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Mobile marketing e multicanalitá: impatto sul comportamento d'acquisto del consumatore

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Academic year: 2021

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(1)

U

NIVERSITÀ DI

P

ISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in

Marketing e ricerche di mercato

MOBILE MARKETING E MULTICANALITÀ: IMPATTO SUL

COMPORTAMENTO D’ACQUISTO DEL CONSUMATORE

RELATRICE:

Prof.ssa Annamaria Tuan

Anno Accademico 2016/2017

CANDIDATA:

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INDICE

INTRODUZIONE ... 5

CAPITOLO 1. IL COMPORTAMENTO D’ACQUISTO DEL CONSUMATORE ... 7

1.1 Il comportamento d’acquisto del consumatore: definizione e contesto ... 7

1.1.1 Modelli del comportamento d’acquisto del consumatore ... 9

1.1.2 Fattori che influenzano il comportamento d’acquisto del consumatore ... 16

1.1.3 Tipi di comportamento d’acquisto: matrice di Assael ... 21

1.2 L’orientamento all’esperienza: la customer experience e il customer journey ... 23

1.2.1 La customer experience ... 23

1.2.2 Alcune definizioni di customer experience ... 24

1.2.3 Modello della customer experience ... 25

1.2.4 Il customer journey ... 29

1.2.5 Il customer journey prima e dopo il Web 2.0 ... 30

1.2.6 Il customer journey multicanale ... 34

CAPITOLO 2. MULTICANALITÀ E MOBILE MARKETING ... 37

2.1 Il sistema distributivo: il canale e la strategia multicanale ... 37

2.2 Lo shopping multicanale ... 38

2.3 Il comportamento del consumatore nel multicanale: la scelta del canale ... 40

2.4 Profilazione dei consumatori multichannel ... 43

2.5 Il Mobile commerce: cosa è, caratteristiche e limitazioni ... 48

2.6 Il Mobile marketing ... 52

2.6.1 Il Mobile marketing: segmenti principali ... 55

2.6.2 Il Mobile marketing: dati e statistiche ... 56

2.6.3 Il Mobile marketing: le tipologie ... 62

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CAPITOLO 3. METODOLOGIA DI RICERCA ... 78

3.1 Indagine Web: vantaggi e limiti ... 78

3.2 Questionario online: scopo, struttura, diffusione ... 79

CAPITOLO 4. ANALISI DEI DATI ... 82

4.1 Profilo del collettivo dei rispondenti ... 82

4.2 Profilo tecnologico dei rispondenti ... 86

4.3 Mobile marketing ... 92 4.4 Shopping online ... 101 4.5 Multicanalità ... 108 4.6 Limiti dell’indagine ... 113 CONCLUSIONI ... 115 BIBLIOGRAFIA ... 126 SITOGRAFIA ... 130 RINGRAZIAMENTI ... 132

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5 INTRODUZIONE

Oggigiorno i consumatori utilizzano molteplici canali nelle diverse fasi del processo di acquisto. Capita spesso che ricerchino le informazioni online e poi acquistino nei negozi fisici o viceversa. Lo sviluppo di Internet, ma soprattutto del Web 2.0, ha inciso signifi-cativamente rispetto al rapporto azienda/consumatore. Quest’ultimo non è più un sog-getto passivo, bensì un individuo autonomo, in grado di informarsi sui prodotti o servizi oggetto di interesse e di rilasciare opinioni e recensioni in merito alla propria esperienza. Difatti, se in passato il suo primo momento della verità era rappresentato dal contatto con il prodotto, adesso si ha una fase che lo precede, ovverosia quella in cui il consuma-tore utilizza il suo dispositivo tecnologico per ricercare informazioni.

La crescente diffusione dei dispositivi mobili, ormai sempre presenti nella quotidianità degli utenti, ha destato l’interesse delle aziende rispetto alle pratiche di Mobile

com-merce e Mobile Marketing.

Quest’ultimo permette di raggiungere molteplici scopi, dalla semplice comunicazione d’azienda fino alla possibilità di aumentare la brand awarness e di sviluppare l’attività promozionale attraverso messaggi personalizzati e/o geolocalizzati.

Gli strumenti adottati dalle imprese comprendono SMS e MMS pubblicitari, Codici QR contenenti informazioni, App di ogni tipo e per ogni esigenza, Sito Web Mobile svilup-pato apposta per la navigazione su dispositivi con dimensioni ridotte, Pubblicità Mobile di diversi tipi, Bluetooth per mettere in atto il marketing di prossimità ed infine le inno-vative tecnologie di Realtà Aumentata.

Il seguente elaborato è suddiviso in quattro capitoli.

Il primo capitolo riguarda il comportamento d’acquisto del consumatore nella sua acce-zione generale. Propone una panoramica dei principali modelli elaborati nel corso degli anni, evidenzia i fattori che influenzano il comportamento d’acquisto e riporta le varie tipologie di comportamento che derivano dalla combinazione tra coinvolgimento e dif-ferenza percepita tra le marche (la cosiddetta matrice di Assael). Infine guarda l’evolu-zione del focus dell’impresa rispetto al mercato e la crescente importanza della customer

experience e del customer journey. Quest’ultimo ha subito cambiamenti notevoli con la

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Il secondo capitolo si focalizza su due fenomeni: la multicanalità, riportando i principali studi riguardanti la profilazione del consumatore multichannel, e il Mobile Marketing. Una breve panoramica di dati e statistiche aiuta a comprendere meglio l’importanza di Internet e dei dispositivi mobili nella realtà quotidiana. Infine vengono analizzati gli strumenti per mezzo dei quali il marketing si rivolge ai consumatori nella loro mobilità. Il terzo capitolo descrive la metodologia di ricerca utilizzata per indagare il fenomeno, ovverosia il questionario online, con i suoi vantaggi ed i suoi limiti, nonché la sua strut-tura e suddivisione in sezioni.

Il quarto ed ultimo capitolo presenta l’analisi dei dati raccolti attraverso l’indagine Web. Seguono le conclusioni ed eventuali suggerimenti.

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CAPITOLO 1. IL COMPORTAMENTO D’ACQUISTO DEL CONSUMATORE 1.1 Il comportamento d’acquisto del consumatore: definizione e contesto

Il processo di acquisto del consumatore1 è concepito come un insieme di passaggi da

esso posti in essere in un determinato ambiente di consumo, al termine dei quali si avrà una scelta o non scelta di acquisto. L’ambiente di consumo non è altro che un contesto costituito da un mix di stimoli ambientali e fattori personali, all’interno del quale il consumatore compirà o meno la propria decisione di acquisto.

Il comportamento d’acquisto, invece, è il modo in cui il processo di acquisto prende forma all’interno dell’ambiente di consumo (Mattiacci, Pastore, 2014).

Nella figura 1 è possibile osservare la relazione che intercorre tra gli elementi sopra citati.

È possibile definire il comportamento d’acquisto del consumatore come “l’insieme dei

processi impiegati da individui e gruppi per la valutazione, la scelta, l’utilizzo e l’eli-minazione dei prodotti, servizi o altri beni per la soddisfazione di bisogni e desideri”

(Dalli, Romani, 2011, pag. 5).

1 Il consumatore in senso generico è costituito da acquirente, ovverosia shopper, e utilizzatore finale, nonché user.

Lo shopper secondo il Cambridge Dictionary è colui che effettivamente acquista un prodotto, mentre gli users sono coloro che andranno ad utilizzarlo. Non sempre queste due figure coincidono in un’unica persona.

In questa tesi ci si riferisce al consumatore come a colui che acquista il prodotto indipendentemente dal fatto che ne sia anche utilizzatore o meno.

Figura 1: Ambiente di consumo Elaborazione personale

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Ciascun acquirente è diverso dall’altro e questo determina un differente modo di porre in atto il processo di acquisto.

Lo studio del comportamento del consumatore è importante poiché l’obiettivo delle aziende è quello di creare e conservare i propri clienti, con conseguenze positive sulla realizzazione del profitto. Quest’ultimo può essere raggiunto attraverso la fornitura di un bene/servizio di valore per il cliente, ovverosia che risponda alle sue esigenze e ai suoi bisogni. Di fatto si fa riferimento al cosiddetto marketing concept, la filosofia che stabilisce che il consumatore debba diventare il fulcro e il punto di riferimento di ogni scelta dell’impresa2. Kotler sostiene che sia una strategia di business che permette alle

organizzazioni di raggiungere i propri obiettivi attraverso la creazione, comunicazione e consegna di valore per il cliente in maniera più efficiente rispetto alle imprese concor-renti.

