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Qualità e customer satisfaction nelle aziende di credito

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Academic year: 2021

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INDICE

Introduzione ……… pag. 3

Capitolo uno

NUOVI FATTORI CRITICI DI SUCCESSO PER LE BANCHE

1.1. Premessa ……….. “ 7

1.2. Nuovi fattori critici di successo per la Banche ……… “ 9

1.3. La banca nel mercato competitivo: banca market oriented ……... “ 24

Capitolo Due LA QUALITA’ IN BANCA 2.1. Evoluzione del concetto di qualità in banca……… “ 33

2.2. Le attese di qualità nel settore bancario ………. “ 40

2.3. Aree di intervento sul sistema di controllo direzionale ……... “ 46

2.4. Alcune considerazioni di sintesi ……… ” 54

Capitolo Tre CUSTOMER SATISFACTION NEI SERVIZI FINANZIARI 3.1. Premessa ……… “ 57

3.2. L’analisi della domanda ………. “ 63

3.2.1. Il customer relationship management: definizione ed obiettivi …… “ 66

3.2.2. Le fasi del Customer Relationship Management …………..………. “ 70

3.3. L’organizzazione interna,formazione del personale e nuovi rapporti con la clientela ………. “ 76

3.3.1. La politica di gestione delle risorse umane interne …………... “ 82

3.4. I rapporti tra clientela e collaboratori interni: la multicanalità ……. “ 96

3.5. L’Information Tecnology ………... “ 103

3.6. L’immagine aziendale ……… “ 107

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Capitolo Quattro

DIRETTIVA MIFID E INIZIATIVA PATTI CHIARI.

4.1. Premessa ……… “ 119

4.2. Mifid: cosa cambia nei rapporti con la clientela, il principio

di graduazione della tutela ………. “ 122 4.2.1. Le valutazioni di adeguatezza e appropriatezza: il principio

di proporzionalità degli obblighi ai servizi prestati………. “ 124 4.2.2. La consulenza in materia di investimenti, gli obblighi informativi

e i contratti………... “ 127 4.2.3. Mifid cosa cambia nei mercati e nell’organizzazione

degli intermediari ……… “ 132 4.3. Iniziativa Patti Chiari: ………..……….. “ 138

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Introduzione.

Le aziende di credito italiane negli ultimi decenni si sono sottoposte ad un processo di ristrutturazione e di conseguenza hanno cambiato il loro modo di essere, di operare e competere.

Per molto tempo il mercato bancario è stato caratterizzato da una notevole stabilità, resa possibile dall’aver vissuto per decenni in condizioni di mercato chiuso, in un regime protezionistico tale da garantire costi e profitti elevati; ritardi nell’innovazione organizzativa e dei prodotti; costi elevati degli stessi; mancanza di trasparenza nei rapporti con i clienti. Il sistema bancario, cioè, per molto tempo è stato caratterizzato da una staticità di comportamento e da una scarsa propensione al cambiamento e da una forte concentrazione sui soli aspetti quantitativi (costi, prezzi, volumi di attività) tralasciando quelli qualitativi.

La nascita di un mercato unico europeo per i servizi finanziari e il conseguente accresciuto livello di competizione e globalizzazione; la comparsa e lo sviluppo di nuovi intermediari finanziari; la revisione del quadro normativo ed istituzionale di riferimento; l’evoluzione culturale del consumatore con il conseguente sviluppo di nuovi bisogni e preferenze; l’evoluzione tecnologica; la nascita di nuovi fattori di competizione sono tutti eventi che hanno determinato una “turbolenza ambientale” tale da smantellare le barriere che per decenni hanno lasciato la banca al di fuori della competizione.

Le banche in un ambiente di agguerrita concorrenza, con un numero più alto di operatori e caratterizzato da numerose innovazioni nei prodotti bancari devono riuscire, tramite un posizionamento strategico, a confermare il ruolo che hanno detenuto per anni. I cambiamenti avvenuti nel sistema bancario sono stati di tale rilevanza da costituire gli elementi formatori di un nuovo sistema di controllo, di nuove regole di mercato, di nuove modalità organizzative, offrendo la possibilità di svolgere la propria attività con criteri innovativi.

L’entrata nel nostro Paese delle banche estere ha imposto alle aziende di credito italiane di iniziare un processo di rinnovamento strutturale, organizzativo e culturale; per molti decenni le banche hanno operato in un ambiente altamente protetto che esaltava il ruolo di intermediari aumentando notevolmente la loro forza contrattuale nei confronti della clientela permettendo a queste aziende di vivere periodi di floridezza, ma nel contempo ha disincentivato la ricerca continua al miglioramento dei servizi alla clientela.

La nuova realtà di mercato originata dai fattori sopra menzionati ha indotto le banche ad abbandonare la loro staticità e a rivedere comportamenti ormai consolidati, spostandosi verso

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strategie caratterizzate da una maggiore articolazione delle relazioni prodotto-mercato. Le aziende di credito si devono impegnare ad elaborare politiche di sviluppo che privilegino il rapporto con l’utente, i cui bisogni e le cui aspettative devono essere costantemente tenuti presenti nella definizione dei prodotti e nell’offerta dei servizi.

In questa nuova realtà fattore critico di successo delle aziende di credito è la capacità di soddisfare al meglio e prima della concorrenza i bisogni dell’utenza. Il cliente ha, oggi, una maggiore forza contrattuale e una maggiore volontà negoziale; si assiste ad un’accentuata domanda di assistenza, consulenza finanziaria nelle scelte di investimento e pertanto le aziende di credito devono impegnarsi molto nel produrre/offrire prodotti e servizi sempre più diversificati e aggiornati

Proprio al processo di ristrutturazione delle aziende di credito italiane e ai nuovi fattori di successo è dedicato il primo capitolo di questo lavoro. È un capitolo in cui viene anche analizzata l’evoluzione del concetto di marketing in riferimento al mercato bancario e in cui si considerano gli effetti positivi derivanti dall’adozione di un orientamento al mercato e le difficoltà che le aziende di credito incontrano nell’abbandonare il “tradizionale” e superato orientamento al prodotto.

La necessità di porre al centro delle attenzioni delle banche la soddisfazione del cliente e di orientare tutto il processo aziendale verso il raggiungimento di questo obiettivo comporta la considerazione, anche per le banche, del fattore qualità.

È proprio della qualità e dell’evoluzione del concetto di qualità che si occupa il secondo capitolo, nel quale vengono affrontate le problematiche relative all’implementazione di un sistema di qualità in banca. Interventi sul sistema di controllo direzionale; stretta collaborazione tra tutte le funzioni aziendali; responsabilizzazione diffusa a tutti i livelli gerarchici; focalizzazione di tutto il corpo aziendale sulla customer satisfaction e sulla creazione di valore per i clienti sono solo alcuni degli elementi analizzati per realizzare una efficace gestione total quality oriented.

Nel terzo capitolo, invece, si è cercato di evidenziare le modalità grazie alle quali realizzare una gestione market oriented; dall’analisi è emerso che strumento essenziale per l’implementazione efficace di strategie customer based è la segmentazione della domanda la quale consente di comprendere in profondità il comportamento, i bisogni e le motivazioni della clientela. Essa consente di ottenere informazioni utili per: scegliere all’interno del proprio mercato i segmenti di clientela target; definire le politiche distributive ed organizzative adeguate alle aspettative della clientela; orientare gli strumenti di marketing mix ed influenzare i

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programmi di formazione delle risorse umane. Una volta segmentata la clientela e individuato il cliente target è necessario predisporre una strategia relazionale chiamata CRM (customer relationship management) il cui presupposto è la fidelizzazione del cliente, la quale è cerniera fra gli obiettivi della customer satisfaction e della massimizzazione dei margini di redditività della banca.

