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Consiglio di Jacob Debiti e complotti

Circa un anno prima del rinnovo della condotta senese, nell estate del 1456, Jacob da Toscanella sembra essere coinvolto in un processo ed essere oggetto di alcune azioni legali.

Ad accusare Jacob sono due ebrei di Pesaro, Leone e Consiglio, figli di Salomone. Quest ultimo è forse da identificarsi con un Salomone che era stato prestatore a Padova in piazza della Paglia e certamente conosceva personalmente Jacob da Toscanella241.

Il Concistoro di Siena interviene due volte a distanza di pochi giorni nel giugno del 1456. Di fatto si delibera che della vertenza si occupino i Regolatori, l organo

aut ipsorum alteris nihil possidet de inmobilis et quod numquam alias a communi Vulterrarum habuit aliquam exemptionem aut immunitate, et quod, dicta immunitate durante et post, semper et in perpetuum erunt dicti communi Vulterrarum fideles et devoti, et demum dicta exemptione finita promissit [sic] omnia honera dicti communis realia et personalia subire et omnia alia facere et exercere que alii forenses [ ]. A. Veronese, Una famiglia di banchieri ebrei tra XIV e XVI secolo: i

da Volterra, p. 132.

239 Ibid., p. 132. 240 Ibid., p. 132.

241 F. Zen Benetti, Prestatori ebraici e cristiani nel Padovano, in Gli ebrei a Venezia, a cura di G.

competente per ciò che riguardava questioni in cui fossero coinvolti degli ebrei242 . I due ebrei di Pesaro sono invitati a presentare la documentazione in loro possesso allo scopo di procedere al giudizio sulla lite243

.

La questione giudiziaria non è - a questo punto della vicenda pienamente comprensibile, e negli anni immediatamente successivi sembra non succeda niente. Per avere altre notizie dobbiamo attendere il principio dell estate 1465, quando inaspettatamente, su iniziativa di Leone e Consiglio da Pesaro nel tentativo di intentare una nuova azione legale ai danni di Jacob da Toscanella viene prodotto un documento che ci consente di gettare una luce per comprendere cosa fosse accaduto durante gli anni in cui le nostre fonti tacciono.

Il 20 giugno 1465 presso il palazzo del Podestà di Firenze si presenta, ad istanza dei due fratelli di Pesaro un certo Apollonio di Fabiano da Siena. Sono presenti, tra gli altri, il podestà stesso, Jacopo dei Bonacelli di Ancona, il giudice Pietro dei Gamberini e il notaio che roga l atto, ser Pietro di Antonio da Vinci.

Una parte dell atto, nel quale è scritto che Consiglio e Leone furono arrestati da Apollonio per conto dei Priori di Firenze su richiesta di Jacob da Toscanella, è cancellato. Il documento viene corretto, e leggiamo che Leone e Consiglio furono arrestati per mandato dei Priori e del capitano di Siena su istanza di Jacob da Toscanella. Quest ultimo asseriva che i due ebrei di Pesaro, giunti a Siena nel giugno del 1455 (anche il riferimento alla data di arrivo fa parte di un brano cancellato) si erano accordati con il detto Apollonio perché uccidesse dietro pagamento lo stesso Jacob, che, a detta dei due fratelli, doveva loro del denaro.

Per questo motivo Leone e Consiglio erano stati tratti in arresto dalle autorità senesi. In carcere i due erano stati sottoposti a tortura.

Dopo una lunga detenzione però, furono liberati e assolti.

Ora Apollonio, sotto giuramento, confessa che fu il da Toscanella a offrirgli del denaro perché testimoniasse che Leone e Consiglio lo avevano assoldato per uccidere lo stesso Jacob.

Apollonio aveva rifiutato questa proposta e allora Jacob si era rivolto ad un certo Lorenzone da Lodi. Questi aveva raccontato il fatto ad Apollonio, il quale gli

242 S. Boesch Gajano, Il comune di Siena e il prestito ebraico nei secoli XIV e XV: fonti e problemi, p.

208. 243

avrebbe ordinato di astenersi dal prestare una simile falsa testimonianza. Ciononostante, Lorenzone, evidentemente non insensibile al denaro promessogli da Jacob, aveva accusato i due pesaresi, arrestati poi dalla Signoria di Siena.

