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4.2.1 Assemblea ridotta a un soliloquio

L’art. 4 della XII Direttiva comunitaria, riprendendo una formula del diritto francese, lussemburghese e belga298, stabiliva che «il socio unico esercita i poteri

demandati all’assemblea»299, esonerandolo così dall’osservanza del procedimento

collegiale vero e proprio300 ed imponendogli soltanto di documentare le sue

decisioni (a verbale o per iscritto).

Il legislatore italiano del ‘93, fraintendendo la ratio della norma comunitaria301,

non si è volutamente espresso a riguardo, al fine di legittimare la soluzione opposta, imponendo che le decisioni della società unipersonali fossero prese in modo collegiale, previa convocazione degli amministratori302, o nel caso l’unico

socio sia anche amministratore unico o ai sensi dell’art. 2367 c.c., autoconvocata, con un inutile atto autoreferenziale.303

298 Per l’esegesi di tali norme si rinvia a ZAMPERETTI, La società unipersonale a responsabilità limitata.

Organizzazione interna e procedimenti decisionali, cit., 63 ss.

299 Il progetto iniziale della Direttiva stabiliva il divieto (giudicato troppo gravoso e per questo espunto dal

testo definitivo) del socio di delegare tali poteri. Cfr MOSCO, La dodicesima direttiva CEE, cit., p. 49.

300 Cfr. ZAMPERETTI, La società unipersonale a responsabilità limitata. Organizzazione interna e

procedimenti decisionali, cit., 74 s.; IBBA, La società a responsabilità limitata con un solo socio, cit. p. 35.

301 Nella Relazione al decreto di attuazione si legge: «ratio di tale norma è, (...) sembra, (...) quella di

imporre anche in una società unipersonale il regolare svolgimento dell’assemblea», aggiungendo tuttavia che la formula usata (mutuata dal legislatore francese) porterebbe al risultato contrario: SPIOTTA, La società unipersonale: una parabola normativa, cit., p.374.

302 «Nulla prevedendo, il risultato nell’ordinamento italiano è che il socio unico è costretto a deliberare

attraverso un rituale (e normale) procedimento assembleare. Nel nostro Paese, infatti, la giurisprudenza e la dottrina dominanti hanno sempre sostenuto la necessità di applicare tutte le norme sull’assemblea (convocazione, intervento di amministratori e sindaci, verbalizzazione, ecc…) anche quando si tratti di società unipersonale»: così la Relazione ministeriale al decreto legislativo di attuazione.

303 Sulla permanenza dell’assemblea nella società unipersonale si veda Cass., 22 giugno 1990, n. 6278, in

Giur. il., 1991, I, 1, p. 182 e in Giur. comm., 1992, II, p. 45. In dottrina SALVATO, La società unipersonale a responsabilità limitata: osservazioni sulla tutela dei terzi e dei creditori, in Riv. dir. Impr., 1994, p. 415; NAZZICONE, op. cit., p. 27; MARCHETTI, In tema di assemblea e proroga di società ridotta ad un unico socio, in Riv. dir. Civ., 1965, II, p. 156 s. Perplessità circa la pienezza del procedimento formale assembleare erano già state espresse da JAEGER, L’interesse sociale, Milano, 1964, p. 144.

Ammesso che la volontà del legislatore del ‘93 fosse quella di rinviare alle regole previste per la società pluripersonale304, ci si deve interrogare invece sul riserbo

mantenuto sul punto dal riformatore del 2003 a riprova che gli spazi di diritto non colmati (al pari delle norme rimaste immutate) possono assumere un significato diverso a seconda del contesto sistematico in cui sono inserite.305

