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IL GREEN SUPPLY CHAIN MANAGEMENT PER IL SUCCESSO DELL'IMPRESA: UN CONFRONTO TRA SETTORI

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in

Strategia Management e Controllo

IL GREEN SUPPLY CHAIN MANAGEMENT PER IL

SUCCESSO DELL’IMPRESA:

UN CONFRONTO TRA SETTORI

Relatore:

Prof. Nicola Giuseppe Castellano

Candidato:

Francesca Lazzerini

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INDICE

INTRODUZIONE ... 1

CAPITOLO 1. SUPPLY CHAIN E SCM: ASPETTI INTRODUTTIVI ... 3

1.1 La Supply Chain: definizioni e caratteristiche ... 3

1.1.1 Le relazioni nella supply chain ... 6

1.2 Il Supply Chain Management... 9

1.2.1 Definizioni ed evoluzione nel tempo ... 9

1.2.2. Il modello di Stevens e l’integrazione dei processi ... 14

1.3 Modelli di schematizzazione dei processi del SCM ... 17

1.3.1. Il modello di Cooper, Lambert e Pagh ... 17

1.3.2. Il modello di Slack ... 20

1.4 L’integrazione della Supply Chain nell’organizzazione ... 23

1.4.1. Il processo di sviluppo di un nuovo prodotto o servizio ... 24

1.4.2. Il processo di relazioni con i fornitori ... 25

1.4.3. Il processo di evasione dell’ordine ... 26

1.4.4. Il processo di relazione con il cliente ... 26

CAPITOLO 2. IL SUPPLY CHAIN MANAGEMENT COME STRUMENTO STRATEGICO ... 28

2.1 Supply Chain Management e vantaggio competitivo ... 28

2.1.1 La catena del valore di Porter ... 28

2.1.1.1. Struttura della catena del valore ... 30

2.1.1.2. Impostazione della catena del valore di Porter ... 33

2.2 Le strategie attuabili lungo la supply chain ... 37

2.2.1. Le strategie di progettazione ... 38

2.2.2. Le strategie produttive ... 41

2.2.3. Le strategie con i fornitori ... 43

2.2.4. Le strategie con i distributori ... 47

2.3 I rischi nella supply chain ... 51

2.3.1. La gestione dei rischi ... 54

2.3.2. Il ruolo del supply chain manager ... 57

2.4 Gli strumenti di misurazione delle performance nella supply chain ... 58

2.4.1 Lo SCOR Model ... 58

(3)

CAPITOLO 3. IL GREEN SUPPLY CHAIN MANAGEMENT... 64

3.1 Sostenibilità e responsabilità nella supply chain ... 64

3.2 La Green Supply chain ... 66

3.2.1. Struttura della green supply chain ... 68

3.2.2 Vantaggi e svantaggi della green supply chain ... 68

3.2.3 Il pensiero dei consumatori ... 70

3.3 La gestione della green supply chain ... 71

3.3.1 La mappatura della green supply chain ... 72

3.3.2. La comunicazione e le strategie nella green supply chain ... 72

3.3.3. Misurare le performance green ... 75

3.3.4 La gestione dei processi ... 76

3.3.4.1. Il Green Design ... 76

3.3.4.2. Il Green Procurement ... 77

3.3.4.3. Green Production ... 80

3.3.4.4. Green Logistics ... 81

3.4 L’agenda 2030 ... 83

CAPITOLO 4. LA SOSTENIBILITA’ DELLA SUPPLY CHAIN NEL SETTORE ABBIGLIAMENTO E ALIMENTARE ... 88

4.1 Caratteristiche dei due settori ... 88

4.1.1 Il settore dell’abbigliamento ... 88

4.1.2. Il settore alimentare ... 89

4.2 Il Caso H&M ... 91

4.2.1 La storia del gruppo ... 91

4.2.2. La sostenibilità in H&M: strategia e valori ... 93

4.2.3. La catena green di H&M ... 95

4.2.3.1 La progettazione ... 96

4.2.3.2 La scelta dei materiali ... 97

4.2.3.3. Produzione sostenibile ... 99

4.2.3.4. Utilizzo del prodotto ... 102

4.2.3.5. Riutilizzo e riciclo dei prodotti ... 103

4.2.3.6. La questione delle emissioni e la logistica ... 105

4.3 Il caso Illycaffè ... 107

4.3.1 La storia ... 107

4.3.2. La strategia di sostenibilità ... 109

(4)

4.3.3 L’impegno ambientale di Illycaffè ... 112

4.3.3.1. La gestione delle emissioni ... 113

4.3.3.2. La gestione delle materie prime ... 114

4.3.3.3 La gestione dell’energia e dell’acqua ... 114

4.3.3.4. La gestione dei rifiuti ... 115

4.3.3.5 Lo smaltimento dei prodotti ... 116

4.3.3.6 La logistica sostenibile ... 117

4.3.3.7 L’impegno verso un’agricoltura sostenibile ... 118

4.4 Considerazioni finali ... 119

CONCLUSIONI ... 122

BIBLIOGRAFIA ... 125

(5)
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1

INTRODUZIONE

Il presente elaborato ha lo scopo di evidenziare la rilevanza della catena di fornitura sostenibile come strumento strategico per le aziende. La necessità di considerare la sfera della sostenibilità è ormai diventata indispensabile, poiché oggi più che mai, è presente il fenomeno di climate change ovvero di cambiamento climatico; si tratta di un aumento delle temperature causato dalle attività inquinanti dell’uomo, come le emissioni di anidride carbonica (CO2)e metano (CH4) derivanti da attività come la deforestazione,

(poiché il taglio degli alberi elimina una fonte di assorbimento di anidride carbonica), la lavorazione del petrolio ma anche attività come gli allevamenti intensivi di animali.

Il grafico mostra la cosiddetta “Curva di Keeling” che descrive come sia aumentata la concentrazione di anidride carbonica che ha determinato l’aumento delle temperature sempre più crescente, dal 1958 sino ad oggi.

Tale argomento è nato come un vero e proprio dibattito pubblico negli anni ’80, diventando poi sempre più importante con il passare del tempo. Per questo, sia le attività delle aziende che le azioni compiute dai singoli consumatori, contribuiscono direttamente ed indirettamente alle emissioni di gas ad effetto serra ed al riscaldamento dell’atmosfera; pertanto aziende e consumatori devono agire con responsabilità, nell’ottica di ridurre gli impatti sull’ambiente.

Alla luce di questi ragionamenti è necessario, quindi, trattare l’argomento della sostenibilità all’interno della supply chain, in modo tale che tutti i processi che ne fanno parte siano orientati e rivisitati per ridurre l’inquinamento atmosferico, la quantità di

Figura 1-La concentrazione di Anidride Carbonica dal 1958 ad oggi, secondo la "Curva di Keeling" fonte:Scripps Institution of Oceanography

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rifiuti e garantire un futuro migliore di quello che oggi si prospetta alle prossime generazioni.

Nel primo capitolo di questo elaborato analizzeremo i concetti di supply chain e di supply

chain management, descrivendo le varie definizioni che nel tempo sono state fornite dalla

letteratura e le origini di questi due termini, oltre al tipo di relazioni che possono instaurarsi lungo la catena ed i diversi modelli di schematizzazione dei processi del SCM, fino a considerare la catena di fornitura integrata all’interno dell’azienda. Successivamente, nel secondo capitolo, verrà esposta la gestione della supply chain come strumento per le aziende per il perseguimento del vantaggio competitivo sul mercato, facendo riferimento anche alla catena del valore ideata da Michael Porter e delineando quali sono le relazioni strategiche che possono essere attuate lungo la catena di approvvigionamento; verranno inoltre presentati i rischi che possono verificarsi lungo la

supply chain e quali sono i modelli utilizzati per rendicontare le sue performance.

