UNIVERSITA’ DI PISA
Dipartimento di Giurisprudenza
Corso di laurea Magistrale a ciclo unico
in Giurisprudenza
Tesi di Laurea
Diritto alla tutela della salute degli stranieri
Il Candidato
Il Relatore
Gestjana Mane Gianluca Famiglietti
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Ringraziamenti
Il mio primo ringraziamento va alla mia famiglia che mi ha sostentata sotto tutti i punti di vista.
Un altro ringraziamento va ad un'altra famiglia, quella del mio fidanzato, e il mio fidanzato stesso, di aver creduto in me fino alla fine.
Poi voglio ringraziare tutti i professori del mio percorso universitario in particolare modo voglio ringraziare il mio relatore per la sua costante e precisa assistenza.
Ringrazio tutti i miei colleghi ed amici e tutte le persone a me vicine che negli anni mi hanno sostenuta e state vicine.
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A chiunque si proponga di fare un esame spregiudicato dello sviluppo dei diritti dell’uomo dopo la seconda guerra mondiale consiglierei questo salutare esercizio: leggere la Dichiarazione Universale e poi guardarsi attorno. Sarà costretto a riconoscere che, nonostante le anticipazioni illuminate dei filosofi, le ardite formulazioni dei giuristi, gli spazi politici di buona volontà, il cammino da percorrere è ancora lungo. E gli parrà che la storia umana, per quanto vecchia di millenni, paragonata agli enormi compiti che ci spettano, sia forse appena cominciata.
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INDICE
Ringraziamenti ... 2
Introduzione ... 6
CAPITOLO I:I DIRITTI FONDAMENTALI DEGLI STRANIERI ... 11
1. I diritti fondamentali riconosciuti agli stranieri: la cornice costituzionale ... 11
2. La clausola di reciprocità ... 25
3. Diritti civili: libertà personale e diritto di difesa ... 28
3.1. Diritti sociali: diritto all’istruzione ... 29
3.2. Diritto all’abitazione ... 32
4. Diritti politici degli stranieri ... 36
5. La costruzione multilivello dei diritti fondamentali ... 42
6. Il sistema a geometria variabile dei diritti fondamentali ... 45
CAPITOLO II:DIRITTO ALLA SALUTE DEGLI STRANIERI REGOLARI ED IRREGOLARI... 49
1. Il diritto alla salute dello straniero nella Costituzione ... 49
2. Il diritto alla salute dello straniero nelle fonti internazionali ... 54
3. Diritto alla salute dello straniero in ambito europeo ... 59
4. Unione Europea e salute dei cittadini dei Paesi terzi ... 60
5. Salute degli stranieri e la giurisprudenza costituzionale ... 63
6. Il diritto alla salute degli stranieri nella legislazione italiana ... 71
7. Diritto alla salute degli stranieri regolari ... 75
8. Diritto alla salute degli stranieri non iscritti al Servizio Sanitario Nazionale...78
9. Il permesso temporaneo di soggiorno per cure mediche ... 85
10. Il ruolo amministrativo delle Regioni ... 88
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CAPITOLO III:DIRITTO ALLA SALUTE DEI RICHIEDENTI ASILO
E DEI PROFUGHI ... 94
1. Una breve spiegazione terminologia ... 94
2. Il diritto di asilo nel diritto internazionale ... 95
3. Il diritto di asilo nella Costituzione Italiana ... 98
4. Cenni sul procedimento per l’ottenimento dello status di rifugiato o di altra forma di protezione internazionale ... 100
5. Il fenomeno dei profughi e dei richiedenti asilo in Italia ... 103
6. L’assistenza sanitaria dal soccorso all’accoglienza ... 104
7. I rifugiati sono portatori di malattie infettive? ... 108
8. Salute psichica dei profughi: cosa sta accadendo? ... 111
Conclusioni ... 113
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Introduzione
Oggetto della tesi è il diritto alla tutela della salute degli stranieri presenti regolarmente e non sul territorio nazionale. La scelta è ricaduta su questo argomento in quanto consapevole dell’importanza centrale che esso riveste per ogni essere umano, infatti è essenziale la sua tutela e garanzia per poter usufruire di tutto il resto dei diritti. La tesi è strutturata in tre capitoli. Il primo capitolo è dedicato ai diritti fondamentali degli stranieri, l’interrogativo che mi sono posta in questa prima parte è quello di sapere quali sono i diritti fondamentali riconosciuti ai non cittadini presenti nel territorio Italiano. La ricognizione e l’analisi dei diritti fondamentali dello straniero, come il diritto alla vita, all’incolumità, alla salute, impone di fare riferimento ad una pluralità di fonti del diritto, interne ed internazionali1. Tra le fonti interne, viene in evidenza in primo luogo, la Costituzione e tre sono le disposizioni alle quali dobbiamo fare riferimento: artt. 2, 3, e 10. La disposizione normativa principale è l’art. 10, secondo e terzo comma dal quale ricaviamo una riserva di legge in materia di immigrazione, e poi l’articolo fa un rinvio alle norme di diritto internazionale; perciò la condizione giuridica dello straniero deve essere regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Dunque, una riserva di legge rinforzata dalla riforma della Costituzione del titolo V avvenuta nel 2001 che nella veste attuale dell’art. 117 primo comma il quale individua nello Stato e nelle Regioni la potestà legislativa con i limiti rappresentati dalla Costituzione, dai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Sovente si riscontra una similitudine tra le due fonti, essendo alcuni diritti previsti sia dalla Costituzione che dalle carte internazionali dei diritti applicabili allo straniero. Posto che
1 CHERCHI ROBERTO, I diritti dello straniero e la democrazia, convegno annuale
dell’associazione “GRUPPO DI PISA”, Cos’è un diritto fondamentale? Cassino, 10-11 giugno 2016.
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la Costituzione non si occupa direttamente delle posizioni soggettive degli stranieri, la Corte costituzionale assume un ruolo importante, in quanto, essa ha incominciato a comporre un corpo di norme di diritti degli immigrati e degli stranieri. Il primo mattone della costruzione elaborata dalla giurisprudenza costituzionale risale nei primi decenni della sua attività. La prima sentenza della Corte costituzionale in tema di stranieri è del 1967. la Corte pone un’affermazione di principio molto importante. Tale risalente sentenza è significativa, in quanto, nonostante il contesto sia molto cambiato rispetto ad allora, la Corte afferma che sebbene testualmente nella Costituzione molti diritti fondamentali, compreso anche il principio di uguaglianza, fanno riferimento ai cittadini, tuttavia essi devono applicarsi anche agli stranieri in quanto si tratta di far rispettare i diritti fondamentali della persona. Questo principio sarà successivamente sviluppato in altre sue pronunce e costituisce il nucleo decisivo che introduce nella giurisprudenza della Corte costituzionale il tema dei diritti degli immigrati e scardina l’idea che titolari dei diritti previsti e protetti dalla Costituzione siano soltanto i cittadini italiani. La Corte ha inoltre, in più occasioni affermato che i diritti inviolabili spettano “ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”2
. In un'altra pronuncia, del 1979, si individua un altro importante principio in tema di tutela costituzionale degli stranieri: la norma costituzionale sulla quale la Corte è chiamata ad esprimersi è l’art. 3 il principio di uguaglianza, il quale, stando al testo costituzionale, è esplicitamente riservato a tutti i cittadini; ma la Corte afferma che quando viene in gioco il godimento dei diritti inviolabili dell’uomo, la posizione del cittadino e dello straniero non rileva. Dunque il primo punto fermo da tenere ben presente per l’inquadramento della posizione degli immigrati nell’ordinamento costituzionale italiano è dato da una affermazione di principio, ossia
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che i diritti fondamentali spettano egualmente ai cittadini e agli stranieri con la importante precisazione che l’eguaglianza implica anche distinzione. Di conseguenza ne discende che riconoscere l’eguaglianza non esclude una differenziazione, che deve però essere sempre assoggettata al principio di ragionevolezza e proporzionalità da parte del legislatore.