Si ha quindi un’evoluzione del focus delle aziende nel corso del tempo, passando da un orientamento alla produzione, il cui scopo era fondamentalmente produrre, per arrivare, attraversando diverse fasi, ad un orientamento al marketing. Quest’ultima è una prospet-tiva nuova, secondo la quale non si hanno più come punto di partenza i bisogni dell’im-presa bensì quelli dei consumatori dai quali deriva il successo per l’organizzazione. Lo scopo del marketing in questo contesto è quello di individuare i bisogni dei consu-matori e cercare di soddisfarli nel miglior modo possibile.

Tale attenzione rivolta alla centralità del cliente consente lo sviluppo di beni e servizi che siano il più possibile rispondenti alle necessità degli acquirenti.

Il concetto di centralità del consumatore inteso come approccio strategico, è stato pro-posto, implementato, e discusso a partire dagli anni 2000 da autori quali Sheth, Sisodia, e Sharma. Il fulcro dei loro studi ruota attorno al concetto del marketing riguardante la centralità del cliente, ovvero un approccio che si concentra sulla comprensione e crea-zione di valore per i singoli soggetti piuttosto che per il mercato di massa.

Lo studio del comportamento d’acquisto del consumatore è utile per capire come reagi-scono le persone ai vari stimoli di marketing posti in atto da parte dell’azienda (Mat-tiacci, Pastore, 2014).

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1.1.1 Modelli del comportamento d’acquisto del consumatore

Nel corso degli anni sono stati messi a punto diversi modelli che fossero in grado di rappresentare il comportamento d’acquisto del consumatore in tutte le sue sfaccettature. La teoria neoclassica, sviluppatasi a partire da fine ‘800, sosteneva l’idea di un homo

œconomicus razionale, sempre capace di decidere massimizzando il proprio utile

(Caruso, 2012). Nella realtà dei fatti questa visione è molto semplificata, in quanto l’essere umano non è guidato esclusivamente dai calcoli e dalla ragione. Da qui l’esigenza di rappresentazioni più complesse, in grado di considerare i molteplici elementi che intercorrono durante l’intero processo di acquisto del consumatore e non soltanto la mera dimensione economica.

Gli studi relativi al comportamento d’acquisto sono raggruppabili in tre categorie: approccio cognitivo, approccio comportamentale e approccio esperienziale.

Mentre i primi due si occupano dello studio del comportamento d’acquisto del consumatore, il terzo pone più enfasi sul comportamento di consumo (Cantone, Risitano, 2005). Quest’ultimo mira ad enfatizzare la dimensione esperienziale, ovvero il fatto che il consumatore si faccia guidare dalle proprie emozioni. Beni e servizi sono capaci di generare emozioni e sensazioni esperienziali (Solomon, 2004).

A partire dagli anni ’60 si è sviluppata la letteratura sull’approccio cognitivo, che prevede una visione dell’individuo come soggetto attivo, influenzabile dagli stimoli esterni e interni, i quali dopo essere stati elaborati portano ad una decisione di acquisto. Quello che conta sono quindi i processi mentali che avvengono nella fase di elaborazione. I processi cognitivi più rilevanti sono quelli di attenzione, comprensione e integrazione, come visibile dalla figura 2 sottostante.

Figura 2: Modello approccio cognitivo Elaborazione personale

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Durante il processo di attenzione il consumatore seleziona soltanto alcuni stimoli provenienti dall’ambiente esterno, in base a fattori individuali o di contesto.

Dopodiché cerca di comprendere gli stimoli che sono stati oggetto di attenzione, cercando di attribuirgli un significato in base alle conoscenze esistenti. Infine integra le informazioni che ha a disposizione per poter valutare e scegliere due o più situazioni che gli si sono presentate.

L’approccio comportamentale, a differenza di quello cognitivo, non considera i processi di tipo mentale (Dalli, Romani, 2011).

Studiosi come Kotler da una parte, Howard e Sheth dall’altra, e infine Engel, Kollat e Blackwell hanno sviluppato i cosiddetti modelli stimolo-risposta (S-R), nei quali vi sono, appunto, le relazioni esistenti tra stimoli di marketing e risposte dei consumatori. Nella figura 3 è possibile vedere la rappresentazione grafica semplificata del modello di Kotler del 1991.

Tale modello prende spunto dagli studi condotti ad inizio ‘900 dal fisiologo russo Pa-vlov, il quale indagando il comportamento degli animali individuò la presenza di un comportamento del tipo “impulso-stimolo-risposta-rinforzo”.

Il meccanismo che vi è alla base è il processo di condizionamento: l’associazione di uno stimolo, inizialmente neutro, ad una risposta fa sì che dopo un determinato periodo di tempo a questo stimolo segua una risposta condizionata.

Figura 3: Modello stimolo-risposta Fonte: Kotler, Keller, 2014, pag. 161

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Pavlov osservò questo processo in un esperimento: il suono del campanello rappresen-tava lo stimolo, inizialmente neutro. Dopo il suono lo studioso dava da mangiare ai cani. In seguito alla ripetizione del suono e conseguente cibo per i cani, gli animali avevano appreso che dopo il campanello gli veniva fornito cibo. Per questo con il suono del cam-panello e l’associazione stimolo-risposta, si attivava la cosiddetta risposta condizionata, ovvero la salivazione.

Nell’ambito dello studio del comportamento d’acquisto del consumatore è possibile no-tare, come dalla figura 3 riportata precedentemente, la presenza di stimoli di marketing, quali il prodotto/servizio, il prezzo, la distribuzione e la comunicazione; vi sono anche altri tipi di stimoli presenti nell’ambiente dell’acquirente e questi ultimi sono di tipo economico, tecnologico, politico e culturale.

Gli stimoli non sono altro che gli input per il consumatore e la decisione di acquisto non è altro che l’output dell’intero processo. Tra input e output c’è una fase intermedia di elaborazione che avviene all’interno del consumatore e proprio poiché risulta invisibile esternamente viene chiamata black box, ovvero scatola nera. Non è possibile osservare come avvenga l’elaborazione degli stimoli esterni combinati con i fattori che influen-zano il comportamento del consumatore.

Gli input perciò vengono trasformati in risposte osservabili e traducibili nella decisione di acquisto, ovvero: scelta del prodotto, scelta della marca, scelta del rivenditore, tempo di acquisto, ammontare dell’acquisto.

Le imprese sono interessate a capire come gli stimoli vengono trasformati in risposte all’interno della scatola nera, cioè all’interno della mente del soggetto. Nella black box rientrano i fattori che influenzano il comportamento del consumatore e quindi le carat-teristiche psicologiche, sociali, culturali e personali del soggetto, ma anche la natura del processo di acquisto (Mattiacci, Pastore, 2014).

La figura 4 rappresentata nella pagina seguente riporta una visione più schematica, ma allo stesso tempo più completa, del modello precedentemente descritto nel quale non veniva menzionata l’importanza della natura del processo di acquisto rispetto al com-portamento d’acquisto del consumatore.

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Il secondo modello preso in considerazione è quello di Howard e Sheth del 1969 rap-presentato in maniera semplificata nella figura 5 nella pagina seguente.

Tale modello guarda il comportamento del consumatore durante un determinato periodo di tempo e considera il fatto che egli apprende dalle proprie decisioni di acquisto e se un processo viene reiterato più volte (acquisto ripetuto) l’iter decisionale diviene sem-plificato.

Howard e Sheth considerano per lo studio del comportamento del consumatore quattro elementi costitutivi: input, costrutti percettivi, costrutti di apprendimento e output. In tale versione non sono riportate le variabili esogene (ad esempio cultura, situazione fi-nanziaria ecc..) che hanno un’influenza implicita sul comportamento.

Le linee continue rappresentano i flussi di informazione mentre quelle tratteggiate i flussi di feedback.

Gli stimoli provengono dall’ambiente esterno e sono di tipo commerciale (le attività di comunicazione da parte dell’azienda) o sociale. I primi sono suddivisi in stimoli signi-ficativi (legati al prodotto fisico) oppure simbolici (rappresentati da una comunicazione o un linguaggio). Gli stimoli sociali invece comprendono la famiglia, il gruppo di rife-rimento e la classe sociale.

Figura 4: Modello stimolo-risposta con black box Elaborazione personale

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Dopo gli input si trovano i costrutti percettivi deputati all’elaborazione delle informa-zioni provenienti da ciascuno dei tre tipi di stimoli precedentemente descritti e rilevanti per la decisione di acquisto.

