricole sembra correre di pari passo ad una fase acuta di indebitamento contadino28.

Verso la metà del Quattrocento il comune di Siena vietò queste forme di contratto giustificando il divieto con la necessità di impedire l abbandono delle campagne e qualche anno dopo arrivò alla decisione che il prezzo del grano fosse stabilito da una commissione pubblica29.

Dobbiamo tenere conto che dopo la crisi demografica causata dalla pestilenza di metà Trecento il costo della manodopera era salito, e in generale gli studiosi sono concordi nell affermare che il bracciante degli inizi del XV secolo mangiava meglio del suo collega del secolo precedente.

Ma i numerosi decessi avevano anche causato una diminuzione della parcellizzazione della terra e favorito la nascita di grandi proprietà. Il cronista fiorentino Marchionne di Coppo Stefani descrive con stupore come gli eredi dei defunti si adattassero con entusiasmo alla nuova condizione di padroni30

.

Tuttavia le descrizioni delle terre sottomesse a Siena durante il Quattrocento non fanno certo intravedere un paesaggio felice e ridente. La popolazione era scarsa, molte zone sono palustri e preda della influentia Maremmana31

, le continue guerre e le spese militari avevano dissanguato le campagne.

Non sorprende quindi che piccoli comuni, di poche centinaia di abitanti avessero bisogno di qualcuno che potesse sopperire alle incessanti necessità di denaro contante.

26

G. Pinto, La Toscana nel tardo medioevo, pp. 210-211. 27

P. Camporesi, Il pane selvaggio, Bologna 1980. Un proprietario terriero, tale Alvise Cornaro, ampliò enormemente le sue già estese proprietà utilizzando spesso come uomo di fiducia Angelo Beolco, il famoso Ruzante. Cfr. p. 19.

28 M. Ginatempo, Crisi di un territorio . Il popolamento della Toscana senese alla fine del

medioevo. Firenze, 1988, p. 284.

29 G. Pinto, La Toscana nel tardo medioevo, pp. 216.

30 Citato da K. Bergdolt, La peste nera e la fine del medioevo, Casale Monferrato 1997, p. 242. 31

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L analisi di Giovanni Cherubini sulla diffusione della proprietà cittadina nel contado senese può forse contribuire a far luce sui rapporti intercorsi tra prestatori e clienti di questi ultimi.

Risulta infatti che dalla metà del Quattrocento la proprietà contadina comincia ad erodersi in favore del podere cittadino. Il fenomeno, cioè l acquisto di terreni agricoli da parte dell èlite senese, è più evidente nelle zone limitrofe alla città di Siena e contemporaneamente cala mano a mano che ci si allontana dalla città. La perdita della proprietà da parte dei contadini comporta un impoverimento di quella comunità agricola creatasi proprio in virtù della collaborazione tra i piccoli proprietari: campi e pascoli in comune, macchie boscose, resti di antiche regole comunitarie per l approvvigionamento della legna e di altri prodotti del bosco. Viene a mancare anche un tipo di organizzazione sociale, un modo di vivere, caratteristico delle campagne, che necessariamente cessa di esistere a causa del cambiamento di status dei contadini che da piccoli proprietari divengono coltivatori dipendenti.

Sul finire del XV secolo la documentazione svela come la tassazione che i Senesi imponevano al loro contado fosse maggiore quanto più ci si allontanava da Siena. Il tentativo era quello di non far gravare il peso fiscale sulle tasche dei proprietari cittadini. In questo modo si creavano le condizioni per un ulteriore peggioramento economico dei contadini nelle zone più distanti da Siena. Questi infatti si trovavano a dover pagare le tasse sotto diverse specie: vi era una tassazione diretta e una indiretta. Quest ultima consisteva nel pagamento degli stipendi delle figure istituzionali come Priori e podestà, cancellieri e personale amministrativo, costituito da professionisti forestieri. Oltre a questo i comuni dovevano provvedere alla manutenzione di strade e fortificazioni relative al loro territorio. Numerose sono le testimonianze di lagnanze indirizzate a Siena proprio a causa dell eccessivo carico fiscale cui i piccoli proprietari non potevano far fronte32.

È evidente che il ricorso al prestito poteva divenire una necessità in molti casi. Che i prestatori fossero ebrei o cristiani non è del tutto chiaro, ed è anzi probabile che

32 G. Cherubini, Risorse, paesaggio ed utilizzazione agricola del territorio della toscana

sud-occidentale nei secoli XIV-XV, pp. 91-121. Sulla condizione dei mezzadri vedi O. Redon, Le comunità del contado, in Storia di Siena, a cura di R. Barzanti, G. Catoni, M. de Gregorio, Siena, 1995, p. 64.

