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Dalla s.r.l. unipersonale alla Societas Unius Personae

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in

Consulenza Professionale alle Aziende

Tesi di laurea:

DALLA S.R.L. UNIPERSONALE

ALLA SOCIETAS UNIUS PERSONÆ

RELATORE:

Chiar.ma Prof.ssa Lucia CALVOSA

CANDIDATO:

Andrea FERRO

(2)
(3)

_______

Dedicata a

_______

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Indice degli argomenti

1.1 - La diffusione della s.r.l. unipersonale 7

1.2 - L’evoluzione normativa 11

1.2.1 - Dal Codice di Commercio al Codice Civile. 12 1.2.2 - La normativa dal Codice Civile del 1942 alla riforma del 1993. 15 1.2.3 - L’apertura alla società di derivazione non negoziale 16

1.3 - Ripercussioni sistematiche 19

1.3.1 - Il nuovo articolo 2247 19

1.3.2 - Il rispetto del numero chiuso e le società obbligatoriamente pluripersonali 23 1.3.3 - La crisi del principio di della responsabilità patrimoniale 25

1.4 La responsabilità dell’unico socio 30

1.4.1 La responsabilità da imputazione 30

1.4.2. La responsabilità da posizione nella fase pre societaria 32

2.1 - La fattispecie del “socio unico” 36

2.1.1 - Il requisito soggettivo: il concetto di “una sola persona” 36

2.1.2 - Il concetto di “appartenenza” 38

2.1.3 - Nozione di appartenenza totalitaria tra forma e sostanza 42

2.2 - I conferimenti 44

2.2.1 - I conferimenti in denaro 44

2.2.2 - I conferimenti in natura e il socio d’opera 49

2.3 - La pubblicità 51

2.3.2 - Criticità della normativa 57

2.3.3 - Adempimento tardivo 59

2.4 - Gli oneri impliciti 61

2.4.1 - Assicurare alla società mezzi patrimoniale - ed assetti organizzativi - adeguati 61

2.4.2 - Rispettare l’organizzazione sociale 62

3.1 - Contratti con sé stesso 65

3.1.1 - I contratti tra la società e il socio in generale 65

3.1.2 - Acquisti potenzialmente pericolosi pt.1 66

3.1.3 - I contratti di finanziamento tra la società e il socio 70

3.2 - I contratti tra la società e il socio unico 74

3.2.1 - Esegesi della disciplina 75

3.2.2 - Gli acquisti potenzialmente pericolosi pt.2 85 3.2.3 - I crediti del socio unico verso la società 86 4.1 - Assetti organizzativi della s.r.l. unipersonale 92 4.1.1 - Annacquamento della struttura corporativa 92 4.1.2 - Tipo sociale e modello di governance più adatto all’unipersonalità 94

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4.1.3. - Congenite disfunzioni 97 4.2 - Le decisioni dell’unico socio e l’amministrazione societaria 101

4.2.1 - Assemblea ridotta a un soliloquio 101

4.2.2. - Tracciabilità delle decisioni del socio unico e loro invalidità 107 4.2.3 - Coincidenza dell’unico socio con l’unico amministratore 108 4.2.4 - Nomina di un estraneo come preposizione institoria: critica 111 4.3 - Criticità gestorie e responsabilità dell’unico socio 113 4.3.1 - Carenze informative che derivano da una governance unipersonale 113 4.3.2 - Quali assetti adeguati ex art. 2381 c.c. e modelli idonei ex d.lgs. 231/2001 per una società

monosocio? 114

4.3.3 - Conflitto di interessi endemico 116

4.3.4 - Condizionamenti della giurisprudenza 121

5.1 - Il percorso verso la SUP 125

5.1.1 - Base giuridica e processo di approvazione 130

5.1.2 - L’evoluzione della proposta. 136

5.2 - La disciplina in tema di SUP 139

5.2.1 - Le disposizioni generali in materia di SUP. 139 5.2.2 - Fattispecie, soggetti e questioni in tema di sede legale/amministrazione centrale 143

5.2.3 - La costituzione e l’iscrizione on-line 149

5.2.4 - Quota unica, capitale sociale e tutela dei creditori 155

5.1.5 - Norme di chiusura 163

5.3 - Il potenziale impatto sul diritto italiano 164

Dottrina: 167 Dottrina europea: 182 Giurisprudenza: 184 Pronunce di merito: 184 Giudizi di cassazione: 187 Corte costituzionale 188 Sitografia: 189

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Capitolo 1

Per quanto un ordinamento possa essere efficiente, ci sarà sempre una certa distanza che separa la norma scritta, intrinsecamente statica, dalla realtà economica, continuamente in divenire, che si vuole regolare.

Nel caso delle società di capitali unipersonali, e nello specifico della s.r.l. unipersonale, colmare questa distanza è molto complicato. Dal punto di vista economico infatti, la platea dei soggetti potenzialmente interessata da questo istituto è estremamente vasta: per le piccole e medie imprese può essere la porta di ingresso al beneficio della responsabilità limitata; per le imprese familiari può essere uno strumento per agevolare la gestione dell’attività di impresa, anche in previsione di passaggi generazionali; può essere utilizzato inoltre dalle grandi società al fine di segmentare il rischio e per le holding come strumento per organizzare le varie aree aziendali.

Dal punto di vista giuridico la questione è altrettanto complessa in quanto questo istituto, oltre a disciplinare storicamente la fattispecie della unipersonalità sopravvenuta all’interno della compagine societaria, per morte o recesso degli altri soci, dal 2003 deve anche regolare la costituzione ab origine per atto unilaterale e la continuazione di attività di impresa individuali preesistenti tramite il conferimento dell’azienda.

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1.1 - La diffusione della s.r.l. unipersonale

Prima di analizzare la disciplina della s.r.l. unipersonale, dalla sua evoluzione alle sue peculiarità, può essere utile esaminare questo fenomeno alla luce dell’impatto che ha avuto all’interno dell’ordinamento e del contesto economico italiano.

Procedendo ad un’analisi empirica del fenomeno, basata sulla sua diffusione numerica, si rileva preliminarmente che diciotto mesi prima della riforma del 1993, le s.r.l. unipersonali erano circa ventimila, pari al 4,52% di tutte le s.r.l. attive, numero che è incrementato costantemente, arrivando a quota settantacinquemila nel 2007, (pari al 10% del totale), toccando il picco di 150.385 unità attive nel 2013 e andando poi a calare fino a raggiungere le 131.851 unità attive nel II semestre del 2016, pari al 12,67% di tutte le s.r.l.1.

Dal grafico è possibile notare come dal 2003 ci sia stato un deciso incremento di questa tipologia societaria, probabilmente dovuto alla cancellazione di due delle quattro ipotesi di responsabilità illimitata previste dal previgente art. 2497: il caso in cui l’unico socio fosse una persona giuridica e quello in cui il socio fosse sì persona fisica, ma contemporaneamente socio di un’altra società di capitali; l’effetto di questa modifica è stato quindi certamente l’aver reso la s.r.l.

1 I dati dal 2004 in poi sono stati forniti dalla Camera di Commercio di Milano e sono riportati in

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unipersonale uno strumento utile anche per le grandi imprese al fine di organizzare gruppi societari e segmentare il rischio.

Una volta quantificato il fenomeno “s.r.l. unipersonale”, l’ulteriore passo da compiere è quello di verificare come questo schema societario si sia collocato all’interno del tessuto economico italiano e delle sue dinamiche, quindi se e come abbia influenzato gli altri istituti che l’ordinamento ha messo a disposizione per svolgere l’attività di impresa.

All’interno del novero delle società di capitali, il nostro ordinamento ammette oltre alla s.r.l. unipersonale anche la s.p.a. in cui l’intero pacchetto azionario è in mano ad un singolo azionista.

Prima della riforma del 2003 non era ammessa la s.p.a. unipersonale ab origine, infatti il legislatore ammetteva, per questo tipo societario, solo l’unipersonalità sopravvenuta, la quale era disciplinata dal previgente art. 2362 c.c., ai sensi del quale per le obbligazioni sorte nel periodo di unipersonalità l’unico socio rispondeva illimitatamente. Dopo la riforma è stata introdotta anche la figura della s.p.a. unipersonale ab origine, che ha avuto una diffusione diversa da quella della “s.r.l.”, partendo con quasi 4100 società già nel 2004, pari al 9% di tutte le s.p.a., raggiungendo l’apice nel 2001 con circa 6450 unità, pari al 17% di tutte le s.p.a. e diminuendo fino ad arrivare alle circa 4700 unità del 2016. Questo andamento può essere interpretato come una tendenza del mercato a non utilizzare questo tipo societario, in quanto si è assistito a una concorrente diminuzione anche delle s.p.a. con più soci.