Occorre premettere che prima della riforma societaria del 2003 la prassi statutaria306 era quella di inserire clausole che pur non esonerando il socio

dall’adozione del metodo collegiale, o riprendevano pedissequamente (rectius “astutamente”)307 il testo dell’art. 4 della XII direttiva, o derogavano a quelle

precisazioni codicistiche che, nel contesto di una società con un solo socio (nella quale l’assemblea diviene istituzionalmente espressione di un’unica voce) non avrebbero senso (si pensi a quelle relative ai quorum e a quelle volte a garantire l’informazione e la partecipazione di tutti i membri di una compagine sociale che per definizione manca). Questo secondo modus operandi è definito metodo della disapplicazione per incompatibilità308 o dell’applicazione selettiva309. Ciò anche

304 Ne dubita ZAMPERETTI, La società unipersonale a responsabilità limitata. Organizzazione interna e

procedimenti decisionali, cit., 79 s, a cui avviso, stante il valore non vincolante della Relazione di accompagnamento e dei lavori preparatori e considerato il forte impatto delle norme comunitarie sull’interpretazione del diritto interno, ben potrebbe sostenersi la valenza ermeneutica dell’art. 4 Dir., in un sistema in cui è assente una norma che espressamente disponga per la società unipersonale l’assoggettamento alla disciplina del procedimento assembleare. Contra COTTINO, Diritto commerciale, I, 2, Padova, 1994, 295 e 708: «la legge muove imperturbabile dal presupposto dell’integrale applicazione alla società con unico azionista delle norme sull’assemblea (...), imperturbabilità confermata dall’introduzione della s.r.l. Unipersonale che sanziona il felice connubio tra socio unico e funzionamento collegiale della società».

305 SPIOTTA, La società unipersonale: una parabola normativa, cit., p.375.

306 Per un approfondimento su tali clausole ZAMPERETTI - (BONOMELLI - CECCON), La società

unipersonale a responsabilità limitata: uno studio sulla prassi operativa, cit., p. 109.

307 Così IBBA, La s.r.l. Unipersonale fra alterità soggettiva e separazione patrimoniale, cit., p. 550, il

quale spiega che nessun tribunale, in sede contenziosa, oserà invalidare le decisioni del socio unico per inosservanza delle formalità assembleari. Anche secondo ZAMPERETTI, La società unipersonale a responsabilità limitata. Organizzazione interna e procedimenti decisionali, cit., 84 «si potrebbe arrivare a pensare che il giudice nazionale, in una ipotetica controversia, dovrebbe trovarsi costretto a preferire l’interpretazione» conforme all’art. 4 Dir., «consentendo rispetto alla s.r.l. Unipersonale la disapplicazione delle ordinarie regole di formazione della volontà sociale».

308 La soluzione della “disapplicazione per incompatibilità” delle formalità assembleari è caldeggiata da

IBBA, La s.r.l. Unipersonale fra alterità soggettiva e separazione patrimoniale, cit., p. 549 ss.

309ZAMPERETTI, La società unipersonale a responsabilità limitata. Organizzazione interna e

sulla scorta dell’esistenza, nella maggior parte degli ordinamenti europei310, di

previsioni che svincolano il socio unico dal rituale procedimento assembleare311.

La riforma societaria ha reso più snello il funzionamento di tutte le società di capitali, legittimando forme di collegialità attenuata per la s.r.l. attraverso le tecniche della “consultazione scritta” o del “consenso espresso per iscritto” (artt. 2479, co. 3 e 2475 co. 4)312. In questo contesto basato su logica efficientistica,

l’agnosticismo del riformatore del 2003 potrebbe assumere un significato ben diverso da quello attribuito al silenzio del 1993 dalla tesi maggioritaria313: se la

s.r.l. Pluripersonale può semplificare il procedimento collegiale, a fortiori lo può fare anche la s.r.l. unipersonale314. D’altro canto, però, non si può nemmeno

consentire in via interpretativa al socio unico di fare del “fai da te”, anche quando vi siano amministratori non soci e sia stato nominato un organo di controllo (cosa frequente nel caso di società partecipata in via totalitaria da altra società315).