Le informazioni provenienti dall’ambiente possono non essere significative o provocare incertezza e questo determina l’ambiguità dello stimolo. Tale ambiguità ha ripercussioni

Figura 5: Modello Howard e Sheth

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sia sull’attenzione che sulla ricerca palese. La prima permette alle informazioni di en-trare o meno nella mente del consumatore ed è influenzata anche dall’atteggiamento. La seconda, la ricerca palese, non è altro che una ricerca attiva di informazioni nel mo-mento in cui il consumatore deve effettuare una scelta tra più alternative.

Le informazioni non solo entrano nella mente dell’individuo, ma spesso possono subire anche una distorsione percettiva dovuta al fatto che si cerca di adattarle a quelle già presenti in memoria. La maggior parte dei cambiamenti delle informazioni si ha a causa di feedback provenienti dai costrutti di apprendimento.

Questi ultimi hanno la funzione di formare i concetti. Tra essi si trovano i motivi, ovvero gli obiettivi e gli scopi dell’acquisto da parte del consumatore; i criteri di scelta, appresi attraverso l’esperienza o attraverso le informazioni provenienti dall’ambiente esterno, i quali permettono di ordinare i motivi in base all’importanza assegnata ad essi dal sumatore, permettendogli di avere una classificazione dei suoi atteggiamenti nei con-fronti delle marche; infine la comprensione della marca, ovvero la conoscenza e la pre-senza del marchio nel set evocato3.

La comprensione della marca incide sulla fiducia, nonché sul grado di certezza del con-sumatore verso la marca.

Motivi, criteri di scelta e comprensione della marca vanno ad influire sull’atteggiamento del consumatore nei confronti delle marche e sulla sua intenzione di acquisto, cioè l’out-put del processo.

Ultimo elemento da considerare, dopo che sia avvenuto l’acquisto, è la soddisfazione, ovvero la capacità di un marchio di rispettare le aspettative del consumatore. Se l’aspet-tativa è inferiore alla percezione effettiva, il cliente sarà soddisfatto.

Questo modello sembra essere molto utile per spiegare un comportamento d’acquisto ripetuto da parte del consumatore, dove l’esperienza passata va ad influenzare gli atteg-giamenti futuri4.

Il terzo ed ultimo modello osservato è quello EKB, acronimo derivante dai cognomi degli studiosi che lo hanno messo a punto nel 1995: Engel, Kollat e Blackwell.

3 Il set evocato sono le alternative che il consumatore prende in considerazione nel momento in cui deve

effet-tuare un acquisto.

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La figura 6 di seguito ne riporta una rappresentazione semplificata.

Secondo il modello EKB il processo di scelta, e quindi di acquisto, di un prodotto o di un servizio da parte del consumatore è rappresentato da una serie di fasi sequenziali per mezzo delle quali l’individuo raccoglie, valuta ed utilizza le informazioni a sua disposi-zione per arrivare ad una decisione.

Gli elementi che lo compongono sono quattro.

Il sistema percettivo assorbe, controlla e fa una prima elaborazione delle informazioni in ingresso; queste ultime interagiscono con le conoscenze, i valori e gli atteggiamenti orientando le preferenze del consumatore. Le informazioni possono provenire da fonti commerciali (ad esempio la pubblicità), fonti istituzionali (ad esempio riviste specializ-zate), fonti interpersonali (ad esempio i social network) e fonti empiriche (ad esempio l’esperienza d’uso).

Figura 6: Modello EKB semplificato Elaborazione personale

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Il sistema motivante è il motore dell’individuo, ciò che dirige il comportamento verso ciò che si desidera. Tale sistema considera le motivazioni per l’acquisto provenienti sia dall’ambiente sociale che dai valori personali del soggetto.

Il sistema valutativo riguarda il modo in cui le informazioni sull’offerta vengono utiliz-zate per valutarne il valore. È da esso che dipende la decisione finale del consumatore. È influenzato dal grado di coinvolgimento del soggetto nell’acquisto e dalla differenzia-zione percepita tra le varie proposte.

Infine vi è il processo decisionale costituito da diverse fasi che portano il soggetto alla scelta di acquisto.

Il modello EKB distingue il comportamento del consumatore in due momenti: il primo acquisto, ovvero quando si viene in contatto con una determinata offerta per la prima volta, e il riacquisto.

A tal proposito bisogna considerare che l’acquisto può determinare soddisfazione per il consumatore oppure dissonanza. Si ha soddisfazione quando le aspettative in merito ad un prodotto o servizio vengono superate. Tale aspetto risulta molto importante per le aziende, dato che si ritiene che sia la base per una ripetizione di acquisto (Mattiacci, Pastore, 2014).

1.1.2 Fattori che influenzano il comportamento d’acquisto del consumatore Il comportamento d’acquisto del consumatore può essere influenzato sia da fattori interni che esterni al soggetto stesso. Sono elementi che l’impresa deve monitorare ma che difficilmente riesce a controllare.

I fattori esterni sono costituiti da: ➢ Fattori culturali, comprendenti:

✓ Cultura: può essere definita come “il complesso di conoscenze,

convinzioni, espressioni artistiche, principi giuridici e morali, costumi e di qualunque altra capacità e abitudine acquisite dagli individui in quanto membri di una determinata società” (Sassatelli, 2004, 2007; Capuzzo,

2006). Non bisogna però pensare ad un individuo passivo, in quanto le persone collaborano attivamente alla creazione della cultura alla quale appartengono. A seconda degli oggetti che vengono usati si rende esplicita

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l’appartenenza o il distacco rispetto ad una categoria sociale (ad esempio genere, etnia, età).

✓ Subcultura: costituita da “un gruppo di individui nella società che si

distinguono per comuni significati culturali” (Dalli, Romani, 2011, pag.

233).

È di dimensioni più ridotte rispetto alla cultura. Una subcultura viene solitamente definita su basi etniche, religiose, razziali, geografiche, di genere e di età.

✓ Classe sociale: rappresenta la posizione di un individuo in una gerarchia definita da valori come reddito, professione, livello di istruzione. Più precisamente, secondo Bourdieu è composta dall’”insieme degli individui

che si caratterizzano per condizioni d’esistenza e atteggiamenti omogenei e che, come risultato, esprimono preferenze e pratiche di consumo simili”

(Dalli, Romani, 2011, pag. 242-243).

In particolare le persone agiscono diversamente in base alla composizione dei tre tipi di capitale: economico (risorse finanziarie), culturale (educazione, istruzione, valori) e sociale (rete di relazioni nella società).

➢ Fattori sociali, comprendenti:

✓ Gruppo di riferimento: si deve tener presente che tali gruppi si suddividono in due categorie, ovvero i gruppi primari (famiglia, amici ecc..) con i quali l’individuo ha interazioni regolari e informali, e gruppi secondari (associazioni, organizzazioni religiose ecc..) con i quali i rapporti sono più discontinui, informali ed esercitano una minore influenza sul comportamento del soggetto.

Il peso dell’influenza varia a seconda del prodotto considerato, ma è sicuramente maggiore per quanto riguarda l’acquisto dei prodotti vistosi. I gruppi di riferimento influenzano i membri in tre modi: espongono l’individuo a nuovi comportamenti o stili di vita, influenzano gli atteggiamenti o il concetto di sé e spingono alla conformità delle persone. Il tutto sarà riflesso nelle scelte, o non scelte, dei prodotti da parte dei

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consumatori. Se l’influenza dei gruppi è forte le imprese sono interessate a identificare il modo in cui possano persuadere gli opinion leader, ovvero coloro che con la propria notorietà riescono a condizionare l’opinione pubblica. Ma le persone possono essere influenzate anche dai gruppi ai quali non appartengono e questo avviene in senso imitativo, verso quei gruppi ai quali vorrebbero appartenere, o dissociativo, rifiutando determinati comportamenti o valori (Kotler, Keller, 2014).

✓ Famiglia: è il gruppo di riferimento primario, che ha la maggiore influenza sulle persone che lo compongono. Viene definita come “l’insieme delle

persone coabitanti legate da vincoli di matrimonio o parentela, affinità, adozione, tutela o affettivi” (Dalli, Romani, 2011, pag. 256).