La realizzazione di politiche legate alla soddisfazione della clientela presuppone la partecipazione efficiente ed efficace delle singole funzioni aziendali alla creazione di servizi soddisfacenti per l’utente. Ciascuna unità organizzativa, ricercando standard qualitativi nella propria attività contribuisce all’eccellenza del processo di erogazione. La risorsa umana è la chiave di volta per arrivare all’obiettivo qualità: senza una forza lavoro efficacemente addestrata e formata, tutti gli sforzi, gli investimenti aziendali tesi al raggiungimento di questo obiettivo sarebbero resi vani. Viene quindi evidenziata la necessità di dotare la banca di una struttura organizzativa orientata alla qualità e cioè in grado di rispondere con flessibilità, tempestività, e coerenza all’evoluzione del mercato.

Oggi il fattore umano rappresenta sempre più uno dei fattori di successo per il raggiungimento di obiettivi aziendali. Le condizioni di competitività stesse della banca sono legate alla capacità di gestire le risorse umane per creare un clima interno favorevole, una motivazione diffusa, una elevata dedizione ai risultati, un comportamento affidabile con il cliente. In tale ottica viene evidenziata l’evoluzione nel tempo delle modalità di affrontare il problema della gestione delle risorse umane e vengono analizzate le diverse politiche in relazione al reclutamento e alla formazione della risorsa umana.

Altro fattore fondamentale capace di contribuire alla realizzazione del cambiamento imposto da una strategia customer oriented è l’Information Technology, la quale ha inciso profondamente sull’innovazione dei prodotti e dei sistemi distributivi (multicanalità) e quindi anche nei rapporti con la clientela e nelle occasioni di contatto con esse offrendo significative opportunità. La tecnologia è anche strumento fondamentale per la costituzione di Customer Data Base i quali sono necessari per implementare qualsiasi strategia di customer satisfaction.

Ultimo fattore su cui le aziende di credito orientate al mercato e alla realizzazione della customer satisfaction devono investire è la comunicazione con la clientela. La comunicazione esterna è lo strumento che più di ogni altro consente all’azienda di esplicare al mercato il proprio orientamento culturale, la propria immagine, le caratteristiche della propria offerta, la posizione competitiva assunta nel settore di appartenenza, ecc.. Pubblicità, promozione, occasioni di confronto con la clientela devono essere gestite come opportunità per infondere fiducia, creare

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aspettative, lasciar percepire professionalità.

Anche gli obblighi informativi imposti dal legislatore possono tradursi in opportunità di contatto con gli utenti, attraverso i quali mostrare in modo chiaro ed esauriente la gamma dei prodotti e servizi fruibili. Nel terzo capitolo viene quindi affrontato il tema della trasparenza delle condizioni contrattuali, norme inserite nel T.U. emanate con l’intento di creare uno strumento efficace di concorrenza e di tutela della clientela. Esse perseguono l’obiettivo di rendere noti ai clienti gli elementi essenziali del rapporto contrattuale e le loro variazioni, allo scopo di salvaguardare il regolare esplicarsi della concorrenza nei mercati bancari e finanziari e tutelare i contraenti più deboli senza alcuna limitazione della loro autonomia negoziale. L’intento è quello di assicurare un livello minimo di trasparenza.

Infine, nel quarto capitolo viene presentata l’iniziativa Patti Chiari, consorzio di 167 banche italiane promosso dall’ABI nel 2003 e avente come “filosofia” di riferimento quella di costruire una nuova relazione tra le banche ed i cittadini, le famiglie e le imprese. Il consorzio rappresenta l’impegno che le banche assumono nei confronti della clientela, è un progetto di educazione finanziaria per la collettività e di semplificazione dei rapporti tra banche e clienti.

Sempre in un’ottica di centralità del cliente e di tutela dell’investitore nel quarto capitolo viene presentata la direttiva Mifid sui mercati degli strumenti finanziari, recepita definitivamente dall’Italia il 31/10/2007. La Mifid è molto importante in un’ottica di customer satisfaction in quanto pone l’investitore al centro dell’attività di investimento. Principali obiettivi della Mifid sono il rafforzamento del sistema di tutela degli investitori, la creazione di un mercato unico europeo dei servizi finanziari, l’innalzamento del livello di concorrenza tra intermediari in materia di servizi di investimento e tra le diverse sedi di esecuzione degli ordini relativi a strumenti finanziari.

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CAPITOLO UNO

NUOVI FATTORI CRITICI DI SUCCESSO PER LE BANCHE.

1.1 Premessa .

Per molto tempo il mercato bancario e’ stato caratterizzato da una notevole stabilità dovuta all’aver vissuto per decenni in condizioni di “mercato chiuso”:costi e profitti elevati per le imprese, ritardi nell’innovazione organizzativa e di prodotti, costi elevati dei prodotti, mancanza di rapporti trasparenti con i clienti, ritardi nella legislazione e nei regolamenti.

Anche l’aver detenuto di fatto il monopolio dell’intermediazione finanziaria ha consentito al sistema bancario di operare con relativa facilità, di ottenere ottimi risultati e una staticità di comportamento, giustificando la sua scarsa propensione al cambiamento e la concentrazione del suo interesse su soli aspetti quantitativi (costi,prezzi,volumi di attività,dimensione delle imprese,ecc.) tralasciando quelli qualitativi.

Le banche italiane fino agli anni ‘80 hanno goduto di un lungo periodo di stabilità,di costante crescita e di un forte protezionismo , cioè il nostro Paese era caratterizzato da un sistema bancario protetto. Le nostre banche a fronte di fabbisogni della clientela alquanto semplici e conosciuti hanno operato realizzando la loro tradizionale funzione di intermediazione dei flussi finanziari in una posizione oligopolistica, al riparo da spinte concorrenziali all’interno di un mercato altamente segmentato. Tutto ciò anche grazie ad elevate barriere all’entrata e all’uscita create dal sistema dei regolamenti e norme definito dalla legge bancaria del 36 e al ruolo di regolamentazione dell’Autorità di Vigilanza.

Ne e’ così derivato un immobilismo da parte delle banche e un loro rapporto con il mercato di natura passiva. Le banche presentavano una ridotta gamma di prodotti, nell’ambito della quale depositi e prestiti detenevano importanza preminente. Di conseguenza, temi come il livello di efficienza conseguito nell’impiego delle risorse umane e tecnologiche, la struttura e l’articolazione dei costi di gestione, le dinamiche dei ricavi da servizi avevano una scarsa considerazione.

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I servizi erano considerati residuali nell’offerta della banca, erano visti esclusivamente come mezzi per l’acquisizione delle risorse necessarie al potenziamento delle tradizionali attività di intermediazione creditizia. La banca produceva un numero ristretto di servizi (le così dette “forme tecniche”) offerti al mercato in una situazione di rigida regolamentazione; oggi si assiste ad una offerta sempre più ampia e diversificata. Si assiste alla crisi della “banca istituzione”, cioè di un’organizzazione che conseguiva le proprie finalità attraverso l’applicazione di principi e tecniche consolidate, operante in un contesto dove prevalevano condizioni da “mercato del venditore” fissate e garantite dalla regolamentazione. Contestualmente si afferma come modello vincente quello della “banca impresa”, cioè di un’organizzazione la cui sopravvivenza e il cui sviluppo dipendono dalle proprie, autonome e originali capacità di affrontare e superare le sfide di un ambiente di mercato sempre più dominato dalla concorrenza/competizione1.

Le logiche gestionali erano rivolte a curare la correttezza degli atti formali, nel rispetto di norme, regolamenti, procedure e i tentativi di affrontare il mercato in maniera diversa erano fermati da limiti culturali e di know how .

Valori predominanti nelle realtà bancarie erano la puntualità,il rispetto della tradizione,la cura dell’estetica personale,la precisione, la serietà, l’adesione condizionata alle norme e un’alta avversione al rischio.

L’organizzazione della banca si ispirava al modello meccanicistico con l’adozione di uno stile di direzione autoritario-paternalistico, caratterizzato da scarsa partecipazione dei dipendenti alla formazione delle decisioni attinenti alla loro attività. Vi erano strutture con un elevato grado di accentramento del processo decisionale basate sulla gerarchia.