Per essere scagionati, Leone e Consiglio avevano chiesto la testimonianza di Apollonio e Lorenzone, che però nel frattempo, per paura, erano fuggiti. Adesso Apollonio, di fronte ai giudici fiorentini è pronto a confermare l innocenza di Leone e Consiglio di Salomone da Pesaro244.

Questo atto notarile, scritto nel 1465, era probabilmente una sorta di memoria difensiva che gli ebrei di Pesaro intendevano usare forse in occasione di un processo contro Jacob da Toscanella.

Sebbene sul documento la data del 1455 sia cancellata, è verosimile credere che quanto raccontato sia effettivamente accaduto in quell anno, o nei mesi immediatamente successivi245.

In effetti il 1455 viene indicato come anno in cui Leone e suo fratello erano arrivati a Siena. Non sappiamo se i due fossero di passaggio o se fossero lì per un soggiorno più lungo. I loro nomi non sono tra quelli dei soci menzionati nella condotta del 1457, né lo sono in quella precedente.

E, detto per inciso, sarebbe stato sorprendente trovarli in società con il da Toscanella, dopo l intrigo che questi aveva ordito ai loro danni.

Abbiamo precedentemente ricordato che nel giugno del 1456 i Senesi si erano interessati alle richieste di Leone e Consiglio e che avevano lasciato ai Regolatori il compito di occuparsene. Quel che è certo, è che i due ebrei non ebbero molta fortuna con la magistratura senese.

244

ASFi, NA, n. 16826, già P 350 (1465-1467), ser Pietro di Antonio da Vinci, cc. 30r-31r. 245

È pur sempre ipotizzabile che la data del 1455, cassata nel documento fosse effettivamente un errore del notaio. È certo che Leone e Consiglio da Pesaro tra il 55 e il 56 erano a Siena, ma non lo è altrettanto che proprio in quei mesi sia accaduto quanto riassunto nell atto del 1465. Possiamo ammettere la possibilità che quanto raccontato nella memoria difensiva sia invece accaduto poco tempo prima. Non abbiamo purtroppo elementi sufficienti che possano farci propendere per l una o l altra ipotesi. In un caso, Leone e Consiglio avrebbero aspettato circa dieci anni per attaccare nuovamente Jacob di Consiglio dopo essere stati arrestati e torturati; nell altro caso, i due non avrebbero subito vessazioni durante il decennio 1455-1465, nel quale è possibile che comunque i due fratelli abbiano continuato a richiedere il saldo del debito a Jacob di Consiglio. Non abbiamo infatti notizie relative alla fine degli anni 50 e agli inizi dei 60, e niente toglie che in questo lasso di tempo Leone e Consiglio abbiano continuato nelle loro richieste per ottenere quanto volevano.

Non è un caso che l atto rogato da ser Pietro di Antonio da Vinci nel 1465 sia stato steso a Firenze e non a Siena, dove forse Jacob godeva del favore delle autorità, propense a non infastidirlo troppo, in vista del rinnovo dei capitoli246

.

Forse l insistenza dei pesaresi aveva seccato Jacob e lo aveva convinto ad una azione di forza per liberarsi dai due insistenti creditori. Se così fosse, dobbiamo credere che Jacob ebbe successo, almeno sul momento, poiché per qualche anno di Leone e Consiglio non si hanno più notizie.

Dobbiamo notare però che se i due furono assolti, è lecito supporre che alla fine siano stati ascoltati e creduti dalle autorità di Siena. Questo, implicitamente, avrebbe ribaltato la posizione di Jacob, che da vittima sarebbe divenuto colpevole di aver organizzato il complotto ai danni di Leone e Consiglio.