Esistono due tipologie familiari: la famiglia d’origine che trasmette valori quali l’orientamento religioso, politico, economico, il senso dell’ambizione personale e dell’amore; la famiglia di procreazione, costituita da marito, moglie e figli che incide maggiormente sugli acquisti legati alla quotidianità. Donna e uomo sono coinvolti diversamente in base alle categorie di prodotto oggetto di acquisto, sebbene oggigiorno tale distinzione risulti sempre meno netta (Kotler, Keller, 2014).

Comunità di consumo: viene definita come “forma di aggregazione che

consente agli individui di partecipare ad una determinata subcultura di mercato”. Queste persone possono essere molto diverse tra loro sul piano

socio-demografico, ma sono caratterizzate da stessi interessi, stesse passioni e quindi praticano la stessa attività di consumo.

I fattori interni sono costituiti da: ➢ Fattori personali, comprendenti:

✓ Età e ciclo di vita: i tipi di prodotti o servizi acquistati cambiano nel corso della vita. Spesso i gusti sono legati all’età, ma anche ad una specifica fase del ciclo di vita della famiglia nonché al numero, genere ed età dei membri del nucleo familiare. È stato osservato che alcuni passaggi nel corso della vita, ad esempio quello all’età adulta, generano delle trasformazioni e dei

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cambiamenti nei consumi. Le imprese devono stare attente agli eventi critici delle persone durante la loro vita (matrimonio, malattia, divorzio ecc..) perché potrebbero far sorgere particolari esigenze.

✓ Occupazione: anche l’occupazione influenza i bisogni. Gli studiosi di marketing cercano di identificare le esigenze specifiche di alcuni gruppi professionali.

✓ Stile di vita: definito come “il modo di vivere dell’individuo che si esprime

nelle attività di acquisto e consumo e nell’importanza che egli attribuisce a determinati aspetti della propria esistenza” (Dalli, Romani, 2011, pag.

98).

È “il modello di vita espresso attraverso le attività dell’individuo, gli

interessi, le opinioni” (Kotler, Keller, 2014, pag. 157).

Persone appartenenti alla stessa classe sociale, occupazione o subcultura, possono avere differenti stili di vita.

✓ Situazione economica: è molto importante prestare attenzione all’andamento dei redditi, dei risparmi, dei tassi di interesse. Se si è in un periodo di recessione, ad esempio, sarebbe necessario riprogettare e riposizionare i prodotti in maniera tale da continuare a poter essere acquistati da parte dei consumatori.

✓ Personalità e concetto di sé: con il termine personalità si indica l’insieme delle caratteristiche psicologiche distintive dell’individuo, che generano risposte coerenti e costanti rispetto agli stimoli ambientali. Anche i brand hanno una personalità e i consumatori spesso ne tengono conto in modo tale da scegliere quello che meglio si adatta alla loro persona.

Il concetto di sé è legato al fatto che l’individuo percepisce sé stesso e la propria personalità: è il modo in cui ognuno vede sé stesso e l’immagine che cerca di proiettare verso l’esterno. Ciò che il soggetto possiede contribuisce a esprimere la propria identità.

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20 ➢ Fattori psicologici, comprendenti:

✓ Motivazione: il bisogno diventa motivo quando ha raggiunto un sufficiente grado di intensità.

Vi sono diverse teorie sulla motivazione.

La teoria di Freud assume che le forze psicologiche che determinano il comportamento dell’individuo siano in gran parte di tipo inconscio e che le persone non riescano a capire appieno le proprie motivazioni.

La teoria di Maslow afferma che i bisogni umani sono classificabili secondo una gerarchia, dal più importante a quello meno. Si trovano i bisogni fisiologici, bisogni di sicurezza, bisogni sociali, bisogni di appartenenza e bisogni di autorealizzazione. L’individuo soddisferà i bisogni secondo l’ordine, tenendo presente che se non è soddisfatto un bisogno inferiore non è possibile passare a quello superiore.

Infine vi è la teoria di Herzberg che distingue i fattori di insoddisfazione da quelli di soddisfazione. I secondi devono essere presenti necessariamente, mentre l’assenza dei primi non è detto che sia una motivazione per intraprendere l’acquisto.

✓ Percezione: una persona motivata è pronta ad agire e lo fa in base alle proprie percezioni, le quali rappresentano “il processo attraverso cui

l’individuo seleziona, organizza e interpreta gli stimoli fino ad ottenere una visione del mondo che abbia un senso” (Berelson, Steiner, 1964, pag.

88).

Persone diverse hanno percezioni differenti a causa dei processi di attenzione selettiva (tendenza ad eliminare la maggior parte degli stimoli), distorsione selettiva (tendenza a rielaborare le informazioni secondo il proprio punto di vista) e ritenzione selettiva (tendenza a mantenere solo le informazioni in linea con i propri atteggiamenti o valori).

✓ Apprendimento: l’apprendimento è prodotto dall’interazione di impulsi, stimoli, risposte e conferme. Descrive cioè i cambiamenti nei comportamenti dell’individuo, provocati dall’esperienza.

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✓ Opinioni e atteggiamenti: l’opinione descrive ciò che una persona ha in mente in merito a qualcosa. L’atteggiamento, invece, riguarda valutazioni e sentimenti coerenti dell’individuo nei confronti di un prodotto e lo porta ad agire o meno per entrarne in possesso.

1.1.3 Tipi di comportamento d’acquisto: matrice di Assael

La matrice di Assael del 1984 classifica i tipi di comportamento d’acquisto secondo due variabili, ovvero il livello di coinvolgimento e la differenza percepita tra le marche. Il primo viene definito come “l’importanza che il consumatore attribuisce ad un

oggetto, un’azione o un’attività” (Dalli, Romani, 2011, pag. 55).

Il livello di coinvolgimento durante il processo d’acquisto è dovuto al significato affettivo, sociale, economico e personale che il consumatore attribuisce all’acquisto. Nella figura 7 sottostante è possibile vedere una rappresentazione grafica della combinazione tra le due variabili sopra citate.

Figura 7: Matrice di Assael

Fonte: Berkowitz, Kerin, Hartley & Rudelius, 1992

I tipi di comportamento di acquisto possibili sono:

➢ Comportamento d’acquisto volto alla ricerca della varietà: si verifica quando la differenza percepita tra le marche è elevata ma il livello di coinvolgimento nei confronti dell’acquisto è basso. Il consumatore acquista diverse marche di una stessa categoria di prodotto. Farà confronti per ricercare, appunto, qualcosa di

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diverso, la varietà, e non per una insoddisfazione. Effettua una scelta senza riflettere troppo. Ad esempio potrebbe voler provare una nuova marca semplicemente per la curiosità, oppure potrebbe andare a considerare un prezzo più basso o una prova del prodotto.

➢ Comportamento d’acquisto complesso: si verifica quando sia il livello di coinvolgimento, sia la differenza percepita tra le marche è significativamente alta. In questo caso il consumatore sarà impegnato in un processo dalla durata piuttosto lunga, durante il quale raccoglierà informazioni, le valuterà attentamente, attraversando un percorso di apprendimento cognitivo complesso, al termine del quale effettuerà la sua scelta di acquisto. Se il risultato sarà esprimibile con la soddisfazione, allora si avrà la fiducia del consumatore. ➢ Comportamento d’acquisto di routine: si verifica quando sia il livello di

coinvolgimento, sia la differenza percepita tra le marche è bassa. Solitamente si attua in maniera automatica, senza sforzi cognitivi o comportamentali e con il minimo impiego di tempo. Il consumatore non si impegna nella ricerca delle informazioni, sceglie spesso in funzione di fattori situazionali, della marca o del packaging. Riguarda soprattutto i prodotti a basso prezzo e/o frequente acquisto. ➢ Comportamento volto alla riduzione della dissonanza: si verifica quando il livello di coinvolgimento è alto ma la differenza percepita tra le marche è bassa. Riguarda solitamente beni costosi, acquistati poco frequentemente e per i quali il consumatore non riscontra particolari differenze tra le marche. La decisione di acquisto sarà perciò legata al prezzo, alla vicinanza del punto vendita o alla fiducia. Successivamente all’acquisto potrebbe rilevare una dissonanza, ovvero elementi che non lo soddisfano appieno. Per ridurre ciò, cercherà di motivare a posteriori la sua scelta, andrà a ricercare informazioni che lo convincano sull’adeguatezza della propria decisione (ad esempio comunicazioni post-vendita da parte dell’impresa venditrice che lo rassicurino) (Gallo, 2015).