La s.p.a. unipersonale, ad una prima osservazione, si pone in concorrenza con la s.r.l. unipersonale in quanto, essendo entrambe società di capitali, permettono di accedere al beneficio della responsabilità limitata ed inoltre la disciplina dedicata s.p.a. è praticamente simmetrica a quella s.r.l.

In tema di costituzione, ad esempio, l’art. 2463 in tema di s.r.l. riprende la stessa formulazione dell’art. 2328 in tema di s.p.a. disponendo che questa può avvenire per contratto o atto unilaterale.

L’art. 2462 co. 2 per le S.r.l. e l’art. 2325 co. 2 per le s.p.a prescrivono, in caso di insolvenza della società quando i conferimenti non siano stati effettuati per

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intero, o fino a quando non sia stata data pubblicità delle indicazioni relative all’unico socio, la responsabilità illimitata dell’unico socio per le obbligazioni sorte nel periodo in cui l’intera partecipazione sia appartenuta all’unica persona. La stessa simmetria si ritrova anche negli artt. 2481-bis co. 5 e 2439, mediante rinvio all’art. 2342, ai sensi dei quali, in caso di aumento di capitale sottoscritto dall’unico socio, si dispone l’integrale versamento dei conferimenti. Allo stesso modo per i contratti stipulati tra società unipersonale e unico socio. In questo caso l’art. 2478 ultimo comma e 2362 ultimo comma, prevedono l’opponibilità nei confronti dei creditori societari solo a condizione che i contratti risultino dal libro delle decisioni degli amministratori o da atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento2.

In particolare, le differenze normative tra i due tipi di società di capitali unipersonali vengono fuori dal contesto di applicazione del corpus di norme a loro dedicate, da come questo si inserisce nel sistema generale delle s.p.a. e delle s.r.l. Ad esempio, in tema di gestione societaria bisogna evidenziare che qualora l’unico socio sia anche amministratore, le decisioni devono formarsi sempre rispettando le norme dettate per il tipo societario: risulta quindi inderogabile in ogni caso il principio di collegialità per le s.p.a. e in ogni caso la possibilità della collegialità attenuata per la s.r.l, in particolare la consultazione scritta che rende particolarmente semplice e celere la formazione della volontà sociale. Occorre evidenziare, innanzitutto, come la più grande differenza sia quella congenita al tipo societario, ossia la maggiore flessibilità del tipo s.r.l. rispetto alla s.p.a., che la rende più adatta a piccole realtà3. Dall’altra parte la s.p.a. unipersonale

può contare su una maggiore predisposizione a una futura circolazione di tutto o parte del pacchetto azionario, eventualità che potrebbe risultare necessaria in un’ottica di riorganizzazione aziendale e/o successoria, così da renderla uno strumento più adatto per l’organizzazione di gruppi societari o come Holding.

2 Per un’analisi dettagliata del parallelismo si veda CAGNASSO, La società a responsabilità limitata, in

Trattato di diritto commerciale diretto da Cottino, V, Padova, 2007, p. 8 ss.

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Dall’analisi dei dati, infatti, si può osservare come il 19% delle s.r.l. unipersonali dichiari la soggezione ad attività di direzione e coordinamento ex art. 2497-bis c.c., mentre per la s.p.a. unipersonale la percentuale arrivi quasi al 67%4.

Questo fa della s.r.l. unipersonale uno strumento più votato ad essere “indipendente” da dinamiche di gruppo, ossia un centro di interessi a sé stante, tanto che solitamente il potere gestorio è in mano all’unico socio il quale ricopre la carica di amministratore unico.5 Nelle s.p.a., quando l’unico socio è una persona

giuridica, si nota una forte tendenza di quest’ultima a replicare la propria forma di governance nella controllata.

Il legislatore, con l’introduzione della s.r.l. unipersonale, si era posto l’obiettivo di fornire uno strumento agli imprenditori individuali e alle società di persone, che potesse agevolare una loro trasformazione in s.r.l.

Nei lavori preparatori della legge delega contenuti nella Relazione Mirone, sub art. 3 n.1, si prefissava come, relativamente a queste altre forme (ma anche alle s.p.a.) “l’utilizzazione (...) deve diventare tendenzialmente inferiore a quella della s.r.l. se si vuole assecondare la propagazione del beneficio della responsabilità limitata al maggior numero possibile di imprese (...),” obiettivi che fino al momento della riforma del 2003 sono stati impediti dalla “circostanza che la disciplina della società a responsabilità limitata fu modellata in principio, salvo modifiche non essenziali e veramente marginali, sulla disciplina della società per azioni, così trasferendo all’istituto rigidità e oneri eccessivi rispetto al modello economico di riferimento. (...)” 6.

Per quanto concerne il rapporto tra società di capitali unipersonali e società di persone i dati non sono di facile, o almeno univoca, interpretazione. Sembrerebbe che il modello non abbia fatto breccia e che non si sia verificato l’auspicato passaggio da un tipo societario all’altro. Si vuole inoltre evidenziare come il numero complessivo di società di persone e quello di società di capitali unipersonali sia stato praticamente lo stesso fino al 2011; negli anni successivi le

4 NEGRI, Boom per la s.r.l. unipersonale”, in Il sole24ore, 2005.

5 Si evidenzia come l’amministratore unico sia, per questo tipo, la forma di gestione più diffusa. 6 ZANARONE, Introduzione alla nuova società a responsabilità limitata, in Riv. soc., 2003, 1, p.58.

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prime sono calate progressivamente di circa 70.000 unità, ma questa differenza, oltre ad essere molto esigua, non può essere totalmente attribuita alla concorrenza delle s.r.l. unipersonali, in quanto il loro aumento è stato sì pari, ma nel complesso ha dovuto compensare la diminuzione generale del numero di società di capitali. La riduzione delle società di persone va ricollegata quindi all’andamento economico generale, inoltre occorre evidenziare che anche la diminuzione di imprese individuali nello stesso periodo è stata molto ridotta7.

La grande diffusione della s.r.l. unipersonale dovrebbe essere collegata alla sua intrinseca semplicità, al contrario dei patrimoni destinati, i quali nonostante fossero stati ideati per evitare la moltiplicazione delle persone giuridiche, avevano delle criticità operative soprattutto in caso di insolvenza degli stessi. Il legislatore ha preferito quindi concentrarsi sulla semplificazione normativa puntando sulle s.r.l. unipersonali, tanto che non risultano attivi patrimoni destinati ad oggi.

1.2 - L’evoluzione normativa

Nell’ultimo secolo e mezzo l’atteggiamento del legislatore nei confronti delle società unipersonali non è stato uniforme. Da un’iniziale mancanza di interesse verso questa fattispecie, partendo dall’assunto che non c’è società senza sodalizio, è passato a un atteggiamento di parziale accettazione, considerando la società unipersonale come un soggetto societario in divenire, fino ad arrivare ad una conclusione totalmente opposta a quella di partenza confermandone la piena natura societaria.

L’istituto della s.r.l. unipersonale nel nostro ordinamento si è evoluto in modo non lineare e soprattutto non pienamente spontaneo: spinto dall’influenza portata

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dagli ordinamenti vicini8 e dall’obbligo di recepimento delle direttive europee9, si

è fatto largo, anche grazie all’introduzione di una normativa sulla direzione e sul coordinamento di società, in un contesto in cui invece il legislatore aveva previsto l’istituto dei patrimoni destinati ad uno specifico affare, aprendosi all’idea di separazione patrimoniale.10

1.2.1 - Dal Codice di Commercio al Codice Civile.

Prima dell’entrata in vigore del Codice Civile del 1942, nei confronti delle società unipersonali si assisteva ad un vuoto legislativo, in quanto a questa fattispecie, ab origine o sopravvenuta, non era dedicata nessuna norma del Codice di Commercio (sia nella versione del 1865 che in quella del 1882).