Quanto ai diritti civili, essi sono riconosciuti anche ai cittadini stranieri regolari, al pari dei cittadini italiani, come stabilito dall’art. 2 del Testo Unico di Immigrazione (d.lgs. n. 286/1998) “Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano”. I diritti politici degli stranieri invece costituiscono un tema sul quale gli Stati (anche l’Italia) sono meno disposti a trattare per il forte ancoraggio con la cittadinanza, infatti ad essi non è riconosciuto il diritto di voto.
Il secondo capitolo sarò interamente dedicato al diritto alla salute degli stranieri regolari ed irregolari. La salute è l’unico diritto che la Costituzione qualifica come fondamentale, quale nucleo fondativo di tutti gli altri diritti costituzionali e presupposto irrinunciabile per la piena realizzazione della persona umana3. Il bene della salute è tutelato dall’art. 32, comma 1, della nostra Costituzione “non solo come interesse della collettività ma anche e soprattutto come diritto fondamentale dell’individuo”, che impone piena ed esaustiva tutela, in quanto “diritto primario e assoluto, pienamente operante anche nei rapporti tra privati” e strettamente legato alla tutela della dignità umana.
È anche vero che il diritto alla salute, come diritto sociale a prestazioni sanitarie non ha contenuto illimitato, ma è un diritto finanziariamente condizionato. Secondo il noto studio di Holmes e
3 BIONDI DAL MONTE FRANCESCA, Dai diritti sociali alla cittadinanza. La
condizione giuridica dello straniero tra ordinamento italiano e prospettive sovranazionali, G. Giappichelli Editore – Torino, 2013.
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Sunstein sul costo dei diritti4 , tutti i diritti costano perché tutelarli costa e costa soprattutto garantirli in modo uniforme ed equo: essi dipendono infatti dalla disponibilità collettiva a contribuirvi, poiché la loro tutela è finanziata dalle entrate fiscali. Infatti la giurisprudenza costituzionale ha qualificato il diritto alla salute come un diritto costituzionale condizionato dall’attuazione che il legislatore ordinario ne dà attraverso il bilanciamento dell’interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti . Bilanciamento che, tra l’altro, deve tener conto dei limiti oggettivi che il legislatore incontra in relazione alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone, restando salvo in ogni caso quel “nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana”5. Sono ormai molte le sentenze nelle quali il giudice delle leggi, soprattutto con riferimento al diritto alla salute, ha statuito che il relativo diritto spetta non soltanto al cittadino, ma anche allo straniero regolare o irregolare che sia. Certamente si tratta di un’affermazione generale non avente una portata assoluta, essendo al legislatore consentito, entro certi limiti e nel rispetto del principio di ragionevolezza, di operare differenziazioni rispetto alle modalità e all’intensità della protezione accordata. In tema di diritto alla salute, è centrale la sentenza n. 252 del 2001, nella quale la Corte costituzionale dopo aver premesso che, secondo un principio costantemente affermato dalla propria giurisprudenza, il diritto ai trattamenti sanitari necessari per la tutela della salute è costituzionalmente condizionato dalle esigenze di bilanciamento con altri interessi costituzionalmente protetti, salva comunque, la garanzia di un “nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana, il quale
4 HOLMES STEPHEN, SUNSTEIN CASS, Il costo dei diritti, perché la libertà
dipende dalle tasse, Il Mulino, Bologna, 2000, cit. p. 25.
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Sentenze della Corte costituzionale n°61/2011; n°269 e 299/2010; n°354/2008; n°509/2000; n°309/1999: n°267/1998; n°247/1992.
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impone di impedire la costituzione di situazioni prive di tutela, che possano appunto pregiudicare l’attuazione di quel diritto” .
Il “nucleo irriducibile” è protetto dall’art. 32 della Costituzione e rispetto al più generale tema dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di diritti civili e sociali che lo Stato è chiamato a garantire su tutto il territorio nazionale ex. Art. 117 comma 2 lett. m della Costituzione, è stato opportunamente ricordato dalla Corte come tale disposizione debba intendersi non come un limite massimo, ma piuttosto come un livello minimo dell’entità delle prestazioni che lo Stato sociale deve in primo luogo assicurare, ma che è allo stesso tempo chiamato per quanto possibile ad incrementare. Infine mi sono concentrata sull’analisi analisi del Testo Unico di Immigrazione (d.lgs. n. 286/1998) nella parte in cui si occupa dell’assistenza sanitaria degli stranieri e rispettivamente l’art. 34 dedicato ai regolai, l’art.35 a coloro che non possono iscriversi al Servizio Sanitario Nazionale (e dunque anche agli irregolari) e da ultimo l’art. 36 il quale stabilisce i criteri per l’ottenimento del visto ed il conseguente permesso di soggiorno per cure mediche.
Nel terzo ed ultimo capitolo mi sono occupata di diritto alla salute dei richiedenti asilo e dei profughi, concentrandomi sul fatto se essi siano o meno portatori di malattie infettive. Dai dati Istat e dalle statistiche ricavate dal sito del Ministero della Salute nonché dalla OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e anche da UNHCR (l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) si ricava che la percentuale di migranti che arrivano in stato di salute compromesso è compresa tra il 2 e il 5%, e si tratta di patologie dell’apparato cardiocircolatorio, mentale o legate allo stato di gravidanza, ma per lo più sono ferite dovute a incidenti. Questo dato è stato confermato anche da un report di Medici per i diritti umani. Dunque tutti i dati ci portano a smentire l’idea che essi siano portatori di malattie trasmissibili e siano la causa della loro diffusione nelle popolazioni.
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CAPITOLO I
I DIRITTI FONDAMENTALI DEGLI STRANIERI
Sommario:
-1. I diritti fondamentali riconosciuti agli stranieri: la cornice costituzionale. - 2. La clausola di reciprocità. - 3. Diritti civili, libertà personale, diritto di difesa. - a. Diritti sociali: diritto all’istruzione. - b. Diritto all’abitazione. - 4. Diritti politici degli stranieri. - 5. La costruzione multilivello dei diritti fondamentali. - 6. Il sistema a geometria variabile dei diritti fondamentali.1. I diritti fondamentali riconosciuti agli stranieri: la
cornice costituzionale
Quali sono i diritti fondamentali riconosciuti dal nostro ordinamento ai cittadini stranieri? La ricognizione e l’analisi dei diritti fondamentali dello straniero, come il diritto alla vita, all’incolumità, alla salute, impone di fare riferimento ad una pluralità di fonti del diritto, interne ed internazionali6, ma andiamo con ordine e partendo dalle fonti interne. Tra le fonti interne, viene in evidenza in primo luogo, la Costituzione. Quanto alla tutela costituzionale dello straniero, dobbiamo far richiamo agli artt. 2, 3, e 10 della Costituzione. La disposizione normativa principale è l’art. 10, secondo e terzo comma7 dal quale ricaviamo una riserva di legge in materia di immigrazione, e poi l’articolo fa un rinvio alle norme di diritto
6 CHERCHI ROBERTO, I diritti dello straniero e la democrazia, convegno annuale
dell’associazione “GRUPPO DI PISA”, Cos’è un diritto fondamentale? Cassino, 10-11 giugno 2016.
