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Accreditamento istituzionale ed evoluzione delle normative nazionali e regionali. Confronto tra Lombardia ed Emilia-Romagna, Lazio, Toscana e Veneto

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Academic year: 2021

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POLITECNICO DI MILANO

Scuola di Ingegneria Industriale e dell’Informazione

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Biomedica

Accreditamento istituzionale ed evoluzione delle

normative nazionali e regionali. Confronto tra

Lombardia ed Emilia-Romagna, Lazio, Toscana e

Veneto.

Relatore: Prof. Marcello Crivellini

Correlatore: Dr. Romeo Penzo

Tesi di Laurea Magistrale di:

Valentina Melocchi

Matricola: 921402

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Sommario

Il rapporto tra settore pubblico e privato nella sanità lombarda è da anni tema di dibattito per via della percezione della presenza sempre più rilevante del privato con il timore di possibili ripercussioni negative sulla sanità pubblica. Ma quale è la presenza del privato rispetto al pubblico? Esistono differenze con le altre Regioni? Il privato deve rispettare dei vincoli, oppure esiste un meccanismo di pura competizione? Per poter rispondere a queste domande e soprattutto valutare il ruolo programmatorio del soggetto pubblico è necessario dapprima comprendere il contesto, ovvero l’insieme di normative nazionali e regionali. Per questo motivo, si partirà dall’evoluzione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), dall’istituzione nel 1978 alla riforma del 1992/1993 che sancì il passaggio dalle convenzioni all’accreditamento. Mentre le prime due fasi del processo di accreditamento sono comunque obbligatorie per tutte le strutture sanitarie, quelle che vogliono far parte del SSN devono superare un’ulteriore fase, definita accreditamento istituzionale. L’accreditamento istituzionale viene gestito dalle Regioni che sono libere di aggiungere requisiti più stringenti di quelli imposti a livello nazionale e che hanno il compito di correlare questa fase alla programmazione regionale al fine di garantire uniformità di servizi sull’intero territorio, limitare l’eccesso di consumo sanitario e vigilare sull’equità della competizione tra le strutture pubbliche e quelle private. Il primo scopo della tesi è pertanto analizzare le scelte di gestione in materia di accreditamento istituzionale adottate da Emilia – Romagna, Lazio, Lombardia, Veneto e Toscana, descrivendone l’evoluzione ed effettuando il confronto tra le procedure attualmente in vigore. Il secondo scopo è capire come l’accreditamento istituzionale delle strutture private sia stato utilizzato dal 1997 al 2018, confrontando le scelte adottate dalla Regione Lombardia con quelle delle altre Regioni analizzate. A questo fine si effettuerà un’analisi economica e un’analisi dimensionale del settore. Nell’analisi economica verranno esposti i dati relativi alla percentuale del finanziamento sanitario e alla spesa pro capite che le Regioni poste a confronto destinano al settore privato accreditato evidenziandone i cambiamenti dal 2002 al 2018, anche scomponendo la spesa per privato accreditato in diversi aggregati. L’analisi economica coinvolgerà inoltre il settore pubblico e la medicina generale convenzionata, offrendo in questo modo una visione più completa dell’intero sistema.

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Si passerà quindi all’analisi dimensionale: percentuale e numero di strutture private accreditate di assistenza ospedaliera, specialistica, semi – residenziale, residenziale e riabilitativa; per l’assistenza ospedaliera e riabilitativa verranno considerati anche i dati relativi alla percentuale e al numero dei posti letto accreditati. Nelle “Conclusioni” si cercherà di individuare le risposte alle domande poste, mostrando le differenze riscontrate tra Lombardia e le altre Regioni analizzate; si cercherà inoltre di spiegare perché il privato accreditato si sia maggiormente sviluppato nell’assistenza distrettuale anziché ospedaliera e come la competizione tra il settore pubblico e privato possa esser gestita. Verranno inoltre forniti alcuni spunti per futuri lavori e si cercheranno di evidenziare le principali differenze del modello di gestione dell’accreditamento adottato in Lombardia e le sue conseguenze sulla presenza della sanità privata accreditata.

Abstract

(English version)

The relationship between the public and private sectors in Lombardy's health care system has been the subject of debate for many years now because of the perceived growing presence of the private sector and the fear of possible repercussions on public health care. But how does the private sector compare with the public sector? Are there differences with other regions? Does the private sector have to respect constraints, or is there a mechanism of pure competition? In order to be able to answer these questions, and above all to assess the planning role of the public sector, it is first necessary to understand the context, so the set of national and regional regulations. For this reason, we will start from the evolution of the National Health Service (NHS), from its establishment in 1978 to the reform of 1992/1993 which sanctioned the passage from conventions to accreditation. While the first two phases of the accreditation process are in any case compulsory for all healthcare facilities, those that want to be part of the NHS must pass a further phase, defined as institutional accreditation. Institutional accreditation is managed by Regions, which are free to add more stringent requirements than those imposed at a national level and which have the task of correlating this phase with regional planning in order to guarantee uniformity of services throughout the territory, to limit excess health consumption and to oversee the

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fairness of competition between public and private facilities. The first aim of the thesis is therefore to analyse the management choices regarding institutional accreditation adopted by Emilia-Romagna, Lazio, Lombardy, Veneto and Tuscany, describing their evolution and comparing the procedures currently in force. The second aim is to understand how institutional accreditation of private facilities has been used from 1997 to 2018, comparing the choices adopted by Lombardy with those of the other Regions analysed. To this end, an economic and a dimensional analysis of the sector will be carried out. In the economic analysis, the data relative to the percentage of the health financing and to the per capita expenditure that the Regions under comparison allocate to the accredited private sector will be shown, highlighting the changes from 2002 to 2018, also breaking down the expenditure for accredited private in different aggregates. The economic analysis will also involve the public sector and general medicine, thus offering a more complete vision of the entire system. We will then move on to the dimensional analysis: percentage and number of accredited private structures of hospital, specialist, semi-residential, residential and rehabilitative assistance; for hospital and rehabilitative assistance the data relative to the percentage and number of accredited beds will also be considered. In the "Conclusions" an attempt will be made to identify the answers to the questions posed, showing the differences found between Lombardy and the other Regions analysed; an attempt will also be made to explain why the accredited private sector has developed more in district care than in hospital care and how competition between the public and private sectors can be managed. Some suggestions for future work will also be given and an attempt will be made to highlight the main differences in the accreditation management model adopted in Lombardy and its consequences for the presence of accredited private healthcare.

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Indice

1. Dalle concessioni all’accreditamento ... 1

1.1 Legge n. 883/1978: istituzione del Servizio Sanitario Nazionale ... 1

1.2 Decreti Legislativi n.502/1992 - n.517/1993 e successive integrazioni ... 3

1.3 Il processo di accreditamento secondo la legislazione nazionale ... 5

1.3.1 Autorizzazione alla realizzazione ... 6

1.3.2 Autorizzazione all’esercizio ... 7

1.3.3 Accreditamento istituzionale ... 8

1.3.4 Accordi contrattuali ... 10

2. Scelte organizzative di accreditamento istituzionale in cinque Regioni ... 11

2.1 Emilia-Romagna ... 13

2.2 Lazio ... 19

2.3 Lombardia ... 25

2.4 Toscana ... 30

2.5 Veneto ... 36

3. Confronto normativo tra realtà regionali ... 41

4. Confronto economico ... 47

4.1 Settore pubblico ... 48

4.2 Settore medicina generale convenzionata ... 50

4.3 Settore privato accreditato ... 52

4.3.1 Farmaceutica convenzionata ed altre prestazioni ... 55

4.3.2 Altre prestazioni: assistenza integrativa e protesica, riabilitativa, specialistica, ospedaliera ed altre forme di assistenza dal 2004 al 2012... 59

5. Confronto dimensionale ... 71

5.1 Assistenza ospedaliera... 72

5.2 Assistenza distrettuale ... 83

5.2.1 Altra tipologia di assistenza territoriale ... 83

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5.2.3 Assistenza semi-residenziale ... 88

5.2.3 Assistenza residenziale ... 90

5.2.4 Assistenza riabilitativa ... 93

6. Conclusioni ... 98

Indice delle Figure ... 104

Indice degli Allegati ... 107

Bibliografia ... 107

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1. Dalle concessioni all’accreditamento