Sul finire degli anni ‘70 i cambiamenti competitivi che si stavano originando hanno creato l’esigenza di modificare strumenti e logiche gestionali in modo da:

 porre maggiore attenzione all’assottigliarsi del margine di intermediazione;

 perseguire un diverso equilibrio gestionale non solo finanziario ma anche economico;  porre maggiore attenzione all’andamento dei costi di gestione al fine di preservare i livelli di redditività;

 Incrementare i ricavi non direttamente collegati all’intermediazione creditizia;  fare attenzione all’elevato incremento dei costi generali o di struttura ;

 tenere sotto controllo l’entrata sul mercato italiane di grandi banche estere, soprattutto europee;

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 Ricercare una maggiore articolazione territoriale .

Dalla metà degli anni ’80 la portata dei cambiamenti in atto e’ andata accentuandosi, si e’ assistito ad un profondo mutamento del quadro competitivo e l’affermarsi di un modo di fare banca diverso rispetto al passato .Il settore del credito non deve più essere visto come il business della raccolta e degli impieghi ma come il business dei servizi finanziari.

Di fatto la situazione oggi e’ mutata. La relazione quota di mercato-numero di sportelli comincia a non essere più vincente specie se a strategie concorrenziali basate sull’efficienza e sul presidio del territorio non si accompagnano obiettivi legati al recupero dell’efficacia.

1.2 Nuovi fattori critici di successo per le banche.

Nel mondo bancario si sta assistendo a trasformazioni del modo di essere, di operare e tra i fattori di questa dinamica evolutiva i più importanti sono2 :

Revisione del quadro normativo e istituzionale che ha garantito al nostro sistema bancario la stessa libertà di movimento che hanno gli istituti stranieri ( es. in materia di apertura di nuovi sportelli ) fino a giungere alla Legge sulla Trasparenza bancaria che fissa una serie di vincoli e di regole di condotta per i rapporti con la clientela . Il fenomeno della deregolamentazione ha iniziato a manifestarsi negli Usa all’inizio degli Anni’80 a favore della libertà di mercato e della conseguente riduzione dell’intervento dello Stato nell’economia; successivamente il fenomeno si è andato estendendo a tutta l’area occidentale. Alla base di questi nuovi indirizzi vi è la convinzione che l’ottimizzazione della funzione delle imprese, e cioè la produzione di valore mediante prodotti e servizi corrispondenti alle attese della società, non sia perseguibile attraverso la gestione più o meno diretta da parte dell’amministrazione pubblica. Ne deriva una vasta manovra che si attua attraverso la riduzione dei lacci e laccioli posti alle scelte dell’imprese e la restituzione all’iniziativa privata delle imprese pubbliche. In Europa la liberalizzazione delle attività finanziarie ha assunto caratteristiche sue proprie per effetto del processo di costituzione del mercato unico europeo, operante a partire dal 1993. In questo modo le banche dei Paesi membri hanno la possibilità di operare sull’intero territorio della comunità e viene garantita la liberalizzazione dei movimenti di capitale fra i vari paesi del mercato unico.

In Italia l’innovazione strutturale del settore ha inizio con la liberalizzazione dell’accesso all’attività creditizia attuata con il d.p.r. 27 giugno 1985, n. 350, il quale sancisce carattere di

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impresa dell’attività bancaria e attribuisce alla concorrenza un ruolo fondamentale nell’ordinamento creditizio3 . Esso dava attuazione alla prima direttiva comunitaria in materia creditizia e segnava l’inizio del proliferare di numerosi provvedimenti legislativi , al fine di adeguare l’ordinamento creditizio, introdotto in Italia dalla legge bancaria del ’36, alle mutate esigenze del sistema economico, in linea con gli indirizzi emersi in sede comunitaria4. Tra i cambiamenti che hanno sollecitato una revisione dell’ordinamento bancario va considerata la comparsa di nuovi e variegati prodotti finanziari. La necessità da parte di ogni ente creditizio, di essere in grado di offrire, a clienti sempre più esigenti, anche i prodotti finanziari più innovativi, ha comportato una despecializzazione del sistema bancario. Da un lato le aziende di credito hanno ampliato il loro ambito operativo e hanno attenuato la distanza tra le attività che ognuna di esse esercitava, eliminando così la specializzazione istituzionale, temporale del mercato del credito a medio e lungo termine5. Il diffondersi di nuovi operatori finanziari che offrivano forme di investimento alternative rispetto a quelle bancarie ha determinato per le banche la fine del mercato protetto, il nascere di una situazione fortemente concorrenziale e l’esigenza di iniziare a muoversi sul mercato seguendo la logica dell’impresa. Le forme alternative di investimento consistevano in titoli atipici e in forme di intermediazione parabancaria. Infine, altro fattore che ha determinato la revisione dell’ordinamento bancario italiano è stata l’affermazione a livello comunitario dei principi di libertà di stabilimento e di mutuo riconoscimento, che ha determinato

3 Scott Walter Giorgio, Manuale di marketing bancario, volume 1.

4 Giannini Marco, Organizzazione delle aziende di credito,Edizioni il Borghetto, Pisa.

5 La Legge Bancaria del 1936 fu un intervento di riforma volto a tutelare la stabilità della banca e a favorire

l’efficienza funzionale del sistema bancario e i criteri ordinatori introdotti da questa legge furono quelli della specializzazione, dell’assoluta separatezza tra banche e imprese e della vigilanza strutturale.

Si parlò di specializzazione istituzionale che attribuiva alle banche ruoli differenti in funzione alla rispettiva localizzazione territoriale ed alla segmentazione della clientela; intervento che rispondeva ad una logica di creazione di barriere interne alla mobilità delle aziende di credito

La specializzazione temporale invece confinò le Aziende di credito ordinario nell’esercizio dell’intermediazione a breve termine (raccolta e impieghi con scadenze inferiori ai 18 mesi) e gli Istituti di Credito Speciale nell’esercizio dell’intermediazione a medio termine (raccolta e impiego con scadenze superiori ai 18 mesi e con possibilità di emettere obbligazioni).

Infine specializzazione operativa: nel caso delle Aziende di Credito Ordinario rifletteva il concetto di competenza territoriale e le impegnava nel finanziare le esigenze del capitale di funzionamento, circolante delle imprese. Nel caso invece degli Istituti di credito Speciale essi dovevano soddisfare le richieste di capitale di finanziamento e riflettevano il concetto di specializzazione settoriale ( credito agrario, credito mobiliare, ecc.) e di forma tecnica (credito fondiario).

Il divieto di finanziare le imprese mediante assunzione di partecipazioni azionarie concretizzò l’obiettivo della separatezza tra banche e imprese.

La vigilanza strutturale attribuendo alla Banca d’Italia il potere di amministrare la struttura del sistema bancario, le dava così il potere di regolare l’accesso all’attività bancaria da parte di nuovi enti, ed essa era dotata anche di ampie facoltà autorizzative e ampia discrezionalità valutativa e disciplinare.

La legge bancaria del 1936 creò un sistema fortemente protetto, strettamente controllato dall’organo di vigilanza e scarsamente concorrenziale. Tutto ciò si traduceva in scarsa innovazione, scarsa attenzione ai costi e quindi scarsa efficienza.

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una forte preoccupazione per la maggiore concorrenza alla quale le banche italiane sarebbero state soggette.

Tramite questo processo di liberalizzazione le banche operanti in Italia sono autonome nel definire la struttura della propria rete distributiva in conformità alle proprie strategie di mercato. Con la nuova legge le banche pubbliche possono dotarsi di forma societaria al cui capitale possono partecipare anche privati; viene superato il principio della specializzazione perciò le banche possono ampliare la gamma delle loro attività e dotarsi del modello di “banca universale”; le banche possono assumere partecipazioni in altre banche, in società finanziarie e strumentali, in imprese di assicurazioni e in imprese non finanziarie.