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“La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge”.
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internazionale; perciò la condizione giuridica dello straniero deve essere regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Dunque, una riserva di legge rinforzata dalla riforma della Costituzione del titolo V avvenuta nel 2001 che nella veste attuale dell’art. 117 primo comma8
il quale individua nello Stato e nelle Regioni la potestà legislativa con i limiti rappresentati dalla Costituzione, dai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, perciò sia per il legislatore statale e sia per quello regionale, l’art. 117 primo comma, traccia un identico orizzonte di limiti entro i quali contenere interventi legislativi tanto centrali che periferici. La riserva di legge ha trovato attuazione solo a partire dalla metà degli anni ’80, nel tentativo di regolamentare il fenomeno dell’immigrazione extracomunitaria la quale iniziava ad assumere proporzioni apprezzabili. La legislazione sull’immigrazione è piuttosto recente: il primo intervento normativo è la legge n. 943 del 19869 era infatti diretta a disciplinare il trattamento dei lavoratori immigrati extracomunitari e inoltre ha previsto alcune misure per contrastare l’immigrazione clandestina. La successiva legge, n. 39 del 1990, nota come legge “Martelli” e altre discipline di quell’ epoca erano disorganiche ed erano improntate sempre ad una logica di tipo emergenziale; tali normative vennero superate grazie alla legge n.40 del 1998, la c.d. “Turco-Napolitano”, legge che ha preso i nomi degli allora Ministri della Solidarietà sociale, Livia Turco e del Ministro dell’interno Giorgio Napolitano. Questa serie di leggi, attraverso anche la necessaria opera di coordinamento, in particolare con le disposizioni del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza, (il regio decreto n.773 del 1931), confluirono nel decreto legislativo n.286 del
8 “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della
Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”.
9 Legge 30 dicembre del 1986 n.943, norme in materia di collocamento e di
trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e contro le immigrazioni clandestine.
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25 luglio del 1998 ossia il Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione giuridica dello straniero, il quale ha rappresentato il primo tentativo di dettare una disciplina organica del fenomeno dell’immigrazione extracomunitaria10. Il Testo Unico dell’immigrazione è frutto della ottemperanza da parte del potere esecutivo, della delega prevista all'articolo 47 comma 1 della legge 40 del 1998, (legge “Turco-Napolitano”) il quale ha emanato il decreto legislativo n. 286 del 1998. La successiva legislazione ha tentato di attaccare alcuni principi ispiratori della disciplina del testo unico sull’immigrazione, si pensi ad esempio alla legge n.189 del 2002, la c.d. “Bossi-Fini”, la quale ha avuto un approccio al fenomeno migratorio esclusivamente di tipo lavoristico; e successivamente i c.d. “pacchetti sicurezza” rispettivamente dell’anno 2008 e 2009 i quali hanno fronteggiato l’immigrazione solo dal punto di vista della sicurezza e dell’ordine pubblico, rendendo così in molti casi necessario l’intervento della Corte costituzionale: si pensi ad esempio alla sentenza n.249 del 2010 la quale ha annullato la c.d. “aggravante di clandestinità” che era stata introdotta dal pacchetto sicurezza del 2008. Uno degli aspetti maggiormente caratterizzanti del Testo Unico sull’immigrazione lo troviamo nella affermazione contenuta al suo art. 2 comma 1 che recita: “allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti”. Quanto affermato dall’art.2 del TUI (testo unico immigrazione) è condiviso dalla dottrina maggioritaria e dalla giurisprudenza costituzionale i quali sostengono che allo straniero, anche se irregolarmente soggiornante, spettano almeno i diritti
10 FAMIGLIETTI GIANLUCA, I diritti dei non cittadini, in E. CATELANI, S.
PANIZZA e R. ROMBOLI (a cura di), Profili attuali di diritto costituzionale, Pisa University Press, Pisa, 2015.
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inviolabili o fondamentali ai sensi dell’art. 2 TUI. Tali diritti spetterebbero proprio della persona in quanto tale, in virtù della semplice presenza sul territorio e non della regolarità del soggiorno. Questi diritti si cumulano con i diritti previsti dalle norme e dai trattati internazionali ratificati dall’ Italia che assurgono al rango di norma interposta ai sensi degli artt. 10 comma 2 e 117 comma 1 della Costituzione. Sovente si riscontra una similitudine tra le due fonti, essendo alcuni diritti previsti sia dalla Costituzione che dalle carte internazionali dei diritti applicabili allo straniero.
All’ articolo 2 del Testo Unico possiamo attribuire un elevato tasso di generalità, esso tuttavia si pone in armonia con la giurisprudenza costituzionale, che ha riconosciuto la titolarità in capo a tutte le persone indipendentemente dallo status di cittadino, dei diritti inviolabili previsti dalla nostra Costituzione. Un principio questo sancito dalla Corte costituzionale che supera anche la distinzione fra stranieri regolarmente e irregolarmente soggiornanti.
Nel Testo Unico sono espressamente previsti i seguenti diritti per lo straniero irregolarmente soggiornante: il diritto alla protezione diplomatica e consolare nelle forme e nei limiti previsti dal diritto internazionale, previsto dall’ art. 2 comma 7 TUI; il diritto di difesa, art. 2 comma 5 TUI; il diritto alla salute, art 35 comma 3 TUI; il diritto all’istruzione ai minori stranieri presenti sul territorio che sono soggetti all’obbligo scolastico e in tal caso si applicano le disposizioni vigenti in materia di diritto all’istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunità scolastica, previsti dall’ art. 38 del testo unico.
Ulteriori norme prevedono la possibilità del rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, (art. 5 comma 6 TUI e art.11 comma1 lett. c-ter D.P.R. 394/99) e pongono divieti di respingimento o di espulsione dello straniero presente sul territorio, a garanzia dei diritti
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costituzionali e umani (art.19 TUI), ossia sussiste il divieto di espulsione o di respingimento per tutti coloro che devono essere espulsi o respinti verso uno Stato in cui la persona straniera possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, oppure che possa rischiare di essere rinviato in uno stato dove non sia protetto dalla persecuzione. In più nel Teso Unico si prevede il rilascio di uno speciale permesso di soggiorno nel caso in cui siano accertate situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di uno straniero ed emergono reali pericoli per la sua incolumità e questo ai sensi dell’art. 18. Inoltre il Testo Unico stabilisce il divieto di espulsione o di respingimento immediato alla frontiera in caso di temporanea ammissione sul territorio nazionale per necessità di pubblico soccorso e questo è previsto dall’art. 10 comma 2 lett. b, TUI; ricorre la stessa previsione per il minore straniero, per la donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio, inoltre la Corte costituzionale, nella sentenza n.376 del 2000, ha esteso il divieto anche per il marito convivente della donna. Inoltre l’art. 10 del Testo Unico al suo 5° comma prevede che lo straniero respinto ha in ogni caso diritto all’assistenza necessaria presso i valichi di frontiera. Poi si prevede il diritto alla traduzione in una lingua comprensibile al destinatario, in alternativa quando ciò non sia possibile la traduzione potrà essere effettuata in francese, inglese o spagnolo, con preferenza per la lingua indicata dalla persona interessata e questo vale per tutti i provvedimenti relativi all’ingresso, soggiorno ed espulsione ai sensi dell’art. 2 comma 6 del Testo Unico. Questi sono i diritti garantiti agli stranieri comunque presenti sul territorio nazionale indipendentemente se sono in regola o meno con la disciplina sull’ingresso ed il soggiorno.