1.1 Legge n. 883/1978: istituzione del Servizio Sanitario

Nazionale

Prendendo come modello il National Health Service inglese, nel 1978 fu approvata la legge n.883 che sancì la nascita del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano, una riforma che cambiò profondamente diversi aspetti del sistema. Con la nascita del SSN la copertura sanitaria divenne un diritto legato alla cittadinanza dal quale non ci si può svincolare nel senso che, al diritto della copertura sanitaria, si affiancò il dovere di finanziare il sistema sanitario attraverso tassazione generale. Dunque, ne consegue che, il costo della copertura sanitaria non dipende dallo stato di salute del cittadino, ma dal reddito, secondo la progressione delle aliquote fiscali [1]. Un’altra caratteristica fondamentale del SSN è la sostanziale gratuità delle prestazioni sanitarie erogate, a meno di quote di compartecipazione previste. L’erogazione dei servizi sanitari al cittadino veniva garantita da uno schema organizzativo caratterizzato da tre livelli:

a. livello centrale, composto da Parlamento e Governo, che, affiancato dal Consiglio sanitario nazionale e dall’Istituto Superiore di Sanità, doveva definire il fondo spettante al finanziamento del SSN e indicare gli obiettivi di salute da raggiungere mediante una programmazione triennale contenuta nel Piano Sanitario Nazionale; b. livello regionale, composto dalle singole entità regionali, cui spettava il compito di

attuare gli obiettivi indicati dal piano sanitario nazionale creando una programmazione regionale triennale finalizzata “alla eliminazione degli squilibri esistenti nei servizi e nelle prestazioni nel territorio regionale” (Art. 55 [2]);

c. livello locale, composto dall’insieme delle strutture e dei professionisti eroganti le prestazioni ed i servizi sanitari al cittadino.

In particolare, il livello locale era costituto dalle Unità Sanitarie Locali (USL), amministrate dai comuni di appartenenza; esse dovevano garantire i servizi di prevenzione, assistenza primaria, assistenza ospedaliera e specialistica anche attraverso la stipulazione di convenzioni con le istituzioni private, comunque vincolate a garantire “l’erogazione di

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prestazioni sanitarie non inferiori a quelle erogate dai corrispondenti presidi e servizi delle unità sanitarie locali” (Art. 44 [2]).

In questo sistema, il cittadino poteva esercitare il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura presso qualsiasi unità sanitaria locale (Art.19 [2]), mentre, per quanto riguarda le strutture private convenzionate, poteva richiedere l’erogazione di un servizio o di una prestazione solamente in caso di incapacità dell’USL di offrire tali servizi entro quattro giorni dalla richiesta [3]. Le strutture private, pertanto, erano concepite come una rete parallela a quella pubblica in quanto le convenzioni erano un mero metodo integrativo per espletare le funzioni richieste dallo Stato. Questa necessità di possedere una convenzione con una USL e il fatto che tali convenzioni venivano rilasciate unicamente in caso di necessità organizzative, limitò fortemente la presenza del privato nel settore sanitario e causò, pertanto, assenza in quegli anni del meccanismo della competizione, che invece sarà uno dei cardini dei decreti legislativi del 1992 e 1993. Lo schema riassuntivo del funzionamento del SSN secondo la L. n. 883/1978 è rappresentato in Figura 1.

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1.2 Decreti Legislativi n.502/1992 - n.517/1993 e successive

integrazioni

Sebbene la Legge n.883 del 1978 sancisse principi fondamentali quali la globalità delle prestazioni, l’universalità della copertura, l’eguaglianza di trattamento ed il rispetto della dignità e della libertà della persona [4], pochi anni dopo una riforma sanitaria si è resa necessaria per via della perdita degli equilibri economico – finanziari del sistema. Cause principali furono il meccanismo di finanziamento basato sulla spesa storica senza un controllo gestionale mirato, l’assenza di figure responsabili della gestione, nonché la spartizione partitica a livello di consigli comunali delle assunzioni, degli appalti e delle nomine [1].

La riforma sanitaria del 1992 – 1993 seguì, dal punto di vista legislativo, la procedura della legge delega e nello specifico, i decreti legislativi furono due: il n.502 del 30 dicembre 1992 e il n.517 del 7 dicembre 1993.

Numerose furono le innovazioni introdotte, sinteticamente riassumibili nei seguenti punti: a. scomparsa dei Comuni e trasferimento delle funzioni legislative ed amministrative

in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera alle Regioni e alle province autonome, oltre all’obbligo per queste di determinare i criteri di finanziamento per le strutture sanitarie (Art.2 [5]);

b. trasformazione delle USL in Aziende dotate di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica (Art. 3 Comma 1 [5]) c. identificazione delle responsabilità della gestione delle strutture nella figura del

Direttore Generale (Art.3 Comma 6 [5]);

d. modifica del sistema di finanziamento per le strutture sanitarie: dalla spesa storica al finanziamento a prestazione (Art.8 Comma 5 [5])

e. cessazione dei rapporti di convenzione (Art.8 Comma 7 [5])

La trasformazione delle USL in Aziende e il finanziamento a prestazione furono il vero motore del cambiamento. Le USL passarono da enti pubblici a realtà con una personalità giuridica pubblica, con l’obbligo di adottare la contabilità economica e di identificare le responsabilità di gestione nella figura del Direttore Generale, nominato dalla Regione di appartenenza e non dal Comune. L’obiettivo della riforma è quello di identificare e tenere

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traccia dei costi sostenuti dalle singole aziende sanitarie, alle quali spetterà una quota del finanziamento regionale sulla base delle prestazioni effettivamente erogate. Il costo della singola prestazione veniva deciso a livello nazionale secondo il cosiddetto sistema Diagnosis Related Group (DRG) – nella versione italiana Raggruppamenti Omogenei di Diagnosi (ROD) - (solo successivamente fu introdotta la possibilità di creare un sistema DRG regionale). Alle aziende sanitarie spettava il compito di erogare le prestazioni cercando di rientrare nel costo previsto dallo Stato. Si passa quindi da un sistema che finanziava i costi sostenuti indipendentemente dalla tipologia, numero e qualità dei servizi prestati, ad un sistema che costringe le strutture sanitarie sia ad essere efficienti per avere un ricavo maggiore dal rimborso nazionale prefissato, sia a migliorare la qualità dei servizi offerti per avere una attrattività maggiore sul panorama territoriale e dunque per poter erogare un numero maggiore di servizi. Si istaurò quindi un processo competitivo non solo tra strutture pubbliche, ma anche tra strutture pubbliche e private, rientranti, con la cessazione dei rapporti di convenzione stabiliti nel 1978, anche loro in questo mercato.

Riguardo a quest’ultimo aspetto, la cessazione dei rapporti di convenzione era già prevista nel punto l) dell’articolo 1 della legge delega n.421, approvata il 23 ottobre del 1992, che prevedeva norme volte, nell’arco del triennio successivo, alla “revisione e al superamento dell’attuale regime delle convenzioni […] al fine di assicurare ai cittadini migliore assistenza e libertà di scelta” [6].

Il sistema previsto dai D.lgs. 502 e 517 era dunque definibile come aperto, ovvero un sistema in cui tutte le strutture pubbliche e private erano tenute a richiedere la creazione e l’approvazione di nuovi accordi con il SSN e ad erogare prestazioni per suo conto, e in modo concorrenziale.

Nel 1994 ci fu una modifica importante: si passò da un sistema aperto e concorrenziale a un sistema basato sulla programmazione nazionale e regionale (Art.6 Comma 7 [7]); questo passaggio verso un sistema programmatorio venne esteso anche alle strutture private nel 1995 con la legge n.549 [8].

Lo schema riassuntivo del funzionamento del SSN successivamente al 1993 è rappresentato in Figura 2.

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1.3 Il processo di accreditamento secondo la legislazione

nazionale

Il D.lgs. n. 229 del 1999 confermò l’aspetto programmatorio dei finanziamenti regionali alle strutture sanitarie a contratto e delineò il quadro di riferimento normativo entro il quale le Regioni dovevano operare in relazione ai nuovi accordi.

In particolare, vennero definiti in maniera univoca i concetti di autorizzazione all’esercizio (i cui requisiti minimi erano già stati definiti nel 1997), accreditamento istituzionale, accordo contrattuale e venne introdotta l’autorizzazione alla realizzazione e/o trasformazione delle strutture (Art. 8-bis Comma 3 [9]), concetti che verranno trattati nei paragrafi successivi. Questi passaggi normativi validi dal 19 giugno 1999 per le strutture sia pubbliche che private, sono riassunti in Figura 3.