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1.2 L’orientamento all’esperienza: la customer experience e il customer journey Come menzionato nel paragrafo 1.1 il focus dell’impresa nei confronti del mercato ha subito nel corso del tempo un’evoluzione. È passato da un orientamento alla produzione, al prodotto, alla vendita, al mercato, al marketing e infine alla relazione.

Negli ultimi anni si parla invece di un orientamento all’esperienza del consumatore e questo è dovuto in gran parte alla crescente complessità dell’epoca in cui viviamo. Ci si trova in un periodo in cui si assiste allo sviluppo della cosiddetta experience

economy, l’economia dell’esperienza, definita da Pine e Gilmore come la fase dello

sviluppo economico che segue quella dell’economia industriale e quella dell’economia dei servizi. In un contesto in cui l’acquisto non è importante tanto per l’utilità che si riceve dal bene/servizio, quanto piuttosto per il valore affettivo e relazionale che ne deriva, l’obiettivo delle imprese è quello di coinvolgere emotivamente il cliente attraverso la creazione di un’esperienza di consumo (Firat, Dholakia, 1998).

Le aziende cioè devono concentrarsi sull’esperienza che i consumatori vivono usando i loro beni, piuttosto che sui beni stessi.

Carbone e Haeckel sostengono che sia necessario per le imprese gestire la customer

experience in un’ottica di creazione di vantaggio competitivo, definendo le esperienze

come “le impressioni che rimangono nelle persone dai beni, i servizi o le imprese,

ovvero la percezione prodotta quando si consolidano le informazioni sensoriali”. Sono influenzate sia dalle performance del prodotto, sia dal contesto che vi è attorno (ad esempio profumi, pulizia, decoro ecc..).

L’esperienza sarà diversa da persona a persona e prenderà forma in relazione ad una specifica soggettività ed ai suoi processi cognitivi ed affettivi. È costituita da varie di-mensioni quali quella sensoriale, affettiva, cognitiva, comportamentale e relazionale (Renisciti, 2005).

1.2.1 La customer experience

Oggigiorno le imprese non sono più chiamate soltanto a fornire prodotti o servizi di qualità ma anche una buona customer experience.

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La customer experience è il modo in cui i clienti percepiscono ogni loro interazione con un’azienda o un brand. L’insieme di tutte queste interazioni, che avvengono nei cosiddetti “touch points”, costituisce le tappe del “customer journey”5.

Il customer journey è il percorso che il consumatore intraprende dal primo contatto con l’azienda fino alla decisione o non decisione di acquisto.

Il Customer Experience Management (CEM) progetta le attività finalizzate alla realiz-zazione di un’ottima customer experience, nell’ottica di una creazione di valore sia per il consumatore che per l’azienda. Questo permette alle imprese di incoraggiare la fedeltà attraverso la comprensione dei clienti “avvocato” (veri e propri sostenitori di un brand o di un’organizzazione che ne raccomandano i prodotti) e di identificare e cercare di rimuovere i punti di debolezza attraverso la creazione di una mappa della customer

ex-perience del cliente che mostra tutti i punti di contatto (detti anche touch points).

Affin-ché tale mappa possa essere utile, è necessario esaminare l’esperienza del cliente in ogni punto di contatto del processo di acquisto, dalla ricognizione del problema fino all’eli-minazione del prodotto dopo averlo utilizzato. La vicinanza al consumatore permette anche di ottenere un vantaggio competitivo (Palmer, 2010).

1.2.2 Alcune definizioni di customer experience

Abbott e Alderson si concentrano su un concetto molto ampio sostenendo che “ciò che

le persone realmente desiderano non sono prodotti, ma esperienze soddisfacenti”

(Abbott 1955, pag. 40).

Pine e Gilmore (1998, pag. 3) successivamente hanno sostenuto l’idea dell’“esperienza” distinta tra beni e servizi, notando che un consumatore acquista un’esperienza per “passare tempo godendo di una serie di eventi memorabili che una società mette in

scena … per coinvolgerlo in un modo intrinsecamente personale”.

Schmitt, Brakus e Zarantonello (2015) suggeriscono che ogni scambio di servizio porta ad un’esperienza di consumo, indipendentemente dalla sua natura e forma. Questa prospettiva espansiva considera la customer experience nella sua natura olistica, incorporando le risposte del consumatore di tipo cognitivo, emozionale, sensoriale,

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sociale e spirituale a tutte le interazioni con l’azienda. Difatti Gentile, Spiller e Noci nel 2007 sostengono che l’esperienza del cliente sia costituita da un insieme di interazioni tra esso e il prodotto, l’azienda, l’organizzazione, che provocano in lui una reazione. Ogni esperienza è strettamente personale e implica il coinvolgimento del cliente ai diversi livelli precedentemente citati (cognitivo, emozionale, sensoriale ecc..) (Verhoef, Lemon, Parasuraman, Roggeveen, Tsiros, Schlesinger, 2009).

L’esperienza di consumo è quindi un concetto multidimensionale.

La recente pratica aziendale ha anche definito in senso lato la customer experience come “comprendente tutti gli aspetti dell’offerta dell’azienda – la qualità del servizio clienti,

di certo, ma anche la pubblicità, il packaging, il prodotto e i servizi futuri, la facilità d’uso e affidabilità. È la risposta interna e soggettiva che il consumatore ha per ogni contatto diretto o indiretto con l’azienda” (Meyer e Schwager 2007, pag. 2).

Il contatto diretto si verifica di solito nel corso di un acquisto o uso di un prodotto/servizio ed è solitamente avviato dal cliente. Mentre il contatto indiretto si ha attraverso la pubblicità, il passaparola, le recensioni. In aggiunta, tale esperienza non è costituita solo da fattori che le aziende possono controllare (prezzo, assortimento, atmosfera nel punto vendita ecc..), bensì anche da fattori incontrollabili, quali ad esempio l’influenza di altri soggetti e quindi la componente sociale dell’esperienza. Infine Pucinelli et al. la definiscono come costituita da un insieme di contatti tra azienda e cliente, touch points, in più fasi del processo decisionale del consumatore o del processo di acquisto.

Concludendo e considerando tutte le precedenti nozioni è possibile sostenere che la

customer experience sia un costrutto multidimensionale, focalizzato sulle reazioni

cognitive, emozionali, comportamentali, sensoriali e sociali del consumatore rispetto all’offerta dell’azienda durante l’intero processo di acquisto (Lemon, Verhoef, 2016).

1.2.3 Modello della customer experience

La figura 8 nella pagina seguente rappresenta il modello della customer experience. Si può notare come essa sia il percorso del consumatore con un’impresa nel corso del tempo, durante l’intero ciclo di acquisto, attraverso diversi touch points.

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Parte dalla fase del pre-acquisto, attraversando la fase dell’acquisto e concludendosi con il post-acquisto, in un ciclo dinamico e iterativo.

In ciascuna di queste fasi i clienti sperimentano dei touch points, che non sempre sono sotto il controllo dell’impresa (Lemon, Verhoef, 2016).

Figura 8: Modello customer experience e customer journey Fonte: Lemon, Verhoef, 2016

La prima fase è quella del pre-acquisto. Racchiude tutti gli aspetti di interazione del consumatore con il brand e l’ambiente prima di una transazione.

È costituita da tre elementi essenziali: ricognizione del problema, ricerca delle informazioni e valutazione delle alternative.

La ricognizione del problema rappresenta la prima fase del processo di acquisto, ovvero quella in cui il consumatore si rende conto di avere un bisogno insoddisfatto, il quale lo porterà a compiere azioni che gli permetteranno di colmare le carenze riscontrate. Il bisogno insoddisfatto è un problema o una necessità del consumatore che può nascere sia da stimoli interni che esterni alla persona stessa.

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La ricognizione del problema viene definita come “la percezione da parte del

consuma-tore dell’esistenza di una differenza tra il suo stato attuale e quello desiderato” (Dalli,

Romani, 2004, pag. 177).

Il bisogno può essere scaturito da cambiamenti dello stato attuale, generati ad esempio da variazioni della situazione economica, esaurimento delle scorte a disposizione dell’individuo o insoddisfazione derivante dai prodotti che si hanno a disposizione, op-pure da cambiamenti dello stato desiderato e quindi derivanti dall’acquisto di nuovi pro-dotti, nuovi bisogni o desideri oppure nuove informazioni a disposizione dei consuma-tori. Può anche accadere che il bisogno nasca da una combinazione di alcuni dei fattori sopra citati.