Il vuoto era riempito dalla dottrina, la quale era unanime nel considerare illegittima la costituzione di una società unipersonale, basandosi sulla natura contrattuale della società stessa11.

Per quanto riguarda l’unipersonalità durante societate si riscontravano diverse correnti di pensiero a seconda delle premesse in tema di attribuzione all’ente della personalità giuridica12.

La dottrina si divideva in una corrente minoritaria contraria alla sopravvivenza della società, e una corrente maggioritaria favorevole alla sopravvivenza della società anonima divenuta unipersonale. Tuttavia, la corrente maggioritaria non era unanime sulle conseguenze che l’unipersonalità aveva sulla responsabilità della

8 Ad esempio dalla diffusione in Italia dell’anstalten operanti nel nostro territorio, che ha generato un

ampio dibattito sul riconoscimento come persona giuridico da parte del nostro ordinamento di tali enti. A riguardo si veda Cass. 14 aprile 1980, n. 2414, in Foro it., con cui si riconosce alle persone giuridiche straniere un’istituzionale parità con quelle italiane.

9 Di centrale importanza la XII Direttiva, per la cui attuazione il parlamento ha delegato il Governo con

legge 19 febbraio 1992, n. 142, Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee (legge comunitaria per il 1991), in G.U. Suppl. ord. n.42 del 20 febbraio 1992; in attuazione della delega è stato emanato il d.lgs. n. 88 del 3 marzo 1993.

10 CAPELLI, Le società con un unico socio, Milano, 2012 p. 25.

11 Ai sensi dell’art. 1697 c.c. del 1865 “la società è un contratto col quale due o più persone convengono

di mettere qualche cosa in comunione, al fine di dividere il guadagno che ne potrà derivare”.

12 CAPELLI, Le società con un unico socio, cit., p. 27, nello specifico si veda la nota 8 per un dettaglio

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società: a chi prospettava la perdita del beneficio della limitazione della responsabilità13, si contrapponeva chi riteneva che il patrimonio, con l’attribuzione

della personalità giuridica, si dotava di vita propria indipendentemente dalla pluralità o meno dei soci14.

Per le società di persone si riteneva che il venir meno della pluralità dei soci comportasse il mantenimento della personalità giuridica ai soli fini della liquidazione societaria15.

Dopo la prima guerra mondiale il tema è stato affrontato in vari progetti di riforma del Codice di Commercio. Nel progetto D’Amelio del 1925, gli artt. 249 e 250 attribuivano a tutte le società commerciali la personalità giuridica, la quale, in caso di unipersonalità sopravvenuta, permaneva per la società anonima16.

Il successivo progetto Vivante del 193417 spicca ancora oggi per l’attualità dei

temi affrontati, nonostante siano state scelte soluzioni diverse. In questo progetto la società unipersonale veniva configurata come uno strumento “ponte” finalizzato a rendere più agevole l’accesso alla responsabilità limitata, senza dover ricorrere a forme di elusione delle norme sulla pluripersonalità, in modo da incentivare i piccoli attori economici, quali società familiari o la piccola industria, all’impiego di capitali.

La società unipersonale prevista da Vivante era sottoposta alla disciplina ordinaria della società anonima con alcune limitazioni, le quali venivano meno in caso di apertura della compagine sociale ad altri soci; nello specifico veniva meno

13 Si veda su tutti VIVANTE, Trattato di diritto commerciale. Le società commerciali, Milano, 1923, II,

p. 462 ss.

14 Un ulteriore argomento a sostegno di tale tesi era l’assenza di una previsione legislativa in tema di

scioglimento dell’anonima divenuta unipersonale, sul punto: BONELLI, A proposito della società con un solo socio, in Riv. dir. Comm., 1912, I, p. 261; ID., La personalità giuridica delle società anonime con un solo azionista, in Riv. dir. Comm,. 1911, I, p. 589 s: la società con un solo socio continua come persona giuridica, “nonostante che la società più non esista”.

15 L’art. 191 cod. comm. disponeva lo scioglimento delle società in nome collettivo ed in accomandita

per la morte, l’interdizione e l’inabilitazione, nonché per il fallimento di uno solo dei soci nella società in nome collettivo o di uno degli accomandatari nell’accomandita.

16 Per gli altri tipi societari si prevedeva il mantenimento al solo fine della liquidazione.

17 Progetto pubblicato successivamente anche da IBBA, La società a responsabilità limitata con un solo

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l’organo assembleare mentre il bilancio, previa revisione, veniva depositato con allegata la dichiarazione giurata del socio stesso.

Ancora attuale è la soluzione prevista per evitare il conflitto di interessi tra l’imprenditore individuale e la società: il progetto prevedeva che nello statuto fosse fissato un limite massimo al dividendo distribuibile e al compenso dovuto all’amministratore, nel caso in cui questa carica fosse ricoperta dal socio stesso18.

Nonostante la semplicità che la caratterizzava, la soluzione proposta da Vivante, presentava problemi sistematici, dovuti soprattutto alla difficoltà di stabilire la natura dell’ente da questa designato. L’istituto veniva sostanzialmente configurato come una “potenziale” società, ma formalmente, in base al nomen iuris, era una società a tutti gli effetti nonostante la mancanza di consoci. Questo portava, come evidenziato dallo stesso autore, ad usare il termine “società” per un istituto caratterizzato dall’unipersonalità, quindi ad interpretare estensivamente il termine fino ad arrivare a contraddirne il significato.

Sei anni più tardi un nuovo progetto di riforma, questa volta firmato da Asquini, si contrappose a quello di Vivante. Seguendo la dottrina maggioritaria del tempo, nel suo progetto considerò quella che riteneva essere l’unica fattispecie di società unipersonale possibile, quella durante societate.

La situazione di unipersonalità, a differenza del precedente progetto, non creava una potenziale società, ma anzi dava vita a una situazione di instabilità momentanea: se nell’arco di sei mesi non si fosse ricomposto il minimo legale per la costituzione di una società, al tempo tre soci sia per l’anonima che per la società a responsabilità limitata, la conseguenza sarebbe stata lo scioglimento dell’ente. Nei sei mesi concessi all’unico socio superstite per ricomporre la compagine societaria minima, questo manteneva la responsabilità limitata19.

18 Soluzione che permetteva anche una migliore capitalizzazione della società stessa.

19 Per approfondimenti si veda DE DONNO SFORZA, Le società unipersonali nell’esperienza francese

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1.2.2 - La normativa dal Codice Civile del 1942 alla riforma del

1993.

Il legislatore del codice del 1942, fece una scelta originale rispetto ai precedenti progetti. In primo luogo non ammise la fattispecie della società unipersonale ab origine, non accolse pertanto la proposta di Vivante in quanto la mancanza originaria della pluralità dei soci era causa di non omologabilità dell’atto costitutivo unilaterale per contrarietà del tipo20, ai sensi dell’art 2332 co. 1 n. 8,

richiamato dalla disciplina della s.r.l. dall’art. 2475 (entrambi nella loro formulazione originaria); così facendo il legislatore rimase fedele alla tradizione derivante dal diritto romano secondo la quale la società è un contratto tra più soggetti finalizzato al raggiungimento di un risultato comune21.

Per quanto concerne la fattispecie dell’unipersonalità durante societate il legislatore seguì la proposta di Asquini, rendendola però più restrittiva: se da un lato accolse la possibilità di un’esistenza temporanea per sei mesi, al fine di ricomporre la pluralità della compagine societaria, dall’altra, ai sensi degli artt. 2362 e 2497 co. 2 c.c. del 1942, non permise al socio superstite di godere della responsabilità limitata per le obbligazioni assunte in tale periodo.

La ratio di questa decisione fu quella di evitare che si potesse accedere, tramite un uso “distorto” dell’istituto, ad un’attività di impresa personale a responsabilità limitata, in modo da avere una netta divisione tra la normativa dedicata all’impresa collettiva e quella in tema di imprenditore, tanto che in un primo momento la giurisprudenza ha applicato la disciplina della responsabilità illimitata solo al socio unico persona fisica22.