Anche la giurisprudenza, con una sentenza di merito316, muovendo dal

presupposto che la previsione statutaria secondo cui spetta all’organo amministrativo raccogliere i consensi e provvedere alla comunicazione dei risultati «è chiaramente posta a tutela (...) di eventuali minoranze che potrebbero essere

310 Germania, Gran Bretagna, Irlanda e Spagna.

311 Per richiami comparatistici si rinvia a DE DONNO SFORZA, op. cit., p. 173, nota 125.

312 Su queste tecniche si sofferma RAINELLI, Consenso e collegialità nella s.r.l.: le decisioni non

assembleari, Milano, 2011, passim. Come osserva CAGNASSO, La società a responsabilità limitata, cit. p 17 s., «mentre nell’ambito della s.p.a. L’inderogabilità del principio di collegialità comporta l’applicazione delle regola assembleari anche nel caso di unico azionista, nell’ambito della s.r.l. Possono essere applicati i principi della collegialità attenuata, con il ricorso alle tecniche del consenso scritto o della consultazione espressa per iscritto, che appaiono particolarmente idonee nel caso in esame e permettono di semplificare il procedimento di formazione della volontà sociale». Peraltro l’assoluta cogenza del metodo assembleare rispetto alla s.r.l. unipersonale era già stata messa in dubbio prima della riforma del 2003 da ZAMPERETTI, La società unipersonale a responsabilità limitata. Organizzazione interna e procedimenti decisionali, cit., 87 s. Più di recente CIAN, Le decisioni assembleari, in Tratt. Ibba- Marasà. IV, Padova, 2009, p. 47 s.; NOTARI, Le decisioni non assembleari, ivi, p. 97 ss.

313 Sulla duplice valenza del silenzio del legislatore: BELFIORE, Interpretazione della legge e analogia,

in Annali del Seminario Giuridico, vol. VI, (2004-2005), Milano, 2006, p. 12.

314 BUSI, Assemblea e decisioni dei soci nelle società per azioni e nelle società a responsabilità limitata,

Padova, 2008, p. 751; PEDERZINI, Intervento del socio mediante mezzi di telecomunicazione e democrazia assembleare, in Giur. comm., 2006, I, p. 98.

315 INNNOCENTI - PETRI - BILLERO, La s.r.l. Unipersonale, Milano, 2008, p. 36: «in questo ambito

l’osservanza del procedimento assembleare ai fini dell’adozione delle decisioni dell’unico socio appare tutt’altro che stridente e ridondante».

316 Trib. Torino, 30 gennaio 2012, in Giur. it., 2012, p. 1813, con nota di SPIOTTA, “Ravvedimento

pretermesse dalla decisione comunque spettante a tutti i soggetti proprietari» ha affermato (sia pure a livello di obiter dictum) che nel caso di società unipersonale, «l’omesso coinvolgimento dell’amministratore, proprio per la presenza di un socio unico che esprime decisioni non in sede assembleare e della natura stessa della decisione, costituisce al più una irregolarità che, non avendo influito sulla rituale formazione della volontà dell’unico socio proprietario della società, non è in grado di determinarne l’invalidità».

Il discorso, in realtà, avrebbe meritato un maggior approfondimento in quanto, se portato alle estreme conseguenze, rischia di ridurre la società-organizzazione in mera veste esteriore317.

La dottrina ha risolto la questione per la società unipersonale partendo dal concetto di “assemblea”. Nell quale nel linguaggio giuridico, infatti, il termine ha una duplice accezione: quella di organo societario, che permane e quella di procedimento collegiale, la cui imperatività si perde318. Questa tesi che sembra in

linea con lo spirito pragmatico ed anticonvenzionale (oltre che al senso comune) sotteso alla codificazione della s.r.l. unipersonale.