La ricerca delle informazioni si suddivide in ricerca interna, consistente in un recupero delle informazioni nella memoria del consumatore, e in ricerca esterna caratterizzata dall’acquisizione di informazioni dall’ambiente esterno. Le principali fonti sono di tipo commerciale (pubblicità, punto vendita), personale (amici, familiari), pubblico (mezzi di comunicazione, associazioni di consumatori) ed infine empirico (osservazione, prova prodotto).

La valutazione delle alternative consiste nell’”assegnare valore alle alternative

dispo-nibili in base ai criteri prestabiliti” (Dalli, Romani, 2011, pag.184).

La seconda fase è quella dell’acquisto e comprende la decisione di acquisto e l’acquisto stesso (scelta, ordine, pagamento).

Il consumatore sceglie la migliore tra un certo numero di alternative per ognuna delle quali ha espresso precedentemente una valutazione rispetto agli attributi per lui più rilevanti. La decisione di acquisto è influenzata dal rischio percepito dal soggetto. Può essere di tipo funzionale (caratteristiche non corrispondenti a quanto desiderato), finanziario (spese da sostenere in caso di restituzione), fisico (prodotto che mette a rischio la salute), sociale (immagine che il prodotto trasmette), di perdita di tempo (ore spese per reclami ad esempio) e infine psicologico (eventuale insoddisfazione).

Per ultima si ha la fase del post-acquisto che racchiude in sé l’utilizzo e consumo del prodotto acquistato e la valutazione successiva all’acquisto (soddisfazione o insoddisfazione).

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La soddisfazione è uno dei requisiti più importanti che stimolano il consumatore a ripetere un determinato acquisto nel tempo e deriva da prestazioni del prodotto superiori rispetto alle aspettative. Oggi non solo si considerano gli attributi del prodotto/servizio ma anche la componente affettiva provata dal soggetto durante l’esperienza di consumo con esso.

Non sempre vengono attraversate tutte le fasi, dal momento in cui alcune di esse possono essere saltate oppure invertite per quanto riguarda l’ordine (Kotler, Keller, 2014). Questa eventualità viene giustificata da Howard attraverso uno schema che considera il ruolo del processo di apprendimento del consumatore, grazie al quale, con il passare del tempo e l’accumularsi dell’esperienza, il soggetto riesce ad intuire più rapidamente le fonti dell’insoddisfazione ed a mettere in atto decisioni più veloci e talvolta automatiche (Dalli, Romani, 2011).

È utile osservare come il customer journey sia costituito non soltanto dall’attuale

customer experience (al tempo t), ma anche dall’esperienza pregressa (t-1) e

dall’esperienza futura (t+1).

L’esperienza pregressa va ad influenzare l’esperienza attuale nonché quella futura del consumatore (Neslin et. al 2006), aspetto non trascurabile per quanto riguarda la possibilità che vi sia un riacquisto. Per questo durante la fase post-acquisto servirebbe un input che stimoli la fedeltà del cliente o che lo riporti alla fase di pre-acquisto. Inoltre le imprese dovrebbero cercare di identificare tutti i touch points che avvengono durante l’intero customer journey e scoprire quali sono i punti critici che spingono un cliente a continuare o interrompere il proprio percorso.

I touch points sono dei punti di contatto diretti del consumatore con il prodotto/servizio o chi lo rappresenta. Direttamente o indirettamente hanno effetti sull’acquisto o sul comportamento d’acquisto del consumatore. La loro importanza può essere diversa in ogni fase della customer experience e l’impresa, una volta identificati, deve scoprire come poterli influenzare (Meyer, Schwager, 2007).

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I brand-owned touch points sono sotto il controllo dell’impresa e includono media come Web, pubblicità e programmi fedeltà, ma anche tutti gli elementi del marketing mix6.

I partner-owned touch points sono anch’essi controllati dall’azienda o da uno o più dei suoi partner, includendo agenti di marketing, partner nella distribuzione multicanale, partner dei canali di comunicazione.

I customer-owned touch points sono azioni del consumatore che fanno parte della

customer experience ma sui quali l’organizzazione o i partner non hanno alcuna

influenza.

Infine vi sono i social/external touch points che sono elementi dell’ambiente esterno, quali ad esempio gli altri consumatori, che condizionano in maniera positiva o negativa l’esperienza dell’individuo (Lemon, Verhoef, 2016).

1.2.4 Il customer journey

Il customer journey è il percorso che il cliente effettua dal momento in cui ha il primo contatto con un’azienda fino a che, attraversando diversi punti di contatto forniti dall’azienda stessa o da altri consumatori, arriva ad una decisione di acquisto.

Inizia nel momento in cui viene identificato un bisogno insoddisfatto e termina con l’acquisto. In un certo senso rappresenta la storia del legame tra azienda e cliente. Considerando la precedente figura 8 del modello della customer experience è possibile notare come il customer journey sia un concetto molto più ampio, comprendente non solo la customer experience corrente ma anche l’esperienza pregressa e futura.

Per un’impresa è utile capire quando e in quale canale avviene il primo contatto, ma è utile anche cercare di intuire e anticipare i bisogni che hanno i clienti nel momento in cui decidono di avvicinarsi ad un prodotto o ad un’azienda in modo tale da essere i primi a cercare di soddisfarli. L’obiettivo di un’organizzazione è cercare di gestire il customer

journey nella maniera più adeguata possibile, in modo da massimizzare il valore sia per

sé stessa ma anche per il cliente. Il percorso del consumatore aiuta anche a capire come i clienti utilizzano i vari canali e punti di contatto e come vorrebbero che fosse la

customer experience. Tutto ciò contribuisce a far progettare un’esperienza ottimale che

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soddisfi gli obiettivi dei consumatori e permetta alle imprese di ottenere un vantaggio competitivo (Nenonen, Junnonen, Kärnä, 2008).

Può essere d’aiuto costruire una mappa del customer journey che consenta di vedere come avviene l’interazione in un determinato punto di contatto e cosa succede. È un diagramma che illustra le fasi che il consumatore attraversa quando entra in contatto con un’azienda. Più touch points ci sono e più la mappa diventerà complessa (Richardson, 2010).

1.2.5 Il customer journey prima e dopo il Web 2.0

Il modello di customer journey prima del Web 2.0 considerava cinque elementi.

1. Awareness: la conoscenza e consapevolezza del consumatore di voler soddisfare il proprio bisogno con un prodotto o servizio fornito da aziende a lui note;

2. Familiarity: la possibilità di avere un prodotto riconoscibile tra le varie alternative presenti sul mercato;

3. Consideration: quando il consumatore considera un determinato prodotto, ricerca anche informazioni su di esso e le compara con eventuali alternative;

4. Purchase: fase dell’acquisto vero e proprio;

5. Loyalty: fedeltà del consumatore dovuta sia alle attività post-vendita che a quelle durante la fase di acquisto.

Il punto debole di questo modello consiste nel considerare il consumatore come un soggetto passivo, cosa che in realtà oggi non è.

La rete e le nuove tecnologie hanno introdotto la possibilità per gli individui di poter effettuare ricerche autonomamente e velocemente sui prodotti di loro interesse, di poter conoscere sul Web, attraverso le recensioni, le opinioni di coloro che precedentemente hanno acquistato lo stesso prodotto e di poter utilizzare un gran numero di strumenti che permettono loro di accedere ai canali di shopping e di informazione.

L’utente può connettersi sempre e ovunque per mezzo di Smartphone e Tablet.

Tutto ciò porta inevitabilmente dei cambiamenti nel processo decisionale di acquisto. Il customer journey oggi presenta diverse modalità che il consumatore ha a disposizione per poter effettuare un acquisto:

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Research online, purchase offline: la ricerca delle informazioni e le valutazioni

sul prodotto oggetto di interesse avvengono sul Web, mentre l’acquisto vero e proprio avviene in un negozio fisico; questo fenomeno prende il nome di

webrooming;

Click and collect: la ricerca delle informazioni e l’acquisto avvengono online ma

il prodotto viene ritirato in un negozio fisico vicino al domicilio del consumatore; ➢ Try and buy: il consumatore prova il prodotto in un punto vendita ma ne effettua

l’acquisto online, in alcuni casi addirittura mentre è nel negozio7; questo

fenomeno prende il nome di showrooming.

Il modo in cui il consumatore arriva ad effettuare l’acquisto è perciò cambiato nel corso del tempo. Il modello del percorso decisionale costituito dalle quattro fasi, come rappresentato nella figura 9 sottostante, non è sempre stato così.