Va evidenziato, in ogni caso, come il legislatore fosse consapevole che le disposizioni degli artt. 2362 e 2497 co. 2 sarebbero state “di difficile applicazione perché nessuno sarà così ingenuo da concentrare nelle proprie mani tutte le azioni”23 (o quote); per ovviare al problema, la dottrina propose di interpretare

20 Cfr. Trib. Cassino (decr.), 28 ottobre 1989, in Società 1990, p. 509. 21 NAZZICONE, Le società unipersonali, Milano, 1993. p. 16. 22 Sent. Cass. 25 marzo 1971 n. 848.

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estensivamente le norme, ricomprendendo nella fattispecie anche i casi in cui ci fosse una posizione predominante all’interno della società, tuttavia la giurisprudenza ha optato per un criterio più formalistico24.

1.2.3 - L’apertura alla società di derivazione non negoziale

La possibilità di costituire una società di capitali unipersonale è stata introdotta nel Codice Civile del 1993 per il solo tipo s.r.l. e dieci anni più tardi, nel 2003, per il tipo s.p.a.

Il percorso che ha portato a questa “rivoluzione copernicana” ha avuto inizio già negli anni ‘70; infatti, prima del recepimento della XII Direttiva Comunitaria 89/677/CEE, il nostro legislatore ha consentito in specifici casi la costituzione di società di capitali unipersonali25, mettendo quindi in discussione il postulato stesso

della matrice contrattuale della società.

Già nel 1991, con il recepimento della VI direttiva europea,26 è stato

definitivamente ammesso nel nostro ordinamento l’istituto della scissione, ossia l’operazione straordinaria tramite la quale è possibile costituire una società indipendentemente dalla stipula del contratto27. L’altro fenomeno che ha anticipato

24 Per una ricostruzione più precisa del dibattito si rimanda a BERARDINO LIBONATI, Scritti giuridici

vol.II, p. 1383 - 1385.

25 Si veda ad esempio l’art. 5, l. 22 marzo 1971, n.184, con la quale si permetteva ad alcune grandi

partecipate statali (EFIM, ENI, IMI e IRI) di costituire s.p.a. completamente partecipate al fine investire in società strategiche e/o allo scopo di mantenere livelli occupazionale o altre leggi speciali quali art. 17 l. 2 maggio 1976 n. 183; art. 5 l. 3 aprile 1979 n.95; art. 1 l. 27 febbraio 1985 n.51 l’art. 1 co.2 della Legge Amato (l. 218/1990).

26 Sesta direttiva, 17 dicembre 1982 n.891, attuata con il d.lgs 16 gennaio 1991 n.22.

27 Prima del 1993 la dottrina non era unanime sul punto: la tesi maggioritaria era che tramite la scissione

si sarebbe creata una società per “effetto di un atto unilaterale di esercizio di un potere dispositivo espressamente conferito per perseguire i fini propri della scissione” SERRA A., Scissione e modificazione del contratto sociale, in Il Contratto, Silloge in onore di G. Oppo, II, Padova 1992, p. 677. A favore di questa tesi anche IBBA, Scissione, scorporo e società unipersonali, in Riv. dir. Civ., 1991, II, p. 702 ss.; per la tesi minoritaria, riconducibile inter alia a FERRA, La scissione delle società, in Riv. Soc., 1991, p. 212 ss., invece sarebbero i soci della società scissa a deliberare, contestualmente alla scissione,atto costitutivo e statuto della nuova società, tanto che l’operazione straordinaria di scissione poteva essere attuata solo mediante la sottoscrizione nella beneficiaria da parte di due o più soci.

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la riforma del 1993 è stato quello delle “privatizzazioni”28, a seguito del quale il

legislatore, tramite leggi speciali, ha previsto la possibilità di costituire una società mediante negozio unilaterale dell’ente pubblico, ovvero la trasformazione diretta con atto normativo degli enti di gestione, caratterizzati da scopi eterogenei rispetto al diritto delle società, in s.p.a., in ogni caso prevedendo ipotesi che hanno i requisiti di specialità ed eccezionalità, quindi prive di valenza generale. Va evidenziato come la possibilità di costituire tali s.p.a. completamente partecipate da un ente pubblico fosse stata avvallata sia dalla cassazione, per la quale la plurisoggettività non costituiva un requisito di ordine pubblico29, sia dalla Corte

Costituzionale, per la quale la pluralità dei soci risultava “essere significativamente modificata, nel senso di un’evoluzione del sistema positivo verso il superamento del socio unico”.30

Prima del 1993 il legislatore italiano era contrario all’ammissibilità della società unipersonale, tanto che il citato art. 2332 co. 1 n. 8 (nella sua formulazione previgente) dettava come caso di nullità della società la mancanza della pluralità dei soci; fattispecie che, tranne nei casi in cui si voglia colpire casi di pluralità simulata, risulta puramente scolastica.

Con il recepimento della XII Direttiva, finalizzata all’armonizzazione del diritto societario europeo, il legislatore italiano ha esteso la possibilità di costituire una s.r.l. unipersonale a tutti i soggetti.

28 inter alia art. 5 l. 3 aprile 1979 n.95 sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi che

consente alle società consortili di “costituire nuove società per azioni (...) ai fini dell’acquisto di aziende, complessi aziendali o impianti appartenenti alle imprese poste in amministrazione straordinaria; art. 1 l. 27 febbraio 1985 n.51 che permetteva all’Azienda Tabacchi Italiani s.p.a. di costituire con sottoscrizione integrale delle azioni s.p.a. finalizzate al trasferimento e/o conferimento di partecipazioni azionarie o altre attività; l’art. 1 co.2 della Legge Amato (l. 218/1990) che permetteva all’ente pubblico di costituire una società mediante negozio unilaterale o mediante trasformazione degli enti di diretta gestione, con atto normativo, in società per azioni.

29 Cass., 14 aprile 1980 n.2414, in Foro it., 1980, I, 1303.

30 C. cost. 5 febbraio 1992 n.35, in Foro it., 1992, I, 1047 e in Giur. Cost., 1992, p. 2324 con nota critica

di DEVESCOVI, La società unipersonale è già realtà. La consulta ha rigettato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 co.2, legge Regione Sicilia n.39/1991 ai sensi della quale si permetteva la costituzione di una s.p.a. Finanziaria partecipata interamente dalla regione, per contrasto con l’art. 2247 e il principio di pluralità dei soci.

(18)

Il legislatore del tempo fu posto di fronte a una scelta, poiché l’art. 7 della direttiva CEE31, oltre all’opzione scelta della società unipersonale, attribuiva la

possibilità di introdurre l’alternativa32 figura dell’impresa individuale a

responsabilità limitata, così da sancirne la tendenziale equivalenza funzionale33.

Il motivo per cui il legislatore italiano ha scelto la società unipersonale, alla stregua della grande maggioranza di quelli europei, va verosimilmente trovata nel fatto che “in termini di tecnica legislativa, la ricerca di una disciplina idonea a fornire le necessarie garanzie e cautele può ben più facilmente avvenire utilizzando schemi largamente collaudati e ben conosciuti anche dalla prassi”34.

Il recepimento della direttiva e l’apertura a tale possibilità è stato fatto, alla stregua di quanto fatto in Belgio35, tramite due operazioni di novellazione. Il primo

intervento è stato quello di modificare la rubrica dell’art. 2247, la quale è passata da “definizione di società” a “contratto di società”. Si è avuto pertanto un “declassamento” della norma, la quale da definizione generale di società è passata alla definizione più limitata di contratto di società. Il secondo intervento è stato fatto introducendo l’attuale art. 2463 co. 1 (previgente art. 2475), il quale prevede la possibilità di costituzione unilaterale della società. Il legislatore ha disciplinato la s.r.l. unipersonale senza modificare la disciplina generale della s.r.l, ma prevedendo delle specifiche regole per gli istituti dei conferimenti, della pubblicità e delle operazioni con il singolo socio.

31 “Uno Stato membro può non consentire la società unipersonale quando la sua legislazione preveda, a

favore degli imprenditori unici, la possibilità di costituire imprese a responsabilità limitata ad un patrimonio destinato ad una determinata attività, purché per questo tipo di impresa siano previste garanzie equivalenti”.

32L’alternatività data dall’equiparazione dei due istituti è stata evidenziata da ZANARONE, S.r.l. contro

s.p.a. nella legislazione recente, in Giur. Comm. 1995, I, p. 66 e in Studi in onore di G.Cottino, Vol. II, Padova, 1997 pag. 1035 ss e da IBBA, La s.r.l. unipersonale fra alterità soggettiva e separazione patrimoniale,in Riv. Dir. Civ., 1997 p. 541 e ss.