Ma di questa vicenda, sebbene e avremo modo di seguirne lo sviluppo Leone e Consiglio abbiano ricominciato a vessare Jacob e i suoi figli, non si farà più parola. Pare strano che gli ebrei di Pesaro continuino per anni ad inseguire il loro credito senza più accennare al tiro mancino giocatogli da Jacob, a causa del quale avevano trascorso un lungo soggiorno in carcere tra tormenti e torture, senza contare le spese che certamente i due sostennero per le azioni legali, le querele, le denuncie ecc. Se Jacob era stato così scaltro nell ordire un simile diabolico complotto, non è inverosimile credere che possa aver trovato il modo di mettere tutto a tacere. Come se non bastasse questi sono anni difficili per Siena: Allegretto Allegretti nella sua cronaca ricorda come in quegli anni i Senesi fossero coinvolti in una guerra contro il conte di Pitigliano. La guerra, sempre secondo Allegretto, di cui erano responsabili i Fiorentini, aveva costretto Siena ad assoldare diversi condottieri, con relativo dispendio di denaro e risorse. Uno dei condottieri al soldo dei senesi, Giberto da Correggio, fu tenuto per traditore e accusato di aver portato la guerra di guasto nel contado senese. Giudicato colpevole, Giberto fu ucciso. A causa della guerra nacquero disordini in Siena e molti ribelli e oppositori furono messi al bando o decapitati247.

La situazione a Siena sembra quindi favorevole a Jacob, della cui disponibilità monetaria il Comune sembrava aver bisogno; ma non è da escludere che in quel

246 Non dimentichiamo che i senesi avevano chiesto al papa persino una assoluzione preventiva per

cautelarsi in vista dei nuovi capitoli del 1457. 247

periodo i Senesi avessero altro a cui pensare che non occuparsi dei reclami di Leone e Consiglio da Pesaro.

Nello stesso periodo (1465) in cui i due ebrei di Pesaro provvedevano a far stilare la memoria difensiva sopra descritta, la Signoria di Siena era chiamata nuovamente ad occuparsi dell intera faccenda a causa dell interessamento del Signore di Pesaro Alessandro Sforza.

Questi deve aver scritto diverse volte ai Senesi in difesa di Leone e Consiglio, suoi sudditi, ma di questa corrispondenza dell estate 1465 conosciamo solo le risposte del Concistoro di Siena.

Il 7 luglio248 1465 i Senesi rispondono allo Sforza di essere al corrente delle lettere precedentemente inviate, e provvedono a comunicare al Signore di Pesaro un piccolo riassunto della vicenda.

Leone e Consiglio di Salomone da Pesaro avevano dichiarato di fronte alle autorità di Siena che Jacob di Consiglio da Toscanella doveva loro la somma di 600 ducati. I due però non avevano prestato il denaro direttamente a Jacob, ma a suo figlio Consiglio. I pesaresi sostengono che il prestito fu concesso a Consiglio in quanto figlio di Jacob da Toscanella e fattore del banco di Siena.

Invece di essere sostenuti nelle loro richieste è sempre l opinione dei due fratelli - , a Siena, contro Leone e Consiglio fu preparate certe insidie. Non viene specificato quali insidie furono riservate ai due, e non è da escludere che il riferimento fosse rivolto al complotto ordito da Jacob una decina d anni prima. Sembra di capire che dell intera faccenda fosse informato anche il Duca di Milano Francesco Sforza, fratello del Signore di Pesaro. In una lettera, che però non abbiamo, i due Sforza avrebbero fatto intendere che l atteggiamento sfavorevole riservato ai propri sudditi da parte dei Senesi avrebbe potuto produrre molestie e rapresalie .

Per scongiurare tale pericolo, il Concistoro di Siena espone ad Alessandro Sforza il proprio punto di vista sull accaduto.

In effetti è vero che Leone e Consiglio da Pesaro sono ricorsi ai tribunali senesi nel giugno 1456. Essi non hanno però riferito al signore di Pesaro che furono accolti con tutto il favore del caso in quanto sudditi di Alessandro Sforza e che i Senesi si prestarono a render loro giustizia qualora fosse stata palese la fondatezza delle loro richieste nei confronti di Jacob da Toscanella.

