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I capitoli del 145

Nel 1456 si costituisce a Siena un altra società, evidentemente in vista del rinnovo dei capitoli che sarebbe avvenuto l anno seguente. A farne parte furono Jacob di Consiglio da Toscanella, Musetto del fu Ventura da Bologna, Isacco del fu Emanuele da Rimini, Vitale di Isacco di Manuele da Pisa184

.

Sembra quindi profilarsi un sodalizio vero e proprio tra i banchieri da Pisa e Jacob da Toscanella, il quale è segnalato come socio dei banchi di Pisa nel 1442 e nel 1455. I preparativi per i nuovi accordi sono testimoniati anche da una nuova ambasciata che i Senesi mandarono a Roma per pregare il pontefice di concedere il permesso per condurre gli ebrei al prestito in città. Gli ambasciatori, che si trovavano a Napoli in missione diplomatica, di ritorno a Siena avrebbero fatto tappa a Roma per sollecitare il papa a tale scopo. Oltre a Leonardo Benvoglienti e a ser Galgano, faceva parte della delegazione senese Enea Silvio Piccolomini185, il futuro Pio II.

Ma molti altri ebrei sono coinvolti nella società di prestito del 1457.

Il 7 giugno Jacob da Toscanella nomina Salomone di Elia, Bonaiuto di Salomone, Manuele di Abramo, Manuele di Minuccio, Abramo di Samuele di Santa Fiora. Il 30 giugno seguente sono nominati oltre ai figli di Jacob da Toscanella, Aronne di Buonaventura da Este, Salomone di Aliuccio, Vitale di Salomone da Camerino e i suoi figli Salomone e Dattaro, Guglielmo, Vitale e Consiglio di Dattaro da Montalcino, Manuele e Ginattano di Bonaventura da Volterra, Abramo, Leone e Manuele di Bonaiuto da Camerino, Salomone e Consiglio di Abramo da Acquapendente, Abramo da Sarteano e i suoi fratelli, Manuele detto Consolo da San Gimignano, Emanuele e Daniele di Abramo da Castro, Musetto di Leone da Castello, Abramo di maestro Vitale da Capranica, Isacco di Manuele da Orbetello, Salomone de Babellonia di Provenza, Guglielmo di Abramo da Castel della Pieve, Emanuele di

183 Sicuramente molti stranieri erano di fatto abitanti di Siena, trasferitisi per lavoro, come i tedeschi

e i corsi che costituivano un nutrito gruppo di immigrati.

184 ASBo, Notarile, 453, ser Ambrogio Muletti, 23 Agosto 1456. Vi era stata in precedenza un altra

società tra Jacob, Isacco di Manuele da Pisa e suo figlio Vitale. 185

Guglielmo da Asciano, Isacco di Emanuele da Orbetello, Mosè di Sabato da Orbetello, 186

.

A Siena dunque si estende il campo degli investitori, che oltre a coinvolgere la famiglia di Vitale di Salomone da Camerino, la famiglia dei da Volterra, quella di Sarteano e quella di Acquapendente, sembra riguardare ormai buona parte dei banchieri disseminati nei territori senesi e quelli attivi nel nord del Lazio.

Da sottolineare che i legami familiari e le parentele si infittiscono con il passare delle generazioni. Troveremo infatti numerosi matrimoni tra i figli dei soci di questa società.

La condotta del 1457 è la prima di cui sia pervenuto integralmente il testo. Sono capitoli molto più articolati rispetto ai precedenti e costituiscono il modello su cui furono stilati quelli del 1477187.

I 29 capitoli che costituiscono la condotta sono preceduti da una serie di motivazioni addotte dalla Balìa per giustificarne il rinnovo. Il prestito aveva subito una interruzione di cinque mesi, e ciò aveva causato gravi conseguenze in un momento di congiuntura sfavorevole, nella quale Siena aveva dovuto affrontare guerre, carestie e il ritorno della peste. In particolare si fa riferimento alla necessità di liquido per la guerra e gli approvvigionamenti; di denaro per pagare le cure mediche e la sepoltura dei morti di peste188

.

In queste condizioni era mancato il sostegno che solitamente le classi più agiate davano ai poveri; di conseguenza si temevano tumulti ed agitazioni provenienti dai ceti più bassi della società189

.