Il terzo capitolo analizzerà il Green Supply Chain Management, chiarendo i concetti di sostenibilità e di responsabilità per approfondire che cosa sia una green supply e quale sia la sua gestione, possibili vantaggi e svantaggi derivanti dall’attuazione di una catena di fornitura sostenibile, i singoli processi coinvolti e di che cosa questi si occupino.

Il quarto capitolo, infine, è riservato alla trattazione di due casi aziendali e al confronto tra i settori produttivi di cui fanno parte: il gruppo H&M per il settore abbigliamento ed Illycaffè, facente parte del gruppo Illy, che opera invece nel settore alimentare.

In quest’ultimo capitolo concluderemo che quanto esposto in precedenza, attraverso gli argomenti affrontati ed i casi pratici delle due aziende, sia necessario per poter procedere verso un’ottica di sostenibilità in ogni fase della propria catena del valore: le aziende si devono impegnare sia nel rispetto dell’ambiente, ma al contempo, avere successo sul mercato, catturando sempre di più l’attenzione del consumatore, che oggi è ancora più attento alle tematiche ambientali.

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CAPITOLO 1. SUPPLY CHAIN E SCM: ASPETTI INTRODUTTIVI

1.1 La Supply Chain: definizioni e caratteristiche

Ogni azienda che si occupa di produrre beni o servizi per i propri clienti deve gestire processi all’interno della propria organizzazione. I processi sono sequenze di attività che si occupano di prelevare input e trasformarli in output, possono essere raggruppati in operazioni e si possono collegare tra di loro formando una supply chain. A questo proposito, sono state fornite diverse definizioni nel tempo, dove le principali sono state riunite, in ordine cronologico, da Raffaele Secchi in “Supply Chain Management e Made

in Italy, lezioni da nove casi di eccellenza”1. In questo testo possiamo ritrovare

innanzitutto la definizione di Elramm del 1991 che definisce la supply chain come “una rete di aziende che interagiscono per fornire prodotti o servizi al cliente finale, collegando i flussi dall'approvvigionamento di materie prime alla consegna finale”. Christopher nel 1992 invece, descrive la supply chain come “una rete di organizzazioni coinvolte, tramite collegamenti a monte ed a valle, nei diversi processi e attività che producono valore sotto forma di prodotti e servizi forniti al consumatore finale”. Sempre nel 1992, un’altra definizione ci viene fornita da Lee e Billington come “reti di siti di produzione e distribuzione che acquistano materie prime, li trasformano in prodotti intermedi e finiti e distribuiscono prodotti finiti ai clienti”. Possiamo già notare come queste prime tre definizioni sostengano tutte che la catena di fornitura sia una rete, anche se con elementi di diversità: Elramm fornisce una definizione molto più semplice rispetto a Christopher che introduce i concetti di processi, attività e di creazione del valore per il cliente finale, ma anche rispetto a Lee e Billington che invece descrivono la supply chain in maniera più dettagliata rispetto ai precedenti autori, considerando lo stadio di produzione dei prodotti, da intermedi a finali. Nel 1994 invece, un’altra versione di supply chain viene proposta da Londe e Masters come “a set of firms that pass materials forward. Normally, several

independent firms are involved in manufacturing a product and placing it in the hands of the end user in a supply chain - raw material and component producers, product assemblers, wholesalers, retailer merchants and trasportation companies are all members of a supply chain” che possiamo tradurre come “un insieme di aziende che

trasmettono materiali in avanti. Normalmente, diverse aziende indipendenti sono

1 Le definizioni che seguono, si ritrovano a pag.29 di “Supply Chain Management e Made In Italy – lezioni

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coinvolte nella produzione di un prodotto e lo mettono nelle mani dell'utente finale in una catena di approvvigionamento: produttori di materie prime e componenti, assemblatori di prodotti, grossisti, commercianti di dettaglianti e società di trasporto sono tutti membri di una catena di approvvigionamento”.

Questa definizione quindi sembra essere molto esaustiva rispetto alle altre in quanto, descrive gli attori ovvero coloro che compongono la catena di fornitura. Successivamente nel 1997, Lee a Ng delinea la supply chain come “una rete di entità che inizia con il fornitore dei fornitori e termina con il cliente dei clienti per la produzione e la consegna di beni e servizi” e un anno dopo, nel 1998, Lambert rappresenta la supply chain come “l'allineamento delle aziende che portano prodotti o servizi sul mercato. Si noti che questi concetti di catena di approvvigionamento includono il consumatore finale come parte della catena di approvvigionamento”. Si inizia quindi a considerare il concetto di coordinamento tra le imprese che fanno parte della catena di fornitura. Nel 1999, Lummus e Vukurka per definire la supply chain scrivono “all the activities involved in delivering

a product from raw material through to the customer including sourcing raw materials and parts, manufacturing and assembly, warehousing and inventory tracking, order entry and order management, distribution across all channels, delivery to the customer, and the information systems necessary to monitor all of these activities”; ciò tradotto significa

“tutte le attività coinvolte nella consegna di un prodotto dalla materia prima al cliente, tra cui approvvigionamento di materie prime e componenti, produzione e assemblaggio, stoccaggio e tracciamento di magazzino, l’inserimento degli ordini e la gestione degli ordini, distribuzione su tutti i canali, consegna al cliente ed i sistemi di informazione necessari per monitorare tutte queste attività”. È chiaro quindi come questa definizione rispetto alle altre, descriva maggiormente nel dettaglio tutti i processi e di conseguenza le attività che sono svolte lungo la catena di fornitura.

Infine, un altro contributo importante in materia è stato elaborato da Mentzer nel 2001 per il quale la supply chain rappresenta “un insieme di tre o più entità (organizzazioni o individui) direttamente coinvolte nei flussi a monte e a valle di prodotti, servizi, finanze e / o informazioni da una fonte a un cliente”; per Mentzer quindi, la catena di fornitura rappresenta l’intero flusso di ciò che viene prodotto e scambiato nella catena di approvvigionamento, a partire dalla fonte fino al cliente finale. Una definizione più recente di supply chain rappresenta la catena di fornitura come una serie interrelata di

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5

processi, che si sviluppano all’interno di un’azienda e/o tra diverse aziende, che produce un servizio o fabbrica un prodotto per la soddisfazione dei clienti2.

Dallo studio di queste definizioni pertanto, è possibile ricavare alcuni elementi caratteristici che riguardano il significato di supply chain. In primo luogo, molti contributi pongono l’accento sui legami tra le diverse entità componenti la SC, che permettono di trasferire, trasformare e consegnare al cliente finale prodotti o servizi. Tali legami riguardano sia i flussi a monte (upstream), che interessano gli attori preposti alla fornitura di materie prime e componenti da trasformare, sia i flussi a valle (downstream), che invece richiedono il coinvolgimento degli attori focalizzati sulla distribuzione dei prodotti ai clienti. Un secondo elemento che si riscontra in molte delle definizioni analizzate è la presenza del cliente finale che deve essere considerato a tutti gli effetti parte integrante della SC3. Si evince quindi che la soddisfazione del consumatore finale è l’obiettivo principale di ogni attore che costituisce la catena di fornitura, ed è infatti la ragione per cui si sviluppano le relazioni tra le imprese.

Il terzo elemento che possiamo considerare nella definizione di supply chain sono i flussi che possono instaurarsi tra le aziende, per i quali non si deve considerare solamente i flussi fisici che riguardano lo scambio di materiali, semilavorati o prodotti finiti da parte delle imprese a monte della catena, ovvero dai fornitori, verso le imprese che si trovano a valle e verso i clienti, ma si devono anche considerare i flussi informativi di cui necessitano gli attori che compongono la supply chain per gestire i flussi fisici, come infatti possiamo vedere dalla figura sottostante.

Figura 2- Flussi fisici e flussi informativi nella supply chain, fonte:

http://www.politecnicodelmare.gov.it/didattica/salerno/la%20supply%20chain.pdf

2 L.Krajewski, L.Ritzman,M.Malhotra,A.Grando,R.Secchi, Supply Chain Management – strategie, processi,

performance, Pearson, 2015, pag.2.