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banchieri e usurai delle diverse religioni convivessero all interno dello stesso sistema33

.

Secondo Roberto Bonfil la presenza di prestatori ebrei, sebbene promossa dai governi cittadini con l intento di farne strumento in grado di consentire ai privati cittadini di soddisfare le richieste fiscali della città fu però ostacolata là dove esistevano forti presenze bancarie e mercantili locali34.

Sembra questa la chiave di lettura che può spiegare il tardivo o il mancato sviluppo della attività di prestito ebraico in città quali Firenze, Milano o Genova. È facilmente intuibile che gli ebrei abbiano trovato maggiori difficoltà a stabilirsi in quei luoghi dove le corporazioni delle arti e dei mestieri godevano di forte influenza; allo stesso modo la presenza ebraica può esser stata vista come una possibile e minacciosa concorrenza dove più sviluppate erano le attività commerciali e finanziarie35. Questi timori non di rado si tramutavano in aperta ostilità verso gli ebrei, e dove ciò si manifestava, poteva impedire anche definitivamente l insediamento ebraico.

Il caso senese consta di notevole interesse proprio perché Siena, tradizionalmente legata ai traffici commerciali e alle attività bancarie e creditizie, non mancò tuttavia di accettare e tollerare la presenza di banchi ebraici su tutto il suo territorio. Questa presenza, ed è altra notevole eccezione rispetto alla maggioranza delle città italiane, fu costante e mai sottoposta, per il periodo che ci interessa, a interruzioni dovute a espulsioni o ad altri atti intimidatori.

Comunque dobbiamo considerare che tra XIV e XV secolo il termine banco indicava almeno tre distinte realtà. Esistevano banchi o agenzie di prestito su pegno dirette da usurai autorizzati, ebrei o cristiani, banchi a minuto dove si vendevano gioielli a credito, si concedevano prestiti su garanzia, si praticava il cambio manuale e si commerciava oro e argento, infine banchi la cui attività principale era l accoglimento di depositi e la negoziazione delle lettere di cambio dentro e fuori dalla penisola italiana36. Tale differenza di specialità tra le diverse forme di attività bancaria ci porta necessariamente a non poter escludere una convivenza pacifica tra

33 Sull indebitamento nei piccoli villaggi e il prestito ad usura esercitato dai cristiani in questo

contesto si veda J. Shatzmiller, Shylock reconsidered. Jews, moneylending, and medieval society, Los Angeles 1990, pp. 84-93.

34 G. Todeschini, I mercanti e il tempo, Bologna 2002, pp. 228-230.

35 R. Bonfil, Gli ebrei in Italia all epoca del Rinascimento, Firenze 1991, pp. 25-26. 36

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esse. Le diverse esigenze cui rispondevano rendevano nulle o quantomeno limitate le possibilità di concorrenza.

Quindi difficilmente possiamo spiegare la mancanza o la presenza del prestito ebraico in base al carattere spiccatamente commerciale e finanziario di ogni singola realtà cittadina.

4. La tradizione commerciale senese

Dalla metà del X secolo fino a tutto il Duecento l Europa fu preda di una vera e propria fame di monete, che si tradusse in fame di metallo prezioso.

Siena si trovò nella fortunata circostanza di essere vicina a importanti giacimenti argentiferi. Già nel 1137 i senesi erano entrati nel controllo delle argentiere di Montieri. Altri filoni sfruttati dai Senesi furono a Roccastrada e a Montecirata. I Ssenesi erano presenti alle fiere di Champagne dove non solo praticavano la mercatura, ma aprivano le loro tavole sul campo stesso della fiera. In molti contratti del XIII secolo si trova la clausola che il pagamento doveva effettuarsi alla prossima fiera di Provins o Troyes, dove evidentemente i Senesi erano abituali frequentatori, ulteriore dimostrazione della grande partecipazione delle compagnie senesi ai traffici finanziari ed al commercio.

In questo ambiente si trovavano tutte le maggiori compagnie senesi: Tolomei, Bonsignori, Salimbemi, Piccolomini, Gallerani, Malavolti, Squarcialupi. Le due branche dell attività di banca e mercatura si sostenevano e potenziavano a vicenda37. La vicinanza di Siena a Roma, collegata con la via Francigena, faceva della città tappa obbligatoria del transito da e verso Roma. Lungo la strada erano sorte numerose strutture ricettive, a San Gimignano, Siena, Viterbo. Ma specialmente Siena aveva acquisito al riguardo una indiscussa fama che emerge chiaramente dal racconto delle origini della diocesi senese riportato dal Villani. Dalla cronaca traspaiono i particolari legami che Siena aveva con Roma, in virtù dei quali la città divenne una sorta di banca pontificia38

.