Condizione preliminare posta a Jacob da Toscanella per il rinnovo della condotta era un prestito al Comune di mille ducati d oro, da scomputarsi all annuale tassa di esercizio190. Jacob vantava però un consistente credito nei confronti del comune, e riuscì ad ottenere che venisse anch esso scomputato ai mille ducati del prestito. Il credito vantato da Jacob nei confronti del comune di Siena ammontava a 5275 lire e 20 soldi. Una parte dei denari è garantita da pegni, probabilmente dati in consegna

186 S. Boesch Gajano, Il comune di Siena e il prestito ebraico nei secoli XIV e XV: fonti e problemi, p.

221. 187 Ibid., pp. 208-209. 188 Ibid., p. 209, nota 89. 189 Ibid., p. 209. 190 Ibid., p. 210.

a Jacob dal comune stesso191

, con una procedura simile a quella che abbiamo descritto nelle pagine precedenti. I pegni detenuti dal banco di prestito, posti sotto sequestro dai Regolatori e lasciati in custodia a Jacob, ma non riscattati, costituivano forse una fonte di reddito per il banco.

Jacob da Toscanella e i soci da lui nominati avranno diritto, per la durata di dieci anni, ad aprire a Siena uno o più banchi di prestito pubblico su pegno, non solo a favore dei cittadini senesi ma anche dei forestieri. Il capitale iniziale del banco fu fissato in 15.000 fiorini192, da versare entro due anni.

Che la richiesta del Comune di Siena fosse notevole lo prova il fatto che il capitale iniziale del Monte di Pietà nel 1472 sarà di 7600 fiorini.

I prestatori erano tenuti ad accettare in pegno qualsiasi oggetto, ad eccezione di legname, armature e aratri che era concesso loro di rifiutare. Era proibito accettare in pegno oggetti sacri o appartenenti al Comune. Gli ebrei erano inoltre liberi di esercitare forme diverse di prestito, come quello fiduciario e ad accettare in garanzia beni immobili purché non costituenti doti nuziali193.

Il capitolo relativo al tasso d interesse, che non doveva essere superiore ai quattro denari per lira il mese, 20% annuo, era molto preciso sia nel definire le modalità dell interesse sia per le norme relative alla durata194

.

I pegni non riscattati entro 15 mesi sarebbero stati messi in vendita all asta, tramite un pubblico bando dei Regolatori su richiesta dei prestatori per due periodi l anno, gennaio e luglio. L asta si teneva in piazza del Campo alla presenza del notaio dei Regolatori che seguiva e controllava la regolarità delle operazioni. Se gli ebrei riuscivano a spuntare per un pegno un prezzo più alto del valore del prestito relativo all oggetto, avrebbero dovuto pagare la differenza al proprietario del pegno. Nel caso di beni impegnati da forestieri che abitavano fuori dal territorio e dal distretto senese, dopo quindici mesi i prestatori ne avrebbero assunto la piena proprietà e avrebbero potuto farne ciò che volevano senza renderne conto ad alcuno. Per garantire i clienti

191

Ibid, p. 210, nota 91.

192 Le quote di partecipazione erano così ripartite: Jacob da Toscanella avrebbe versato 5000 fiorini,

Musetto da Bologna 5000 fiorini, Isacco di Emanuele da Rimini 1000 fiorini, Vitale da Pisa 4000 fiorini. ASBo Notarile,n. 453, Bologna, 23 agosto 1456, ind. IV, ser Ambrogio Muletti.

193 S. Boesch Gajano, Il comune di Siena e il prestito ebraico nei secoli XIV e XV: fonti e problemi, p.

210. 194

che i loro beni erano trattati con cura e non erano stati venduti prima del tempo, era stabilito che il prestatore dovesse mostrarli alla richiesta del proprietario. Un esempio relativo alla richiesta di un bando di vendita del 4 gennaio 1457 recita: a richiesta degli ebrei che tenevano e tengono il pubblico prestito nella città di Siena, si delibera che sia bandito per luoghi pubblici e consueti secondo la forma dei capitoli degli ebrei, che qualunque persona di qualsiasi grado o condizione avendo qualche pegno che sia da restituire o sia venduto, si presenti presso gli ebrei. 195

Se gli oggetti dati in pegno erano di provenienza illecita, cioè se fossero stati rubati o ipotecati, dovevano essere restituiti ai legittimi proprietari, dopo il rimborso della somma prestata e degli interessi relativi. La segretezza dell identità dei clienti era garantita dai Regolatori; gli ufficiali del Comune potevano solo prendere visione dei libri contabili del banco.

