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Abramo da Toscanella Viaggi e arresti

Nel documento Ricerche sugli ebrei senesi nel Quattrocento (pagine 113-123)

La morte di Jacob come si è detto aveva forse interrotto i procedimenti giudiziari mossi contro di lui dagli ebrei Leone e Consiglio da Pesaro.

Ma i due non desistono e tentano ancora di ottenere i loro 600 ducati.

Il 7 luglio del 1466 i Senesi ricevono una lettera della Duchessa di Milano Biancamaria, che scrive anche a nome del figlio, Galeazzo Maria Sforza295

. Il Duca di Milano Francesco, malato di idropisia era venuto a morte l 8 marzo 1466. Egli aveva associato al governo dello Stato di Milano la moglie Biancamaria preparandola alla successione perché non voleva che il figlio Galeazzo governasse da solo296

.

293 ASSi, NA, n. 454, cc. 123r-125v, ser Lorenzo Giuse, 21 dicembre 1466 294 U. Cassuto, Gli ebrei a Firenze nel Rinascimento, p. 221.

295 ASSi, Concistoro, Carteggio, 2013, (24 maggio-4 settembre 1466), c. 28, 28 maggio 1466. La

lettera, scritta il 28 maggio arrivò a Siena il 7 di luglio. 296

Lo zio di questi, Alessandro, Signore di Pesaro era in quei giorni a Milano. Durante la sua permanenza si era lamentato del fatto che i suoi sudditi, Leone e Consiglio, non erano riusciti ad ottenere giustizia in Siena.

Biancamaria prega i Signori di Siena che, saputo che Jacob di Consiglio da Toscanella è morto e che suo figlio Consiglio, debitore di Leone da Pesaro si è fatto cristiano, provvedano a far sì che siano gli eredi lasciati da Jacob a soddisfare integralmente le richieste dei fratelli di Pesaro. I Senesi dovranno cercare il modo di arrivare ad una rapida e veloce conclusione della vertenza giudiziaria a favore di Leone e Consiglio da Pesaro, i quali si recheranno a Siena e lì non dovranno trovare motivi per nuove liti e per aumentare le spese fino ad ora già sostenute. La Duchessa si dice certa che i Signori di Siena faranno tutto ciò che è richiesto dal caso, anche per impedire che il Signore di Pesaro Alessandro Sforza abbia ancora ragione di lamentarsi per tale materia.

Sembra che le precedenti comunicazioni dei Senesi, nelle quali avevano dichiarato che i due ebrei di Pesaro durante la loro permanenza a Siena non avevano subito torti o molestie, non abbiano convinto troppo i Signori di Milano. Biancamaria aggiunge che si augura che Leone e Consiglio quando torneranno a Siena per sistemare la faccenda, non debbano subire disturbo o offesa, como za fo facto. Le parole della Duchessa fanno intendere che i due ebrei avessero continuato a denunciare il trattamento da essi subito durante il loro precedente soggiorno a Siena.

La risposa dei Senesi non si fa attendere. Il 23 luglio 1466 inviano a Milano una lettera in cui esprimono tutta la loro perplessità297

.

Affermano infatti di essere sorpresi di queste nuove lamentele, perché a detta loro la questione era già stata chiusa - quantunche stimassero tale causa sopita con piena soddisfazione degli ebrei di Pesaro. I Senesi sono pronti ad offrire nuovamente occasione a Leone e Consiglio di perorare la loro causa di fronte ai giudici di Siena, ma non riescono a capire per quale motivo i due non abbiano informato Alessandro Sforza che tutto era stato risolto.

Il testo della lettera non è completamente chiaro; i Senesi si dicono meravigliati che l ebreo (Leone o Consiglio, non è specificato nella lettera) dopo che le magistrature cittadine avevano dato disponibilità ad ascoltare le sue ragioni e che gli era stato comunicato che non sarebbe mancato l aiuto delle autorità di Siena al fine di