3 R.Secchi, Supply Chain Management e Made in Italy - Lezioni da nove casi di eccellenza, Egea, 2012,

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Un’ultima considerazione da fare, riguarda il fatto che ogni azienda che compone la

supply chain è un’organizzazione indipendente sia relativamente alla gestione aziendale

e alla strategia attuata, sia per l’assetto proprietario.

1.1.1 Le relazioni nella supply chain

La supply chain si può analizzare attraverso diversi aspetti come l’estensione dei legami tra gli attori che la compongono, il loro contenuto e il tipo di analisi che si può effettuare. Per quanto concerne il primo aspetto, ossia l’estensione dei legami, ci possono essere quattro diverse dimensioni:

- Diade: si ha quando è presente una relazione diretta tra due attori che compongono la supply chain come ad esempio quella che intercorre tra produttore e fornitore;

- Catena (chain): quando vi sono relazioni diadiche tra fornitore del fornitore e cliente del cliente e ogni partecipante alla catena ha un solo nodo a monte ed un solo nodo a valle. Possiamo notare quindi, come la supply chain sia solo una delle possibili rappresentazioni delle relazioni che possono crearsi tra le aziende;

- Network: fa riferimento ad un insieme di legami tra i diversi soggetti coinvolti

lungo la catena di fornitura che possono trovarsi situati in maniera sequenziale rispetto al flusso fisico e al flusso informativo oppure possono essere situati in posizione non adiacenti rispetto a tali flussi. Una supply chain è diversa da un

supply network in quanto quest’ultimo comprende tutte le imprese da monte a

valle, dal fornitore più lontano al cliente più lontano.

Figura 3- Estensione dei legami nella supply chain, fonte: C.M. Harland, “Supply chain management: Relationships, Chain and

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7

Possiamo vedere la figura 2 nella pagina precedente che illustra secondo Harland, l’estensione di alcuni legami che abbiamo appena descritto lungo la catena di fornitura, in modo da capire meglio tali relazioni. In riferimento a ciò che abbiamo detto, possiamo vedere la forma e l’estensione della relazione diadica, della catena esterna ovvero la

supply chain ed infine della rete ossia il network. Possiamo quindi affermare che anche

se, come abbiamo potuto vedere, nel tempo sono state fornite diverse definizioni di supply

chain, la maggior parte degli studiosi concorda con la definizione elaborata da Mentzer

et al., secondo il quale l’articolazione della catena di approvvigionamento e quindi la sua complessità, aumenta al crescere del numero di imprese che ne fanno parte, in quanto ad esempio un produttore può ricevere i fattori produttivi da più fornitori così come i rivenditori possono ricevere i prodotti finiti da più distributori. In base a ciò, secondo Mentzer si possono quindi distinguere tre tipologie di supply chain, illustrate anche nella figura 3 nella pagina successiva:

- Direct supply chain: è formata da un fornitore, impresa e cliente che sono coinvolti da monte a valle nei diversi tipi di flussi e dove i nodi sono legati da una relazione diadica, che costituiscono a loro volta una catena di relazioni diadiche in sequenza;

- Extended supply chain: costituita dal fornitore del fornitore, il fornitore, l’impresa, il cliente ed il cliente del cliente e che sono interessati ai flussi di prodotti, informazioni e servizi, a monte ed a valle;

- Ultimate supply chain: contempla tutte le organizzazioni coinvolte nei flussi a monte e a valle di prodotti, informazioni e servizi, a partire dal fornitore più lontano fino all’ultimo cliente4.

4 R.Secchi, Supply Chain Management e Made in Italy - Lezioni da nove casi di eccellenza, Egea, 2012,

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Figura 4- Tipologie di relazioni della supply chain, fonte: https://sim.sbio.vt.edu/?p=903

Per quanto invece riguarda il secondo aspetto, ovvero il contenuto delle relazioni che intercorrono tra i diversi attori lungo la catena di fornitura, Secchi individua due dimensioni su cui si possono basare questi legami, una dimensione transazionale (resource transfering) che riguarda appunto il trasferimento di diverse risorse di tipo materiale, finanziarie, tecnologiche e conoscenze e nel quale si devono considerare tutti i flussi relativi anche allo spostamento della risorsa in questione tra i soggetti che compongono la supply chain ed una dimensione di condivisione delle risorse (resource

pooling). Quest’ultima, riguarda più precisamente una condivisione delle risorse per

svolgere una determinata attività o raggiungere un certo obiettivo.

Le relazioni che possono formarsi tra i diversi attori coinvolti lungo la supply chain, possono essere analizzate anche nella loro natura, attraverso quattro elementi:

- Intensità: che fa riferimento al numero di relazioni stabilite tra gli attori e ovviamente, maggiore è il numero di tali relazioni, maggiore sarà l’intensità tra i soggetti coinvolti, ma anche la presenza di investimenti che possono vincolare la parti ad uscire da una certa relazione, fa aumentare l’intensità;

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- Fiducia: fa riferimento al fatto che un attore svolga la propria attività nel rispetto degli altri soggetti coinvolti nella supply chain, per raggiungere scopi comuni.

- Reciprocità: consiste nella coincidenza degli interessi delle parti coinvolte verso certi scopi.

L’ultimo aspetto da considerare è il tipo di analisi che si può effettuare sulle relazioni presenti nella supply chain, in base al grado di connettività e alla centralità. Il primo elemento, esprime come sono connessi i diversi nodi della catena di fornitura e sarà tanto più alto quando le relazioni sono diffuse tra tutti i soggetti. La centralità invece, riguarda l’importanza di un’azienda all’interno della supply chain e può essere misurata dal numero di aziende legate all’azienda presa di riferimento; ne consegue che l’impresa che avrà un numero di relazioni più alto con altre imprese, sarà considerata l’impresa centrale. Il vantaggio di questo tipo di impresa è quello di poter controllare un maggiore flusso di risorse.

1.2 Il Supply Chain Management

1.2.1 Definizioni ed evoluzione nel tempo

Il concetto di supply chain management viene introdotto per la prima volta nel 1982 da parte di Oliver e Webber nella loro opera “Supply Chain Management: Logistics catches

up with strategy”. In questa pubblicazione il termine veniva utilizzato in riferimento a

tecniche per la riduzione delle scorte in aziende facenti parte della stessa filiera e legate da relazioni cliente – fornitore5. Questa però non è l’unica definizione che è stata fornita; infatti come per la supply chain, anche per il supply chain management la letteratura è molto vasta e sono state elaborate varie definizioni con il passare del tempo, non determinando una definizione univoca su tale argomento. Diverse infatti sono le prospettive rispetto a cui il SCM è stato studiato:6

- La prospettiva che si occupa di contestualizzarlo come “disciplina” distinta; - La prospettiva che lo interpreta come “filosofia” di fondo;

5 P.Romano, P.Danese, Supply Chain Management – la gestione dei processi di fornitura e distribuzione,

McGraw-Hill, 2006, pag.1.