Jacob da Toscanella e i soci del banco avevano inoltre il monopolio del prestito. Era infatti vietato ad altri prestatori di esercitare sulla piazza di Siena a meno che il prestatore non pagasse la metà della tassa di esercizio annua, stabilita in 600 lire, e non accettasse di prestare ad un tasso superiore al 14%; clausola che evidentemente scoraggiava una eventuale concorrenza. I divieti riguardano anche i soci nominati dall intestatario della condotta, cioè Jacob. Ad esempio a Guglielmo, Vitale e Consiglio da Montalcino non era concesso di esercitare il prestito a Siena e nel suo contado autonomamente, sotto la pena di 1000 fiorini d oro.

Il titolare e i suoi soci erano comunque autorizzati a stipulare condotte con i comuni sotto la giurisdizione senese anche a condizioni diverse da quelle dei capitoli sottoscritti a Siena. I capitoli già in atto presso altre comunità rimanevano confermati e andavano a far parte della più generale condotta senese.196

Per quel che concerne la condizione giuridica, i capitoli prevedevano che gli ebrei prestatori fossero equiparati ai cittadini senesi.

Essi erano inoltre esenti dalle tasse ordinarie e straordinarie, ad eccezione delle gabelle di porti e di contratti. Tuttavia era ammesso che vendessero ad altri ebrei che pernottassero in casa loro vino, pane e altri cibi.

195 ASSi, NA, 513, ser Domenico di Cristoforo da Chianciano, Regolatori, deliberazioni, cc. nn. 4

gennaio 1457.

196 S. Boesch Gajano, Il comune di Siena e il prestito ebraico nei secoli XIV e XV: fonti e problemi, p.

Questo privilegio rivestiva grande importanza. Nel 1457 Guglielmo da Montalcino fu accusato di frode per non aver pagato la gabella per il vino, il grano e altri generi alimentari importati a Montalcino. Il ricorso dell ebreo alla Balìa fu presentato proprio in ragione dell esenzione stabilita dai capitoli di Siena, che anche Guglielmo aveva sottoscritto come socio di Jacob da Toscanella197. Già nel 1446 l ebreo Consiglio di Dattaro, probabilmente uno dei quattro fratelli da Montalcino, dovette far ricorso ai magistrati Regolatori perché il Comune di Asciano voleva fargli pagare la gabella del mosto sul vino invegetato. In grazia dei capitoli stipulati da Consiglio con il Comune di Asciano, i Regolatori dichiararono che Consiglio era esente da tale gabella198.

Inoltre, in caso di guerra, era proibito recare molestie agli ebrei; i capitoli dovevano essere considerati alla stregua di un salvacondotto che avrebbe permesso ai prestatori di muoversi a propria discrezione nel territorio senese. Un punto importante della condotta riguardava la proibizione di procedere contro i prestatori, i loro dipendenti, fattori o garzoni senza l autorizzazione del Concistoro. La norma rivelava la sua importanza al momento della Lira, cioè la dichiarazione dei redditi. In quell occasione gli allibratori erano autorizzati a chiedere ai prestatori l elenco di tutti i cittadini che avessero depositi presso il banco, mostrando tutti i libri e le scritture contabili. Ulteriore conferma questa che nei banchi degli ebrei confluiva una cospicua quantità di danaro cristiano199

.

Naturalmente i capitoli si soffermano a precisare che a giudicare delle questioni relative agli ebrei vi era un foro privilegiato, quello dei Regolatori. Essi erano giudici sia di primo grado che d appello. Essi potevano comminare solo pene pecuniarie, mentre per i crimini che prevedevano pene detentive o la condanna a morte, il giudizio era del podestà e del Capitano di giustizia.

Gli ebrei non erano tenuti ad osservare le feste cristiane, ma in quei giorni era proibito loro di prestare. Era garantita la libertà religiosa, il rispetto delle feste e dei riti ebraici.

197 Ibid., p. 214.

198 ASSi, NA, 485, ser Minoccio Minocci di Giovanni da Siena, Regolatori, Deliberazioni, 1446-47, c.

24r, 22 aprile 1446.

199 S. Boesch Gajano, Il comune di Siena e il prestito ebraico nei secoli XIV e XV: fonti e problemi, p.

Infine i prestatori, i loro familiari, i collaboratori e i dipendenti del banco erano esentati dal portare il segno di riconoscimento a condizione che i loro nomi venissero registrati presso l ufficio dei Regolatori200

.

8. (1467-1477): dieci anni di prestito senza condotta

La condotta del 1457 doveva avere una durata di dieci anni, e sarebbe stato logico supporre che avremmo trovato traccia di nuovi capitoli tra il 1466 e il 1467.

Purtroppo nelle Deliberazioni del Concistoro non è stato possibile trovarne il testo, e, causa la mancanza fisica di documenti, neppure nei fondi della Balìa. Non sono neppure state trovate tracce di delibere preparatorie, permessi provvisori e quant altro relativo al rinnovo di una condotta.