Si rileva però come alcuni step della procedura assembleare non vadano sottovalutati, in quanto la nuova disciplina in tema di invalidità, ex art. 2479-ter, fa perno sulla convocazione e sulla verbalizzazione.

In tema di convocazione, la maggiore facilità con cui l’assemblea si riunisce in forma (quasi) totalitaria319, non deve indurre gli organi di amministrazione e

controllo a trascurare le formalità disciplinate dall’art. 2479-bis c.c. “perché proprio nelle società unipersonali la tutela dei terzi è legata all’osservanza delle regola di funzionamento delle società di capitali, osservanza che è demandata in primo luogo agli amministratori ed ai sindaci, i quali ne risponderanno nei confronti della società, dei creditori sociali e dei terzi”320. Naturalmente, qualora

317 SPIOTTA, La società unipersonale: una parabola normativa, cit., p.378.

318 Così ZAMPERETTI, La società unipersonale a responsabilità limitata. Organizzazione interna e

procedimenti decisionali, cit., 134.

319 L’assemblea si definisce totalitaria qualora, oltre all’unico socio, sia presente, nella s.p.a. La

maggioranza dei componenti degli organi amministrativi e di controllo (art. 2366 c.c.) mentre nella s.r.l. Occorre che tutti gli amministratori e tutti i sindaci siano presenti o informati (art. 2479-bis, ult. co, c.c.).

l’organo a ciò deputato (ad esempio, l’amministratore unico) si rifiuti di convocare l’assemblea (con all’ordine del giorno la sua revoca dall’incarico), il socio unico ben potrà provvedervi motu proprio ex art. 2479 c.c321. Anzi, un simile

comportamento ostruzionistico si risolverebbe in un boomerang, traducendosi in una giusta causa di revoca322 che l’amministratore potrebbe contestare citando in

giudizio solo la società323 perché “il socio che abbia semplicemente concorso

mediante il voto alla formazione della volontà societaria non può, per ciò solo, essere chiamato a rispondere dei danni, neppure qualora sia l’unico azionista”324

(salvo che nel suo comportamento siano ravvisabili gli estremi dell’illecito aquiliano, avendo egli compiuto con dolo o colpa autonomi atti lesivi dei diritti dell’amministratore).

Senza contare che, in caso di vincoli sulla quota, all’assemblea hanno diritto a partecipare con diritto di voto, al posto del socio unico, il custode delle partecipazioni sociali sequestrate e, salvo diversa pattuizione, il creditore pignoratizio e l’usufruttuario (ex art. 2352 c.c.)325. Inoltre vi prendono parte.

Seppur senza diritto di voto, oltre al socio unico anche il o i membri dell’organo di gestione o di controllo326. Nel caso in cui si tratti di assemblea straordinaria, è

321 Secondo una pronuncia del Trib. di Milano, 18 gennaio 2007, in Giur. it., 2007, p. 1694 con nota di

VERONESE: “nella s.r.l., in caso di omissione o di inerzia del o degli amministratori, è possibile convocare l’assemblea su iniziativa dei soci ex art. 2479 c.c., dovendosi invece escludere il ricorso, in via analogica, allo strumento previsto dall’art. 2367 c.c dettato in materia di s.p.a.”. L’applicazione dell’art. 2367 c.c. è ammessa soltanto “in caso di inerzia dell’organo amministrativo, nella fase transitoria dal vecchio al nuovo regime” (Trib. Verona, 20 luglio 2004, in Giur. merito, 2005, p. 2642, con nota di MONTANATO.

322 Cfr. Trib. Torino, 11 maggio 2012, ove si legge «è circostanza documentale che l’attore, nonostante

rituali e reiterate richieste di convocazione dell’assemblea da parte del socio unico, era venuto meno ai propri doveri di amministratore in modo grave e immotivato, ovverosia al solo scopo di ostacolare il diritto del socio unico della convenuta di deliberare la sua revoca dalla carica di amministratore. Per ciò solo ritiene pertanto il Tribunale sussistente la giusta causa di revoca».