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1.3.1 Autorizzazione alla realizzazione

Introdotta con il D.lgs. n. 229 del 19 giugno 1999, l’autorizzazione alla realizzazione è un processo di valutazione da parte della Regione necessario non solo per la costruzione di nuove strutture, ma anche per l’adattamento a nuove funzioni di strutture già esistenti, nonché per l’ampliamento, trasformazione e trasferimento in altra sede di strutture sanitarie già precedentemente autorizzate (Art. 8-ter Comma 1 [9]).

L’autorizzazione alla realizzazione viene richiesta dalla struttura interessata al Comune di appartenenza, il quale la rilascerà successivamente alla verifica degli standard impiantistici Figura 3: Schema riassuntivo del processo di accreditamento a seguito del D.lgs. n.229/1999

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ed edilizi e alla verifica di compatibilità da parte della Regione basata sulla valutazione del fabbisogno complessivo e sulla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire l'accessibilità ai servizi e valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture (Art. 8-ter Comma 3 [9]). È evidente che la disposizione tende ad evitare che si abbia una irrazionale distribuzione delle strutture, ma soprattutto che un eccesso di strutture induca aumenti ingiustificati di prestazioni e di costi a carico del Servizio sanitario nazionale [10].

1.3.2 Autorizzazione all’esercizio

La seconda fase del processo di accreditamento è relativa all’ autorizzazione all’esercizio dei servizi e delle prestazioni in ambito sociosanitario. Secondo la Legge n. 883 del 1978 doveva essere la Regione, con l’emanazione di una apposita legge regionale, a disciplinare l’autorizzazione e la vigilanza sulle istituzioni sanitarie di carattere privato (Art.43 [2]); tuttavia, negli anni successivi diverse Regioni hanno continuato ad applicare la pregressa normativa statale definita nel Testo Unico delle leggi sanitarie del 1934 [10].

Una svolta avviene nel 1997 con l’emanazione del D.P.R del 14 gennaio, grazie al quale si ha la definizione dei requisiti minimi strutturali, tecnologici ed organizzativi che devono essere posseduti da tutte le strutture pubbliche e private al fine di esercitare l’attività sanitaria, permettendo in questo modo uniformità su tutto il territorio nazionale. Nello stesso decreto viene espresso l’obbligo per le Regioni di disciplinare le modalità di accertamento e verifica del rispetto di tali requisiti, che deve essere effettuata periodicamente con cadenza almeno quinquennale e ogni qualvolta che le Regioni ne ravvisino la necessità [11].

Le Regioni possiedono inoltre la libertà di definire ulteriori requisiti, volti ad assicurare che l’accreditamento sia funzionale alla programmazione sanitaria regionale e che la concorrenzialità tra strutture pubbliche e private sia finalizzata alla qualità delle prestazioni erogate, sempre secondo il criterio dell’eguaglianza dei diritti e dei doveri delle strutture sanitarie, quale presupposto per la libera scelta da parte del cittadino.

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1.3.3 Accreditamento istituzionale

La terza fase del processo dell’accreditamento, definita “accreditamento istituzionale”, concerne la valutazione sistematica e periodica della qualità delle prestazioni erogate non solo dalle strutture pubbliche, ma anche da quelle strutture private che vogliono entrare nel Servizio Sanitario Nazionale; l’aggettivo “istituzionale” si riferisce al fatto che questa fase è disciplinata da norme di legge nazionali con lo scopo di elevare le condizioni dell’intero sistema di erogatori per garantire ai cittadino lo stesso livello minimo qualitativo delle prestazioni ricevute.

L’accreditamento istituzionale viene rilasciato dalla Regione di competenza (Art. 8-quater Comma 1 [9]), cui spetta inoltre il compito di definire requisiti qualitativi ulteriori che le strutture devono rispettare (Art. 8-quater Comma 5 [9]) al fine di poter erogare prestazioni per il SSN.

Esistono tuttavia nello stesso decreto legislativo degli aspetti poco chiari:

• mancanza della definizione dei criteri con i quali stabilire i requisiti per l’accreditamento, richiedendo la stesura degli stessi entro 180 giorni dalla data del 19 giugno 1999;

• difficile definizione i criteri con cui valutare la funzionalità della struttura richiedente rispetto alla programmazione regionale, tanto che molte Regioni decisero di non tener conto di questo aspetto al fine di consentire una massima competizione sul mercato [10];

• la possibilità che le Regioni concedessero l’accreditamento in via provvisoria per il tempo necessario alla verifica del volume di attività svolto (in concordanza alle necessità territoriali) e della qualità delle prestazioni erogate (Art. 8-quater Comma 7 [9]).

Nel 2002 un’indagine della CNAQ (Commissione Nazionale per l’Accreditamento e la Qualità) ha permesso di avere un quadro preciso sullo stato di applicazione dell’accreditamento: è risultato che in quegli anni 16 Regioni avevano emanato atti per disciplinare tale processo, ma che, relativamente alla determinazione del fabbisogno regionale, solo 6 Regioni avevano dichiarato di averne tenuto conto per tutti i settori, 8 Regioni per alcuni settori, mentre 7 non lo avevano determinato. Solamente in 7 Regioni

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l’accreditamento ebbe forme di concretizzazione reale, ma solo in quattro di esse il processo giunse alla conclusione all’inizio del 2002 [12] .

Come detto, nel D.lgs. n.229 venne data alle Regioni la possibilità di concedere in via provvisoria l’accreditamento a tutte quelle strutture precedentemente convenzionate, in attesa delle verifiche necessarie. Il passaggio definitivo dell’accreditamento da transitorio a definitivo non fu però oggetto di attenzione da parte delle Regioni, tanto che a livello nazionale furono stabiliti termini precisi per la sua conclusione, ma di volta in volta prorogati. Un primo termine per le Regioni sottoposte a Piani di Rientro fu identificato nel 1° Luglio 2007, data prorogata al 1° Gennaio 2010 per le altre realtà regionali [13]. Una ricerca svolta da Agenas nel 2010 ha evidenziato una situazione ancora molto lontana dall’obiettivo sopra prefissato: le strutture sanitarie definitivamente accreditate erano solo il 54,1% del totale, mentre quelle provvisoriamente accreditate erano il 19,2% e quelle per cui il processo dell’accreditamento era stato appena avviato costituivano il rimanente 26,7% [1]. La necessità di una maggiore convergenza dei sistemi sanitari regionali di accreditamento e di una revisione di tale processo fu avvertita nel Patto per la Salute 2010 – 2012, all’interno del quale venne inoltre ribadita la necessità di concludere il processo per l’accreditamento definitivo delle strutture private già operanti per il SSN, termine prorogato in tale sede al 31 dicembre 2010 (Comma 2 [14]). Come successo precedentemente, tale data fu però temporalmente spostata in avanti prima al 1° gennaio 2013 [15] e poi al 31 ottobre 2014 [16]. Per le strutture sanitarie e sociosanitarie private non rientranti nella categoria di strutture ospedaliere e ambulatoriali venne mantenuto il termine previsto nel Patto per la Salute 2010 2012.

In linea con quanto previsto dal Patto per la Salute del 2010 – 2012, ci furono numerosi confronti tra le parti interessate che portarono all’ Intesa tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome del 20 dicembre 2012. Il risultato fu l’approvazione del documento denominato “Disciplinare sulla revisione della normativa dell’Accreditamento”, che definì otto criteri cardine che Regioni e Province autonome avrebbero dovuto da quel momento verificare e documentare nel proprio sistema di autorizzazione e/o accreditamento. Ogni criterio è composto da uno o più requisiti (per un totale di 28) esplicitanti campo di applicazione, livello di compliance e specifiche evidenze (per un totale di 238) utili a dimostrare la conformità al requisito stesso [17]. In particolare, gli otto criteri riguardano: l’attuazione di un sistema di gestione delle strutture sanitarie (composto da 6 requisiti), le prestazioni e i

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servizi erogati (5 requisiti), gli aspetti strutturali (2 requisiti), le competenze del personale (2 requisiti), la comunicazione (5 requisiti), l’appropriatezza clinica e la sicurezza (4 requisiti), i processi di miglioramento e innovazione (3 requisiti) e, infine, l’umanizzazione (1 requisito) [18]. I tempi di adeguamento da parte sia delle strutture sanitarie, sia delle Regioni e delle Province Autonome ai contenuti del documento sono stati identificati nell’Intesa del 19 febbraio 2015 in un periodo temporale di 12 o 24 mesi a seconda del requisito (Allegato sub A [25]). Un altro punto fondamentale definito durante l’Intesa del 19 febbraio 2015 riguarda l’impegno da parte di ogni realtà regionale ad istituire entro il 31 ottobre 2015 l’Organismo Tecnicamente Accreditante (OTA), organismo indipendente al quale dovrà essere affidato il compito della verifica dei requisiti e delle tempistiche definite nel documento sancito durante la stessa Intesa (Allegato sub B [19]).