La precoce attività di cambio, di mutuo, i trasferimenti di fondi liquidi sollecitata dalla disponibilità di argento, contribuirono alla posizione privilegiata che i Senesi

37 C. Cipolla, Prefazione, in Banchieri e Mercanti di Siena, Siena 1987, p. 11. 38

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vennero a occupare a Roma come campsores domini pape. Incaricate di raccogliere le decime e gli altri redditi papali in mezza Europa, le aziende senesi vennero a disporre di una eccezionale base monetaria sulla quale grazie al moltiplicarsi del credito riuscirono ad amplificare straordinariamente il volume delle loro attività39. L uso degli operatori senesi da parte del papato contribuì a creare la più ampia organizzazione internazionale impegnata in transazioni finanziarie. I campsores della Sede Apostolica resero possibile la centralizzazione del sistema amministrativo delle finanze pontificie. Attraverso l uso delle cambiali sulle filiali estere e quelle in patria, ovviarono al bisogno di far circolare ingenti quantità di denaro contante. Il movimento dei depositi inoltre funzionava anche in senso contrario, cioè le compagnie acquistavano e effettuavano pagamenti nei luoghi di riscossione dei redditi papali, usando gli stessi fondi pontifici mentre attraverso le loro filiali trasmettevano a Roma un importo uguale al credito.

I guadagni di queste compagnie erano alti, ma non solo a livello monetario. Essi ricevevano considerevoli vantaggi e benefici nei loro commerci derivanti proprio dal prestigio del loro ruolo presso il papa. questi a volte poteva addirittura sostenerli in maniera diretta attraverso censure ecclesiastiche contro i loro debitori restii a pagare.40

Si comprende bene come il ruolo giocato a Roma dalle compagnie senesi fosse di notevole importanza anche per la città di Siena, e come queste attività potessero far affluire grandi quantità di denaro disponibili a loro volta ad essere reinvestite.

Forse proprio per questo motivo il settore manufatturiero rimase invece piuttosto limitato

Si può dire che dalla seconda metà del Duecento le fiere andarono parzialmente perdendo il loro carattere spiccatamente commerciale e cominciò a venir fuori un preponderante ruolo finanziario.

In effetti sembra proprio che i bancheri-mercanti senesi fossero coinvolti in operazioni di credito anche molto onerose. In alcuni documenti le somme riguardanti le transazioni appaiono molto elevate. Spesso ad essere considerevoli sono le somme prestate e non più rimborsate. D altronde questo genere di operazioni celava sempre

39 C. Cipolla, Prefazione, in Banchieri e Mercanti di Siena, Siena 1987, p.12.

40 J. T. Noonan, Operazioni bancarie, in L etica economica medievale, a cura di O. Capitani, Bologna

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rischi, che però i Senesi correvano consapevolmente. I maggiori rischi non sorgevano tanto dalle transazioni con altre compagnie, e neppure dai prestiti fatti alla borghesia cittadina, bensì dalle somme ingenti prestate ai signori laici ed ecclesiastici. Tuttavia l esposizione verso Signori, Vescovi e abbazie, anche quando il rientro poteva essere lento o problematico era pressoché obbligatorio e anche opportuno. Il legame con i potenti, frutto di prestiti anche a fondo perduto, si rivelava oltremodo utile ai banchieri per ottenere privilegi e permessi di esercitare le proprie attività in un dato territorio41.

Per banca, a Siena come altrove, ci si riferisce a banchieri cioè singoli operatori che individualmente o in consorzio con altri, esercitavano la pratica creditizia tale da consentire loro elevati profitti e un rapido reinvestimento dei medesimi in altre e più ampie operazioni.

Raramente tale attività fu svolta in maniera specialistica. La banca a Siena nacque dall esigenza del credito, in una fase di slancio economico come attività di supporto dei traffici commerciali, presto assumendo una posizione centrale per alcuni operatori di media o grande importanza ma non divenne mai la loro occupazione esclusiva42

.

La crisi economica che investì Siena nel Quattrocento, il ripiego di parte della propria èlite commerciale verso il possesso della terra non significarono affatto una totale rinuncia dei Senesi alle attività commerciali.