Altro passo importante per l’Italia e’ stata l’emanazione del T.U. nel 1993, che ha ruolo di coordinare le leggi vigenti al fine di eliminare incertezze e contraddizioni. Esso evidenzia alcuni principi generali consacrandoli a cardini fondamentali e coordina le norme dettate per il mercato bancario con quelle emanate per gli altri mercati finanziari. Conferma le regole del libero mercato, fissando però nuove norme in tema di vigilanza, capaci di rafforzare la stabilità del mercato e capaci di tutelare maggiormente il cliente risparmiatore attraverso l’imposizione di una maggiore trasparenza delle condizioni contrattuali. La nuova disciplina consolida la natura di impresa della banca e disciplinando sia il gruppo bancario sia la banca a carattere universale, valorizza l’autonomia imprenditoriale dei banchieri ai quali è rimessa la scelta dei modelli organizzativi e delle strategie di sviluppo più idonee all’esercizio dell’attività. Il T.U. ultima il processo di despecializzazione istituzionale, operativa e temporale del sistema bancario6.

Evoluzione culturale del consumatore con il conseguente sviluppo di nuovi bisogni e preferenze, queste ultime stimolano la trasformazione del rapporto banca cliente che da gerarchico - istituzionale è passato ad una relazione più complessa che implica collaborazione e partnership.

In effetti la maggiore sofisticazione, il differente atteggiamento che la clientela ha assunto nei confronti dei servizi creditizi e del denaro e il potenziamento della forza contrattuale della clientela condiziona l’operare del sistema bancario, che deve tendere verso una struttura flessibile ed adattabile alle mutevoli esigenze del mercato. Il cliente, sempre più esigente e attento alle differenti condizioni di offerte, acquisisce una maggiore cultura finanziaria e comincia a valutare attentamente il contenuto complessivo fornito dalle diverse banche operanti sul mercato. Tali processi di apprendimento investono tutti e tre i principali segmenti della clientela (famiglie,

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imprese e pubblica amministrazione) .

L’utenza privata sta raggiungendo una maggiore consapevolezza della propria forza e del proprio potere di scelta e una maggiore sensibilità critica nella individuazione delle possibili alternative atte a soddisfare determinati bisogni. Di fatti sul mercato si diffondono nuovi prodotti finanziari caratterizzati da un elevato livello di personalizzazione e le famiglie mostrano una crescente dimestichezza nell’utilizzo di servizi bancari e finanziari (es. riducono nel proprio portafoglio il peso dei depositi bancari a favore di titoli di debito pubblico bot, btp,cct, di quote di fondi comuni di investimento, di azioni, di partecipazioni; ampliano le passività finanziarie come i crediti al consumo, i prestiti rateali, i mutui ipotecari; incrementano l’uso dei sistemi di pagamento alternativi quali cash dispenser, sportelli automatici, carte di credito ). Questi fenomeni rendono necessaria per le banche la adozione di adeguate politiche di innovazione sia a livello di prodotto e di servizio sia a livello di processo di produzione e di erogazione. A ciò devono affiancarsi politiche che stimolino gli operatori bancari a vendere prodotti nuovi o addizionali ad un cliente già esistente configurando il pacchetto di prodotti - servizi più adeguato a soddisfare le sue esigenze e politiche che incentivino l’acquisizione di nuovi clienti sfruttando il collegamento con altri clienti già esistenti7. La domanda delle famiglie ha natura consulenziale, ovvero è mirata alla ricerca di operatori specializzati che siano in grado di sostituirsi alla famiglia stessa nella gestione dinamica del portafoglio finanziario e al tempo stesso ne assicurino le performance desiderate. Alla crescente maturità dimostrata dai risparmiatori nelle loro decisioni di investimento fa riscontro una struttura dell’intermediazione finanziaria che, malgrado i progressi realizzati negli ultimi anni, non ha ancora raggiunto livelli di sofisticazione paragonabili con quelli di altre esperienze estere, e ciò potrebbe in un’ottica di mercato integrato a livello comunitario far emergere un pericoloso orientamento dei risparmiatori verso operatori specializzati esterni ( è il caso del private banking molto sviluppato in Gran Bretagna e negli USA).

Modifiche rilevanti sono intervenute nella composizione della ricchezza finanziaria delle famiglie, caratterizzata da una sempre maggiore ampiezza e varietà. Il fenomeno più rilevante riguarda l’avvenuta sostituzione della tradizionale detenzione di depositi con una spiccata propensione all’investimento in attività finanziarie originate sia dai prenditori finali delle risorse finanziarie (pubblica amministrazione), sia dagli investitori istituzionali. Le famiglie italiane prestano crescente attenzione agli strumenti finanziari non monetari. Molti possiedono ancora un

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Ostinelli C. e Toscano G., Realizzare la qualità in banca il sistema degli obiettivi e delle misure di performance . pag. 24-26.

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conto corrente postale, sostanzialmente le caratteristiche dei risparmiatori che detengono depositi bancari sono famiglie in condizioni economiche medio-superiori, mentre quelle che detengono depositi postali presentano generalmente redditi medio-bassi.

In Italia negli ultimi anni è aumentato il grado di indebitamento delle famiglie e ciò grazie allo svilupparsi del credito al consumo: le famiglie hanno iniziato ad assumere comportamenti di spesa meno vincolati alla disponibilità di somme liquide. Il mercato si è così arricchito di una maggiore presenza di operatori specializzati nel settore, le stesse banche hanno mostrato un crescente interesse a operare in nuovi segmenti e ciò si è riflesso in una maggiore snellezza delle procedure operative e in una sempre più accesa competitività per quanto concerne le condizioni praticate. Questa marcata propensione dell’utente famiglie all’indebitamento è legata al venire meno di alcune remore sulla negatività di una situazione debitoria e all’incremento qualitativo e quantitativo dei consumi, i quali hanno portato all’accensione di finanziamenti per l’acquisto di beni durevoli e non ( accanto ai tradizionali finanziamenti per l’acquisto di autovetture e di altri beni di consumo durevoli quali mobili, elettrodomestici, ecc. si fa sempre più strada il ricorso al credito anche per il soddisfacimento di natura intangibile, come ad esempio viaggi, corsi di istruzione, ecc.). Le banche hanno incentivato lo sviluppo di tale comparto per le maggiori opportunità reddituali determinate dalla scarsa sensibilità dei prenditori al saggio di interesse, dalla loro limitata forza contrattuale e dal presunto minore grado di rischiosità, dato il ridotto importo e l’elevato frazionamento che caratterizza tali prestiti.

La presenza di altri intermediari sul mercato determina fenomeni di erosione del tradizionale bacino di utenza degli enti creditizi, e ciò ha fatto si che il segmento delle famiglie venga considerato il settore verso i quali siano stati indirizzati i maggiori sforzi nell’introduzione di nuovi prodotti. Le famiglie sono la categoria di clientela che maggiormente sono oggetto di politiche di sviluppo della customer relationship e non di strategie di mantenimento o rafforzamento delle relazioni già esistenti. Il timore è quello di assistere ad un cambiamento di rotta dei flussi di risparmio finanziario dell’utenza privata verso altri intermediari, soprattutto di matrice estera, fra i quali assicurazioni e società finanziarie. L’utenza privata non appare molto sensibile a elementi di natura economica, ad eccezione delle classi di età più giovane, le quali sono propense a privilegiare l’accumulo delle disponibilità monetarie in strumenti che presentino un elevato grado di liquidità e di rendimento. Quello che viene a cambiare perciò è l’approccio verso le famiglie, le quali non sono più considerate come una sorta di universo indifferenziato; di fatto le aziende di credito hanno adottato valide strategie di segmentazione della clientela a cui hanno fatto seguito quelle di differenziazione, al fine di migliorare la qualità dei prodotti/servizi

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offerti, diversificarli rispetto a quelli della concorrenza e mantenere il vantaggio competitivo nei confronti di altri operatori. L’obiettivo della fidelizzazione può essere raggiunto attraverso una corretta interpretazione dei bisogni della propria clientela, cui deve far seguito una tempestiva individuazione dei migliori servizi necessari per il loro soddisfacimento nonché una adeguata organizzazione per l’offerta dei medesimi8.