1.3.4 Accordi contrattuali

L’ultima fase del processo di accreditamento è costituita dalla stipulazione di un contratto con il quale la struttura richiedente può iniziare ad erogare le prestazioni sanitarie concordate per il SSN. Come definito dal D.lgs. n.229/99, alle Regioni spetta il compito di individuare le responsabilità nella definizione degli accordi contrattuali e nella loro verifica, di emanare linee di indirizzo relativamente alle funzioni ed attività da potenziare e depotenziare, e di definire i criteri per la remunerazione delle strutture accreditate che hanno erogato volumi di prestazioni eccedenti il programma concordato (Art. 8-quinquies [9]).

Gli accordi contrattuali definiti dalla Regione e dalle USL con le strutture pubbliche e private devono indicare (Art. 8-quinquies [9]):

a. Gli obiettivi di salute e i programmi di integrazione dei servizi;

b. Il volume massimo di prestazioni che le strutture si impegnano ad assicurare, con la possibilità per le Regioni di individuare prestazioni per le quali stabilire la preventiva autorizzazione alla fruizione;

c. I requisiti del servizio da erogare, con particolare attenzione alla accessibilità, appropriatezza clinica ed organizzativo, tempi di attesa e continuità assistenziale; d. Il corrispettivo economico.

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2. Scelte organizzative di accreditamento

istituzionale in cinque Regioni

Nell’ambito dei principi fissati dai D.lgs. del 1992, 1993 e successive integrazioni, le Regioni sono libere di assumere le decisioni organizzative che più ritengono opportune per l’erogazione dei servizi sanitari sul loro territorio di competenza. In particolare, possono scegliere il modello organizzativo del sistema sanitario regionale, i valori economici dei DRG territoriali, l’eventuale modulazione dei ticket per i farmaci e/o servizi, la presenza di organismi di controllo sanitari regionali e la forma di gestione del sistema di accreditamento, di cui si parlerà in modo più esaustivo nel seguito (par.13.13 pag.480 [1]). Queste libertà di decisioni organizzative possono diventare uno strumento programmatorio atto a migliorare l’efficienza del servizio sanitario regionale; la scelta dei valori economici da attribuire ai DRG comporta ad esempio la possibilità di rendere più attrattive, attraverso un rimborso maggiore, prestazioni o servizi che risultano carenti all’interno del territorio rispetto all’esigenze di salute della popolazione residente, o viceversa, attraverso una riduzione del valore economico di uno o più DRG, può favorire il contenimento di quelle prestazioni che risultano essere numerose rispetto alle reali necessità. Con lo stesso obiettivo di tutelare la salute del cittadino, un altro strumento a disposizione è la modulazione dei ticket, con la quale si può contenere un eccessivo consumo sanitario, come, a titolo di esempio, il consumo farmaceutico.

Più complessa è la gestione del sistema di accreditamento, mezzo con il quale si può garantire l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza e che, al contempo, può essere utilizzato per incrementare la qualità dei servizi offerti tramite l’instaurazione di un regime concorrenziale tra le strutture inserite all’interno del sistema sanitario regionale. A livello di legislazione nazionale, come visto nel capitolo precedente, sono stati definiti una serie di requisiti generali e specifici per le varie fasi del processo, tuttavia spetta alle Regioni stabilire eventuali requisiti aggiuntivi e le tempistiche di adeguamento ad essi per le strutture all’interno del territorio di competenza. Dall’analisi delle leggi/delibere regionali in materia di accreditamento, si nota come le diversità regionali non si limitano all’aspetto appena descritto, ma comprendono un campo molto più vasto. Per capire in maniera più

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approfondita queste diversità, si è deciso di analizzare per le Regioni Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Toscana e Veneto questi aspetti:

A. Richiesta di accreditamento istituzionale:

1. Necessità di istanza corredata da un’autocertificazione del possesso dei requisiti richiesti;

2. Possibilità di richiedere l’accreditamento istituzionale contemporaneamente alla autorizzazione all’esercizio;

B. Istruttoria amministrativa: 1. Ente predisposto; 2. Tempistiche;

3. Correlazione dell’accreditamento con la programmazione regionale; C. Istruttoria tecnica:

1. Ente predisposto; 2. Tempistiche;

3. Antecedenza rispetto alla formalizzazione dell’accreditamento; D. Formalizzazione dell’accreditamento:

1. Ente predisposto; 2. Tempistiche;

3. Possibilità di ottenere l’accreditamento temporaneo; E. Durata:

1. Tempistiche; F. Verifiche successive:

1. Ente predisposto; G. Sanzioni:

1. Possibilità di sospensione e revoca dell’accreditamento.

L’analisi sopra definita è stata delineata sia per comparare le diverse scelte regionali attualmente presenti, sia per capire come il processo di accreditamento sia cambiato all’interno delle stesse negli ultimi venti anni. I dati relativi a quanto descritto verranno presentati nei paragrafi successivi.

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2.1 Emilia-Romagna

Per la valutazione delle modifiche apportate al processo di accreditamento dell’Emilia - Romagna, si è presa come data iniziale di riferimento il 12 ottobre 1998, giorno in cui è stata emanata la Legge Regionale n.34 descrivente le norme in materia di autorizzazione e accreditamento in attuazione del D.P.R del 14 gennaio 1997. La Legge Regionale in oggetto prevede che l’istanza di accreditamento può esser presentata, solo dopo aver ricevuto l’autorizzazione all’esercizio (Art. 2 Comma 1 [20]), alla Direzione Regionale competente in materia di sanità, la quale, avvalendosi della Agenzia Sanitaria Regionale, provvedeva alla verifica dei requisiti minimi individuati dal D.P.R. del 1997 (Art. 9 Comma 1 [20]); una autocertificazione è necessaria solo in caso di rinnovo dell’accreditamento. L’ente predisposto all’istruttoria amministrativa e tecnica è l’Agenzia Sanitaria Regionale che ha il compito di effettuare le verifiche necessarie e trasmettere una relazione sull’accreditabilità o meno della struttura alla Direzione Regionale competente (Art. 9 Comma 3 [20]); spettava all’Assessore Regionale competente in materia di sanità concedere o negare con proprio decreto l’accreditamento. Si prevede inoltre che il provvedimento definitivo debba avvenire entro sei mesi dalla ricezione dell’istanza (Art. 9 Comma 4 [20]) e che l’accreditamento possa essere concesso anche con prescrizioni (Art. 9 Comma 5 [20]); si presuppone che l’istruttoria tecnica possa avvenire anche posteriormente alla formalizzazione di questo processo. La L.R. n.34/1998 esplicita inoltre la necessità di verifiche sul mantenimento dei requisiti minimi necessari anche successivamente alla concessione dell’accreditamento, la cui durata è stabilita in 3 anni, al termine dei quali la struttura, se ancora interessata, può inviare un’istanza di rinnovo corredata da autocertificazione alla Direzione Regionale competente per il riavvio dell’iter sopra descritto.

Non è presente un richiamo alla programmazione regionale, che invece diverrà un requisito per l’accreditamento dal 2004 con la D.G.R. n.327, al seguito della quale nel 2008 venne emanata la Legge Regionale n.4. Le modifiche apportate nel 20008 sono limitate alle tempistiche relative sia alla conclusione del processo di accreditamento istituzionale, affidata al Direttore Generale competente, estesa da 6 a 9 mesi dalla ricezione dell’istanza (Art. 24 Comma 1 lettera a [21]), sia alla durata dell’accreditamento istituzionale, estesa da 3 a 4 anni (Art. 24 Comma 1 lettera b [21]). L’impianto dell’iter procedurale e dei soggetti incaricati dei vari passaggi non sono stati oggetto di cambiamento ed è stata inoltre mantenuta la

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possibilità di ottenere l’accreditamento in via transitoria – definito nel 1998 accreditamento provvisorio - con il vincolo di cessazione di tale rapporto entro e non oltre il 31 dicembre 2010 (Art. 23 Comma 3 [21]).