Diversamente, ai cittadini stranieri extracomunitari che sono in regola con la disciplina sull’ingresso e soggiorno ad essi vengono
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riconosciuti ulteriori diritti; ossia lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio nazionale gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, ad eccezione che le Convenzioni internazionali in vigore per l’Italia e il Testo Unico di immigrazione dispongano diversamente, così è previsto dall’art. 2 comma 2 del TUI. Tornando alle fonti interne e alla Costituzione è interessante notare che l’art. 10 del testo costituzionale, che si occupa della condizione giuridica dello straniero, non rientra nella parte della Costituzione dedicata ai diritti fondamentali che come è noto, inizia invece con l’art. 13.
Questa collocazione dell’art. 10 merita una considerazione. La risposta è di carattere storico e tornando indietro nel tempo, precisamente nel periodo in cui fu scritta la Costituzione, (1946 -1947) troviamo un’Italia che era essenzialmente un paese di emigrazione e non di immigrazione. La situazione di paese di emigrazione si coglie anche dagli artt. 16 e 48 della nostra carta costituzionale: l’art. 16 secondo comma11 fa riferimento ai movimenti di entrata e uscita dal territorio, ma riguarda il diritto dei cittadini italiani a cui è riconosciuta la completa libertà di lasciare il paese, mentre non si parla affatto di diritto di ingresso dei non cittadini sul territorio italiano; mentre l’art. 48 primo comma12 riconosce il diritto di voto dei cittadini italiani all’estero. Ricaviamo, dunque, che nella parte in cui la Costituzione riserva i diritti della persona, si guarda al fenomeno migratorio solo nella sua direzione in uscita e non si trova invece alcun cenno al fenomeno migratorio in entrata. Posto che la Costituzione non si occupa direttamente delle posizioni soggettive degli stranieri, la Corte costituzionale assume un ruolo importante, in
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“Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge”.
12 “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno aggiunto la maggiore
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quanto, essa ha incominciato a comporre un corpo di diritti degli immigrati e degli stranieri.
Il primo mattone della costruzione elaborata dalla giurisprudenza della Corte costituzionale risale nei primi decenni della sua attività. La prima sentenza della Corte costituzionale in tema di stranieri è del 196713, quando essa si pronunciò in modo congiunto riguardo a tre disposizioni costituzionali, e cioè sugli artt. 2, 3 e 10: l’art. 2 fa riferimento ai diritti inviolabili della persona, l’art. 3 garantisce l’uguaglianza dei cittadini e l’art. 10 secondo comma che appunto è l’unico riferimento alla condizione giuridica dello straniero; in questa occasione la Corte pone un’affermazione di principio molto importante. Tale risalente sentenza è significativa, in quanto, sebbene il contesto sia molto cambiato rispetto ad allora, la Corte afferma che sebbene testualmente nella costituzione molti diritti fondamentali, compreso anche il principio di uguaglianza, fanno riferimento ai cittadini, tuttavia essi devono applicarsi anche agli stranieri in quanto si tratta di far rispettare i diritti fondamentali della persona. Questo principio sarà successivamente sviluppato in altre sue pronunce e costituisce il nucleo decisivo che introduce nella giurisprudenza della Corte costituzionale il tema dei diritti degli immigrati e scardina l’idea che titolari dei diritti previsti e protetti dalla Costituzione siano soltanto i cittadini italiani. In tale prima sentenza la Corte afferma che la tutela costituzionale dello straniero complessivamente considerata e la connessa protezione costituzionale dei suoi diritti fondamentali trovano fondamento nella lettura sistematica di 3 disposizioni costituzionali, ossia l’art. 2, nella parte in cui riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, l’art. 3 che riconosce le pari dignità sociale e l’uguaglianza di tutti i cittadini, riferibile ad ogni persona, e l’art. 10. La Corte ha inoltre, in più occasioni affermato che i diritti inviolabili spettano “ai singoli non in quanto partecipi di una
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determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”14 e che la condizione giuridica dello straniero non deve essere considerata come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi. Il principio costituzionale di uguaglianza non tollera, infatti, discriminazioni fra le posizioni del cittadino e quella dello straniero quando si tratta del godimento dei diritti inviolabili dell’uomo15
. La Corte in questa sua prima pronuncia, del 1967, ha fissato precise coordinante in ordine alla necessità di superare il dato testuale costituzionale riferito al suo art. 3. Il principio di uguaglianza che testualmente è riferito ai soli cittadini, ma la Corte dice che questa disposizione non deve essere considerata isolatamente, ma deve invece essere letta in connessione con l’art. 2 e con l’art. 10, secondo comma. E dunque, se è vero che l’art. 3 della costituzione si riferisce espressamente ai solo cittadini, è anche certo che il principio di uguaglianza vale pure per lo straniero quando si tratta di rispettare i diritti fondamentali. In base quindi a questa interpretazione del testo costituzionale del non cittadino, ad ogni straniero a qualsiasi titolo presente sul territorio nazionale devono essere riconosciuti i diritti inviolabili i quali “formano il patrimonio irretrattabile della personalità umana e che appartengono all’uomo inteso come essere libero”: questo è stato affermato dalla Corte in un’altra sua pronuncia, la sentenza n.120 del 1975. La sentenza del 1967 potremmo affermare che ci porta all’universalità dei diritti. Proseguendo nella giurisprudenza costituzionale troviamo un’altra celebre sentenza, la n. 54 del 1979. È interessante notare la tipologia dei casi che a quell’epoca arrivavano al giudizio della Corte qualche anno dopo quell’affermazione di principio avvenuta con la sentenza del 1967. La Corte costituzionale ha avuto occasione con la sentenza del 1979 di elaborare una prima applicazione importante in un caso riguardante
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Corte costituzionale sentenza n° 105 del 2001.
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una legge16 che recepiva in Italia un accordo con la Francia in tema di estradizione17. Premettendo che l'Italia e la Francia hanno sottoscritto la convenzione europea di estradizione18 in quell'occasione il rappresentante italiano ha formulato un'espressa riserva (poi ribadita all'atto del deposito dello strumento di ratifica, operato sulla base della legge 30 gennaio 1963, n. 300), nel senso che in nessun caso il nostro Stato avrebbe accordato l'estradizione per reati puniti dalla legge dello Stato richiedente con la pena di morte, è mancata però la ratifica dello Stato francese (perciò continuerebbe a restare in vigore la convenzione bilaterale del 1870, ovviamente siamo nel periodo della sentenza). La Corte costituzionale però ha dichiarato costituzionalmente illegittima quella legge nella parte in cui essa consentiva l’estradizione per reati sanzionati in Francia con la pena edittale della morte, all’epoca ancora in vigore in tale Paese19
. La pena di morte, in Italia, è stata in vigore fino al 1949 e fino al 1994 nel codice penale militare di guerra; l’ultima esecuzione capitale europea ebbe luogo proprio in Francia nel 1977; ma all’epoca della decisione che stiamo esaminando, sentenza del 1979, la clausola, come si può ben capire, era ancora presente e la Corte costituzionale ha affermato che questo tipo di accordo, laddove si applicava agli stranieri, è costituzionalmente illegittimo in quanto gravante sul diritto alla vita, ovvero uno dei diritti fondamentali su cui non è possibile mantenere alcuna distinzione fra cittadini e stranieri. La Corte dichiara che il testuale riferimento dell’art. 3 della Costituzione primo comma, riferito ai soli cittadini non esclude che l’eguaglianza davanti alla
16 R.D. 30 giugno 1870, n. 5726. Secondo l'ordinanza di rinvio tale decreto, nella
parte in cui rende esecutivi gli artt. 1, 2 e 7 della relativa convenzione italo - francese, anche quando consentono l'estradizione per reati puniti con la morte, contrasterebbe con gli artt. 3, 10, primo comma, e 27 della Costituzione.