In passato le necessità finanziarie del comparto delle famiglie venivano suddivise in tre grandi categorie: la custodia delle disponibilità monetarie, la remunerazione dei capitali investiti e lo svolgimento di alcuni servizi, fra i quali quelli connessi al sistema dei pagamenti. Gli strumenti utilizzati per il soddisfacimento di tali necessità erano qualitativamente e quantitativamente esigui: data la facilità di reperimento della materia prima per la politica di raccolta, le aziende di credito non ricercavano forme di provvista diversificate in relazione alle esigenze dei risparmiatori. I depositi bancari costituivano una destinazione quasi scontata delle risorse finanziarie eccedenti i consumi delle famiglie. L’unico concorrente del sistema creditizio era costituito dall’amministrazione postale, presso la quale numerose famiglie, per tradizione o per mancanza di uno sportello bancario nel luogo di residenza abituale, intrattenevano rapporti di deposito. Per quanto riguarda la richiesta di servizi di pagamento essa era limitata all’utilizzo degli assegni. Lo sviluppo del mercato dei titoli di stato ha reso i risparmiatori più sensibili al rendimento, rappresentando un’iniezione di concorrenza per le banche, che sono state costrette ad iniziare a praticare politiche di discriminazione del prezzo in relazione all’elasticità della domanda. Il miglioramento del livello conoscitivo degli strumenti messi a disposizione, l’esigenza di una più equa distribuzione dei flussi di risparmio nel tempo, conseguentemente al prolungamento della vita media degli individui, la diffusione di processi imitativi nei modelli di consumo, anche se non sempre coerenti con il livello del reddito disponibile, hanno portato rilevanti cambiamenti nella domanda di servizi finanziari che origina dalle famiglie. È quindi stato opportuno procedere ad una nuova classificazione dei bisogni finanziari: servizi di incasso e pagamento, investimento, finanziamento, assicurazione e previdenza. Di conseguenza anche il ruolo dell’intermediario bancario è cambiato, è più orientato a perseguire una politica di diversificazione strategico- operativa che , al di là dei segmenti di clientela prescelti, gli consenta di garantire un’offerta di servizi /prodotti completa, volta al soddisfacimento globale dei bisogni finanziari dei propri clienti. in quest’ottica la natura consulenziale prende il sopravvento sugli aspetti tecnico-operativi che dominavano precedentemente il rapporto banca-cliente: l’integrità e

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la completezza dei consigli e la continuità nel tempo di tale rapporto divengono gli elementi fondamentali sui quali costruire l’intera politica di vendita nei confronti dell’utente famiglia.

La fidelizzazione della clientela, la personalizzazione del rapporto, l’individuazione di una politica di prodotto rispondente alle esigenze, anche non strettamente finanziarie, dell’utente dei servizi bancari, rappresentano le linee generali d’azione lungo le quali gli enti creditizi si stanno muovendo. Tre sono le principali politiche adottate: segmentazione delle famiglie in classi di potenziali utenti (donne, giovani, bambini, pensionati, stranieri…) e creazione di specifici prodotti tagliati su misura, in relazione alle diverse esigenze caratterizzanti la classe in oggetto; diversificazione dell’offerta, ottenuta attraverso la creazione di pacchetti che uniscono a prodotti tradizionali determinati servizi innovativi, gratuitamente o a costi decisamente ridotti; attuazione di una promotion di tipo aggressivo, secondo canoni tradizionalmente usati dal settore della grande distribuzione, con l’ausilio di iniziative accattivanti quali concorsi a premio, regali, ecc.

La creazione di questi package ha così ridimensionato il ruolo del pricing nella politica di offerta a vantaggio del componente qualitativo del servizio. Vi è l’esigenza di instaurare un rapporto duraturo tra l’istituto e il singolo cliente, a tale proposito è ormai superata la politica delle convenzioni9, le quali sono prive di quel grado di personalizzazione necessario per la creazione di prodotti differenziati e mirati.

Un’altra componente che negli ultimi anni ha assunto via via importanza nell’impiego del risparmio finanziario delle famiglie è quella avente natura assicurativa previdenziale, ad integrazione o sostituzione delle sempre più incerte prestazioni future del servizio pensionistico pubblico. La tendenza delle banche ad inserirsi nel comparto assicurativo segue il desiderio di mantenere la centralità nel mercato delle attività finanziarie e di rafforzare i legami con la propria clientela, soprattutto con l’utenza privata; sono comunque le polizze vita ad avere la maggiore importanza, rappresentando ormai oltre un terzo della categoria altri prodotti e servizi offerti dalle banche alla propria clientela e questo successo è dovuto alla semplicità di impostazione , alla standardizzazione del prodotto, la quale non è in contrasto con le tendenze più recenti di personalizzazione: accanto all’esigenza di disporre di prodotti tagliati su misura, si fa pressante la necessità di semplificarli e renderli comprensibili e di ridurne i costi. Numerose indagini di mercato hanno dimostrato che la fedeltà di un cliente aumenta proporzionalmente con il numero di prodotti di diversa natura che acquista dal medesimo fornitore.

9 Le convenzioni sono accordi stipulati con aziende/enti per offrire ai loro dipendenti tassi e condizioni di particolare

vantaggi. W.G:Scott, Manuale, la domanda dell’utente famiglia, Manuale di Marketing Bancario, vol.1, Utet Libreria.

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Per quanto invece riguarda il rapporto banca - impresa questo tende sempre più a privilegiare i servizi distaccandosi dal tradizionale rapporto legato al solo finanziamento. Le imprese non vogliono solo prestiti ma puntano ad ottimizzare le transazioni commerciali e finanziarie chiedendo alle banche di presentarsi come FINANCIAL PROBLEM SOLVERS in grado di offrire ampiezza della gamma di servizi, velocità di esecuzione delle transazioni, semplificazione delle procedure, ricchezza di informazioni di supporto , elevato grado di riservatezza e sicurezza.

Per quanto concerne le grandi imprese, il ricorso esclusivo al credito bancario va comunque riducendosi per via delle aumentate possibilità di ricorso diretto ad un mercato del capitale di rischio più efficiente ma anche per la disponibilità di fonti di finanziamento alternative rappresentate da intermediari non bancari. Si parla però di un fenomeno piuttosto lento visto che ancora oggi la struttura finanziaria delle imprese italiane è centrata prevalentemente sui finanziamenti concessi da banche; gran parte delle società di leasing e delle società di factoring sono state costituite come diretta emanazione del sistema bancario; il Merchant banking ha sviluppato solo un importo marginale di investimenti in partecipazioni riguardanti medie imprese. Le imprese di piccole e medie dimensioni hanno aumentato le loro richieste di credito, nonché di assistenza e di consulenza finanziaria di base. Proprio le piccole e medie imprese hanno accresciuto il proprio peso nel portafoglio impieghi delle banche con un conseguente aumento, per le banche stesse,sia della rischiosità media che dei costi operativi.

Ciò evidenzia che la funzione di intermediazione svolta dalle banche tende a caratterizzarsi per contenuti nuovi. Si accresce la possibilità di erogare servizi di consulenza, servizi di gestione e servizi di negoziazione nell’ambito sia del mercato di credito sia di quello mobiliare. Per le banche si configurano nuove funzioni di intermediazione quali quella di broker,accanto a quella di dealer maker nell’ambito del processo di raccolta impieghi.