297

conseguire le sue richieste, all insaputa di tutti e senza avvisare nessuno fosse partito dalla città. Inoltre ricordano i Senesi era stato scritto al defunto consorte di Biancamaria, il Duca di Milano Francesco Sforza, spiegando quanto era accaduto e che la causa si era risolta per il meglio. Il defunto Duca aveva risposto confermando ai Senesi di essere d accordo con quanto si era fatto per raggiungere la verità riguardo tutta la materia. Di questa risposta i Senesi inviano copia alla Duchessa, in modo che possa comprendere che nella città di Siena la giustizia viene resa indifferentemente a chiunque la richieda. Il Concistoro di Siena ritiene opportuno informare di tutto ciò la Duchessa poiché è possibile che l ebreo non abbia dato una spiegazione completa ed esauriente di ciò che era incorso nella causa e di come per ben due volte i magistrati senesi si fossero espressi a favore dell ebreo, il quale ora, senza altri problemi, ha lasciato Siena. I Senesi pregano ancora Biancamaria affinché si renda conto di quanto realmente era successo e di come il defunto Duca di Milano aveva giudicato al riguardo, in modo da poterne informare il Signore di Pesaro Alessandro Sforza, il quale farà così cessare le istanze dell ebreo suo suddito e sarà soddisfatto della giustizia amministrata dalla città di Siena, la quale sarà sempre disponibile a soddisfare le richieste di detto Signore298

.

I Senesi ritengono di aver spiegato tutto al defunto Duca di Milano, il quale nelle sue risposte sembrava essere d accordo con quanto affermavano a Siena. Tuttavia non si comprende bene se il riferimento del Concistoro è alla corrispondenza tenuta tra Siena e Milano nell estate del 1465, di cui ci siamo occupati precedentemente, oppure se ci sia stato un altro scambio epistolare. I Senesi informano la Duchessa che gli ebrei di Pesaro sono già stati ascoltati dai giudici di Siena per ben due volte e sono andati via dalla città pienamente soddisfatti, come potranno confermare gli scritti del suo defunto consorte, che vengono inclusi nella nuova missiva.

Se quanto afferma il Concistoro è vero, si confermerebbe l idea che una sorta di processo contro Jacob da Toscanella vi fu, e che verosimilmente si celebrò tra l estate del 1465 e la primavera del 1466, anno della morte di Jacob e del Duca di Milano Francesco Sforza. Resta da capire perché Leone e Consiglio non ne avessero messo a conoscenza il loro protettore Alessandro Sforza.

I Senesi furono talmente convincenti che Biancamaria scrisse299

loro, il 28 luglio 1466 che della faccenda non aveva altro da dire, che ne avrebbe informato il signore

298

di Pesaro, il quale per altro si sarebbe recato di lì a poco ai Bagni, forse quelli di Petriolo, e che pertanto le autorità di Siena avrebbero avuto l occasione di parlargli di persona:

Ma la questione era tutt altro che chiusa.

Nella tarda estate del 1467 Abramo di Jacob da Toscanella era in viaggio verso il nord Italia. Durante il suo passaggio attraverso i territori del Marchese di Ferrara Borso d Este era stato fermato; gli furono sottratte le vesti e il cavallo300

, quindi fu tratto agli arresti e rinchiuso in carcere. Responsabili di questo arresto furono Leone e Consiglio da Pesaro, che forse approfittando della lontananza da Siena, avevano denunciato Abramo e lo avevano fatto arrestare301

.

Sembra del tutto evidente che le pretese buone intenzioni dei giudici senesi erano andate in una direzione opposta a quelle che erano le aspettative degli ebrei di Pesaro. Certamente è possibile che i magistrati Regolatori abbiano effettivamente ascoltato Leone e Consiglio e che abbiano fatto il possibile per favorirli, ma a questo punto dobbiamo credere che i due fratelli non siano riusciti comunque a farsi pagare dai da Toscanella. Più verosimilmente i pesaresi lasciarono Siena a mani vuote, affatto contenti di quanto era stato deciso dalle autorità della città. La famiglia dei banchieri senesi era forse troppo potente e godeva di una protezione non facilmente scavalcabile. Per questo Leone e Consiglio dovettero aspettare che Abramo si allontanasse dalla giurisdizione di Siena, e solo allora poterono trovare il modo di farlo arrestare al fine di ottenere il pagamento dei 600 ducati.

I Senesi informati dell arresto di Abramo, il 10 settembre 1467 scrissero a Borso d Este chiedendo la liberazione dell ebreo. Nella lettera il Concistoro di Siena fornisce al Marchese un resoconto della vicenda. Abramo è stato arrestato su richiesta di Leone e Consiglio, ebrei di Pesaro. Questi erano in precedenza già stati ascoltati dalle autorità senesi, che erano arrivate ad un giusto verdetto, condiviso anche dal Duca di Milano Francesco Sforza che era al corrente della causa. I Senesi riferiscono a Borso che il padre di Abramo, Jacob quando era ancora in vita era stato ascoltato dai magistrati di Siena e si era reso disponibile a risarcire i due ebrei di Pesaro. Ma la disponibilità di Jacob era proporzionale a quelli che erano i suoi

299 ASSi, Concistoro, Carteggio, 2013, (24 maggio-4 settembre 1466), c. 62, 28 luglio 1466. La lettera

arrivò a Siena il 4 agosto successivo.