17 La convenzione bilaterale italo - francese del 1970.
18 Convenzione europea di estradizione, firmata a Parigi il 13 dicembre del 1957. 19
CARTABIA MARTA, Gli immigrati nella giurisprudenza costituzionale: titolari di diritti e protagonisti della solidarietà, in C. PANZERA, A. RAUTI, C. SALZAR e A. SPADARO, (a cura di) Quattro lezioni sugli stranieri, (Atti della giornata di studi università Mediterranea di Reggio Calabria 3 dicembre 2015) Jovene editore, Napoli, 2016.
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legge sia garantita anche agli stranieri, là dove si tratti di assicurare la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo, come la Corte aveva già precisato nelle sentenze n.120 del 1967, n.104 del 1969 e n.144 del 1970.
In tale pronuncia del 1979, si individua un altro importante principio in tema di tutela costituzionale degli stranieri: la norma costituzionale sulla quale la Corte è chiamata ad esprimersi è l’art. 3 il principio di uguaglianza, il quale, stando al testo costituzionale, è esplicitamente riservato a tutti i cittadini; ma la Corte afferma che quando viene in gioco il godimento dei diritti inviolabili dell’uomo, la posizione del cittadino e dello straniero non rileva. Tuttavia nella successiva giurisprudenza la Corte precisa che la differenza di fatto tra la situazione del cittadino e quella dello straniero implica una certa discrezionalità del legislatore che può differenziare l’ampiezza o l’intensità nel godimento dei diritti a seconda dei soggetti purché si tratti di differenziazioni ragionevoli e proporzionate rispetto alla loro condizione. In proposito, la Corte testualmente afferma che: “La riconosciuta eguaglianza di situazioni soggettive nel campo della titolarità dei diritti di libertà non esclude affatto che, nelle situazioni concrete, non possono presentarsi, fra soggetti uguali, differenze di fatto che il legislatore può apprezzare e regolare nella sua discrezionalità, la quale non trova altro limite se non nella razionalità del suo apprezzamento. Non può escludersi che tra cittadino e straniero, benché uguali nella titolarità di certi diritti di libertà, esistano differenze di fatto che possono giustificare un loro diverso trattamento nel godimento di quegli stessi diritti”20
. Dunque la Corte ci sta dicendo che quando facciamo riferimento all’uguaglianza formale sancita dall’art. 3 della Costituzione, e cioè dal punto di vista della titolarità del godimento dei diritti fondamentali previsti in Costituzione, non si tollera discriminazioni, ma si possono però
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tollerare differenziazioni per quanto concerne all’uguaglianza sostanziale, ossia quando si scende sul lato pratico e cioè la rimozione degli ostacoli. Quello che ricaviamo dalla analisi della giurisprudenza costituzionale è che il dato testuale della Costituzione dal punto di vista dell’attribuzione e del godimento dei diritti fondamentali è irrilevante, non ha importanza decisiva; tant’è che è da considerare un tema superato. Il dato testuale della nostra Costituzione non è dunque più rilevante quando andiamo a ragionare di condizione giuridica dello straniero, e la tutela dei diritti fondamentali va assicurata senza disparità di trattamento alcuna a tutti gli individui, a prescindere dallo status della persona se cittadino o se straniero.
Dunque il primo punto fermo da tenere ben presente per l’inquadramento della posizione degli immigrati nell’ordinamento costituzionale italiano è dato da una affermazione di principio, ossia che i diritti fondamentali spettano egualmente ai cittadini e agli stranieri con la importante precisazione che l’eguaglianza implica anche distinzione. Di conseguenza ne discende che riconoscere l’eguaglianza non esclude una differenziazione, che deve però essere sempre assoggettata al principio di ragionevolezza e proporzionalità da parte del legislatore. La legislazione dunque può mantenere alcune distinzioni. Numerose sono le decisioni in cui la Corte costituzionale ha giustificato una differenza di trattamento in tema di godimento del diritto costituzionale all’ingresso, alla permanenza e alla libera circolazione sul territorio, che è previsto dall’art. 16 della nostra Costituzione. In questo ambito dice la Corte che il legislatore può porre condizioni diverse per il cittadino e lo straniero, così come, allo stato attuale, è molto evidente una differenza di trattamento nell’ambito dei diritti politici, in quanto l’elettorato attivo e passivo non sono attribuiti allo stesso modo al cittadino e allo straniero,
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conformemente alle previsioni dell’art. 48 della nostra Costituzione21
. Dall’analisi della Costituzione ricaviamo che alcune disposizioni fanno esplicito riferimento al cittadino, come ad esempio lo stesso art. 3 il quale afferma che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge22 dato ormai superato tramite la giurisprudenza costituzionale; anche le disposizioni relative ai diritti politici fanno esplicito riferimento al cittadino. Di contro l’art.2 della Costituzione riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità. Infine numerose disposizioni disciplinano diritti senza circoscrivere l’ambito soggettivo23
.
In dottrina abbiamo diversi orientamenti: secondo un primo indirizzo le Costituzioni sono un fatto politico che presuppongono l’esistenza dello Stato nazionale e la distinzione fra cittadino e straniero. In coerenza con queste premesse l’art. 3 comma 1 della Costituzione affermando l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge sancirebbe la legittimità delle norme che differenziano cittadini e stranieri nella regolazione delle situazioni giuridiche soggettive. Tuttavia bisogna anche rilevare il fatto che la legge incontra il limite generale posto dal criterio di razionalità e ragionevolezza essendo questo divenuto un limite generale di validità di tutte le norme di rango legislativo; in più un ulteriore limite deriva dalle norme e dai trattati internazionali che regolano la condizione giuridica dello straniero, cui la legge deve conformarsi ai sensi dell’art.10 comma 2 della Costituzione. Questa lettura del rapporto fra lo Stato e lo straniero deriva dalla promessa
21 CARTABIA MARTA, Gli immigrati nella giurisprudenza costituzionale: titolari
di diritti e protagonisti della solidarietà, in C. PANZERA, A. RAUTI, C. SALZAR e A. SPADARO, (a cura di) Quattro lezioni sugli stranieri, (Atti della giornata di studi università Mediterranea di Reggio Calabria 3 dicembre 2015) Jovene editore, Napoli, 2016.
22 Differenziandosi, in ciò, dall’art. 3 della legge fondamentale tedesca, secondo la
quale “tutti gli uomini sono uguali di fronte alla legge”. Ugualmente la costituzione degli stati uniti utilizza sovente la formula, person, interpretata dalla giurisprudenza statunitense come fonte di diritto per lo straniero.
23 CHERCHI ROBERTO, I diritti dello straniero e la democrazia, convegno annuale
dell’associazione “GRUPPO DI PISA”, Cos’è un diritto fondamentale? Cassino, 10-11 giugno 2016.
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secondo la quale il controllo delle frontiere e dei flussi migratori è espressione dell’esercizio di poteri sovrani ed è essenziale per la sopravvivenza dello Stato, essa è inoltre ascrivibile al rapporto che a partire dall’800 è venuto in essere tra le idee di Costituzione, Stato e popolo24.
