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Diritto all’abitazione

CAPITOLO I: I DIRITTI FONDAMENTALI DEGLI STRANIERI

3. Diritti civili: libertà personale e diritto di difesa

3.2. Diritto all’abitazione

Com’è noto, il diritto sociale all’abitazione non compare espressamente nella prima parte della Costituzione, ma tuttavia è stato dichiarato dalla Consulta un diritto fondamentale della persona,

37 BASCHERINI GIANLUCA, Brevi note su immigrazione, diritti sociali

fondamentali e inclusione, in www.astrid-online.it, giugno 2011 (con Ciervo

Antonello).

38 Ricorso n. 57325/2000, D. H. ed altri contro Repubblica Cecca. 39

L’art. 14 CEDU prevede il divieto di discriminazione: “Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione”.

40 Protocollo Addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei

diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, la data di adozione è il 20/3/1952 mentre la data di entrata in vigore è il 18/5/1954. L’Organizzazione che ha prodotto il documento è il Consiglio d'Europa l’art. 2 che è rubricato diritto all’istruzione recita: “Il diritto all'istruzione non può essere rifiutato a nessuno. Lo Stato, nell'esercizio delle funzioni che assume nel campo dell'educazione e dell'insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di assicurare tale educazione e tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche”.

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connesso alle esigenze della dignità umana a partire dalle sentenze n. 217 e 404/1988, e 599 del 1989. Quanto allo straniero, come è stato opportunamente sottolineato anche dalla dottrina41 non si può fare a meno di rilevare come l’abitazione, oltre che un diritto, sia al contempo un onere: il cittadino straniero per il rinnovo del permesso di soggiorno, per il ricongiungimento familiare e per il rilascio del permesso CE deve dimostrare il possesso di un alloggio, dotato di particolari caratteristiche; ossia allo straniero non si chiede di possedere un’abitazione qualsiasi, ma un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica per la stipula del contratto di soggiorno, (art. 5- bis, lett. a, TUI), un alloggio conforme ai requisiti igienico – sanitari, nonché di idoneità abitativa, accertati dai competenti uffici comunali per lo straniero che chiede il ricongiungimento familiare (art 29, comma 3 lett. a, TUI), un alloggio idoneo che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica ovvero che sia fornito dei requisiti di idoneità igienico – sanitaria accertati dall’azienda unità sanitaria locale competente per territorio e questo per lo straniero che richiede il permesso CE per soggiornanti di lungo periodo (art.9 TUI)42. L’abitazione idonea, dunque è un requisito essenziale per l’ottenimento del permesso di soggiorno di qualunque tipo esso sia. Pertanto, la disponibilità di un alloggio costituisce una condizione indispensabile ai fini dell’ingresso, del soggiorno e dell’esercizio del ricongiungimento familiare, è dunque sicuramente un onere da soddisfare, e non certamente un diritto da rivendicare nei confronti dello stato. Come possiamo ben intuire il diritto sociale all’abitazione