33 SPADA, Persona giuridica e articolazione dei patrimoni: spunti legislativi recenti per un antico

dibattito, in Riv. dir. Civ., p. 842.

34 ANGELICI, Il progetto di direttiva C.E.E sulla società unipersonale, in Riv. dir. comm. 1988, I, p. 404,

si veda anche SCOGNAMIGLIO, La disciplina della s.r.l. unipersonale, in Giur. Comm., 1994, I, p. 237. A riguardo si veda la critica di IACCARINO, Le società unipersonali “il giorno dopo”, in Società, p. 681 secondo il quale la scelta del legislatore “è destinata a rimanere un’incongruenza nel nostro ordinamento” prediligendo la scelta dell’imprenditore individuale a responsabilità limitata.

35 Dopo la L. 14 luglio 1987 è stata sostituita la denominazione del titolo IX del libro III del Code civil,

(19)

1.3 - Ripercussioni sistematiche

1.3.1 - Il nuovo articolo 2247

Occorre riflettere36 sul perché il legislatore abbia scelto di introdurre la

possibilità di costituire una s.r.l. unipersonale con le modalità descritte, dato che avrebbe potuto utilizzare un principio di specialità come in passato, rendendo così inutile il cambio della rubrica dell’art. 2247.

A favore del legislatore bisogna evidenziare come la sua scelta sia stata quanto meno necessaria per collocare il contratto di società all’interno del più ampio insieme delle società, ormai non più esauribile solo in un fenomeno puramente contrattuale. Nonostante questo la sua scelta appare timida sotto diversi profili in quanto sarebbe stata, alla stregua dell’esperienza francese37, raccomandabile una

nozione generale in termini estensivi della definizione di società con una previsione espressa di unipersonalità38.

A seguito della generale ammissibilità della genesi acontrattuale della società, la dottrina si è interrogata sull’applicabilità del novellato art. 2247 alle società nate per atto unilaterale, chiedendosi se fosse possibile per le società unipersonali ab origine essere configurate, ad esempio, senza il criterio del lucro soggettivo39.

Parte della dottrina, nell’immediato post riforma, continuava a respingere la costituzione unilaterale dal novero delle fonti di organizzazione societaria, in quanto “l’autonomia privata non può come tale fondare una società senza contratto”40. Per i sostenitori di questa tesi la società unipersonale dovrebbe

configurarsi quindi come una fondazione lucrativa, con la peculiarità di potersi

36 IBBA, La società a responsabilità limitata con un solo socio, cit., p. 5 ss.

37 L’art. 1832 del Cod.civ. francese, modificato dalla L. n. 85-697 stabilisce che «la société est instituéè

par deux un plusieurs personnes qui conviennent par un contrat d’affecter à une enterprise commune des biens ou leur industrie, en vue de partager le bénéficie ou de profiter de l’économie qui pourra en résulter. Elle peut être instituée, dans les cas prévus par la loi, par l’acte de volonté d’une seule personne».

38 CAPELLI, Le società con un solo socio, cit. p. 45 ss.

39 Cfr. IBBA, La società a responsabilità limitata con un solo socio, cit., p. 16 ss.

40 OPPO, Società, contratto, responsabilità (a proposito della nuova società a responsabilità limitata),

in Riv. Dir. Civ.. 1993, II., p. 183 s.: la società a responsabilità limitata unipersonale, per questa corrente dottrinale, non è, in realtà, una società, né come contratto né come rapporto, poiché non esiste né l’uno né l’altro.

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trasformare in un vero rapporto sociale in caso di sopravvenuta pluripersonalità. Il nome “società” sarebbe attribuito per una mera esigenza pratica, proprio come sottolineato da Vivante, secondo il quale “la lenta e scarsa terminologia del diritto vede spesso slargarsi fino alla contraddizione il significato dei nomi e delle definizioni”41.

Contro questo orientamento dottrinale sono state mosse varie critiche. In primis va detto che il dettato normativo attribuisce all’ente costituito per atto unilaterale la qualifica di società, non a caso, dato che la XII Direttiva permetteva di introdurre in alternativa la figura dell’impresa individuale a responsabilità limitata, ne consegue una scelta consapevole da parte del legislatore42.

Ulteriori argomentazioni contrarie derivano dal fatto che il nostro ordinamento, alla stregua di quello tedesco, richiede il riconoscimento della fondazione dall’autorità competente43, inoltre non ammette la possibilità di trasformazione

societaria a seguito di cessione di partecipazioni, in quanto è richiesta una manifestazione di intenzione da parte dell’ente trasformando, quindi, in tal senso, non è permesso che avvengano trasformazioni da meri mutamenti fattuali.

Per dare una collocazione sistematica del nuovo art. 2247 è utile analizzare la questione da un punto di vista funzionale. Nonostante con la riforma del 1993 non

41 “E conserva il nome di cambiale, di deposito, di società in nome collettivo a quegli istituti che non

coprono più affari di cambio, di vero deposito o di società in nome collettivo dei soci” VIVANTE, contributo alla riforma delle società anonime, in Riv. dir. comm., 1934, I, p. 309; facendo notare che bisogna mirare alla sostanza dei problemi.

42 ZAMPERETTI, La società unipersonale a responsabilità limitata. Organizzazione interna e

procedimenti decisionali. Milano, 1996, p. 27 ss.

43 Il fondatore, e questo segna una differenza ancor più netta, si spoglia definitivamente della disponibilità

dei beni destinati allo scopo indicato dall’atto costitutivo, beni su cui si costituisce un vincolo di destinazione che non può venir meno né per la volontà del fondatore stesso, né degli amministratori, né dell’autorità governativa fino a quando lo scopo statutario sia attuabile ai sensi dell’art. 15 c.c. Il negozio di fondazione può essere revocato solo fino al momento dell’avvenuto riconoscimento, o al più tardi, fino al momento di inizio dell’attività dell’ente.

Ai sensi del successivo art. 16 ogni modifica dell’atto costitutivo o dello statuto richiede l’approvazione dell’autorità governativa. Da queste disposizione risulta evidente come la fondazione si oggettivizza in un’entità patrimoniale che prescinde dalla persona del fondatore per tutti gli eventi successivi al riconoscimento; dal lato della società unipersonale invece il socio unico si trova ad assumere in sé e a esercitare tutti i poteri necessari al raggiungimento dello scopo sociale caratteristici dell’assemblea ZAMPERETTI, La società unipersonale a responsabilità limitata, cit., 27 ss.

Cfr ZOPPINI, Le fondazioni. Dalla tipicità alle tipologie, Napoli, 1995, p. 156 il cui l’autore segnala come un confronto più utile andrebbe fatto non tra la fondazione e la società unipersonale, ma tra la fondazione e la società senza soci (Keinmanngesellschaft).

(21)

siano stati introdotti limiti oggettivi alla possibilità di costituzione unipersonale, ma solo soggettivi, è evidente come il sistema delineato dal d.lgs. 88/1993 sia dedicato alle piccole e medie imprese: a seguito della riforma la responsabilità limitata era infatti riconosciuta solo al socio persona fisica che non fosse contemporaneamente socio di un’altra società di capitali e al socio persona giuridica, limite questo che rendeva l’istituto inidoneo in un’ottica di organizzazione di gruppi di società44.

Alla luce di questi limiti si può affermare di essere passati da uno schema eccezionalmente consentito per ragioni di politica economica ad uno di promozione per le piccole e medie imprese, fino ad avere uno schema generale che, dal 2003, ha pienamente cittadinanza societaria. A seguito di questa ricostruzione evolutiva risulta evidente come l’art. 2247, nonostante il cambio di rubrica, che sarebbe un elemento privo di autonoma portata precettiva45, descriva

ancora i fondamenti del fenomeno societario e, pertanto, indipendentemente dalla costituzione contrattuale o per atto unilaterale, la società risultante deve avere gli elementi da questo descritti. La nozione di società non risulta più strettamente connessa alla sussistenza di un gruppo di persone, quanto piuttosto alla scelta, anche individuale, di uno specifico schema organizzativo.46

Un altro punto dibattuto all’indomani del recepimento della XII Direttiva è stato quello della possibilità di costituire una società tramite testamento, quindi tramite atto unilaterale mortis causa.