Nuove normative in materia di accreditamento furono emanate il 21 gennaio 2013 con la Delibera di Giunta Regionale n.53. La struttura complessiva dell’iter procedurale non venne modificata drasticamente, ci sono però aspetti innovativi degni di nota. Un primo cambiamento riguarda la protocollazione della richiesta e l’istruttoria amministrativa che verranno entrambe gestite dal Responsabile competente afferente alla Direzione Generale Sanità e Politiche Sociali (DGSPS) della Regione (par. 2.4 [22]). All’interno dell’istruttoria amministrativa, oltre alla verifica dell’autorizzazione dell’esercizio e alla valutazione della rispondenza della richiesta alla programmazione regionale, devono essere valutati i requisiti di onorabilità e moralità del titolare (par. 2.3.1 [22]), così come deliberato dalla Sentenza del Consiglio dello Stato n. 6938 del 17 settembre 2010. Una volta protocollata l’istanza di accreditamento, l’intero processo deve avere durata massimale di nove mesi, così come già definito dalla L.R. n.4/2008. Portata a compimento entro 45 giorni l’istruttoria amministrativa, il fascicolo inerente alla richiesta di accreditamento deve essere così inviato alla Agenzia Sanitaria e Sociale Regionale (ASSR) per la fase dell’istruttoria tecnica, da compiersi entro 175 giorni dal ricevimento della documentazione (par. 2.4 [22]); durante questa fase la ASSR richiede l’autocertificazione dei requisiti che la struttura doveva possedere in quel momento ed avvia successivamente apposite verifiche. In caso di esito positivo, il Responsabile del procedimento deve predisporre una proposta motivata di concessione o diniego dell’accreditamento e trasmetterla al Direttore della DGSPS regionale per l’adozione del conseguente provvedimento. È stata comunque mantenuta sia la possibilità di concedere l’accreditamento provvisorio in caso di nuove strutture o per l’avvio di nuove attività per il tempo necessario alla verifica del volume di attività svolto e della qualità dei servizi erogati (par. 4.2 [22]), sia la possibilità di revocare l’accreditamento in caso di gravi e ripetute violazioni a seguito di accertamenti da parte della ASSR.

Come descritto nel capitolo precedente, la necessità di rendere più omogeneo il processo di accreditamento tra le Regioni sfociò nell’Intesa Stato – Regioni e Province Autonome del 19 febbraio 2015. La Regione Emilia - Romagna formalmente la recepì con la Delibera di Giunta Regionale n.1604 il 26 ottobre 2015, all’interno della quale afferma quanto seguente:

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questa Regione è già operante un organismo tecnico con le caratteristiche ivi previste, nelle vesti dell'attuale Funzione accreditamento dell’Agenzia sanitaria e sociale regionale” [23].

In Emilia - Romagna si assistette quindi all’attribuzione dei doveri dell’OTA all’ASSR, mantenendo difatti un controllo regionale sui processi di verifica dei requisiti dell’accreditamento con la volontà di garantire imparzialità e trasparenza. La normativa attuale in materia di accreditamento è stata emanata il 6 novembre 2019 con la Legge Regionale n.22, la quale recepisce la costituzione dell’OTA, stabilisce i criteri per la selezione di eventuali valutatori aggiuntivi e, al fine di garantire coerenza e continuità tra gli enti predisposti all’accreditamento, istituisce la figura del Coordinatore Regionale per l’autorizzazione e l’accreditamento. Quest’ultimo è nominato tra i Responsabili della Direzione Generale competente in materia di sanità, che vede tra i suoi compiti quello di definire i criteri di priorità per l’effettuazione dei controlli e quello di dare mandato all’OTA per l’effettuazione delle verifiche di competenza (Art. 3 Comma 3 [24]). Il Coordinatore Regionale assume pertanto il compito dell’istruttoria amministrativa, delegando ad OTA, rappresentato dal Direttore della ASSR ed eventuali collaboratori, l’istruttoria tecnica da completarsi entro i sei mesi successivi alla formalizzazione dell’accreditamento (Art. 15 Comma 4 [24]). Si passa pertanto da un’istruttoria tecnica antecedente al completamento dell’iter procedurale, con possibilità eventuale di accreditamento provvisorio, allo spostamento delle verifiche a posteriori dando il compito alle strutture di autocertificare il possesso dei requisiti. L’accreditamento è concesso o negato dal Direttore Generale competente in materia di sanità entro 90 giorni dalla presentazione dell’istanza da parte del legale rappresentate (Art. 15 Comma 1 [24]), successivamente alla proposta pervenuta dal Coordinatore Regionale elaborata a seguito delle verifiche inerenti alla coerenza alla programmazione regionale e della valutazione sia dei requisiti soggettivi che dei documenti allegati all’istanza. Viene anche ribadita la necessità di controlli successivi e periodici demandati al Coordinatore Regionale (che può avvalersi di OTA), a seguito dei quali, in caso di ripetute mancanze non colmate dalla struttura sotto analisi, il Direttore Generale competente può sospendere o revocare in tutto o in parte l’accreditamento (Art. 17 Comma 1 [24]) a seconda del pericolo per gli utenti correlato al mancato ottemperamento di uno o più requisiti. Come nelle legislazioni precedenti, anche con la Legge Regionale n.22/2019 viene sottolineata la subordinazione dell’accreditamento agli indirizzi di programmazione

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regionale, e, pertanto, viene stabilito di mantenere una durata temporale precisa, in questa legge estesa a 5 anni (Art. 12 Comma 1 [24]), per l’accreditamento istituzionale.

Un ulteriore aspetto caratteristico riguarda la scelta dei valutatori che collaborano con il Direttore dell’ASSR per l’istruttoria tecnica ed ulteriori verifiche, descritta nel Regolamento Generale dell’Organismo Accreditante della Regione Emilia - Romagna. I collaboratori sono difatti professioni appartenenti ad Aziende sanitarie pubbliche e private della Regione (nonché della Repubblica di San Marino) che hanno conseguito la qualifica di Valutatore solo a seguito di un esame di qualificazione da parte di un Ente di certificazione delle professionalità e della formazione accreditato ai sensi della norma UNI CEI EN ISO/IEC 17024:2012; all’esame qualificante segue l’iscrizione all’Elenco dei Valutatori e si affianca una formazione annuale per l’aggiornamento delle competenze .

Lo schema dei principali attori e del procedimento attuale per l’accreditamento istituzionale in Regione Emilia - Romagna è riportato in Figura 4. Il riassunto delle principali caratteristiche del processo di accreditamento attuali e le loro variazioni nel tempo dal 1998 ad oggi sono disponibili nella Tabella 1.

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Figura 4: Schema riassuntivo del processo di accreditamento istituzionale attuale in Emilia - Romagna descritto dalla Legge Regionale n.22/2019.

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Tabella 1: Schema riassuntivo dell’evoluzione del processo di accreditamento istituzionale in

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2.2 Lazio

La Regione Lazio si è dotata della prima Legge Regionale in materia di accreditamento nel 2003, diversi anni dopo rispetto ad altre Regioni che hanno regolamentato questo aspetto alla fine degli anni Novanta. La Legge Regionale n.4 del 2003 definisce le linee guida generali per l’autorizzazione alla realizzazione, l’autorizzazione all’esercizio, l’accreditamento istituzionale e gli accordi contrattuali, tuttavia, il regolamento elencante le procedure espresse nel dettaglio venne reso disponibile solo nel novembre 2007. La Legge Regionale del 2003 attribuisce alla Regione il compito di verificare la funzionalità della struttura richiedente rispetto alle esigenze della programmazione regionale (Art.14 Comma 2 [25]) e, in caso di esito positivo, di effettuare l’attività istruttoria (definita solo nel 2007 [26]), ed esprimere il parere di accreditabilità (Art.14 Comma 3 [25]). La Giunta Regionale provvede al rilascio o meno dell’accreditamento entro 20 giorni dal ricevimento del parere di accreditabilità (Art.14 Comma 4 [25]) definendone la durata, limitata al periodo di vigenza del piano sanitario regionale vigente e comunque non oltre i 5 anni (Art.14 Comma 5 [25]); esiste inoltre la possibilità di accreditare temporaneamente le nuove strutture o le nuove attività in strutture preesistenti per il tempo necessario alle verifiche del volume di attività svolto e della qualità dei risultati raggiunti (Art.14 Comma 7 [25]) e la possibilità di sospendere fino a tre anni (Art.15 Comma 4 [25]), ed eventualmente revocare, l’accreditamento per quelle strutture che hanno perso i requisiti essenziali richiesti (Art.15 Comma 3 b [25]) o che non hanno provveduto alla regolarizzazione in seguito alla diffida da parte della Regione.