41 In dottrina, ex multis M. LUCIANI.

42 BIONDI DAL MONTE FRANCESCA, Lo stato sociale di fronte alle migrazioni

diritti sociali, appartenenza e dignità della persona, convegno annuale

dell’associazione “GRUPPO DI PISA”, I diritti sociali: dal riconoscimento alla

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non è un diritto pieno e incondizionato per il cittadino straniero, seppur riconosciuto dalla Corte costituzionale come diritto fondamentale della persona. L’impianto del Testo Unico di immigrazione così come modificato dalla legge n.189/2002 (c.d. legge Bossi – Fini) mostra limiti e contraddittorietà in tema di accesso all’abitazione. L’art. 40 comma 6 del TUI, infatti prevede la possibilità per i soli stranieri titolari di carta di soggiorno (ora permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo), oltre che agli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di un permesso di soggiorno almeno biennale e che esercitano una regolare attività di lavoro, autonomo oppure subordinato, hanno diritto di accedere, in condizioni di parità con i cittadini italiani, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica (e.r.p.) e ai servizi di intermediazione delle agenzie sociali eventualmente predisposte da ogni regione o dagli enti locali per agevolare l’accesso alle locazioni abitative e al credito agevolato in materia di edilizia, recupero, acquisto e locazione della prima casa di abitazione. Tale ultima previsione risponde alla necessità che la concessione di certe agevolazioni ai non cittadini sia ancorata alla durata della loro permanenza in Italia e quindi al livello di non precarietà di tale residenza. Si deve tuttavia osservare come il criterio del possesso di un permesso biennale, a differenza del permesso di soggiorno CE, non soddisfi in modo ragionevole questa esigenza. Se infatti per il rilascio di quest’ultimo titolo è necessario, tre i vari requisiti, il possesso, da almeno 5 anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, il permesso biennale è rilasciato discrezionalmente dal Questore qualora il lavoratore straniero sia titolare di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato o sia un lavoratore autonomo. Infatti anche in presenza delle predette condizioni, la legge non obbliga il Questore al rilascio di tale titolo di soggiorno, ma lascia all’autorità amministrativa una mera facoltà, per cui uno straniero al primo ingresso potrebbe in teoria avere un

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permesso di soggiorno biennale ed uno straniero residente in Italia da 4 anni un permesso annuale di volta in volta rinnovato. Sotto questo profilo, tale condizione di accesso sembra dunque irragionevole. Rispetto a quanto previsto dal Testo Unico, sempre con riferimento agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, devono aggiungersi anche requisiti ulteriori, legati alla residenza prolungata sul territorio. A livello nazionale è stato infatti approvato un piano nazionale di edilizia abitativa, “al fine di superare in maniera organica e strutturale il disagio sociale e il degrado urbano derivante dai fenomeni di alta tensione abitativa”43. L’offerta di abitazione di edilizia residenziale è

destinata prioritariamente a varie categorie di soggetti, tre le quali: gli immigrati regolari che hanno un basso reddito, residenti da almeno 10 anni nel territorio nazionale oppure da almeno 5 anni nella medesima regione. Requisiti analoghi sono previsti per l’accesso ai contributi integrativi. Le sopracitate indicazioni si pongono in linea con una serie di limitazioni già sperimentate a livello regionale e locale proprio in materia di abitazione e questo al fine di restringere la platea dei beneficiari a coloro che dimostrano un maggior radicamento sul territorio nazionale o regionale. Alcuni comuni hanno ad esempio condizionato l’accesso alla condizione di reciprocità: ossia a condizione che nello stato di origine dell’interessato fosse riconosciuta pari possibilità di accesso del cittadino italiano all’edilizia pubblica, altri hanno invece introdotto tra i requisiti di accesso la durata della residenza o dell’attività lavorativa sul territorio comunale o regionale. Altri bandi e delibere hanno, infine, previsto l’attribuzione di punti aggiuntivi in relazione al possesso della cittadinanza italiana o a seconda della durata della residenza. La valenza discriminatoria di simili limitazioni è stata peraltro evidenziata già dalla giurisprudenza

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BIONDI DAL MONTE FRANCESCA, Lo stato sociale di fronte alle migrazioni

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ordinaria la quale in più circostanze aveva riconosciuto come illegittimo quelle delibere comunali di disciplina dell’accesso agli alloggi pubblici che attribuivano 5 punti in più ai richiedenti aventi cittadinanza italiana per l’assegnazione degli alloggi di e.r.p., criterio questo ritenuto discriminatorio dal Tribunale di Milano, con la sentenza n. 3614/2002. Una pronuncia questa che evidenzia come il requisito della residenza continua e regolare dello straniero non debba esasperarsi come presupposto per l’accesso alle diverse prestazioni sociali, dovendo anzi il suo utilizzo venire valutato con particolare attenzione, in quanto sintomatico di una volontà discriminatoria nei confronti degli extracomunitari.