Figura 9: Modello percorso decisionale del consumatore

Fonte: http://savedev.blogspot.it/2013/09/introduzione-al-customer-journey.html

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Fino agli anni 2000 la fase di indagine e riflessione veniva considerata sovrapposta a quella di stimolo e acquisto, dal momento che quando il consumatore entra in contatto con l’oggetto da comprare, ovvero ciò che innesca lo stimolo, ne effettua anche delle considerazioni e valutazioni.

Nel 2005 Procter&Gamble lancia le sigle FMOT e SMOT, delineando un customer

journey come quello rappresentato in figura 10 sottostante.

Tale modello è costituito da tre elementi: stimolo, FMOT e SMOT.

Figura 10: Modello FMOT SMOT

Fonte: http://www.pierotaglia.net/il-percorso-dacquisto-tra-zmot-fmot-e-smot/

I punti innovativi sono il First Moment Of Truth (FMOT), ovvero il primo momento della verità, il primo contatto tra consumatore e prodotto/venditore, e il Second Moment

Of Truth (SMOT), nonché il secondo momento della verità, la fase post-vendita quando

il soggetto utilizza il prodotto e ne esprime una valutazione successiva all’esperienza. Il FMOT dura pochi secondi nei quali il consumatore rivolge la sua attenzione a un prodotto e decide se comprarlo o meno.

Il SMOT non è altro che la fase di esperienza e considerazioni; si realizza quando l’individuo adopera il prodotto che ha acquistato e vive un’esperienza che può essere positiva, confermando la decisione presa nel FMOT, oppure negativa in conseguenza della quale non acquisterà più quel determinato prodotto.

Nel 2011 Lecinski rivede tale modello considerandolo alla luce della realtà contemporanea. Come visibile dalla figura 11 nella pagina seguente viene introdotto un nuovo concetto, lo Zero Moment Of Truth (ZMOT).

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Lo ZMOT è il momento in cui il consumatore utilizza il proprio Smartphone o il proprio Tablet o qualsiasi altro strumento tecnologico che gli permetta di iniziare a cercare informazioni su un prodotto o un servizio che vorrebbe acquistare. Quindi risulta fondamentale la presenza del Web e di Internet, poiché tali ricerche avvengono sui siti di social network, forum, motori di ricerca.

Lo ZMOT si inserisce tra lo stimolo e il FMOT ed è in un certo senso la fase 2 del modello in figura 11, ovvero la fase di indagine e riflessione, che in tal caso avviene tramite i nuovi canali tecnologici e non più per mezzo dei metodi tradizionali8.

I dati del 2011 rivelano che i consumatori utilizzano in media 10,4 fonti di informazioni prima di prendere una decisone, il doppio rispetto alle 5,3 del 2010 (Lecinski, 2011).

Figura 11: Modello ZMOT

Fonte: http://www.pierotaglia.net/il-percorso-dacquisto-tra-zmot-fmot-e-smot/

È utile notare che il Second Moment Of Truth va ad influenzare anche lo Zero Moment

Of Truth, poiché sempre più spesso gli individui dopo aver vissuto l’esperienza con un

determinato prodotto o servizio sentono l’esigenza di esprimere recensioni a riguardo su blog o forum, che possano essere utili per altri individui che come loro sono interes-sati al medesimo acquisto. Se si pensa che una persona che ha vissuto una buona

custo-mer experience ne parlerà bene a molte altre, ancor di più bisogna pensare ad una che

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ha vissuto un’esperienza negativa: questo soggetto ne parlerà male con molte più per-sone. E se prima tutto ciò avveniva tra conoscenti, adesso avviene sul Web e quindi la condivisione di tali informazioni raggiunge milioni e milioni di soggetti che non si co-noscono tra loro (Kotler, Keller, 2014).

Il processo decisionale, perciò, inizia sul Web attraverso una ricerca di un prodotto, av-viene in tempo reale e non si tratta più di una conversazione unidirezionale poiché nello ZMOT intercorrono diverse variabili. Non è più un processo di tipo lineare, vi sono diversi mezzi informativi che influenzano il consumatore.

In questa ottica gli stimoli creati dalla pubblicità non sono più sufficienti, bisogna pun-tare sul Web cercando di capire quale sia la reputazione del brand, del prodotto o dell’azienda nei canali online, nonché su blog, forum, community, siti di social network. È importante per un’impresa capire a quali strumenti informativi il consumatore si ri-volge per la ricerca prima di effettuare un acquisto (Lecinski, 2011).

In questo contesto l’interazione avviene in maniera multicanale: Smartphone, Tablet, personal computer e Tv sono tutti elementi costituitivi dello ZMOT. Per cercare di es-sere più efficienti è necessario che i messaggi pubblicitari siano adattati agli strumenti e agli orari in cui questi ultimi vengono utilizzati9.

1.2.6 Il customer journey multicanale

La rivoluzione digitale ha rafforzato l’importanza del coinvolgimento del cliente: i con-sumatori diventano co-produttori attivi di valore o distruttori di valore per le imprese, hanno un compito che va al di là del semplice acquisto e comprende manifestazioni come l’influenza social attraverso il passaparola e le recensioni.

Gli individui oggi interagiscono con una miriade di punti di contatto in più canali e media, e le esperienze di consumo hanno una natura più sociale. Questi cambiamenti richiedono alle aziende di integrare più funzioni aziendali in modo tale da poter creare e distribuire esperienze di consumo positive (Lemon, Verhoef, 2016).

Sono esperienze che avvengono in un ambiente multicanale: è frequente osservare come alcuni consumatori ricercano informazioni in un canale e poi acquistano in un altro.

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Ne sono esempi lo showrooming (ricerca in negozio e acquisto online) e il webrooming (ricerca online e acquisto in negozio). La figura 12 sottostante riporta i cambiamenti che hanno subito questi due fenomeni nel corso degli anni, dal 2010 al 2016.

È possibile notare come il webrooming abbia subito una diminuzione, passando dall’84% degli utenti che ricercavano prodotti online e poi acquistavano in negozio, al 58%. Viceversa è accaduto per lo showrooming che è andato ad aumentare, passando da un 26% del 2010 al 45% del 2016. Questo a dimostrazione del fatto che oggi sempre più persone osservano i prodotti nei negozi fisici per poi acquistare online. Il negozio fisico cambia la propria natura, non rappresenta più solo il punto finale dell’esperienza di ac-quisto.

Figura 12: Evoluzione webrooming e showrooming Fonte: Nielsen, Osservatorio Multicanalità, 2016

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La scelta di un canale piuttosto che un altro dipende dai vantaggi e costi che essi hanno e che possono rendere più conveniente in alcune fasi l’utilizzo di uno al posto dell’altro. Sicuramente l’introduzione di nuovi canali ha inciso sulla crescente complessità del

cu-stomer journey e sull’esigenza di considerare gli innumerevoli punti di contatto oggi

esistenti.

Probabilmente non è possibile pensare di poter avere un controllo sull’intero percorso in un periodo in cui i consumatori hanno un maggior potere e sono capaci di progettare per conto loro i propri customer journey. Ciò che è certo è che la velocità dei cambia-menti che avvengono oggi richiede nuovi modelli organizzativi più flessibili da parte delle imprese, ma anche più orientati alla centralità del cliente, in modo da gestire in maniera ottimale la customer experience in un mercato sempre più frammentato (Le-mon, Verhoef, 2016).

Oggigiorno nell’ambito dell’esperienza di consumo riveste un ruolo importante e cre-scente il Mobile marketing, grazie anche all’altissima penetrazione e diffusione degli strumenti mobile (Kotler, Keller, 2014).

Questi ultimi, ad esempio, offrono opportunità di creare touch points ad hoc in base alla geolocalizzazione, ma allo stesso tempo risultano più efficaci per la ricerca di informa-zioni piuttosto che per l’acquisto.

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CAPITOLO 2. MULTICANALITÀ E MOBILE MARKETING 2.1 Il sistema distributivo: il canale e la strategia multicanale

Oggigiorno le aziende si trovano a dover gestire un sistema di canali continuamente in evoluzione e di crescente complessità.

Un canale distributivo ha la funzione di trasferire e rendere disponibili beni o servizi dal produttore all’utilizzatore finale; non sempre questo avviene in maniera diretta, talvolta tra i due soggetti si interpongono una serie di intermediari che svolgono varie mansioni. I canali assumono molta importanza perché oltre a servire i clienti creano addirittura nuovi mercati. Anche per questo motivo dalla scelta del tipo di canale dipendono tutte le altre decisioni di marketing di un’impresa e a sua volta tale scelta dipende dalla seg-mentazione, target e posizionamento dei clienti dell’azienda stessa (Kotler, Keller 2014).