La L.R. del 2003 fu integrata dal Regolamento Regionale n.13/2007 che definisce dettagliatamente l’iter procedurale del processo di accreditamento. In particolare, le strutture interessate devono inoltrare alla Direzione Regionale competente apposita istanza corredata dalla autocertificazione del grado di rispondenza ai requisiti necessari (Art.6 Comma 3 [26]); entro 60 giorni dalla ricezione dell’istanza, la Direzione Regionale effettua la verifica di compatibilità con la programmazione regionale e di completezza della domanda (Art.8 Comma 1 [26]) inoltrandola, in caso di esito positivo, all’ente incaricato all’istruttoria tecnica, identificato in Laziosanità – Agenzia di Sanità Pubblica (ASP) (Art.4 Comma 1 d ). L’istruttoria tecnica ha durata variabile dipendente dalle seguenti fasi:

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a. Trasmissione del fascicolo dall’ASP alla commissione di verifica entro 10 giorni dalla ricezione dello stesso (Art.8 Comma 3 [26]);

b. Definizione della data della verifica dandone comunicazione alla struttura sotto esame almeno 15 giorni prima (Art. 8 Comma 3 [26]);

c. Redazione del rapporto di verifica da parte della commissione entro 15 giorni. In caso di non conformità la struttura richiedente deve provvedere ad inviare uno specifico piano di adeguamento alla ASP entro i 30 giorni successivi (Art.8 Comma 4 [26]);

d. Redazione del parere di accreditabilità da parte del Direttore dell’ASP e sua trasmissione alla Direzione Regionale entro 30 giorni (Art.9 Comma 1 [26]).

La Giunta Regionale, entro 20 giorni dalla ricezione del parere di accreditabilità, provvede al rilascio o al diniego dell’accreditamento, con la possibilità di concedere l’accreditamento temporaneo. Al termine della durata dell’accreditamento la struttura richiedente può rinnovare l’accreditamento seguendo l’iter appena esposto. Il Lazio nel 2007 fu sopposto a Piano di Rientro del disavanzo sanitario, proseguito dapprima con il Programma Operativo 2010 e successivamente con Programmi Operativi triennali fino ad oggigiorno; questa Regione è stata inoltre sottoposta a commissariamento dal 2008 a luglio 2020. Questa situazione ha comportato una continua ricerca del riassetto della rete ospedaliera, ambulatoriale e laboratoristica, portando alla sospensione, in certi momenti, delle richieste in corso per l’accreditamento e all’elaborazione di sempre nuovi requisiti al fine di migliorare la qualità dei servizi erogati nel rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza. Per rispondere agli obiettivi definiti nel Piano di Rientro, nel 2010 il Lazio definisce la data ultima per l’accreditamento definitivo per le strutture possedenti l’accreditamento temporaneo; in particolare, entro il 31 dicembre 2010 la Regione doveva concedere l’accreditamento definitivo, o negarlo in caso di mancata presentazione della apposita domanda o non superamento delle verifiche del possesso dei requisiti, provvedimento che comportava la cessazione dell’accreditamento temporaneo dal primo gennaio 2011 [27]. Il termine stabilito non venne però rispettato e negli anni seguenti si sovrapposero una serie di decreti proroganti questa data prima al 31 ottobre 2011 [28] (data ultima per l’istruttoria tecnica, al seguito della quale il Direttore Generale della AUSL rilasciava l’attestazione di conformità trasmettendola alla direzione regionale competente entro 30 giorni), poi al 31 luglio 2012 [29] e al 31 ottobre 2014 [30] ; nel 2014 fu emanato un ulteriore decreto [31] in

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cui si deliberava il rilascio dell’autorizzazione regionale ad erogare servizi sanitari entro i limiti della precedente autorizzazione, nel caso in cui l’iter non si fosse potuto completare entro il 31 ottobre dello stesso anno per via di proroghe disposte da altre autorità, autorizzazione che consentiva l’accreditabilità e la conseguente contrattualizzazione (Pagina 108 [32]). In attuazione dell’Intesa Stato – Regioni – Province Autonome del 19 febbraio 2015, nel 2017 il Lazio stabilì che l’Organismo Tecnicamente Accreditante venisse identificato nel Dirigente dell’Area Pianificazione e Controllo Strategico, Verifiche e Accreditamenti facente parte della Direzione Generale Salute e Politiche Sociali della Regione [33]. Relativamente all’iter procedurale, i passaggi, i responsabili e le tempistiche sono quelli definiti dalla L.R. n.4/2003 e dal Regolamento Regionale n.13/2007, con alcune novità: la verifica della funzionalità della struttura rispetto alla programmazione regionale viene ora effettuata dall’Azienda Sanitaria Locale competente, la quale, entro 20 giorni dal ricevimento dell’istanza della richiesta, provvede a rilasciare apposito parere; in caso di esito negativo, la Regione comunica entro 10 giorni il rigetto dell’istanza trasmettendola sia alla struttura interessata sia all’ASL competente, mentre, in caso di esito positivo, la Regione trasmette l’istanza ad OTA, che provvede entro 90 giorni all’istanza tecnica tramite sopralluoghi preventivamente comunicati alla struttura in esame. Nel caso in cui durante le verifiche si riscontrino non conformità sanabili, la struttura viene diffidata per un periodo di tempo predefinito, al termine del quale l’OTA provvede, senza ulteriori avvisi, alle verifiche necessarie, trasmettendo il parere di accreditabilità alla struttura regionale competente. La Regione, ricevuto il parere di accreditabilità, concede o nega l’accreditamento entro dieci giorni. Nel caso di rinnovo dell’accreditamento, l’istruttoria tecnica viene eseguita sia dai valutatori OTA sia dai verificatori dell’ASL competente i quali, entro novanta giorni, rilasciano il rispettivo parere in piena autonomia [33]. È interessante però sottolineare come l’Elenco dei Valutatori per la Qualità, a cui appartengono per l’appunto i valutatori OTA, venne istituito solamente un anno dopo, il 5 giugno 2018 [34]. Le più recenti normative relative all’accreditamento sono del 2019 e prevedono da una parte una diversa provenienza dei membri OTA, ora identificati in seno al personale della Direzione Regionale Salute Integrazione Sociosanitaria, dall’altra diverse tempistiche per il processo di accreditamento istituzionale. Relativamente all’OTA, non viene modificata la centralità regionale nella fase tecnica, ma si sottolinea l’autonomia dell’Organismo sia dall’ufficio competente all’istruttoria amministrativa, sia dall’organo deputato al rilascio o diniego

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dell’accreditamento (Giunta Regionale o Commissario ad Acta) [35]; viene inoltre previsto che l’OTA possa avvalersi, in sede di prima attuazione, di tutto il personale svolgente attività di verifica internamente alle ASL, mentre, a regime, di personale scelto dall’apposito elenco dei Valutatori per la Qualità. Viene inoltre esplicitato il percorso formativo che i Valutatori devono intraprendere prima dell’iscrizione all’Elenco Regionale, comprendente il superamento di un esame qualificante certificato da un organismo terzo abilitato [35]. Relativamente alle tempistiche, viene a modificarsi rispetto ai regolamenti precedentemente descritti il termine dell’istruttoria tecnica, da concludersi ora entro sessanta giorni dopo l’istruttoria amministrativa (Art. 25 Comma 2 [36]). La Giunta Regionale, ricevuto il parere di accreditabilità, concede o nega l’accreditamento entro venti giorni dal ricevimento dello stesso; rimane la possibilità dell’accreditamento con prescrizione (Art. 26 Comma 3 [36]), con una durata massima di novanta giorni, e dell’accreditamento temporaneo per le nuove strutture o le nuove attività in strutture preesistenti. Gli altri aspetti procedurali rispettano quanto stabilito dalla L.R. n.4/2003.

Lo schema dei principali attori e del procedimento attuale per l’accreditamento istituzionale in Regione Lazio è visionabile in Figura 5. Il riassunto delle principali caratteristiche del processo di accreditamento attuali e le loro variazioni nel tempo dal 2003 ad oggi sono invece disponibili nella Tabella 2.

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Figura 5: Schema riassuntivo del processo di accreditamento istituzionale attuale in Lazio descritto dal Regolamento Regionale n. 20/2019.