Naturalmente non per questo motivo siamo autorizzati a credere che una nuova condotta non fosse stata stipulata e neppure che l attività di prestito fosse cessata. Informazioni interessanti provengono da alcune lettere del Copialettere del Concistoro di Siena.

Il primo aprile 1466 l oratore della repubblica di Siena a Roma, Borghese Borghesi, riceve istruzioni perché si adoperi con la Santa Sede al fine di ottenere il permesso di concedere la condotta a Jacob di Consiglio201. Sembra che l azione del Borghesi, per il momento, non abbia avuto effetti positivi. Di lì a un mese, l intestatario della vecchia condotta, Jacob di Consiglio da Toscanella morì.

Questa morte può certamente aver contribuito ad un rallentamento nelle procedure per ottenere i nuovi capitoli; rallentamenti che però non dovevano provenire dai Senesi, che erano certamente interessati ad ottenere la dispensa papale per il banco di prestito di Siena, gestito da Abramo e Isacco, figli di Jacob da Toscanella.

Per tutto il 1466 non abbiamo notizie né di richieste da parte senese né altro che riguardi il rinnovo dei patti con gli ebrei.

L anno dopo, ma siamo già al 31 dicembre 1467, Niccolò Severini, rappresentante del comune a Roma, ammette di non riuscire a far valere le ragioni dei Senesi presso il papa. Nel documento non si specifica quale questione fosse in gioco, ma è evidente che i Senesi in quel momento non godessero del favore del pontefice202. Sono

200 Ibid., p. 215.

201 ASSi, Concistoro, Copialettere 1684, c. 90v, 1 aprile 1466, c. 90v. 202

comunque mesi di fuoco per gli ambasciatori Senesi a Roma. Dice infatti Vincenzo Buonsignori nella sua Storia di Siena che nella città si guardavano con preoccupazione le crescenti turbolenze e le fazioni all interno di Firenze203

. In seguito all alleanza stipulata tra Milano, Firenze e Napoli nel 1467, i Senesi sospettavano che i Fiorentini avessero chiesto aiuti al re di Napoli, il quale aveva infatti mandato suo figlio Alfonso, Duca di Calabria in Toscana. Sorpreso dall inverno, il Duca fu invitato a dimorare nella città di Siena. L amichevole permanenza del Duca gettò quei semi di discordia che produssero frutti contrari alla quiete in Toscana e lunghe sciagure alla città di Siena 204. Fu possibile arrivare ad una pace generale, nella quale fu inclusa Siena, grazie alla mediazione del pontefice nel maggio 1468. Inutile dire, che a doversi caricare sulle spalle il peso diplomatico delle trattative fu sempre Niccolò Severini.

Nella primavera del 1468, a metà marzo, fu lo stesso Isacco di Jacob da Toscanella a recarsi a Roma per certe sue faccende 205. Sempre il Severini, oberato dagli impegni, fu incaricato di intercedere presso il pontefice, dato che le richieste dell ebreo sembravano giuste e ben motivate. Peccato che i Senesi non anticipino il contenuto di queste richieste, ma possiamo forse supporre che riguardassero il rinnovo della condotta. Pochi giorni dopo infatti è il 7 aprile 1468 - il Concistoro di Siena scrive ancora a messer Niccolò Severini di intercedere presso il papa affinché Isacco, che evidentemente era ancora a Roma, potesse ottenere il permesso di esercitare il prestito a Siena. Si raccomanda al Severini di ricordare al papa che il banco di prestito era utile soprattutto alla povera gente, e che la mancanza di un servizio così utile per gli strati più bisognosi della popolazione poteva essere pericoloso per mantenere l ordine pubblico.206

Il ricorso a simili argomenti, cioè l estrema indigenza della povera gente non era affatto pretestuoso. Il problema degli indigenti o dei contadini in difficoltà che non avrebbero potuto pagare le tasse senza ricorrere al prestito su pegno era un tema molto sentito, e del resto, come avremo modo di vedere, la propaganda a favore dei Monti di Pietà poggiava su argomenti simili. Ad esempio in Friuli gli ebrei avevano ottenuto la prerogativa esclusiva del prestito dopo il decreto di espulsione dalla

203 V. Buonsignori, Storia di Siena, Siena 1856, libro II, p. 72. 204 Ibid, p. 72.

205 ASSi, Concistoro, Copialettere, 1686, c. 54r, 14 marzo 1468. 206

Terraferma imposto ai prestatori toscani nel 1451. L estrema indigenza in cui versava la popolazione friulana, la cronica scarsità di denaro liquido avevano reso indispensabile la presenza di feneratori207

.