Un altro orientamento afferma invece che la Costituzione contiene diritti dell’uomo e diritti del cittadino, in continuità con la tradizione costituzionale che trae origine nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del cittadino del 1789; di tale orientamento si esprimono la dottrina maggioritaria e la giurisprudenza costituzionale a partire appunto dalle sue prime pronunce in materia di stranieri ossia a partire dalla sentenza n.120/1967 e n.104/1969, secondo le quali il combinato disposto degli artt. 2, 3 e 10 della Costituzione determina l’estensione del principio di uguaglianza agli stranieri nella regolazione dei diritti fondamentali.
All’estremo opposto si colloca infine quell’orientamento dottrinale che ritiene riduttiva l’applicazione agli stranieri dell’art. 3 della Costituzione con riferimento alle sole ipotesi di regolazione di un diritto inviolabile o fondamentale e valorizza di contro il principio della pari dignità sociale come annuncio di un diritto soggettivo; il diritto a non essere discriminati essendo inviolabile secondo questo pensiero dottrinale e perciò spettante non solo ai cittadini ma anche agli stranieri. Tale indirizzo dottrinale ritiene che dalla natura inviolabile del diritto a non subire disparità di trattamento fondante su criteri soggettivi come per esempio sesso, razza, lingua, religione, condizioni personali o sociali discenderebbe un vincolo per il legislatore anche quando venga in evidenza la regolazione di interessi non ascrivibili ai diritti inviolabili.
24 CHERCHI ROBERTO, I diritti dello straniero e la democrazia, convegno annuale
dell’associazione “GRUPPO DI PISA”, Cos’è un diritto fondamentale? Cassino, 10-11 giugno 2016.
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Proseguendo nell’ analisi delle fonti, accanto alla Costituzione vi sono le fonti internazionali; l’art.10 della Costituzione al suo comma 2 contiene, come abbiamo già riportato, la riserva di legge rinforzata che implica l’illegittimità costituzionale delle disposizioni di legge che siano lesive di norme e trattati internazionali che regolano la condizione giuridica dello straniero. Tra queste Convenzioni viene in rilievo la Convenzione OIL n.143 del 197525 sul trattamento dei lavoratori migranti, cui hanno fatto seguito l’adozione della legge n. 943 del 1986, e la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie26: tale Convenzione è del 1990 e reca numerose disposizioni attributive di diritti applicabili anche allo straniero irregolarmente soggiornante e che pur essendo entrata in vigore nel 2003 non è stata ancora ratificata dall’Italia. Inoltre, le sentenze “gemelle”, le sentenze della Corte costituzionale, n.348 e 349 del 2007, hanno sancito la natura di parametro interposto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Infine viene in evidenza la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea27 il cui ambito di applicazione è condizionato dalla
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L’OIL – Organizzazione Internazionale del Lavoro è l’agenzia specializzata delle Nazioni Unite che ha come obiettivo il perseguimento della giustizia sociale e il riconoscimento universale dei diritti umani nel lavoro, attraverso la promozione di un lavoro dignitoso (il c.d. decent work) in condizioni di libertà, uguaglianza e sicurezza per tutte le donne e gli uomini. L’organizzazione, è stata fondata nel 1919 a seguito del Trattato di Versailles che pose fine al primo conflitto mondiale, ed è associata alle Nazioni Unite dal 1946. Ne fanno parte 181 Stati membri e la sua sede principale è a Ginevra. L’ufficio per l’Italia è a Roma, mentre a Torino ha sede il Centro internazionale di formazione.
26 L’ Organizzazione che ha prodotto il documento è l’ONU - Organizzazione delle
Nazioni Unite. Adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite con risoluzione 45/158 del 18 dicembre 1990. Entrata in vigore internazionale il primo luglio 2003.
27 La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, è stata proclamata una
prima volta il 7 dicembre 2000 a Nizza e una seconda volta, in una versione adattata, il 12 dicembre 2007 a Strasburgo da Parlamento, Consiglio e Commissione. Essa è cosi strutturata: preambolo, 54 articoli suddivisi in 6 capitoli. Con l'entrata in vigore del "Trattato di Lisbona", essa ha il medesimo valore giuridico dei trattati, ai sensi dell'art. 6 del Trattato sull'Unione europea, e si pone dunque come pienamente vincolante per le istituzioni europee e gli Stati membri e, allo stesso livello di trattati e protocolli ad essi allegati, come vertice dell'ordinamento dell'Unione europea.
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competenza dell’Unione europea, competenza prevista dall’art. 5128
della Carta stessa. L’espansione del novero dei diritti dello straniero emerge non solo dalla stratificazione tra arta costituzionale e carte internazionali di diritti, ma è anche una conseguenza dell’adozione di atti legislativi che non si limitano a regolare i presupposti e le procedure di ingresso e di espulsione, ma attribuiscono allo straniero la titolarità di diritti. La prima legge repubblicana in questo senso è la legge n.943/1986, adottata in attuazione della Convenzione OIL n. 143 del 1975 sul trattamento dei lavoratori migranti, cui hanno fatto seguito la legge 39/1990 (legge Martelli) e la legge 40/1998 (legge Turco – Napolitano) che costituisce l’architrave del Testo Unico sull’immigrazione, decreto legislativo n.286/1998. Il Testo Unico riconosce allo straniero regolarmente soggiornante un articolato catalogo di diritti civili e sociali che va oltre i diritti espressamente definiti dal costituente come inviolabili o fondamentali e riconosce i diritti inviolabili anche allo straniero irregolarmente soggiornante. Dunque le trattazioni relative ai diritti dello straniero riconoscono un complesso catalogo di diritti da cui sono da ritenersi esclusi solo i diritti politici.
2. La clausola di reciprocità
La clausola di reciprocità è prevista dall’art. 16 del codice civile29
delle disposizioni sulla legge in generale, il quale ci dice che lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino a
28 “Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni e agli organi
dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovono l’applicazione secondo le rispettive competenze. La presente Carta non introduce competenze nuove o compiti nuovi per la Comunità e per l’Unione, né modifica le competenze e i compiti definiti dai trattati”.
29 “Lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino a
condizione di reciprocità e salve le disposizioni contenute in leggi speciali. Questa disposizione vale anche per le persone giuridiche straniere”.
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condizione di reciprocità. Facendo una introduzione storica, l’art. 16 è del 1942, nel 1948 abbiamo la Costituzione, nel 1967 e 1979 le prime sentenze importanti in tema di immigrazione, nel 1998 con l’approvazione del Testo Unico dell’immigrazione abbiamo l’adempimento della riserva di legge di cui all’art. 10 secondo comma della Costituzione. In dottrina30 alcuni sostengono che l’avvento della Costituzione abbia tacitamente abrogato la clausola di reciprocità: questa parte di dottrina afferma semplicemente che tale clausola non è più compatibile con i principi della Costituzione. Altri orientamenti31 dottrinali hanno parlato di piena compatibilità fra l’art. 16 delle preleggi e la Costituzione in virtù dell’art. 10 secondo comma della Costituzione. Nel dibattito la via che si afferma è quella intermediaria, che è anche la tesi maggioritaria, individuata da Antonio Cassese, che nello scrivere il commento all’art. 10 della Costituzione individua una terza via: ossia quella di riconoscere operatività alla clausola di reciprocità ma non riferendola ai diritti fondamentali: perciò egli sostiene che se ci muoviamo sul terreno dei diritti non riconosciuti in Costituzione allora è possibile ragionare, in via residuale, sulla applicazione della clausola di reciprocità. Tale linea è fatta propria anche dalla giurisprudenza di legittimità: una sentenza della Corte di cassazione del 200932 in materia di risarcimento danno alla circolazione stradale, ha recepito tale orientamento, affermando che la condizione di reciprocità deve essere applicata solo in relazione ai diritti non fondamentali della persona; poiché diritti fondamentali come quello alla vita, all’incolumità, alla salute, in quanto riconosciuti dalla Costituzione non possono essere limitati dall’art. 16 delle preleggi. E la relativa tutela di tali diritti va assicurata senza disparità di trattamento alcuno fra cittadini o stranieri. Dunque tale sentenza riconosce l’operatività della clausola di reciprocità solo in via
30 Tra i sostenitori di questa posizione ad esempio P. BARILE.
31 Su queste posizioni: M. MAZZIOTTI DI CELSO, G. ZAGREBELSKY, A.
PACE.