Risultano diverse compagnie ancora attive nel Quattrocento: i Saracini, i Cinighi, i Borghesi e gli Spannocchi. Un esponente di quest ultima famiglia, Ambrogio, fu il maggior banchiere-mercante del secolo, titolare di compagnie a Roma e a Napoli43

, senza contare che alla fine del XV secolo il più importante banchiere romano è un senese, Agostino Chigi, il cui patrimonio liquido e dei beni mobili ammontava a circa 150000 ducati, mentre la sua rendita era stimata a 70000 ducati. In linea con la tradizionale vicinanza dei Senesi alla Sede Apostolica, pare che la sua influenza presso la Curia fosse notevole44.

41 M. Tangheroni, Siena e il commercio internazionale nel duecento e trecento in Banchieri e

mercanti di Siena, Siena 1987, pp. 36-38.

42 M. Cassandro, La banca senese nei secoli XIII e XIV, in Banchieri e mercanti in Siena, Siena 1987,

p. 109.

43 G. Cherubini, I mercanti e il potere in Banchieri e mercanti in Siena, Siena 1987, p. 157. 44

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I mercanti senesi svolgevano correntemente due tipi di operazioni.

1. Il primo era il prestito a breve termine. Molto diffuso, era apparentemente un prestito a titolo gratuito, cioè il mutuante che elargiva denaro non pretendeva dal mutuatario un compenso commisurato alla durata del prestito, cioè l interesse. In realtà, manipolando i valori monetari si riusciva ad esigere una somma maggiore di quella prestata.

Se in questi casi l interesse era abilmente celato, a volte invece era apertamente dichiarato sotto forma di garanzia per il mutuante, vale a dire la consegna in pegno di oggetti o beni del mutuatario.

2. La seconda operazione eseguita dai mercanti senesi era quella del cambio.

Il cambio manuale consisteva in una semplice permutazione di una specie monetaria in un altra. Il banchiere dopo aver pesato le monete recategli consegnava il controvalore nella valuta richiesta.

Esisteva anche un altro tipo di cambio, quello traiettizio. Si svolgeva tra due piazze differenti mediante l invio di una lettera che costituiva lo strumento per l esecuzione della permutazione di monete a distanza. Il cambiavalute, su richiesta di un cliente preparava una lettera al suo corrispondente su un altra piazza ordinandogli di pagare nella valuta locale a favore della persona indicatagli dal cliente. A causa della distanza tra le due piazze commerciali, durante il viaggio della lettera che poteva durare alcuni giorni il cambio delle monete poteva subire oscillazioni anche notevoli. Da ciò si comprende come spesso operazioni di questo genere nascondessero prestiti ad interesse45

.

L abitudine dei Senesi alle operazioni di credito si manifestava non soltanto a livello delle grandi compagnie mercantili e finanziarie, ma anche nel mondo del piccolo prestito ad uso quotidiano.

Parlando dei problemi relativi all indebitamento dei contadini nel territorio appartenente al distretto senese, è facilmente intuibile che il ricorso al prestito di questi ultimi fosse indirizzato verso usurai cristiani, almeno fino alla comparsa dei primi banchi ebraici a metà Trecento. A ricorrere al prestito non erano solo i piccoli proprietari terrieri stretti nella morsa della fiscalità senese. Abbiamo numerose notizie circa attività di prestito condotte da mercanti senesi a Volterra e a San Gimignano. Sembra che alla metà del XIII secolo il vescovado di Volterra fosse in

45

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una situazione debitoria drammatica a causa del ricorso a prestiti usurai da parte del Vescovo Pagano. I debiti, contratti con i mercanti senesi, che furono tra i più avidi con i quali il Vescovo ebbe a lottare, salirono al punto che nel 1275 il credito della società dei Tolomei e dei Buonsignori era stimato in 6000 marche d argento e 30.200 lire46. Secondo Enrico Fiumi a San Gimignano, Siena , Firenze, Volterra, la spinta ad una forte operosità bancaria fu data dal mondo ecclesiastico. Questo non tanto per gli utili, che pure furono notevolissimi, determinati dai prestiti fatti agli enti religiosi, quanto perché la consuetudine affaristica con gli ecclesiastici allontanò dalla coscienza dei prestatori il timore di commettere azione moralmente illecita. [ ]. Lo scrupolo entrò nelle coscienze dei mercanti più tardi, verso la metà del Duecento, ma non si manifestò affatto nella rinunzia alla pratica feneratizia. Si diffuse il costume della confessione, resa in punto di morte, o durante il decorso di preoccupanti malattie, di aver esercitato l usura 47. .