La dottrina non è unanime sul punto, ad una corrente minoritaria, che non scarta a priori tale possibilità47, si contrappone la corrente maggioritaria che considera la

questione una “boutade giuridica”48.

44 Questi limiti sono venuti meno dopo il 2003, quando tutta la disciplina ha trovato una diversa

collocazione funzionale già analizzata in precedenza.

45 SCOGNAMIGLIO, La disciplina della S.r.l. unipersonale: profili ricostruttivi, cit., p. 237. 46 ANGELICI, Il progetto di direttiva C.E.E. sulla società unipersonale, cit., p. 403.

47 IBBA, La società a responsabilità limitata con un solo socio, cit., p.40; CAMPOBASSO (a cura di),

Armonie e disarmonie nel diritto comunitario delle società di capitali, Milano, 2003, 2, p. 1581 in cui si sottolinea che l’espressione “atto unilaterale” debba intendersi in senso ampio; ABBADESSA - PORTALE (diretto da), Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum G.F. Campobasso, II, Torino, 2006, p.273 s.

48 DI PAOLO, La costituzione per testamento di società a responsabilità limitata con un unico socio:

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L’ammissibilità di questa possibilità potrebbe far leva sul principio “ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”, in quanto il legislatore negli artt. 2328 co. 1 e 2463 co. 1 fa riferimento alla possibilità di costituzione della società tramite contratto o atto unilaterale (inter vivos), mentre nell’art. 2821 co. 2, ad esempio, ha stabilito espressamente il divieto di concedere ipoteca per testamento.

La possibilità di costituzione societaria tramite atto mortis causa è basata, inoltre, sulla presunta affinità tra la società unipersonale e la fondazione, la quale può essere costituita tramite testamento, configurando la società unipersonale come fondazione lucrativa.

Oltre agli argomenti contrari visti in precedenza, questa ricostruzione si scontra con dei problemi di applicabilità insormontabili, in quanto l’art. 13 del C.C. segna una netta distinzione tra i soggetti riconducibili al libro primo e quelli appartenenti, come lo è la società unipersonale di diritto, al libro quinto.

Ammettendo, per assurdo, la possibilità di costituire tramite testamento una società si incontrerebbero altri ostacoli: il primo di questi è rappresentato dalla volontà costitutiva del testatore, la quale sarebbe totalmente separata dalla volontà partecipativa alla società in capo al beneficiario. Il nostro ordinamento non permette tale scissione: l’unico istituto che potrebbe avere una qualche affinità sarebbe quello della pubblica sottoscrizione, ma anche in questo caso i sottoscrittori, benché non promotori, partecipano alla stipula dell’atto costitutivo manifestando quindi la loro volontà.

In definitiva, da un punto di vista pratico, la questione sembrerebbe inutile, in quanto basterebbe destinare i beni, il denaro o l’azienda, ad un beneficiario con l’onere di costituire una società unipersonale, procedura più veloce, meno perigliosa dal punto di vista interpretativo e accettata dal nostro ordinamento.

delle società, Padova, 2005 p. 32; MERLO, Costituzione di società unipersonale mediante testamento, in Società, 2009, p. 1085-1089.

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1.3.2 - Il rispetto del numero chiuso e le società

obbligatoriamente pluripersonali

Con l’introduzione delle società unipersonali il legislatore non ha voluto creare un “nuovo” tipo di struttura organizzativa, ovvero una nuova fattispecie, rispettando così il principio del numerus clausus espresso dall’art. 2249 c.c.

Questa società costituisce “una mera variante di un tipo pensato quale codice organizzativo di un’impresa entificata, collettiva o individuale” che, in rispetto dei limiti imposti dalla legge, sia in versione unipersonale che pluripersonale, beneficia del regime della responsabilità limitata49.

Il legislatore ha quindi introdotto una nuova disciplina, la quale, al regime tipico della limitazione della responsabilità proprio delle società di capitali, ha affiancato un regime alternativo e latamente “sanzionatorio” da applicare in difetto degli obblighi pubblicitari e di conferimento integrale in capo all’unico socio50.

La correttezza della suddetta impostazione, alla quale è dedicata una duplice disciplina, viene confermata, ad esempio, dal mancato obbligo, desunto a contrariis dall’art. 2250. co. 4 c.c51, imposto dal legislatore di utilizzare nella

denominazione espressioni che palesino lo stato di unipersonalità.52 Questo

mancato obbligo non deve essere letto come un divieto53, ma come facoltà, tenendo

49 SCIUTO, sub art. 2362, in ABRIANI-STELLA RICHTER JR., Codice ipertestuale delle società,

Torino, 2010.

50ABRIANI-MONTALENTI, La costituzione, in ABRIANI - AMBROSINI - CAGNASSO -

MONTALENTI, Le società per azioni, in Tratt. Cottino, IV,1, Padova, 2010, p. 90 e s. posizione condivisa anche da PIRAS, Le nuove frontiere della unipersonalità societaria: Saturno non divorerà più i suoi figli?, in ABBADESSA-PORTALE (A cura di), Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum G.F .Campobasso, I, cit., p. 344.

51 “Negli atti e nella corrispondenza delle società per azioni e a responsabilità limitata deve essere indicato

se queste hanno un unico socio”.

52 Obbligo che invece è stato imposto alle S.r.l. semplificate e che permane tutt’oggi per la s.r.l. a capitale

ridotto ex art. 2463-bis. Tale impostazione è stata confermata anche dal Trib. Bologna, 27 febbraio 1996, in Riv. not., 1997, p. 1343: «è omologabile l’atto costitutivo di una s.r.l. unipersonale anche se nella denominazione sociale non compaiono né le generalità del socio fondatore (...) né la caratteristica dell’unicità di appartenenza del capitale sociale (...)».

53 Anche se il Trib. Napoli, 27 ottobre 1998, in Società, 1999, p.612 con commento critico di

NAZZICONE si è espresso con una pronuncia di merito opposta ritenendo che: « è illegittimo l’inserimento, nella denominazione sociale, dell’espressione “unipersonale”, perchè essa è modificabile

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sempre conto che, in caso si pluripersonalità sopravvenuta, sarebbe necessario un cambio della denominazione societaria, quindi un cambio dell’atto costitutivo.

Parrebbe opportuno omettere “unipersonale” nella denominazione sociale qualora non si preveda una duratura concentrazione dell’intera partecipazione sociale in capo ad un unico socio.

Se l’unipersonalità non configura un nuovo tipo societario, ma solo una “variante” societaria, si può procedere ad un’analisi di compatibilità con i vari tipi societari.

Per quanto riguarda le S.r.l. la variante unipersonale non è in contrasto né con la S.r.l. semplificata né con quella a capitale minimo e nessun problema si configura con la S.p.a.

Unico caso problematico per questi due tipi societari si ha quando queste sono delle società consortile, poichè ai sensi dell’art. 2615-ter c.c. devono perseguire “gli scopi indicati nell’art. 2602” il quale fa riferimento ad un’organizzazione comune tra “più imprenditori“54.

La possibilità di costituzione unipersonale e funzionamento sine die di una società cooperativa è incompatibile con quanto previsto dall’art. 2522 c.c. che prevede la necessaria pluralità dei partecipanti.

Non sembrerebbe, ab origine, applicabile questa variante nemmeno alla società in accomandita semplice e in accomandita per azioni, poichè, per definizione, necessitano di due categorie di soci, accomandanti e accomandatari, quindi almeno di due soci, uno per categoria.

Può essere uninominale invece la società tra professionisti55. In questo, caso al

posto di avere uno strumento per fronteggiare profili di particolare complessità

soltanto con una deliberazione dell’assemblea straordinaria ed è idonea ad ingenerare il falso convincimento che alla società non possano partecipare altri soci)».

54 DI RIENZO, Gli effetti della riforma sulla disciplina delle società consortili, in Riv. soc., 2006, p. 206

ss.

55 Tale possibilità è desunta dall’art. 10 co.3 della legge di stabilità 183/2011. L’articolo in questione,

modificato dall’art. 9-bis co.1, lett. a), del d.l. 24 gennaio 2012, n.1, stabilisce che “è consentita la costituzione di società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile. Le società cooperative di professionisti sono costituite da un numero di soci non inferiore a tre”. Sul tema DE STEFANI, Società uninominali per gli Albi, in Il Sole 24 Ore del 23 novembre 2011.