248

Il Concistoro di Siena aveva provveduto ad organizzare una commissione, tramite gli ufficiali dei Regolatori, incaricata di ascoltare i due ebrei di Pesaro provvisti di un avvocato - e Jacob da Toscanella e di emettere una sentenza nell arco di sei giorni249

. Tutto era stato predisposto affinché i sudditi dello Sforza fossero trattati con ogni riguardo e favore, ma dicono i Senesi Leone e Consiglio non si presentarono affatto di fronte ai Regolatori - ma essi non curaro in alcuna parte monstrare le loro ragioni, né mai compariro dinanzi a prefati Regolatori mentre Jacob offrì la propria collaborazione per dirimere la questione. Nonostante il favore accordato dal governo senese affinché i due potessero al meglio conseguire le loro ragioni, essi partirono da Siena senza presentare ai giudici la loro versione dei fatti. Pertanto secondo il Concistoro è fuor di luogo che essi manifestino il desiderio di arrecare molestie e rappresaglie contro il Comune di Siena. Nessuna rappresaglia contro il Comune di Siena può avere un giusto fondamento; i Senesi non possono credere che il Signore di Pesaro, a causa di false notizie riportate dai suoi sudditi possa sostenere e dare incitamento ad azioni volte a danneggiare il Comune di Siena, il quale a sua volta, per compiacere Alessandro Sforza avrebbe agito non solo contro un ebreo ma contro qualunque altro cittadino senese se questo fosse stato necessario a rendere giustizia ad uno qualunque dei sudditi dello Sforza.250

I Senesi in preda alla foga difendono strenuamente l operato delle loro istituzioni: per rendere giustizia ad un suddito dello Sforza essi avrebbero dato contro non solo ad un ebreo, ma persino ad un qualunque altro cittadino di Siena.

Secondo il Concistoro era stato fatto tutto quanto era in potere del Comune di Siena per favorire Leone e Consiglio, e se questi non erano rimasti contenti, ciò era dovuto ad una loro mancanza.

249

ASSi, Concistoro, Copialettere, 1683, cc. 208v, 209rv, 210r, 7 luglio 1465. [ ] nel mese di giugno MCCCCLVI furon per contemplatione del Vostro Signore veduti gratamente et ultra alia actio che consequissero quanto desideravano contra decto Jacob inteso che decti vostri subditi havessero ragione contra di lui fu facto uno decreto et commissione preceptoria a li officiali de Regolatori de la città nostra che infra sei dì, intese le ragioni de le parti terminassero decta causa etiam con arbitrio di procedere di ragione et de facto et summarie con ogni possibilità summando però di ragione [ ] . 250 La falsa relazione, secondo i Senesi, è quella riportata da Leone e Consiglio, sudditi di Alessandro

Dopo aver asserito che quanto detto è la pura verità et così è la pura verità et altrimenti è alieno dal vero, i Senesi partono all attacco e riferiscono quanto, in assenza degli ebrei di Pesaro, essi hanno potuto ricostruire della vicenda.

Il Concistoro di Siena ha scoperto che Consiglio, figlio di Jacob da Toscanella ottenne in prestito il denaro in questione non come fattore o direttore del banco di prestito di Siena ma al contrario in via privata e a suo nome. Egli contrasse il debito con Leone e Consiglio da Pesaro senza darne notizia al padre Jacob. Inoltre Consiglio ammise di aver ricevuto il ricevuto il prestito fuori dalla giurisdizione di Siena.

In realtà non è chiaro se queste informazioni siano state rilasciate dallo stesso Consiglio, ma è più probabile che facciano parte delle dichiarazioni di Jacob, che come abbiamo visto si era presentato dinnanzi la commissione dei Regolatori per fornire la propria versione dei fatti.

Il passaggio di denaro tra Consiglio da Toscanella e gli ebrei di Pesaro non sarebbe avvenuto in territorio senese, ma altrove. Questa precisazione avvalora il fatto che Jacob non fosse a conoscenza della richiesta del prestito da parte di suo figlio. Inoltre Consiglio non chiese il denaro a nome di suo padre o come conduttore del banco di prestito di Siena, ma a titolo privato. Naturalmente ciò sollevava Jacob da qualunque responsabilità di fronte a Leone e Consiglio.