È comunque probabile - e si evince chiaramente dalla lettera sopra citata - che ancora nel 1468, la condotta senese non fosse stata rinnovata. Tuttavia è evidente che l attività dei prestatori ebrei continuava nonostante non si fosse raggiunto un accordo con la Santa Sede. La lettera del primo aprile 1466 - citata in precedenza - è molto chiara al riguardo: l autorizzazione del pontefice è richiesta solo per scrupoli morali e per rispetto alla Santa Sede, e nel caso questa non fosse stata accordata, l attività del prestito sarebbe continuata208.

Non sappiamo per quale motivo i Senesi trovassero tante difficoltà nell ottenere l autorizzazione pontificia per il prestito ebraico. I dissapori tra Siena e Paolo II possono essere una spiegazione, e il rinnovo della condotta nel 1477, avuto senza troppi problemi, sotto il pontificato di Sisto IV, che ebbe politica più tollerante verso gli ebrei, potrebbe confermare l idea209.

Sembra che i contrasti tra Siena e il papa risalgano all inizio del pontificato di Paolo II, al secolo Pietro Barbo, Cardinale e Vescovo di Siena durante il pontificato di Eugenio IV. La repubblica senese, quando il Barbo divenne papa, mandò ambasciatori a Roma per prestare obbedienza al nuovo pontefice, accompagnandola con la presentazione di vari doni consistenti in alquanti vasi d argento con ornati d oro, pregevoli ancora per la squisitezza del lavoro: ma quei doni non furono dal nuovo Pontefice accettati, per cui da Roma tornarono a Siena; un tal procedere non fu lusinghiero per i senesi, poiché il rifiuto del dono colpisce di disprezzo il donatore 210. Ma dobbiamo ricordare che proprio alla ratifica della pace nel mese di maggio 1468 cui accennavamo prima, Paolo II fece capire al Severini che nella terra

207

P. C. Ioly Zorattini, Gli ebrei a Udine dal Trecento ai nostri giorni, in Atti dell Accademia di Scienze, Lettere e Arti di Udine , 1981, vol. LXXIV, p. 48.

208

ASSi, Concistoro, Copialettere, 1684, 1 aprile 1466, c. 90v 209

In una Bolla lo stesso Sisto IV non trascura note di biasimo verso gli ebrei, ma la necessità di denaro liquido farà si che egli in generale calchi poco la mano. Cfr. G. Giacchero, La casana dei

genovesi, Genova, 1988, p. 81.

210 V. Buonsignori, Storia di Siena, p. 72, Siena, 1856, ristampa, Siena, 1976. Secondo il Malavolti

invece i rapporti tra Siena e il papa erano del tutto improntati alla cordialità. Cfr. Malavolti,

Dell historia di Siena, scritta da Orlando di M. Bernardo Malavolti, p. 69r e v, libro IV, ristampa

di Sarteano, comune sotto il dominio senese, qualcuno stava organizzando una ribellione per sottrarsi al dominio senese e unirsi ai territori papali. Oltre a questo, erano sorte ostilità tra il conte Aldobrandino di Pitigliano e i Senesi, accusati di aver avvelenato il figlio dello stesso conte211.

Motivi di attrito e malcontento in quegli anni non mancavano di certo. Tra l aprile e il maggio 1466 scoppiò - come vedremo meglio più avanti - il caso di Angelo di Musetto, prestatore ebreo a Lucignano di Valdichiana, accusato di aver crocifisso una donna cristiana. La vicenda sarà segnata dai contrasti tra l autorità ecclesiastica, quella senese e il comune di Lucignano. È fuor di dubbio che i già tesi rapporti tra Roma e Siena riceveranno dal processo di Lucignano una spinta verso il peggioramento. L intuizione del Mengozzi212 che per primo si è interessato alle carte di Lucignano, si rivela dunque veritiera. Contrasti riguardanti la giurisdizione compaiono anche in questioni dove gli ebrei sono assenti213, sintomo di una insofferenza dei Senesi nei confronti dell intromissione nei propri affari da parte delle autorità ecclesiastiche.

A prescindere dai motivi che impedirono ai Senesi di ottenere il consenso del papa per la condotta, stando alle parole del Concistoro contenute nella sopracitata lettera del primo aprile 1466, l attività di prestito nella città non subì interferenze. Di fatto non sappiamo come procedessero gli affari del banco nel decennio 1467-1477,