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- La prospettiva che lo rilegge come nuova “struttura di governo”;

- La prospettiva che ne studia l’evoluzione in termini di “funzione” aziendale; - La prospettiva che lo rilegge in ottica di integrazione tra “processi”;

Ne consegue che ad ogni diversa prospettiva considerata, discendono diverse definizioni di supply chain management. Nella prima prospettiva rientrano tutte le definizioni che considerano il supply chain management come dottrina indipendente, al pari della strategia e delle operations ma anche quelle definizioni che non la considerano una scienza in senso proprio. La seconda prospettiva è quella che, invece, accoglie tutte le definizioni di supply chain management che lo considerano come una filosofia, il cui scopo principale è il soddisfacimento dei bisogni del cliente finale che dovrebbe interessare tutti i soggetti che compongono la supply chain. Andando avanti, abbiamo la terza prospettiva che include quegli autori che descrivono la gestione della catena di fornitura, come una struttura di governo che deve quindi tenere in considerazione le relazioni tra gli attori della supply chain, le scelte di esternalizzazione di alcune fasi della catena ed i sistemi di controllo per raggiungere risultati soddisfacenti. La penultima prospettiva, ovvero la quarta, si occupa invece di descrivere il supply chain management come un insieme di funzioni aziendali che vanno dal marketing alla logistica. Infine, abbiamo l’ultima prospettiva che include la maggior parte delle definizioni di supply

chain management in letteratura e che considera l’integrazione tra i processi,

esaminandolo come un concetto più ampio di quest’ultimi, includendo tutte le attività che scaturiscono dai fornitori e che permettono di far arrivare il prodotto o il servizio al cliente finale. La definizione di supply chain management quindi, ha subito una vera e propria evoluzione nel tempo; possiamo a tal proposito citare, in ordine cronologico, alcune delle numerose definizioni che sono state fornite in materia e che possiamo ritrovare all’interno di “Supply Chain Management e Made in Italy, lezioni da nove casi di eccellenza” di Raffaele Secchi. In tale testo, possiamo infatti vedere che nel 1985 Jones and Riley definiscono il supply chain management come “un approccio integrativo per affrontare la pianificazione e il controllo del flusso di materiali dai fornitori agli utenti finali”; questa definizione, secondo la classificazione sopra citata, potrebbe a nostro avviso rientrare nella terza prospettiva, ovvero quella che lo considera come uno strumento di governo. Un esempio invece di definizione che rientra nell’ultima prospettiva, è quella

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dell’International Center for Competitive Excellence del 19947: supply chain

managament is the integration of business processes from the user through original suppliers that provides products, services and information that add value to the customers; questa definizione tradotta significa “la gestione della supply chain è

l'integrazione dei processi aziendali da parte dell'utente attraverso fornitori all’origine che forniscono prodotti, servizi e informazioni che aggiungono valore ai clienti”. In quest’ottica, un contributo molto simile è stato fornito da Lambert per la definizione di

supply chain management nel 1997, rappresentandola come “the integration of key business processes from end user through original suppliers that provides product, services and information that add a value for customers and other stakeholder” ovvero

tradotto significa “l'integrazione dei processi aziendali chiave da parte dell'utente finale attraverso fornitori all’origine che forniscono prodotti, servizi e informazioni che aggiungono valore ai clienti e agli altri stakeholder.” Si può notare in questo caso come anche Lambert, consideri il concetto di produzione di valore per i clienti da parte di fornitori che si occupano di scegliere i prodotti e servizi che possono contribuire a far percepire tale valori ai consumatori finali. Nello stesso anno, un altro apporto teorico in materia è stato erogato da Cooper ed altri autori che hanno definito la gestione della catena di fornitura come “una filosofia integrativa per gestire il flusso totale di un canale di distribuzione dal fornitore all'utente finale”: tale definizione può secondo una nostra opinione, ricadere sotto l’ambito di quella branca di studi che considera il supply chain

management come una filosofia di fondo, quindi sotto la seconda prospettiva. Sempre

dall’opera di Raffaele Secchi, possiamo riportare un’altra importante definizione, più recente rispetto alle precedenti, sulla catena di approvvigionamento, che è stata introdotta da Mentzer nel 2001 affermando che “SCM è definito come il coordinamento sistemico e strategico delle funzioni aziendali tradizionali e delle tattiche attraverso le funzioni aziendali all'interno di una determinata azienda e tra le imprese all'interno della catena di fornitura, al fine di migliorare le prestazioni a lungo termine delle singole società e della catena di approvvigionamento nel complesso”. Evidente quindi come Mentzer abbia delineato il supply chain management in maniera molto più specifica rispetto ai precedenti autori e come evidenzi, non solo, l’aspetto del coordinamento tra le diverse funzioni aziendali della singola azienda con le azioni intraprese dalle altre aziende della catena di fornitura, ma anche come tali imprese debbano agire per migliorare le

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performance di tutta la supply chain, non considerando solamente la singola azienda. Una definizione ancora più odierna rispetto a quella di Mentzer, è quella che invece descrive la gestione della supply chain come la sincronizzazione dei processi di un’azienda con quella dei suoi fornitori e dei suoi clienti, in modo da allineare il flusso dei materiali, dei servizi e delle informazioni alla domanda dei clienti8. Si evince quindi che l’obiettivo del

supply chain management è la gestione delle relazioni e dei processi degli attori che

compongono la supply chain ovvero fornitori, produttori, distributori e clienti al fine di creare la catena distributiva di un ente o di un’azienda per migliorare le loro performance; questo significa che l’azienda, non può agire singolarmente sul mercato ma necessita delle interazioni con le altre imprese, formando quindi una vera e propria rete di imprese.

Figura 5- Il supply network e le sue parti fonte: https://paolotofoni.wordpress.com/2008/04/12/supply-chain-management-concetti-introduttivi-e-modelli/

La figura 4 soprastante, illustra proprio questo concetto, elaborato da Slack et al nel 2004. Il network totale è costituito dal network a monte e il network a valle. Il primo, ovvero il

network a monte (upstream supply network) è composto da fornitori di prodotti e servizi

e informazioni dell’azienda mentre il secondo, ovvero il network a valle (downstream

supply network) è formato dai clienti dell’impresa centrale. Ciò significa che quest’ultimi

potrebbero non essere i destinatari finali dei prodotti e dei servizi dell’impresa centrale ma potrebbero avere dei clienti che a loro volta ancora potrebbero avere i propri clienti.

8 L.Krajewski, L.Ritzman,M.Malhotra,A.Grando,R.Secchi, Supply Chain Management – strategie, processi,

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Il network a valle considera quindi tutti i clienti fino al punto di consumo, ovvero fino all’ultimo cliente oltre il quale non ci sono più trasformazioni e trasferimenti di prodotti o servizi.

I clienti diretti dell’impresa centrale del network sono detti “clienti di primo livello”

(first-tier customers), i clienti dei clienti vengono detti “clienti di secondo livello” (second-(first-tier customers)9. Infine, il network immediato è costituito da fornitori e clienti che possono essere di primo o secondo livello, a diretto contatto con l’impresa centrale.

Possiamo quindi concludere questo paragrafo affermando che molti autori che hanno definito il supply chain management, sono di comune accordo su alcuni aspetti ovvero che:

- Consente l’integrazione dei processi, favorendo il passaggio da una prospettiva intraorganizzativa ad una interorganizzativa, cioè dalla visione della singola azienda al suo interno, alla ricerca di relazioni con le altre aziende sul mercato, comprendendo l’intera supply chain dal fornitore del fornitore fino all’ultimo cliente;

- Coinvolge un numero molto alto di aziende e l’integrazione dev’essere gestita sia a livello intraorganizzativo, sia a livello interorganizzativo;

- Comprende il flusso bidirezionale di prodotti, servizi e informazioni e la gestione delle relative attività;

- Lo scopo principale è quello di creare valore per il cliente finale, erogando un prodotto o un servizio che sia in grado di soddisfare le sue richieste e che sia anche capace di creare dei vantaggi competitivi per tutti i soggetti che fanno parte della

supply chain.

Questi concetti quindi sono molto importanti e devono essere tenuti in considerazione, in quanto possiamo affermare infatti che il prodotto che viene realizzato e introdotto sul mercato, non è frutto solamente dei processi produttivi della singola azienda, ma anche dei suoi fornitori, fornitori di fornitori, intermediari, e di tutti i soggetti che vengono

9 P.Romano, P.Danese, Supply Chain Management – la gestione dei processi di fornitura e distribuzione,

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coinvolti, quindi di tutto il flusso che compone la supply chain. Questo si riflette indubbiamente nella competitività dell’azienda, che dipende dal valore aggiunto dei singoli processi.

1.2.2. Il modello di Stevens e l’integrazione dei processi

Abbiamo analizzato quindi, come per la letteratura l’aspetto più ricorrente e saliente della gestione della supply chain sia l’integrazione per processi. A tal proposito, è utile ricordare il modello di Stevens introdotto nel 1985, visibile nella figura sottostante.