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assunti dall’attività richiesta56, che mal si prestano ad essere svolti da un’unica

persona, si ha invece uno strumento utile per la limitazione del rischio nello svolgimento dell’attività professionale, come ad esempio in caso di nomina come curatore fallimentare.

Per quanto concerne le società di persone, l’unipersonalità è una caratteristica che può essere solo sopravvenuta ai sensi dell’art. 2272 n.4 c.c.

In conclusione l’unipersonalità non può essere considerata una variante trasversale tra i diversi tipi societari.

1.3.3 - La crisi del principio di della responsabilità patrimoniale

L’art. 2740 c.c. esprimeva uno dei principi cardine del nostro ordinamento giuridico, quello della responsabilità patrimoniale.

Ai sensi del primo comma “ciascun debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”, ma anche passati, cioè già usciti dalla sua sfera patrimoniale, se sussistono i presupposti per l’esercizio dell’istituto della revocatoria, ordinaria o fallimentare.

Questo principio è andato «in pezzi”57 in quanto “il legislatore del 2003 ha (...)

arricchito il contenuto della norma di rinvio di cui all’art. 2740, 2°comma c.c» introducendo «un’ipotesi ulteriore (...) in cui, in deroga a quanto stabilito dal 1° comma dello stesso art. 2740, è normativamente ammessa la limitazione della responsabilità»58

L’effetto di tale deroga è significativo, soprattutto se si considera la possibilità per l’unico socio, che ha già separato il suo patrimonio personale da quello dell’impresa, di “segmentare” ulteriormente quest’ultimo costituendo patrimoni destinati (ex art. 2447-bis co. 1, lett. a) o stipulando contratti di finanziamento di singoli affari (ex art 2447-bis co. 1 lett. b).

56 Si veda la Relazione di accompagnamento sub art. 28, lett. b), l.fall., introdotto dal d.lgs n5/2006.

Sull’argomento VACCHINO, Nomina di due curatori e natura “unipersonale” della curatela, Nota a Trib. Ivrea, 30 maggio 2006, in Fallimento, 2007, p. 71 ss.

57 OPPO, Le grandi opzioni della riforma e la società per azioni, in Riv. dir. Civ., 2003, I, p. 474. 58 PIRAS, Le nuove frontiere della unipersonalità societaria: Saturno non divorerà più i suoi figli?, cit.,

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La possibilità di segmentare il patrimonio e, di conseguenza, la responsabilità, fa tendere il principio verso una sempre maggiore “specializzazione” andando a configurare la c.d. “impresa multidivisonale”, ossia imputata ad un unico soggetto, ma articolata in molteplici settori e/o attività dotati di autonomia contabile e amministrativa, ma non giuridica.

Il legislatore ha previsto come contraltare dei casi in cui il socio unico perde il beneficio della responsabilità limitata, ma questo non basta. L’unico socio, infatti, risponde illimitatamente solo in via subordinata all’insolvenza della società e per le obbligazioni contratte solo nel periodo di detenzione totalitaria delle partecipazioni.

La scelta del legislatore di derogare al principio della responsabilità patrimoniale (e del suo corollario dell’indivisibilità patrimoniale), avvertito come una “palla al piede”, è quella di favorire lo sviluppo del sistema economico, quindi quello di creare un “volano” per rilanciare l’economia, estendendo tale possibilità anche all’imprenditore individuale, uno degli attori più diffusi in Italia.59

La dottrina è unanime nel concordare che il principio espresso dall’art. 2740 co. 1 dovesse essere superato, però sulla valutazione della congruità del mezzo rispetto allo scopo le opinioni sono diverse. In altre parole ammesso «che sia buona cosa superare, a una o altra condizione, il principio della responsabilità illimitata nell’esercizio di attività economiche, occorre che ciò avvenga non solo nel rispetto della parità di trattamento tra debitori e tra creditori ma con garanzie sostanziali adeguate; il che non può dirsi avvenga (...) nella rivoluzionaria innovazione della s.r.l (e delle s.p.a. dopo il 2003) unipersonali.» 60

Questo dibattito si pone in risonanza e presenta parallelismi con quello scaturito a seguito dell’introduzione dell’istituto dell’esdebitazione.

In quest’ultimo caso una posizione, in nome dello sviluppo dell’economia, considera l’istituto come una possibilità per consentire al fallito di crescere, mettendo a frutto la passata esperienza e di diventare nuovamente parte “attiva”

59 PIRAS, Le nuove frontiere della unipersonalità societaria: Saturno non divorerà più i suoi figli?, cit.,

p. 339.

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del tessuto economico. La posizione contrapposta pone l’attenzione sui creditori del fallito, imprenditori a loro volta (e che di quel tessuto sono parte fondamentale), che sostanzialmente pagano per gli errori commessi da altri.61

questa posizione sottolinea come, per garantire lo sviluppo dell’economia, la condizione necessaria sia quella del “rispetto del principio fondamentale della responsabilità patrimoniale del debitore”62.

Anche il legislatore, nella Relazione illustrativa al d.lgs. n. 5/2006, condivide la preoccupazione di scongiurare «distorsioni nei comportamenti del debitore insolvente», al fine di evitare che si configuri un vero e proprio privilegio per il debitore e che il sistema si sbilanci a danno dei creditori, in totale contrasto con il fine di ottenere lo sviluppo dell’economia, in quanto «irrigidirebbe il sistema creditizio bancario e finanziario, ma anche del sistema delle forniture, così rallentando il ciclo economico».

Anche per la responsabilità, mutatis mutandis, le stesse posizioni si possono riprendere nel passaggio dalla tradizionale concezione della “universalità - concorsualità” a quella innovativa della “specializzazione” della responsabilità (con la sua conseguente limitazione), passaggio che «implica una traslazione del rischio a carico dei c.d. creditori involontari (il cui credito si fonda su un titolo non contrattuale) e di quelli volontari ma deboli (che, pur in possesso di un titolo contrattuale, non ne hanno potuto negoziare le condizioni), i quali saranno spesso a loro volta imprenditori (si pensi ad es. a piccoli fornitori) sicchè non è da escludere che il meccanismo scelto per rendere appetibile l’intrapresa di nuove iniziative economiche finisca per avere ripercussioni negative sulla “vitalità” di quelle già esistenti»63.

Sarebbe stato opportuno, per ovviare a questo problema, introdurre anche nella disciplina delle società unipersonali la distinzione tra obbligazioni ex delicto e indebitamento volontario.

61 SANTI, L’esdebitazione del fallito: un premio per il fallito o un’esigenza del mercato?, in Studi in

onore di Carmine Punzi, Torino, 2008, V, p.135 ss.

62 CARRATA, Dell’esdebitazione del fallito e della sua illegittimità costituzionale, in Giur. it., 2009, p.

403 ss.

63 IBBA, Potere e responsabilità nelle società di capitali unipersonali, in SCOGNAMIGLIO (a cura di),

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Le vittime degli illeciti non scelgono di diventare tali, per cui nei loro confronti sarebbe irrazionale far operare la limitazione della responsabilità. Di questa distinzione, infatti, il legislatore ha tenuto conto nel formulare l’art. 2447-quinquies co. 3 ultimo inciso in tema di patrimoni destinati (ai sensi del quale la società che li ha creati risponde illimitatamente per le obbligazioni derivanti da fatto illecito) e l’ar. 142 co. 3, lett b) l.fall. (che esclude dal beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti “i debiti per il risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale, nonché le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti”).

La condizione necessaria, affinché il sistema giuridico economico funzioni correttamente, in ogni caso, è che gli strumenti predisposti dal legislatore siano correttamente utilizzati dagli operatori, e, al contempo, rigorosamente interpretati dai giudici.

In parallelo la società è uno strumento tecnico in mano della compagine societaria, la cui propensione a prestarsi ad un uso distorto è indipendente da quanti elementi questa sia composta. Non ci sono ragioni per cui una società con più soci, in cui uno solo detiene una percentuale sostanzialmente totalitaria, lasciandone agli altri una infinitesima, possa godere della limitazione della responsabilità, mentre invece una con un solo socio no64.

Il punto chiave è trovare un equilibrio tra il bisogno di «favorire la nascita, la crescita e la competitività delle imprese» (art. 2, lett. a) della l. 3 ottobre 2001, n.366) e la tutela dei creditori.