Per soddisfare le esigenze dei diversi segmenti di clientela e per rispondere alla diversificazione dei mercati finanziari, le banche avvalendosi dell’introduzione nel nostro ordinamento della disciplina del gruppo creditizio (L.218 del 30 luglio 1990 e d.lgs.356 del 20 novembre 1990) che permetteva di ampliare la capacità di coprire tutti i segmenti di mercato, hanno avviato la costituzione di gruppi polifunzionali comprendenti attività bancarie e parabancarie, organizzate in strutture ad holding.

Questo processo di diversificazione e’ stato accentuato dall’affermazione del modello di BANCA UNIVERSALE, reso possibile dalla seconda direttiva CEE10 in materia creditizia

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La II Direttiva Cee n. 646/1989 realizza la concreta attuazione del mercato unico europeo degli enti creditizi e si basa su due principi fondamentali: il principio dell’armonizzazione minima delle norme e il principio del reciproco

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(n.89/646) recepita dal d.lgs. 481 del 14 dicembre 1992, che permetteva alla banca lo svolgimento di nuove funzioni e di nuove forme di attività. Tale legislazione ampliando il raggio di intervento delle banche nel sistema finanziario rafforza la loro capacità di fronteggiare la crescente pressione competitiva derivante dall’entrata nel settore di nuovi intermediari.

Il concetto di HAUSBANK cioè di banca che entra gradualmente e in parte nel capitale e nella gestione dell’impresa cliente è un nuovo modello in forte sviluppo nei Paesi bonariamente più industrializzati (Inghilterra, Germania , Usa) .

Il recepimento della seconda direttiva CEE e l’entrata in vigore del D.L.385/1993 accentuando la specializzazione e abbattendo le barriere normative che segmentavano i mercati e introducendo la possibilità per le banche di acquisire direttamente partecipazioni in imprese industriali, contribuiscono ad avvicinare il sistema bancario italiano a quelli più evoluti.

Queste innovazioni stanno inoltre favorendo un aumento delle dimensioni medie attraverso la riduzione del numero complessivo di banche per effetto di fenomeni di concentrazione, fusione ed acquisizione da parte di grandi gruppi bancari internazionali.

In sostanza le banche possono scegliere tra due strutture organizzative: il gruppo bancario polifunzionale e la banca universale.

Il gruppo bancario polifunzionale è un modello organizzativo caratterizzato da un insieme di imprese bancarie, finanziarie, parabancarie o esercenti attività strumentali esplicitamente aggregate intorno ad una holding,cioè un’azienda capogruppo che ne detiene il controllo sia per rapporti contrattuali che per possessi azionari. Questa forma organizzativa presenta una pluralità di aziende che, pur se distinte sotto il profilo giuridico e societario, sono accomunate dal medesimo soggetto economico finale e da un unico disegno imprenditoriale. La holding può avere natura diversa: il ruolo di capogruppo può essere esercitato da una azienda bancaria (holding mista), oppure da una società finanziaria( holding pura), ma indipendentemente da questo essa è chiamata alla gestione unitaria di quelle aree in cui il potenziale di sfruttamento delle sinergie e delle economie di scala è più elevato( ad es. le risorse umane, i sistemi

riconoscimento. Il riconoscimento reciproco implica che l’autorizzazione a costituirsi e ad operare quale ente creditizio, rilasciata ad un soggetto giuridico da parte delle autorità competenti di un paese membro è ritenuta valida e viene riconosciuta in tutti gli altri paesi membri della comunità. Questo anche come conseguenza del primo principio, e cioè una situazione nella quale le regole e i requisiti per la costituzione di un ente creditizio e per l’esercizio del credito sono armonizzati e omogenei nei diversi paesi membri. Esso implica anche che l’ente creditizio di un Paese membro possa operare nel territorio di altri Paesi membri in base alle norme in vigore nel proprio paese.

Altro principio sancito dalla II Direttiva Cee è quello dell’armonizzazione minima, ossia si ritiene sufficiente armonizzare le regole essenziali considerando le altre regole degli altri paesi comunitari valide e applicabili nel proprio territorio.

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informativi, gli affari legali,ecc.)

Al contrario la banca universale è un organismo giuridico unico che da solo può raccogliere il risparmio ed esercitare il credito senza limiti di durata, di destinazione e di forma tecnica, nonché di svolgere ogni altra forma di attività finanziaria che non sia per legge riservata a determinati intermediari(fondi comuni,Sim). La banca universale è identificabile con una banca che può operare direttamente in tutti i servizi finanziari e detenere, nei sistemi bancari che lo consentono, partecipazioni in altri istituti di credito e in imprese non bancarie. Essa e’ generalmente una banca di grandi dimensioni, poiché in corrispondenza di dimensioni ridotte non si realizzerebbero economie di scala, quelle di produzione congiunta sarebbero modeste e risulterebbe difficile disporre di competenze sofisticate.

Tradizionalmente il gruppo bancario è considerato una formula organizzativa idonea a garantire condizioni di stabilità soddisfacenti, in quanto la separazione tra le società appartenenti al gruppo consente di isolare le attività in termini di rischio. Da questo punto di vista alla banca universale vengono associati maggiori rischi in termini di instabilità finanziaria.

Il gruppo polifunzionale consente di realizzare percorsi di crescita e di diversificazione in maniera esternalizzata. Per quanto riguarda la strategia di crescita il gruppo offre all’intermediario la possibilità di accrescere il proprio volume di attività o di espandesi territorialmente mantenendo la propria dimensione, la propria autonomia pertanto la strategia di crescita viene realizzata a livello di gruppo. Riguardo invece la strategia di diversificazione tale modello permette all’intermediario di differenziare la propria offerta senza essere costretto ad esercitare in prima persona nuove attività ma semplicemente attraverso l’inserimento nel gruppo di società che già le esercitano. Tra i vantaggi associati a tale modello è importante ricordare oltre alla maggiore flessibilità anche la sensibilità nel cogliere i segnali del mercato, grazie all’autonomia di cui le imprese del gruppo godono sia dalla specializzazione che esse mantengono, di fatti il gruppo polifunzionale si basa sulla presenza di più società specializzate e perciò caratterizzate da un forte collegamento con il mercato di competenza e da una capillarità notevole, che consente loro di cogliere anche le più deboli indicazioni offerte dal mercato. Inoltre il gruppo polifunzionale ha la possibilità di conseguire economie di specializzazione di sviluppare al suo interno capacità imprenditoriali di tipo polifunzionali, attraverso lo spostamento tra le varie società del gruppo le figure manageriali possono acquisire conoscenze nelle varie tipologie di attività esercitate all’interno del gruppo stesso.

D’altro canto gli svantaggi connessi al modello del gruppo polifunzionale sono le difficoltà e i costi di coordinamento e controllo.

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Le difficoltà di coordinamento e controllo delle società appartenenti al gruppo si manifestano con la presenza di duplicazioni tra gli intermediari nel senso che le loro attività anziché essere complementari si possono sovrapporre. Tuttavia i principali problemi di coordinamento e controllo sono legati sia alle possibili divergenze tra le politiche disegnate dalla capogruppo e le soluzioni adottate dalle controllate sia alle difficoltà di integrazione culturale e dello stile direzionale tra le varie società del gruppo ed in particolare tra la capogruppo e le controllate. Si ha cioè difficoltà a conciliare la posizione indipendente delle singole unità con il potere, riconosciuto alla capogruppo,di svolgere una funzione di orientamento e di uniformità di comportamento. Altro svantaggio legato a questa struttura è la maggiore difficoltà di trasferimento dei dati tra una componente e l’altra e la scarsa probabilità di conseguire economie di scopo,derivanti dalla riduzione dei costi tramite un impiego trasversale delle risorse.

Per quanto riguarda invece la banca universale, dato che si parla di un’unica azienda, si ha una maggiore coesione tra le varie unità della banca, un più efficace coordinamento delle diverse attività e l’applicazione di una cultura bancaria più omogenea che consente di minimizzare il rischio di duplicazioni e sovrapposizione nelle operazioni ma anche la presenza di costi di coordinamento,di controllo, di rigidità e di compromesso. La banca universale, essendo in grado di offrire tutti i tipi di servizi finanziari, può avere una visione più ampia delle esigenze della sua clientela e instaurare con essa rapporti di lungo periodo.