Figura 6- Il modello di Stevens, 1989, fonte: P.Romano, P.Danese, Supply Chain Management – la gestione dei processi di fornitura e distribuzione, McGraw-Hill, 2006, pag. 7

Il modello di Stevens spiega il percorso evolutivo che porta le aziende, a partire da una situazione iniziale in cui i commerciali, la produzione e gli acquisitori operano come entità quasi indipendenti (fase 1), a giungere a una situazione intermedia in cui tali funzioni aziendali operano in modo integrato all’interno dell’azienda (fase 2)10. Ad esempio, un’integrazione interna all’azienda potrebbe verificarsi nel momento in cui si utilizzano dei software integrati per la pianificazione e il controllo della produzione, in modo tale che vengano effettuati degli approvvigionamenti in linea con le reali necessità

10 P.Romano, P.Danese, Supply Chain Management – la gestione dei processi di fornitura e distribuzione,

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del processo produttivo, consentendo la riduzione delle scorte di materie prime e prodotti finiti. Infine, nell’ultima fase, il modello di Stevens prevede il coinvolgimento dei fornitori e dei clienti in modo da effettuare una completa integrazione della supply chain. È necessario quindi che l’integrazione dei processi, avvenga innanzitutto all’interno dell’azienda, in modo tale poi da poterla realizzare anche all’esterno con gli altri attori, che possono essere anche altre imprese e che vengono coinvolte nella supply chain. In riferimento a ciò, è possibile effettuare una classificazione dei livelli di integrazione dei processi interorganizzativi, cioè tra più aziende. Possiamo avere tre livelli che sono:

1) Comunicazione: in questo livello, le imprese che fanno parte della supply chain devono potersi scambiare le informazioni che riguardano ad esempio livelli delle scorte, ordini e promozioni, al fine di poter gestire più correttamente i propri processi e di permettere all’azienda di capire qual è il contesto in cui opera;

2) Coordinamento: in questo secondo livello, l’obiettivo è il coordinamento dei processi interorganizzativi e ci dev’essere una condivisione delle informazioni rilevanti tra le imprese, decidendo come tali informazioni devono essere scambiate e le azioni che devono compiere gli attori che compongono la supply

chain, come ad esempio, chi deve effettuare lo scambio di informazioni e quale

deve essere il loro contenuto;

3) Collaborazione: è il livello di integrazione più elevato nel quale si ha la gestione strategica dei processi interorganizzativi. L’obiettivo è quello di sviluppare delle relazioni a lungo termine tra gli attori, basate sull’innovazione per gestire i processi. Pertanto, le aziende devono avere rapporti di collaborazione per raggiungere risultati soddisfacenti, in un’ottica di medio lungo periodo.

Possiamo affermare, quindi, che il processo di integrazione deve essere sia guidato da un’impresa che è in grado sia di attivare i meccanismi necessari per selezionare altre imprese disponibili, sia di esercitare la dovuta influenza nei loro confronti al fine di creare i presupposti per la generazione di interazioni qualificate11. Questo compito è di solito affidato ad un’impresa chiamata focal company che si occupa di stabilire le modalità di

11 R.Secchi, Supply Chain Management e Made in Italy - Lezioni da nove casi di eccellenza, Egea, 2012,

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integrazione e le attività svolte dalle imprese; la focal company però, non esercita un potere autoritario sulle altre imprese che fanno parte della supply chain ma ha un ruolo dominante relativo, ad esempio, alla possibilità di ottenere informazioni ritenute rilevanti o alle relazioni che può intrattenere all’interno o all’esterno della catena di fornitura. In base all’influenza del soggetto considerato focale, possiamo avere supply chain:

- Dominate dai produttori: in questo caso, il ruolo dominante viene svolto dalle imprese che svolgono le fasi di produzione del prodotto o servizio, in quanto l’attività svolta dai fornitori e dai distributori non è in grado di influenzare in maniera rilevante la creazione di valore;

- Dominate dai fornitori: questa situazione si ha quando invece sono i fornitori a detenere un know-how, ovvero un insieme di conoscenze e competenze rilevanti sui cui basare l’innovazione e che offrono un notevole contributo per i produttori allo sviluppo di nuovi prodotti che non si avrebbe senza la presenza dei fornitori.

- Dominate dai distributori: Si ha quando le risorse e le competenze distintive, nell’ambito della commercializzazione del prodotto, sono possedute dai distributori e permettono di aumentare le possibilità di vendita dei produttori.

La focal company quindi per attuare un processo di integrazione, deve innanzitutto avere una visione interaziendale cioè che è volta a stringere relazioni con altre imprese e soprattutto, deve effettuare una selezione delle imprese con le quali attuare l’integrazione. Quest’ultime devono essere in possesso di personale che abbia specifiche competenze sulla gestione per processi, sull’Information Technology poiché alcune integrazioni richiedono l’utilizzo di tecnologie informatiche e su aspetti organizzativi. Si può capire quindi, come l’integrazione non debba essere effettuata coinvolgendo imprese casuali da parte dell’azienda focale, ma quest’ultima deve scegliere tra quelle imprese che hanno le risorse più adatte per poter partecipare al processo d’integrazione da implementare e che volontariamente scelgono di far parte di tale processo; infatti, non ci può essere nessuna costrizione da parte dell’impresa focale a far partecipare un’impresa all’integrazione, senza la sua volontà.

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17

1.3 Modelli di schematizzazione dei processi del SCM

Nel corso del tempo, sono stati introdotti vari modelli di rappresentazione dei processi che fanno parte della gestione della catena di fornitura. I contributi principali che analizziamo in questa sede riguardano il modello di Cooper, Lambert e Pagh ed il modello di Slack et al. Analizziamoli di seguito.

1.3.1. Il modello di Cooper, Lambert e Pagh

Questo modello introdotto nel 1997 dai tre autori, rappresenta uno dei più importanti contributi forniti in materia e viene costruito mettendo in relazione otto processi chiave, che si occupano di produrre output che hanno valore per il cliente, con dieci supply chain

management components ovvero delle leve a disposizione dei manager per la gestione dei

processi, collegandoli infine con la configurazione della rete di fornitura.

Figura 7- Il modello di Cooper, Lambert e Pagh,

fonte: Cooper, M. C., Lambert, D. M., & Pagh, J. D. (1997). Supply chain management: more than a new name for logistics. The international journal of logistics management, pag.10

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Osservando la figura 6 nella pagina precedente, possiamo notare che i processi chiave del

supply chain management proposti da questo modello sono:

1) Gestione delle relazioni con i clienti (customer relationship management): ha l’obiettivo di individuare, acquisire e mantenere i clienti, creando delle relazioni che si basano su lealtà e fiducia tra l’impresa ed il cliente;

2) Gestione del servizio ai clienti (customer service): ha lo scopo principale di ottimizzare il servizio al cliente, fornendo informazioni al consumatore sul prodotto in questione e sull’evoluzione degli ordini nella rete di fornitura;

3) Gestione della domanda (demand management): si occupa di prevedere e condizionare la domanda del mercato, dato che da quest’ultima dipendono il flusso relativo alle materie prime ed i prodotti realizzati;

4) Evasione degli ordini: (order fulfillment): ha l’obiettivo di verificare che le consegne dei prodotti ai clienti rispettino ciò che è stato assicurato al cliente in termini di tempo, quantità e qualità;

5) Gestione del flusso produttivo (manufacturing flow management): riguarda tutte le attività di fabbricazione dei prodotti per i clienti, la cui gestione, come abbiamo già detto, può essere migliorata se l’azienda riesce a prevedere la domanda di mercato;

6) Approvvigionamento/acquisti (procurement): si focalizza sulla gestione delle relazioni con i fornitori, in particolare l’obiettivo è quello di collaborare con quest’ultimi per effettuare sia la produzione ma anche lo sviluppo di nuovi prodotti;

7) Sviluppo del prodotto e commercializzazione (new product development and

commercialisation): si occupa del lancio di nuovi prodotti sul mercato, cercando

di ridurre il time to market, ovvero il tempo che sussiste tra lo sviluppo di un nuovo prodotto e la sua immissione sul mercato;

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19

8) Logistica inversa (returns management) che fa riferimento al riciclo e al riutilizzo dei prodotti alla fine del loro ciclo di vita.