300ASSi, Concistoro, Copialettere, 1685, c. 183v, 10 settembre 1467. 301

effettivi obblighi. Infatti, come risultava dalla documentazione fornita ai magistrati senesi, Consiglio, al momento di contrarre il debito era stato già emancipato dal padre, il quale di conseguenza non aveva nessuna responsabilità delle sue azioni. L emancipazione di Consiglio sollevava la famiglia da Toscanella da qualunque obbligazione egli avesse contratto. Per questo motivo anche il fratello di Consiglio, Abramo, non doveva essere in alcun modo tenuto a risarcire Leone e Consiglio da Pesaro. Pertanto i Senesi chiedono il rilascio dell ebreo, la cui famiglia era da molti anni detentrice del banco di prestito in Siena, e la restituzione di tutti i beni sottrattigli.

La risposta di Borso non si fa attendere. Il Marchese si mostra naturalmente dispiaciuto dell incomodo creato alla Signoria di Siena, e spiega che ha già disposto che il pretore di Modena si rechi sul luogo di detenzione: le ragioni dei Senesi sembrano ben motivate e pertanto Borso è pronto a far liberare l ebreo di Siena302

. L intervento del Marchese sul pretore di Modena, luogo nel quale con tutta probabilità Abramo era stato fermato e detenuto, deve aver avuto effetto e Abramo deve esser stato rilasciato.

Tra l ottobre e il dicembre del 1467 deve esser accaduto qualcos altro.

Nel gennaio successivo Abramo non è più a Modena ma è a Bologna ed è nuovamente in carcere. Il 4 gennaio 1468 Isacco, fratello di Abramo, per far fronte alla nuova situazione, aveva fatto procuratore suo zio Jacob di Salomone da Bologna,303

che abitava anch egli a Siena304

al fine di agire in favore di Abramo. Non sappiamo di preciso quando avvenne questo nuovo arresto, né quale sia stato il ruolo giocato dalle autorità di Bologna, città che all epoca era sotto la giurisdizione pontificia.

È comunque chiaro che i primi interventi di Isacco a favore del fratello non abbiano sortito effetti positivi.

Il 23 gennaio del 1468 il Concistoro di Siena è infatti costretto ad appellarsi alla Santa Sede tramite l oratore del Comune a Roma, messer Niccolò Severini305.

302 ASSi Concistoro, Carteggio, 2017, c. 27, 16 settembre 1467.

303 Jacob di Salomone da Bologna era fratello di Gentile, prima moglie di Jacob da Toscanella e madre

di Isacco e Abramo.

304 ASSi, NA, 454, ser Lorenzo Giuse, cc. 219v-220r, 4 gennaio 1468.

305 ASSi, Concistoro, Copialettere, 1686, cc. 20v, 21r, 23 gennaio 1468. La lettera era già stata

Quest ultimo viene informato che Abramo di Jacob da Toscanella è stato portato in maniera fraudolenta da Modena a Bologna ad opera di alcuni altri ebrei. A Bologna Abramo fu detenuto in una prigione privata e solo successivamente fu trasferito - con grande disonestà - in un altra prigione, senza alcun motivo e ragione. Il nuovo arresto fu eseguito ad istanza di altri ebrei che si proclamavano creditori dello stesso Abramo. L ebreo Senese era stato incarcerato senza avere la possibilità di difendersi e per questo aveva nominato dei procuratori che si appellassero alla Sede apostolica al fine di intercedere per liberarlo. Questi procuratori arriveranno a Roma e comunicheranno a messer Niccolò Severini tutti i particolari della questione.

L ambasciatore senese dovrà adoperarsi presso il pontefice per mezzo di alcuni Cardinali che solitamente sono ben disposti ad aiutare la Signoria di Siena in tutte le occorrenze, pubbliche e private, in particolare quando sia stata violata la giustizia. Una volta apprese sufficienti informazioni relative alla causa il Severini dovrà trovare il modo di aiutare Abramo a ottenere giustizia e per far sì che cessi ogni molestia nei suoi confronti. Essendo Abramo suddito di Siena, essa ha il dovere di intervenire in favore dell ebreo che ha certamente subito un torto ed è vittima di una frode.