L’adozione del modello di banca universale comporta anche i vantaggi collegati alle economia di scala e alle economie di scopo, per quanto riguarda queste ’ ‘ultime esse derivano da un risparmio dei costi legato all’utilizzo congiunto delle risorse nello svolgere attività diversificate. Ad esempio si ottengono economie di scopo utilizzando la stessa rete distributiva per offrire prodotti diversi, oppure distribuendo i costi di amministrazione di un cliente sulla pluralità dei rapporti finanziari diversificati instaurati con il cliente stesso.

Per quanto concerne le economie di scala, esse derivano dalle notevoli dimensioni aziendali e dai grandi volumi produttivi che generalmente caratterizzano la banca e che consentono un risparmio di costi legato ad una intensificazione dell’impiego delle risorse.

Anche il modello della banca universale presenta però dei limiti legati alle sue caratteristiche dimensionali e di diversificazione. Innanzitutto presenta una notevole complessità gestionale. Esiste di fatti la possibilità che si manifestino dei conflitti di interesse tra l’intermediario e la propria clientela, in quanto esercitando attività di natura diversa ed essendo impegnata contemporaneamente in più aree di intermediazione finanziaria (impieghi, depositi, detenzione e negoziazione di titoli) si trova spesso a dover scegliere se tutelare i propri interessi o quelli della

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clientela.

Altro rischio tipicamente organizzativo può essere quello di creare una struttura talmente grande da diventare eccessivamente rigida. Per superare questo inconveniente una delle possibili soluzioni è offerto dal modello della banca universale mista o del gruppo misto, il quale raccoglie il principale vantaggio della banca universale e cioè quello di poter svolgere all’interno la maggior parte delle attività realizzando la gestione unitaria di quasi tutte le relazioni con la clientela sotto l’aspetto sia distributivo sia dell’offerta integrata di servizi creditizie finanziari. Tuttavia esso ammette che vi possano essere gestioni separate di alcune attività che non consentono sufficienti economie di produzione congiunta. La banca universale può mantenere l’esercizio in prima persona di quelle attività che sono più convenienti da punto di vista organizzativo e delle economie di costo, e affidare le altre a società di cui detiene il controllo guadagnando così in termini di flessibilità.

Inoltre la banca universale, nell’esercizio di attività così diversificate,corre il rischio di non riuscire a raggiungere un omogeneità qualitativa. Può accadere che l’intermediario non riesca ad ottenere un livello qualitativo analogo per tutti i servizi offerti alla clientela,rischiando così di compromettere immagine della banca anche in relazione a quelle attività per le quali essa è riuscita a distinguersi positivamente sul mercato.

Evoluzione tecnologica che negli ultimi anni ha consentito alla banca di dare vita ad un processo di innovazione continua del sistema produttivo/distributivo e della tipologia di prodotti e servizi offerti, grazie ad una conoscenza più accurata del mercato ed alla disponibilità di tecnologie di elaborazione di dati e informazioni di supporto decisionale alle attività commerciali e di marketing.

L’evoluzione tecnologica ha consentito di ridurre i costi operativi migliorando la redditività e i tempi di realizzo attraverso l’automazione delle attività ripetitive e la riduzione dei costi nascosti dovuti agli errori umani.

Il management bancario cerca di recuperare sia efficienza operativa sia efficacia del posizionamento di mercato attraverso un maggiore e migliore utilizzo delle tecnologie informatiche. L’erosione dei livelli di redditività dovuta alla crescente competitività del settore ed agli overhead costs (costi cioè legati alle infrastrutture, al BackOffice, alle procedure e alla rete di distribuzione) sta spingendo le banche a ripensare l’utilizzo delle tecnologie informatiche e delle telecomunicazioni.

Le tecnologie vengono sempre più impiegate come strumenti per : erogare il servizio allo sportello;ampliare la rete distributiva bancaria (es. sistemi atm, pos e home banking); migliorare

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le comunicazioni con l’ambiente esterno e il rapporto informativo con la clientela (es. servizi informatici on line); fornire un adeguato supporto al processo decisionale e direzionale interno alle diverse unità organizzative. L’information tecnology è quindi per il management bancario un mezzo importante per migliorare la capacità competitiva, accrescere il tasso di innovazione di prodotto, ridurre le barriere organizzativo - gestionali, migliorare la qualità dei processi decisionali, livellare i costi di struttura e minimizzare i costi di gestione.

Se da un lato l’innovazione tecnologica rappresenta un’opportunità di vantaggio competitivo ampliando l’area di attività tradizionale della banca in termini di differenziazione e diversificazione dei prodotti e dei mercati, dall’altro però ridimensiona l’importanza del fattore localizzativo, favorendo l’ingresso di nuove istituzioni in mercati tradizionalmente dominati dalle banche. La tecnologia continua a modificare la natura stessa dell’attività bancaria e finanziaria con l’introduzione di nuovi prodotti e di nuovi processi. Il tradizionale rapporto cliente-operatore bancario tende a cambiare a seguito dello sviluppo dell’electronic banking con la conseguente riduzione d’importanza del presidio territoriale da parte della banca.11

Le tecnologie dell’informazione hanno fatto il loro ingresso nel settore bancario sin dagli anni sessanta, con l’installazione di elaboratori di grandi dimensioni, in grado di gestire in modo sempre più veloce ed efficiente gli elevati volumi di informazioni tipici dell’attività creditizia e finanziaria. Nel corso dei decenni successivi le tecnologie hanno seguito un processo incessante di sviluppo assumendo un ruolo decisivo nel trasformare sia i processi operativi che i prodotti e i servizi offerti al mercato. Dagli anni ’60 le operazioni amministrative derivanti dalle transazioni effettuate con la clientela sono state gradualmente automatizzate portando benefici soprattutto nella struttura dei costi di produzione del servizio bancario senza però modifiche significative in termini di valore percepito dal cliente. Verso l’inizio degli anni ‘70 si ha la diffusione dei terminali on line impiegati per l’automazione delle attività di front office,migliora così la qualità del servizio offerto sia sotto il profilo delle funzioni, della rapidità che della sicurezza. I benefici non si sono limitati all’interno della struttura, ma hanno iniziato a manifestarsi in modo direttamente percepito dal cliente, cioè l’innovazione tecnologica ha iniziato a trasferirsi dal processo al prodotto.

La fase più avanzata dell’innovazione tecnologica consiste nella completa automazione del processo di fruizione del servizio bancario da parte del cliente. La transazione avviene in forma elettronica attraverso una rete di terminali (atm e pos) accessibili da parte dei clienti attraverso

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apposite carte oppure tramite sistemi di telephone banking, home banking. Tutto ciò comporta il superamento del sistema tradizionale di distribuzione dei servizi bancari fondato sullo sportello: basti pensare agli atm e ai pos installati presso punti di vendita al dettaglio, aeroporti, alberghi.

Indubbiamente il costo dello sviluppo di network in grado di raggiungere i clienti è elevato, sono necessarie ingenti modifiche per garantire la sicurezza determinando così un aumento dei costi fissi. Per coprire tale aumento diventa necessario incrementare i volumi di attività così come è altrettanto necessario da parte degli operatori monitorare costantemente le innovazioni tecnologiche e le tendenze del mercato in modo da pervenire ad una equilibrata valutazione dei gradi di automazione che si possono applicare nel business bancario.

Le banche italiane nonostante gli ingenti investimenti non sembrano ancora all’altezza delle banche internazionali, in quanto si caratterizzano per una combinazione di fattori produttivi più orientata al lavoro tradizionale e meno all’impiego di tecnologia elettronica e per un minor peso degli investimenti informatici e per una minore dotazione di tecnologie per dipendente.