Per quanto invece riguarda le managements components troviamo:

1) Pianificazione e controllo (planning and control of operations): sono le leve che consentono ai manager di guidare l’azienda o il supply network verso la direzione che si vuole percorrere;

2) Organizzazione del lavoro (work structure): fa riferimento a come l’azienda è organizzata, quindi a come vengono svolte le attività da parte dell’impresa ed i compiti da ogni entità;

3) Struttura organizzativa (organisational structure): può riguardare la singola azienda ma anche l’intero supply network. L’indicatore della struttura organizzativa è rappresentato dal livello di integrazione dei processi;

4) Flusso dei materiali/prodotti (product flow facility structure) comprende tutte le strutture come i magazzini, gli stabilimenti o i depositi che sono coinvolte nelle fasi di approvvigionamento, produzione e distribuzione nel supply network ed i relativi flussi fisici tra questi;

5) Flusso informativo (information flow facility structure): riguarda le informazioni che vengono scambiate nel supply network ed è uno degli elementi cui si pone maggiormente l’attenzione dei manager poiché è necessario che le informazioni scorrano velocemente, siano aggiornate e siano corrette al fine di ottenere una rete informativa efficiente;

6) Struttura del prodotto (product structure): si riferisce alle attività che devono essere coordinate e gestite tra gli attori del supply network per la progettazione e lo sviluppo di nuovi prodotti;

7) Metodi manageriali (management methods): comprende le conoscenze, competenze, tecniche e filosofia del management di ogni impresa;

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8) Potere e leadership (power and leadership structure): fa riferimento al potere dell’azienda sugli altri attori del supply network, al fatto se sia presente oppure no un leader di canale e alla propensione alla collaborazione o meno da parte dei membri del supply network;

9) Rischi e ricompense (risks and benefits): riguarda i rischi e i benefici condivisi dai soggetti coinvolti nel supply network e il loro impatto sulla collaborazione instaurata dalle parti;

10) Cultura e atteggiamenti (culture and attitude): include la cultura aziendale della singola impresa e quella delle altre aziende che fanno parte del supply network. Questo è un aspetto molto importante che l’impresa stessa deve considerare per stabilire relazioni durature ed evitare di scontrarsi con aziende che hanno una cultura profondamente diversa.

L’ultimo elemento che viene collegato con quanto descritto finora, ovvero con i processi e le leve a disposizione dei manager per la gestione dei processi, è la struttura del supply

network, ovvero la configurazione che questo può assumere. Possiamo distinguere tra la

struttura fisica e la struttura relazionale; la prima riguarda l’estensione che può avere il

supply network, riferita al numero di fornitori, clienti, strutture coinvolte e la loro

dimensione, la seconda invece si riferisce ai tipi di relazioni che possono crearsi tra i soggetti che fanno parte del supply network.

1.3.2. Il modello di Slack

Figura 8-Alcuni termini utilizzati per descrivere la gestione di differenti parti fonte: P.Romano, P.Danese, Supply chain management – la gestione dei processi di fornitura e distribuzione, McGraw-Hill, 2006.del supply network (Slack et.al 2004)

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Un altro contributo più recente, al fine di capire quali sono i processi che ricadono nell’ambito del supply chain management, è quello di Slack et al. del 2004. Questo modello considera quattro processi operativi:

1) Approvvigionamento e gestione dei fornitori: comprende le attività che vengono compiute dalla funzione acquisti che si occupa di gestire le relazioni tra azienda e fornitori che si trovano immediatamente a monte. Le attività che rientrano in questo processo sono le decisioni di make or buy, raccolta di informazioni sui fornitori e selezione degli stessi, negoziazione e attività connesse al ciclo dell’ordine di fornitura;

Gli obiettivi tradizionali della funzione approvvigionamento/acquisti sono espressi in modo sintetico dai cosiddetti cinque rights, ossia acquistare al prezzo giusto (right price), per una consegna al momento giusto (right time), nella quantità giusta (right quantity), di beni e servizi di livello di qualità giusta (right

quality), dalla fonte d’acquisto giusta (right source)12.

2) Distribuzione fisica: questo processo riguarda tutte le attività necessarie per il trasferimento del prodotto dal magazzino del fornitore a quello del cliente. Le attività che rientrano in questo processo riguardano il trasporto del prodotto dal luogo di fabbricazione al cliente (transportation) e la movimentazione e lo stoccaggio dei prodotti finiti in luoghi intermedi tra il luogo di produzione e il luogo di consegna al cliente finale (warehousing).

L’obiettivo fondamentale della distribuzione fisica è quello di rendere i prodotti disponibili ai clienti, ovvero di portare il prodotto giusto, nella quantità giusta, nella condizione giusta, nel luogo giusto, al momento giusto, al cliente giusto, al costo giusto.

3) Gestione dei materiali: è un processo in cui si ha la gestione del flusso dei materiali e delle informazioni nel network immediato, dove le attività svolte riguardano le previsioni e la pianificazione delle materie prime necessarie, la gestione dei magazzini di materie prime, semilavorati e prodotti finiti e le relative attività di

12 P.Romano, P.Danese, Supply Chain Management – la gestione dei processi di fornitura e distribuzione,

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movimentazione ma anche il confezionamento e l’imballaggio. L’obiettivo di tale processo quindi, è quello di integrare i soggetti che sono coinvolti nei flussi fisici ed informativi per diminuire i costi d’acquisto, assicurando un livello appropriato di servizio alla clientela.

4) Logistica e logistica integrata: per quanto riguarda la logistica, questo concetto è simile a quello di distribuzione fisica poiché fa riferimento alla gestione dei flussi di materiali e di informazioni che attraverso i canali di distribuzione, arrivano ai clienti finali. La logistica integrata, che nella figura 6 riportata in precedenza è rappresentata da una linea tratteggiata, invece, include anche la gestione dei materiali con i fornitori che si trovano immediatamente a monte dell’impresa.

A proposito di quest’ultimo aspetto, ovvero della logistica integrata, la letteratura spesso ha messo sullo stesso piano tale concetto con quello di supply chain management ma è bene precisare che sono due nozioni diverse. Nel caso infatti della logistica integrata, l’obiettivo è quello di gestire il flusso fisico di materiali e le relative informazioni, dall’acquisto delle materie prime fino alla consegna dei prodotti finiti ai clienti finali; riguarda quindi la singola impresa, ovvero un tipo di integrazione interna, il cui scopo è quello di migliorare le performance dell’azienda, coinvolgendo solamente processi di tipo logistico.

Il supply chain management invece, è un concetto ben diverso in quanto lo scopo principale è ottimizzare il coordinamento tra i processi di fornitori, produttori, distributori e clienti, ossia del complesso di organizzazioni che sono coinvolte attraverso collegamenti a monte e a valle nei diversi processi che generano valore per il cliente finale in termini di prodotto o servizio13. L’integrazione inoltre, non è più solamente interna all’impresa ma si ha anche con i diversi processi delle varie organizzazioni coinvolte, lungo l’intera supply chain e tale integrazione ha quindi lo scopo di far acquisire all’azienda un vantaggio competitivo tramite l’azione congiunta di tutti i soggetti coinvolti ad operare nella catena di fornitura e quindi i processi coinvolti di conseguenza, non riguardano solo l’ambito logistico ma ricoprono un raggio d’azione più ampio. A questo punto, effettuata una descrizione dei modelli principali di schematizzazione dei processi del supply chain management e le differenze tra quest’ultimo e la logistica

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integrata, possiamo osservare anche l’integrazione della supply chain a livello di singola organizzazione nel prossimo paragrafo.