Esistono diverse configurazioni di strutture di canale in base alla numerosità e tipologia di intermediari che ne fanno parte.

Il canale diretto prevede la vendita diretta dal produttore all’acquirente finale, senza im-piego di intermediari. Ne sono esempi i punti vendita, la vendita telefonica,

l’e-com-merce (vendita tramite Internet), il Mobile coml’e-com-merce (vendita tramite dispositivi

mo-bili). Il canale indiretto, invece, è caratterizzato dall’uso di un intermediario (canale corto) o più di uno (canale lungo), che si identificano nelle figure del grossista, agente e dettagliante (Mattiacci, Pastore, 2014).

Molte aziende affiancano alla distribuzione nei canali tradizionali quella nei canali on-line adottando il cosiddetto modello click and mortar, contrapposto a quello brick and

mortar che, invece, non adotta una strategia multicanale in rete. Infine ci sono imprese

che decidono di operare esclusivamente online senza che vi sia un’azienda fisica pree-sistente e vengono definite pure players.

Sempre più spesso le aziende prediligono una strategia di marketing multicanale utiliz-zando due o più canali per raggiungere i diversi segmenti di consumatori.

Tale tipo di marketing viene definito da Rangaswamy e Van Bruggen come un insieme di strategie per servire i consumatori che utilizzano più di un canale quando interagi-scono con un’organizzazione.

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Ogni canale si riferisce ad un certo gruppo di acquirenti con bisogni e necessità proprie differenti da quelle degli altri segmenti, e raggiunge nella maniera più efficace ed effi-ciente questi soggetti. D’altro canto i consumatori stessi sono “multichannel” poiché per effettuare i loro acquisti usano una varietà di canali a loro disposizione. Inoltre è stato verificato che questi tipi di soggetti spendono in misura maggiore rispetto a quelli che si rivolgono ad un solo canale. Non sono ben chiare le ragioni che sottostanno a questo tipo di comportamento, ma risulta evidente che i clienti che utilizzano diversi canali nella maniera più efficiente sono quelli che hanno numerose interazioni con l’azienda e che quindi spendono in misura maggiore. Anche l’esperienza stessa di shopping multi-canale, se positiva, può rafforzare le relazioni tra cliente e azienda, e perciò indurre ad acquistare di più e portare i clienti ad essere più profittevoli. Inoltre è utile considerare il fatto che l’impresa possa offrire servizi aggiuntivi attraverso canali multipli (ad esem-pio ordinare online e ritirare in negozio) (Venkatesan, Kumar & Ravishanker, 2007). La multicanalità per un’impresa richiede integrazione, coordinazione ma anche l’atten-zione a molte componenti che prima erano indipendenti le une dalle altre. L’azienda deve garantire che i vari canali agiscano come se fossero una singola unità al fine di soddisfare i bisogni dei clienti. Inoltre deve essere ben chiara la proposta di valore of-ferta da ciascun canale, i suoi punti di forza e debolezza, nonché la focalizzazione sulla

customer experience del consumatore (Weinberg, Parise, Guinan, 2007).

Tenendo conto che in un’impresa l’80% dei profitti proviene dal 20% dei suoi clienti, potrebbe essere utile sfruttare la multicanalità per poter raggiungere coloro che risultano essere meno profittevoli attraverso un canale più economico, ad esempio un sito Web self-service.

2.2 Lo shopping multicanale

Da diversi anni a questa parte i consumatori hanno iniziato ad utilizzare numerose tec-nologie per interagire con le imprese, ad esempio i siti Web, Internet e i dispositivi mo-bili. In particolare, è diventata cosa comune la scelta di differenti canali per le diverse fasi del processo di acquisto, mentre in passato era evidente la presenza di un unico canale integrato per poter prendere tutte le decisioni necessarie per portare a termine la soddisfazione di un bisogno.

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I consumatori di oggi, come anticipato nel paragrafo precedente, utilizzano più canali e sono definiti consumatori multichannel. È ad essi che si rivolge il marketing multica-nale.

L’uso sempre più ampio dell’e-commerce e la diffusione del CRM (Customer Relation-ship Management) volto al mantenimento delle relazioni con i clienti, ha esposto in mi-sura maggiore i consumatori allo shopping multicanale.

Fornire strutture multicanale per lo shopping può sembrare una buona idea per mante-nere coloro che preferiscono la comodità, e anche perché questi clienti risultano più redditizi, ma non risulta essere dimostrato che siano anche più fedeli dei consumatori che acquistano attraverso un singolo canale.

La figura 13 di seguito riporta uno schema con i fattori che influenzano il comporta-mento di shopping multicanale del consumatore.

Figura 13: Comportamento consumatore durante lo shopping multicanale Fonte: V. Kumar e Rajkumar Venkatesan, 2005

I driver che guidano lo shopping multicanale sono:

➢ Caratteristiche del consumatore: comprendono diversi elementi. In primo luogo il fenomeno del cross-buying, ovvero il numero delle differenti categorie di prodotto che un soggetto ha acquistato presso un’azienda. Il canale che i consumatori scelgono solitamente dipende dal tipo di acquisto che devono effettuare. Ci si può aspettare che coloro che hanno un alto grado di cross-buying

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siano più multicanali e abbiano più contatti e familiarità con le imprese. Quest’ultima, a sua volta, riduce il rischio insito negli acquisti, favorendo lo shopping multicanale. In secondo luogo il numero delle restituzioni dei prodotti: si suppone che vi sia una relazione ad U rovesciata tra i resi e lo shopping multicanale, ovvero fino ad una certa soglia le restituzioni sono positivamente correlate con lo shopping multicanale, oltre tale limite si ha una correlazione negativa e quindi un disincentivo alla multicanalità.

Terzo e quarto elemento considerato sono i contatti con i consumatori sia offline che sul Web: più essi sono e più si ha la probabilità che vi sia lo shopping multicanale.

Infine sia la durata della relazione con il cliente sia la frequenza di acquisti elevata incidono positivamente sull’aumento dello shopping multicanale.

➢ Fattori specifici del fornitore: comprendono il numero di canali utilizzati per contattare il consumatore, il tipo di canale e il mix adottato. Più canali vengono usati e più essi sono di tipo interpersonale e maggiore è la probabilità di favorire lo shopping multicanale.

➢ Fattori demografici del consumatore: numero di impiegati, salario annuo e settore di impiego.

Concludendo è possibile dire che maggiore è la propensione allo shopping multicanale, maggiori saranno i ricavi, la quota di portafoglio per il fornitore, il valore e il livello di attività derivante da quei consumatori multichannel (Kumar, Rajkumar Venkatesan, 2005).

2.3 Il comportamento del consumatore nel multicanale: la scelta del canale

Gli studi in merito al comportamento del consumatore nell’ambiente multicanale sono in continua evoluzione e la ricerca in tale ambito risulta ancora scarsa.

I consumatori multichannel possono utilizzare diversi canali nelle diverse fasi del loro processo di acquisto, ad esempio potrebbero cercare informazioni riguardanti un pro-dotto online ma poi acquistare in un negozio fisico o viceversa.

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Ci sono diversi fattori che influenzano la scelta da parte del consumatore di un canale piuttosto che un altro. La figura 14 di seguito ne riporta una rappresentazione grafica.

Figura 14: Fattori di influenza nella scelta del canale Fonte: Balasubramanian, Raghunathan, Mahajan, 2005

La scelta del canale dipende dagli obiettivi che il soggetto persegue e che sono suddivisi in:

➢ Obiettivi economici: il consumatore si concentra sulla massimizzazione della propria utilità, comparando i costi e i benefici derivanti dall’acquisto di un determinato prodotto. La preferenza del canale online rispetto a quello tradizionale dipende dalla categoria di prodotto da acquistare e dalla familiarità con esso. La ricerca delle informazioni sui canali digitali viene preferita in quanto rende più facili i confronti. Per l’acquisto vero e proprio, considerando il minor costo sui canali online, il consumatore fa un’analisi del tempo che dovrà aspettare per ricevere il prodotto e del rischio percepito. Il negozio tradizionale tende a minimizzare tale rischio, perciò il soggetto potrebbe utilizzare più di un canale, ordinando online e ritirando la merce in negozio.

➢ Obiettivi di affermazione personale: le caratteristiche principali che i consumatori vogliono affermare sono la capacità di risparmio e la competenza.

Riferimenti

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