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estremamente residuale. Ma oggi la clausola di reciprocità non può dirsi abrogata, anche se non pienamente compatibile con i diritti fondamentali previsti dalla nostra costituzione. Questo è poi confermato dallo stesso Testo Unico dell’immigrazione, il quale all’art. 2 secondo comma prevede che “lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l’Italia e il presente testo unico dispongano diversamente. Nei casi in cui il presente testo unico o le convenzioni internazionali prevedono la condizione di reciprocità, essa è accertata secondo i criteri e le modalità previste dal regolamento di attuazione”. Dal secondo comma dell’art. 2 del TUI ricaviamo le modalità operative che supportano la verifica dell’esistenza della condizione di reciprocità e la norma di riferimento la troviamo nel D.P.R n. 394 del 1999 che si è posto come regolamento di attuazione e di esecuzione e anche di integrazione del Testo unico sull’immigrazione. Di tale regolamento la norma che qui ci interessa è l’art. 133
il quale dispone la competenza del ministero degli esteri nell’individuazione dell’esistenza di condizioni che richiamano la clausola di reciprocità, questo comporta che per taluni diritti, il ministero degli esteri a richiesta, faccia un’istruttoria e ne dia comunicazione ai notai e ai responsabili dei procedimenti amministrativi. L’art. 1 del Testo Unico al suo secondo comma indica una serie di categorie per i quali l’accertamento di cui al primo comma non può essere richiesto, vale a
33 “1. Ai fini dell’accertamento della condizione di reciprocità, nei casi previsti dal
testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di seguito denominato: “testo unico”, il Ministero degli affari esteri, a richiesta, comunica ai notai ed ai responsabili dei procedimenti amministrativi che ammettono gli stranieri al godimento dei diritti in materia civile i dati relativi alle verifiche del godimento dei diritti in questione da parte dei cittadini italiani nei Paesi d’origine dei suddetti stranieri. 2. L'accertamento di cui al comma 1, non è richiesto per i cittadini stranieri titolari della carta di soggiorno di cui all'articolo 9 del testo unico, nonché per i cittadini stranieri titolari di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo, per l'esercizio di un'impresa individuale, per motivi di famiglia, per motivi umanitari e per motivi di studio, e per i relativi familiari in regola con il soggiorno”.
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dire che per tali categorie di persone non opera la clausola di reciprocità e che sono: i cittadini stranieri titolari della carta di soggiorno, anche per i cittadini stranieri titolari di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo, per l’esercizio di un’impresa individuale, per motivi di famiglia, per motivi umanitari, per motivi di studio e per i relativi familiari in regola con il soggiorno. In conclusione possiamo affermare che la clausola di reciprocità anche se non formalmente abrogata conserva un’applicabilità totalmente residuale. Perciò la clausola di reciprocità è oggi da ritenersi operativa in un ambito estremamente limitato.
3. Diritti civili: libertà personale e diritto di difesa
L’art. 13 della nostra Costituzione inaugura la parte prima, dedicata ai diritti e doveri dei cittadini. Questo spazio poi si estende all’art. 14 e cioè l’inviolabilità del domicilio e via via alle modalità di comunicazione: la libertà e la segretezza della corrispondenza previsto dall’art. 15, il diritto alla riunione e alla associazione rispettivamente ai sensi dell’artt. 17 e 18 e così via tutti i diritti previsti dalla nostra Costituzione fino all’art. 54.
Partiamo dal primo diritto civile e cioè dall’art. 13 che sancisce la libertà personale, diritto riconosciuto ad ogni persona umana e non solo ai cittadini. La libertà personale è connaturata nell’individuo e di conseguenza non si possono fare distinzioni o discriminazioni tra cittadini e stranieri, è il primo spazio di autonomia che storicamente viene rivendicato al potere pubblico. Altro diritto civile riconosciuto anche agli stranieri è il diritto di difesa previsto dall’art. 2434
della
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“Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni
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nostra Costituzione. In merito al diritto di difesa si è pronunciata anche la Corte costituzionale nella sentenza n.198 del 2000, dove ha affermato che lo straniero anche se irregolare gode di tutti i diritti fondamentali della persona umana fra i quali quelli di difesa.
3.1. Diritti sociali: diritto all’istruzione
Il diritto all’istruzione obbligatoria di tutti i minori stranieri riceve nel nostro ordinamento un livello di tutela sufficiente a garantire anche ai c.d. “irregolari” uno standard di protezione del diritto uniforme su tutto il territorio nazionale. Sono tuttavia da registrarsi al riguardo rilevanti tentativi di discriminazione nell’accesso all’istruzione dei minori migranti da parte soprattutto di taluni enti locali, che attraverso specifiche circolari hanno cercato di svuotare di fatto il contenuto di questo importante diritto e strumento di integrazione all’interno del contesto sociale. Sicuramente un esempio di discriminazione è la circolare n. 20 del 17 dicembre 2007 del comune di Milano sulle scuole di infanzia, la quale stabiliva che “le famiglie prive di regolare
permesso di soggiorno avranno la possibilità di iscrivere i loro figli alle scuole dell’infanzia comunali, purché ottengano il permesso di soggiorno entro la data del 29 febbraio 2008. La mancata presentazione del permesso di soggiorno entro tale data non consentirà la formalizzazione della domanda di iscrizione”. Sulla
questione si è pronunciato il tribunale civile di Milano, I sezione, con l’ordinanza n. 2380/2008 nella quale si afferma che la scuola dell’infanzia pur non essendo obbligatoria, fa comunque parte del sistema dell’istruzione scolastica nazionale e pertanto, il suo accesso
giurisdizione. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari”.
30
rientra nel novero dei diritti fondamentali del minore35. Il tribunale ha altresì stabilito che al fine di godere di questo importante diritto sociale, non si può considerare lo status giuridico in cui versa il genitore del minore, in quanto a prevalere deve essere sempre il “preminente interesse del minore”. Il giudice del tribunale di Milano, richiamandosi all’art. 3 della Convenzione dei diritti del fanciullo36
oltre che all’art. 34 della Carta dei diritti dell’Unione europea, (che prevede la sicurezza e l’assistenza sociale) ha così dichiarato il carattere discriminatorio della Circolare del comune di Milano, ordinando la cessazione dell’efficacia e la rimozione degli effetti della circolare medesima. Discriminazioni nell’accesso all’istruzione non investono solo i minori, figli di stranieri senza permesso di soggiorno, ma riguardano anche quegli stranieri che pur regolarmente soggiornanti e integrati all’interno del contesto sociale, continuano a trovarsi esposti al rischio di subire trattamenti discriminatori. Al riguardo è da segnalare l’ordinanza della I sezione civile del Tribunale di Bologna del 23 dicembre 2006, avente ad oggetto il ricorso di una cittadina cinese regolarmente soggiornante in Italia che dopo aver superato il test di ingresso all’università Bocconi di Milano, era stata
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BASCHERINI GIANLUCA, Brevi note su immigrazione, diritti sociali
fondamentali e inclusione, in www.astrid-online.it, giugno 2011 (con Ciervo
Antonello).