323 Trib. di Cuneo, 13 marzo 2012, Giur. comm., con nota di SPIOTTA, mettendo in risalto che la società

«come opera attraverso l’assemblea dei soci nella nomina e nella revoca degli amministratori, opera attraverso il consiglio di amministrazione nel conferimento e nella revoca delle deleghe».

324 Trib. Napoli, 10 maggio 2001, in Giur. comm., 2002, II, p. 495, con nota di BRODASCA; Trib. Roma,

20 giugno 1979, ivi, 1980, II, p. 569.

325 PETTINARI, Le società di capitali unipersonali, cit., p. 93 e 233 s. Cfr. in giurisprudenza, App. Roma,

12 novembre 1998, in Giur. it., 1999, p. 1251, che, proprio valorizzando tale circostanza, ha negato che la mancanza di pluralità dei soci renda superfluo il metodo collegiale, «almeno nei casi in cui vi siano anche aventi diritto a titolo diverso (usufruttuari, custodi, creditori pignoratizi) legittimati ad intervenire».

326 Ai sensi dell’art. 2405 c.c. i sindaci “assistono” alle assemblee (ergo non ne sono un elemento

essenziale la partecipazione del notaio, che deve controllare l’esatto adempimento delle formalità prescritte per la regolare convocazione e redigere il verbale.

Come detto in precedenza, la fase della discussione assembleare non si riduce necessariamente a una farsa, ma, grazie al confronto costruttivo dell’unico socio con gli organi di gestione e controllo, può essere più vera di quella fintamente tenuta in un’assemblea superaffollata da soci, che tuttavia hanno predeterminato il modo in cui voteranno prima e fuori da essa (aderendo ad un sindacato) e che in tale sede si limitano a recitare un copione già scritto327.

La verità è che l’idea del voto come risultato della discussione assembleare appartiene ad un mito e che “la parodia dell’assemblea non è soltanto una prerogativa della società unipersonale”328, dato che tale organo, anche nelle

società pluripersonali, tende sempre più a diventare un “teatro vuoto di battaglie” che in realtà si combattono altrove “fra le quinte del palcoscenico o, se si combattono, più o meno apparentemente allo scoperto, sono decise dal voto determinante dei gruppi di comando e, nella misura in cui li condizionano o ne sono direttamente parte, di quegli investitori istituzionali (...) in cui si travasano i voti di chi, spontaneamente o meno, in modo diretto o indiretto, affida loro risparmi e capitali”329

327 SCOTTI CAMUZZI, L’unico azionista, in Tratt. Colombo - Portale, II, 2, Torino, 1991, p. 801,

sottolinea che, a prescindere dalle possibilità di discussione tra l’unico socio e gli altri possibili intervenienti all’assemblea, quali amministratori e sindaci, l’assemblea così tenuta non sarà parodia ma rito «non diversamente da quanto possa dirsi per l’assemblea di una società con due soci che, perfettamente d’accordo fra loro, ne abbiano predisposto lo svolgimento». Nello stesso senso ASQUASCAITI, La società unipersonale a responsabilità limitata, in SCHIANO DI PEPE (a cura di), Trattato teorico pratico delle società, Milano, 1996, p. 1027.

328 “Ma anche di quelle società a base ristretta e familiare che sono in realtà società di persone inserite,

per ragioni fiscali o di limitazione di responsabilità, ne guscio di un’azionaria” così COTTINO, Diritto societario, cit., p. 343.

329 COTTINO, Diritto societario, cit., p. 339. Anche l’assemblea dei soci di una società quotata è un

semplice teatro dove normalmente si ratificano scelte prese altrove: M. STELLA RICHTER, Considerazioni preliminari in tema di corporate governance e risparmio gestito, in Giur. comm. 2006, I, p. 196.

4.2.2. - Tracciabilità delle decisioni del socio unico e loro