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2.3 Lombardia

Per l’analisi delle modifiche apportate al processo di accreditamento lombardo, si è presa come data iniziale l’11 luglio 1997, giorno in cui è stata emanata la Legge Regionale n.31 istituente il primo modello organizzativo del sistema sanitario regionale, internamente alla quale sono presenti le prime indicazioni che le strutture devono seguire per ottenere l’accreditamento, indicazioni poi rese più complete nel 1998 con la descrizione degli ulteriori requisiti voluti dalla Giunta Regionale [37]. Da quanto previsto da queste due normative, la struttura interessata all’accreditamento deve inviare, attraverso il suo legale rappresentante, l’apposita istanza autocertificando (Comma 6 [38]) il possesso dei requisiti richiesti dal D.P.R. del 14 gennaio 1997 con la clausola dell’adeguamento ad essi entro tempi stabiliti, diversi a seconda che la struttura sia transitoriamente accreditata (per tutte le funzioni o per la sola funzione di ricovero e cura), in possesso della sola autorizzazione all’esercizio o non ancora autorizzata. L’adeguamento ai requisiti autorizzativi doveva avvenire comunque entro 5 anni anche per le strutture che non avevano interesse ad essere accreditate, pena il ritiro dell’autorizzazione all’esercizio (Comma 7 [37]); queste tempistiche vennero poi prorogate, portando difatti all’erogazione di servizi e prestazioni sanitarie da parte di strutture che non si erano ancora adeguate ai requisiti minimi richiesti a livello nazionale. Secondo l’iter procedurale definito nel 1997, una volta inoltrata l’istanza di accreditamento alla Regione (solamente dopo aver ottenuto l’autorizzazione all’esercizio), si passa direttamente all’istruttoria tecnica da parte della ASL competente, fase che deve concludersi entro 180 giorni dalla richiesta (Comma 6 [38]), estesi a 300 per le strutture già transitoriamente accreditate [39]; non è prevista quindi un’analisi della compatibilità con la programmazione regionale. La concessione o meno dell’accreditamento deve comunque avvenire entro 60 giorni dalla richiesta (Comma 3 [38]), pertanto, si deduce che sia possibile ottenere l’accreditamento prima ancora dell’istruttoria tecnica. Controlli dall’ASL territorialmente competente vengono effettuati anche successivamente al termine dell’iter descritto al fine di verificare il mantenimento dei requisiti necessari; nel caso di riscontro di situazioni di illegalità, si procede alla diffida della struttura interessata (Comma 7 [38]), che può trasformarsi in revoca dell’accreditamento in caso di mancato adeguamento delle carenze rilevate. La prima modifica al processo di accreditamento stabilito nel 1997/1998 avvenne nel 2008 [40], delibera successivamente integrata con la prima riforma

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del modello organizzativo del SSR lombardo avvenuta nel 2009. La novità più rilevante è relativa all’avvio del processo di accreditamento solamente dopo la verifica positiva della compatibilità della richiesta con la programmazione regionale (paragrafo 2.1 [40]). Viene inoltre introdotta l’istruttoria amministrativa, gestita dalla ASL competente o dalla struttura richiedente mediante perizia asseverata, fase che deve comprendere la verifica del titolo di legittimazione del legale rappresentante dell’ente gestore e la verifica dei requisiti soggettivi, compresi quelli di onorabilità [41], controlli che però non sono necessari nel caso in cui l’istanza di accreditamento sia presentata immediatamente dopo la conclusione del processo di autorizzazione all’esercizio (paragrafo 2.5 [40]). Successivamente all’istruttoria amministrativa ed entro 60 giorni dalla presentazione dell’istanza, la ASL territorialmente competente provvede all’istruttoria tecnica, al termine della quale, in caso di esito positivo, la struttura viene accreditata dalla ASL stessa (Comma 4 [42]). Sempre all’ASL viene affidato il compito delle verifiche successive, con la possibilità per le strutture controllate di incorrere in una diffida o, nei casi più gravi, nella revoca dell’accreditamento (paragrafo 2.8 [40], Comma 10 [42]). Il 30 maggio 2012 vennero emanate nuove determinazioni in materia di esercizio e accreditamento [43], successivamente integrate con la Legge Regionale n.23 del 2015, l’ultima riforma sociosanitaria lombarda. Queste normative hanno introdotto numerose novità: la possibilità di richiedere l’accreditamento in concomitanza con l’autorizzazione all’esercizio, il ritorno a un’istruttoria amministrativa meramente legata all’accettazione dell’istanza di richiesta, la possibilità di richiedere l’esecuzione dell’istruttoria tecnica mediante perizia asseverata (par. 3.1 [43]) al posto delle verifiche sul campo da parte dell’ASL (dal 2015 ATS) competente; entro 30 giorni dall’istruttoria tecnica, che deve concludersi entro 60 giorni dalla presentazione dell’istanza, avviene la formalizzazione del processo dell’accreditamento, affidata alla Direzione Generale regionale competente (par. 3.1 [43]). Come nelle normative precedenti, viene ribadita la necessità di controlli successivi alla concessione dell’accreditamento effettuati dall’ATS competente; in caso di riscontro d’inosservanza di uno o più requisiti (Comma 7 [44]), alla struttura controllata viene sospeso l’accreditamento da 3 a 180 giorni, durante i quali la struttura diffidata dovrà ottemperare alle mancanze evidenziate. In caso di mancato adeguamento l’accreditamento verrà revocato. Viene in questo modo sospeso anche l’accordo contrattuale stipulato, evitando così l’erogazione di servizi e prestazioni sanitarie per conto del SSR da parte di quelle strutture non più pienamente rispettanti i minimi

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requisiti imposti dalla legislazione nazionale e/o regionale. La novità forse più rilevante riguarda la visione lombarda (non modificatasi negli anni successivi) del processo di accreditamento istituzionale come il mero riconoscimento del possesso dei requisiti di qualità indispensabili per accedere alla contrattualizzazione, svincolando pertanto l’accreditamento dalla programmazione regionale e rilegando l’atto programmatorio alla stipula dei contratti tra strutture e ATS competenti. Questa peculiarità, seppur unica e discutibile, è coerente con la volontà regionale avuta sin dal principio di non stabilire una durata pluriennale precisa dell’attestazione dell’accreditamento, diversamente da altre Regioni: un accreditamento istituzionale indeterminato non può difatti essere correlato all’evoluzione delle necessità di salute della popolazione e dunque ai cambiamenti imposti dalla programmazione regionale. L’Intesa del 19 febbraio 2015 fu recepita dalla Lombardia il 30 novembre dello stesso anno, ma attuata formalmente solo nel 2018 [45], anno in cui si definì la composizione e le funzioni dell’Organismo Tecnicamente Accreditante in Regione. Relativamente alla sua composizione, Regione Lombardia nominò come membri principali i Direttori dei Dipartimenti per la Programmazione, Accreditamento, Acquisto delle Prestazioni Sanitarie e Sociosanitarie (PAAPSS) delle 8 ATS lombarde, a cui si affiancano i Dirigenti Responsabili degli uffici Accreditamento e Vigilanza delle singole ATS (par. 4 [45]); ad OTA spetta il compito di assolvere non solo all’istruttoria tecnica, come previsto dall’Intesa del 2015, ma anche all’istruttoria amministrativa, fasi che però non vengono gestite dall’OTA nella sua integrità, ma solamente dal Dirigente Responsabile (dell’Unità Operativa afferente ad OTA) dell’ATS territorialmente competente rispetto all’istanza ricevuta (par. 5 [45]). Si ritorna così difatti alla situazione precedente l’Intesa, in cui il compito dell’istruttoria amministrativa e tecnica spettava all’ufficio competente dell’Azienda Sanitaria interessata. L’OTA per espletare le proprie funzioni può avvalersi di personale aggiuntivo che viene scelto dal Direttore del Dipartimento PAAPSS interessato tra i soggetti partecipanti ad apposito concorso ed appartenenti al personale sanitario, tecnico o amministrativo interno alla stessa ATS; i componenti aggiuntivi così scelti, successivamente a un iter formativo iniziale, possono rientrare all’interno dei gruppi di valutazione. L’istruttoria tecnica deve avvenire entro i 60 giorni successivi alla presentazione dell’istanza e, in caso di esito positivo, nei 15 giorni successivi il Responsabile dell’Unità Operativa afferente ad OTA dell’ATS competente predispone il provvedimento conclusivo di accreditamento; tale provvedimento viene successivamente notificato alla

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Direzione Generale Salute di Regione Lombardia che provvede all’iscrizione della struttura all’interno del registro regionale, ponendo così a conclusione l’iter procedurale.

Lo schema dei principali attori e del procedimento attuale per l’accreditamento istituzionale in Regione Lombardia è visionabile in Figura 6. Il riassunto delle principali caratteristiche del processo di accreditamento attuali e le loro variazioni nel tempo dal 1997 ad oggi sono invece disponibili nella Tabella 3.