Secondo il racconto dei Senesi, Abramo è stato ingiustamente arrestato su richiesta di altri ebrei per una questione di debiti. Evidentemente Leone e Consiglio da Pesaro dopo che Abramo era stato rilasciato dal carcere di Modena, grazie all intercessione dei Senesi presso Borso d Este pensarono ad una nuova strategia finalizzata a sottrarre il loro debitore da luoghi dove godeva di favore e protezione.

Sembra di capire che Abramo, dopo essere stato liberato a Modena, in seguito sia stato portato contro la sua volontà a Bologna, fraudolentemente da alcuni altri ebrei fu menato de la cità di Modena nel contado di Bologna306

. Abramo fu dunque letteralmente sequestrato, come si può intuire dal riferimento al carcere privato . Soltanto in un secondo momento, a quanto pare, fu trasferito in un carcere pubblico. Il Concistoro di Siena deve aver ritenuto grave la situazione e senza frapporre altro tempo, lo stesso 23 gennaio inviò una lettera di uguale tenore anche al proprio Arcivescovo, Francesco Piccolomini307

, al Cardinale Ammannati, canale

tralasciato alcune importanti notizie come ad esempio il luogo in cui Abramo era detenuto. 306 ASSi, Concistoro, Copialettere, 1686, cc 21rv, 23 gennaio 1468.

307 Ibid.

preferenziale come abbiamo visto dei Senesi presso la Sede apostolica308 , al Cardinale Nicola Fortiguerra, già al seguito di Pio II e creato anch egli cittadino senese dal Piccolomini309

e al Cardinale legato bolognese Angelo da Capranica. Nuovi particolari emergono dalle parole dei Senesi.

Abramo era rimasto per una ventina di giorni in un carcere privato310, ma poi era stato fatto trasferire in una pubblica prigione, sempre su richiesta di altri ebrei che si dichiaravano creditori dell ebreo senese. La lettera sembra chiarire che Abramo sia stato trasferito con l inganno da Modena al territorio bolognese - circumventus ex civitate Mutine in agrum bononiensem deductus est311

.

La faccenda va per le lunghe, tanto che Abramo nel marzo del 1468 è sempre in carcere. Evidentemente a Roma i Senesi avevano trovato difficoltà a farsi ascoltare. Dobbiamo ricordare che in quei mesi del 1468 venne alla luce una congiura che mirava a consegnare al pontefice il Comune di Sarteano e il clima tra la Santa Sede e Siena era divenuto bollente312.

Questa volta il Concistoro di Siena è costretto a chiedere l intervento del Cardinale di Bologna Filippo Calandrini313

. I Senesi dichiarano che quanto si sta facendo va ad onta della repubblica, che si sente offesa e defraudata dei suoi diritti, contra humane caritatis iura et in dedecus nostre civitatis. I due creditori avrebbero dovuto chiedere giustizia presso i tribunali senesi e non tendere un tranello per arrestare Abramo fuori dalla giurisdizione di Siena. Chiedono pertanto un processo giusto ed equo per l ebreo, e non dubitano che il ricorso alla Sede Apostolica produrrà i suoi effetti. Dieci giorni dopo, il 14 marzo il Concistoro scriveva ancora a Niccolò Severini a Roma: Altre volte vi scrivemo in favore di certa causa ha costì Abramo di Jacob et crediamo habiate satisfacto al bisogno come vi commettemo314.

308

Il particolare legame tra l Ammannati e i Senesi è ulteriormente confermato quando nel 1472 in occasione dalla lite tra Lucignano e Foiano, il cardinale fece da intermediario tra i Senesi e i Fiorentini. Cfr. Lorenzo de Medici, Lettere (1460-1474), I, a cura di R. Fubini, Firenze, 1997. 309 V. Buonsignori, Storia di Siena, p. 63

310 ASSi, Concistoro, Copialettere, 1686, cc. 21rv, 23 gennaio 1468. 311 Ibid.

312 L. Fusai, Storia della repubblica di Siena dalle origini al 1559, Siena, p. 298. 313 ASSi, Concistoro, Copialettere, 1686, cc. 46rv, 4 marzo 1468

314

Il testo della lettera non è molto chiaro. I Senesi fanno riferimento ai guai di Abramo e all aiuto prestato dal Severini, ma non si capisce se la soddisfazione del Concistoro sia da imputarsi alla risoluzione della vicenda o al buon lavoro svolto dal proprio oratore. Nella stessa lettera si informa il Severini che Isacco, fratello di Abramo si sta recando a Roma e che avrà bisogno della sua intercessione presso il papa. Sembra che il viaggio di Isacco a Roma, oltre che per perorare la causa del fratello sempre in carcere a Bologna, avesse luogo anche per altri motivi di cui però non siamo a conoscenza.315

. Possiamo ipotizzare che le richieste di Isacco riguardassero il rinnovo della condotta, tanto è vero che l aprile seguente un nuovo viaggio a Roma di Isacco riguarderà proprio quest argomento.