I maggiori banchieri toscani, si presentavano notoriamente come mercanti, la cui sfera d azione comprendeva anche i traffici internazionali, nella quale la pratica della lettera di cambio faceva pienamente parte. A Firenze queste compagnie operavano all interno della corporazione dell Arte di Calimala e dell Arte del Cambio. A quest ultima erano iscritti anche piccoli banchi con un giro economico più ristretto. Le pratiche del prestito ad interesse non erano quindi sconosciute all elite commerciale senese. L attenzione dedicata all argomento dai moralisti e dai teologi impediva una libera e aperta pratica usuraia ed era naturale nascondere l illecito dietro pratiche innocenti. D altra parte la complessità della vita economica tendeva a complicare le contrattazioni finanziarie, nelle quali era certamente difficile districare il lecito dal fraudolento, ciò che era dovuto ad una effettiva necessità economica da ciò che invece era pura speculazione finanziaria48.

Erano presenti infine altri professionisti del commercio del denaro. Si trattava di botteghe locali, banchi non iscritti ad un Arte , che operavano sul mercato del denaro aperto al pubblico tramite licenze più o meno ufficiali a seconda della località che autorizzava in via eccezionale quello che veniva definito exercitium fenoris, cioè il

46 E. Fiumi, Volterra e San Gimignano nel medioevo, Siena 1983, pp. 271-273. 47 E. Fiumi, Storia di San Gimignano, Firenze, 1961, pp. 87-88.

48 A. Spicciani, Capitale e interesse tra mercatura e povertà nei teologi e canonisti dei secoli XIII-XV,

(30)

prestito ad interesse 49

. Era probabilmente questo il livello del commercio del denaro, praticato sia da cristiani che da ebrei che più facilmente poteva essere colpito dalle condanne canoniche dell usura, poiché questi piccoli operatori non nascondevano l illecito interesse attraverso le complicate operazioni dietro cui le grandi compagnie potevano mimetizzare le pratiche usurarie.

Le difficoltà incontrate dai cristiani nell esercizio dell usura favorirono senz altro gli ebrei. Ma questi non erano gli unici a prestare né tantomeno avevano inventato tale attività50.

Al di là dei mercanti e delle compagnie finanziarie, chi erano dunque i prestatori cristiani cui si rivolgevano i cittadini? Probabilmente nel novero degli usurai potremmo trovare aristocratici, proprietari terrieri, notai, commercianti.

Nei documenti del Concistoro di Siena questi prestatori cristiani non appaiono troppo spesso.

Tuttavia nel 1466 il Comune di Siena richiese a tutti i cittadini del contado e dei comuni soggetti di compilare una sorta di dichiarazione dei redditi, in triplice copia, nella quale dichiarare il possesso di beni mobili e immobili. Per i trasgressori la pena era stabilita in 100 fiorini d oro. Il Concistoro si preoccupò inoltre di specificare che avrebbero dovuto presentare questa dichiarazione anche coloro che prestavano a usura, ebrei ma anche cristiani. Gli usurai avrebbero dovuto denunciare ogni eventuale deposito fatto presso di loro da cittadini senesi, sia che si trattasse di denaro, sia che si trattasse di pegni 51

.

Dal documento emergono dei particolari di estremo interesse.

Fuori da Siena, nel contado e nel distretto, gli ebrei non erano i soli a prestare ad interesse. I Senesi parlano chiaramente di prestatori cristiani.

Questo ci porta a concludere una volta di più che nel territorio circostante Siena, l esigenza di banchi di prestito era elevata, se agli ebrei si affiancavano anche prestatori cristiani.

49 F. Pisa, Sulle attività bancarie locali nell Italia dei secoli XIV-XVI in Zakhor , I, 1997, p. 114. 50 Sul passaggio del prestito dai cristiani agli ebrei si veda in generale M. Luzzati, Banchi e

insediamenti ebraici nell Italia centro-settentrionale fra tardo medioevo e inizi dell Età moderna, in Storia di Italia, Annali 11: Gli ebrei in Italia. Dall Alto Medioevo all età dei ghetti, a cura di C.

Vivanti, Torino 1996, vol. I, pp. 175-235. 51

Figura

Figura 1. La posizione del banco di Siena, nel Popolo di S. Pellegrino, nella zona di via Fortebranda e via dei Pellegrini
Figura 2. ASSi, Concistoro, Copialettere, 1684, c. 129r, 10 maggio 1466. Lettera in cui si rende nota la morte di Jacob da Toscanella.
Figura 3. Lettera da cui si ricava che Gaio è morto e che ser Giacomo Ambac è stato arrestato per l omicidio.
Figura 5 Il viaggio dei da Toscanella
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