Accresciuto livello di competizione e globalizzazione dei mercati dovuto non solo all’integrazione del mercato europeo e alla nascita o sviluppo di nuovi intermediari finanziari (società finanziarie, compagnie di assicurazione, fondi pensione ecc.) ma anche all’adozione di nuove strategie basate su forme di crescita sia interna ( estensione della rete di sportelli, ampliamento gamma di prodotti) che esterna (accordi di collaborazione,partecipazioni incrociate,fusioni, incorporazioni ) nel tentativo di intervenire sulla struttura dei costi operativi e di rafforzare la rete operativa al fine di assecondare il forte impulso all’orientamento al mercato. Obiettivo di questa progettazione strategica è quello di riorientare l’impresa banca intorno ai fondamentali processi orizzontali ( soddisfacimento dei clienti, fornitura di nuovi servizi e prodotti, miglioramento qualitativo dell’offerta ), di innovare il rapporto con la clientela per incontrare in maniera efficace le esigenze specifiche dei diversi segmenti di mercato e una gestione di marketing fondata sul principio della “BANCA SUPERMARKET” , il quale ha prodotto una accentuazione della price competition all’interno del sistema bancario.

L’ampliamento della gamma di prodotti, migliorando qualitativamente l’offerta ne ha però provocato una omogeneizzazione con il conseguente ricorso a politiche di prezzo aggressive per acquisire nuove quote di mercato.

Sono sempre più numerosi sul mercati gli intermediari finanziari non bancari e operatori non tradizionali che mirano a soddisfare i bisogni della clientela attraverso l’offerta di credito alle piccole imprese, di servizi di leasing e di factoring, di sistemi di carte di credito, di fondi di

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investimento, di servizi di gestione,di portafogli ecc. Si tratta di operatori che occupano una posizione privilegiata poiché sfruttano un rapporto ormai consolidato con la clientela.

È possibile parlare di una diminuita centralità delle aziende di credito nel sistema finanziario per effetto di un accentuato fenomeno di disintermediazione sia dal lato dell’attivo sia dal lato del passivo. Di fatto questi nuovi concorrenti mirano ad accaparrarsi flussi di deposito altrimenti destinati alle banche e via via restringono i margini di manovra delle aziende di credito anche dal lato degli impieghi.

La globalizzazione sgretola barriere geografiche, politiche, normative e culturali consolidatesi lungo decenni, con effetti a catena sui comportamenti finanziari di privati e imprese. Mercati locali protetti da consolidate consuetudini vengono di colpo resi globali per effetto delle comunicazioni di massa, della mobilità delle persone, della maggiore diffusione della cultura economico-finanziaria. A questo fenomeno di disintermediazione sta contribuendo anche l’accresciuta mobilità del risparmio delle famiglie, diventata particolarmente sensibile alle condizioni di remunerazione.

Nuovi fattori di competizione non più legata solo ad immagine e flessibilità ma soprattutto al servizio e alla capacità e rapidità di soluzione dei problemi dei clienti. Si assiste perciò ad un profondo cambiamento dei fattori critici di successo, cioè variabili esterne o interne dalle quali dipende la capacità della banca di conseguire risultati a livello reddituale ,ossia la capacità della banca di produrre livelli di reddito in grado di remunerare il capitale detenuto dagli azionisti, il personale dipendente, i terzi finanziatori e di supportare lo sviluppo della banca stessa, a livello competitivo in termini di quota di mercato detenuta dall’azienda di credito nel mercato di riferimento, di leadership tra i diretti concorrenti e di grado di soddisfazione della clientela; a livello sociale in termini di capacità di garantire la difesa del pubblico interesse.

Se in passato la competizione del mercato del credito si giocava prevalentemente sul piano dell’immagine, della sicurezza e dell’affidabilità oggi si fonda sempre più su fattori come:

 ampiezza gamma di servizi;

 livello di personalizzazione e innovazione del servizio,ovvero la capacità della banca di anticipare il sorgere di nuovi fabbisogni del mercato offrendo nuovi servizi per lo specifico segmento di clientela;

 rapporto prezzo costo;  efficace gestione del rischio;

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l’efficacia attesa dal cliente;

 la capacità di identificare con precisione i problemi della clientela e risolverli rapidamente. Trend crescente dei costi per la crescita dei costi di struttura sempre più rigidi e non ribaltabili facilmente sui ricavi.

1.3 La banca nel mercato competitivo: banca market oriented .

Le forze del cambiamento esaminate hanno determinato nel volgere di pochi anni profonde modifiche nel nostro sistema bancario ed un impatto rilevante sul modo di “fare banca”, imponendo una serie di analisi in termini di posizionamento sul mercato,strategie competitive,assetti organizzativi,sistemi di pianificazione e controllo. In particolare la revisione delle strategie si rende necessaria allo scopo di contrastare gli effetti dell’accresciuta concorrenza, il rischio di una minore stabilità ed esclusività nei rapporti con la clientela, la maggiore difficoltà nell’attuare con successo politiche di differenziazione del prodotto in presenza di una accresciuta varietà dell’offerta.

Tutti questi cambiamenti hanno indotto le banche ad abbandonare la loro staticità e a rivedere comportamenti consolidati spostandosi verso strategie caratterizzate da una maggiore articolazione delle proprie relazioni prodotto mercato. In questa situazione le banche devono elaborare politiche di sviluppo che privilegino il rapporto con l’utente, i cui bisogni e aspettative devono essere costantemente tenuti presenti nella definizione dei prodotti e nell’offerta dei servizi.

La banca deve conoscere i propri clienti analizzandone il comportamento:

 deve individuare le sue abitudini in relazione all’evolversi del contesto economico sociale e del tenore di vita generale,

 deve conoscere come il cliente giudica la banca affinché questa riesca a godere di fiducia e a essere preferita ad altre;

 deve scoprire le motivazioni che inducono al risparmio e quelle che fanno propendere verso un certo tipo di risparmio;

 deve trasformare lo sportello da terminale della rete di raccolta della materia prima a punto di vendita e di sviluppo dei rapporti con il pubblico;

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e l’efficacia della sua azione sul mercato.

Si tratta di passare da un orientamento al prodotto basato sulla sequenza

SVILUPPO INNOVAZIONE DI PRODOTTO  CLIENTELA

ad un orientamento al mercato basato sulla sequenza

ANALISI PRESENTA ESIGENZE => INNOVAZIONE PRODOTTO => ZIONE AL DELLA CLIENTELA MERCATO

La banca adottando un orientamento al mercato passa dal suo ruolo tradizionale di istituzione a quello di impresa con l’affermazione di valori quali risultato, merito, responsabilità, rischio, qualità, redditività, gestione del personale inteso come risorsa strategica.

La banca si trova così in una realtà di mercato in cui il successo non si basa più solo sulla capacità di vendere prodotti e servizi, che essa è in grado di produrre, ma sulla capacità di soddisfare le richieste della clientela meglio dei concorrenti. Se prima era il cliente ad andare da uno sportello all’altro della propria banca per prendere quanto disponibile,oggi sono le aziende di credito a doverlo raggiungere per soddisfare le sue necessità.

C’è la necessità di superare la convinzione che “il cliente che si lamenta ha sempre torto” per sostituirla con l’idea che “il cliente che si lamenta è stato trascurato” ed è quindi necessario porvi rimedio.

Orientamento al mercato non significa perseguire il soddisfacimento dei bisogni espressi del generico consumatore ma procedere ad una segmentazione del mercato globale per determinare la composizione del mercato obiettivo, verso cui si ritiene opportuno rivolgere la propria attenzione e le proprie risorse, in coerenza con gli obiettivi strategici che la banca si è preliminarmente data. Per segmento si intende un sub mercato composto da potenziali clienti omogenei tra loro per caratteristiche demografiche, socio economiche, psicologiche. Affinché un segmento sia economicamente valido per l’azienda deve essere suscettibile di misura e di valutazione quantitativa; deve rappresentare un’opportunità sufficientemente grande da avere una

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