1.4 L’integrazione della Supply Chain nell’organizzazione

Simile ai modelli precedentemente esposti ma ancora più dettagliata, è invece la visione proposta in “Supply chain management, strategie, processi, performance”, che permette di capire in maniera più approfondita rispetto a quanto finora abbiamo affrontato, quali sono le attività svolte all’interno di ogni processo che fa parte della catena di fornitura integrata a livello di organizzazione. Innanzitutto, nel testo sopra citato, i processi che sono coinvolti in una supply chain e che devono essere gestiti, vengono classificati in processi “core” e processi di supporto. I primi, sono un insieme di attività che hanno l’obiettivo di creare valore per i clienti esterni, ossia produttori, istituzioni finanziari, rivenditori al dettaglio e clienti finali che acquistano ed utilizzano prodotti o servizi finali dell’azienda, mentre i processi di supporto si occupano di fornire risorse, competenze e capacità essenziali per il funzionamento dei processi “core”. Ne sono esempi, la funzione risorse umane, l’engineering, la contabilità ed i sistemi informativi. Questi processi possono essere coordinati in maniera efficace attraverso l’integrazione della supply chain a livello complessivo di organizzazione. In particolare, ci concentriamo sui processi “core” che riguardano:

1) Processo di sviluppo di un nuovo servizio o di un nuovo prodotto: che può essere guidato dalle richieste dei clienti o dalle richieste del mercato in generale;

2) Processo di relazione con i fornitori: che è finalizzato alla selezione dei fornitori, materie prime e informazioni che possono facilitare la relazione tra azienda e fornitore stesso. Proprio il rapporto con i suppliers è molto importante poiché se l’azienda riesce a contrattare con il fornitore prezzi equi o, ad esempio, consegne puntuali, questo già rappresenta una prima modalità di creazione di valore;

3) Processo di evasione dell’ordine: che comprende tutte quelle attività che permettono di produrre e di erogare il prodotto o il servizio al consumatore finale;

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24

4) Processo di relazione con il cliente: che riguarda l’instaurazione dei rapporti con i clienti esterni.

1.4.1. Il processo di sviluppo di un nuovo prodotto o servizio

Per quanto riguarda il processo di sviluppo di un nuovo servizio o prodotto, questo è scindibile in 4 attività che sono:

- Progettazione; - Analisi; - Sviluppo;

- Lancio definitivo;

L’attività di progettazione è una fase delicata perché deve realizzare la creazione di nuovi prodotti o servizi in relazione alla strategia aziendale perseguita. In tale fase, viene valutata la fattibilità delle idee di prodotto o servizi, le materie prime necessarie ed i servizi logistici che dovranno essere messi in atto per consentire di far arrivare il prodotto oppure il servizio in questione al cliente finale.

La fase di analisi invece, si occupa di effettuare una revisione in occhio critico della nuova proposta, su come questa verrà prodotta e distribuita. In questo caso quindi, l’obiettivo è quello di verificare che ciò che si vuole realizzare rispetti la strategia aziendale e che soprattutto l’azienda sia in grado di realizzarla e che tale offerta sia in linea con le richieste dei clienti finali. Se questi requisiti sussistono si può passare alla fase di sviluppo, dove vengono analizzati i processi, compresi quelli dei fornitori, e dove ogni attività viene progettata per aggiungere valore al servizio o al prodotto. In questa fase inoltre, vengono anche effettuati dei test per eliminare i difetti che possono verificarsi nella produzione o nella fornitura del prodotto o del servizio; per evitare che ciò succeda, molte aziende adottano il cuncurrent engineering che si tratta di una collaborazione stretta con specialisti di processo, prodotto, marketing, sistemi informativi, della qualità e anche con i fornitori per cercare di progettare processi e prodotti adatti a soddisfare le esigenze dei clienti, rendendo gli eventuali cambiamenti meno costosi e più facili da realizzare. Tuttavia in questa fase, l’azienda deve anche valutare di poter riprogettare la proposta del nuovo prodotto o servizio oppure di eliminarla.

L’ultima fase del processo di sviluppo di un nuovo prodotto o servizio, è quella del lancio definitivo, dove devono essere programmate le attività che si occuperanno di effettuare

(30)

25

la promozione del nuovo prodotto o servizio e su questo dovrà essere anche formato il personale di vendita.

1.4.2. Il processo di relazioni con i fornitori

Tale processo include a sua volta 4 processi che sono:

- Approvvigionamento;

- Collaborazione in fase di progettazione; - Negoziazione;

- Acquisto;

Il processo di approvvigionamento si compone a sua volta di altri due processi, la scelta dei fornitori e la certificazione e valutazione dei fornitori. Nell’ambito del primo processo, ciò che porta alla scelta di un fornitore piuttosto che un altro è l’analisi dei costi relativi ad un certo fornitore.

Il processo invece di valutazione e certificazione dei fornitori è orientato a verificare che i fornitori siano effettivamente in grado di fornire all’azienda ciò di cui essa ha bisogno e ciò viene verificato tramite visite da parte di un team interfunzionale dell’azienda acquirente che ne valuta costi, qualità, puntualità e flessibilità. Qualora il fornitore abbia tutte le caratteristiche ricercate dall’azienda, si procederà alla certificazione del fornitore stesso che però potrà in futuro essere nuovamente valutato e sottoposto ad una nuova certificazione se verranno meno le caratteristiche qualitative nelle performance che si propone di garantire all’azienda acquirente.

Per quanto invece riguarda la collaborazione in fase di progettazione, essa si focalizza sulla progettazione in comune con dei fornitori chiave di nuovi servizi o di nuovi prodotti. Questo quindi facilita la partecipazione dei fornitori nella fase di progettazione di un prodotto o di un servizio, in quanto possono fornire consigli sui materiali da utilizzare o suggerire modifiche da apportare al progetto.

Vi è poi il processo di negoziazione che invece ha l’obiettivo di ottenere una contrattazione favorevole per l’azienda in termini di prezzo, qualità e servizio.

Infine, consideriamo il processo di acquisto che riguarda l’ottenimento del prodotto o servizio da parte del venditore. Con Internet si sono allargate le modalità di acquisto per le aziende e lo scambio di informazioni; esistono infatti, i cataloghi virtuali disponibili direttamente sul sito dei fornitori, dove gli acquirenti possono consultarli e scegliere che

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cosa acquistare. Esistono poi anche la borsa e l’asta: la prima, è un mercato elettronico in cui si incontrano aziende acquirenti e venditrici per concludere transazioni che possono riguardare diversi tipi di articoli e di solito vengono utilizzate per soddisfare bisogni immediati, ad un costo molto basso. L’asta invece, è un meccanismo in cui le aziende effettuano offerte per acquistare un bene o un servizio; molto spesso sono anche i fornitori a mettere all’asta i propri prodotti o servizi.

1.4.3. Il processo di evasione dell’ordine

Tale processo si occupa di realizzare e consegnare il prodotto o il servizio ai clienti finali ed include a sua volta i seguenti processi:

- Pianificazione della domanda al cliente; - Pianificazione dell’offerta;

- Produzione; - Logistica;

La pianificazione della domanda al cliente si occupa di prevedere la domanda del cliente in merito a certi prodotti o servizi e questo permette di pianificare il servizio, la produzione ma anche il magazzino. In questo senso poi la pianificazione dell’offerta è consequenziale a quella della domanda, in quanto si basa su quest’ultima per creare un piano che possa soddisfare la domanda dei clienti.

La produzione invece si occupa di seguire il piano di offerta per il prodotto o per il servizio ma dev’essere collegato ai processi che permettono di acquisire gli input e ai processi che permettono di far pervenire il prodotto ai clienti come la logistica, molto importante nell’ambito del processo di evasione degli ordini.