Il corretto funzionamento del mercato non è un onere solo del legislatore, il quale, per quanto si impegni, non potrà mai creare una legge tanto perfetta da prevenire tutti i possibili comportamenti elusivi degli operatori. Sono proprio questi ultimi a giocare un ruolo chiave per il raggiungimento dello scopo, operando in modo etico, corretto e in buona fede. Qualora questo non avvenga, sta ai giudici

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reprimere i fenomeni degenerativi, anche a costo di rendere “più leggero” il “velo” della personalità giuridica65.

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1.4 La responsabilità dell’unico socio

La società unipersonale per usufruire del beneficio della responsabilità limitata deve rispettare due condizioni: una inerente ai conferimenti ai sensi dell’art. 2464 (commi 3 e 7) e l’altra alla pubblicità ai sensi dell’art. 2470 co. 4.

Quando queste condizioni sono rispettate, la società diviene un autonomo centro di imputazione perfettamente autonomo, senza che vi siano ripercussioni, sul piano della responsabilità, nella sfera soggettiva dell’unico socio.

L’impostazione della riforma si differenzia dall’originale impianto del ‘42 soprattutto in caso di insolvenza della società, infatti questo presupposto non è più idoneo ad esporre l’unico quotista alla responsabilità illimitata, anche se solo per talune obbligazioni.

Allo stato attuale, l’insolvenza degrada a mero presupposto, in quanto in caso di sua presenza, il beneficio della perfetta separazione patrimoniale viene meno solo in caso non siano rispettate le condizioni sui conferimenti e sulla pubblicità.

Il socio unico quindi, allo stato attuale, gode della limitazione della responsabilità66:

a) sia quando, nonostante non abbia adempiuto alle previsioni sui conferimenti e sulla pubblicità, la società non è insolvente;

b) sia quando, la società ha osservato tali previsioni e la società risulta insolvente.

1.4.1 La responsabilità da imputazione

Occorre considerare cosa succeda nel caso in cui emerga la responsabilità illimitata per l’unico socio per le obbligazioni contratte dalla società, a seguito del mancato rispetto dei precetti sulla pubblicità e sui conferimenti e del presupposto dell’insolvenza.

66 PIRAS, Le nuove frontiere della unipersonalità societaria: Saturno non divorerà più i suoi figli?, cit.,

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Ci si chiede se, in questo caso, la responsabilità dell’unico socio sia identica alla responsabilità illimitata dell’imprenditore individuale, oppure se questo, per il fatto di utilizzare lo schema societario, abbia una disciplina diversa e più favorevole.

Nel caso in analisi si ha sostanzialmente una “degradazione della fattispecie”, ma l’apparato organizzativo creato in funzione dell’esercizio dell’impresa non viene completamente dismesso.

Il legislatore ha configurato una “fattispecie degradata” caratterizzata da una diversa connotazione dall’autonomia soggettiva e patrimoniale dell’organizzazione, rispetto alla fattispecie “normale”, in cui l’unico socio ha rispettato le condizioni attinenti pubblicità e conferimenti.

La disciplina di questa “sub-fattispecie” è quindi così configurata:

I. La società unipersonale costituisce sempre un centro autonomo di imputazione, assicurando quindi una netta separazione tra la sfera giuridico-patrimoniale societaria e quella dell’unico socio;

II. Il patrimonio societario mantiene la sua destinazione all’esclusivo soddisfacimento delle ragioni dei creditori sociali;

III. I creditori sociali potranno rivalersi solo sulla partecipazione dell’unico socio e non sul suo patrimonio;

IV. L’unico socio è immune al fallimento, nonostante risponda illimitatamente per le obbligazioni sorte durante la fase di unipersonalità della società. Questa è una conseguenza dell’art. 147 co. 1 l.fall., ai sensi del quale, gli unici soci di s.p.a. ed s.r.l. rispondono sì illimitatamente, ma sono incardinati in una struttura organizzativa non idonea a determinare un fallimento “per ripercussione”.

Rispetto alla responsabilità, la posizione dell’unico socio di s.r.l. è complessivamente più favorevole rispetto a quella dell’imprenditore, in quanto

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questa è limitata in un determinato arco temporale ed è subordinata all’insolvenza della società67.

Conseguenza di questa differenza sarebbe anche la non applicazione all’unico socio dello statuto dell’imprenditore commerciale, “non essendo siffatto risultato ragionevolmente compatibile con la generale e sostanziale diversità delle obbligazioni gravanti sul patrimonio sociale e la quota di esse di cui l’unico azionista (quotista) può eventualmente essere tenuto a rispondere, né con la complessa struttura organizzativa di cui (...) la società per azioni è dotata”68.

Si configura per l’unico socio quindi una responsabilità da imputazione, in quanto, alcune obbligazioni, hanno una duplice imputazione: in capo alla società e, in caso di insolvenza, anche al socio unico.

1.4.2. La responsabilità da posizione nella fase pre societaria

L’art. 2331 co. 2, dettato per le s.p.a. ma richiamato in toto dall’art. 2463 ultimo comma in tema di s.r.l., prevede la responsabilità illimitata e solidale (insieme a coloro che hanno agito) dell’unico socio fondatore per le operazioni compiute in nome della società prima dell’iscrizione della stessa nel registro delle imprese.

Per queste operazioni si ha quindi un’imputazione diretta in capo all’unico socio, in capo al quale si configura una responsabilità da posizione.

Questo tipo di responsabilità non deriva solo da un comportamento attivo tenuto dal socio fondatore unico, ovvero quando questi abbia deciso, autorizzato o acconsentito una determinata operazione, ma anche quando si sia attivato, senza risultato, per impedirne il compimento.

Questa responsabilità deriva dal fatto che il socio fondatore si trova in una situazione di estrema permeabilità e trasparenza rispetto alla società in formazione,

67 Come ha chiarito Cass., 28 aprile 1994, n. 4111, in Società,1994, p. 1194 «la responsabilità illimitata

dell’unico azionista non può confondersi con la responsabilità illimitata dei soci delle società di persone da cui si distingue, per la fonte, per la ratio, per l’estensione».

68 PAVONE LA ROSA, citato da PIRAS, Le nuove frontiere della unipersonalità societaria: Saturno

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in quanto non è stata ancora creata nessuna barriera formale tale da giustificare il vantaggio della responsabilità limitata.

Il combinato disposto degli articoli visti in precedenza ha riacceso la questione sulla società in formazione, la cui importanza pratica era stata ridimensionata dall’abolizione del controllo omologatorio giudiziale e dalla conseguente diminuzione dei termini per portare a termine il procedimento costitutivo.

Il problema in questa fase di vita della società è quello di “ricercare un equilibrio” tra l’esigenza che il patrimonio destinato alla costituenda società sussista effettivamente al momento della costituzione e l’obiettivo di non precludere la possibilità di compiere atti prima dell’iscrizione, finalizzati a cogliere opportunità imprenditoriali che potrebbero eventualmente presentarsi prima di tale evento.69

Una parte minoritaria della dottrina ammette la configurabilità della c.d. società “irregolare”, mentre per la maggioranza della dottrina e la giurisprudenza, nelle poche pronunce sulla questione, questa fase è un “buco nero” dell’ordinamento.

Chi ammette la configurabilità della società irregolare può estendere le sue considerazioni anche alla società unipersonale, mentre per la restante parte della dottrina, stando al tenore letterale degli artt. 2331 co. 1 e 2332, entrambi richiamati dall’ultimo capoverso dell’art. 2463, questo non sarebbe possibile in quanto «le società di capitali o acquistano la personalità giuridica, e sono, o non la acquistano, e tout court non esistono»70.

La questione della “nascita” societaria, legata all’iscrizione nel registro delle imprese può essere superata, nella particolare ipotesi della società unipersonale, grazie a due ordini di considerazioni: una di carattere pragmatico e l’altra di ordine sistematico.

Sotto il primo profilo, subordinare la nascita della società unipersonale all’iscrizione nel registro delle imprese, potrebbe essere un’arma a doppio taglio,

69 ANGELICI, Società prima dell’iscrizione e responsabilità di «coloro che hanno agito».

Giurisprudenza tedesca e diritto italiano, Milano, 1998, p. 105 ss.

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