36 Convenzione sui diritti del fanciullo emanata a New York il 20 novembre 1989,
adottata e aperta alla firma dall’Assemblea generale delle Nazioni unite con risoluzione 44/25 del 20 novembre 1989. Entrata in vigore il 2 settembre 1990 in base a quanto previsto all’articolo 49. La convenzione è stata ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176. Il suo art. 3 recita: “1. In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente. 2. Gli Stati parti si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale, e a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi e amministrativi appropriati. 3. Gli Stati parti vigilano affinché il funzionamento delle istituzioni, servizi e istituti che hanno la responsabilità dei fanciulli e che provvedono alla loro protezione sia conforme alle norme stabilite dalle Autorità competenti in particolare nell'ambito della sicurezza e della salute e per quanto riguarda il numero e la competenza del loro personale nonché l'esistenza di un adeguato controllo”.
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automaticamente inserita nella fascia più alta di reddito, ai fini del pagamento delle tasse e questo per il semplice fatto di essere cittadina extracomunitaria, nonostante avesse prodotto un’autocertificazione in cui dichiarava di rientrare nella prima fascia, ossia quella più bassa. Il Tribunale di Bologna, ai sensi dell’art. 43 TUIM, ha riconosciuto la condotta discriminatoria dell’università in questione, facendo anche riferimento alla giurisprudenza della Corte costituzionale, in particolare alla sentenza n.43/2005, giurisprudenza con cui la Consulta aveva affermato a chiare lettere che un trattamento differenziato nei confronti degli stranieri, rispetto ai cittadini italiani, può trovare ingresso nel nostro ordinamento solo se sussiste una specifica, trasparente e razionale causa giustificatrice idonea a spiegare le ragioni poste alla base della diversità di trattamento. In tema di immigrazione e istruzione pubblica merita inoltre di essere criticamente ricordata la mozione parlamentare proposta da alcuni deputati della “Lega Nord” ed approvata il 14 ottobre 2008 che richiedeva al governo di impegnarsi per l’istituzione di c.d. “classi ponte” che consentissero ai minori stranieri, i quali non avevano superato il test di lingua e psico – attitudinali, “ di frequentare corsi di
apprendimento della lingua italiana, propedeutiche all’ingresso degli studenti stranieri nelle classi permanenti” e di limitare l’iscrizione
alle scuole ordinarie oltre il 31 dicembre di ciascun anno scolastico, al fine di un “razionale ed agevole inserimento degli studenti stranieri
nelle nostre scuole”, provvedimento quest’ultimo che viene definito
come “discriminazione provvisoria positiva a favore dei minori
immigrati, avente come obiettivo la riduzione dei rischi di esclusione”. Tale proposta, in parte, recupera il sistema delle “classi
differenziate” un tempo previste per i minori portatori di handicap e poi dichiarate incostituzionali dalla Consulta con sentenza n. 215/1987, proprio al fine di evitare possibili effetti di segregazione ed isolamento dei minori, effetti che determinerebbero il rischio di una
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regressione e non certo di uno sviluppo delle capacità psico-fisiche dei soggetti interessati, come opportunamente affermato da G. Bascherini37. Va peraltro ricordato a questo proposito che anche la Corte europea dei Diritti dell’uomo, con una sentenza del 13 novembre 200738, aveva preso posizione su un caso simile, riguardante minori di origine Rom che erano stati inseriti in alcune speciali per studenti con difficoltà di apprendimento. La Gande Camera, ribaltando la precedente sentenza della II sezione, ha ritenuto che la legge Ceca, pur avendo intenti diversi, produce una discriminazione indiretta legata alle origini etniche degli scolari non consentendo di fatto il libero accesso alle scuole “normali” ai ragazzi Rom e violando così l’art. 14 CEDU39
che prevede il divieto di discriminazione e in combinato disposto con l’art. 2 del protocollo n. 140 il quale prevede il diritto all’istruzione.
3.2. Diritto all’abitazione
Com’è noto, il diritto sociale all’abitazione non compare espressamente nella prima parte della Costituzione, ma tuttavia è stato dichiarato dalla Consulta un diritto fondamentale della persona,
37 BASCHERINI GIANLUCA, Brevi note su immigrazione, diritti sociali
fondamentali e inclusione, in www.astrid-online.it, giugno 2011 (con Ciervo
Antonello).
38 Ricorso n. 57325/2000, D. H. ed altri contro Repubblica Cecca. 39
L’art. 14 CEDU prevede il divieto di discriminazione: “Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione”.
40 Protocollo Addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, la data di adozione è il 20/3/1952 mentre la data di entrata in vigore è il 18/5/1954. L’Organizzazione che ha prodotto il documento è il Consiglio d'Europa l’art. 2 che è rubricato diritto all’istruzione recita: “Il diritto all'istruzione non può essere rifiutato a nessuno. Lo Stato, nell'esercizio delle funzioni che assume nel campo dell'educazione e dell'insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di assicurare tale educazione e tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche”.
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connesso alle esigenze della dignità umana a partire dalle sentenze n. 217 e 404/1988, e 599 del 1989. Quanto allo straniero, come è stato opportunamente sottolineato anche dalla dottrina41 non si può fare a meno di rilevare come l’abitazione, oltre che un diritto, sia al contempo un onere: il cittadino straniero per il rinnovo del permesso di soggiorno, per il ricongiungimento familiare e per il rilascio del permesso CE deve dimostrare il possesso di un alloggio, dotato di particolari caratteristiche; ossia allo straniero non si chiede di possedere un’abitazione qualsiasi, ma un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica per la stipula del contratto di soggiorno, (art. 5-bis, lett. a, TUI), un alloggio conforme ai requisiti igienico – sanitari, nonché di idoneità abitativa, accertati dai competenti uffici comunali per lo straniero che chiede il ricongiungimento familiare (art 29, comma 3 lett. a, TUI), un alloggio idoneo che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica ovvero che sia fornito dei requisiti di idoneità igienico – sanitaria accertati dall’azienda unità sanitaria locale competente per territorio e questo per lo straniero che richiede il permesso CE per soggiornanti di lungo periodo (art.9 TUI)42. L’abitazione idonea, dunque è un requisito essenziale per l’ottenimento del permesso di soggiorno di qualunque tipo esso sia. Pertanto, la disponibilità di un alloggio costituisce una condizione indispensabile ai fini dell’ingresso, del soggiorno e dell’esercizio del ricongiungimento familiare, è dunque sicuramente un onere da soddisfare, e non certamente un diritto da rivendicare nei confronti dello stato. Come possiamo ben intuire il diritto sociale all’abitazione
41 In dottrina, ex multis M. LUCIANI.
42 BIONDI DAL MONTE FRANCESCA, Lo stato sociale di fronte alle migrazioni
diritti sociali, appartenenza e dignità della persona, convegno annuale
dell’associazione “GRUPPO DI PISA”, I diritti sociali: dal riconoscimento alla