Figura 6: Schema riassuntivo dell’evoluzione del processo di accreditamento istituzionale in Lombardia

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2.4 Toscana

Per l’analisi dell’evoluzione del processo di accreditamento in Toscana, si prende come data iniziale di riferimento il 23 febbraio 1999, giorno in cui è stata emanata la Legge Regionale n.8, successivamente integrata nel 2000 dalla Deliberazione del Consiglio Regionale n.30 approvante requisiti, manuali e procedure di accreditamento. Diversamente da altre Regioni, la Toscana subordinò il processo dell’accreditamento alla programmazione regionale sin dal 1999 (Art. 18 Comma 4 [46]), fissando a 3 anni la durata dell’attestazione di accreditamento, analogamente alle tempistiche dei Piani Sanitari Regionali (par. 7 [47]). Secondo la normativa del 1999, le strutture interessate ad erogare servizi per conto del SSR devono inoltrare apposita istanza alla Giunta Regionale solo successivamente all’ottenimento dell’autorizzazione all’esercizio; nel caso in cui la Giunta Regionale ritenga la richiesta conforme alla programmazione sanitaria, l’iter procedurale verrà avviato, altrimenti viene disposto il diniego dell’accreditamento (par. 4 [47]). Successivamente all’approvazione della Giunta Regionale, la richiesta di accreditamento viene inoltrata ad apposita commissione esterna per l’istruttoria amministrativa e tecnica, al termine delle quali la Commissione stila la relazione di accreditabilità della struttura (par. 5 [47]), corredandola con le “liste di verifica” appositamente compilate, certificando così quando dichiarato (par. 5.1 [47]). Si è voluto descrivere questo aspetto sia per sottolineare come la Regione Toscana abbia delineato sin da subito un metodo di verifica atto a prevenire ogni forma di soggettività nelle decisioni prese dai membri valutatori, sia per anticipare un ulteriore aspetto caratteristico del processo di accreditamento toscano del 1999/2000: l’indipendenza della Commissione per l’accreditamento sia dall’amministrazione regionale che dalle strutture in esame, prevedendo la presenza al suo interni di (Art. 19 Comma 5 [46]) :

a. uno o più rappresentanti dei produttori pubblici; b. uno o più rappresentanti dei produttori privati; c. uno o più rappresentanti dell’utenza;

d. uno o più rappresentanti delle professioni mediche e infermieristiche; e. Uno o più esperti di settore, in relazione alle specificità delle verifiche.

Successivamente alle perizie di dovere, la Giunta Regionale, valutate le relazioni della Commissione esterna, concede o negava l’accreditamento; esiste inoltre la possibilità che la

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Commissione definisca “accreditabili con riserva”, per il tempo necessario alla verifica delle attività e dei risultati, quelle strutture da poco tempo autorizzate all’esercizio od avvianti nuove attività, ed “accreditabili con prescrizioni”, per il tempo delineato dalla Commissione stessa, quelle strutture presentanti apposito piano di adeguamento (par. 5.3 [47]). Visto che l’accreditamento con riserva di verifica può pregiudicare la qualità dei servizi erogati, la Regione Toscana decise di non consentire a tali soggetti l’accesso alla contrattazione con le Aziende Sanitarie Locali (par.6 [47]). Nelle norme del 1999 e 2000 non vengono previste né verifiche successive all’atto di formalizzazione dell’accreditamento, se non per quelle strutture accreditate con prescrizione o riserva, né possibilità di sospensione o ritiro dell’accreditamento; va però ricordato che l’attestazione di accreditamento aveva durata triennale, dunque forme di verifiche successive durante la riesaminazione delle strutture avvenivano ugualmente e la Giunta poteva non concedere il rinnovo.

Alcune criticità emersero negli anni, criticità che furono espresse nel Piano Sanitario Regionale toscano 2008 – 2010, che evidenziava questi aspetti tra le priorità da affrontare (par. 7.51 [48]):

a. Il rallentamento del processo di accreditamento istituzionale dovuto alla verifica dei requisiti di esercizio in sede di accreditamento;

b. L’allungamento delle tempistiche di accreditamento, nonché un appesantimento delle modalità di gestione dei processi di verifica dovuti all’organizzazione delle Commissioni di accreditamento;

c. Il rapporto non pienamente definito tra accreditamento e programmazione.

Questa analisi portò all’emanazione della Legge Regionale n.51 nel 2009, all’interno della quale viene definita la necessità di separare il processo di accreditamento istituzionale delle strutture pubbliche da quello di autorizzazione all’esercizio (punto 6 Sezione Preambolo [49]), di modificare le procedure di accreditamento e di costituire un nuovo sistema di verifica delle strutture accreditate (punto 5 Sezione Preambolo [49]). Verrà ora descritta la nuova procedura di accreditamento. La struttura interessata all’accreditamento invia alla Giunta Regionale, tramite il suo legale rappresentante, l’istanza di richiesta, corredata dall’autocertificazione del possesso dei requisiti necessari (Art.32 Comma 2 [49]). La Giunta Regionale, accertata la funzionalità delle prestazioni erogate rispetto alla programmazione regionale, rilascia l’attestazione di accreditamento di durata quinquennale (Art. 29 Comma

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6 [49]) entro trenta giorni (Art.22 Comma 3 [50]) , tempistica estesa a novanta giorni dalla presentazione della domanda (Art. 22 Comma 3 [50]) nel caso in cui sia necessario verificare la funzionalità delle prestazioni; si passa quindi da un’istruttoria tecnica antecedente il rilascio dell’atto di accreditamento alla eliminazione di questa fase. La verifica sul campo viene attuata a campione su parte delle istanze pervenute, stesso metodo adottato anche per le verifiche successive, effettuate annualmente su almeno il 10% delle strutture accreditate con la collaborazione del Gruppo Tecnico Regionale di Valutazione (Art.33 Comma 1 [49]). Il Gruppo Tecnico di Valutazione viene rinnovato ogni tre anni (Art.24 Comma 3 [50]) dal Direttore Generale della direzione regionale competente, che nomina i nuovi membri a seconda dell’ordine di graduatoria presente internamente all’elenco regionale dei valutatori (Art. 41 [49]). Nel caso in cui, in fase di verifica, si riscontra un caso di particolare gravità, la Giunta Regionale revoca l’accreditamento o, nel caso di strutture pubbliche, sostituisce il Direttore Generale (Art.33 Comma 4 [49]).

Successivamente all’Intesa Stato - Regioni - Province Autonome del 19 febbraio 2015 e al suo recepimento, si rese necessario emanare una nuova normativa sull’accreditamento (L.R. n.50/2015), completata dalla pubblicazione di un rinnovato regolamento regionale nel 2016, attualmente in vigore. Diverse furono le modifiche introdotte, tra le quali la verifica sul campo del possesso dei requisiti per l’autorizzazione all’esercizio (da parte del settore regionale competente e del Gruppo Tecnico Regionale di Verifica) nel caso in cui la struttura sotto esame fosse stata autorizzata all’esercizio più di tre mesi prima l’invio della richiesta di accreditamento (Art.25 Comma 2 – 3 [51]); venne inoltre stabilito il superamento delle verifiche tecniche nel momento in cui il punteggio medio assegnato dall’analisi dei requisiti organizzativi e di processo richiesti dalla Regione superasse la soglia del 70% del punteggio minimo ottenibile (Art. 26 Comma 2 [51]) . È bene ricordare che si parla di requisiti minimi definiti per garantire ai cittadini sicurezza, qualità ed efficienza delle cure, la soglia stabilita risulta pertanto non coerente con l’obiettivo di garantire lo stesso livello qualitativo minimo tra le strutture presenti sul territorio. Un’ulteriore modifica è relativa all’iter procedurale: in particolare, il legale rappresentante, al momento dell’invio dell’istanza, autocertifica il possedimento dei requisiti necessari e la Giunta Regionale, successivamente alla verifica della corrispondenza della richiesta con la programmazione regionale, provvede entro 30 giorni al rilascio dell’accreditamento, che, in caso di nuove strutture o nuove attività, dovrà essere perfezionato entro un anno per dare il tempo necessario alla struttura di attestare il

Figura

Figura 2: Schema riassuntivo del funzionamento del SSN successivamente ai D.lgs. n.502/1992 e 517/1993
Figura 3: Schema riassuntivo del processo di accreditamento a seguito del D.lgs. n.229/1999
Figura  6:  Schema  riassuntivo  dell’evoluzione  del  processo  di  accreditamento  istituzionale  in  Lombardia  descritto dalla D.g.r
Tabella 5: Schema riassuntivo dell’evoluzione del processo di accreditamento istituzionale in Veneto
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