Ma non è finita. Le autorità di Siena tengono a precisare che Jacob non era contento del comportamento del figlio, perché decto Consiglio di Jacob teneva modi et sempre ha tenuti che al padre non sono piaciuti. Proprio per questo Jacob nei mesi di maggio, luglio e febbraio251

del 1465 aveva avvertito, con un bando pubblico, che chiunque avesse prestato denaro o altri beni a qualcuno della sua famiglia, o dei dipendenti del banco senza previa autorizzazione dello stesso Jacob, lo avrebbe fatto a proprio rischio e pericolo.

Grazie a questi bandi Jacob era stato, in precedenza, assolto dalle autorità di Firenze per un caso simile a quello che aveva coinvolto Leone e Consiglio.

Le autorità senesi non possono far altro che credere a Jacob, non avendo avuto modo di vagliare le ragioni dei fratelli di Pesaro. Qualora questi avessero deciso di far nuovamente valere le proprie ragioni, avrebbero trovato l aiuto e il favore dei magistrati senesi.

251

Purtroppo, aggiungono i Senesi, il Comune di Siena può far poco per quel che riguarda Consiglio di Jacob. Egli da qualche anno non abita più a Siena, ma Roma e, per giunta, si è fatto cristiano, pertanto i Senesi non possono perseguirlo.

Il Concistoro spera che queste spiegazioni e la propria disponibilità evitino le rappresaglie minacciate dal Duca di Milano e prega Alessandro Sforza di credere nella buona fede del Comune di Siena.

Evidentemente preoccupati dalla piega che stava prendendo la faccenda, i Senesi lo stesso giorno, il 7 luglio 1465, scrissero252 anche a Galeazzo Sforza253. Questi è stato male informato riguardo la questione di Leone e Consiglio, e la verità gli è stata celata. Il Comune di Siena si dice convinto che il Signore di Milano, conosciuta la verità, si adopererà, insieme al fratello Alessandro, per non arrecare molestie ai Senesi. Ad ogni modo, per permettere a Galeazzo di comprendere le ragioni di Siena, si provvede a spedire a Milano una copia della lettera scritta al Signore di Pesaro, dove tutto come anche noi abbiamo visto - è spiegato nei particolari.

Il 1465 è dunque l anno in cui si riapre il confronto tra gli ebrei di Pesaro e il da Toscanella. Con tutta probabilità la memoria difensiva contenente le dichiarazioni di Apollonio circa il complotto ordito da Jacob è contemporanea all interessamento degli Sforza in questa faccenda (o meglio, Leone e Consiglio misero a conoscenza di quanto era loro accaduto gli Sforza nello stesso periodo in cui produssero la memoria).

I Senesi nelle loro risposte tralasciano di raccontare di che tipo fossero le molestie subite da Leone e Consiglio. Secondo il Concistoro, questi avrebbero semplicemente lasciato Siena senza ricorrere ai giudici dei Regolatori. Ma - a detta dei due di Pesaro - il trattamento riservato loro dai Senesi fu tale da meritare rappresaglie nei confronti di questi ultimi. Cosa era accaduto di così grave? Senza dubbio le lettere degli Sforza contenevano l atto d accusa nei confronti della giustizia senese. Ma pare di capire che gli Sforza sospettassero che Jacob da Toscanella fosse riuscito in qualche modo a eludere le richieste di Leone e Consiglio con la complicità dei giudici senesi. Se i due fratelli erano stati imprigionati e torturati ingiustamente, è lecito supporre che i loro

252 Anche in questo caso, come nel precedente, il documento è una risposta ad una lettera

precedentemente inviata a Siena dal Signore di Milano. 253

protettori, gli Sforza in questo caso, minacciassero ritorsioni contro il Comune di Siena.

Una nuova risposta da parte del duca di Milano non tarda ad arrivare254

, tanto è vero che i Senesi inviano immediatamente una lettera ad Alessandro Sforza255 informandolo che Galeazzo, dopo aver preso visione della documentazione pervenutagli, si era convinto della sostanziale innocenza del Comune senese, e che pertanto non avrebbe dato seguito alle minacce di rappresaglia.