1.4.4. Il processo di relazione con il cliente

L’ultimo processo che andiamo a considerare è il processo di relazione con il cliente che si identifica con il Customer Relationship Management il quale si occupa di individuare, attrarre e mantenere i clienti per inoltrare e rilevare gli ordini. Tale processo è composto a sua volta da altri tre sottoprocessi che sono:

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27 - Emissione degli ordini;

- Servizio al cliente;

Il marketing riguarda l’individuazione dei clienti target ossia dei clienti a cui rivolgersi, le modalità con cui attrarli e la promozione dei prodotti e servizi aziendali e dei relativi prezzi. L’attività di emissione degli ordini invece, comprende tutte quelle attività relative alla ricezione e conferma di accettazione di un ordine fino alla sua evasione. Infine il servizio al cliente, permette di fornire assistenza ai clienti, rispondendo alle loro domande o dubbi, risolvendo i loro problemi e può aiutare l’utente finale ad utilizzare al meglio il prodotto o il servizio acquistato. Spesso questo servizio purtroppo viene fornito con sistemi automatizzati, quando invece il cliente preferisce avere un contatto reale con una persona alla quale spiegare i propri problemi. Per questo motivo, molte aziende hanno ampliato la propria supply chain con strutture dedicate appositamente al servizio di assistenza alla clientela, esternalizzando però il servizio all’estero in modo da diminuire i costi, ma perdendo la possibilità di esercitare un controllo diretto su un processo significativo che coinvolge direttamente i consumatori del prodotto o del servizio considerato.

Una volta analizzati tutti questi aspetti, possiamo allora concludere questo capitolo affermando che il supply chain management in letteratura è un concetto molto ampio rispetto ad altri metodi manageriali, dato che considera la catena di fornitura dal punto iniziale a monte fino all’ultimo punto che si trova a valle. Abbiamo anche visto come in realtà non ci sia una definizione univoca di supply chain, né di supply chain management e come non ci sia un’unica impostazione dei relativi processi che ne fanno parte. Infatti, i modelli analizzati prevedono una diversa schematizzazione dei processi che possono essere coinvolti nel supply chain management.

(33)

28

CAPITOLO 2. IL SUPPLY CHAIN MANAGEMENT COME

STRUMENTO STRATEGICO

2.1 Supply Chain Management e vantaggio competitivo

La gestione della catena distributiva, in maniera efficace ed efficiente, può essere una strategia che può portare l’azienda ad assumere una posizione di vantaggio competitivo che si ha quando l’impresa stessa svolge le attività strategicamente rilevanti in maniera più economica o efficiente rispetto ai propri competitors. L’azienda, quindi, dev’essere in grado di creare un valore aggiunto nei propri prodotti o servizi realizzati che sia riconoscibile dai clienti in modo tale che quest’ultimi possano preferirla rispetto alle altre aziende concorrenti sul mercato. In generale, possiamo ricordare che il raggiungimento della posizione di vantaggio competitivo è stato individuato da Michael Porter attraverso tre modi per ottenere una leadership di mercato: il primo, riguarda l’ottenimento di un vantaggio di costo tramite l’attuazione di una strategia di leadership di costo, in quanto l’azienda punta ad ottenere un vantaggio competitivo, producendo beni che sono omogenei a quelli dei competitors ma sostenendo costi minori. È una strategia quindi, che si concentra solo sulla riduzione dei costi, lasciando da parte l’innovazione che invece è molto importante per stare al passo con i tempi e mantenere una certa competitività sul mercato. Il secondo modo che un’azienda può attuare è la strategia di differenziazione; in questo caso l’impresa realizza un prodotto con caratteristiche uniche, non facilmente sostituibili e tale unicità dev’essere percepita e riconosciuta dal cliente, tale da consentire il pagamento da parte di quest’ultimo all’azienda di un premium price. In questo caso però, il rischio è che il consumatore non sia disposto a pagare un prezzo più elevato, per cui può ricorrere a prodotti o servizi con prezzi più bassi o imitazioni, oppure addirittura che non riconosca il valore a quel determinato prodotto o servizio dell’azienda. Infine, vi è la strategia di focalizzazione sui costi o sulla differenziazione, con la quale l’azienda decide di concentrarsi su una nicchia di mercato con il rischio però di non riuscire a soddisfarla.

2.1.1 La catena del valore di Porter

Abbiamo potuto analizzare come l’obiettivo primario di ogni azienda sia la creazione di valore per i propri clienti e quindi la loro soddisfazione, attraverso la catena di fornitura. Vi è però la necessità di considerare un ulteriore concetto che è quello della value chain

(34)

29

ovvero la catena del valore, ideata da Porter nel 1985. Con l’espressione di value chain

management si intende una metodologia sistematica di gestione e coordinamento,

utilizzata per rappresentare i processi che compongono la catena del valore dell’impresa, al fine di valutarne le fonti del vantaggio competitivo attuale e potenziale dell’impresa stessa14. Questa definizione ci fa capire quindi che la catena del valore si riferisce ad un complesso di attività finalizzate alla creazione di un vantaggio competitivo per l’azienda. Infatti, attraverso la gestione della value chain, il cui principale obiettivo è massimizzare la creazione di valore per il cliente minimizzando i costi, l’azienda può capire quali sono le attività che generano valore e nelle quali può fondare il proprio vantaggio competitivo. Più in particolare, la catena del valore scompone le attività strategicamente rilevanti per analizzare l’andamento dei costi e capire in che cosa l’azienda può differenziarsi. La catena del valore della singola impresa infine, è parte di un sistema più ampio, il sistema del valore, che si compone delle catene del valore di tutte le aziende coinvolte nella filiera produttiva (produttore, fornitori, distributori) nonché di quelle dei clienti stessi15. Tali catene possono essere diverse da un’azienda all’altra, poiché dipendono dalla storia dell’azienda stessa, dalle scelte organizzative e dalle strategie intraprese ma anche dalle persone che la compongono.

Figura 9- Rielaborazione personale del sistema del valore di Porter

fonte: Porter, Michael E., and Competitive Advantage. "Creating and sustaining superior performance." Competitive advantage 167 (1985). 14Https://static1.squarespace.com/static/55a50b8ee4b00f4e23b93618/t/595ce95f29687ff67d1dd345/1499 261292694/2017_0507_AF_ADR_FV_La+Rilevanza+della+Gestione+della+Value+Chain+nelle+Impres e+Multinazionali.pdf 15http://www.ammecontr.altervista.org/flat/sections/04_Download/Economia_e_gestione_delle_impre se/la%20catena%20e%20il%20sistema%20del%20valore.pdf Catene del valore dei fornitori Catena del valore dell'impresa Catene del valore dei distributori Catene del valore dei clienti

(35)

30

L’immagine nella pagina precedente, raffigura il sistema del valore ideato da Porter nel 1985 che può modificarsi nel caso di aziende che puntano alla differenziazione, in quanto tali aziende sono organizzate di solito in ASA ovvero in aree strategiche di affari, chiamate anche business units ossia unità organizzative che si occupano di particolari servizi, prodotti o linee di prodotti. La gestione integrata delle relazioni presente nel sistema del valore può consentire all’azienda di poter conseguire vantaggi di costo negli acquisti dai fornitori o vantaggi nei canali distributivi, i quali, possono dare visibilità ai prodotti dell’azienda e al suo brand, oltre che a raccogliere importanti informazioni sui gusti dei consumatori. Per creare un’offerta di prodotto o di servizio valida, l’azienda deve considerare due fattori fondamentali: le attività che generano valore di cui vengono misurati i costi necessari per realizzarle relativi a risorse umane, input acquistati come materie prime o servizi, tecnologie come macchinari, sistemi informativi o impianti ed infine, informazioni relative a clienti e prodotti ed il margine, inteso come differenza tra ricavo totale e costo totale.

2.1.1.1. Struttura della catena del valore

La catena del valore generica di un’azienda, sempre secondo Porter, si compone di nove attività tra loro collegate, che possiamo ritrovare nella figura sottostante:

Figura 10- La value chain,

fonte: Porter, Michael E., and Competitive Advantage. "Creating and sustaining superior performance." Competitive advantage 167 (1985).

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