Infatti Abramo fuggì dal carcere di Bologna forse proprio nell aprile del 1468, ma non ne conosciamo i particolari.

Il 7 aprile sarà infatti protagonista insieme al fratello di nuove suppliche presso Paolo II per ottenere il permesso ad esercitare il prestito in Siena316. Certamente Abramo sarà di nuovo a Siena il 18 ottobre 1468, quando Manuele di Aliuccio da Cesena abitante a Bologna, procuratore di Angelo del fu Daniele da Modena riceverà dallo stesso Abramo la somma di 600 ducati larghi, depositati dal suddetto Angelo presso il banco di Siena317

. Il denaro in realtà era stato consegnato ad Abramo da Angelo, che abitava a Modena. È opportuno chiedersi se il viaggio che aveva intrapreso Abramo e in seguito al quale era stato arrestato sia da mettersi in relazione con questo deposito. L atto con cui Angelo aveva nominato Manuele suo procuratore è datato 31 marzo 1468. Manuele probabilmente avrebbe voluto entrare in possesso del suo denaro tempo prima, ma all epoca Abramo era forse ancora detenuto, o non era comunque presente a Siena.

Ma a complicare il quadro della vicenda dell arresto di Abramo a Bologna è un documento dell 8 dicembre 1468318

.

Siamo a Siena, nella casa dei giudici e notai. Qui l ebreo Salomone di Daniele da Fossombrone319

, abitante a Oliveto, presso Bologna, incarica ser Giacomo Ambac di

315 ASSi, Concistoro, Copialettere, 1686, c. 54r, 14 marzo 1468. 316 ASSi, Concistoro, Copialettere, 1686, cc. 67v, 68r, 7 aprile 1468 317 ASSi, NA, 456, ser Lorenzo di Giusa, cc. 53v -54v, 16 ottobre 1468. 318 ASSi, NA, 457, 8 dicembre1468, cc. 270v-272r, ser Lorenzo di Giusa..

319 Sposato con Allegra, figlia di Angelo del fu Salomone di Daniele della contrada di S. Clemente.

rappresentarlo in occasione di una lite che coinvolgeva Salomone stesso e gli eredi di Musetto di Ventura da Bologna.

In particolare la richiesta è quella che si impedisca a detti eredi di molestare Salomone e i suoi fratelli, responsabili della fuga di Abramo da Toscanella da Bologna. Il ricorso al da Toscanella convertito, l Ambac, sembra far supporre che i dissidi interni alla famiglia fossero facilmente aggirabili quando si trattava di far fronte contro un nemico comune. Evidentemente l Ambac, un po perché responsabile del debito originario contratto con Leone e Consiglio, un po perché forse era interessato a impedire che il patrimonio di famiglia venisse intaccato, si era reso disponibile per aiutare i fratelli.

A quanto è dato di capire quindi, non è da escludere che Abramo sia stato arrestato su istanza di Leone e Consiglio ma che il sequestro in territorio bolognese sia stato eseguito con la complicità degli eredi di Musetto di Ventura.

Musetto era entrato nella società di prestito senese già nel 1457 con un terzo della quota iniziale del banco320

. Nel 1459 morì321

, e i beneficiari del suo testamento furono i figli Samuele e Ventura e i nipoti Isacco e Davide. Tutrice dei figli era la vedova di Musetto, Rosa, figlia di Beniamino da Padova. Mentre ad occuparsi di Davide era sua madre Allegrezza del fu Abramo da Padova, seconda moglie di Giuseppe detto Ventura di Musetto, e per l altro nipote Isacco, figlio della prima moglie di Giuseppe, era stato nominato tutore Manuele del fu Leuccio da Cesena322

. Allo scadere della condotta senese, nel 1467, evidentemente gli eredi del banchiere bolognese avevano richiesto la parte spettante a loro padre relativamente alla società del banco dei da Toscanella. Agli inizi del 1470 Isacco e David, che sono ancora minori di 25 anni ottengono mandato per nominare Salomone del fu Caio da Cesena procuratore al fine di saldare i conti con gli eredi di Jacob da Toscanella. La mediazione non sembra avere esito immediato, tant è che gli eredi di Musetto sono

Nel documento Ricerche sugli ebrei senesi nel Quattrocento (pagine 113-123)